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Levi Reonhato
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levireonhato · 3 months ago
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Quando Levi era piccolo, suo padre gli diceva che Dio non affida a nessuno un peso più grande di quello che è in grado di sopportare.
Evidentemente, Dio lo reputava più forte di quanto lui era.
Perfino il metallo, che è una forza quasi indistruttibile, dopo troppi colpi, finisce col spezzarsi.
Cosa dovrebbe fare Levi, che non era altro che carne e sangue?
C'è un limite a quanto un uomo può sopportare.
Un limite a quanto l' anima è in grado di sopportare.
Una volta oltrepassato quel limite, non c'è via di ritorno.
Non avrebbe mai compreso certe creature come quella che si trovava di fronte ai suoi occhi, così teatrali e incauti da sferrare un attacco, come se anelassero in modo malato a diventare i bersagli del suo potere. Non che a lui dispiacesse, beninteso. Se proprio ci tenevano a morire come mosche sotto le fiamme, chi era lui per non accontentarli? Però se avesse continuato ad elaborare strategie di quel genere, non sarebbe sopravvissuto a lungo davvero, non contro quell’energia, di certo più prudente, silenziosa e organizzata.
La voce di Dimitri s'insinuò tra i pensieri di Levi, invitandolo a collaborare, senza sapere che - dopo aver manifestato il proprio potere - avrebbe rischiato di perdere il controllo mentale mettendo così in pericolo chiunque lo circondasse. Come poteva spiegarglielo, specialmente nel bel mezzo di un combattimento?
Era difficile da spiegare, difficile da capire, per questo preferiva restare in silenzio, lasciando tutti ignari della sua vera natura, incluso chi si prese cura di lui.
Ma non poteva nemmeno restare a guardare. Quell’essere indomabile aveva iniziato a sfogare la sua furia, scagliandola su tutti loro che, nonostante riuscisse a schivare tutti i suoi colpi, era sempre irraggiungibile.
La situazione stava degenerando più di quanto avesse già immaginato e sapeva bene che nessuno di loro sarebbe più andato da nessuna parte.
Per questo motivo Levi si fece avanti, con passo misurato, perforandolo con le sue occhiate penetranti e misurando i suoi movimenti, le sue capacità, la sua energia.
Ripensò alle parole del santone che ancora gli ronzavano fastidiosamente in testa, provocando nuovamente quell'ira che si fece largo e più forte dentro di lui.
I suoi occhi divennero come due sfere infuocate, luminosi quanto spettrali da far gelare il sangue.
Si sentiva terribilmente pesante adesso, finché quella profonda e strana sensazione di calore non lo avvolse completamente.
Era una mina vagante, pronta ad esplodere, a brillare di luce distruttiva da un momento all'altro. Non c’era più tempo!
Si voltò con la sua solita agghiacciante indolenza verso i compagni, per fulminarli con lo sguardo.
«Sparite dalla mia vista o morirete.»
Non era una minaccia, bensì un avvertimento; prima che improvvisamente l’oscurità, lo sentì impossessarsi di lui, insinuarsi nella sua mente, nella sua anima, nella sua libertà, nella sua luce. Ancora una volta, sempre.
L'oscurità era dentro di lui, irrefrenabile come un fiume in piena. Niente e nessuno poteva fermarlo. Era una forza della natura, inarrestabile.
Il potere si faceva troppo grande, troppo profondo, troppo radicato in lui, perché egli possa sconfiggerlo.
Era come una voragine oscura che lo consumava, che divorava ogni cosa, fino a che non rimaneva niente.
Lo sentiva dentro il suo petto, dove si trovava il suo cuore, irrequieto e disperato, crescere ogni giorno di più. Aveva riempito quella voragine con la solitudine, con la sopravvivenza, con la rabbia. Con una furia ceca, verso ogni cosa che esista su questo mondo.
E solo allora si aprì un esplosione di luce vivente dal suo corpo, che si propagò, fino ad avvolgere l'oscurità e spazzando totalmente via ogni cosa intorno a sé, cosi talmente potente che sarebbe stato capace di distruggere qualsiasi cosa nel raggio di qualche chilometro. Tutte le barriere erano state annientate, demolite, bruciate - come fuoco nelle vene - quando aveva evocato il suo potere, il suo potenziale di energia, ed era enorme, imponente come il suo desiderio, come il suo amore verso la famiglia.
C'era così tanta luce ora.
Il suo corpo era luce e la emanava come una stella nella volta celeste.
Lui era il sole nell'inverno della sua anima.
Lui era calore e fiamma bruciante.
Lui era fuoco, fuoco nelle tenebre della sua esistenza.
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levireonhato · 3 months ago
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Dopo che i ragazzi si divisero in diversi gruppi, Levi non aveva certo intenzione di farsi prendere alla sprovvista, guardandosi sempre alle spalle. La prudenza non era mai troppa.
Moriva dalla voglia di sapere se quella merda di posto non fosse realmente come sembrava di essere, c’era sicuramente qualcosa sotto, qualcosa di oscuro, di maligno. Mentre superava con passo deciso la città, sperò di non imbattersi con qualcosa di molto pericoloso. Era addestrato per combattere contro qualunque nemico e in ogni condizione, i nervi sempre saldi e i riflessi pronti.
Ripensò alle parole che Caino, il santone, gli aveva detto quando stava valutando di disertare: “Diventerai tutto ciò che detesti”. Ma com'era possibile che lasciarsi il ruolo di guerriero della Comandante alle spalle lo poteva rendere una persona peggiore di quella che aveva visto in quel campo di battaglia?
Perso nei suoi pensieri, non notò nulla d'insolito quando poi Nikolai attirò la sua attenzione - dopo millesimi tentativi di fallimento - e un momento dopo, capì.
Le cose non sono sempre quello che sembrano, questo Levi lo aveva imparato da molto tempo e questa volta era una di quelle in cui l’apparenza ingannava.
«Che diavoleria è questa?» disse a denti stretti, tentando di elaborare correttamente cosa implicasse quella scoperta che lo lasciò di stucco, confuso, schifato. Cosa stavano facendo quelle persone e perché si trovavano lì sotto, privati dalla luce, dalla libertà, da tutto. La sua mente stava elaborando tanti pensieri brutti, ma il suo istinto gli urlava di voltarsi prima che fosse troppo tardi, ma Nikolai lo aveva preceduto, salvandolo da un brutale attacco. Possibile che ovunque andasse, in qualsiasi pianeta, in qualsiasi terra, ci fosse sempre qualcosa che non quadrava?
Improvvisamente la voce di Dimitri invase la mente del corvino già infastidito, trasmettendogli tutte le informazioni che aveva raccolto fino adesso. Levi non mosse nemmeno un muscolo. Molte immagini si susseguivano nella propria mente, incastrandosi come tanti tasselli di un puzzle.
Ah com’è strana la vita, un attimo prima sei tranquillo per i fatti tuoi, sommerso nei pensieri e un attimo dopo sei nella merda più totale, senza nemmeno sapere come ci sei arrivato. Ti ritrovi nei casini fino al collo e, più tenti di uscirne e più ci finisci dentro. Questo era quello che pensava Levi, se solo si facesse una carrellata di cazzi suoi come sempre aveva fatto, non ci sarebbe mai finito in questa tragica situazione. Levi era sopravvissuto a cose peggiori, di gran lunga peggiori ed era preparato a tutto, sebbene fosse una scocciatura, un disturbo per lui. Non voleva semplicemente rendere la sua vita difficile più di quanto già non lo fosse.
«Tch!» questo fu il / commento / del corvino, quasi come si fosse rassegnato ed estrasse le scimitarre, guardando i presenti come fossero feccia mentre sbucarono fuori come serpenti attorcigliati. Non avevano scampo, ma Levi non avrebbe reso loro le cose facili. Fece appena in tempo a rialzarsi che uno dei tanti monaci gli puntò una lama alla gola. Levi girò il busto e gli sferrò un calcio per destabilizzarlo. Sentì crescere dentro di lui la sete di battaglia, ma la tenne a freno, lottando per ferire, non per uccidere. Levi non era un assassino come faceva credere a tutti, la sua era solo una facciata, una sorta di protezione, e non poteva massacrare le persone come se niente fosse.
“Combatti, Levi! Non sono mica marmaglia barbara, sono dei monaci, non se la daranno a gambe!” una voce rimbombò nella sua testa, riscuotendolo. Doveva sgombrare la strada, così potevano arrivare al palazzo reale in tempo prima che fosse troppo tardi. Era l’unico modo per evitare di morire trafitti dalle lame dei nemici. Si lascio pervadere dalla furia della battaglia, facendo volteggiare le lame. Una incise l’intestino di qualcuno, l’altro penetrò in gola e poi nel cuore di un terzo. In pochi istanti, grazie anche ai cavalieri di Nikolai che aveva invocato grazie alle sue carte, la via era libera.
I ragazzi si diressero finalmente al palazzo reale, sperava che quell’idiota di Hanako fosse ancora vivo; che sapesse che tutto quello che Igris gli diceva erano tutte menzogne, un sacrificio per sfamare il loro suddetto “Dio”; che fosse abbastanza sveglio, intelligente, da poterci arrivare da solo. Invece era un incosciente, egoista ed irresponsabile.
«Che stupido, stupido, stupido! Un testa di cazzo! Appena lo vedo, lo strozzo con le mie mani» imprecò sottovoce il corvino.
Aveva questi continui sbalzi d’umore: speranza, rabbia, odio, rassegnazione, incertezza, dolore, spossatezza. Non c’era mai un attimo di pace vera nel suo giovane cuore agitato. Era molto difficile per lui gestire questa gamma di emozioni così prepotenti, che finivano per dominarlo. La rabbia dettata dall’odio profondo per quei mostri poi, vinceva sempre su tutte le altre, togliendogli lucidità e freddezza. E nonostante Levi e Hanako fossero come cane e gatto, due poli completamente opposti, ci teneva almeno un / minimo /.
Scemata l’adrenalina della fuga, il viaggio verso il palazzo reale fu oltremodo silenzioso. Nessuno osava emettere un fiato, rispettivamente consapevoli della gravità delle proprie azioni e del pericolo corso.
Se le cose avessero preso una brutta piega, sarebbero spacciati. Il profilo di Levi era duro, la sua espressione severa; la serenità nei suoi occhi completamente svanita, appannaggio di una fiera determinazione e un indomito coraggio.
Minuti di cammino e, finalmente, giunsero nei pressi dell'enorme palazzo, dietro la quale il pericolo era pronto ad attenderli.
Li ucciderai tutti, Levi? Quanti ne aggiungerai alla tua lista? Sono già tre… altri dieci? Quindici? Proprio come tua madre. Rapido come lei. Preciso come lei.
«Come va, stronzi.»
Levi fece l’occhiolino, sollevando le loro stesse lame, con la semplice forza che possedeva la propria mente, che li trapassarono da parte a parte.
Non c’era tempo per gli indugi o la pietà. La verità, per quanto spietata fosse, era una sola: la loro morte per la propria vita.
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levireonhato · 3 months ago
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Levi esprimeva la sua costante indifferenza sebbene quel luogo e quelle presenze non fossero di suo gradimento.
«Anch’io sono lieto di rivederti, Hanako. Sto letteralmente sprizzando / gioia / da tutti i pori» lo schernì sarcastico il corvino.
A quanto pareva, la maleducazione doveva essere uno dei requisiti fondamentali per essere assunti. Il ragazzo lo fissava con astio e i suoi occhi scintillavano per la rabbia, mentre Levi parve non curarsene, come se l'aura minacciosa che emanava non lo scalfisse minimamente.
Levi aveva ascoltato attentamente il dialogo tra Dimitri e Hanako, e per la prima volta era d’accordo con quest’ultimo, ma non aveva commentato né tradito alcun tipo di reazione. Purtroppo, Hanako, come al solito si era lasciato abbindolare troppo facilmente da quel maledetto manipolatore di Dimitri. Loro non avevano niente da perdere, certo, ma Levi..?
Una volta che furono tutti pronti, la squadra "Operazioni Speciali" si era ben allineata nell'area urbana totalmente deserta.
Il portale che Hanako stava creando si spalancò, caldo e freddo insieme che li investiva con una forte corrente che scompigliò loro i capelli. La sua luce, proveniente dalle profondità dello spazio, si riverberava nell'ambiente creando giochi luminosi su di loro e il territorio circostante.
Levi, con la freddezza che lo contraddistingueva, allungò il braccio verso la bolla liquida oltre la quale c'era l'ignoto. Le sue dita sfiorarono, per poi immergersi e sparire, la superficie: bollente e gelida al tempo stesso, leggera eppure corposa, consistente. Se l'avesse oltrepassata, sarebbe morto scottato? Assiderato? O forse entrambe...? Non lo sapeva.
Un brivido lo attraversò da capo a piedi, realizzando improvvisamente la portata di quella scoperta. Indugiare ulteriormente non avrebbe comunque cambiato le cose.
Prese un lungo respiro e avanzó, deciso.
Si trovò da tutt’altra parte e, nel momento in cui i suoi occhi grigi come la tempesta tentarono di mettere a fuoco cosa si nascondesse oltre il mondo da lui conosciuto, il corpo e la sua intera essenza si disintegrarono in milioni di particelle viaggiando alla velocità della luce, seguendo un percorso che lo avrebbe condotto lontano da quella che una volta chiamava "casa".
Si sentì morire per poi rinascere all'altro capo dell'universo, in una galassia remota e solitaria, con la sola preghiera di poter ritornare indietro, sano e salvo, ancora una volta.
Uno ad uno, l'intera squadra valicò il confine che separava il loro mondo da ciò che si celava all'altro capo dell'universo. Erano giunti a destinazione senza danni, ma un corpo umano come avrebbe reagito a un simile viaggio? Cosa sarebbe accaduto?
La consapevolezza che il suo corpo avrebbe potuto disperdersi nello spazio o ricomporsi nel modo sbagliato lo aveva infine colto come un fulmine a ciel sereno. Si toccò istintivamente il viso in un modo insistente e una volta assicurato che tutto era al suo posto, si rimise in piedi per poi ripulirsi dalla polvere con un moto di stizza mal celata. Se dovesse tipo spuntargli un terzo occhio sulla fronte sarebbe stato il primo a saperlo.
L'intera squadra era lì, apparentemente sana e salva, sotto il sole cocente - o qualunque fosse il nome di quella nuova stella a illuminare il loro giorno. La prima cosa che aveva rilevato erano i dati atmosferici, simili in tutto e per tutto a quelli del loro pianeta e quindi compatibili con la vita. C'era ossigeno e, anche se il tasso di umidità era scarso, acqua. Chilometri di deserto si estendevano tutt'intorno, nessun segno di vita che desse loro motivo di preoccupazione, almeno fino a qualche minuto fa. Sembrava che niente andasse per il verso giusto, quella giornata. Levi fissò i presenti uno ad uno, cercando un possibile segnale di pericolo che però non accennava ad arrivare. Le persone, fecero spazio nell'udire la voce di un uomo, alto e dai lunghi capelli albini, avanzare tra di loro: il suo passo era deciso, lo sguardo sereno ma attento. Levi percepì un aura negativa come quando era successo per la prima volta con Kappa, già solo guardandolo.
«Tch! Che pagliacciata.» sbuffò il corvino, scoccando un'occhiata di sufficienza.
Hanako sorrideva come se non stessero facendo una missione pericolosa, come se non stesse proponendo di rischiare la vita.
Levi sentiva puzza di guai lontano un miglio e questa volta non si trattava di sua sorella Astrid, bensì di qualcun altro molto più stupido di lei e, senza offesa, non farebbero nemmeno un cervello in due.
Dopo che scesero da quella ridicola carrozza - o quel che diavolo era - si trovarono di fronte un immensa città ricca di valori inestimabili. Centinaia di occhi, all'unisono, si sollevarono su di loro. Gli abitanti del luogo non avevano le corna o la coda bensì le fattezze di comuni esseri umani, forse.
«... Che cazzo ha detto?» sibilò il corvino.
Aveva sentito male o lo avevano davvero chiamato “Principessa Levi”? E con quale coraggio? E con quale sconsideratezza? Levi era / maschio /. Almeno così pareva, l'ultima volta che aveva guardato nelle mutande. Il povero Igris - che tanto povero forse non era - aveva firmato la sua condanna a morte, senza nemmeno rendersene conto o forse lo credeva davvero tanto stupido da poterlo prendere in giro.
Hanako era l’unico che se la stava spassando, diversamente dal sottoscritto che tentò di reprimere l'istinto di strozzarlo lì sul posto di fronte l’intera popolazione. Levi guardava Dimitri, chiedendogli palesemente in silenzio e con un invidiabile / autocontrollo / “lo posso ammazzare?”
Naah, ovviamente che scherzava… e invece no.
Il corvino tacque, fissando adesso il ragazzo albino intensamente per poi emettere una probabile sentenza di morte.
«Ti ringrazio per l’offerta, ma puoi anche tenerti le guardie del corpo del cazzo. Puoi anche incantare quell’idiota che voi chiamate “re”, ma con me non funziona. Ficcateveli / tutti / in testa, o dove cavolo volete voi»
Levi non aveva peli sulla lingua, diceva tutto ciò che pensava; era anche fin troppo diretto e scontroso, mantenendo comunque la sua solita espressione seria e composta. Certe volte gli sembrava di somigliare molto quella pazza e scorbutica di sua madre Laia. Non era una che indugiava troppo sulle cose, una volta detto quello che doveva, la faccenda era chiusa.
Distolse finalmente lo sguardo da Igris per cercare quello di Hanako, rimproverandolo silenziosamente. Era una vera e propria sfida, quella che gli stava rivolgendo, ma il Reonhato non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta e, presto o tardi, il giovane / Hanako-kun~ / se ne sarebbe pentito.
«Ci stai scartando per andartene a zonzo a ficcanasare?» domandò aspramente: era più che certo che la sete di conoscenza di quel credulone, prima o poi, li avrebbe messi nei guai.
«Tch quello stolto, che si crede tanto nel mondo delle favole, non servirà proprio a niente: ci farà solo uccidere...» affermò alla fine il corvino, il quale nel frattempo si guardava sospettosamente intorno.
Non era mai fuggito di fronte a niente, sul proprio pianeta, e non avrebbe di certo cominciato a farlo in quel buco di culo dell'universo.
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levireonhato · 3 months ago
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Levi seguì Dimitri all'interno del locale, invitandolo a sedersi al tavolo, l'uno di fronte all'altro, lontani da ogni occhio indiscreto.
Il cameriere prese gli ordini e una volta concluso frettolosamente, i due rimasero nuovamente soli, studiandosi a vicenda.
Il corvino apparentemente non sembrava affatto impensierito dal silenzio e dallo sguardo agghiacciante del rosso, sembrava come se volesse dire un sacco di cose ma si stesse trattenendo. Diversamente da Levi che si comportò normalmente come se nemmeno esistesse, vigile e serio come al solito. L'indifferenza era la sua arma migliore.
Quando giunsero gli ordini, Dimitri iniziò finalmente a parlare, mentre sorseggiava il suo amato whisky. Quell'uomo era sempre cosi sospettoso e il giovane era abituato a scavare sempre molto prima di convincersi, o farsi un'idea. Insomma, stiamo parlando di Dimitri, colui che una volta aveva ucciso James, colui che una volta aveva cercato di uccidere Levi, mettendo a rischio la sua vita e il mondo intero. Che diavolo ci faceva lì con lui? Proprio non riusciva a spiegarselo. Bevve un sorso del suo whisky, nonostante non fosse un amante di bevande alcoliche, dopodiché con una certa indolenza, tipica del suo modo di fare calmo e freddo, squadrò Dimitri con una delle sue occhiate severe e annoiate.
«Prego?» aveva domandato quasi infastidito, fingendo di non aver sentito bene.
Il giovane Reonhato era molto conosciuto, specialmente in quella zona e la sua fama, lo precedeva, rendendolo una compagnia da evitare, o un problema da risolvere, a seconda dei casi. Perciò non era una novità che qualcuno chiedesse il suo aiuto.
- Questi stronzi! Quando hanno da chiedermi qualcosa mi rispettano come si deve, poi quando non hanno più bisogno, mi trattano come feccia! - aveva rimuginato tra sé veramente adirato il giovane. Era temuto, rispettato, dignitoso e sebbene fosse di poche parole, Levi pareva anche educato. Troppo silenzioso e schivo che poteva dare l'idea di un arrogantello che si sentiva superiore a tutti. Si capiva lontano un miglio che la sua calma distaccata, tenesse a bada una natura violenta, di cui si mormorava molto in quella zona, in un passaparola ricco di particolari talvolta davvero raccapriccianti. Fortunatamente il minore si trovava molto lontano da casa sua e dalla sua famiglia, completamente ignara della sua terribile situazione. Aveva una missione importante da compiere e non li avrebbe mai e poi mai coinvolti in ogni caso, né loro né nessun altro che potesse risultare un ostacolo, un pericolo o una grande perdita di tempo.
«lo e / Hanako /? Mi prendi in giro? Tch, ho già troppi grattacapi. E comunque, non credo che funzionerà: differenze incompatibili»
Stavolta l'ironia aveva abbandonato il tono di voce altrui. Sembrava solo che aspettasse che se ne andasse da quel buco di fogna il più presto possibile, non gli piaceva per niente. Chissà perché ma non gradiva l'idea di trascinare Hanako in questa situazione, specie se si trattava di Dimitri.
«E poi, non mi fido. Può essere che non sei più così violento o, può essere che non sei più in collera con mio padre. Può essere che sei cambiato, ma sappiamo entrambi la verità, dico bene? I serpenti non cambiano pelle cosi facilmente.»
Levi lo studiò con cautela, sembrava che lo stesse trafiggendo con i suoi occhi grigi e taglienti. Aveva tutta l'aria di chi stesse per architettare un modo per ucciderlo e scegliere un luogo dimenticato da dio in cui scavargli una fossa. Ma in realtà non era così, niente di tutto questo entrava nella sua mente.
«Vuoi il mio aiuto, Dimitri? Bene, lo avrai.» proferì Levi gelido e a quel punto strinse la sua mano, costringendolo a guardarlo dritto negli occhi. Il suo sguardo era simile a quello di un rapace pronto a ghermire la preda.
- Attento a quello che dici, qui anche i muri hanno le orecchie. Hai visto come mi guardano tutti? Riesci a percepire la loro rabbia, la loro paura? Ho perso il conto di quanta gente ho ammazzato tra esseri umani e non. Sono migliorato adesso e so fare cose ben peggiori, direi che sono tutto meno che una brava persona. -
Gli trasmise i suoi pensieri, senza l’uso dei sensi. Dopodiché mollò la presa, ritornando a bere tranquillamente il suo whisky. Levi rimaneva piuttosto indecifrabile come persona, suscitava curiosità. Da alcune voci che giravano su di lui, chiunque si aspetterebbe un uomo molto pericoloso, più brutto e molto più sgradevole, sarcastico e diretto. Forse anche violento quando serviva, ma era onesto, di parola e anche molto sensibile, sebbene lui voglia in tutti i modi far credere il contrario.
Dimitri non poteva neanche immaginare che cosa si agitasse dentro di lui. Del resto Levi aveva imparato molto bene a dissimulare qualsiasi tipo d'emozione.
«Un Reonhato rispetta e mantiene sempre la sua parola, quindi non farmi pentire di aver scelto di / aiutarti /, Dimitri.»
Aveva specificato secco ad alta voce, pronto alla millesima disavventura insieme a quello sfigato di Hanako.
Forse inconsciamente voleva spaventarlo prima, ma a quanto pareva non c'era riuscito, non per il momento almeno.
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levireonhato · 7 months ago
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Sì poteva solo / lontanamente / immaginare quanto lo sguardo palesemente curioso del corvino potesse arrecare fastidio o imbarazzo al medesimo interlocutore per quanto indagatore e severo potesse essere; era uno sguardo attento alla continua ricerca dei più piccoli ed insignificanti dettagli che gli altri non riuscivano a notare. Eppure non aveva intenzione di cessare quel suo studio tanto attento quanto rigoroso, non se immaginava ch'egli aveva senza dubbio qualcosa che nascondeva nella parte più recondita della sua essenza; qualcosa a cui / probabilmente / nessuno aveva libero accesso. D'altronde chi non aveva almeno un segreto riguardante la propria anima?
Dimitri parlava, mentre Levi ascoltava silenziosamente il strano placido concerto dei suoi pensieri. Le sue parole avevano catturato la sua attenzione, ma era sempre molto sospettoso. Era abituato a scavare sempre molto prima di convincersi, o farsi un'idea.
«Mh» fece un mezzo e finto sorriso, quasi come se lo stesse prendendo in giro, guardandolo poi con una profonda serietà. Sembrava che lo stesse trafiggendo con i suoi occhi taglienti e grigi. Aveva tutta l'aria di chi stesse per architettare un modo per ucciderlo e scegliere un luogo dimenticato da dio in cui scavargli una fossa. No, niente di tutto questo entrava nella mente del Reonhato. Ed ecco che il corvino decise finalmente di rivolgergli parola.
«”Vecchio / amico / di famiglia”, eh… perché no? Potrebbe rivelarsi assai piacevole» chiaramente nel tono da lui usato traspariva una forma blanda di ironia, scavando nei ricordi di Dimitri, ma quello che aveva trovato era solo morte, sangue, disprezzo, odio. Tutte emozioni negative.
«Quanto un attacco di diarrea suppongo.» Com’era sempre così raffinato nell'esporre le sue figure retoriche. Stavolta l'ironia aveva abbandonato il tono di voce. Forse inconsciamente voleva spaventarlo, ma a quanto sembrava non ci stava riuscendo per niente, almeno con Dimitri. Era davvero un tipo strano Levi. Rimaneva piuttosto indecifrabile come persona, lo era sempre stato sin da piccolo. Giravano voci su di lui e chiunque non abbia mai avuto il / piacere / di conoscere Levi Reonhato, si immaginerebbe un uomo molto brutto e molto sgradevole. Ma a pelle si poteva essere abbastanza certi che fosse uno di cui ci si potesse fidare sul serio. Uomo complesso ma allo stesso tempo anche molto onesto e diretto.
«Non racconto mai la mia vita a nessuno. E' mia e basta, non voglio essere / compatito /, piuttosto preferisco essere disprezzato.»
Levi non è un tipo di cui si fida facilmente, col tempo aveva perso molta fiducia, specialmente nell’umanità. Né avrebbe accettato l’aiuto di nessuno, anche quando non sarebbe stato in grado di cavarsela da solo. Questo lato lo aveva sicuramente preso da sua madre Laia: preferirebbe morire piuttosto che fare affidamento sugli altri.
«/ Ma / potrei fare qualche eccezione, oggi, con te. Ho sempre pensato che l’unica cosa che ci accomuna – purtroppo – è che siamo attratti dall'oscurità come le falene dalla luce» concluse il corvino, concedendogli stranamente una piccola opportunità. Il corvino era uno che non andava tanto per il sottile e nei propri occhi baluginava l'efferatezza, con cui ogni tanto amava duettare. E mentre lo scrutava, capì che Dimitri non aveva cattive intenzioni almeno per adesso, sebbene quegli occhi e quel perfido sorriso gli suggerisse il contrario.
«Ci terrei a precisare però che sono molto bravo a smascherare le bugie, quindi non provare ad ingannarmi, Dimitri.»
Lo freddò il giovane Reonhato, senza perderlo di vista neanche per un secondo. Sarà un pezzo di ghiaccio, ma anche il ghiaccio può bruciare. Brucia la pelle se ci rimani a contatto troppo a lungo e il suo ghiaccio non era da meno. Le scottature da ghiaccio fanno male, come quelle da fiamma. Ecco com'era il suo ghiaccio. Uno sguardo che ti penetrava dentro, in ogni cellula, in ogni anfratto. Aveva una freddezza che ti rimaneva addosso per sempre.
«Qui vicino ci deve essere un piccolo locale niente male. Potremmo andare lì» suggerì infine il corvino, decidendo finalmente di seguire il rosso, mantenendo sempre e comunque una certa distanza di / sicurezza /. Nella vita non si sai mai, eh Levi.
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levireonhato · 7 months ago
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Sin dal primo momento in cui posiamo il nostro sguardo sul mondo, percorriamo una strada costruita già in precedenza da qualcun altro per noi, fino a che non iniziamo ad avere facoltà cognitive sufficienti per potercela costruire da soli. O almeno è così che dovrebbe essere per tutti; esiste una remota possibilità che ci sia qualcuno non totalmente soddisfatto del percorso che ha intrapreso, perché qualcun altro ha deciso perfino che cosa sarebbe diventato, contro la sua volontà. Per alcuni il percorso potrebbe essere tortuoso sin da subito, non sempre si può nascere sotto a una buona stella. A volte si inciampa sui propri passi, e se per qualcuno non è difficile rialzarsi e affrontare il domani, altri invece se ne rimangono a terra impossibilitati a mettersi di nuovo in piedi. Molto spesso la strada principale si può ramificare in tante altre, e la scelta su quale sia quella più giusta da percorrere diventa poi più difficile di quanto possa sembrare. Com’è strana la vita, davvero buffa, anzi, Levi oserebbe definirla grottesca al limite della decenza. Ci si deve aspettare di tutto, ma non si è preparati a /niente/. Magari è una decisione presa da qualcun altro, svoltare a destra anziché sinistra, imboccare una strada diversa dal solito, una penna che cade, un bacio inaspettato, una morte improvvisa. E d'un tratto il tuo destino cambia, non sei più dove dovresti essere, le azioni mutano, l'esistenza prende una piega diversa ed accade il mondo, però non lo intuisci subito, ma solo quando il tempo è trascorso e ti guardi indietro. Comprendi che tutto era stato già deciso sin dall'inizio, non da te, non da terzi, era già deciso e basta e il giovane Reonhato non aveva mai avuto altra scelta. Non era mai stata una persona fortunata e questa convinzione si fece sempre più prepotente in lui, che in quegli anni, nel bene o male era sopravvissuto, lontano dalla sua casa, lontano dalla sua famiglia, lontano da tutto ciò che lo avrebbe reso debole, da tutto ciò che amava e che sempre /amerà/.
Adesso Rupenera era la sua nuova casa, Rupenera era tutto fuorché /casa/. Non doveva far altro che accettare questa brutta realtà.
Il corvino affondava i piedi nella sabbia, alternando movimenti circolari a calci energici, i quali sollevavano i numerosi granelli creando un velo color ocra che si dissolveva in un battito di ciglia. Nonostante tutto ciò che gli stava accadendo dentro la sua testa, Levi in quel momento si sentiva bene, dimenticandosi per pochi istanti quella rabbia impotente ed incancrenita che lo attanagliava dentro da un sacco di tempo. Improvvisamente, la pace venne interrotta e per quanto fosse stata breve, per lui era stata davvero intensa. Qualcosa lo scosse nel profondo: non c’era bisogno di chissà quale udito per riconoscere quella voce e per la prima volta aveva udito un suono che non fosse quello del vento, portando la propria attenzione sulla figura. Dietro quei ciuffi rossi aveva trovato due iridi accesi di una curiosità inquietante che lo trafissero come lame acuminate: talmente infuocate da sembrare braci ardenti, originarie degli abissi dell'inferno. Dall'aspetto sembrava un demone peccatore, e con un ampio sorriso sfoggiava denti aguzzi. 
«/Dimitri/», rispose talmente freddo e apatico da far venire i brividi. In realtà era un po’ sorpreso di incontrarlo, proprio qui.
«Tch» commentò semplicemente. Beh, che cosa dovevamo aspettarci da lui, un ragazzo di pochissime parole. Si rese conto troppo tardi che le trame del suo destino avevano preso ad essere imbastite ancor prima che se ne rendesse effettivamente conto e lo avevano portato fino a Dimitri. Perché proprio lui?
«Cos’è, la vecchiaia ti sta rimbambendo, per caso? Non ti ho più visto, credevo fossi andato in pensione», che simpaticone eh, non cambierà mai. Forse era questo il bello, nonostante tutto.
«Dunque, sei ancora alla conquista del mondo?»
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levireonhato · 7 months ago
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“Tutto cambia, Levi Reonhato. Non sei più un bambino ora, ma un uomo, con un fardello da uomo sulle spalle e una scelta da uomo davanti a te.”
Il caldo desertico era svanito e una falce di luna spuntò bassa all’orizzonte, sottile e rossa come il sorriso di un cannibale. Attraverso le arcate s’intravedeva il tenue bagliore delle luci, decine di migliaia di lampade a olio sminuite dalla vasta oscurità del deserto circostante. A sud, una cappa di fumo smorzava la lucentezza del fiume. Il vento trasportava con sé l’odore di acciaio e di fornace, sempre presente in una città conosciuta solo per i suoi soldati e le sue armi. Come vorrebbe, Levi, aver visto Serra prima di tutto questo, quand’era la capitale dell’Impero dei Dotti. A quei tempi i grandi edifici erano biblioteche e università, non caserme e sale di addestramento. La Strada dei Cantastorie ospitava un gran numero di palchi e di teatri, non un mercato di armi in cui le uniche storie che si raccontavano erano quelle di guerra e di morte. Era un desiderio stupido, come quello di volare. Nonostante le conoscenze di astronomia e architettura e matematica, i dotti si erano sgretolati sotto l’invasione dell'Impero. La bellezza di Serra era perduta ormai. Adesso era una città marziale. In alto, il cielo splendeva, illuminato dalla luce fioca delle stelle. Una parte del corvino sepolto da tempo capì che questa era bellezza, ma non era più in grado di meravigliarsene come faceva da bambino. Allora, si arrampicò sugli alberi del pane per avvicinarsi alle stelle, convinto che un po’ di altezza in più lo avrebbe aiutato a vederle meglio. Allora, in quel mondo era fatto di sabbia e cielo. Allora, era tutto diverso. x: «Tutto cambia, Levi Reonhato. Non sei più un bambino ora, ma un uomo, con un fardello da uomo sulle spalle e una scelta da uomo davanti a te.» Levi aveva in mano il coltellino e lo puntò alla gola dell’uomo incappucciato accanto a lui. Da dove era saltato fuori? Giurerebbe sulla vita dei suoi genitori e di quell'imbranata di sua sorella che quest’uomo non era qui un attimo fa. «Chi diavolo sei?» gli chiese tagliente. Lo sconosciuto abbassò il cappuccio e il corvino ottenne la sua risposta: un Augure. Che ci faceva qui un / Augure /? Credeva che i santoni avessero di meglio da fare, come rinchiudersi nelle caverne a leggere le viscere delle pecore. Era esattamente uguale da come sua madre Laia un tempo li aveva descritti: la sclera degli occhi dell’Augure era di un rosso demone acceso, in contrasto con le iridi nere e lucenti; la pelle si tendeva sulle ossa del suo viso come un corpo torturato sulla ruota. A parte gli occhi, in lui non c’era molto colore in più rispetto ai ragni traslucidi che si annidavano nelle catacombe di Serra.
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Si chiedeva come fosse possibile che sua madre, una donna così tanto intelligente, pensava davvero che gli Auguri fossero immortali? Ma in fondo non era l’unica. I marziali credevano che il / potere / degli Auguri derivasse dal loro essere posseduti dagli spiriti dei morti. Eppure, a chiunque aveva un briciolo di logica, era chiaro che erano una banda di ciarlatani, venerati in tutto l’Impero non solo come creature immortali, ma anche come oracoli ed esperti nella lettura del pensiero. x: «Nervoso, Levi?» l’uomo spinse via il coltello dalla gola, «perché? Non devi avere paura di me. Sono solo “un ciarlatano che vive nelle caverne, uno che legge le viscere delle pecore”. Giusto?» Che il cielo lo fulmini! Come faceva a sapere che Levi pensava queste cose? Cos’altro sapeva? «Era uno scherzo» replicò, «uno stupido scherzo.» x: «E il tuo piano per disertare? Anche quello è uno / scherzo /?» Il corvino rimase in silenzio. Chiunque tenterebbe di scappare da quella “prigione”, chi è che non lo farebbe? x: «Gli spettri delle nostre cattive azioni cercano vendetta» disse la figura dall’aspetto pallido, «ma il prezzo da pagare sarà elevato». «Il / prezzo /? Di cosa cazzø stai blaterando vecchio?» lasciando stare / l’educazione / che i suoi genitori gli avevano insegnato, gli ci volle un istante per capire. Voleva farlo pagare per consentirgli di mettere in atto il suo piano. All’improvviso l’aria della sera si fece più fresca, e pensò alla segreta di Kauf di cui aveva tanto sentito parlare, dove l’Impero spediva a soffrire i disertori nelle mani dei suoi servi più crudeli. E pensò alla frusta di quella strega, al sangue di quei poveri ragazzi che macchiavano le pietre del cortile di Rupenera. Gli aumentò di colpo l’adrenalina, dicendogli di attaccare l’Augure, di sbarazzarsi della minaccia che rappresentava, ma il buon senso prevalse sull’istinto. Gli Auguri godevano di un tale, sconfinato rispetto, che ucciderne uno non era un’opzione percorribile. Umiliarsi invece poteva essere utile. Dunque, era qui per punirlo? x: «Non sono qui per punirti. In ogni caso, il tuo futuro è già una punizione sufficiente. Sai perché sei qui, Levi?» l’Augure si voltò verso la torre campanaria modellata come un diamante. Le parole di cui erano fregiati i mattoni della torre erano così familiari che ormai non le notava quasi più nessuno: “Dai giovani temprati per la battaglia s’innalzerà il Predestinato, l’Imperatore Supremo, flagello dei nostri nemici, condottiero di un esercito devastante. E l’Impero sarà completo.” x: «Per le profezie. Per il futuro contenuto nelle visioni degli Auguri. Ecco perché abbiamo costruito questa accademia. Ecco perché sei qui. Conosci la storia?» Cinquecento anni fa, un brutale guerriero di nome Taius aveva riunito i clan divisi dei marziali ed era piombato giù dal Nord, annientando l’Impero dei Dotti e conquistando la maggior parte del continente. Si era autoproclamato Imperatore e aveva fondato la propria dinastia. Ma gli Auguri, considerati santi già a quei tempi, avevano scoperto nelle loro visioni che la stirpe di Taius un giorno si sarebbe estinta. E in quel momento avrebbero dovuto scegliere il nuovo imperatore attraverso una serie di prove di forza fisica e mentale: le Selezioni.
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Per ovvi motivi, Taius non aveva apprezzato granché la profezia, ma gli Auguri dovevano averlo minacciato di strangolarlo con le budella di pecora, perché non aveva fiatato quando avevano eretto Serra e cominciato ad addestrarvi gli allievi. E, cinque secoli dopo, erano ancora tutti qui, in attesa che la linea dinastica del vecchio furbacchione si estinguesse e che uno di loro potesse trasformarsi in un imperatore nuovo di zecca. Generazioni di guerrieri si erano addestrati, avevano servito ed erano morti senza essere neppure sfiorati dalle Selezioni. Serra può anche essere nata come luogo in cui istruire il futuro imperatore, ma ora era solo una palestra per sfornare le risorse più micidiali dell’Impero. «Conosco la storia», Levi interruppe finalmente il suo ostinato silenzio. Laia gli raccontava storie bislacche dato che quelle d’amore non erano di suo gradimento. Era la sua narratrice e potrebbe anche sembrare una pazza scappata da un manicomio che papà James - santo uomo che era - aveva sposato, ma con la sua voce, il guizzo di una mano e l’inclinazione della testa sapeva tessere le trame di mondi interi. Eppure Levi non credeva a una sola parola di quel mito, per lui era soltanto sterco di cavallo. x: «Non è né un mito né sterco di cavallo, mi dispiace», replicò l’Augure serio. «Sei davvero capace di leggere il pensiero.» x: «Una formulazione semplicistica per un’impresa complessa. Ma è così, ne siamo capaci.» «Allora sai tutto. Del mio piano di fuga, delle mie speranze, del mio odio, della mia famiglia. Tutto.» x: «È un buon piano, Levi», confermò il santone. «Quasi infallibile. Se desideri portarlo a termine, io non ti fermerò.» “È un trucco” gridò la mente del corvino, ma guardò negli occhi del santone e non vide alcuna menzogna. x: «Vieni, facciamo due passi.» Levi era troppo intontito per fare altro che non fosse seguirlo. Se l’Augure non stava cercando d’impedirgli di disertare, allora cosa voleva? Cosa intendeva quando aveva detto che il suo futuro sarà già una punizione sufficiente? Il corvino aveva cercato di leggere i suoi pensieri, tutto ciò di cui aveva bisogno sapere, ma il / velo / dell’Augure glielo impediva. Raggiunsero la torre e le sentinelle di guardia si allontanarono, come obbedendo a un tacito ordine. Levi e il santone erano soli a contemplare nell’oscurità le dune di sabbia. Era così lontano da casa sua, dalla sua famiglia... chissà cosa staranno facendo in questo momento. Cosa penserebbero di lui se diventasse un assassino? Lo avrebbero ugualmente accettato? Tanti pensieri affollarono la mente del corvino. A volte aveva come un nido di scorpioni che gli brulicavano nella mente, senza posa. x: «Quando sento i tuoi pensieri, mi torna in mente Taius il Primo. Aveva nel sangue l’istinto del soldato, proprio come te. E, come te, ha lottato col proprio destino» sorrise al suo sguardo incredulo. «Oh, si. Conoscevo Taius. Conoscevo i suoi avi. lo e i miei simili calpestiamo questa terra da un migliaio di anni. Abbiamo scelto Taius per creare l’Impero, così come abbiamo scelto te, cinquecento anni dopo, per servirlo.» Era impossibile! Se quest’uomo sapeva leggere nel pensiero, l’immortalità potrebbe essere piuttosto ragionevole come passo successivo. Allora, vuol dire che tutte quelle stupidaggini sugli Auguri posseduti dagli spiriti dei morti erano vere? Se solo la sua famiglia potesse vederlo... come gongolerebbe! Con la coda dell’occhio, guardò il santone. Osservandolo di profilo, gli sembrava di colpo curiosamente familiare. C: «Il mio nome è Caino. Sono stato io a sceglierti.»
«A / condannarmi /, per meglio dire. Immagino che tu abbia scelto migliaia di uomini nel corso degli anni. Dev’essere proprio il tuo passatempo preferito» C: «Ma tu sei quello che ricordo meglio. Perché gli Auguri sognano il futuro: tutte le conseguenze, tutte le possibilità. E tu sei intrecciato nelle trame di ogni singolo sogno. Un filo d’argento in un arazzo notturno.» «E io che pensavo aveste sorteggiato il mio nome da un misero cappello.» C: «Ascoltami, Levi Reonhato» l’Augure ignorò la frecciata. Anche se la sua voce non era più alta ora di un istante fa, le sue parole erano avvolte nel ferro, appesantite dalla certezza. «La Profezia è realtà. Una realtà che affronterai presto. Tu cerchi di scappare. Tu cerchi di eludere il tuo dovere, ma non puoi sfuggire al tuo destino.» «Il mio / destino /?» C: «La vita non è sempre ciò che pensiamo sarà» sentenziò Caino. «Tu sei brace sotto la cenere, Levi Reonhato. T’infiammerai e brucerai, distruggerai e / devasterai /. Non puoi cambiare la tua sorte. Non puoi fermarla.» «Io non voglio!»
C: «Quello che vuoi non ha importanza. Dovrai fare una scelta. Tra disertare o fare il tuo dovere. Tra sfuggire al tuo destino o affrontarlo. Se diserti, gli Auguri non ti fermeranno. Scapperai. Lascerai l’Impero. Vivrai, ma non troverai sollievo nel farlo. I tuoi nemici ti daranno la caccia. Le ombre fioriranno nel tuo cuore, e diventerai tutto ciò che hai sempre odiato e temuto: malvagio, crudele, inesorabile. Sarai incatenato all’oscurità dentro di te come saresti incatenato alle pareti di un cella, in prigione.» Caino gli si avvicinò, il suo sguardo era spietato. «Ma se resti, se fai il tuo dovere, avrai la possibilità di spezzare per sempre i vincoli che ti legano all’Impero. Avrai la possibilità di raggiungere una grandezza inconcepibile. Avrai la possibilità di ottenere la vera libertà: del corpo e dell’anima. Quando il momento arriverà, lo saprai, Levi. Devi fidarti di me.»
«Come faccio a fidarmi? Quale dovere? La mia prima missione? La seconda? Quante persone dovrò torturare? Quanto male dovrò commettere prima di poter essere / libero /?» Gli occhi di Caino erano fissi sul viso del giovane, mentre fece un passo lontano da lui, e poi un altro. «Quando potrò lasciare l’Impero? Tra un mese? Un anno? ...Caino!» L’augure scomparse in fretta, come una stella all’alba. Levi si allungò per afferrarlo, per obbligarlo a restare e a dargli delle risposte, ma la sua mano trovò solo aria.
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levireonhato · 7 months ago
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❝ In ogni caos c'è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto. Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante. ❞
Nome: Levi Cognome: Reonhato Età: 20 anni Familiari: Levi è il figlio di James Reonhato, Kaioshin del quarto universo; figlio di Laia Jones e fratello/gemello di Astrid.
Aspetto fisico: Levi possiede degli occhi grigi opachi e limpidi come il ghiaccio; e i capelli neri come la pece, colore che più rappresenta la sua anima. Le occhiaie rendono il suo sguardo molto intimidatorio ma allo stesso tempo poco espressivo, inoltre risulta molto difficile per gli altri indovinare cosa stia pensando dato il suo atteggiamento estremamente calmo.
Abilità: Può contare su diversi poteri telepatici, telecinetici e pirocinesi. Il potere che usa più frequentemente è quello della telecinesi, grazie alla quale può spostare e manovrare gli oggetti con la forza del pensiero. Inoltre, questo potere gli consente anche di uccidere le persone in svariati modi, come spezzando loro il collo. È capace di influenzare, controllare e comunicare con le menti altrui, per non parlare della capacità di rilasciare onde telepatiche in grado di tramortire o addirittura uccidere l'avversario. Come se ciò non bastasse è dotato di una memoria eidetica che gli permette di ricordare quasi tutto ciò che percepiscono i suoi sensi. Col tempo, i suoi poteri telecinetici si sono sviluppati fino al loro limite estremo permettendogli di fare, disfare, manipolare, creare, distruggere, alterare, comporre e scomporre praticamente qualsiasi cosa. Essere vicino a Levi è come essere vicino alla / Morte /. Non lega con gli altri e non vuole legare perché, nonostante il suo pieno controllo del piano mentale, non vuole far del male a nessuno.
Carattere: Levi possiede una personalità assai complessa. È una persona introversa e logica che si concentra sulla praticità ed efficienza nelle sue azioni. È un abile stratega che dimostra grande attenzione ai dettagli ed è rapido ad adattarsi quando la situazione cambia. Inoltre, Levi può essere piuttosto riservato, sarcastico e distaccato, preferendo mantenere le sue emozioni sotto controllo e prendere decisioni basate sui fatti piuttosto che sui sentimenti, dà quindi l'impressione di essere una persona estremamente fredda. Il suo modo di parlare tende ad essere schietto senza usare mezzi termini, inoltre certe sue considerazioni sono davvero inappropriate. Non si fa molti problemi nel provocare o sminuire qualcuno, che siano superiori o subalterni. Tuttavia, questo non significa che gli manchi empatia. Spesso cupo, sfacciato, irriverente e sì, anche maleducato; un po' sulle sue, non propenso a nuove amicizie in quanto ha serie difficoltà nei rapporti umani e nella fiducia reciproca. Da sempre si è sentito il ragazzo inadeguato, il mostro, e ciò ha portato in lui la convinzione di non valerne la pena, di costruire una fortezza di ghiaccio attorno al suo cuore impedendo a chiunque di accedervi. Tuttavia, si sa che anche i più grandi iceberg a contatto con il calore, prima o poi, si sciolgono. Chissà se questo non sia il suo caso.
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