E va bene
Smetto di sbrogliare il nodo
Smetto di tentare
Smetto di battere i sentieri
Smetto di odiare come mi fai sentire
Smetto di sentire?
Smetto
Questo e altri modi
Per dirsi che
Non siamo più
Nè barca
Nè ancora di salvezza
Nè mare
Nè porto sicuro
Solo il vento che può alzare la tempesta
O asciugarci il sudore
…
Almeno per un po’
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Ho un’idea molto vaga della felicità
A volte ha coinciso con un posto
A volte con la solitudine
A volte con molte persone
A volte con una
A volte era quello che conoscevo
A volte era la voglia di nuovo
A volte era quello che facevo
A volte era quello che creavo
A volte era la fatica
A volte era la resa
Ha cambiato volto molte volte, la felicità, per me
E ora quando si fa viva non mi fido più
Delle sue apparenze
La guardo con leggerezza
Chiedendomi quante altre maschere indosserà
Per sbugiardarmi
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Il nostro amore non ha radici
Non ha profumo
Il nostro amore non colora il mondo
Non fa danzare le api
Il nostro amore è debole ma non come certi petali
Il nostro amore è fragile perché la pioggia non lo fa crescere, lo strappa
Il nostro amore non è mai stato vivo davvero
Ma ha qualcosa di dolce vedere che il tempo non lo scalfisce
Come per ogni cosa senza linfa
immutabile
Sempre uguale
Ma imperturbabile ai cambiamenti
Come un fiore di carta
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Lo chiamiamo amore
Ma a quello che non capisci puoi dare qualsiasi tipo di significato
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Non ho aspirazioni per la mia morte
Tranne una.
Spero di andarmene riuscendo ad amare ogni cosa.
Anche la polvere dei centri commerciali.
Lo sporco a bordo strada.
La saliva dell’indignato.
Le mani del violento.
Il coltello del colpevole.
L’amore che non ho ricevuto.
L’amore che non ho dato.
Il vuoto di ogni amore.
E anche di me stessa, la rabbia che ho sopito.
Il rancore che non ho guarito.
La gelosia che ho celato o vomitato.
Spero di amare anche quel che non ho conosciuto e compreso.
Ciò che non ho notato.
E una volta ricomposta in questi pezzi, spero che la vita mi impasti nella sua trama.
Che di me non resti più nulla, nessuna traccia, che tutto sia rimosso.
Il male e il bene.
Che io sia silenziosa e svanita quanto basta,
per far spazio ad una stella, ad un fiore, ad un altro sogno.
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Tu predichi una vita di rinuncia
Continui a voler correggere
Tieni solo il minimo
L’essenziale dici.
Ma non lasci andare nulla davvero
E lo spazio per il nuovo fatica.
A volte vorrei dirti che essenziale non significa avere poco, amore mio.
Essenziale significa amare tanto.
Che anche se ti riferisci a una candela sola nella notte, quella illumina come il firmamento.
Non tanto perché sia l’unica luce, ma perché è il faro che indica casa.
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Terra Madre
Madre
Nel tuo grembo nasco muoio e rinasco ancora
Gentile è il legame che ci divide
Terra
Così coraggiosa che il tuo cuore è all’esterno
Che il latte del tuo seno scorre senza prelazione
Così nuda che perdoni, che l’amore non lo nascondi, tu non temi la ferita come noi figli.
Il tuo cuore è tanto nell’aria quanto nel fango.
L’amore per te non è una lettura personale.
E noi ancora non abbiamo imparato, ma nulla avevamo da ascoltare che le tue parole:
L’abbondanza del dare
Il legame con ogni cosa
La grazia di mutare
Anche io che ne scrivo non ho appreso ogni lezione, so solo che quando cammino non ti calpesto: è un’altra parte di me che ti bacia.
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In questa casa tutto ha un luogo.
Sono sola con questi muri.
La osservo meglio nel silenzio.
Le persone trovano un’ordine al vissuto.
Trovano la voglia di sapere dove cercare.
Hanno la necessità di sapere dove trovare,
per ricordarlo meno.
Non manca di farmi sentire in difetto.
Io non solo non lo vedo,
non ne ho proprio voglia.
“Non hai cura”, mi ha detto.
Io ricordo perfettamente il luogo che non era quello giusto
E forse sono più abitutata a perdere di vista le cose.
Cosa è la cura poi?
Questa casa…
A volte la osservo indistintamente
e mi sembra di vivere nella magia fredda dei musei.
Tristezze e felicità ammobiliate.
Io non ne so nulla. Non sono mie.
Non le ho condivise e non le conosco.
In questa casa,
osservo i titoli dei libri
Quelli che non ho mai compreso
E mi accorgo che convivo con tanti tentativi
di trovare la felicità
O l’equilibrio.
Sembra sia sempre stato molto importante trovare qualcosa.
Molto importante provare un metodo
Molto importante applicare una lezione
Molto importante leggere tutto di qualcuno
Sembra fosse molto importante capire
Come essere felici.
O migliori.
O diversi.
Un po’ invidio…
Anche questo almeno fa evincere che la felicità
abbia un’ordine.
Un aspetto.
Una formula.
Un luogo.
Mentre mi confronto con il mondo
Mi accorgo che qualcosa in me è semplice
È elementare.
È senza risposte e soprattutto senza domande.
Ma il mondo cerca
Il mondo si muove
E tu non sai se resterà uno spazio dove poggiare
il tuo cuore.
Se ci sarà uno scaffale senza ordine alfabetico.
Senza cromie e senza argomenti.
Se rimarrà un posto non eroso dal bisogno umano di dare un senso alle cose.
Se esisterà mai un momento per l’essenza della Vita, lontano abbastanza dal significato dell’essenza della Vita.
Protetto, da tutto ciò che ci spezza.
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Siamo storie. Non saremo autori, ma siamo storie. E le storie vanno raccontate. E quindi avanti così, a vociferare tra le altrui e le proprie solitudini. Ad accalcarsi nello spazio. E riconoscersi qualche secondo negli occhi di qualcuno e mandare in pezzi lo specchio, per dimenticarsi finalmente di nuovo di chi abbiamo intravisto.
Perché una storia si racconta bene solo fin quando non si sa come finisca.
Immagina quanto questo gioco del dipanarsi sia complicato per una come me, che comincia tutto dal riepilogo. Con quanti finali possibili ho aperto la mia introduzione.
Chissà con quale inizio chiuderò il racconto.
Chissà se riesco poi a non rivelarti chi sei, quando guardi i miei occhi.
Io di certo ho smesso di cercarmi nei tuoi.
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Effemeridi
Ad oggi posso annotare
Che la mia orbita non è sganciata
Dalla tua gravità
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Gennaio
Gennaio fa quel che fa il ghiaccio. Modella sotto la cortina. Soffoca. Preme e riforma, senza scarti. Cancella senza lasciarti l'ingombro.
Come quando vuoi lasciare un segno, ma non in modo vistoso. Solo per te. Una cosa che solo tu puoi codificare. Come quando invece della penna usi l'angolo dell'unghia e solchi il foglio.
Nessuno direbbe che una traccia c'è.
Gennaio fa il lavoro del fuoco. Depura. Semplifica. Riduce. Disinfetta.
Gennaio lo odio da tutta la vita, lui non mi spiega perché per guarire la ferita debba bruciare così. Agisce e basta, come seguisse gli ordini.
Gennaio, dove c'è qualcosa di uguale nell'amore e il suo contrario.
E l'epilogo per me è l'unica cosa di facile intuizione.
Il ghiaccio ustiona la pelle, proprio come il fuoco.
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Futuro anteriore
Anche la grammatica sa
Che il tempo è un'illusione
Fuori dai meccanismi della mente
Allora a quel punto io posso correre
Giusto?
Voglio capirla, questa direzione.
Lancette in avanti
Quindi (s)corro verso domani
Sorpasso i Natali
Quella volta in cui ho bruciato il pranzo
E quella litigata all'angolo della strada
Passo anche la macchina nuova
La classe che prepara la recita di fine anno
Oltrepasso il cancello della casa nel verde
Le passeggiate verso il corso d'acqua che ami fare
Passo i viaggi
Che belle le rughe del sorriso
Vado oltre quello specchio
Oltre le mani strette
Che bello sei sulla sedia
Ridi ancora nello stesso modo
Ma non mi fermo, passo anche questo
A quel punto è passato molto tempo pare
Attraverso gli alberi che avevamo piantato,
Sono affollati ma io vado avanti
Stiamo piangendo, qualcuno ci ha lasciato
Ti stringo più forte
Ma sono ancora più in là,
Vado avanti,
Sto tenendo in braccio il bambino
In tasca ci sono pietre raccolte al mare
Ancora avanti
Poti le piante perché stanno raggiungendo la finestra
Sembra una mano tesa a dare aiuto
Mi commuovo
Corro oltre
Ridi mentre mangi una fragola
Non ricordavo più che sapore avessero nemmeno io
Erano così quando eravamo giovani?
Ma non posso fermarmi
C'è altro, c'è altro!
Cammino nel bosco
Crescono funghi dappertutto
Crescono e io se ne rompo uno chiedo scusa
Mi conoscono bene loro e adesso è davvero chiaro
Vado avanti, ancora
Una collina
Guardiamo fotografie invecchiate
Ti chiedo, perché fa male anche se non è reale?
Tra le lacrime continuo
Corro anche se non so più correre
Non sto correndo
Non sto nemmeno camminando
Sto dormendo?
Ci sono dei sussurri
E la stanza è così azzurra
No, non è la stanza. È il cielo dalla finestra.
No, nemmeno, è tutto azzurro.
La vita è azzurra.
Adesso sono quasi arrivata alla fine,
è ovvio.
Mi guardo indietro e questa linea del tempo
è immensamente lunga.
Sembra esserci un passato,
ma non è passato,
lo vedo accadere lì, mentre accade il resto.
Io sento che è quasi finita,
Ma qualcuno mi dice 'non può finire, non ha inizio'
Non è qualcuno, sono io.
Io senza me stessa?
O davvero me stessa?
A questo punto io credo che tutto sia solo piegato dalla luce
Che vedo una lontananza che non è reale
Perché l'azzurro è tutto
L'azzurro non accenna a scolorire.
Così tanto che, anche se sogno, forse, posso procedere.
Si posso, c'è altro, ancora.
Apro una porta... Forse non è una porta
Vado avanti
E sono bambina, ti vedo cullarmi
Ti conosco così bene, abbiamo passato una vita assieme
Sei mia madre... Lo sei stata.
Oppure devi esserlo, ma io sono sempre stata tua figlia.
L'azzurro sbiadisce
Io non so più cosa sia rimasto di me,
se 'chi sono' è dietro la porta che ho aperto, ad aspettarmi
E se sia poi così importante saperlo.
Ora sono il nocciolo essenziale.
Il seme, prima che cresca l'albero.
Forse questo è tutto quello che devo sapere.
Si, mi ritrovo al al punto di partenza
E mi accorgo che per distante che mi sia sembrato andare
Per quanto abbia creduto di correre,
Non mi sono mai mossa davvero da qui.
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Domande per rispondere a domande senza risposta
Che fine farà tutto il dolore provato?
Si spargerà ovunque come la sabbia nel vento?
Si dissolverà piuttosto come il vento stesso?
E quando sarà svanito e non ne avremo memoria,
come potremmo ricordarci della sua distinzione?
Sarà uguale alla gioia?
Anche la gioia avrà in sé un dolore?
Come nell'orgasmo,
in cui sfumano la pace e la guerra
identità e l'oblio
dicono bene i francesi, 'piccola morte'
Sarà quella terra di mezzo?
Sarà la frazione tra gli opposti?
Sarà la parentesi che contiene gli opposti?
Che gusto avrà, alla fine della giostra
averci saputi
se senza il male il bene non è bene abbastanza
ci basterà? Sapremmo farlo bastare?
ci basterà mai?
Avrà mai una fine la domanda 'chi sono?'
E quello stato di vuoto, senza più un capitombolo dell'ego,
sapremo apprezzarlo davvero bene
da non voler perderlo più?
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Poi lo sparo, la ‘starting gun’ che ci ha tolto il ritmo
Eppure ci stavamo preparando a questo sprint dall’inizio
Pensavo fossimo bravi
Era solo un allenamento come un altro
Per arrivare alla staffetta e non passarci il testimone
Correre in due direzioni diverse
Forse non correre affatto
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Cara ansia
Mi avevi detto che non saresti più tornata.
Ti vedo al mio capezzale, mangiarmi la notte.
Ti sento nella carne delle mie mani.
Sei anche nel ventre scoperto.
Sei nelle cose che non riesco a guardare.
Pensavo di averti abbandonata.
Come un’ospite.
Come un attributo.
Pensavo di non appartenerti più.
Involucro senza trasformazione.
Crisalide che non mi lascia le ali.
Ma sento che mi spingi sul fondale.
Sento che l’acqua si fa densa.
Sento che mi reclami e io ti lotto.
Sento che mi deridi mentre mi inombro.
E mi inombro per non lasciarti la luce.
Non sei me, anche se mi somigli così bene.
Gli occhi spalancati.
Le notti in piedi.
I pensieri ritorti.
I capelli che giri nelle dita.
Lo sguardo spento.
La voglia di scappare.
La sensazione di non aver nulla a che fare.
Le gambe nel cemento.
Ma non sei me, solo mi imiti.
Io ti vedo in piedi la notte.
Mi prendi le possibilità.
Non mi fai dormire.
Sei nello specchio.
Così uguale a me, che potrei confondermi.
Potrebbero anche sbagliarsi gli altri.
Anche chi mi ama di più potrebbe scambiarci.
Ti piace prendermi la scena.
Ti piace dirti viva.
Ma senza di me tu non esisti.
Senza la mia storia non hai corpo.
E io non sono chi sei tu.
E anche se a volte ti riprendi il mio sguardo e la mia testa
Nessuno dirà più che sono io.
Perché io lo so che non sei me.
Non sei parte di me.
Non sei nulla di me.
Non sei nulla.
Non sei.
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L’amore umano
Piccola casa tra le rovine
Piccola carezza di granito.
Piccola, piccolissima gioia nel temporale.
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La piccola storia di un bicchiere
Credi che il sole non possa traslocare dal tuo cielo
Credi di avere tutto sottochiave
Credi di poter snodare la pellicola
Ma tu no...
Tu piccolo protagonista
Non hai voce o spazio più di quanta non te ne dia il regista.
È buffo... Uno a volte ha epifanie e rivelazioni
Vorremmo fossero sempre sacralizzate o degne di nota
Sulla cima di un monte
Dentro un tempio magari
Tra le rovine antiche
In un sogno che ci appare sveglio
Non vogliamo proprio capire
Che il nostro dialogo con ciò che siamo è costante.
Le rivelazioni
Non sono trascendenza
Sono cucite nella vita
Sono in attimi di inciampo.
Come poco fa.
A volte parlo o scrivo
E non trovo le parole che voglio
Quando non mi vengono le parole
Sono un contenitore vuoto
Sento che la trasmissione è disturbata
Sento davvero che il divino esiste
Che la magia in me è interrotta
Che può interrompersi
Che Dio si è distratto mentre versava acqua nel mio bicchiere.
In quei momenti comprendo che io sono solo il bicchiere
Non la sete
Non l'acqua
Neanche la bocca che si abbevera
Io sono il bicchiere.
E sono d'aiuto per la sete
Per l'acqua
Necessario per la bocca che si abbevera
Ma sono un bicchiere.
E senza di me
queste cose
dentro e fuori di me
continuerebbero ad essere esattamente ciò che sono.
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