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ilarywilson · 2 years
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ilarywilson · 3 years
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« Di capire quanto male hai voglia di farti »
Tra le tante, è l’unica risposta che le ha dato, il suo suggerimento relazionale che continua ad accostare il dolore a qualcosa che può essere anche piuttosto piacevole se preso nel verso giusto. «Quanto vuoi perdere e quanto vuoi prendere, che forma hai e con quale vuoi combaciare, e non pretendere niente di meno di quello che ti va» Semplice, no? «Le persone che non sanno salvarsi da sole non meritano che qualcuno faccia questa fatica al posto loro, né che li aiuti a scavare la loro fossa. Al massimo sono carine da guardare sprofondare, ma solo se è il genere che ti interessa».
«Morgan è roba mia e non dovevi osare toccarlo. Se non ho spaccato la testa a quel coglione con cui stai, è solo perché è roba tua. Quindi ti chiedo di non guardarlo neanche o la prossima volta non sarò così clemente»
« Buon per te che io invece lo sarò »  clemente  «quando avrai bisogno di uno specchio in cui guardarti per ricordarti chi diavolo sei». Lei sicuramente ha scelto chi diavolo essere. Quella che non tirerà fuori dalla fossa qualcuno che non vuole salvarsi, ma nemmeno sarà quella che lo spingerà di sotto aiutandolo a scavarsela. Gli complicherà la vita facendogli sapere che una mano è rimasta. La sua. E vero o meno che sia: «almeno saprai di potermi venire a cercare».  That’s how a threat is supposed to work, Mr Waleystock.
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ilarywilson · 3 years
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ilarywilson · 3 years
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ilarywilson · 3 years
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Sembra aver smesso di provare a scegliere chi essere fra la ninfetta scappata dai boschi con le ruote delle sue gonne fiorate, le calze a fantasia e le scarpette di vernice, e la ex settimina appena evasa dalla torre Grifondoro con le magiconverse rosse sdrucite, i jeans alla caviglia e le maxi felpe di John a sfiorarle le ginocchia. She can be both. La lunga chioma alla camomilla è caduta vittima di un taglio netto che aveva giurato irreversibile - streghe, loro drammi e dove trovarli - ma ormai le onde scarmigliate le sfiorano nuovamente le spalle. La tintinnante miriade di braccialetti ai polsi non è cambiata, l'hanno fatto l'irragionevole ottimismo degli occhi chiari e l'incauta baldanza con cui in passato ha sfidato le proprie vertigini.
Come le migliori camomille da giardino ha dimostrato una resilienza esagerata e provato a se stessa che Diffidenza e Wilson possono anche coesistere. Con buona grazia delle ceneri della Graveyard, che tanto ha fatto per inculcarle il concetto. Sebbene abbia scelto di vivere assecondando l'innato istinto alla cura, l'estro artistico le impedisce di levare silenziosamente le gonne after a good job. Capriccioso side effect dell'aver imparato a riconoscersi una certa qual dose di fantasticità. Pestare i piedi e scaraventare oggetti dall'altra parte della stanza, at you, resterà sempre nel suo stile; ma anche l'esagerata dolcezza di certi sorrisi o quella manina tesa after the worst thing you ever did. Ha una bussola morale che nessuno farebbe bene a calpestarle ancora, ma una pragmaticità e un senso di lealtà che spesso la tradiscono.
A tenerla in equilibrio sono le montagne di Rob, l'animo festaiolo di Vì, la guida di Phibelle, le mani delle sue Settimine. Il CB le è rimasto nelle ossa, ma sono le mille lune di Anne a darle ancora gli incubi migliori. Si tiene a distanza da Ezekiel, annusa ancora Mr Tregowan di nascosto e importuna Than since ever. Alicia è sarcasmo per i suoi denti, Kat una sorella, Adam un prato su cui camminare scalzi e Rachel un'alleanza silenziosa in un baule di verità scomode. Un Hit Giant s'è da poco conquistato i suoi servigi di scudiera e Sami l'indiscussa complicità delle anime del Quarto. Sebastian è lo spettro di una casa che ha scelto di abbandonare e Nihe una valigia di vuoti che ha preferito non colmare. A scombinare tutto, un luna park pieno di giostre di cui continua a sbagliare il nome ✿ H.
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ilarywilson · 4 years
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E` un trionfo di tintinnii colorati e rapidi tacchettii sull`acciottolato di Diagon Alley, trafelata nel tentativo di non lasciarsi cadere nulla di mano. Quando gli occhi azzurri lo intercettano, sceglie di ficcarsi il resto di quella torta di mele in bocca, infilandosi la bacchetta dietro l`orecchio così da avere le mani libere per infilarsi la mantellina. Il cappuccio ritorto a ingobbirle il retro del collo e il panno rosso a scivolare sopra il salmone della gonna a ruota, seguendone il taglio. Un vestitino sopra l`altro per ripararsi dall'aria ancora frizzante d'aprile; alla faccia della primavera che le sue gambe a fiori s'ostinano a incoraggiare. Sta ancora masticando rapida come un cricetino, mentre le dita nubili si sollevano a rassettare quel caschetto biondo alla camomilla, che tanto non può tornare in ordine con così poco sforzo.
«E` bello» il mormorio che rivolge a Ilary che ha visto evolversi, abbandonare gli strascichi dell`adolescenza e ora essere la donna divorziata davanti a lei. «Ora sì che hai gusto» una nota di divertimento nostalgico ora che, con tanta vanità personale, Ilary ha imparato ad accostare colori intonati. Lo stesso si dirà per gli uomini. La donna davanti a lei potrà essere minuscola, ma è stabile in quella presa sulle corde dell`altalena, è stabile in tutta l`ironia che sfoggia. Lo è sempre stata. Miss Wilson non si abbatte mai. Intravede chissà quali mirabolanti possibilità nel futuro di Ilary, in quelle libertà che ora dovrebbe prendersi. «Concediti sbagli» raccomanda, sottintendendo chissà che. «E' divertente, come un gioco».
«Ilary vorrebbe fare un gioco con te». 
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Ah sì? Rischia quasi di soffocarsi e sputacchia un po`di alcol in giro, sollevando due occhi sbarrati sull`invidiabile innocenza con cui Lady Mayson ha parlato. "Quale gioco?" «Quello...» sgancia un`occhiata al bicchiere «... di indovinare il gusto del mio Rainbow Whisky».
↠ Gelato alla fragola, cioccorana, ciambelle glassate, pesca, incenso, melograno, sottobosco, zucca. E ancora pancake, amartance, carboncino, caffé nero e brunch domenicali. L'earl grey? Non mi piace più tanto, preferisco il Colazione da Wilfany, ora. No, non è un semplice milkshake alla zucca. E' alcolico, piccante, dolce e il ribes ti resta appiccicato ai denti quando sorridi. Con lui non puoi mentire, con lui è tutta un'altra storia.
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ilarywilson · 4 years
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«Ti piace insomma?» le sussurra impaziente. «Sì, mi piace» anche se forse avrebbe preferito poter dire diversamente.
La camera che accoglie i due animaletti è indubbiamente a tema marino. Le quattro pareti azzurre della stanza quadrata, con il battiscopa bianco e la boiserie composta da piccole conchiglie e stelle marine, sono illuminate da alcune appliques di gesso bianco ricordanti anch’esse delle conchiglie. Il soffitto sembra inesistente, perché alzando gli occhi, la lontra e il gatto potranno ammirare un meraviglioso cielo con tutte le sfumature che dona l`alba: dal blu scuro al giallino tenue, andrà cambiando man mano che la giornata avanza. Il pavimento invece è composto da una spessa lastra di vetro, sotto la quale si può ammirare un delizioso fondale marino, con tanto di pesci colorati, coralli e alghe dalle mille sfumature. Il letto matrimoniale a baldacchino in legno d`acero è composto da quattro colonne a spirale, la trapunta blu si intona perfettamente alle pareti e al cielo sopra di loro, come i sei cuscini morbidi di colore bianco, azzurro e dorato; sparsi sopra di essa, anche alcuni petali di rosa bianca a dare il benvenuto ai due ospiti.
In quindici secondi netti il mondo si è rovesciato sotto i suoi piedi, le lacrime hanno gonfiato gli occhi chiari e il consueto tremore ha fatto sprofondare la destrorsa in tasca, a cercare la rassicurazione del manico della bacchetta. «E`…» sìì? «è davvero-davvero bellissima. Non è che ha anche un balcone, per caso?» Perché in quel caso una boccata d`aria fresca potrebbe farle bene.
«Che hai? Ho detto qualcosa di sbagliato?» Lo stesso Harry avrebbe rifatto i bagagli e ripreso la Metropolvere per tornarsene a Londra, se fosse stato con un`altra persona… ma con Ilary no. Confuso e spaesato, a cercare un balcone per accogliere ogni richiesta pur di farla stare meglio. «Non so… non credo… apro la finestra però, se vuoi».
Per qualche motivo, il pensiero di spedirlo ad aprire una finestra per garantire la propria agognata aria fresca, non deve sembrarle un`ottima idea. «Potresti dover usare quelle chiavi» dopotutto non gliele ha date per qualche sciocco colpo di testa e alla fine è comunque la decisione più (sanamente) egoistica che abbia preso dopo avergli permesso di aspettarla.
La confusione oscilla nella testa, gli scuote il cervello e tutta la parte razionale di sé, quella che gli fa prendere decisioni ponderate, in perenne lotta con l`impulsività che lo ha fatto finire tra i Grifondoro, che gli fa dire bolidate, che lo rendono un emerito troll ogni tanto, quando i due neuroni tipici del cervello maschile non lo fanno ragionare a pieno e non fanno connettere la bocca ai nervi cerebrali. Prende una boccata d`aria gigantesca, inspirando più ossigeno che può, silenziosamente, e attendendo qualche secondo per buttarlo fuori, sempre in religioso silenzio, aspettando che lei sia la prima a parlare, dandogli spiegazioni.
Lo sguardo serio di chi vorrebbe dire infinite cose, ma ha imparato a starsene zitto quando è il momento.
Il pavimento d`un tratto gli sembra cedere, ma si sente trattenere, e allora forse una base solida l`hanno davvero costruita.
«Che c`è che non va?» Probabilmente tutto.
«Non è vero che quell`impronta me l`ha fatta mio nipote. E non è vero che questo posto è bellissimo… Cioè… Lo sarebbe se solo non somigliasse così tanto alla mia casa… Credo di essere uscita, ma poi scopro che i fantasmi corrono attraverso le tubature e sotto il prato dei giardini e che e possono seguirti fino in Francia se non hai castato bene il tuo Riddikulus o chiuso bene il lucchetto del baule e io sono pessima coi Riddikulus e odio le porte e-e- le chiavi e sono un dannatissimo syrte a fare i discorsi. Quanto tempo pensi di aspettare ancora, prima di intervenire?» Perché prendersela con lui sembra un buon modo di sfogare l`agitazione e il panico. Buffa, perché ce ne va di forza d`animo per sbraitare contro la persona la cui mano stai ancora debitamente stritolando.
«Be`… Se il problema è l`arredamento, possiamo cambiarlo, ci mettiamo noi con due colpi di bacchetta» ah sì? Guarda che lo vedono tutti il peso gigantesco che cerchi di affossare con il piede nella terra scura e umida della vostra dannatissima casa infestata. «A patto di lasciare i pesci… sono carini».
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«Non sei costretto a farlo...» di dolcezza è impresso anche quel mormorio soffuso, più un invito che un rimprovero. «... sdrammatizzare per forza». A questo gioco non vince e non perde mai nessuno, e questa è la novità più spaventosa di tutte. «Anche se funziona, possiamo tenerlo. EI pesci possono rimanere» sono carini. «E anche tutto il resto, compreso te. Sei carino».  Con un sorrisetto che cavalca l`onda della sua ironia, ma porta a riva con sé qualcosa di autentico. 
«Tu…» Tutto il coraggio di cui ha bisogno, tutto il coraggio che riesce a creare, incanalato nella gola, cercando le parole giuste e di accettare qualsiasi cosa arrivi in risposta. «Tu mi ami, vero?» Questo vuol dire essere coraggiosi?
Si ritrova ad annuire risoluta con quel caschetto biondo. Non aveva immaginato di dirlo ora, e nemmeno di pensarlo fino ad ora, ma alla fine tutto accade insieme e viene sputato fuori insieme. «Però mi fa una paura grama» amarti.
«Balliamo?» «Balliamo»
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Lo scruta attraverso quella bolla di sapone rosa, sorridendogli sbruffoncella. Mima con le labbra un bacio, sul quale conta di mandare a infrangersi la bolla, come una bambina. Peccato che la dolce provocazione non fosse così velata a giudicare dall`occhiatina vivace che gli rifila.
«Mi prometti una cosa?»
«Promettimi che non ti terrai dentro tutto. Se mi ami. Perché le tue paure rimarranno con me dato che, come ti ho già detto, se non fosse chiaro... non ho intenzione di andare da nessuna parte». Il tono di voce è davvero tranquillo, forse si è abituato a prendere con calma i discorsi seri, forse sente il bisogno di precisare ancora che se si è tuffato in una relazione seria dopo trent`anni, è perché la vuole davvero. Ecco perché le sorride dolcemente, a fine precisazioni, avvicinandosi di nuovo a lei per darle un bacio rassicurante, appassionato, affamato. «Anche perché ti amo» conclude, la sua semplicità e spensieratezza sono disarmanti.
«Non posso parlare di cose che non so. Ma tu-tu potresti chiedere. Ho l'impressione che anche tu ti tenga dentro troppe» domande? «cose».
«Cominciamo con le cose che sai» staccandosi appena, le braccia di nuovo ad avvolgerle la vita. «Allora... facciamo così: a piccoli passi, io chiedo e tu butti fuori. Ti va bene?» Disarmante anche la delicatezza utilizzata nella voce.
Solo, se butti fuori anche tu.
«D'accordo, te lo prometto». Chi glielo dice che non ha più promesso niente a nessuno da qualche anno a questa parte? Nessuno, è la risposta giusta.
«Credevo che i gatti odiassero l’acqua»
Ah sì?
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ilarywilson · 4 years
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Lo sai che...
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«... Nonna Meg dice sempre che non puoi far restare le persone, più le stringi e più quelle ti schizzano via come vermicoli fra le dita. Puoi solo far loro capire che non te ne andrai tu e sperare che loro facciano altrettanto»  la nonna ne sapeva, di amori e altre storie, perciò «te l'ho mai detto che non ho intenzione di andare da nessuna parte?» Te l'ho mai detto che il caffè lo prendo senza zucchero? Il tono è un po' quello. E tutto suona semplicemente troppo giusto persino per intimidirle lo sguardo o far tentennare la voce o fermare i ghirigori delle dita o affievolire di incertezze il sorriso. No, il giro continua e continuano gli sguardi e le sue parole si fanno solo veicolo di un'ovvietà che le è chiara da un po'.
Deglutisce a quell'aneddoto - grazie, nonna Meg - ricominciando a sentire caldo. «Lo-lo so» miagola incerto. «Perché me lo dici? Ti sto stringendo troppo?» chiede, le sopracciglia aggrottate, confuso.
«N-no!» Ecco l'impellente fretta di spiegarsi meglio, mentre il cuore agita di colpo i battiti e accorcia il respiro. «Lo-lo dico per non stringerti troppo» al contrario. Sbatte le palpebre, non era ovvio?
 «Be' non era chiaro, Wilson» la rimbecca, l'aria spiritosa e da schiaffi palemesemente perculante. «E poi tua nonna aveva torto, almeno su di me. A me piace quando mi stringi troppo» il tono più ammorbidito di chi è in vena di confidenze. Le ruba rapido un bacio sulla punta del nasino e si risistema nella tana della coperta.
«Le hai contate anche tu?»
Le volte in cui mi hai detto "ti amo". E no, non pare esserci traccia di divertimento per la curiosa conta tenuta, solo del respiro corto per una meraviglia troppo intensa e stringente. 
Uno sbuffo corto e quasi impaziente gli alza un ciuffo di capelli e potrebbe essere abbastanza forte da sollevare anche una ciocca del caschetto biondo. «Certo che le ho contate...» mormora, scontato e ovvio, no? «Sei l'unica per cui ci credo davvero, ti pare che non le conto?» Sì, la schiettezza con cui lo dice è disarmante, ma -ehi!- gliel'ha detto lei di togliersi la maschera.
Quella confessione tanto spiccia traccia morbidezze più profonde nelle fossette delle guance, nella curva del sorriso e nella lucina intermittente degli occhi con cui se lo sta mangiando. Ma chi hai incontrato, Wilson?  «Te l'ho mai detto che...» ci risiamo, che stia per tirare in ballo Nonna Meg è una certezza a cui tutti dovremmo davvero rassegnarci... o forse no? Forse gli sta dando tempo di roteare gli occhi al cielo o di voltarsi a guardarla interrogativo. Tanto per sganciarglielo poi a tradimento, quel «...ti amo?» Che no, non è incerto, prosegue solo la domanda di qualche attimo prima:
“te l'ho mai detto che ti amo?"
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«Mh?» distratto, il tono flebile. Ancora Nonna Meg? Ma poi arriva. Una piacevolissima secchiata d'acqua gelata, a sopresa. Gli occhi si aprono di colpo e il respiro si mozza. No, non riesce proprio a deglutire. Lo ha detto davvero? Sì, eccoli i fuochi artificiali che scoppiano al loro passaggio sul vagoncino. Eccole, le esplosioni di colori e le scintille che odorano di polvere da sparo, camomilla e muschio. Si tira su a sedere, guardandola pietrificato, le pupille dilatate per la penombra, per l'emozione, per la felicità di sentirselo dire da lei. Alla fine. Le si avvicina con il viso, infilando le dita nodose tra le ciocche bionde come un pettine delicato. 
«No» ecco, ora deglutisce. «Ridimmelo» sussurra, con il petto che trema, gli occhi lucidi e quel carrellino che subisce avvitamenti e giri della morte a non finire. 
Le sue dita fra i capelli producono un piacevole fremito interiore in grado di ripercuotersi lungo tutta la pelle. D'oca, come lucido è lo sguardo affondato nel suo a quel "ridimmelo" che le ricorda così tanto se stessa da risultarle ben più che comprensibile. Il sorriso si scioglie, acquoso, mentre la voce si fa desiderare unicamente perché le serve un attimo per sciogliere il grumo di emozione fermo in gola, deglutire e non lasciarsi confondere da quella vicinanza. E il replay richiesto arriva, rigorosamente dopo un countdown mozzafiato da 3 a 1. «Te l'ho mai detto... » il tono poco più che un sussurro nell'aria rimasta a dividerli «...che ti amo?» Forse ora con più intensità, perché l'enormità di quella verità si fa sentire ora che lei la lascia correre libera per quel prato umido di pioggia e ancora caldo di sole. «E che... mi piace?» Non importa lui comprenda ora il senso di quella precisazione, tant'è che lei lo anticipa; riformulando da sé. «Mi piace amarti». E' possibile non piaccia amare qualcuno? Forse, e dico forse, sì.
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E siamo a quota due. Non sa davvero dire quante e quali emozioni riesce a provare. Un sorrisone genuino gli si allarga progressivamente sulla bocca, così poco distante dall'altra. «Sì... già due volte» le mormora dolcemente, scherzando divertito, un nuovo un bacio a posarsi sul nasino della strega. «E mi suona bellissimo... » la voce leggermente roca, quasi rotta dall'emozione di quelle prime volte. E un secondo bacio le arriverebbe dritto sulle labbra, in un movimento conclusivo che va a togliere i centimetri di distanza che li tenevano lontani; così lento, passionale. Un braccio ad avvolgerle il corpo, la mano dalle ciocche di capelli al collo, le dita ad arrampicarsi lungo la pelle chiara, le labbra a fare e disfare baci -affamate- e il corpo ora sveglio, in vena di coccole e dolcezze. 
Qual è la tua emozione preferita?
Mmh... sentirmi libera? La leggerezza. Scartare i regali? Uh-uh, ce l’ho! E’ la sorpresa. Di quando capita qualcosa che non ti aspetti. 
Tu lo aspettavi un amore inaspettato?
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ilarywilson · 4 years
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Ammettiamo che non fa proprio caso alla cicatrice, perché ora le tende entrambe le mani sotto quel portico: lui ormai sull`erba fuori, lei dondolante sul legno scricchiolante. 
«Vieni...» 
si lascia scappare, l`immagine di quella fuga dalla casa infestata è così nitida ai suoi occhi che sembra quasi vera.
La bocca si scontra contro la sua per un bacio profondo, pasticciato, sicuro.  L`animaletto ha appena spiccato una corsa a perdifiato per saltargli addosso e atterrarlo sulla schiena, sommergendolo di profumi e morbidezze e assaporando a pieni polmoni l`aria fresca del parco. Zucchero, vino, cannella. Dolce e appiccicosa, l`aria del parco. 
«... sulle insalate russe con me?» 
Quella prosecuzione le sfugge in un soffio contro le sue labbra, seguendo il filo di un pensiero che le è riverberato dentro fin`ora. Un desiderio tanto impellente da esprimersi in quella richiesta quasi bambina. "Mi porti su quella giostra lassù, signor Duffany? Ci posso salire, non è vero? Ho superato il metro e cinquanta l`anno scorso". Sceglie quell`esatto istante per riaprire gli occhi e raccogliere la sua reazione. E siccome non vuole rischiare, è un nuovo «vieni con me?» quello che gli sussurra contro le labbra, mangiandosi le "insalate russe" perché non ha abbastanza fiato per mettere troppe parole in fila. Sta già compiendo un piccolo miracolo con quella richiesta che non fa più rumore di un sospiro, quasi temesse di svegliarlo con una tenerezza di troppo. 
"Posso tenerti con me?"
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«N-ne sei sicura?»
 «Da un po`» 
Il sorriso ancora un`ombra tiepida e la sensazione vividissima d`essere appena arrivati a farsi staccare il biglietto dai giostraio. E poi, siccome senza un pizzico di comicità non si va da nessuna parte, l`espressione si fa appena più seria e corrucciata; una rughetta solca la fronte e le labbra si accartocciano di lato preda di un improvviso dubbio insinuante.
 «E-e tu?»
Con le mani ficcate in tasca, Duffany si ritrova a guardare la sua vecchia amica da un`altra prospettiva. Sono curiosamente in tre ambienti differenti: la casa, il prato, il luna park. La Stanza di Arianna impazzirebbe. Gli occhi percorrono quel sentiero conosciuto fatto e rifatto ogni volta con un vagoncino diverso, che adesso gli appare totalmente nuovo. I sostegni in ferro e acciaio sembrano più forti e piantati a terra; le luci che accompagnano i vagoncini a 120 chilometri orari sembrano illuminare molto di più la strada, la musica gli arriva alle orecchie più piacevole e l`aria ha il confortante odore di camomilla. Deglutisce e si ritrova ad annuire silenzioso, la mandibola ad irrigidirsi per un secondo e all`improvviso un senso gigantesco di responsabilità gli si annida nel cuore.
 Andrà tutto bene ora? 
«Sei la mia cintura di sicurezza» che probabilmente lei non sa neanche cosa sia e a cosa serva, ma a chi importa? Lei è lì. Non è scappata e lo tiene saldo a terra; le mani proprio lì, dove batte forte il petto, tra lo stomaco e la gola che sembrano essersi fermati. Nessun singulto. Nessun timore. Si solleva con il busto e salgono sul carrellino. La pista di lancio freme. La avvertite? L`energia cinetica per un treno formato da un solo carrello. La vedete? La rampa che sale verso il cielo e si perde nel blu. Giù le sbarre. Ad attenderli non ci sono freni, ma solo mirabolanti pazzie e piacevolissimi giri della morte. Lo sentite il conto alla rovescia? 3... La bocca si scontra con la sua, a caccia del suo sapore per dare lo sprint iniziale. 2... Le mani a premere sulla schiena nuda, il solco perfetto della spina dorsale e il brivido che gli provoca il contatto con la banda del reggiseno. Un gesto fluido delle dita andrebbe poi a staccare i gancetti gli uni con gli altri. Aggràppati, aggràppati. 1... Si separa da lei, le labbra così a pochi centimetri per guardarla solo negli occhi e vederla un’ultima volta prima di farsi lanciare a velocità elevatissime; i capelli scompigliati come quando sferzava il vento sulla sua scopa. Abbassa le palpebre. Si parte.
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ilarywilson · 4 years
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«Sebastian è davvero una testa di zucca ad averti lasciato, Ilary. Quando lo vedo, lo appendo a testa in giù anche per questo» biascicherebbe, finendo per rilassare le spalle. La mano destra si stende per avere il pastrano indietro, finendo per proporre un «Ti accompagno a casa, se me lo permetti. Non mi piace che ti aggiri da sola per Diagon Alley a quest`ora» protettivo, come sempre, sebbene non sia proprio in formissima e quel mal di testa non sembri accennare ad affievolirsi.
Quell`espressione inattesa di... solidarietà? la fa scattare nuovamente con lo sguardo su di lui. Che, borbottante o meno, alla fine le strappa un piccolo broncio acquoso. «In verità io sono contenta di averlo lasciato» in una frase corregge sia la direzione di quella rottura, sia il proprio stato d`animo a riguardo. «Avrei solo dovuto farlo molto tempo fa`, ma sicuramente merita di essere appeso a testa in giù per come si è comportato, quindi non ti fermerò» ridacchiando, serena e forse persino grata, cercando d’alleggerire la tensione e rivolgergli un sorriso più pieno. Gli sta giusto riallungando il pastrano quando quell`offerta arriva a farla sospirare sonoramente, prima di farla arrendere a quella premura. Cosa non usuale, deve essere proprio stanca. O forse no. «Fammi recuperare mia cugina» accennando a Kat. «In cambio ti becchi un po` di rigenerante e una fattura rinsalda ossa» nel balzare giù dal tavolo rigirandogli contro le sue stesse parole. «Non mi piace che ti aggiri zoppicante per Diagon Alley a quest`ora. Recupero il kit». Protettiva anche lei, come sempre, solo in modo diverso. 
L'altro giorno, appena sono rientrato in caserma, il piede stava davvero meglio. Sono davvero fiero di averti come scudiero. Stammi bene, Snasina. Tieni gli occhi aperti. Sono tempi pazzi. Greg
Sono contenta per il tuo piede, lieta di aver messo alla prova la mia magia in una condizione così estrema(mente spassosa). Da bravo scudiero ti ricordo però che difendersi è concesso, non incassare troppo, nessuno ha le spalle così larghe. Terrò gli occhi aperti. Stai bene anche tu, Hit Giant. Illy
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ilarywilson · 4 years
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[Nella serata di sabato, un riconoscibile Carroll viene spedito a Notting Hill, con una confezione legata alla zampa, contenente una piccola torta di mele. In allegato un bigliettino con la riconoscibile calligrafia dello scozzese] Devi assolutamente andare al tendone del Porcellino d'Oro a Diagon Alley! Saranno a Londra fino al 9 agosto. Io sto partendo per un giro di controllo delle difese delle comunità magiche o ti ci avrei portato, ma tu devi andare. Hanno un sacco di roba buonissima come queste torte. Quella che ti ho mandato è proprio da te. Rob
Torta golosa (da 2 a 8 porzioni, vari gusti). Mangiarne una porzione conferisce al corpo ed ai capelli una profumazione golosa, simile al gusto della torta. Per esempio, la torta di mele fa profumare di mele e cannella. L’effetto perdura circa mezza giornata.
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ilarywilson · 4 years
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In case of emergency only
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«Oh, andiamo! Da quando serve un`occasione per fare regali?» Il tono spiccio intriso dello stesso entusiasmo genuino e un po` bambino cui di recente sembra attingere a piene mani; come bambino è il piccolo fiume con cui lo investe quando lui avrà sciolto il fiocco verde acido e sollevato il coperchio della scatoletta per scoprire un paio di gemelli a forma di piccola chiave. Il materiale non sembra prezioso, ricorda più l`ottone ben lucidato delle chiavi antiche, l`aria un po` vintage risultato della volontà di non alterare troppo quelle che:
«sono le chiavi delle uniche due porte che ci sono in casa mia»
Le porte che lei odia tanto, sì. «O meglio, lo erano, ora tecnicamente non aprono più niente perché le ho dovute rimpicciolire e modificare e rendere uguali perché ovviamente...» occhi a roteare rapidamente al cielo «... dovevo farle gemelle» le chiavi, per i gemelli. «Ma insomma» riprende «non è importante questo, ma l`idea...» ora improvvisamente la gola secca è venuta a lei, tanto che si ritrova costretta a deglutire e a torcersi quelle manine fra loro. 
«Ho pensato... che potresti usarle per venirmi a prendere quando, quando...» gli occhi si abbassano, le ciglia sfarfallano e il cipiglio si fa appena più corrucciato per la concentrazione e l`impegno che mette nel trovare le parole giuste «... quando resto intrappolata nella mia... casa... infestata». Lo sguardo si risolleva su di lui, prima colpito dalla propria stessa uscita e poi animato dalla fermezza con cui infine prosegue: «vorrei che le usassi. Per entrare e... e portarmi fuori». 
SOLO IN CASO DI EMERGENZA
No, non lo dirà che così anche lui potrà tenerla al polso. Non è mica così sdolc- «e poi così mi tieni al polso anche tu, no?» Improvvisamente le sembra meglio questo grande classico che non tutto il resto. Improvvisamente «mi era sembrato davvero, davvero urgente». Alle dichiarazioni non piace aspettare.
«Dannazione, Wilson» che equivale a un "ora ti amo ancora di più". «Sbragherò tutte le porte, se necessario. Ti amo, Wilson. E non me ne vergogno, te lo ripeterei altre centomila volte. Ti amo e ti aspetterei per tre secoli, se necessario; sfonderò tutte le porte che vuoi, devi solo dirmelo, perché sei l`unica persona che voglio».
«Oppure» sai «potresti aprire» con le chiavi.  «Non mi piacciono le esplosioni».
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ilarywilson · 4 years
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«Stiamo insieme» ... «Io e il bruco».
Sorseggia ancora prima di rischiare di sputare tutto nuovamente.
«Il bruco ha bruciato il testicolo al padre di Sebastian?!»
«NOOOO! Non conosco lo stato dei testicoli del padre di Sebastian...!» scoppia a ridere, le guance e gli occhi ormai accesi del divertimento più sfrenato. «E non so chi abbia bruciato quello di Harry, una con cui è andato a letto credo. Io mi sono solo occupata degli impacchi che glielo hanno salvato».
La faccia divampa di un rosa leggero tendente sempre più al rosso, mentre Ilary spiega il palese fraintendimento «oooh» annuisce «mi sembrava strana effettivamente, la questione» ...
«Lo sai...» sperando di non risultare inopportuna, si inserirebbe con una riflessione genuina e spassionata «vedere te mi aiuta a ricordare perché non era possibile giustificargli tutto con... la scusa della malattia». Gli occhietti si inumidiscono appena, sebbene il sorriso scacci il presagio lacrime. 
«Alla fine del processo sono andata via... perché mi sono posta anche io il problema di essere o di poter diventare come lui... per la malattia» ovviamente «ma... diciamo che sono arrivata al risultato che la malattia a volte sia solo una scusa. Ci può rendere più sensibili, più instabili in alcuni gesti e in alcune decisioni, ma è ciò che siamo che ci permette di decidere se quelle decisioni compierle o no...»
«Io sono andata a vomitare» dopo il processo. «Credevo che fosse perché mi dispiaceva per lui e perché al suo posto mi sarei sentita morire, ma...non era solo questo» tirando un profondo sospiro, ora. 
   «Era anche che... credevo se lo meritasse»
Il tono ad abbassarsi, quasi quel pensiero portasse con sé un peccato irripetibile. «Credevo che avrebbe tenuto un po` più al sicuro chi gli sta intorno». Quanto al resto... ha da aggiungere ancora qualcosa: «anche io ho avuto quella paura» il tempo passato è figlio del tentativo di debellarla anche così. «Quando ho smesso di avere paura di... incontrare un altro Sebastian... ho iniziato ad aver paura che il Sebastian fossi io». Deglutisce a fatica. «Ma Rachel mi ha dato della troll» fra le righe lei ha letto questo «e di smetterla di ficcarmi da sola il dito nelle cicatrici, che non ce n`è alcun bisogno» un altro sospiro per allentare la tensione. «E sai cosa ci direbbe Silente?» per concludere, sporgendosi appena in avanti:
    «Siamo le scelte che facciamo».
«Una parte di me vorrebbe davvero darti una sberla» lo dice piano «ma odio la violenza e odio i segni che lasciano gli schiaffi» pausa «però fai conto che te l`abbia dato! Non permetterti più di pensare di paragonarti o di essere come Sebastian, Ilary Wilson, hai capito?»
«Stare con una persona malata non ti rende malata, hai così tanta luce in quel corpicino e in quel cuore che per spegnere quella luce, per farti giocare al buio, dovrebbero esserci duecento Sebastian Waleystock o forse trecento Sebastian... quindi NO!»
Di scatto si sistema sul divano con la schiena dritta: «il vomito era il tuo cervello che voleva eliminare queste stron***. La decisione del giudice è stata la scelta migliore, non puoi essere un mago se non riesci a controllare le tue emozioni, o la tua magia, altrimenti la magia controllerà te. Quindi in parte un po` se lo merita Ilary, sì. Se lo merita perché ha avuto mille modi per imparare la lezione, mille occasioni, ma quando già al quarto anni effettui incantesimi dettati dalla rabbia su una ragazzina più piccola, se per dispetto incendi i mantelli con la gente dentro durante la lezione... Oh santo Merlino! Allora la bacchetta è meglio spezzata perché dell`essere mago non hai capito proprio nulla! E tu temi di essere come lui? Di essere la persona marcia che usa le persone e il loro amore per poi sputarle via come frutta marcia o noccioli di una pesca?!» La destrorsa e la mancina andrebbero dunque a posarsi sulle gambe di Ilary, per avvicinarsi guardandola negli occhi.
«NON SEI LUI»
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«Merlino! Sembra la trama di un pessimo film di terza categoria, non è vero?» un sorriso sghembo ha persino la forza di stropicciarsi di lato, sulle labbra. Ma quella disinvoltura non imbroglia nessuno, eccetto se stessa. «Le metafore ti riescono che è una meraviglia, sai?» tutto ciò che riesce a proferire prima che la voce si incrini definitivamente e le prime lacrime righino il visetto.
«Silente ne sapeva!»
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ilarywilson · 4 years
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«Hai mai avuto la sensazione di starti approfittando di qualcuno perché ti fa stare bene?»
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«E` che non sono ancora in quel posto» quale posto? «Affatto» con una smorfietta inspiegabilmente un po` colpevole. «Sono più al punto dove... scopro che una vita oltre Sebastian è davvero possibile e intendo... una vita sentimentale perché nessuno aveva dubbi sul fatto che una vita l`avrei avuta» retorica, di rimprovero più che altro a se stessa. «Ma, ecco, diciamo che questo basta a farmi sentire bene in... sé». Gli occhi a farsi appena più umidi, il naso arricciato «E non posso, non riesco... non voglio andare di nuovo più veloce di quanto non mi senta. E siccome non mi viene richiesto, mi dico che è ok andare al mio tempo, solo che così ho l`impressione... non lo so... di stare imbrogliando?» Qualcuno qui ha la sindrome dell`impostore.
«Ogni relazione è un... “approfittarsi di qualcuno che ti fa stare bene”». Il capo che si muove come percorso da una piccola scossa «e non c’è niente di male, qualsiasi cosa sia questa cosa che c’è tra di voi. Non devi sforzarti di accelerare il passo, soprattutto se a lui sembra andare bene così. E soprattutto... non sforzarti di arrivare in quel posto lì» per usare le stesse parole di Ilary. 
«Se ci dovessi arrivare, bene.  Se non ci dovessi arrivare, bene comunque».
«Dici?» Lo sguardo eloquente a indugiare ancora sulla Polland, mentre i denti non abbandonano ancora la voglia di tormentarsi il labbro inferiore. Incamera quelle rassicurazioni, mentre ora quel broncetto anti lacrima si intensifica in qualcosa di più simile alla commozione. «E` che...» ormai tanto vale tirarlo fuori:
«non voglio diventare come Sebastian».
Ecco, l`ha detto. «Non voglio approfittarmi di qualcuno che è troppo paziente e gentile e-e che prova... cose» ??? «solo perché magari pazienza e gentilezza e... cose» !!! «sono ciò di cui ho bisogno al momento. Non vorrei prenderlo in giro e-e farlo soffrire» gli occhioni a sbarrarsi, ora di un principio di orrore a dir poco esagerato. Grifondoro: born to be dramatic. «Certe cose tendono a ricapitare, no? Perciò magari non ho trovato un altro Seb, ma... ma ho trovato un`altra me?» Questo è il momento in cui il respiro si fa corto e Ilary Wilson sembra davvero-davvero sul punto di scoppiare in lacrime. 
Rachel gli occhi umidi altrui non li nota, ma ne sente il tono e allora si concentra e modifica la linea delle labbra. E’ l’ennesimo sorriso quello che le mostra, sempre in bilico tra la presenza e l’assenza, per non eccedere e non peccare.
 «Ma che c’entra Sebastian?» 
E non c’è rancore nel tono, o antipatia, solo una semplice domanda. «E’ la persona più distante che ci sia da quello che sei tu». Parla lentamente e con tono basso, come a non voler fare rumore. «Non sei malata». Secca, sincera. «E questa è la prima cosa. In secondo luogo con questo ragazzo siete solo all’inizio, vi dovete conoscere e capire e andare avanti e fare... cose». Fa anche ondeggiare la mano. «Non c’è motivo di fasciarti la testa. Lo so che Sebastian lascia cicatrici, ma non infilarci il dito pure tu».
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ilarywilson · 4 years
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Highlands Games -  Piana di Braemar - Scotland
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«Diciamo che ora incendiario e zucca è ufficialmente servito da qualche parte» evasiva. Lo sguardo a roteare nei dintorni prima di tornare con un piccolo broncetto su di lui. Un adorabile modo di esprimere la preoccupazione per quello che lui potrebbe dire adesso, non c`è che dire.
«Oh andiamo, hai paura che vada a mangiarmi lui invece della zucca sul menu? Non pare molto polposo» e un altro sorrisino sghembo viene sparato, nel lasciare intendere che anche senza essere Auror si può fare due più due, data la compagnia portata al processo. «Facciamo così, una mela per una notizia, ci stai?»
«Ovviamente no!» le guance gonfie, ormai rosse, appena imbronciata ma visibilmente tentata dal deal che lo scozzese mette sul tavolo e che gli fa guadagnare un`occhiata attenta e prolungata. Una mela per una notizia. «Ci sto» allungando persino una mano per siglare, solenne, l`accordo.
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[ Una sfida ad azzannare mele (caramellate?) coi denti, mani dietro la schiena e “occhio ai falli di lingua”, più tardi... ]
Gli angoli della bocca si curvano in alto, sempre più in alto, fino a dargli un sorriso da Stregatto, pungolando con un dito le guance rosse. 
«E' bello vederti felice» così, semplice e diretto, tanto per farla sprofondare nell'imbarazzo.
Gli occhioni appena più liquidi a sgranarsi, nell'apprendere dallo specchio che lui le offre come si sente. Classic Wilson. «Non sono felice!» protesta, ti pareva. A Seb hanno appena spezzato la bacchetta (peccato fosse quella sbagliata), sarebbe da insensibili! «Sono solo ragionevolmente tranquilla» gli eufemismi, quelli belli. 
«A sproposito» non sia mai lasciamo in pace Illy, oggi.  «Tra poco comincia la gara di ballo a cui ci ho iscritti» a sgamo, esattamente. «C'è un cesto strapieno come premio, quindi nessuna pietà per gli avversari». Si gareggia per partecipare e non per vincere, really?
«Sì, ho in mente qualcuna» anche se non può mostrare la stessa serenità di Illy nel parlare della sua qualcuna, perché si sa che si va cercando le situazioni difficili.
«Prima mangio la mia mela caramellata. Se sarai bravo la dividerò con te» solenne, il tentativo di fargli l'occhiolino, scegliendo di non tirare troppo la corda per scucirgli il nome. Piuttosto si limita ad assicurargli che «sono nata merciless» che fa un sacco ridere, mentre addenta il caramello croccante e si concede il sorriso spensierato di qualcuno di felice, in barba a tutto e tutti.  
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«E' bello vederti ridere» che vuole essere un po' un "altrettanto", come da tradizione, proferito quando meno se lo aspetta. A bocca piena, mentre lo segue verso la pista e gli sorride con uno sputacchio a colarle proprio lì, a lato del mento. Principesco.
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ilarywilson · 4 years
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Carezze empatiche
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A guardare Ilary e l’iniziale espressione del Medicine, si direbbe che Sebbie abbia trovato la sua vocazione, una vocazione che non stona con la nuova tenuta dell’ex Grifondoro. 
Felpa nera e cappuccio nero da Dissennatore/Rapinatore/Incappucciato etc. Omicida no?
«Andiamo». Si limita a dire Sami, seguendo Sebastian e, subito dopo, Ilary. Aspetta che quella chiuda le tende dietro di loro e, almeno finché Sebastian non si sistema, è all’infermiera che il Medicine rivolge le proprie attenzioni. Inspira ed espira e, quando un secondo respiro l’abbandona, sarà una calda nuvola di pura emozione a lasciare il suo corpo. La tranquillità, la pace e il conforto che si trovano nel sapere di non essere soli ad affrontare l’ennesima situazione complicata. La distensione dello spirito che rilassa i nervi e consente di lavorare con lucidità. Sono questi i sentimenti da cui Sami si lascerebbe permeare, nel cercare un breve contatto empatico con Ilary, una carezza che possa esserle d’aiuto. Lascia che quelle emozioni l’attraversino, le ingabbia ed è con l’abilità dell’empatico che se ne lascia riempire, finché non l’abbandonano e cercano una nuova ospite.
 «Troveremo una soluzione».
Dapprima alla volta di entrambi, poi rivolgendosi al solo Sebastian. «Per ora ci concentriamo sui sintomi, Seb». Le labbra si schiudono nell’accenno di un sorriso. L’espressione è ferma, sicura e ha tutto l’intento di creare il clima “giusto”. Allo stesso scopo serve quel nomignolo, che suonerà così strano alle orecchie del Waleystock. «Cerchiamo di ridurre quelli, mentre troviamo una soluzione definitiva... non posso lasciare che ti cada la mano. Ricordo ancora quando me l’hai stretta forte perché avevi paura. Ti dice niente?». Domanda, nell’ennesimo tentativo di distrarlo dalla sua condizione. 
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Forse è ai propri nervi saldi che attribuisce la lucida calma che la invade adesso, impegnata già di suo a chiudere in un cassettino lontano tutti i sentimenti che potrebbero intralciarla. E una volta tanto non è solo per il bene del paziente che si concede una professionalità più asettica del suo solito, non può proprio permettersi di ammoridire i muri che ha tirato sù fra lei e Sebastian. «La circolazione sembra apposto» e il tono sembra suggerire che se lo aspettasse «deve essere il flusso magico il problema». La fermezza nella voce di Sami a renderla fiduciosa che sì, troveranno una soluzione, ed è su di lui che solleva un tiepido sorriso di affettuoso ringraziamento. Forse per essere lì, e per fare il possibile a rendere il clima più leggero. E non da ultimo per quel contatto empatico che non fatica a stabilizzarsi perché lei non sembra opporre resistenza nemmeno al suo tentativo non-magico di alleggerire la tensione. 
«Peccato, l`amputazione sarebbe stata la mia prima soluzione» 
Oppure, in alternativa: «un infuso di agrimonia...e adone di primavera bevuto con regolarità potrebbe aiutarti contro il dolore» e non solo, ma lei questo non lo specifica. «Mi chiedo se anche una Riparacciacchi non possa incidentalmente aiutare almeno a livello muscolare, a evitare contratture e addormentamenti...» E no, non è un caso se sta guardando Sebastian e non Sami. Che ne dici di provare ad attivare quel cervellino che ti ritrovi? Dovrebbe funzionare ancora, anche senza magia. 
«Mi somministri qualcosa per curare l’ansia, quando vengo qui per una mano bloccata?»
Ingrato e insulso microbo. Una punta di biasimo tinge appena le guance, assieme a un fastidio lievissimo che si leva in quella spiegazione dai toni retorici «non mi pare una cattiva idea tenere i nervi distesi a una persona con la mano bloccata» tanto per ripetere le sue parole e fargli notare la scemenza appena proferita. Forse un po` troppo affilata, ma la si vorrà perdonare se è così poco incline ai suoi capricci ingrati, soprattutto dall`alto di chi non ha fatto altro che tentare di aiutarlo sempre. Oh santi numi, vogliamo una medaglia adesso? Hai fatto solo il tuo lavoro (!) 
«È proprio il caso di dire che sei IN OTTIME MANI!». Troll, fino al midollo. «Lascia che siamo noi a curarti, Ilary hai ragione».
Un vago sorriso di rimprovero alla volta di Sami, per quell`appoggio non necessario. Ottime mani, le sue, nemmeno lei sente di poter dissentire. Infine, quello che potrebbe suonare o molto professionale, per l`autografo sulla cartella, o molto più che personale: 
«grazie»
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ilarywilson · 4 years
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Si ritrova sulla porta, ad attenderla; con le sue solite mani ficcate nelle tasche. Gli occhi fissi nel buio della casa infestata, uno sbalzo termico da far accapponare la pelle. Gli spifferi ovunque, un freddo umido, lo avverte così vivido; e dietro di lui un tepore piacevole, gradevole, che ti fa venir voglia di camminare sull`erba a piedi scalzi. Nessun calzino imbarazzante. Avverte i passi dei piedini sulle assi di legno scricchiolanti.
Oh I miss the comfort of this house, the floor under our feet whispers out, troubled spirits on my chest,
come on in, come on in, where it all begins.
La sente arrivare, finalmente.
Forse riesce ad uscire con lui da quella casa, le dita intrecciate e infine allo scoperto, alla luce del sole. Attende con pazienza, è certo che ora metterà il primo piedino fuori dalla porta spalancata. Lo farai, non è così? Un soffio sommesso mette in allerta ogni suo nervo, l`apparato uditivo concentrato e focalizzato su quella voce che s’affaccia sulla soglia.  Lo sta per mettere fuori, lo avverte. Lo percepisce. E ci spera. 
«Mi succede una cosa strana con te, lo sai?» Un soffio carico di dolci promesse, che segue la rassicurante sensazione di non poter sbagliare a dire semplicemente quello che sente. Così, adesso, spassionato e senza filtri. Anche se forse non è quello che lui aspetta. «… la sensazione che tu sappia di cosa ho bisogno prima ancora che lo sappia io» solo adesso gli occhi si riaprirebbero nei suoi, carichi di quella meraviglia un po` spaventata che non è riuscita a mettere da parte. O forse non ha voluto, preferendo mostrargliela. Una piccola rughetta a solcarle la fronte, ancora vicinissima. E poi il sorriso, flebile, dolce, un po` impacciato; a guance rosse e laghetti di montagna più acquosi che mai. «Sei la prima cosa che mi fa paura da cui non voglio scappare». E lei che lo guarda, sicura d`essersi spiegata a meraviglia. Magari sì, una volta tanto. Magari Harry non capirà, ma capirà benissimo. Solo questa volta.
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Una mano ancora ficcata in tasca e l`altra protesa verso di lei, attende che quel coraggio la faccia slanciare verso l`esterno, verso di lui. Questa volta non straparlerà. E se lo facesse, non sarebbe certo per il nervosismo, ma perché davvero avverte quel piedino quasi fuori, come un piccolo furetto curioso, pieno di timore. Una pressione maggiore della mano, inavvertitamente, si posiziona sulla schiena quasi a volersi aggrappare alla frase successiva. O per paura che lei scappi di nuovo. Sì, si è spiegata a meraviglia. E lui per la prima volta ha seriamente paura di perderla perché, come un adolescente al suo primo amore, comprende a pieno che -crup!- si è innamorato sul serio. E nella paura di perderla, le dita intrecciate si arrampicano ancora di più sul dorso della manina, la mano sulla schiena preme ancora di più, e infine un sorriso, il più felice di tutti, si fa largo sulla bocca per scontrarsi infine sulle labbra della donna, in una risposta silenziosa che vale mille e mille parole. L`irruenza con cui lei lo bacia di rimando gli arriva dritta in faccia come un piacevole schiaffo. La stessa irruenza dalla quale capisce che 
il piede è ormai fuori.
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Forse non riesce ancora a rendersi conto di stare sulla soglia di quella casa infestata. Ha la sensazione d`esserci ancora più dentro di quanto non voglia, e non perché ci sia affezionata, più perché nei suoi spifferi e angoli bui è comunque a casa. E` un luogo umido, infestato, sconfortevole. Eppure lo conosce come le sue tasche. E gli vuole bene, come si vuol bene ad Hogwarts nonostante i suoi spifferi, i fantasmi, l`umidità e i marmocchi. Non si fugge dai luoghi infestati per tanti motivi: quelli che trattengono lei su quella soglia sono fatti di brutte abitudini e nostalgie, esattamente come quelli che l`hanno riportata ad Hogwarts. Ma quelli che le fanno mettere un piedino sulle assi scricchiolanti del portico, sono fatti del coraggio e della fiducia che trovare qualcosa di nuovo - di migliore - sia ancora possibile. 
Can you chase the fire away? Oh, I really wish it rained
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