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Binari
Mi ha sempre affascinata quella strana simmetria per la quale i binari siano destinati a non incontrarsi e poi ci si ritrova sempre in un punto, a volte di partenza, a volte cruciale.
Attendo il treno che potrebbe aprirmi nuove strade o allontanarmi dalle vecchie, ma quello che dovrebbe cambiare è la direzione del pensiero.
La stazione è un grande palcoscenico di emozioni: gioia, tristezza, speranze, sogni ben riposti in una valigia che lenta con le sue rotelle ci accompagna nel tragitto.
La voce metallica mi richiama alla realtà, ma l’orizzonte resta sempre lì ad aprire nuovi scenari …
Ho misurato il tuo pensiero prima in mesi, poi in giorni, poi in km, poi in treni e coincidenze che ci avrebbero avvicinati, anche se le anime restano comunque interconnesse. -Le favole di Alice

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Pensiero
Mi sono concessa il lusso di rendere vivo un sogno.
Se chiudo gli occhi riesco a disegnarne il profilo,
a percepirne il profumo a ricordarmi le iridi.
In lontananza ne percepisco la voce,
le parole rimangono indelebili,
scolpite dentro.
L'hanno modellato le lacrime,
la sofferenza ne ha preso linfa
per crearne un essere primigenio
che vive nella mia anima,
dove nessuno può irrompere.
A volte mi sembra di sentire il tocco delle dita,
sciogliere quei nodi che difficilmente si riescono a districare.
Lo vedo dove finiscono gli arcobaleni,
nei boccioli appena nati,
nel primo frutto edibile
accompagnato al pensiero di sentirne
l'amore tra le labbra,
morso dopo morso.
Un calore che permane nel cuore
e lo scalda
anche quando il freddo
pervade tutto intorno.

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Volare
E alla fine succede. Alla fine, non a caso questo pezzo inizia con la parola “fine”, ti rendi conto che tutto quello che hai fatto non è stato altro che un remarti contro, un “darti la zappa sui piedi” perché mentre tu continui ancora a sperare, a guardare oltre, a crederci, qualcuno non guarda più in là del proprio naso. Alla fine SCOPPI, non ce la fai più a trattenere, ad abbassare la testa, a scuoterti ripetendo che va tutto bene e, invece, non va bene proprio per niente. Alla fine ti stanchi di abbozzare, di dire:“Pazienza, forse, sono troppo esigente” perché, mia cara, puoi mentire a tutti, ma non a te stessa. Ti sei sempre rialzata DA SOLA, continui a lottare, ad andare avanti DA SOLA. Non hai mai voluto, nemmeno per un attimo, cedere. Adesso ti rendi conto che la rabbia che hai accumulato, mista al dolore e alla frustrazione sta diventando polvere da sparo e non riesci a contenerla, non riesci nemmeno a dormirci la notte, a mangiare, ti stringe un nodo in gola, ma non riesci nemmeno ad urlare e scendono impietose solo lacrime amare che rigano il viso e una potenza che se potesse trasformarsi in energia alimenterebbe una centrale nucleare. “Per poter volare bisogna liberarsi di tutto ciò che è un peso” Le zavorre, a lungo andare, appesantiscono l'anima e corrodono il sorriso. Cosa ti tiene ancora ben salda al suolo?
(Alice)

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Volare
E alla fine succede. Alla fine, non a caso questo pezzo inizia con la parola "fine", ti rendi conto che tutto quello che hai fatto non è stato altro che un remarti contro, un "darti la zappa sui piedi" perché mentre tu continui ancora a sperare, a guardare oltre, a crederci, qualcuno non guarda più in là del proprio naso. Alla fine SCOPPI, non ce la fai più a trattenere, ad abbassare la testa, a scuoterti ripetendo che va tutto bene e, invece, non va bene proprio per niente. Alla fine ti stanchi di abbozzare, di dire:"Pazienza, forse, sono troppo esigente" perché, mia cara, puoi mentire a tutti, ma non a te stessa. Ti sei sempre rialzata DA SOLA, continui a lottare, ad andare avanti DA SOLA. Non hai mai voluto, nemmeno per un attimo, cedere. Adesso ti rendi conto che la rabbia che hai accumulato, mista al dolore e alla frustrazione sta diventando polvere da sparo e non riesci a contenerla, non riesci nemmeno a dormirci la notte, a mangiare, ti stringe un nodo in gola, ma non riesci nemmeno ad urlare e scendono impietose solo lacrime amare che rigano il viso e una potenza che se potesse trasformarsi in energia alimenterebbe una centrale nucleare. "Per poter volare bisogna liberarsi di tutto ciò che è un peso" Le zavorre, a lungo andare, appesantiscono l'anima e corrodono il sorriso. Cosa ti tiene ancora ben salda al suolo?
(Alice)

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Inventerò nuove parole per nominare la tua mancanza. Quella strana morsa che mi stringe quando passa alla radio la mia canzone per te, che mi avvolge, soprattutto a Natale. Lo so che, forse, non sono la sola, ma non so leggere i silenzi, sono le uniche manifestazioni che mi fanno male. Riesco a malapena a interpretare i miei. È l'orgoglio che fa male, che pesa, scalfisce, silenzioso, coprendo come una coltre tutto quanto. In questa atmosfera ovattata, quasi magica, dove la neve scandisce i momenti,mi perdo. Qui dove tutto non ha tempo e non ha parole, siamo ancora insieme, ci guardiamo negli occhi e leggiamo chiaramente che il cuore è rimasto lì, mentre il mondo va inesorabilmente avanti. (Alice)
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The show must go on
La notte cambia le prospettive, le situazioni, le persone. Tutto viene avvolto da un manto, si cela, si rivela ogni volta in maniera diversa. Spesso ci si sveste dai pregiudizi, dalle maschere della mattina, ci si lascia andare, per poi pentirsene il giorno dopo. La notte sorridi di più, complice quel bicchiere in più, quella voglia di libertà dai doveri del giorno, quella sigaretta che che rilassa più del dovuto, o che unisce. E ti ritrovi a parlare di te, di quello che vorresti, mentre i Greenday ti danno la carica in sottofondo con chi non sa nulla e sembra non voler sentire altro. A volte gli incontri fortuiti sono i più strani! Si parte da una sigaretta e qualche battuta di circostanza e ci si ritrova, qualche ora dopo, in confidenza, con il pacchetto di sigarette dimezzato, sorrisi e lui che prova ad andare più a fondo a capire fino a che punto “infierire” o mollare la presa. Fa un freddo pungente, ma non lo percepiamo, lui prova a ripararsi col cappuccio della felpa, io lascio il viso scoperto, ormai non ha senso proteggersi. Pieno di dubbi se continuare o meno, noto che tenta di avvicinarsi sempre più a me, in maniera sempre più convinta, ma si blocca, mi guarda e mi dice:“Ti odio, cazzo! Sei la persona più giusta nel momento più sbagliato.” I suoi occhi grandi sembrano sempre più persi nel vuoto e, forse, pieni di sensi di colpa. Non mi nascondo, non mi tiro indietro, questa notte, mi sento forte, affronto il suo sguardo, gli accarezzo il viso:“Non fare niente di cui tu possa pentirti domani mattina. Passato l'effetto dell'alcool poi i graffi nel cuore restano”. Resta spiazzato dalla mia calma, dal mio consiglio molto distaccato, ho capito che c'è una lei e anche se il problema non è mio, non vorrei mai essere al suo posto, essendoci già stata. Lui mi guarda stupito, non parla, continua a fissarmi:“Alice ma tu sei sempre così distaccata? A me piaci un sacco, anche se non ti conosco, mi hai preso a tal punto da voler passare tutta la serata con te. Sono già le 4, mi fai stare bene, sono spensierato, non abbiamo fatto che parlare … non mi era mai successo”. Non mi aspettavo una frase del genere da un ragazzo così, scanzonato, senza particolari preoccupazioni, molto libertino:“Sono sicura che la tua ragazza apprezzerà”. “Che stronza che sei!” ribatté lui “Cosa vuoi da me?” Rispose lei stizzita “Io voglio te!"mi prese più vicina a sé e mi ha baciata con passione, con ardore, come quando si ha sete d'estate e si attende perché non si trova da bere per ristorarsi. Non riuscivo a sostenere tutto questo, non volevo essere l'altra essendo stata spesso quella ferita e tradita,mi scanso, ma lui mi stringe più forte, mi abbraccia. "È tardi devo andare,domani si spezza l'incantesimo e tutto ritorna al suo posto” “No, Alice. Non penso sarà così, come torno da lei se voglio te?” Lo saluto, lo abbraccio, è quasi giorno, tra poche ore devo ricominciare la mia vita di sempre, ho troppo trucco addosso, sono impregnata di fumo e di lui. So già che dimenticherà, tutti il giorno dopo, ritornano nel loro posto sul palcoscenico della vita. Mi faccio coraggio, comincio a salire le scale, non so se lo rivedrò, ma “the show must go on” (Alice)
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IL TUO MAGLIONE, MIO
Trascinati dalla pioggia, fradici, ma felici, abbiamo deciso che questa strana giornata non poteva essere interrotta dagli impegni di ognuno, abbiamo pensato di cavalcare l’onda e continuare a seguire la scia dell’ebbrezza per il momento, chissà dove ci avrebbe trascinati. Io barcollavo, come se avessi preso qualcosa che mi stordisse i sensi, una sorta di anestetico contro il dolore, le brutture e la monotonia di ogni giorno, Philip, sempre serioso e composto si era abbandonato ad un sorriso, i capelli madidi di pioggia, scomposti, che gli fanno da cornice, finalmente ha tolto gli occhiali e posso perdermi ancora di più in quel mare sconfinato. Non riusciamo a parlare molto se non con gli sguardi e con i gesti, è davvero strano questo nostro rapportarci, quasi primordiale. La pioggia non accenna a smettere, la giornata è ancora lunga, lui credo sia confuso come me e dev’essere una sensazione nuova per una persona precisa e organizzata come lui, o quanto meno, come sembra dimostrare. Mi stringe la mano e con uno sguardo complice corriamo verso un altro riparo, non siamo troppo distanti da casa mia, a quest’ora non ci sarà nessuno e potremmo ripararci un po’ lì, in attesa che l’istinto ci suggerisca la prossima mossa. Philip non fa una piega, stretto nella mia mano, si lascia guidare per le strade e i vicoli di questa città strana, moderna, ma ancora molto medievale e gotica, perennemente grigia, ma comunque piena di vita, guarda curioso ogni dettaglio, si lascia trascinare e fissa ogni cosa, come se volesse imprimerla nei suoi occhi, è curioso, ma allo stesso tempo entusiasta. Arriviamo nel mio appartamento, è molto piccolo ed essenziale, anche se parecchio affollato, stranamente è silenzioso e quasi in penombra. Mi scuso per la mia precaria sistemazione e non so bene per cos’altro perché quando sono in imbarazzo comincio a parlare senza rendermi conto esattamente di quello che dico. Con un gesto deciso, ma elegante si sfila il cappotto, la sciarpa e inizia a sbottonare le maniche della camicia, anch’essa quasi trasparente, sono quasi incantata dai suoi gesti così eleganti, ma così naturali, ipnotici. “Alice, ma tu preferisci tenere l’umidità addosso?”
Quel suo modo scanzonato e, allo stesso tempo dolce, di rivolgersi a me mi riporta alla realtà e inizio anche io a liberarmi della mia giacca quasi infeltrita dalla pioggia e di tutto quello che mi pesa. Corro a fare la doccia per riscaldarmi dal freddo, per avere un po’ di tepore addosso, lui si è già ripulito e messo comodo in soggiorno, facendo zapping alla tv. Se ci penso è così assurdo vivere una scena così quotidiana con una persona che conosco da così poco ... Finisco la doccia e ancora in accappatoio, un po’ timida, chiedo se sta bene, se posso fare qualcosa, lui si avvicina e mi accarezza il viso, mi stringe e mi bacia. Mi stringe sempre più forte e mi tiene più vicina finché non si spoglia e mi libera anche dell’accappatoio, che in quel momento, era davvero ingombrante. La sua lingua è un intreccio con la mia, si cercano, accendono la voglia, che sembrava sopita da entrambi, da anni, come se le anime sapessero già che prima o poi sarebbe successo e si preparavano a questo momento. Le sue mani, delicate, ma curiose, esplorano ogni cm di corpo, ogni parte di pelle, accarezzano, brandiscono, insaziabili, vogliono scoprire cosa si nasconde, cosa può offrire quel mondo inesplorato. Mi guarda fisso negli occhi è sopra di me, mi sorride e mi stringe le mani, come a rassicurarmi, mi bacia, non ha mai smesso, le sue gambe avvinghiate alle mie e il cigolio del letto,una melodia strana, ma quasi musicale, la luce del pomeriggio che taglia la stanza, non si riesce a distinguere dove inizi l’uno e finisca l’altro, perfettamente combacianti, come due metà che si ritrovano dopo essersi tanto cercate,c’è un silenzio interrotto solo dai respiri e dai sussurri, è gioia, è piacere fino alle lacrime, è come ritrovarsi dopo un lungo viaggio e vedere come le cose non cambino, anche se noi, in realtà ci eravamo appena trovati. Il tempo sembra essersi cristallizzato, anche lui incantanto da quel mix di amore e desiderio, di mancanza e passione. Continua a piovere, come a volerci regalare una melodia tutta nostra. Mi tieni il viso fra le mani, i miei capelli sul cuscino, i miei occhi si perdono nei tuoi, ci guardiamo, come se ci rivedessimo per la prima volta ed è tutto così diverso. Mi alzo per fumare una sigaretta, ho freddo lontana da te, trovo vicino al mio lato del letto il tuo maglione, abbondante per me, così piccola rispetto a te, lo indosso e mi avvolge fino alle ginocchia, mi affaccio alla finestra per guardare fuori, assorta nei miei pensieri, ti avvicini, ancora nudo, mi baci la testa in modo dolcissimo e mi abbracci, sussurrandomi:”Il mio maglione,tuo”. (ALICE)

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As time goes by ...
“Fidarsi o non fidarsi, Alice?” Il tempo sembra trascorrere ancora più in fretta scandito dalla pioggia. In fondo cosa potrebbe succedere? Quel blu perforava il grigio plumbeo del cielo, uno sguardo così rassicurante, così limpido, che male ci sarebbe stato? Mi lascio trascinare sotto la pioggia, ignara, le gambe non rispondono ai comandi, leggere fluttuano, come la mente, non so cosa dire, cosa fare, come andrà a finire. Non so neanche il suo nome e perché siamo così vicini adesso e lui mi stringe più forte il braccio. Non sono mai stata brillante in compagnia, figuriamoci in situazioni come questa, sono sempre abbastanza imbranata nei rapporti sociali, solitamente preferisco tacere, ma questa volta il silenzio mi sembra insostenibile e sono agitata, sono pervasa da una strana frenesia, intanto, lui continua ad andare avanti, sembra conoscere la strada, sebbene io non abbia quella in mente e i miei piani fossero altri questa mattina. Ci ripariamo sotto i portici, il cuore mi scoppia nel petto, credo di avere le gote rosse vermiglio, sembro ubriaca, barcollo non riesco a parlare. Lui continua in silenzio a parlarmi con quello sguardo severo ma sereno e così limpido. Quasi come un impulso, una liberazione, riesco ad emettere un suono anche se tremante e scomposto:”A-alice!” Mi stringe la mano e mi sorride come se fosse la cosa più straordinaria che abbia mai sentito. Mi si avvicina all’orecchio scostando i miei capelli raccolti in maniera scomposta, in un sussurro deciso, come se fosse un segreto tra noi:”Philip”. Aveva scandito bene ogni lettera, mi sembrava avesse un suono bellissimo, la pioggia, intanto, continuava incessante, ma a noi , non importava, eravamo assorti nel nostro mondo, dove non esistevano condizioni metereologiche, dove non importava cosa stesse succedendo, c’eravamo io e lui e adesso aveva anche un nome. Ci siamo guardati e sentiti per un tempo indescrivibile, mi ha stretta più forte a sé, forse, per ripararmi dal freddo pungente. Quelle mura antiche erano diventate il nostro riparo, la nostra cornice, non ci importava altro, il mondo fluiva, lontano. All’improvviso mi stringe più forte, l’ombrello, giace poco distante lontano da noi, mi solleva e le sue labbra incontrano le mie, morbide, ma decise, affonda sul mio viso, come se aspettasse quel momento da tanto, mi cerca, mi vuole, mi stringe sempre più forte, mi gira la testa, lo stesso effetto che si ha dopo un bicchiere di troppo, ma una felicità strana, mai provata,sono sorpresa, ma allo stesso tempo stranamente serena, come se anche io sapessi che prima o poi sarebbe successo ... E pensare che non volevo nemmeno uscire di casa! Ma adesso cosa sarebbe successo?
(ALICE)

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Echoes in rain
Raccolgo le mie cose, che ripongo nel mio zainetto di fretta e cercando di non dimenticare nulla. Le cuffie le tengo ben salde alle orecchie, non sono pronta al fragore del mondo, voglio godermi lo scrosciare della pioggia, sempre più forte accompagnata dalla musica. Mi avvicino alla porta, mi faccio spazio tra la folla, sono tutti equipaggiati di ombrello, cappuccio, pronti a difendersi dalla pioggia, non capisco perché l’elemento più vicino all’uomo, come l’acqua, debba essere così temuto da proteggersene, creando una barriera così forte. Io, come sempre, non ho con me un ombrello, perché voglio essere pervasa dalla pioggia, mi piace sentirla addosso mentre cammino, è come se mi ripulisse delle brutture di ogni giorno, mi accompagnasse con la sua forza nella mia vita. Scendo dall’autobus, la pioggia aumenta, mi ritrovo l’uomo dagli occhi di mare vicinissimo a me, un po’ scomposto per l’aumentare dell’intensità della pioggia, vicinissimo a me, mantengo le mie cuffie ben salde alle orecchie con un James Blunt, quasi profetico; che canta:”Where are we now?” Non so quanto tempo sia trascorso, ma siamo rimasti immobili, io a guardarlo di sottecchi, lui a guardarmi sempre con maggiore intensità, forse, era stupito della mia naturalezza sotto la pioggia, quasi della gioia di esserne pervasa, mentre lui cercava di ripararsi, suo malgrado sotto i portici, pensieroso e sperando che l’acquazzone perdesse intensità. Avrei potuto andar via, al mio solito, correndo a più non posso per non far tardi, persa nei miei mille impegni, avrei potuto sfidare il suo sguardo e chiedergli:”Perché continui a fissarmi? Non riesco a sostenerli questi occhi!” Avrei potuto semplicemente salutare, in fondo, ci si incontrava tutti i giorni come se fosse un appuntamento fisso il nostro, anche se di lui non sapevo niente, solo che avesse uno sguardo perforante, come se ti spogliasse ad ogni metro e un viso che resta impresso nella mente. Chissà cosa pensava lui, intanto la musica continuava a scorrere, imperterrita, la pioggia a scrosciare sempre più forte. All’improvviso sento una mano sulla spalla che mi riporta alla realtà, è lui, continuiamo a guardarci, mi prende il braccio e mi accompagna con lui sotto il suo ombrello, il suo sguardo serio, sembra tradire emozione e l’accenno di un sorriso. Non so niente di lui, non so dove mi porterà tutto questo e la mia famosa e decennale diffidenza mi suggerisce di scappare, di andare via, allontanarlo, o declinare e proseguire sotto la pioggia senza di lui ... Cosa mi blocca, allora, rapita dal suo sguardo? Perché non riesco a muovermi a rifiutare questa cortesia, Alice, non ci cascare, hai visto come vanno le cose quando ti fidi ... Cosa fare? Correre il rischio o esitare e non accettare? (Alice)

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Un giorno di pioggia
E' una stagione strana l'autunno, pieno di malinconia,dopo il ritmo frenetico dell'estate, ma allo stesso tempo, densa, piena di forza, in giornate uggiose e piovose come questa.
Il ritmo è incessante, non smette, regolare la cadenza, quasi, melodica. L'autobus avanza lentamente, le cuffie alle orecchie accompagnano con la loro musica, ogni fermata, ogni metro un ricordo, un pensiero.
Come sempre non ho portato con me l'ombrello, ma al momento non è questo a turbarmi. Quando piove così forte, è come una liberazione, o la affronti incurante dell'acqua che ti scorre addosso, consapevole che comunque correresti il rischio o annaspi, in movimenti scoordinati per cercare di ripararti, anche se invano.
Adoro l'estate, il sole, le belle giornate, perché rispecchiano il mio animo allegro, limpido, nonostante tutto, spensierato, ma mi ha sempre affascinata la pioggia, il camminare incurante sotto quelle gocce, il lasciarmi abbracciare da questa ondata, quella sensazione di frescura dopo, come una liberazione. Da qualche giorno questo mio piccolo viaggio giornaliero verso il lavoro, comunque è diverso. Mi capita di incrociare lo sguardo di un uomo, molto elegante, dagli occhi blu profondi, che incornicia con occhiali scuri, che percorre il mio stesso tratto fino alla mia fermata. Non lo conosco, non l'ho mai visto prima, ma mi ha colpita perché il suo sguardo sembra scrutarmi, cercare qualcosa, che forse neanche io percepisco. Lui così,apparentemente, austero, quasi perfetto nel suo essere composto e preciso e io così diversa con i capelli raccolti in uno chignon imperfetto, i miei jeans sdruciti, spesso strappati, le converse, le cuffie perennemente alle orecchie, un libro che mi fa da schermo per il mondo e la testa sempre tra le nuvole. Chissà cosa pensa, cosa immagina ... La pioggia aumenta, la mia fermata si avvicina e anche lui si avvicina alla porta d'uscita ... (Alice)

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Stereo heart
Alcune canzoni hanno una loro puntualità, ti trovano quando la mente ripercorre strade che sembrano già superate. Scelgono quei giorni, che ormai il tempo scandisce come gli altri, ma un tempo erano importanti nel tuo cuore. Arriva così, all'improvviso, mentre con le cuffie alle orecchie distrattamente guardi il finestrino e pensi ad altro ed improvvisamente il nastro si riavvolge e i pensieri fluiscono veloci ... Era domenica, era una giornata di sole, nonostante fosse quasi novembre, ero ancora una ragazzina, avevo da poco finito il liceo e mi ero ritrovata in una realtà totalmente diversa, un biglietto aereo aveva totalmente stravolto la mia vita: nuova città, l'inizio dell'università, lontana da casa e senza i miei affetti più cari, non sapevo ancora, però, che nove anni fa, ormai, questa giornata avrebbe stravolto la mia vita per ben sette lunghissimi anni! E ripercorro quella strada, quella strana sensazione di agitazione, quando ci siamo visti, la voce tremante, le mani agitate. Il viaggio in macchina, il vento in faccia, il mare, la passeggiata sulla spiaggia, il tramonto, un abbraccio improvviso e poi quel bacio a fior di labbra, delicato, ma deciso, una sorta di promessa, da quel giorno "sarebbe durata", dicevi. E da lì i nostri incontri in posti che per me saranno sempre segnati,il tempo che ci era nemico, le corse contro la metro per salutarsi fino all'ultimo momento in cui sarebbe scomparsa, i nostri viaggi, le nostre camminate, le sere in macchina a parlare di tutto e di niente, a guardare le stelle, a sognare quel che sarebbe stato e come sarebbe stato tra dieci anni ... gli esami all'università di ognuno e la certezza,che comunque sarebbero andati, ci sarebbe sempre stato l'uno o l'altra lì a festeggiare i successi o a consolare le sconfitte. I baci al Pincio, le passeggiate al Gianicolo, le cene fuori, tutto scorre sempre più veloce, fino quasi a scomparire nella mente. La canzone sta per finire, ma i pensieri non si arrestano, proseguono, sempre più veloci, ripercorrono tutti i momenti felici, fino ad arrestarsi sul finale, sono passati quasi dieci anni e torna in mente quella domana ingenua:"Chissà come sarà?" Adesso ho le risposte, ma non so se erano queste quelle che avremmo voluto allora. I nostri cieli sono separati, come le nostre vite, tu hai ricostruito la tua con un'altra persona, in maniera "definitiva", io proseguo la mia tra mille incertezze e cambiamenti. Tante cose sono cambiate, ma sono certa che nonostante tutto, anche per te il 28 ottobre, non sia una giornata come le altre. Non so cosa mi dia questa certezza, non so bene nemmeno io cosa rappresenti ancora per me. Non sono triste, né malinconica. La storia ha fatto il suo corso, la canzone è terminata, sono arrivata alla mia fermata, si aprono le porte automatiche, mi volto per un attimo e guardo avanti, un sorriso e a passo sicuro verso la mia giornata.
"Always missing people that I shouldn't be missing Sometimes you gotta burn some bridges just to create some distance I know that I control my thoughts and I should stop reminiscing But I learned from my dad that it's good to have feelings When love and trust are gone"
(ALICE)
https://www.youtube.com/watch?v=BiQIc7fG9pA

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ALICE E IL CAPPELLAIO MATTO
Vuole la storia che Alice e il Cappellaio si sarebbero persi per tantissimo tempo, per poi ritrovarsi come se fosse passato solo un secondo. Era una storia strana la loro, potevano stare lontanissimi, non vedersi, né sentirsi,ma questo non avrebbe cambiato il loro incontro.
Alice sentiva quando il Cappellaio non era felice, se gli succedeva qualcosa o si allontanava. Guardava il cielo, le nuvole, si era resa conto, che anche se in due mondi inconciliabili, forse, non erano lontani. Era stato difficile trovarsi la prima volta, riconoscersi nella moltitudine, ma da allora lo spazio e il tempo erano solo concetti astratti, comunque sembravano legati da una sorta di filo che non riusciva a spezzarsi.
Si erano persi, Alice pensava per sempre, irrimediabilmente, ma il Cappellaio è tornato a farle visita nei sogni, per diverse notti. Tutti pensavano fosse felice, in procinto di una deliranza, ma nel sogno di Alice non faceva che stringerla forte, prigioniero del sortilegio di una regina di Cuori, mascherata da buona regina Bianca. Alice non riusciva a capire il significato di questi sogni.
Forse solo suggestioni della sua nostalgia, forse, una spiegazione inconscia a quel silenzio forzato, forse, un segnale d’allarme. Alice, inspiegabilmente, riusciva sempre a capire quando il Cappellaio non era felice, anche se (in questa favola) l’aveva ferita in maniera davvero profonda, anche se aveva detto “Basta” in maniera definitiva, di solito, era sempre intervenuta per aiutarlo, sfidando logica, tempo, orgoglio e anche se stessa. Ne aveva passate talmente tante che si era proprio convinta che se lo voleva per davvero, niente era impossibile o le faceva paura, nemmeno attraversare gli specchi o lottare contro il Tempo, loro nemico più grande, insieme al tempismo. Sarebbero stati due pezzi perfetti di un puzzle se fossero riusciti a incastrarsi, ma non erano mai al posto giusto, nel momento giusto.
E quindi la storia vuole che siano lontanissimi, mondi, anni, vite, ma che i loro ricordi, le loro vite, inevitabilmente si intreccino, il Cappellaio le accarezzi dolcemente la testa e la guardi negli occhi e in quell’attimo non esiste tempo, spazio, regine di cuori, ma tutto si cristallizzi. Sì, alla fine, nella lotta contro il tempo hanno vinto loro!
(ALICE)

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– Ma tu mi ami? chiese Alice. – No, non ti amo rispose il Bianconiglio. – Alice corrugò la fronte ed iniziò a sfregarsi nervosamente le mani, come faceva sempre quando si sentiva ferita. – Ecco, vedi? – disse Bianconiglio – Ora ti starai chiedendo quale sia la tua colpa, perché non riesca a volerti almeno un po’ di bene, cosa ti renda così imperfetta, frammentata. Proprio per questo non posso amarti. Perché ci saranno giorni nei quali sarò stanco, adirato, con la testa tra le nuvole e ti ferirò. Ogni giorno accade di calpestare i sentimenti per noia, sbadataggine, incomprensione. Ma se non ti ami almeno un po’, se non crei una corazza di pura gioia intorno al tuo cuore, i miei deboli dardi si faranno letali e ti distruggeranno. La prima volta che ti ho incontrata ho fatto un patto con me stesso: mi sarei impedito di amarti fino a che non avessi imparato tu per prima a sentirti preziosa per te stessa. Perciò Alice no, non ti amo. Non posso farlo”
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Certi luoghi, sebbene familiari, in certi giorni assumono significati diversi, profondi. Rivedere questa foto, mi riporta indietro nel tempo. Era una sera di Ottobre, occhi umidi, un'agitazione immensa. Non sapevo se ti avrei rivisto, se ci saremmo incontrati di nuovo. Ero arrivata a piedi da casa mia per l'agitazione, con il pretesto di una lunga passeggiata. Cuffie e musica alle orecchie per non pensare, il segreto è abbassare il volume dei pensieri. Ero passata milioni di volte dall'Aventino ma quella sera mi sembrava di vederlo per la prima volta! Il tempo sembrava essersi fermato, sebbene mancassero solo pochi minuti all'appuntamento. Mi ero quasi rassegnata al fatto che sarei rimasta da sola finché non ho scorto da lontano la tua sagoma. Eravamo entrambi imbarazzati, sebbene ci si conoscesse da anni, ma mi è sembrato di intravedere dopo quella smorfia preoccupata, un sorriso. Non ci sono state molte parole, nonostante non ci vedessimo da mesi, mi è venuto quasi istintivo prenderti per mano e accompagnarti verso quella porta, la famosa “serratura” e ogni passo con la tua mano stretta scioglieva la tristezza, la rabbia, dandomi quella serenità che da mesi non provavo più. Arrivati davanti la porta ho sentito un tuffo al cuore come un tonfo sordo, battiti impazziti, ma dovevo mantenere la calma, o forse, saresti di nuovo fuggito via da me. Abbiamo atteso il nostro turno tra una battuta imbarazzata e una risata, quando è toccato a noi eri meravigliato, forse non eri ancora pronto, volevi farmi passare avanti per guardare meglio, ma sono riuscita a stupirti di nuovo: ho appoggiato le cuffie alle orecchie e mentre ti sporgevi per guardare ho premuto play mentre la canzone risuonava “You were always on my mind” di Elvis Presley. Ogni singola parola sembrava scritta per noi e su di noi, scorreva la nostra storia … siamo rimasti in silenzio a guardare,abbracciati, nessuna parola, solo noi e Roma. Un sogno a occhi aperti, il mondo andava avanti, noi ci eravamo messi in pausa nel nostro. (ALICE)
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L’evoluzione di Alice
Hai quella forza che ti è stata data dalle delusioni. Una corazza, forse, un po’ pesante, ma ormai comoda con la quale convivi da quando ti sei ripromessa di non fidarti più dopo l’ultima delusione bruciante, per la quale ci hai quasi rimesso il cuore.
Brucia il sole di Luglio, il sudore gronda dai volti, dai corpi, ma tu ne sei quasi immune, anzi la notte ti copri con un lenzuolo, forse, il gelo che hai dentro ormai ti ha rivestita da non farti percepire l’afa circostante.
Hai quell’espressione in viso che tutti identificano come disgusto, una sorta di smorfia perenne, che quando eri una bambina spensierata era un immenso sorriso, che ti ha fatto fregiare della qualifica di “stronza”, “presuntuosa”, o addirittura “arrogante”, mentre in realtà è solo un’espressione “diffidente” che serve a fare da cernita e a capire chi è disposto a superare quel muro e chi invece vuole solo un giro di giostra, la musica, allegria e poi …”altro giro, altra corsa”.
Hai assunto quel sorrisetto di circostanza con chi non ti convince che comuque risulti gradevole, simpatica, anche se spesso è sarcarsmo, ma non riescono a leggerti dentro e spesso questo potrebbe sembrare equivoco, o farti passare per falsa, ma hai anche imparato che chi cambia opinione o gira come una bandieruola al vento, o chi dà giudizi affrettati, senza capire chi ha davanti, magari parlandone alle tue spalle vale quanto le sue parole: ZERO!
Hai quella postura fiera della ballerina classica, dopo anni di punte consumate e piedi distrutti alla ricerca della perfezione assoluta in un passo, un incedere sicuro, testa alta e spalle larghe, ma anche questo ti si ritorce contro perché giustamente “chissà chi ti credi di essere”. Un tempo ti ferivano quelle frasi perché non era bello essere considerata una presuntuosa, adesso te ne compiacci, perché sì sarai diversa, ma hai la certezza che non sarai mai come loro, del resto non ho mai voluto diventarlo.
I sacrifici, le lacrime, le porte chiuse in faccia, la gente stronza, falsa, ipocrita e doppiogiochista mi ha reso indistruttibile. Ho creato una fortezza di ghiaccio e diamante che non permetterò a nessuno di distruggere.
Rido a crepapelle e non ho pietà per chi mi ha fatto del male, ma nessuna compassione, dev’essere distrutto e fatto a pezzi. Chi parla ancora male o continua ad avere da ridire sul mio conto deve strozzarsi con la sua stessa lingua e pentirsi di ogni sillaba, ogni suo giorno sulla faccia della Terra. Sono sempre io Alice, quella che balbetta quando è in imbarazzo, che diventa rossa, che si vergogna di parlare in pubblico, che cerca il meno possibile di essere al centro dell’attenzione, ma che adesso non fa più sconti a nessuno!
(Alice)

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Non avere paura di non avere tutte le risposte giuste. Imparerai attraverso le esperienze e troverai la strada che conduce alla felicità. Non fare affidamento sugli altri per scoprire cosa vuoi dalla vita. Segui il tuo cuore e trova la gioia partendo da lui...
Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio
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Io cerco la persona che sia capace di amare l’altro senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissuaderlo; cerco questa persona del futuro che sappia realizzare un amore indipendente dai vantaggi o svantaggi sociali, affinché l’amore sia sempre fine a se stesso e non solo il mezzo in vista di uno scopo.
Carl Gustav Jung
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