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hiromiller-blog · 5 years
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Villa Reznor
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hiromiller-blog · 5 years
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Lucignolo, help me!
Il Grillo Parlante disse a Pinocchio: Non bighellonare, vai a scuola.
E poi gli disse: Non puoi vivere per sempre all’aperto. Finirai per diventare un vagabondo.
E un accattone.
E un ragazzo solitario.
E un nullafacente depresso.
Pinocchio cosa fece? Se ne infischiò di quel rompiscatole e se ne andò al Paese dei Balocchi.
Ora io mi chiedo... dov’è sto Paese dei Balocchi? Ti danno una rendita su carta prepagata? E un’auto? E un cellulare nuovo?
Qualche vestitino da Outlet? Non dico neppure griffati di Times Square, ma almeno da Outlet sì?
No, perché io vorrei andarci. ‘Sto grillo parlante mi ha un po’ scocciato, capitemi.
Per Giove, quanto sono idiota. E in due sere me lo hanno fatto notare in due. E forse li ho persi tutti e due.
Che vita del cappero...
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hiromiller-blog · 5 years
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Ouch...
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hiromiller-blog · 5 years
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Broken
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hiromiller-blog · 5 years
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Every magic comes with a price
Non aveva mai capito veramente la Magia. L’aveva studiata, quello è certo. L’aveva studiata da quando l’aveva trovata ed essa si era impadronita di lui.
Non aveva mai voluto studiare nulla nella sua vita. Al villaggio dov’era cresciuto c’era un precettore per i bambini poveri. Una sorta di santone che prestava aiuto alle famiglie disagiate e a cui era stato affidato. Ma l’uomo non era mai riuscito a cavargli nulla di buono. Era svogliato, sbrigativo, pretenzioso, arrogante. Questi i giudizi che suo padre riceveva ogni giorno. E giù di legnate, di letto senza cena, di alzatacce per fare il lavoro al frantoio.
No, non era mai stato un amante dello studio. Eppure da quando aveva rubato la Magia, si era messo di buona lena per apprenderla. Aveva frequentato la Biblioteca della Capitale giorno e notte, tracciato disegni di ogni tipo sulle pergamene. Ed era stato poco capace. Perché era svogliato, sbrigativo, pretenzioso. Ma soprattutto ARROGANTE.
Il Bambino Profeta gli aveva ripetuto le parole del Precettore più volte quel giorno. Eppure il Bambino Profeta il Precettore non lo aveva mai conosciuto.
Quel dannato moccioso aveva dentro di sé un Potere e una Saggezza sconfinati, al pari di un vecchio che negli anni aveva affinato la sua esperienza.
Gli aveva detto che se non avesse abbracciato il Potere, esso non sarebbe mai stato suo. Se non si fosse piegato a esso, non avrebbe mai potuto inebriarsi delle compagini cosmiche. Quel Bambino gli aveva praticamente detto che doveva continuare a fare quel che faceva quando andava a lezione dal suo Precettore: cioè un bel niente. Eppure gli dava dello svogliato, sbrigativo, pretenzioso, arrogante.
Allora qual era la verità? Cosa avrebbe dovuto fare realmente? Studiare o infischiarsene? In futuro avrebbe capito che entrambe le cose servono.
Eppure in quel momento non aveva il tempo di pensare.
Le creature del Male stavano avanzando. Verso i suoi compagni d’avventura. Che credevano in lui. In lui. Maledizione... come avrebbe potuto risolvere la situazione? Come?! Li vedeva sempre più vicini, sempre più vicini. In quella gola sotto di lui c’erano quelli che lui non si sognava neppure di chiamare amici. Non aveva mai avuto amici in tutta la sua vita. Eppure gli erano capitati quei perfetti sconosciuti che appellava idioti a ogni buona occasione: legati a lui da un filo invisibile che non avrebbe mai potuto spezzare. Legati a lui dal Sigillo degli Eroi.
I mostri si avvicinavano: Elementali, bestie fameliche, creature striscianti. Gli si rizzarono i peli sulla nuca. Era terrorizzato, non pensava avrebbe mai detto una cosa del genere, neppure a se stesso. Ma anche eccitato. E non sapeva neppure da dove venisse quell’eccitazione.
Si guardò le mani... sentiva delle scariche elettriche sotto pelle che gli attraversavano i palmi, una sorta di pizzicorino pruriginoso misto a bruciore. Le mani andavano in fiamme?!
Allora è questo il segreto della Magia? Non lo Studio, ma le Emozioni? È questo il segreto di uno Stregone? Si guardò le mani ancora un paio di volte. Erano rosse, e calde, e bruciavano. Le osservò terrorizzato sgranando gli occhi. Ma sentiva che quel terrore misto a eccitazione che gli facevano palpitare il cuore cominciavano a pervadere tutto il suo corpo, serpeggiando nei vasi sanguigni e raggiungendo ogni organo e ogni nervo. E si sentì pronto.
Chiuse gli occhi. Li riaprì poco dopo. Le iridi marroncine erano svanite. Le pupille si erano sinistramente allargate: avevano ricoperto l’intero globo oculare e avevano fatto emergere la natura demoniaca della Magia.
La prima cosa che emerse fu il Demone Succube che cominciò a cantare una melodia straziante, imbambolando i nemici e provocandoli l’uno contro l’altro. Non ci poteva credere... la Magia stava prendendo il sopravvento solo perché gli attraversava il corpo. E con parole antiche e sconosciute stava comandando una splendida Succube affinché ella disorientasse i nemici. Ed ella cantava, eccome se cantava. Poteva sentirla, ma ne era ovviamente immune. Cantava di sofferenze, tradimenti, desiderio, follia.
Follia. Follia. Follia.
Alzò gli occhi al cielo, sollevò il braccio sinistro e puntò il dito verso il sole che stava sparendo alla vista del mondo a causa della stregoneria che egli stava provocando. Si fece pervadere da quella oscurità per lanciare il secondo incantesimo, ma stavolta non parlò. I suoi occhi oscuri comandavano in silenzio le Tenebre. Le nubi divennero ombre e scesero sui nemici per annientarne la visibilità. Li aveva in pugno e non stava usando alcun libro. Non ne aveva bisogno, non ora.
La Magia ballava dentro di lui, lo possedeva, lo esaltava.
Ora conosceva il modo per evocarla.
Ma era un bene? O un male?
da Il Sigillo degli Eroi
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hiromiller-blog · 5 years
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La fine dei tempi
(una stanza. Sporca. Grigia. Minimalista. Niente mobili. Un pavimento in legno. Una sedia al centro. Una donna su di essa, con la testa calata, le spalle ingobbite, i capelli che le coprono quasi il volto. Ansima. Accanto a lei, in piedi, un uomo. In divisa. Sopra di loro, una lampadina appesa con un filo al soffitto, che illumina a malapena la scena)
- Ho comprato il pane. Me lo hai insegnato tu. Prima di conoscerti non lo avevo mai assaggiato. Mi dicesti: “È fragrante. Caldo. Croccante. Senti come stimola le tue papille gustative la parola ‘croccante’. Dovresti provarlo, Frederick”. E da quel giorno non ho mai smesso di ripetere la parola ‘croccante’ e di associarla alla scorza del pane. E ogni volta che lo compro ti penso. Penso al giorno in cui ci siamo conosciuti. Tu eri così… eterea. Diafana. Lavoravi in quel forno all’angolo della strada. E mi sorridevi ogni volta che lo scampanellìo della porta mi annunciava. Non eri affatto timida, ma piuttosto il contrario… piuttosto lo ero io. Il viso mi si imporporava ogni volta che ti guardavo. Poi mi feci coraggio e ti chiesi di uscire. Andammo al cinema. A vedere quel film animato. Fantasia. Tu ridevi. Ridevi. E ti brillavano gli occhi. E ridevi. E ti commuovevi. Non ci potevo credere. Eri tutto il mio mondo.
- Frederick… (un filo di voce)
- Comprai quella casa, ti sposai, ti amai. Fino alla fine dei tempi.
 - Frederick, fallo. Ti prego…
 - I tempi sono arrivati. Ma io ti amo ancora. Credimi. Anche se i tempi sono finiti io ti amo ancora. E ti amerò oltre essi.
- Anche io ti amo… anche se mi hai venduta.
- Era mio dovere. Non potevo sottrarmi. Puoi capire il dolore nell’averlo dovuto fare?
- Frederick, fallo. Poni fine a tutto questo. Se, come dici, provi ancora un briciolo di quell’amore, fallo.
- Non posso, Anita. Sai che non posso fare favoritismi. Anche se questa cosa mi spezza il cuore…
- Sei un vigliacco. Ma ti perdono.
(Germania, Novembre 1940 – Il Tedesco e l’Ebrea)
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hiromiller-blog · 5 years
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La fine di una storia
È un evento epocale.
Una situazione che ti capita tra capo e collo, improvvisamente, cruda e crudele e ti toglie il fiato, ti fa passare la voglia di mangiare, di dormire, di stare sveglio.
Oppure è un punto che andava messo da troppo tempo ma non per questo è meno doloroso della situazione precedente.
A ogni modo, da qualunque angolazione la vediamo, la fine di una storia è un evento epocale, di quelli che ti cambiano la vita, le abitudini quotidiane, le sicurezze che avevi.
E ti chiedi in quale esatto momento non era cominciata ad andare. Ti chiedi se è stata colpa tua. O sua. Ma soprattutto tua. Devi aver fatto qualcosa di sbagliato per non essere stato capace di tenertelo.
Forse sei stato troppo accondiscendente? O troppo trascurato. O pigro. O poco attento alle sue esigenze. O forse è perché non eri abbastanza. Non eri abbastanza... la frase più brutta da pensare.
E lui ti ha detto che non ti ama più. Che non sei tu, ma è lui. Che la colpa è solo sua. Ma tu in cuor tuo continui a pensare che la colpa sia tua.
E allora ti struggi, ti chiedi cosa puoi fare per far tornare tutto a com’era allora, a quando eri spensierato e felice.
Ma il nastro non si può riavvolgere e tu rimani con la tua solitudine a contemplare quel buco nel cuore, il vuoto dentro di te.
La fine di una storia ti cambia l’esistenza. Ma è la normale prosecuzione degli eventi. Devi solo imparare ad andare avanti consapevole che la tua vita non finisce ma che si evolve sempre.
Non guardarti più indietro. Vivi il presente. Costruisci il futuro.
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hiromiller-blog · 5 years
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Daddy
Gnocco su Tela.
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hiromiller-blog · 5 years
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Pulce
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Appollaiata.
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hiromiller-blog · 5 years
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L’eterno Ottimista
Non penso. Sento.
Non rifletto. Mi butto a capofitto.
Vivo la vita come viene. Senza agitarmi o pensare a quello che potrei perdere.
Forse questo è il mio più grande peccato: essere totalmente incurante dei miei doveri, delle esigenze che mi pone dinanzi il futuro, la vita.
Ma ogni mattina mi sveglio convinto che quello sia il giorno, il mio giorno.
Il mio giorno migliore. E ogni giorno è effettivamente il mio giorno migliore.
Ho perso un mucchio di amici. Ma ne sto ritrovando migliori.
E alcuni anche molto fighi. Il Papi, il Soldato, il Sirenetto, il Ragazzo della Porta accanto.
Oggi partita di calcetto!!!
Devo tirare fuori le ginocchiere.
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hiromiller-blog · 5 years
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To do List
1. Trovare una camera senza spenderci un soldo. ✔
2. Trovare da mangiare senza spenderci un soldo. ✔
3. Trovare un mezzo di sostentamento, che la maggior parte della gente banale chiama Lavoro. Faccio persino fatica a scriverla questa parola abominevole.
Mi manca solo la 3 e poi sono a posto.
Uhm... cos’è che volevo fare da grande?
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hiromiller-blog · 5 years
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Times Square. Cosa c’è di più bello?
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hiromiller-blog · 5 years
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Work in progress
Quanto mi piace disegnare le labbra maschili. La prima cosa che guardo in un uomo (oltre al sedere).
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hiromiller-blog · 5 years
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I’m a Lost Boy, Peter Pan
L’altro giorno guardavo in TV la storia di una madre che aveva dovuto dar via la sua bambina per proteggerla.
Quanto può essere dolorosa una cosa del genere?
Nero su bianco è facile, ma tutte le sensazioni, le emozioni, la crisi per l’abbandono. Quello non lo so raccontare. Perché non l’ho vissuta dall’altra parte. L’ho vissuta da questa parte, la mia, nella condizione di orfano adottato.
E allora mi sono interrogato. Mia madre, quando mi ha abbandonato, ha sofferto? Mi ha pianto? Si è interrogata se fosse giusto farlo? Se fosse la scelta più opportuna? E perché lo avrebbe fatto? Perché ero ammalato? Perché ero indigente?
O perché lei era indigente? Mi ha gettato via come uno straccio sporco? Mi ha venduto per due soldi? Per comprarsi da mangiare? La droga? Perché era una sgualdrina che aveva commesso un errore?
O perché costretta? O perché era stata costretta? Forse i suoi genitori non mi volevano? Suo marito, mio padre, non mi voleva? Forse era stata violentata e mi vedeva come un fardello troppo grande? Come un ricordo brutto da cancellare?
Perché? Perché? Perché?
Un orfano se lo chiede mille volte, credo, il perché della sua situazione. O almeno io me lo chiedo.
E queste domande mi fanno star sveglio ogni notte. E mi costringono a vagare per la città senza meta, forse sperando che qualcuno o qualcosa mi dia una risposta.
So che potrei trovarla la risposta. Ma sono un vigliacco.
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hiromiller-blog · 5 years
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Senza Titolo, aka Il Mostro
Era solo un ragazzo. Un ragazzo con mille speranze, sogni. Aspirazioni.
Ora è un mostro. Non si nasce mostri. Lo si diventa.
Gli occhi scuri come la pece, le sclere totalmente svanite, l’aura purpurea, tendente all’oscurità, che lo avvolge. Questo è ora. A questo lo ha portato il dolore per aver perso un grande amore.
Era pieno di mille speranze. E ora è disperato.
Come può l’amore generare odio? Come può la disperazione generare ribrezzo? Dispetto? Distruzione? Annullamento?
Come può l’amore tramutarsi in un fiore appassito, marcito, senza futuro?
Avrebbe dimenticato. Ci ha provato in tutti i modi. Quel raggio di sole che gli aveva mostrato uno spiraglio nell’oscurità della sua anima. Gli era stato portato via. Aveva sentito la sua vita scivolargli di mano, come una sciarpa di seta crea un lieve fruscìo lasciando la nostra pelle e fluttuando verso terra. Avrebbe dimenticato quella sciarpa di seta. O almeno avrebbe voluto.
Non voleva tutto questo. Voleva dimenticare. Ma neppure quello gli è stato concesso.
Era solo un ragazzo. Pieno di speranze. Voleva affermarsi nella vita, voleva dimostrare a tutti che lui ce la poteva fare. Che poteva rialzarsi dalla sua vita miserabile ed ergersi sopra i suoi avversari. E ci era riuscito. Era riuscito ad acquisire sempre più potere, sempre più magnificenza. Si era erto al di sopra dei suoi detrattori. Aveva imparato tutto quello che avrebbe potuto imparare.
Tranne una cosa.
Viaggiare indietro nel tempo ed aggiustare quel che nel futuro si era rotto.
Le leggi dei viaggi nel tempo, sia indietro che in avanti, sono un rischio, gli avevano detto. Ed evidentemente avevano ragione visto che una sola volta lo aveva, senza volerlo, fatto e le conseguenze erano state per certi versi provvidenziali e per altri devastanti.
Quindi non poteva tornare indietro ed aggiustare nuovamente quel che aveva visto rompersi.
E non poteva usare una pozione per dimenticare.
Non poteva. Ha sempre odiato sentirselo dire. Ma ha imparato ora la lezione. Non poteva. Non doveva.
Ora che è un mostro, è molto più umano di quanto non fosse prima. Si porta addosso il fardello dei suoi peccati e lascia che gli altri lo ritengano tale. Ed effettivamente lo è. Un mostro. Se lo merita questo appellativo.
Ma solo lui sa qual è la sua condanna peggiore: quel buco nel suo cuore umano. Quel vuoto, che è peggiore di qualunque fardello, di qualunque peccato.
È forse questo il nostro inferno? Convivere con quel senso di vuoto? Con la solitudine?
tratto da un racconto che ho lasciato incompiuto
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hiromiller-blog · 5 years
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Caricatura
Ieri ho visto un ragazzo sulla spiaggia. Bellissimo. E l’ho disegnato.
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hiromiller-blog · 5 years
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Riavvolgendo il nastro
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“Se potessi tornare indietro...”. Quante volte ce lo siamo detto? Ne abbiamo combinate tante nelle nostre vite. Quel semaforo rosso superato, quell’errore al lavoro, quella frase impulsiva.
La persona sbagliata, scelta per impulso. Eppure amata. Amata tanto.
Sicuramente qualcuno di noi si è pentito di aver amato una persona con tutto se stesso e poi, a distanza di anni, ha pensato: “Se potessi tornare indietro, non ti sceglierei di nuovo”.
Facciamo un gioco. Immaginiamo di poterci infilare in un buco dimensionale e di tornare a 10, 20, 50 anni fa.
Siamo di nuovo bambini. Riviviamo la nostra vita di nuovo, tutta daccapo. Con la consapevolezza di oggi, però.
Cosa faremmo, a parte superare brillantemente interrogazioni che oggi considereremmo banali ed evitare situazioni imbarazzanti già vissute e ricordate?
Io sono troppo giovane, ma... credo che rifarei tutto. Ricommetterei i miei sbagli. Oggi sono quel che sono grazie anche a quegli sbagli.
E se, cambiando il passato, intaccassi la personalità del mio IO presente? Penso che ne soffrirei molto. Avrei timore di diventare qualcuno che non sono. Qualcosa che non sono.
Non so se riavvolgendo il nastro, prenderei strade diverse. Forse qualche sfizio me lo toglierei, qualche frase non detta, qualche emozione non vissuta. Qualche sfizio sì, ma un’intera vita no. Non so... no, comunque no. Non credo.
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