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ioricordogenova · 12 years
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#ioricordo Genova: l’analisi testuale
La scorsa estate, in occasione del decimo anniversario del G8 di Genova, io e Aurora abbiamo creato un sito internet che raccogliesse i racconti e i ricordi legati a quelle giornate di chi c’era e di chi era lontano, di chi aveva partecipato alle manifestazioni e di chi ne era a mala pena a conoscenza, convinte che i fatti di quei giorni abbiamo segnato un’intera generazione, la nostra, e oltre.
In un mese sono state raccolte 162 storie di ogni tipo che, tutte insieme, restituiscono un affresco corale di due giornate che rimarranno nella storia del nostro Paese.
Conclusa la raccolta di racconti Francesca della Ratta e Carlo Vaccari si sono offerti di realizzare un’analisi testuale di cui oggi cominciamo a presentare i primi risultati.
Intanto, i materiali a disposizione: - il testo, in un file pronto per l’analisi o la lettura, con una legenda per le variabili in classi - il vocabolario del testo con tutte le parole (forme grafiche) che vi sono contenute e le relative occorrenze
Rispetto al testo originale: 1. Sono stati corretti gli errori ortografici, sono stati normalizzati alcuni termini (es. “black bloc”) ed eliminati i caratteri non visualizzabili 2. Le maiuscole sono state abbassate, eccetto per le parole riconosciute come nome proprio di luogo o persona 3. Sono state aggiunte alcune variabili sulla data di pubblicazione del post, il genere dell’autore, l’età al momento di pubblicazione del post (poi ricodificata in tre classi), il conteggio di aggettivi negativi presenti nel post 4. Le locuzioni grammaticali, gruppi nominali o espressioni composte (es.il_giorno_prima,  Zona_Rossa, black_bloc, ecc.) sono state riconosciute come unica parola e unite da un underscore.
Si tratta del primo appuntamento per esplorare un lavoro, quello dell’analisi testuale, nato da un’idea di Francesca della Ratta e Carlo Vaccari, con i quali abbiamo collaborato per restituire alla Rete i contenuti inseriti dagli utenti, e per fornire ulteriori chiavi di lettura di quanto prodotto dalla Memoria Collettiva su Genova 2001.
Io, Aurora, Francesca e Carlo invitiamo tutti a commentare e discutere i file, esprimendo le riflessioni provocate dal materiale così organizzato.
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ioricordogenova · 12 years
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#ioricordo Genova: le parole del ricordo
Prosegue la serie di post dedicata all’analisi testuale dei ricordi raccolti nel sito di #ioricordo Genova.
Oggi vi propongo un’analisi di Francesca della Ratta sulle parole del ricordo.
Ho fatto tante analisi testuali, ma le parole utilizzate in questi post sono proprio particolari… mi stringono lo stomaco man mano che le seleziono, fanno quasi male.
Le piĂą frequenti ci riportano subito al cuore della sostanza, ai luoghi persone e cose di quei giorni di luglio: Genova, insieme alla gente, le persone, gli amici e i compagni.
Carlo compare 99 volte: 15 parole ogni 10mila.
E poi la paura e la rabbia, due sentimenti che ben rappresentano quei giorni. E ancora i lacrimogeni, la polizia e i black bloc.
E il mondo pure, quell’altro che ci sembrava possibile, e questo che volevamo cambiare.
Parole (piene) piĂą frequenti estratte dal Vocabolario (escluse preposizioni, congiunzioni e verbi, con numero di occorrenze in valore assoluto e relativo *10.000)
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L’analisi poi ci consente di andare avanti, andando oltre quello che forse è ovvio aspettarsi.
Tra le liste di parole selezionate dai 161 post pubblichiamo per prima prima quelle dei “segmenti ripetuti” (le combinazioni di parole ripetute più volte nel testo).
Sono tantissimi quelli significativi: ne abbiamo selezionati oltre 300, classificandoli in alcune categorie tematiche (ecco la tabella). Carlo Giuliani innanzitutto. Ucciso o ammazzato. Un ragazzo di vent’anni, che poteva essere chiunque, o come dicono alcuni, potevi essere tu.
Poi i luoghi, le date, i soggetti. Quel 20 luglio a Genova, la Zona Rossa, lo stadio Carlini, piazza Alimonda e la scuola Diaz. La diretta di Radio Popolare e Radio Gap, il Genova social Forum e il Media Center, ma anche le città, in cui sono tornati o da cui non sono mai partiti i nostri testimoni: Milano, Napoli, Bologna, Firenze o Praga. Ci sono poi quelli che a Genova non ci sono andati (ero in vacanza, ero a un matrimonio, ero a casa, guardavo le manifestazioni alla tv) ma avrebbero voluto esserci.  Molti i riferimenti alle età o alle fasi della vita, i vent’anni di Carlo Giuliani ma anche l’età di chi aveva allora chi racconta oggi (avevo 18 anni, avevo 25 anni), o i momenti della vita legati al ricordo di Genova (l’anno della maturità, innanzitutto, ma anche ero troppo piccola).
Decisamente densi e carichi emotivamente i segmenti classificati come rabbia e paura. La voglia di scappare, di piangere, il timore di morire (adesso muoio o mi ammazzano). Ma anche il sentirsi in gabbia, il rumore assordante degli elicotteri, il fumo acre dei lacrimogeni, gli occhi gonfi, in quei tre giorni di inferno. La situazione troppo pericolosa (ho perso i miei compagni, non sapevamo dove andare), tanto che aveva ragione mia mamma o non ci dovevo venire. Il caldo insopportabile e soprattutto la guerriglia urbana, l’impotenza, l’assenza di vie di fuga, le persone ferite e le teste aperte. E ancora i i ricordi di chi ascoltava a distanza: vi hanno oscurati, ascoltavamo alla radio, telefonate telefonate, il pensiero agli amici che erano lì. Tutte insieme queste parole compongono un quadro vivo e teso che ci riporta al sapore di quei giorni, e soprattutto al senso di impotenza diffuso sia tra chi c’era sia tra chi era rimasto a casa.
E ancora ci sono le parole d’ordine, i racconti dei cortei, i contenuti della protesta, nonostante tutto, nonostante quanto di incredibile sia successo dopo, la morte di Carlo, le cariche della polizia, l’incursione alla Diaz e la caserma di Bolzaneto.
C’è stata anche una Genova festosa, che ricorda il concerto di Manu Chao, il corteo dei migranti, la speranza di un mondo diverso, le migliaia di persone venute a manifestare pacificamente, la voglia di partecipare, di discutere di modelli di sviluppo alternativi, la società civile, la coscienza collettiva, gli attivisti della rete di Lilliput con le mani bianche. Ma anche il servizio d’ordine, la sosta interminabile, le bottiglie di plastica, la necessità di fare cordone, i manifestanti a viso coperto e quelli a braccia alzate.
E poi c’è la polizia, schierata, in assetto antisommossa, tra cariche e lacrimogeni e fucili puntati. La polizia carica, picchiano anche le donne, ti spara sulla faccia, anche se qualcuno racconta di anche un finanziere in lacrime. Per chi ci è stato è davvero difficile dimenticare quella città irreale, assediata da un numero impressionante di poliziotti, carabinieri e finanzieri.
E ancora i protagonisti di quei giorni, dalle persone piĂą vicine (mio padre, mia madre, mio amico, miei compagni) a quelle incontrate a Genova (una ragazza, tanta gente comune, ragazzo toscano, gruppo di ragazzi, uomo in canottiera, vecchi e bambini).
E poi infine il senso di questo tentativo di memoria collettiva: i dieci anni che sono trascorsi e l’importanza di non dimenticare e forse anche l’impossibilità di farlo.
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ioricordogenova · 12 years
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#ioricordo Genova: le parole chiave e gli aggettivi del ricordo
Eccoci alla nostra terza puntata dell’analisi sulla memoria dei fatti di Genova. 
Oggi vi presentiamo due liste di parole che si possono estrarre con tecniche statistiche: le parole chiave piĂą interessanti e gli aggettivi positivi e negativi. (Le liste sono state estratte utilizzando il programma Taltac; nel sito sono disponibili informazioni metodologiche e indicazioni bibliografiche.)
Le parole “chiave” sono quelle statisticamente sovra-rappresentate nel nostro testo rispetto a quanto lo sono di norma nell’italiano “medio” o standard, vale a dire quello parlato tutti i giorni. Si tratta di una selezione di parole che ci restituisce quanto di caratteristico impregna il nostro testo, riconsegnandoci la sostanza viva dei ricordi che stiamo analizzando.
Anche in questo caso per facilitare la lettura abbiamo organizzato le circa 200 parole chiave più interessanti in 11 categorie (ecco la tabella): Carlo Giuliani; la paura e la rabbia; i luoghi, soggetti e date; le persone; l’andare o il tornare da Genova; la polizia; i cortei e il Social forum; i momenti della vita; l’informazione e i mass media; gli oggetti; la memoria. Come per i segmenti, la tabella ci restituisce con forza le emozioni e i ricordi di quei giorni. Vediamoli con ordine.
Poche parole – quasi un telegramma – riassumono il dramma della morte di Carlo: ragazzo, Carlo, Giuliani, estintore, ucciso, morto. Al contrario ricche di emozioni, quasi fragorose, quelle classificate come rabbia e paura. La rabbia la rappresentano bene parole come inermi, incazzato, assassini, urla, delirio, violenza, inferno, massacro, odio, incredulità, impotenza, tristezza, ingenuità, tensione, follia; la paura viene raccontata ricordando il panico, le lacrime, le ferite, la gola, la vergogna, la fuga, il terrore, l’angoscia, l’incubo, l’orrore o il caos.
Poi incontriamo il viaggio per e da Genova (in pullman, in treno, in macchina o moto) e il riferimento a luoghi e date. Tra i luoghi spiccano lo stadio Carlini, la Diaz, il lungomare, i balconi (da cui i genovesi appendevano le mutande invise a Berlusconi), la caserma, la stazione; tra le date luglio e i tre giorni delle manifestazioni, giovedì, venerdì e sabato. Molti i termini riferiti alle manifestazioni e alla piega violenta presa a partire dal venerdì: manifestanti, cordone, spezzone, bandiere, sangue, limone, sangue, botte, vetri, guerriglia, vetrina. Non mancano i riferimenti alle parole d’ordine del Social forum e alla Genova festosa e ricca d’idee dei primi giorni: globalizzazione, ritrovo, sogni, pacifico, festa, riunioni, discussioni, mondo.
Numerosi ed evocativi i riferimenti alla polizia (sbirri, celerini, carabinieri, finanzieri, agenti) e agli imponenti mezzi dispiegati: elicotteri, fumogeni, camionetta, fumo, cariche, manganelli, lacrimogeni, scudo, blindati, barriere. Infine, tra i soggetti incontriamo i vari mezzi di informazione che riportavano la cronaca di quei giorni: internet, telegiornali, radio, telecamera, racconti, testimonianze, cronaca, diretta; insieme alle persone incontrate a Genova o con cui si è condiviso il viaggio: pacifisti, compagni, genovesi, amici, manifestanti, militanti. Infine la memoria di quei giorni ci riporta al caldo, alle emozioni e all’innocenza perduta dei giorni di Genova.
Per completare la rappresentazione delle emozioni e dei ricordi è molto utile l’elenco di alcuni aggettivi, che possiamo distinguere in positivi o negativi. Come è facile intuire gli aggettivi negativi (qui la lista dei 50 più frequenti) sono molto numerosi, tanto da superare quelli positivi (829 in tutto rispetto a 746), circostanza che si verifica abbastanza raramente nella lingua. Tra gli aggettivi negativi più frequenti incontriamo morto, stupido, inutile, strano, cattivo, fascista, pericoloso, terribile, assassini, assurdo, impotente, minaccioso. All’opposto alcuni aggettivi positivi testimoniano quanto di buono è stato purtroppo oscurato nella rappresentazione dei giorni di Genova: possibile, giusto, bello, vivo, contento, pacifica, festoso, migliore.
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ioricordogenova · 12 years
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Genova 10 anni dopo. Un esperimento di memoria collettiva
Ultima parte dell’analisi testuale che Francesca della Ratta ha effettuato sui ricordi che nel luglio 2011 sono stati postati nel blog #ioricordo Genova.
Per la nostra ultima puntata sull’analisi dei post di #ioricordogenova vi proponiamo una figura che consente di fare una sintesi delle parole più importanti analizzate finora. Nel riquadro che trovate sotto ritroviamo le parole della rabbia e della paura, i protagonisti, i luoghi e le emozioni che i nostri testimoni ci hanno consegnato. Nel grafico (ottenuto con l’analisi delle corrispondenze) le parole più significative sono disposte lungo un asse cronologico che – oltre a rappresentare alcune differenze nel ricordo di uomini e donne – ci riporta soprattutto alla scansione temporale con cui sono stati inseriti i commenti nel blog.
All’evoluzione cronologica della pubblicazione delle storie corrisponde un’evoluzione nei temi del racconto collettivo: la cosa interessante è che man mano che le storie venivano pubblicate queste tendevano a concentrarsi sugli eventi più crudi e violenti, quasi i racconti si condizionassero a vicenda nel loro susseguirsi. Così, se le prime storie inserite nel blog ci presentano una maggiore variabilità di tematiche (il viaggio, le manifestazioni, i colori, le sensazioni, i media, gli sms, la memoria), negli ultimi giorni di luglio, in concomitanza con l’anniversario di Genova 2001, le storie insistono soprattutto sugli aspetti più crudi e drammatici della repressione del movimento e sulla sospensione della democrazia che si è verificata in quei giorni (odio, battaglia, vergogna, pistola, estintore, scudi, odore, fuoco, assassini, ammazzato, bottiglia, Black Block, bottiglia, fumo, tensione, panico, caricare).
Una visione di sintesi del testo: piano fattoriale genere e data di pubblicazione della storia nel blog
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Infine, ci sembra importante proporvi un approfondimento su quello che nostri testimoni ci hanno riportato sulla Diaz, proprio nei giorni in cui è uscito nelle sale il bel film di Daniele Vicari, Diaz. E’ un film che fa male, che fa venire voglia di piangere, che lascia incredulo anche chi che sa bene che è tutto vero. Un film che ci fa interrogare su come sia stato possibile che andasse in scena questo delirio, questa follia collettiva. Che ci obbliga a domandarci se non abbiamo fatto troppo poco, se nonostante le manifestazioni, le inchieste e le discussioni, dopo 10 anni non è ancora stata fatta giustizia e se c’è qualcuno che ha dimenticato o che addirittura non sa.
E allora almeno dobbiamo provare a tenere il ricordo vivo.
Così siamo andati a ricercare la memoria nella memoria, estraendo dalle nostre storie tutti i pezzetti che contenevano la parola Diaz. Tra le storie che abbiamo raccolto a luglio non ci sono testimoni diretti del delirio di quella notte, ma i piccoli frammenti che trovate qui di seguito raccontano bene l’impotenza, la rabbia, l’incredulità, lo sgomento di quando si cominciò a capire che in Italia si stava verificando “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la fine della II guerra mondiale”. Molti dei nostri testimoni ricordano di non essersi trovati alla Diaz per caso o fortuna, perché avevano trovato un passaggio prima, o semplicemente perché avevano scelto di passare la notte altrove. E raccontano di aver ascoltato le prime notizie sull’incursione alla Diaz increduli oltre che impauriti per gli amici che erano rimasti lì, “immaginando il peggio” anche se poi purtroppo “la realtà ha superato l’immaginazione”, restando poi con quel “brutto misto di rabbia e sollievo che ti prende quando scampi un’ ingiustizia”.
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E il ricordo angosciato di quello che era successo in quella scuola rimane ad aleggiare anche negli anni successivi, come ricorda uno studente di Genova che nel 2001 aveva 11 anni e che ci ricorda che la Diaz sarebbe rimasta una scuola come le altre, se non fosse per “le macchie di sangue ancora sui muri che vidi durante gli esami di maturità”. Don’t clean up this blood, appunto.
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