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bukowski mio
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Tre, Due, Nove, Sei, Nove, Otto, Sette, Quattro, Cinque, Se... Se.
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Eri musica
Le tue parole eran dolce Jazz che suonavano a ritmo della tua soave voce,
accompagnate dai tuoi gesti Funk con le mani,
mentre gli occhi gridavano libertà come il Punk.
I tuoi capelli erano musica Classica, che scendeva sul tuo viso da Venere.
Le tue gambe erano come le armoniose e psichedeliche note dei Pink Floyd
E il tuo cuore era una grande Ballata Rock, pronta per essere suonata e cantata, così da trasmettere felicità pianti e sussulti.
Ora, sei li, che bevi il caffè davanti a me e io penso ai numeri.
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Mi manchi
Come faccio a dirti che mi manchi se ogni volta che ti vedo sei con qualcuno
Come faccio a dirti quanto mi manca parlare con te se con te non riesco a parlare
Come faccio a dirti dove vorrei portarti se rimaniamo sempre li a fissarci e a non parlarci
Come faccio a non guardarti di prima mattina, in controluce mentre fumi e prendi il caffè, forse arrabbiata per la giornata che sta per arrivare, forse felice per merito di qualcun'altro, forse volenterosa di parlarmi, ma poi si fa tardi, io mi alzo e ti volto le spalle, convinto anche quella volta di dimenticarti.
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“Ti ho conosciuto al liceo. Che poi, le belle storie iniziano sempre così: si conoscono tutti al liceo. Io avevo l’età giusta per sbagliare, tu avevi l’età giusta per imparare a superare gli errori. Io amavo letteratura italiana, tu matematica. Io cercavo di spiegarti le poesie di Guinizzelli e di Leopardi, tu cercavi di insegnarmi le equazioni quantistiche. Era divertente, perché nessuno dei due ci capiva niente. Tu finivi per associare il valore di x ad una qualche rima, mentre io mi ritrovavo ad elevare al quadrato il titolo delle poesie. Ricordo quando scrissi involontariamente un piccolo 3 accanto alla poesia ”Fratelli” di Ungaretti, che quasi sembrava fosse stata elevata al cubo e tu, sorridendo, dicesti: ”Ma così diventa una famiglia intera.” Spesso non sapevo spiegarmi perché ci amassimo, con tutte le nostre differenze, tutte i nostri dettagli opponibili, tutte le nostre incongruenze. Con gli anni, ho imparato che l’amore, semplicemente, leviga queste incongruenze, fino a fare combaciare le due parti. E noi ci baciavamo, e combaciavamo. Se mi chiedessero come mi sono innamorata di te, penso che la mia spiegazione li farebbe divertire. Le mie amiche mi raccontano sempre di come siano rimaste incantate dalle mani, dallo sguardo, dalle labbra, dal carattere del loro primo amore. Io mi innamorai del tuo nome. Giacomo. Tu eri il mio Leopardi, e le tue poesie più belle le scrivevi con gli occhi.”
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