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NEVERsaySETTE
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nicobrunettiproduction · 3 years ago
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Meraviglioso.
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Nel dicembre 2020 stavo concludendo un corso di mindfulness. Ovviamente da remoto. Da casa. A Bologna.
Stavo imparando a vivere il più possibile pienamente qui ed ora disciplinando i miei pensieri intrusivi...che mai come durante un lockdown, quando si è da soli con sé stessi, diventano ingombranti e asfissianti.
Al termine di questo corso ci chiesero di scrivere una lettera ai noi stessi dell'anno successivo.
Io non ci riuscii.
Vuoto.
Zero. II nulla.
Nessuna visione. Nessuna ambizione fra le opzioni che vedevo possibili che trovassi desiderabile. Ma nemmeno nessun augurio, nessuna ambizione.
Nulla.
Non me ne accorsi subito. Accettavo semplicemente che non fosse importante, che non fosse il momento.
Me ne sono accorta l'altro giorno quando considerando il qui ed ora di poco più che un anno dopo quell'episodio realizzai che in effetti nulla di quello che stavo vivendo poteva essere nemmeno immaginabile un anno prima.
È così che nasce la meraviglia?
Dall'annullarsi? Dall'ascolto dell'infinito che si rivela? Dall'accettare di cadere e dall'accorgersi che non si muore?
E anzi si rinasce e si vive.
Qui ed ora.
È tutto così brillante. Preciso. Vero.
Inimmaginabile.
Bellissimo.
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nicobrunettiproduction · 3 years ago
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nicobrunettiproduction · 4 years ago
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Quello che lasciamo
In effetti ho sempre scritto alla fine degli ultimi anni. Ho sempre avuto la pulsione irresistibile, nel vuoto delle pause o in vacanza di fine anno, di liberarmi di pensieri e parole che mi rigiravano in testa e forse anche per guardare avanti con un nuovo spirito.
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Nel 2019 ovviamente dalla Colombia, dove presente e a mio agio nei miei panni come mai prima, guardavo con soddisfazione e gratitudine ogni mia conquista, anche quella di essere riuscita a compiere quel viaggio da sola, nonostante la mia paura profonda di pianificare e raggiungere obiettivi.
https://nicobrunettiproduction.tumblr.com/post/189926836318/giusto-una-settimana-fa-ero-su-una-cima-innevata
Nel 2018  a Plataci accettavo finalmente con amore il mio stato di solitudine e godevo del mio spazio di vuoto.
https://nicobrunettiproduction.tumblr.com/post/181455638448/vorrei-davvero-condividere-con-voi-questo-che-%C3%A8-il
Nel 2017 fra le montagne innevate di Madonna di Campiglio, mi sentivo rotta, crepata e ferita un po' come alla fine di una guerra che non volevo più combattere.
https://nicobrunettiproduction.tumblr.com/post/169168161088/per-avere-luce-bisogna-farsi-crepa
Nel 2016 dal Vietnam la consapevolezza che il mondo stesse finendo. Il mondo per come lo avevo vissuto fino a quel momento…e la sensazione di sollievo del poter finalmente spogliarmi del peso di me stessa.
https://nicobrunettiproduction.tumblr.com/post/155234490763/happy-new-year-vietnam
E poi nel 2015 la prima percezione della crepa nel muro. Del coniglio bianco in Matrix. E di un desiderio di libertà che non poteva essere esperito nella strettissima e affollata realtà che mi ero costruita attorno.
https://nicobrunettiproduction.tumblr.com/post/136873517573
Quest’anno non ho scritto, mai. In tutto questo anno eccezionale non ho avuto mai avuto il desiderio di scrivere. Men che meno alla fine. Eppure qualcosa da dire ci deve essere. Questo 2020 ha cambiato molte cose per molte persone. E per me?
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E allora parto dalla fine, dalla conclusione: amo ogni cosa che questo 2020 mi ha inaspettatamente regalato. Doni quasi inimmaginabili un anno fa, mentre mi dondolavo su un'amaca in un ostello a Santa Marta. In un anno così terribile, dominato dal caos, mi rendo conto dell'infinito patrimonio di connessioni, energie, passioni di cui ho potuto godere fra un gioco serio e un impegno senza scopo. Fra un gibberish o un  playfight e uno shattered tower fra una conversazione sull'estetica in mezzo al mare delle Cinque Terre, una cima del Gran Sasso e una mano di vernice sul muro del mio nuovo studio casalingo. Fra un workshop sul metodo sperimentale e una retrospettiva.
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Test di simmetria: qualunque cosa tragga più vantaggi che svantaggi dagli eventi casuali (o da alcuni shock) è antifragile, in caso contrario è fragile. (Nassim N. Taleb - Antifragile)
Mi esplode nella testa questa frase mentre osservo le colline bolognesi intorno a me nel pieno sole di gennaio. Wow, Nico, che bello. Brava…davvero, wow…
[Mi sono costretta a scrivere anche questo commento, che mi scivolava fuori dalla testa, prima che l'imbarazzo che provo nel pensarlo lo nasconda. Lo dono quindi alla piena luce con cura e delicatezza. Perché dei privilegi che abbiamo, ho scoperto, non dobbiamo vergognarci, ma semplicemente esserne grati.]
Qualcosa di me, del mio percorso, del mio contesto mi ha permesso di affrontare questo anno in maniera più positiva che negativa, di dimostrarmi più capace a fare cose di quanto avrei mai potuto pensarmi. È bello. Posso respirare.
E invece qualcosa proprio nel finire di questo lungo anno mi ha impedito di respirare bene. Mi ha appesantito e tenuto con la testa sott'acqua, lo sguardo fisso su un obiettivo (uno qualunque) e il cuore stretto in una morsa.
Come dice il saggio (di Interstellar XD ) per andare avanti bisogna lasciare qualcosa indietro. Ma in questo 2020 è stato difficile pensare a cosa lasciare, come se tutto sembrasse equamente indispensabile, vitale. Anche l'ansia, anche il dolore, anche l'amore…
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Eppure qualcosa dobbiamo lasciare andare per fare spazio al nuovo. 
E forse io non sono pronta. Mi tremano le gambe al pensiero. La mente sfugge. Vorrei sapere qual è la scelta giusta. Ma non lo so.
E allora sapete cosa ho deciso in questo 2021 ormai inoltrato? Che lascerò scegliere al corpo. Quello straordinario strumento di percezione che abbiamo in dotazione e che per anni ho allenato e sfruttato per ottenere performance. Ora chiedo a lui che cosa non mi serve più, cosa mi sta ingombrando, cosa mi limita nel mio desiderio di correre veloce. Come sognavo da bambina. 
https://nicobrunettiproduction.tumblr.com/post/136594882708/una-volta-avevo-un-sogno-ricorrente-partiva
E prima di chiedere, al mio corpo rivolgo delle promesse (ufficiali e solenni come solo le parole di Bruno Lomele posso essere):
prometto di non forzarti mai a darmi ciò che non ti senti di darmi;
prometto di rispettare il tuo sentire;
prometto di non permettere mai che siano le mie paure a decidere cosa tu possa o non possa fare;
prometto di imparare ad aspettare che le cose che desidero abbiano il tempo di maturare;
prometto di chiedere scusa quando mi accorgerò di aver tradito qualcuna di queste promesse, cercando di riparare e di impegnarmi a fare meglio in futuro;
[Il post completo, in tutto il suo splendore lo trovate qua  https://www.facebook.com/amore.amorevole/posts/ti-amo-voglio-stare-con-tema-mi-amerai-per-semprenon-lo-sonon-lo-saino-non-so-se/2824308804247614/ ]
E con queste promesse di qualità, attraverso la corsa, lo yoga e tutti i modi che posso utilizzare per sentire attraverso il corpo, spero di non fare le scelte giuste. ma di fare le scelte buone, le scelte che desidero in piena libertà. Passo dopo passo.
Buon anno Nico. E buon anno a tutti.
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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"Stava per arrivare il momento delle confidenze? Lo temeva e lo sperava insieme. Non era tanto ansioso di saperne di più sulla vita di lei quanto di raccontarle la propria, e soprattutto di dirle chi era, perché inconsciamente gli seccava essere preso per uno qualunque, essere amato come uno qualunque."
G. Simenon - Tre camere a Manhattan
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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Chiedo scusa al caso se lo chiamo necessità.
Chiedo scusa alla necessità se tuttavia mi sbaglio.
Non si arrabbi la felicità se la prendo per mia.
Mi perdonino i morti se ardono appena nella mia memoria.
Chiedo scusa al tempo per tutto il mondo che mi sfugge a ogni istante.
Chiedo scusa al vecchio amore se do la precedenza al nuovo.
Perdonatemi, guerre lontane, se porto fiori a casa.
Perdonatemi, ferite aperte, se mi pungo un dito.
Chiedo scusa a chi grida dagli abissi per il disco col minuetto.
Chiedo scusa alla gente nelle stazioni se dormo alle cinque del mattino.
Perdonami, speranza braccata, se a volte rido.
Perdonatemi, deserti, se non corro con un cucchiaio d’acqua.
E tu, falcone, da anni lo stesso, nella stessa gabbia,
immobile, con lo sguardo fisso sempre nello stesso punto,
assolvimi, anche se tu fossi un uccello impagliato.
Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo.
Chiedo scusa alle grandi domande per le piccole risposte.
Verità, non prestarmi troppa attenzione.
Serietà, sii magnanima con me.
Sopporta, mistero dell’esistenza, se tiro via fili dal tuo strascico.
Non accusarmi, anima, se ti possiedo di rado.
Chiedo scusa al tutto se non posso essere ovunque.
Chiedo scusa a tutti se non so essere ognuno e ognuna.
So che finché vivo niente mi giustifica,
perché io stessa mi sono d’ostacolo.
Non avermene, lingua, se prendo in prestito
parole patetiche, e poi fatico per farle sembrare leggere.
Sotto una piccola stella” - Wislawa Szymborska
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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Caribbean sea <3 (presso San Andrés Isla) https://www.instagram.com/p/B7XZxvMna4I/?igshid=1cccr775fx5wp
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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Oh, mannaggia come mi sento triste.
Esco adesso dall'ultimo metal detector dei voli internazionali, passo l'imbarco e improssivamente una enorme malinconia mi invade.
Mi piace conoscere ed esplorare il mondo, allargare passetto dopo passetto i confini del mio spazio personale...ma in fondo ho sempre un po' l'ambizione di "farli miei" dopo. Quasi un moto da conquistadores.
Mi dispiace, piccola Nico, non c'è modo - non nell'immediato almeno - che questi luoghi possano entrare nel tuo raggio d'azione quotidiano. É struggente: tutto questo deve uscire dalla mia vita, così lentamente come ci é entrato.
Riguardo le foto dei panorami, ripercorro i ricordi e le emozioni, rileggo le chat con gli amici nuovi e vecchi...e, diavolo, sento che già si stanno allontanando di km ad ogni passo che faccio fra i duty free.
Questo viaggio é sicuramente scolpito nel mio cuore come poche cose sono riuscite a fare in così poco tempo. Sono cambiata in queste 3 settimane? Probabilmente. Si cambia ogni minuto. Ma non credo di essere mai stata più a mio agio con me stessa come in questi giorni. Non mi ricordavo nemmeno più come ci si sentisse a non stare "scomoda nei propri panni" in ogni minuto.
E quindi grazie Colombia per essere stato scenario di questa piccola conquista. E soprattutto grazie a me, per averlo conquistato.
Sono triste e malinconica, felice e piena di speranza.
Un po' di cuore infranto. Un po' di anima piena.
Va tutto bene. Passerà anche questo in fondo.
(Queste sensazioni e queste 27 ore di viaggio che ho davanti per tornare a casa).
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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"Another turning point, a fork stuck in the road Time grabs you by the wrist, directs you where to go So make the best of this test and don't ask why It's not a question, but a lesson learned in time" (presso Sierra Nevada de Santa Marta) https://www.instagram.com/p/B7Hi43Io24J/?igshid=rqwsv5vm7tyg
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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Questa é Catalina. Fa rap, insegna ai bambini e "nel tempo libero" porta in giro i turisti per il suo quartiere, che fino a ieri era uno dei più pericolosi di tutto la Colombia: la Comuna 13 di Medellín. Collabora con l'associazione Casa Kolacho e dopo i primi 5 minuti in cui presenta sé stessa, il tour e il suo Barrio ho già capito che lei é un vero bomber.
(Senza keynote e ppt é stata più comunicativa e autorevole di tanti "oratori da aula").
"Aquí tenemos el flow."
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"Stai attenta in Colombia, é pericoloso" mi dicevano tutti.
A ripensarci mentre sono qui ci sarebbe da chiedersi "Ma perché?!?!"
La realtà é che nel 2020 la Colombia é un posto godibile, le città sono grandi ma vivibili, i servizi (almeno quelli turistici, comunicazione e trasporti) funzionano bene, anche quelli digitali (a volte meglio che in Italia!) e effettivamente non hai percezione di pericolo quasi da nessuna parte.
Ma non é sempre stato così.
Nel 2002, mentre la mia peggiore preoccupazione era quella di non avere il debito in latino, il governo colombiano sferrava un attacco via terra e via aria (!!) su questo quartiere abbarbicato sulle colline di Medellín nel quale non sapeva (e non poteva sapere con alcuna certezza!) quali fossero davvero i "nemici" ovvero coloro che facevano parte della guerriglia urbana. Guardate le foto: non c'è alcuno spazio fre le case, spesso sono costruite letteralmente una sopra all'altra, ma la "conquista" di questo territorio significava il controllo di alcune importanti vie di accesso alla città.
https://www.instagram.com/p/B64GmFooqlY/?igshid=r9imrz1awtrx
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Fra il 2006 e il 2016 (2016!!!) mentre io facevo esami di finanza, correggevo le etichette del Bionsen o creavo portali intranet, finalmente dopo 50 anni di un conflitto civile di tutti contro tutti inizia un processo di dialogo, pacificazione e "restaurazione" (mi piace molto questo concetto - dovrei tornarci).
Io sono cresciuta in un paesino praticamente sulla linea Gotica e conosco le ferite oscure e ambigue che la guerra ha lasciato nei miei nonni, nella loro generazione e in quelle successive. Qualche anno fa sono stata in Vietnam, che ora é un luogo magnifico, pieno di cultura, ma che porta ancora un'amara diffidenza verso lo straniero e le sue richieste imperialistiche.
50 anni di violenza INTERNA (perché é questo il discorso: nessun invasore, nessun salvatore, solo tu che sceglievi di o venivi scelto per, essere dalla parte giusta o sbagliata di una linea invisibile) porta ad un cataclisma interiore nelle persone e, credo, all'impossibilità di fidarsi di chiunque, soprattutto del tuo vicino di casa.
Significa che le persone della mia età che nel mio paese lottano per avere una posizione, esprimere la propria identità e il proprio talento, qui oggi possono vivere altrettanto bene, ma lottano con sé stesse per uscire da un sistema di pensiero che in effetti può solo intrappolarle. Un sistema fatto di rancore, diffidenza e aggressività.
Oggi a Medellín ci sono bambini che sono già nati nella pace, ma hanno genitori che per qualche motivo, forse solo per fortuna sono sopravvissuti ad assassinii o rapimenti, da parte dei propri concittadini o addirittura dello Stato.
I genitori di Catalina sono stati assassinati e di fianco al suo Barrio si estende una zona boscosa che ospita i cadaveri di centinaia di suoi amici. Non si sa quanti perché sono stati deposti lí dal governo dopo gli attacchi, ma forse non lo ammetterá mai.
Lei però ci parla di amore e di musica. Ci racconta il significato dei graffiti del Barrio e ci ringrazia perché con la nostra visita, con le nostre compere, con le foto e i racconti che porteremo fuori da qui stiamo contribuendo alla trasformazione della sua società e per questo la sua casa, Casa Kolacho, é anche la nostra casa.
E io la adoro. Per questo motivo oggi parlo di lei.
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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presso Estación San Javier, Comuna 13, Medellin. https://www.instagram.com/p/B64GmFooqlY/?igshid=omvwuz22fujj
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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Prima tappa ormai al termine. Saluto Bogotà per volare verso Medellín.
Dai, lo posso dire, a questo punto dovrei riuscire a salire sul volo, no?
Viaggiando da sola mi sono scoperta molto più ansiosa di quanto non lo sia mai stata: sento nella mia testa le risposte che darei se fossero gli altri preoccupati per le eventualità negative...ma non riesco più di tanto ad ascoltarle. É come se quando viaggio con altri in fondo guardassi ai problemi con più distanza.
Adesso sento un cumulo di pressione rispetto alle tappe, gli obiettivi, le tempistiche che di solito mi scivolano addosso in effetti come se...non fossero miei. (E certamente é anche più facile rimanere calmi e risolverli così!)
Proseguendo nel viaggio, al calare delle tappe rimanenti, sentirò il sollievo e la soddisfazione di averle affrontate? Lo spero davvero.
Un ottimo amico mi ha inviato questo sul finire del vecchio anno:
Qualsiasi cosa non ti piaccia, Affrontala. E qualsiasi cosa vorresti evitare, non evitarla mai. Qualsiasi cosa ti faccia paura, entra in essa. Questo è il solo modo per concluderla e farla finita. Altrimenti continuerà a seguirti come un'ombra, e non ti abbandonerà mai.
[Osho]
Caro vecchio Osho, a me non piace pianificare, ok? Lo confesso. Anzi precisamente non mi piace seguire un piano.
(Se solo lo sapesse il Signore dei Project Manager mi farebbe tornare bionda per il biasimo!)
Credo sia legato alla sensazione di vertigine che provo nel raggiungere gli obiettivi, ma il fatto é che quando faccio piani ho sempre paura di farli troppo ambiziosi...o troppo poco. E subito dopo che li ho fatti mi rimane il giudizio lì appeso, e questo lo rende ancora più fastidiosamente deflagrante accostato alla domanda "ce la farò?".
Infatti non ho fatto nessun piano prima di partire per la Colombia. La ragione ufficiale é che non sapevo cosa avrei avuto voglia di fare e come mi sarei sentita qui; mi sarebbe piaciuto muovermi in base allo stato d'animo. La ragione vera è che non ne avevo voglia.
Ad ogni modo il mio stato d'animo al terzo giorno mi ha suggerito tre cose:
1. Che le città alla fine non mi piacciono, non mi sono mai piaciute. A me piace la natura selvaggia...e, cacchio, sono nel posto migliore al mondo per goderne
2. Che me la sentivo di affrontare anche una sfida tosta per entrarci al meglio, facendo una vera immersione nelle culture indigene
3. Che in fondo avere un piano e un obiettivo più preciso per il prosieguo del viaggio mi avrebbe sollevato
Porca wacca. Ci freghiamo sempre da soli!
E allora via a pianificare un viaggio che già così poteva valere il costo del biglietto (20 giorni in sud America fra cittadine coloniali, spiagge caraibiche e ritmo latino) aggiungendoci una nuova bella sfida: trekking di 4 giorni nella Sierra Nevada Colombiana per arrivare alla Ciudad Perdida.
Dicono di lei:
"It has been one of the most difficult trekkings I’ve done, but nevertheless beautiful, this adventure of 4 days tour to Lost City was healing, challenging and full of teachings. There were many mental obstacles in my way, but the best is just ignore it to keep walking a path that seemed endless."
#cosapuòandarestorto
E va bene. Provo entusiasmo e paura: le emozioni delle grandi avventure, no?
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Nel frattempo, per chi avesse dubbi, sí, sono arrivata a Medellín. Secondo obiettivo raggiunto. #celebrate :-)
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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Giusto una settimana fa ero su una cima innevata delle Dolomiti a 2.900mt e oggi sono sulla vetta che sovrasta Bogotà a 3100mt.
Qualcosa di simile, ma profondamente diverso. La globalizzazione é una cosa meravigliosa, non si può negare, ci apre queste passaporte nello spazio-tempo permettendoci di attraversare il mondo senza quasi che ce ne accorgiamo.
E infatti il tema é questo: come ci sono arrivata? Cosa davvero mi ha condotto qui?
Sono in un luogo sacro, pieno di pellegrini che si rivolgono a questo Cristo spaparanzato (non é vero, é solo Caduto - é la statua dell’altare del Señor Caído) per chiedere salvezza, redenzione...e tutte quelle cose che di solito si chiedono a Dio.
Non so nemmeno cosa si dovrebbe chiedere io, ma sento di potermi concedere un momento per elencare velocemente ciò che mi ha permesso di essere qui oggi.
Andrò in ordine cronologico dal più recente...e poi ad un certo punto mi fermerò (non ho ancora deciso dove):
- partiamo da 1500 tremendissimi gradini, che mi hanno fatto invocare la morte svariate volte, ma che mi hanno regalato una soddisfazione immensa quando sono arrivata quassú
- una squisita fetta di anguria che mi ha salvato e dissetato lungo la strada: quando dicono che l'importante non é la metà ma il percorso fanno sicuramente riferimento a magie come quella
- un hotel comodo in centro (consigliato da una buona amica) che mi ha permesso di prendere confidenza con la città in un giorno e mezzo, a sufficienza per sentirmi in grado di accettare la sfida (che comunque coglievano insieme a me bambini e anziani. Il mio fisico da scalatrice di data center non mi delude mai!)
- 3 aerei, più o meno comodi, che mi hanno accompagnato attraverso 3 continenti in 26 ore, ma meno di un giorno di calendario
- tanti doni da amici e parenti che si sono premurati che in viaggio avessi tutto il necessario per stare bene: zaini, giacche, sacchetti, bei pensieri e ottimi consigli
- almeno un paio di esperienze vissute nell'ultimo anno che mi hanno fatto prendere il coraggio per superare i miei limiti
- almeno un paio di esperienze che quest'anno mi avrebbero fatto desistere
- una manciata di persone il cui confronto sincero mi ha fatto capire che non c'era nulla di male nell'avere paura... e nemmeno nell'avere una voglia matta di buttarsi lo stesso
- i 4 viaggi fatti negli ultimi 3 anni che mi hanno permesso di guardare le emozioni che ho provato in queste prime ore di viaggio con la consapevolezza che non solo sono normali, ma anche che passeranno: ci sta il panico per gli imprevisti organizzativi al check-in; va bene sentirsi una merda dalla 20esima ora in poi in giro per aeroporti; va bene anche sentire il desiderio di tornare a casa almeno per il primo terzo del viaggio, quando hai ancora voglia di tornare ad essere la rassicurante donna in cOrriera invece di doverti sforzare di essere una decente viaggiatrice allo sbaraglio; va bene sentirsi fuori posto e non é perché viaggio da sola, perché lo sentivo allo stesso modo quando ero insieme alle persone più fighe del mondo; insomma va tutto bene. Passerà. Passa sempre tutto.
- e infine (sí, direi che sono arrivata alla fine) sono arrivata qui credendo nel fatto che ce l'avrei potuta fare. Che non c'è un modo buono e uno cattivo per farlo. Solo uno di mollare. Perché un viaggio con sé stessi é anche un viaggio IN sé stessi...ed é sempre una figata!
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nicobrunettiproduction · 5 years ago
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(Guarda @lautz_83 credo di essere riuscita a fare una bella foto anche io!!) Green walker & green landscape (presso Bogotá, Colombia) https://www.instagram.com/p/B6ojEDTopTE/?igshid=fl2bhvd2pdzt
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nicobrunettiproduction · 6 years ago
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Proprio qui. Mentre fuori di gela.
Mentre dentro si brucia.
Frastornati.
Essendo solamente cioè che si è.
Senza sentire il dolore dei confini
Invalicabili.
Abbandonati e senza senso.
Avvolta in un mare di stelle,
di buio e passione,
Dove tutto è leggero e nulla
ha un peso.
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nicobrunettiproduction · 6 years ago
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Di viaggi, di passioni e inquietudine. Di limiti e confini da superare.
[In viaggio con Erodoto - R. Kapuscinski]
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nicobrunettiproduction · 6 years ago
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Ogni tanto la magia...
Igiko era una guerriera e una maga. Qualcuno l'avrebbe definita una strega, e probabilmente lo era, ma lei faceva fatica a definirsi così. Tutto quello che voleva nella sua vita era essere all'altezza di stare accanto ai grandi uomini che l'avevano ispirata, attratta e accudita. Per questo si era impegnata moltissimo, aveva studiato, aveva fatto pratica, si era applicata per trovare soluzioni ingegnose a qualunque problema i suoi uomini le presentassero. Così aveva sviluppato anche la magia. Non sapeva bene da dove derivasse in realtà, ma un giorno si era accorta che un certo super potere le permetteva di stringere legami con gli altri. Legami forti, profondi, luminosi. Pericolosi. Una speciale porzione di quel potere Igiko l'aveva nascosta in un ciondolo d'oro che teneva al collo, attaccato ad una lunga catenina che le scendeva sul seno. Il ciondolo era una piccola sfera d'oro che si accendeva di mille luci chiare fino a renderlo trasparente quando doveva essere utilizzato. Era la sua magia preferita quella e la usava quasi ogni giorno, anche sul campo di battaglia, perché portava un alieno senso di positività e di leggerezza il che rendeva più energici i compagni, tanto quanto arrendevoli gli avversari. Era come se giocando quella carta le persone sentissero che alla fine….sarebbe andato tutto bene. Quindi in qualche modo i conflitti si chiudevano in fretta, spesso nel modo in cui voleva lei.
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[ Photo by freestocks.org on Unsplash ]
Da un po' di tempo si era accorta che il ciondolo aveva un effetto molto interessante anche rispetto alle situazioni "stabili"; quello che faceva in pratica era, in maniera leggera, quasi impercettibile e poi man mano più rilevante, muovere l'acqua intorno a sé. Innescava un cambiamento. Lei se ne serviva, a volte anche senza accorgersene, quando vedeva che le cose non andavano bene, ma nessuno riusciva a muovere nulla. Per paura. Per fatica. Per cecità. Ben presto si accorse che questo era un effetto molto più potente di quello che si era immaginata quando aveva forgiato il ciondolo e ora era diventato preziosissimo e andava custodito e curato con maestria. Tutta quella che aveva acquisito in tanti anni di studio e pratica, ma a volte aveva la sensazione che anche così non fosse sufficiente. Lei lo portava sempre al collo, con orgoglio, ma anche con sicurezza. In questo modo però doveva stare anche più attenta per non rischiare di innescarlo senza controllo.
Quel giorno era esausta, aveva combattuto tante battaglie e anche il ciondolo le era servito spesso per riuscire a chiuderle con pochi feriti. Nonostante questo non si sentiva per niente felice ed euforica. Era piuttosto consumata e triste. E vuota. Lei era una guerriera e quello era il suo lavoro, ma come mai questo non era abbastanza?
Si sedette a rimuginare ad un tavolo della taverna mentre aspettava la cena e senza ce se ne accorgesse ad un certo punto si trovò circondata di commilitoni, giovani ragazzi che come lei cercavano ristoro e forse conforto in un piatto caldo e nelle chiacchiere leggere con gli amici.
- Come stai Igiko?" Ti è piaciuta la battaglia? - Sì! Certo! Gliele abbiamo suonate, eh? Non aveva proprio voglia di sostenere una conversazione troppo complicata in quel momento. Guardava il suo ciondolo, usato e abusato per quell'ultima battaglia e si sentì in colpa.
Semàn le si sedette accanto in quel momento, anche lui con lo sguardo forse turbato, serio o forse leggermente annoiato. - Il tuo ciondolo è un po' spento oggi… - Sì, bè, mi sorprende anche solo che te ne sia accorto Semàn. Non credevo che a voi ragazzi interessassero i gioielli! - Non so a noi ragazzi cosa dovrebbe interessare, ma io l'ho sempre trovato molto bello il tuo ciondolo. È particolare e poi visto da vicino, sembra molto diverso, sembra davvero magico. - È tutta una scusa per guardarmi il décolleté, ammettilo! - Ahahah! Sì, forse è vero! Ma lo è anche che lo trovo davvero speciale quel ciondolo, non so…
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[ Photo by Cassie Boca on Unsplash ]
- Ah, sì? A cosa ti fa pensare? Vediamo, parla a mente libera… - Mi fa pensare…al mare. Quando ero piccolo mia madre mi portava spesso al mare, anche in inverno a guardare le onde. Mi ricordo che faceva un freddo cane, mi gocciolava il naso, ma…il colore delle onde in inverno. Quel grigio cangiante, e blu, e verde…ecco, mi ricorda quei colori! - E perché ti portava al mare tua madre anche quando era freddo? - Perché era una romantica, credo. Come me. Le piaceva il rumore delle onde quando c'era silenzio e il cielo plumbeo che si fonde all'orizzonte. - Non ti facevo un romantico, Semàn. Però è davvero un bel ricordo. Sarà contento il mio ciondolo di richiamarti certe immagini. - In effetti era tanto che non ci pensavo. Guarda, adesso sembra anche più luminoso! - Sì, lo fa quando viene a contatto con le emozioni degli uomini. È come se si ricaricasse. - … è per questo che mi hai chiesto quelle cose sul mare e su mia madre? - Oddio, no! Te l'ho chiesto perché mi interessava. Tu mi interessavi. Mi sei sempre sembrato un tipo interessante. Mi sono sempre chiesta cosa ci fosse dietro a quella maschera magenta che indossi in battaglia. - Magari non c'è niente. - Magari c'è tutto.
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Qualche giorno dopo Igiko stava preparandosi per la prossima battaglia. Era nelle stalle a preparare i cavalli e poco prima era stata in consiglio a studiare la strategia nella quale lei avrebbe avuto un ruolo fondamentale. Era indaffarata e concentrata, ma in fondo anche un po' annoiata. In quel momento comparve Semàn. - Ti ho portato una cosa - Per me? - Sì, sono stato a Terracquen in missione esplorativa e ne ho prese un po'. Semàn tirò fuori dalla tasca un sacchetto con un gruzzolo di conchiglie. - Questa è la migliore, senti. Igiko avvicinò la conchiglia all'orecchio. - Oddio! Si sente proprio il mare!! - Senti meglio… - …ma…è il canto delle sirene questo in lontananza? - Esatto! A Igiko batteva fortissimo il cuore. Era tantissimo che non sentiva una sirena. Pensava fossero tutte morte. - Ma come è possibile?! - Pere che a Terracquen ce ne siano ancora molte, sono sopravvissute perché hanno trovato un nascondiglio segreto, invisibile agli uomini. La leggenda narra che solo colui che riuscisse a raccontare ciò che veramente ama riuscirebbe a scoprirlo. - Vabbè!! Allora è come se fossero tutte morte!! Ahahah! - … - Perché fai quella faccia?! - Perché pensavo…che almeno tu…saresti riuscita a trovarlo… fa niente! Illusioni da ultimo dei romantici! Comunque mi faceva piacere dartela. Credo che sia una conchiglia molto bella. Ne ho una anche io, guarda! È molto simile alla tua, anche il suono è lo stesso. Credo ci sia un messaggio, ma non riesco a capirlo… Va bene! Ciao Igiko! Buona luce! Parti domani, non è vero?
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[ Photo by Nathan Anderson on Unsplash]
Igiko era un po' turbata. Ascoltava il suono di quella conchiglia e sentiva vibrare il ciondolo. Ascoltava le voci delle sirene e ripensava alla leggenda. La battaglia era stata un successo, aveva ricevuto complimenti da tutti; era molto fiera di sé stessa, ma quella sera aveva avuto bisogno di cercare una radura isolata, accendere un fuoco e lasciarsi la battaglia alle spalle. Fissava il fuoco scoppiettante davanti a sé mentre ascoltava rapita e leggermente intorpidita il suono del mare e la voce delle sirene quando sentì dei passi alle sue spalle. - Non voglio disturbarti - Tu non disturbi mai, Semàn. - Vedo che il regalo ti è piaciuto. - Già.. - Dì la verità: tu capisci cosa dicono, non è vero? Le sirene intendo. - Ripetono solo una cosa in realtà
Senti tutto quello che il mondo ti dà. Vivi spinto dalla passione. Scorri. Esplora. Brucia. Uccidi. Crea. Lascia la paura. La morte è il solo modo per rinascere.
- Pesantine le ragazze, eh? - Ahaahhaa! Si! …se non fosse che hanno una voce così… - Sì, lo so. Anche io non riesco più a staccarmene. Sono come ipnotizzato. Il tuo ciondolo però sta molto bene!...a differenza tua! Igiko che cos'hai? - Ti ho deluso, Semàn? - Per l'altro giorno? È per questo che stai male? No! Certo che no! Scherzavo con la storia che tu avresti potuto trovare le sirene! - Non è proprio per quello di per sé. Ma per quello che significa. Sai perché non ho il coraggio di raccontare ciò che amo? Perché non ho idea di ciò che amo. - Ma il tuo ciondolo lo sa? Perché se si nutre di emozioni se la cava molto bene ultimamente! È incantevole. - Se la cava molto bene quando ci sei tu.
Igiko fissava la conchiglia fra le sue mani, il volto scaldato dal calore del fuoco era rigato da lacrime pesanti, amare. Era talmente inerme, mentre il pianto le bagnava il ciondolo senza che lei potesse fare nulla per contrastarlo. Era immobile, concentrata solo sul suo dolore. Si era quasi dimenticata che Semàn fosse ancora lì di fianco a lei. E la fissava. Con il fiato sospeso.
Ad un certo punto fu proprio fu proprio il suo profondo sospiro a farla tornare presente, e in quel momento lui le disse: - Igiko, non faccio altro che pensare a te, nelle ultime settimane sono in crisi mistica. Mi hai incantato, non mi sento così vivo da tantissimo tempo. Quando sei nella stanza mi sento in grado di salvare il mondo e distruggere draghi. Tu non meriti di piangere, non meriti di stare da sola mentre gli altri festeggiano 500mt più in là, non meriti la tristezza di un cuore che non ama. Ama me. Igiko guardò negli occhi Semàn per tutto il tempo. Il cuore le batteva così forte che non sentiva bene nemmeno il suono della sua voce. Ma capì benissimo ogni sua parola.
In quel momento il ciondolo risplendeva alla luce della luna con un'intensità piena, calda. Nuova. Igiko abbassò lo sguardo e fissò per qualche istante il ciondolo. Poi se la sfilò dal collo e lo porse a Semàn.
- Il mio ciondolo è la cosa più preziosa che ho. È la cosa migliore che abbia mai fatto. Contiene l'essenza di ciò che sono e molto altro. È uno strumento potente. Immensamente potente. Vorrei che lo avessi tu. Nelle ultime settimane nemmeno io riesco a smettere di pensarti. Sono completamente annebbiata. L'unico modo con cui riesco a sopravvivere in battaglia nonostante tutto è grazie al ciondolo. Ma ho paura che questo lo sia rovinando. Il modo in cui ti stai prendendo cura delle mie emozioni ora è così speciale. È esattamente quello di cui vorrei essere capace io. E non lo so se lo sarò mai. Sono una guerriera in fondo…e forse  una strega. Ma tu sì, lo sei. Tu sei immenso. Ti prego. Custodisci tu il mio ciondolo. È tutto quello che ho.
Igiko rimase con il braccio teso, il ciondolo che le scendeva dalla mano e lo sguardo emozionato e commosso rivolto verso Semàn che fissava il ciondolo con aria stupefatta.
"Tu pensi che io sia sotto l'effetto del ciondolo vero?" disse Semàn "Che provi queste cose e che quindi ti abbia detto quel che ti ho detto per via del ciondolo…"
Igiko abbassò lo sguardo. "Sì. Purtroppo non riesco ad immaginarmi un mondo in cui il ciondolo non abbia avuto la meglio sugli eventi e le emozioni degli uomini. Ma me ne voglio liberare Semàn. È un potere che non voglio, che mi imprigiona. È un potere che voglio donare a te. Anche lui ti ha scelto."
Semàn allungò la mano verso il ciondolo titubante e di tutta risposta il ciondolo iniziò ad emettere una luce via via più chiara, ma anche profonda. Cangiante. Liquida. Come il mare.
Semàn  strinse con una mano il pendente, ma con l'altra afferrò la mano di Igiko. In quel momento tutto intorno a loro era luce. Sembrava che non ci fosse nulla di sbagliato in tutto il mondo, che i sorrisi di mille bambini fossero esplosi tutti insieme e che la pioggia d'estate battesse fuori da una finestra da cui entrava aria fresca. Anche Igiko era sorpresa da quella curiosa reazione del ciondolo. Si sentiva strana in quella situazione. Era emozionata, ma tranquilla e provava un'eccezionale sensazione di…pienezza come mai prima.
Cosa stava succedendo al ciondolo? Era per via di Semàn? Ma soprattutto, cosa stava succedendo a lei?
Non riuscì a lasciare la mano di Semàn nemmeno quando lui iniziò a parlare. - È davvero strabiliante. Effettivamente ha un potere enorme, lo sento sulla pelle, lunga la schiena, nel petto. E si sente anche che è parte di te. È un'energia splendida, profonda…morbida e profumata!. Poi si fermò un attimo fissando negli occhi Igiko e quasi studiando qualcosa che vedeva solo lui. - Non ti porterei mai via una parte di te. Sono sicuro che tutti la vorrebbero, devi esserne orgogliosa. Ma io non la prenderò. Ce ne prenderemo cura insieme se vorrai.
Così dicendo lasciò il ciondolo e tirò fuori dal borsone uno scrigno di legno nero. - Qui è dove nascondo la mia maschera quando non sono in battaglia. È un posto speciale perché scherma qualunque cosa contenga anche dagli occhi indiscreti e soprattutto permette a te e al tuo oggetto di "riposare" l'uno lontano dall'altra.
Igiko osservò lo scrigno aperto e un brivido freddo le corse lungo la schiena. Era così scuro che sembrava potesse assorbire qualunque luce; sembrava profondo ma anche accogliente… Più lo fissava in realtà e più sentiva come una vertigine, un misto di eccitazione e…paura.
Per tutto il tempo Semàn e Igiko non si erano lasciati la mano e insieme stringevano la catena con il ciondolo.
- Lo possiamo fare insieme, Semàn? Ho molta paura. Non ho quasi mai vissuto senza il potere del ciondolo. - Ti terrò la mano in ogni momento, Igiko
Così fecero, insieme, sollevarono le mani intrecciate e fecero scivolare il ciondolo dentro allo scrigno e lentamente o chiusero.
Improvvisamente la luce scomparve e tutto intorno a loro divenne nero come l'inferno. Le braci del fuoco erano ormai spente e anche la luna era coperta dalla foschia. In cielo non si vedeva nemmeno una stella.
Igiko iniziò a tremare per il freddo e per la sensazione che la colpì come una lama alla bocca dello stomaco. La profonda e terribile paura di essere ora completamente incapace ed impotente. Si sentì piccola e per niente degna di stare di fianco a Semàn, di cui percepiva solo la presenza accanto a sé e di cui stringeva ancora la mano.
Passarono istanti di silenzio interminabili. Igiko era completamente avvolta nelle sue tenebre e rimaneva immobile cercando di recuperare il controllo e riprendere almeno a respirare. Era così buio che non si era nemmeno accorta che semàn si fosse avvicinato tanto a lei, ma ad un certo punto sentì chiaramente il suo respiro vicino all'orecchio e il suo petto caldo davanti a sé. Dopo qualche istante Igiko si accorse che stava di nuovo respirando a ritmo regolare. Insieme al ritmo di Semàn. E che aveva smesso di tremare. In quel momento erano come due montagne, immobili a pochissimi centimetri di distanza e l'unico contatto tra loro era ancora la mano con le dita intrecciate leggermente. Il rumore del respiro. Il battito del cuore. Il silenzio della radura. L'odore della terra fresca e delle foglie bagnate. Fu impercettibilmente lento come lo sbocciare di un fiore, ma anche veloce come il vento, il movimento con cui Igiko si sporse per cercare le labbra di Semàn con le sue. Quel bacio era per lei come aria pura. Semàn la strinse in un abbraccio irruento come il tuono che in quel momento squarciò il cielo e mentre la pioggia iniziava a cadere su di loro, sciogliendo e fondendo ogni loro carezza, ogni sospiro, nulla sembrava più poter fermare quel fuoco che ora divampava aggressivo.
I due ragazzi erano lì, perfettamente presenti a loro stessi. E l'uno per l'altra. Così impetuosamente cercando di dirsi che il mondo stava finendo, così come le illusioni di essere invincibili e che in tutto questo sceglievano di affidarsi agli abissi del loro stesso mistero.
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nicobrunettiproduction · 6 years ago
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Volevo mettermi il cuore in pace.
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[Photo by Johannes Plenio on Unsplash ]
Mettersi il cuore in pace. Chissà cosa significa…? Chissà che cosa non lascia in pace il cuore? E se il cuore voglia essere lasciato in pace poi…
Se penso alla pace mi viene in mente un fiume che scorre in India e il mio cuore aperto e in connessione con le anime intorno a me. Ma la connessione è pericolosa…e quando mi viene questo pensiero…finisce la pace.
Io credo di aver vissuto anni con "il cuore in pace". In pace perché tranquillo. Tranquillizzato dalle persone che avevo intorno più che da me stessa forse. E in pace perché lontano dal turbamento. Compreso quello dell'amore stesso.
E l'amore è fastidioso, lo sappiamo. Ha quello spunto di infinito che non ti permette più di vivere comodo nella tua limitata pelle. Quando sei innamorato vuoi esplodere! Vuoi avvolgere tutto il mondo con quel sentimento. Vuoi piangere perché il cuore non riesce a contenere fisicamente tutto dentro agli occhi. Vuoi baciare perché hai bisogno di condividere quel afflato vitale che hai dentro. E quindi vorrà mai il cuore davvero smettere di stare in tutto questo solo perché il resto del corpo non è all'altezza di tale sentimento? Ma soprattutto, potrà la mente, sapendo tutto questo, permettersi di non rendersi utile in questa tensione alla grandezza? E chiudere semplicemente tutto in una stanza? Certo. Può. Io l'ho fatto. Per ingenuità. Quella di chi non sa quanto può essere grande l'Amore. Per paura. Quella di chi proietta ciò che è accaduto su tutto quello che potrebbe succedere. Per abitudine. Quella di chi vive in contesti pragmatici in cui è giusto ridurre tutto ciò che non può essere gestito.
In verità non credo sia davvero possibile mettersi "il cuore in pace" senza uccidersi piano piano. Non credo sia una scelta.
D'altra parte l'Amore si inserisce per natura nel sistema più complesso di tutti: le relazioni umane (forse anche aliene o cibernetiche, non lo so, Battlestar Galactica mi ha cambiato la vita, non saprei più dirlo con certezza :-D ). Le relazioni vivono nell'ambiguità, nelle negoziazioni e nei paradossi. È la difficoltà più grande quella di creare qualcosa in situazioni complesse senza incasinare tutto. Crearlo nonostante bisogni divergenti del momento. Creare. E non distruggere.
Distruggere tutto metterebbe il cuore in pace? Forse. Dopo la rabbia, la furia e la tempesta arriva la quiete. Di solito.
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[ Photo by Alex Blăjan on Unsplash]
La natura ha uno stupendo modo di crescere, con una progressione che soddisfa ogni spirito vagamente edonistico: con uno sforzo enorme, spendendo tutta sé stessa crea un mattoncino; poi un altro; poi due; poi tre; poi cinque; poi otto… Lavora a "pacchetti" e ogni volta che "fallisce" muore solo il pacchetto precedente. Non torna a zero. Non muore mai del tutto. In questo modo si cresce. Facendosi forza sui pacchetti già creati. E rischiando di fallire sui nuovi. Riposandosi quando è il momento, ma senza fermarsi. Con la fiducia che questo sia l'unico modo per non morire. Nel tentativo di diventare grandi.
Cuore, mi dispiace, non ti lascerò in pace. Pensavo di farcela. Ho pensato di farlo. Ma avrò cura di te.
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