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🍃☕️ — ♯ 𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄 𝘢𝘨𝘯𝘦𝘴 & 𝘦𝘮𝘦𝘳𝘴𝘰𝘯 10.10.2015 🎶 𝘦𝘴𝘤𝘢𝘱𝘦 𝘳𝘰𝘰𝘮
𝐅𝐋𝐀𝐒𝐇𝐁𝐀𝐂𝐊
I passi fuori dalla stanza in cui mi trovavo sembravano diventare sempre più forti, mentre il battito del mio cuore divenne un tonfo sordo che rimbombava nel mio petto. Che diavolo m'era venuto in mente quando avevo scelto di partecipare a quell'escape room? Scuotendo impercettibilmente il capo, osservai quanto potei ciò che mi circondava, ma quella figura così alta, slanciata, e tornita la conoscevo piuttosto bene. Mio padre sapeva come tenere il palco, ed anche in quell'occasione sapeva come attirare tutta l'attenzione su di sé. Occhi che bramavano il suo corpo, mani che avrebbero voluto tastare i suoi muscoli, e bocche che si umettavano nell'immaginare la sua pelle, tutte cose che io stessa avevo provato. Ero forse malata? I miei sedici anni avevano battuto il tempo delle prime volte, la prima bigiata, la prima sospensione, e beh, anche la prima scopata. Come dire al proprio paparino che la sua bimba non era più vergine? Un sorriso sardonico cominciò a velare le mie labbra mentre situata contro la parete più a nord cercavo un modo per uscire da quella dannata stanza. Si dice che spesso i genitori avvertano quando qualcosa cambia nei loro figli, ma anche mio padre se ne sarebbe accorto? Con i palmi posati sulla parete fredda tastando ogni centimetro del muro e ascoltando ciò che si udiva al di fuori, sentivo lo sguardo acuto del mio vecchio perforarmi la schiena.
« Stai cercando di fulminarmi? Perché ci stai riuscendo alla grande... Paparino. »
Emerson Myron T. Durville
L’escape room non era altro che una sfida da affrontare, l’ennesima, e non vedevo l’ora di sfoggiare le mie abilità, soprattutto davanti a mia figlia. Agnes aveva ormai sedici anni, ma non avrei mai smesso di considerarla una bambina. La mia bambina. Sapevo che qualcosa in lei era cambiato, la vedevo più spigliata e sciolta nei confronti del sesso maschile. In cuor mio speravo che la questione non riguardasse la perdita della sua verginità, ma più la guardavo e più ero sicuro si trattasse proprio di questo. Mi sentivo frustato e arrabbiato perché non avevo avuto l’occasione di tastare per primo quel corpo maledettamente sensuale, le cui forme mi mandavano fuori di testa. Nonostante nella stanza in cui eravamo rinchiusi vigesse il buio totale, uno spiraglio di luce proveniente dal basso illuminava i nostri corpi e mi era bastato per individuare il bottone che avrebbe aperto la porta. Restai in silenzio, non dissi nulla, e preferii affidare le redini del gioco al sangue del mio sangue. Incrociai le braccia al petto e aspettai a un metro di distanza da lei mentre i miei occhi non si scollarono mai dal suo corpo. « Ti sto fulminando perché ho trovato la via d’uscita da questa stanza ben quindici minuti fa, ma tu no. » Il tono apparve duro e a differenza sua le mie labbra rimasero dritte in un’espressione accigliata e seria. « Qualcuno o qualcosa nella tua mente ti impedisce di pensare lucidamente? Sai, ti credevo più scaltra e furba. »
Agnes Josephine K. Durville
Quello sguardo così penetrante sembrava infilarsi in ogni affitto del mio corpo rendendomi quasi nervosa, ansiosa in qualche modo, e quel buio pesto rendeva i mie altri quattro sensi ancora più attenti. Nonostante il buio della stanza, sentivo perfettamente gli occhi di mio padre osservare le mie curve, fin troppo pronunciate per una ragazza di sedici anni, eppure quando avevo sentivo le mani di Carter scivolare lungo i miei fianchi e sulla curva dei miei seni, avevo ringraziato ogni santo in paradiso. I palmi delle mie mani continuavano a tastare il muro in cerca di una possibile via d'uscita, ma la verità era che ascoltavo solamente il mio stesso respiro che ora s'era fatto più pesante. Mi voltai, lasciando che le mie mani posassero sul muro, appoggiate così dietro la schiena come per aver maggior supporto e immaginai di fulminare lo sguardo la figura di mio padre. « Allora perché non aiutare, mh? » Sfidai il tono di voce duro che tradiva un'ira latente che però non seppi ricondurre ad alcunché. Pensai che si trattasse solamente della situazione, ma quegli occhi, quella scintilla era ben visibile anche nell'oscurità della stanza in cui eravamo chiusi. Sentivo il brusio delle altre persone intente a trovare una possibile via d'uscita, ma in quel momento sembrava che ci fossimo solamente noi, io e mio padre. Con una leggera spinta da parte delle mie stesse mani, mi staccai dal muro avanzando di un paio di passi nella sua direzione, attirata da quella voce che rendeva il mio corpo debole, la mia carne completamente in balia di quell'attrazione che Freud avrebbe avuto a lungo di cui parlare. « La tua bambina... Parlarmi con questo tono così saccente, papi? Non sarai mica geloso, mh? Forse c'è qualcosa che ti turba? » Ammiccai con un tono di voce più suadente, appena più basso, prima di voltarmi nuovamente in direzione del muro e spostarmi parzialmente anche di lato. Ero distratta, era vero, ma la mia mente si stava arrovellando su pensieri, beh decisamente impuri.
Emerson Myron T. Durville
« Non voglio aiutarti perché hai deciso tu di venire in questo posto, bimba mia. Aiutarti sarebbe troppo facile e renderebbe il gioco meno divertente. » Una spiegazione logica che speravo mettesse a tacere le sue domande. I miei occhi nel frattempo non lasciarono mai andare il suo corpo che continuai ad osservare da capo a piedi mentre le braccia rimasero conserte. Percepii il suo tono di sfida e non persi l'occasione di rispondere a modo, ancora una volta, e mi chiesi se stesse realmente cercando di provocarmi o semplicemente era innervosita perché la via d'uscita sembrava parecchio lontana. « Hai il coraggio di definire il mio tono saccente, davvero? Devo ricordati i nostri ruoli, Agnes? Il mio compito è tenerti d'occhio, educarti, e quando qualcosa non va me ne accorgo subito. Pensa se, al contrario, me ne fregassi di te. Che padre sarei? Che esempio ti darei? » Non sarei potuto risultare più ipocrita di così. Spostai l'attenzione sulla sfera morale del discorso quando in realtà il mio unico pensiero era quello di voler affondare dentro mia figlia, di prenderla e possederla. Cercai di reprimere quei pensieri impuri e così sbagliati, ma ero dell'idea che a certe cose non si potesse comandare. Prima o poi sarei esploso, lo sapevo bene. Mi avvicinai ad Agnes, feci qualche passo in avanti fino ad arrivare alle sue spalle. Le scostai i capelli biondi tutti da un lato lasciando così libera una parte del suo collo verso cui mi sporsi e le feci sentire il mio respiro caldo. La voglia di allungare le mani mi stava divorando. Dovevo resistere alla tentazione di afferrarle i fianchi, di spingermi contro di lei e di strattonarle il vestito per liberare le sue enormi tette. Approfittai del buio per avvicinarmi a lei e in più nessuno dei presenti sapeva del nostro legame di sangue. « Geloso? Diamine se lo sono. Hai visto come ti ha guardato il ragazzo della biglietteria? Ti stava mangiando con gli occhi e tu sei solo una bambina, è troppo presto per incominciare ad interessarti ai ragazzi. » Sussurrai suadente e arrabbiato al suo orecchio, e sperai che credesse a quella versione. La mia gelosia riguardava la presunta perdita della sua verginità ma non avrei mai potuto confessarglielo. « Ti piace qualcuno? »
Agnes Josephine K. Durville
Sfidare mio padre in una situazione del genere poteva essere davvero una mossa controproducente, eppure il bisogno che sentivo nascere dal mio petto, e da qualcosa decisamente più a sud, era troppo forte per non prenderlo in considerazione. Mi ritrovai a sbattere le palpebre un paio di volte prima di voltarmi e continuare imperterrita a dare le spalle a mio padre nel continuare a diavolo di via d'uscita. Stavo cominciando ad innervosirmi, ma non era nemmeno quella la sensazione che stavo provando in quel momento. Era più simile all'eccitazione, alla bramosia di un momento preciso che conoscevo perfettamente, ma quando avvertii la di lui presenza alle mie spalle, mi bloccai. Impossibile era non pensare a quelle mani che avevo visto avvolgere i seni enormi di mia madre Alene, la forza con cui affondava quella carne florida delle sue cosce, dei suoi fianchi eppure invece di scappare come avrebbero fatto migliaia di bambini, io avevo osservato i miei genitori scopare ancora e ancora. Chiusi gli occhi e lasciai che fossero gli altri sensi a recepire ogni cambiamento. Sentii i capelli sollevarsi e spostarsi di lato, il respiro caldo che accarezzò la mia carne e i miei palmi che ora divennero improvvisamente sudati. Buttai fuori l'aria che non sapevo di trattenere con un lungo sospiro, e ci impiegai più di qualche secondo a rispondere a tono a mio padre. « Ho deciso perché... Come avrei potuto rifiutare? Ci saresti stato tu, il mio papi, il mio eroe, l'uomo che mi guiderà nella vita. Eppure è straordinariamente divertente farti innervosire, sai? » Dissi con ghigno sulle labbra prima di abbassare il mento ed inclinare parzialmente il collo offrendogli così decisamente una porzione ben più ampia della mia pelle. Avvertii qualcosa cambiare nel mio fisico, nelle sensazioni che stavo provando. Un calore che mai avevo provando nacque dal basso ventre, i capezzoli delle mie tette divennero turgidi, li sentii perfino spingere contro il cotone della tshirt che avevo scelto di indossare e nonostante la scollatura della maglia nera, sentivo il calore farsi sempre più intenso. « Oh andiamo, ha semplicemente risposto al mio ammiccamento... Non dirmi che andrai a prendere ogni singolo uomo che mi sorride o cerca di spogliarmi con gli occhi... Anche perché, cosa farai quando il mio corpo... » Mi lasciai andare appena con la schiena in modo che sfiorassi il suo petto e avvertii così quel primo e unico contatto da quando eravamo entrati. Sospirai sonoramente e ripresi. « ... Quando il mio corpo verrà preso, ancora e ancora, da un uomo? Ho sedici anni, dovresti prepararti, e beh... Sì, qualcuno c'è. E non sono più una bambina, non lo sono già da un po'. »
Emerson Myron T. Durville
Diversamente da Agnes mantenni un atteggiamento calmo e composto. Avevo la situazione in pugno e se la mia bambina non avesse trovato la via d'uscita nel giro di qualche altro minuto, mi sarei occupato di mostrarle dove stava sbagliando sia per orgoglio personale sia per istruirla. Al momento però mi godetti quella situazione. L'aria di sfida e la tensione sessuale erano palpabili nell'aria, e non feci altro che seguire ogni suo movimento e pensare a rispondere a tono. « Il tuo papi ti abbandonerà qui senza se e senza ma nel caso in cui fallissi. Hai dieci minuti di orologio per rendermi fiero di te. Dovresti incominciare fin da subito, il tempo stringe. » Grazie alla sua mossa riuscii a incastrare perfettamente il capo contro il suo collo e le mie labbra sfiorarono il lobo del suo orecchio in un gesto rapido ma sensuale. Le sue parole enigmatiche incominciarono a rimbombarmi nella mente. Perché non poteva essere più chiara? Aveva utilizzato il futuro all’inizio per poi dichiarare che non era più una bambina. Qual è la verità? Cosa stava cercando di dirmi? Scossi il capo e senza rendermene conto strinsi il bordo della sua gonna tra le dita della mano destra, una presa colma di rabbia e alla ricerca di un appiglio per cercare di stare calmo e di tenere a bada i miei pensieri. « Ancora e ancora? Dovresti smetterla di provocarmi in questo modo, amore di papà. Non è conveniente per nessuno dei due, tanto meno per te. » Di rimando schiacciai il petto contro la sua schiena, un contatto lieve e poco invasivo. Doveva essere lei a farsi avanti, a crollare, a mostrarmi quanto desiderasse essere toccata. Sapevo di non essere l’unico a provare determinate cose. Pregai tutti i Santi affinché la mia erezione non si palesasse proprio in quel momento e riuscii fortunatamente a tenerla sotto controllo, nonostante sentissi il fuoco ardere dentro di me. « Quando e se ci sarà quel momento, ti conviene non dirmelo. Potrei reagire in modo molto negativo e tu non vuoi subire tutta la mia ira, vero? Sei cresciuta, hai ragione, ma rimani sempre la mia bambina. Sei mia sotto ogni punto di vista, questo ragazzo deve trattarti con i guanti. Ricorda che ad ogni provocazione corrisponde una conseguenza. » Mormorai mentre incominciai a provare il bisogno di trovare questo ragazzo e sfruttare il mio potere per metterlo fuori dai giochi. Non avrei permesso a nessun uomo di prendere il mio posto, mai e poi mai. Mantenni gli occhi fissi su di lei, penetranti e severi, e restai in trepidante attesa della risposta successiva. Temevo di sentirmi dire certe cose eppure volevo continuare ad essere provocato e a sentire la voglia di peccare scorrermi nelle vene. Non mi sarei smentito, mantenevo sempre la parola data.
Agnes Josephine K. Durville
Quella calma così apparente era tradita dal calore della sua figura, un calore che emanava e invadeva il mio spazio personale. Sentii le di lui labbra accarezzare la curva del mio orecchio e solo in quel momento mi concessi di sospirare sonoramente. I brividi corsero lungo la mia schiena, lungo le braccia facendomi inspirare e cercare di catturare più ossigeno possibile. Com'era possibile che una persona, sangue del mio sangue, avesse un così potente effetto su di me? Ignorai deliberatamente le sue iniziali parole, con la mente completamente annebbiata da quella tensione sessuale che era impossibile non avvertire. I capezzoli spinsero contro il tessuto leggero della tshirt, mentre le cosce sfregano l'una contro l'altra rendendomi impossibile rimanere ferma. Dannazione, era mio padre, ma che importava? Sentivo il desiderio fremere nel mio basso ventre, contrazioni che solo una volta avevo provato mi distrassero dal motivo per cui ci trovavamo in quella stanza, e il fatto che chiunque potesse vederci e sentirci, non faceva altro che aumentare quell'eccitazione che mi stava travolgendo come un fiume in piena. « Cosa succede se continuo, mh? Sono l'amore di papà anche quando faccio la cattiva... E che cosa fai? » Avvertii il calore del suo corpo avvicinarsi maggiormente a me, e come attratta da una falena di fronte ad una fiamma, lasciai che la mia schiena si appoggiasse al suo petto. Il tessuto pregiato della sua camicia accarezzò una piccola porzione della mia pelle, ma quando sentii la sua mano afferrare l'orlo della gonna, un ghigno soddisfatto si dipinse sulle mie labbra. Seguii la sua mano, coprendola con la mia, intrecciando così le dita a quelle di mio padre ed in qualche modo facendogli aprire il palmo per sentire il calore della carne della mia coscia. « E se te lo dicessi? Se ti dicessi che ho scopato, ancora e ancora, ho sentito ogni singolo centimetro del suo cazzo aprirmi, sverginarmi, e fottermi come mai avrei immaginato si potesse fare? » Il tono della mia voce si abbassò incredibilmente, lo resi più basso, più sensuale e roco ma incapace di trattenermi mi avvicinai con il bacino contro il suo muovendo circolarmente il fondoschiena. Sarei finita senz'altro all'Inferno, ma dannazione quanto ero eccitata in quel momento. Il desiderio che provavo era potente, mi rendeva spregiudicata, saccente, ma anche curiosa di sapere fino a che punto si sarebbe spinto il mio caro e sexy paparino. « La tua bambina non è più una bambina... »
Emerson Myron T. Durville
L'eccitazione aumentò quando vidi che non riusciva a stare ferma in alcun modo. Agnes era sempre stata così, libertina, sfacciata, irrazionale, il ritratto della sua splendida madre. Per tutti questi motivi mi piaceva, mi eccitava e mi divertivo a giocare con lei. Ero proprio curioso di sapere dove saremmo arrivati e fino a che punto ci saremmo spinti. Niente ci avrebbe fermato né il luogo pubblico né la parentela. « Non ti conviene sfidarmi e lo sai, così come sai che non otterrai alcuna risposta da me. Soltanto azioni. » Lasciai che le nostre dita si intrecciassero ma nonostante ciò toccai il meno possibile la pelle calda e morbida della mia figlioletta perché necessitavo di sapere. Mi sentii come se il mio cuore fosse appena stato colpito da un proiettile quando pronunciò quelle parole. Non potevo sopportare l'idea che la mia innocente bambina fosse stata violata da un uomo, toccata in modo intimo e trasportata in un mondo sporco fatto di sesso e perversione. Allo stesso tempo però desideravo ardentemente quella conferma e la mia ipotesi venne confermata. Com'era possibile provare dei sentimenti tanto contrastanti? Non lo sapevo e l'unica cosa che feci fu interrompere il silenzio tombale con un sonoro schiaffo sulla sua natica destra. Le cinque dita colpirono la pelle nuda al di sotto della gonna con forza e decisione, con lo scopo di lasciarle il segno addosso. « La ma bambina non è più una bambina ma è diventata una zoccola. » Parole colme di odio e di disprezzo, parole pungenti, forti, ma dettate solo e soltanto dalla mia eccitazione mista a un senso di rabbia che non sembrava volermi abbandonare. La mano rimase ferma sul suo sedere e strinsi la carne calda, ci affondai le dita, e mi mossi di conseguenza. Feci roteare il bacino dalla parte opposta strusciandomi contro il suo sedere mentre il cazzo incominciò a indurirsi al di sotto dei pantaloni eleganti e glieli feci sentire bene. Di scatto ribaltai la situazione e con un movimento dei fianchi la spinsi con la schiena contro il muro, e le mani le afferrarono il collo in una presa stretta. « Dimmi che non lo hai fatto, dimmi che sei ancora stretta e chiusa come una volta. Dimmelo, cazzo! Non voglio avere una figlia così troia, non me lo merito. Dimmelo, cazzo! Dimmelo! » Continuai ad urlare ad alta voce poco curante dell'idea di essere sentito o di scatenare il panico in chi si occupava di sorvegliare la stanza attraverso delle videocamere. Strinsi di nuovo l'orlo della gonna e poi le sue cosce in cui affondai le unghie per tenerla stretta contro di me.
Agnes Josephine K. Durville
Sapevo di aver superato il limite confessando ciò che avevo fatto con Carter, sapevo perfettamente che il mio comportamento stava innervosendo ancora e ancora il mio caro paparino, ma non riuscivo a farne a meno. Il piacere che derivava dal sentire la sua rabbia nei miei confronti, la sua ira pronta ad annientarmi, era troppo per non goderne. Il sorriso che s'era formato sulle mie labbra aveva un qualcosa che ricordava il ghigno di una gatta, il suo respiro scaldava la mia carne e i brividi che sentivo si espansero in tutto il corpo. Provai a stringere la mano di mio padre, palmo contro dorso, eppure quel silente rifiuto mi bruciò più di quanto non volessi ammettere. Il silenzio che era piombato su di noi divenne quasi insostenibile, rotto solamente dal sonoro schiaffo che arrossò la mia chiappa. Un gemito si elevò nel silenzio apparente della stanza e ormai né io né mio padre consideravamo le persone che erano accanto a noi. Il legame di sangue che ci divideva era più potente, l'attrazione sessuale che sentivo nei suoi confronti mi aveva spinto a masturbarmi ogni volta che lo vedevo o lo sentivo scopare con mia madre. Ero forse malata? Inspirai sonoramente quando affondò le mani della mia carne. « Ho detto qualcosa che ti ha ferito? Il fatto di sapere che la tua bimba è stata sverginata è una cosa troppo dolorosa? O ti eccita, mh? » Replicai ancora una volta con il mio tono roco, spinta a sentire maggiormente l'erezione che ora puntava esattamente tra le mie chiappe. Mi mossi così con il bacino, un movimento lento, circolare, come se volesse accogliere completamente il suo lungo cazzo dentro di me. Dio, stavo davvero facendo quello che stavo facendo? Socchiusi gli occhi, godendomi di quell'attimo quando fui voltata rapidamente e la mia schiena sbatté contro il muro che fino a poco prima tastavo. Dovetti sbattere un paio di volte le palpebre, prima di comprendere che mio padre aveva ribaltato completamente la situazione. Sentii la sua presa stringere la base del collo, il respiro che divenne quasi più difficile, e il mio corpo che rispondeva solamente alle sue parole. « Senti tu stesso. Senti se la mia figa è abbastanza stretta per te. Sono sempre uscita dalla figa di mia madre, quella che ti piace tanto scopare e sì, vi ho sempre visto e sentito. Ora perché non accetti che abbia scopato anche io, mh? Volevi tenermi per te? O ti rode che non sei stato tu a sverginarmi... Avanti papi, dillo tu ad alta voce. » Nonostante il tono della voce di mio padre fosse alto e forte, il mio rimase roco, intriso di sensualità e quando afferrai il polso di mio padre non seppi nemmeno io che cosa volessi fare: spingerlo verso la mia figa che sembrava rispondere solo alle sue parole o allontanarlo? Dannazione, lo sapevo eccome che cosa volevo e non me ne importava un accidenti.
Emerson Myron T. Durville
« Non mi eccita. Non so cos’hai intenzione di farmi dire, ma non starò al tuo gioco. Devi essere punita per avermi mancato di rispetto e per osare sfidarmi in questo modo. Se le sculacciate da piccola non hanno funzionato, rimedierò ora. » Accompagnai quelle parole da un’altra sonora sculacciata mentre il suo gemito rimbombò nella mia testa e non fece altro che aumentare la durezza della mia erezione. Il cazzo si incastrò proprio tra le sue chiappe e continuai a muovermi, a strusciarmi contro di lei, arrabbiato ed eccitato. Un mix letale e di cui avevo bisogno per andare avanti. Il tutto prima che ribaltassi la situazione e la spingessi contro il muro della stanza. Eravamo talmente vicini che sentii i nostri caldi respiri fondersi e percepii i capezzoli turgidi contro il petto coperto dalla camicia. « Assomigli alla mamma, infatti. Siete entrambe due zoccole con le tettone enormi. » Altre parole che uscirono di getto e quasi non me ne resi conto, accecato dalla rabbia. Esitai un paio di secondi prima di lasciare che fosse il mio corpo e il mio bisogno ad agire. Non aveva senso seguire la mia testa perché me ne sarei pentito e non sapevo quando si sarebbe ripresentata un’occasione simile. « Sì, cazzo. Questo è il problema! Sei la mia bambina, spettava a me sverginarti, dannazione! Ho immaginato così tante volte di scoparti, di prenderti, di possederti. Ho spiato così tanto volte il tuo corpo nudo, mi sono ammazzato di seghe pensando a te e ho scopato la mamma lasciandomi scappare il tuo nome più e più volte. Sei solo mia, i ragazzi non contano nulla. » La guardai dritta negli occhi quando afferrò il mio polso e senza esitare neppure un secondo, lasciai andare il suo collo e indirizzai la mano al di sotto delle cosce. Le scostai rapidamente le mutandine e con un gesto rapido la penetrai con due dita, l’indice e il medio, e le spinsi a fondo. Riuscii a scivolare dentro di lei con facilità sia per il fatto che non fosse più vergine sia per quanto fosse bagnata. L’altra mano rimase ancora attorno al suo collo che strinsi con maggiore forza, premendo il pollice contro una vena in rilievo per impedire all��ossigeno di arrivare al suo cervello. « Stai colando come una cagna e non hai ancora visto niente di ciò di cui sono capace. Ora ti mostrerò come si scopa davvero, come si fotte una vera troia, e tu non farai altro che accogliere ogni centimetro del mio cazzo in questa figa fradicia. Ti sei bagnata così tanto nel sentire il cazzo di paparino contro le chiappe, vero? Scommetto che hai pensato a me tutto il tempo mentre ti sverginava. » Nel mentre parlai inarcai appena le dita e le spinsi ancora più in profondità, e incominciai a sditalinarla con un ritmo sostenuto. Le falangi scivolarono avanti e indietro, dietro e fuori, e andai a morderle l’incavo del collo.
Agnes Josephine K. Durville
Vedevo il fuoco nei suoi occhi, l'ira pronta ad abbattersi su di me, ma v'era anche qualcos'altro che vacillava nella sua ostilità nei miei confronti: era la passionalità che sapevo possedeva, la sensualità dei suoi gesti e sì, anche la violenza della sua foga. Aspettavo con trepidazione il momento in cui decidesse finalmente di cedere ai suoi istinti, ai suoi bisogni e quando lo sentii replicare, non mancò un sorriso sulle mie labbra carnose. Mordicchiai quello inferiore, sentii perfino il sangue aumentare l'eccitazione che stavo provando in quel momento, e il mio corpo era in attesa del suo prossimo insulto che non tardò ad arrivare. « Zoccole con le tettone enormi che non fai altro che sognare. Vorresti essere stato tu a sverginarmi, mh? Con il tuo enorme uccello, lo stesso che mi ha dato la vita, lo stesso che mi colpiva quando ero ancora nell'utero di mia madre... » Strinsi maggiormente la presa sul suo polso, sentivo il mio basso ventre fremere, la mia figa pulsare in attesa del suo prossimo movimento ma tutto sembrava immobile. Quando lasciò andare la presa sul mio collo, tirai un lungo respiro, cercando di incamerare più ossigeno che potei, e come se avesse in mano i fili che manovravano il mio corpo, aprii maggiormente le cosce. Mi ritrovai a gemere, spinsi il bacino incontro alle sue dita, la nuca appoggiata al muro che mi reggeva e la figa che accoglieva le dita, comprese di nocche e falangi che mi diedero una scarica incredibile. « Papi... » Ansimai stringendo il suo polso, muovendo poi il bacino per trovare l'angolazione perfetta per farmi godere, ma erano le sue dita a fare il tutto. Le nocche grattavano le pareti vaginali facendomi fremere, gli umori colavano lungo l'interno coscia e sul sul palmo e il centro del mio piacere, il clitoride, divenne gonfio in attesa di ricevere le sue attenzioni. Insieme alla mano rimasta sul mio collo, mi ritrovai in mano a mio padre, colui che mi aveva dato la vita, ma anche colui da cui mi sarei voluta far fottere ancora e ancora. Le sue parole sporche, rozze, e porche non fecero altro che trasmettersi alla mia figa che si contrasse sulle sue stesse dita. Dio, quanto aveva ragione. Ad ogni affondo gemevo, ansimavo, incapace di fermarmi e il fatto che potessero vederci mi eccitava ancor di più. Spinsi il petto contro il suo avambraccio cercando di strofinarmi contro di lui, ma fu la mia mano libera a sbottonare i piccoli bottoncini della mia tshirt e liberare finalmente le mie tettone. Cominciai a massaggiare la destra, stimolandomi il capezzolo prima di riuscire a parlare. « Dio, così ti prego. Cristo, sì mi sono bagnata pensando al tuo uccello papi. Ti ho visto scopare con la mamma e quante volte mi sono sditalinata... E anche quando sono stata sverginata, sì volevo il tuo cazzo, volevo essere fottuta senza pietà. Dio, non fermarti papi ho bisogno del tuo cazzo, la tua cagnetta... »
Emerson Myron T. Durville
Smisi di risponderle troppo concentrato su quel corpo da sballo e un sorriso sadico si formò sulle mie labbra quando la vidi incominciare a muovere il bacino. La presa sul polso mi mandava fuori di testa e infatti non le dissi nulla mentre la esplorai, le nocche sfregarono contro le sue pareti vaginali e continuai a morderle il collo dove lasciai un succhiotto ben visibile. Sentivo la necessità di marchiarla, di farla mia in tutto e per tutto. Estrassi le dita quando mi chiamò "papi" soltanto per colpirle di nuovo le natiche e subito dopo saziai di nuovo il vuoto che avvertì nella sua splendida fighetta. « Non hai il permesso di toccarti e sei già in una situazione complicata, stai giocando con il fuoco, quindi ti conviene stare ferma e non prenderti permessi che non hai. » Per quanto vederla giocare con le sue stesse tettone mi eccitasse, il mio carattere dominante e violento aveva la meglio su tutto. Ogni minima cosa doveva essere sotto il mio controllo e non le avrei permesso di darsi altro piacere, di godere, perché lei era nel torto e in una posizione inferiore. Schiaffeggiai il dorso della sua mano per farla smettere mentre le mie dita continuarono a sditalinarla, a spingersi contro i suoi punti più morbidi per poi uscire e rientrare con ritmo sempre più sostenuto. Le allargai a forbice dentro di lei, le richiusi e infine le riaprii di nuovo. La masturbai con un ritmo sempre diverso per non farla abituare a quel piacere mischiato a un dolore sempre meno sopportabile. Poco dopo aggiunsi un terzo dito fregandomene del fatto che avesse avuto soltanto un rapporto sessuale e le tre dita centrali si spinsero vigorosamente dentro di lei, senza un attimo di sosta, e mi ritrovai le falangi piene dei suoi umori. Nonostante la stessi aprendo in un modo per nulla delicato, la mia bambina stava continuando a colare come una vera zoccola e questo mi eccitò ancora di più. « Hai pensato a me ma ti sei comunque fatta fottere da un altro. Ti sembra corretto, mh? Sei semplicemente una cagnetta, una cagnetta in calore qualunque. Spetta a me decidere se sei la mia cagnetta, devi dimostrarmi tante cose... devi farmi capire di esserne degna e devi riuscire a svuotarmi i coglioni. Sono molto esigente... credo tu lo abbia capito da quello che hai visto con la mamma. » Avevo in mente tanti programmi per punirla e li avrei messi in atto uno ad uno. Lasciai andare il suo collo liberando anche l'altra mano che usai per prendere le sue tettone, prima la destra e poi la sinistra e le strinsi con così tanta forza che fui sicuro di lasciarci sopra il degno. Poco dopo le schiaffeggiai e ripresi a strizzarle, palparle, schiacciandole come se fossero dei fogli di carta da gettare. Nessuna delicatezza o pietà, soltanto la voglia di punire mia figlia e godere insieme. Le strattonai la t-shirt prima di sputare sopra i capezzoli turgidi che presi in bocca uno alla volta ciucciandoli e mordendoli, e nel frattempo la costrinsi a poggiare il palmo sul mio cazzone duro. « Fammi vedere cosa sa fare la mia bambina con queste mani, avanti. Non ho intenzione di aspettare in eterno. »
Agnes Josephine K. Durville
Mi sentivo una massa informe, le gambe che stavano per cedere sul mio peso, ma soprattutto era qualcosa dentro di me a crescere a dismisura. Il piacere invadeva completamente la mia carne, il punto in cui io e mio padre eravamo in contatto era fuoco puro e le sue nocche sembravano avere una passione per la mia fighetta bagnata. Avevo sentito i miei stessi capezzoli diventare sempre più turgidi, mossi il palmo contro di essi, sentii il sangue correre più velocemente ma fu il tono della sua voce a fermarmi. Il sorriso che gli si dipinse in volto gridava passionalità, puro e semplice sesso, di quello cattivo, violento, ma soprattutto un sesso che non avrei mai più dimenticato. « Che ti prende papi, mh? Non sono sufficientemente grandi per te? Certo mamma le ha molto più soffici... Ti ho visto come gliele strizzavi mentre la scopami a pecorina come una troia. » Era impossibile che mi fermassi, la mia voce sembrava aver vita propria e il fatto che mi avesse perfino schiaffeggiato le mani per fermarmi, mi spingeva a sfidarlo ancor di più. Lascia che la punta della mia lingua disegnasse il contorno delle mie labbra, prima di gemere ancora una volta e sentire altri ansimi elevarsi attorno a noi. Sentivo le sue dita, le stesse che mi avevano accarezzato a lungo quando ero più piccola, ora prendersi la loro dose di umori, muovendosi velocemente e quando aggiunse un ulteriore dito, fui costretta ad appoggiarmi alla sua spalla e graffiarla attraverso il tessuto pregiato. « Cristo, sì ti prego. » Non resi nemmeno conto di averlo pregato, ma nemmeno sapevo se l'avessi fato per farlo continuare o per farlo smettere. Sentivo il calore invadere le mie membra, la mente annebbiata dal piacere, e la figa contrarsi sempre più velocemente avvicinandosi verso quel luogo sconosciuto che era l'orgasmo. Ansimai forte, senza alcuna paura o remora, quando mi parlò, e quando sentii le tettone finalmente all'interno della mia bocca gettai indietro il capo. Godetti ancora e ancora, la sua lingua che leccava le mie areole, i capezzoli diventarono così sensibili da fare male, e tutte le tettone sembravano essere diventate pesanti come macigni. « Cristo, sì... Voglio essere io a svuotarti i coglioni, la voglio sentire, la stessa sborra che mi ha dato la vita. Dio, cazzo così succhiamele papi ti prego, le sento pesanti, calde e quante volte ho sentito il tuo sguardo a tavola. Dio, non senti come la gente attorno a noi si stia segando nel vedere come fotti tua figlia con le dita, mh? Vorresti che ci fosse la mamma a vederci, che ne dici? Mettimi alla prova, Dio così non ti fermare voglio venire sulle tue dita... » I discorsi sembravano essere scombinati ma la mia figa aveva un solo obiettivo, venire come mai aveva fatto. Mi contrassi violentemente sulle sue dita, trattenendole sempre di più fino a venire e non capire davvero che cosa stessi facendo. Capii subito però ciò che stavo accarezzando. Strinsi il suo cazzo con la mano attraverso i pantaloni, spinsi la cerniera contro la sua cappella e incurante della sua reazione lo liberai cominciando a a scappellarlo e segarlo. « Un cazzo così grande serve per sverginare la propria figlioletta... Non credi papi? E questo buchetto deve darmi tutta la sborra possibile. »
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[ ♕ ] ──── 𝑶𝒑𝒉𝒆𝒍𝒊𝒂 𝑷𝒆𝒓𝒔𝒆𝒑𝒉𝒐𝒏𝒆 & 𝑮𝒐𝒅𝒇𝒓𝒆𝒚 𝑯𝒂𝒓𝒗𝒊𝒆 • 22ᴛʜ Sᴀᴛᴜʀᴅᴀʏ﹐Jᴜʟʏ 2017 ;; •
Essere in quel resort era qualcosa di unico, qualcosa che avrei portato dentro di me per sempre. Tuttavia, l'essere distante da chi amavo faceva essere quella vacanza una vera tortura. A volte mi chiedevo che diavolo ci era passato per il cervello quando avevamo accettato di partecipare a questo evento. Certo, razionalmente i motivi erano molteplici, volevamo metterci alla prova dopo così tanto tempo trascorso insieme, ma - ovviamente c'era un ma - la mia parte più ribelle era eccitata per quella nuova avventura. Vestita di tutto punto, quella sera sarei uscita con Godfrey, migliore amico di George, tuttavia il bell'uomo dagli occhi di ghiaccio era un figo da paura. Fisico possente e statuario, e non sapevo minimamente che cosa sarebbe accaduto in quella serata che veniva appunto definita come "esterna". Eccitata per il non sapere come sarebbe svolta la serata, uscii dal resort avvicinandomi alla macchina che attendeva già il mio arrivo. Aggiustai i lunghi capelli biondi e mi diressi in quella direzione fino a quando non vidi l'uomo attendermi appoggiato alla portiera posteriore della limousine.
« Che eleganza... Non sapevo che fosse un vero e proprio appuntamento galante. Mi chiedo che cosa direbbe George in questo momento, se mi vedesse. »
Mi avvicinai fino a giungere davanti alla sua figura, mi sporsi appoggiando il palmo della mia mano destra sul suo petto forte e mi sollevai sulle punte dei piedi stando così in equilibrio sui tacchi per posare all'angolo delle labbra un bacio veloce.
« Dunque... Che la serata abbia inizio, mh? »
Godfrey Harvie R. Edge
Prendere parte a simile evento organizzato con il solo scopo di rompere coppie già formate e per la maggior parte durature, era qualcosa che non avevo decisamente in programma. Ma poiché mi piaceva stupire e assecondare, ogni tanto, le richieste di Rylee, ecco che accettai di vedere la mia faccia stampata su vari giornali e manifesti. Il tutto consisteva nel passare la maggior parte del tempo in un resort paradisiaco in compagnia di altri uomini fidanzati e di tantissime, splendide fanciulle costantemente in bikini. Essendo un uomo adulto e con esperienza, avevo un certo autocontrollo, soprattutto perché la ragazza che avevo intenzione di stuzzicare si trovava dall'altra parte del villaggio. Così parlai con la redazione e chiesi di organizzare un "esterna" proprio con Ophelia, la fidanzata di George per cui avevo già manifestato un certo interesse in passato. Non svelai naturalmente la location e mi feci trovare pronto, vestito elegantemente ( https://www.thefashionisto.com/.../nyc_look004-800x1200.jpeg), davanti a un'enorme limousine nera. Sgranai gli occhi di fronte al bellissimo abito rosso di Ophelia che mostrava gran parte della sua pelle nuda. « Cosa direbbe George? Blatererebbe qualcosa circa il fatto che stai giocando con il fuoco, piccola Ophelia. » Imitai la voce di George quando utilizzai il soprannome ideato da lui e riservato a Ophelia. Nulla di troppo originale. Non appena si avvicinò a me, baciandomi l'angolo della bocca, posai una mano sulla sua schiena bassa e la premetti contro il mio corpo possente. Scesi poi a cercare le sue dita che intrecciai con le mie, facendole il baciamano e guardandola negli occhi azzurri. « Sei splendida, Ophelia. Vieni con me. » Le aprii la portiera posteriore della limousine e la feci accomodare all'interno per poi sedermi accanto a lei e ordinai all'autista di partire verso il luogo misterioso. « Allora, cosa ti ha spinto ad accettare questo mio invito? E no, non si accettano risposte banali. »
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Osservare i suoi lineamenti duri era una sensazione che si collegava direttamente alla mia intimità. Già da quella prima volta anni prima al Coachella, avevo sempre dimostrato un certo apprezzamento per l'uomo che mi stava ora baciando le dita della mano. Le sue labbra accarezzarono la mia pelle, vidi i suoi occhi color del ghiaccio incendiarsi a contatto con la le mie membra, ed in quel momento mi chiesi per davvero che diavolo stavo facendo. Ero innamorata di George, lo ero davvero, tuttavia nonostante la nostra relazione fosse esclusiva, entrambi sapevamo che se fosse capitata una certa persona con un fisico sensuale e con delle tette da paura, entrambi sarebbero caduti. Ciò che non avevo messo in conto era anche la mia forte attrazione per Godfrey. Persa nei miei pensieri, ridacchiai nel sentire le sue parole derisorie ma sempre con un certo rispetto nei confronti di George. Era questo avevo cominciato a capire da quando avevo conosciuto George quasi due anni prima: George, Godfrey e Nora erano totalmente ed indiscutibilmente uniti. « Penso che se ti sentisse probabilmente non farebbe camminare me per almeno due settimane. » Ammisi annientando quella poca distanza che ci divideva. Il vestito leggero permise alla mia pelle di avvertire il calore della sua mano, così da farmi mordicchiare il labbro inferiore nervosamente. Mi sedetti all'interno della macchina lussuosa e stirai la gonna rossa che copriva a stento le mie cosce nude. Non ero nervosa, non avrei giudicato quella sensazione come nervosismo, piuttosto qualcosa di molto più intenso, ero eccitata, e osservare il suo corpo mi arrapava letteralmente. Strinsi le cosce sperando che lui non se ne accorgesse. Non sapevo che cosa mi sarei dovuta aspettare da quell'esterna, ma il mio istinto mi diceva di non precludermi alcunché. « Stai molto bene anche tu... Direi divinamente! E riguardo all'invito... Credo che non avessi accettato in questo momento non lo avrei mai fatto. Sono curiosa, e non ho aspettative sull'andamento della serata. Per cui... dove mi porti? Limousine, vestiti eleganti... Già mi piace. »
Godfrey Harvie R. Edge
« Sì, mi sembra una punizione che rientra nella preferenze di George. » Preferii incominciare la conversazione gentilmente e dandole corda, senza rivelare quanto fossi in grado io di non farla camminare per una settimana intera. Chiusi la portiera posteriore e mi sedetti accanto a lei sui sedili in pelle della limousine, quando mi accorsi del suo premere una coscia contro l'altra. Non ero il solo a sentirmi eccitato. Senza intimorirla, allungai una mano che poggiai sulla sua coscia destra e l'allargai in modo da farle tenere le gambe divaricate. Le toccai parte della coscia e il ginocchio, e mi resi conto di quanto la sua pelle fosse delicata come quella di Rylee. In effetti si somigliavano molto, forse per questo provavo una certa attrazione per lei, essendo bellissima, o forse perché era proprietà privata di George. Ero sicuro di avere qualche possibilità con lei. « Ottima risposta, Ophelia... Non posso però dirti dove stiamo andando. Porta pazienza. » Le sorrisi e intanto mi sporsi, afferrando da quella limousine super attrezzata una bottiglia di champagne. Presi due calici e ne versai un po' in entrambi, poi glielo porsi. « Ecco qua. Sicura di non avere aspettative? » Assunsi un ghigno malizioso e accorciai ulteriormente le distanze tra noi, riprendendo ad accarezzarle parte della coscia ma senza salire troppo o scivolare all'interno. Intanto cominciai a bere dal mio bicchiere di champagne.
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Mordicchiai il labbro inferiore quando l'uomo che ritenevo irresistibile e seduto accanto a me mi risposte di attendere. Non ero esattamente la persona più paziente sulla faccia della Terra, ma soprattutto quando mi si diceva di fare una cosa, io tendevo sempre a fare l'esatto opposto. Inspirai forte quando mise la mano sulla mia coscia nuda. L'eccitazione che già stavo provando prima ancora di salire in macchina si decuplicò, avvertire le sue dita sulla mia pelle era eccitante proprio per il mistero della serata che stavo per vivere, ma anche per il brivido della situazione di per sé. Sapevo, in qualche modo, che George se avesse saputo ciò che stava accadendo avrebbe capito. Qualunque cosa sarebbe successa avrebbe capito. Abbassai lo sguardo sulla sua mano e il cuore cominciò a battere ancora più forte. « Saprai bene che non esattamente la persona più paziente... E se mi si dice una cosa, tendo a fare esattamente il contrario... » Mangiai le mie stesse labbra e lasciai quella semplice frase in sospeso. Inspirai ancora una volta e mi voltai verso di lui. Usai il tono più sensuale che potei e fissai quegli occhi glaciali spingendo le mie cosce verso il basso così da avere la sua mano un po' più in alto. « Sorprendimi. »
Godfrey Harvie R. Edge
« Ma in questo caso devi aspettare per forza, Ophelia. Non c'è nulla che tu possa fare. » Dissi semplicemente mentre sollevai e riabbassai le spalle. La piccola e impaziente Ophelia avrebbe dovuto aspettare nel sapere il posto misterioso in cui ci stavamo dirigendo. Non che potesse trattarsi di qualcosa di tanto strano, eravamo su un'isola a se stante e lontana da collegamenti con altre città. Percepii il suo tono sensuale che cominciò a mandarmi fuori di testa e sentii il livello di eccitazione salire a dismisura, soprattutto quando spinse le cosce verso il basso. Permise così alla mia mano di salire, si morse il labbro e sembrò non notare neppure il calice di champagne che le offrii. Ridacchiai divertito e poggiai il suo sul ripiano dell'angolo bar. « Apri la bocca, Ophelia. » Le ordinai mentre la mia mano scivolò all'interno delle cosce, palpando la carne morbida e bollente, e salii fino a raggiungere quasi la sua figa. Presi un altro sorso dal calice di champagne e annullai di nuovo le distanza tra noi, sporgendomi verso il suo viso. Schiusi le labbra e lasciai scivolare lo champagne all'interno della sua bocca, approfittandone per sfiorarle la punta della lingua con la mia. « Com'è? Mi sono assicurato di avere il miglior champagne della zona. »
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Più passava il tempo più fremevo per sapere che cosa sarebbe successo. Ero curiosa e l'eccitazione che stavo provando non si stava fermando solo alla mia fighetta, mi sta rendendo letteralmente più audace. Mi spinsi maggiormente con il bacino verso la sua mano poggiata sulla mia coscia in modo che salisse verso quel punto che così tanto desideravo. Alzai lo sguardo dimenticando completamente la sua offerta di champagne. Mordicchiai il labbro inferiore, provocandomi quasi una fitta di dolore. In quel momento, udendo il suo ordine, dopo aver inumidito le labbra le aprii senza mai distogliere lo sguardo. Rimasi lì con le labbra socchiuse attendendo la mossa di quell'uomo che mi mandava in visibilio. La mano salì verso l'interno coscia, affondò le dita nella mia carne ed un gemito mi elevò dalla mia gola. Lo vidi così avvicinarsi ed annullare la distanza che ci divideva. Lo champagne scivolò brioso all'interno della mia bocca cercando di non farne cadere nemmeno una goccia ma non fui così fortunata. Alcune gocce caddero sul mio decolletè facendomi abbassare dapprima lo sguardo e poi sfiorare la punta della lingua del mio accompagnatore. « Ops... » Mormorai con tono suadente e sguardo provocante. Buttai giù il sorso di champagne, ciò ero riuscita a non far cadere su di me e mi avvicinai maggiormente alle sue labbra senza però sfiorarle. « Credo che sia un peccato sprecare un così buono champagne, non credi? E' il migliore. » Aprii maggiormente le gambe in modo che potesse avere libero accesso e inarcai appena la schiena così da mostrare le piccole gocce cadute sul mio corpo. La bocca improvvisamente diventò secca e l'eccitazione che sentivo si tramutò in un calore che pervase tutto il mio corpo. Se l'inizio della serata era solamente questo, come avrei potuto resistere? E davvero poi volevo resistere?
Godfrey Harvie R. Edge
Feci scivolare con attenzione lo champagne costoso nella bocca di Ophelia ma alcune gocce caddero nella scollatura del suo vestito, bagnandole la pelle scoperta. Anche lei mi sfiorò la lingua, senza proseguire altrove, in un gesto delicato ma sensuale. Sogghignai nuovamente al suo sguardo provocante e fui sicuro di aver assunto ormai la stessa espressione, lontana da quella del gentiluomo di pochi istanti fa. « Eccome, Ophelia, lo penso anche io. » Sussurrai flebile e osservai la sua schiena inarcata, e non persi altro tempo. Chinai il capo e tirai fuori la lingua che passai lentamente sulle gocce di champagne scivolate sulla sua pelle. Le raccolsi tutte e quando finii, le lanciai un'occhiata d'intesa prima di abbassare volgarmente la scollatura del vestito rosso. Esposi così le sue tette ai miei occhi e incapace di resistere alla tentazione, neppure pensando a George, presi un capezzolo in bocca. Chiusi le labbra attorno e lo lambii con la punta della lingua, godendo nel farlo diventare turgido nella mia bocca. Intanto le dita tirarono su la parte inferiore, rendendo il suo abito solo una massa di stoffa stropicciata. Le diedi uno schiaffetto per spalancarle le cosce e schiacciai il pollice sul suo clitoride che presi di mira, sfregandolo con molta forza, compiendo movimenti circolari. Raccolsi i suoi umori che colarono in direzione del culo e li raccolsi per lubrificarle la fighetta già terribilmente bagnata. « Cristo santo, Ophelia! Come fai a essere così bagnata... Dio! »
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Trattenni il labbro inferiore tra i denti quanto il suo capo scese sul mio corpo a catturare quelle gocce di champagne che imperlavano il mio seno. Osservai la scena totalmente ammaliata, quasi come se fossi in trance nel vedere le sue labbra schiudersi e baciare la mia carne calda. Con la schiena inarcata, risposi alla sua occhiata come se mi stesse chiedendo una sorta di permesso, ed acconsentii. Tirò giù le spalline del vestito mostrando il mio seno, i miei capezzoli piccoli e turgidi. Chiuse le labbra su uno di essi e non potei fare a meno di afferrare i suoi capelli con una mano guidandolo sul mio corpo eccitato.
« Dio... » Gemetti incapace di trattenermi oltre e quando la sua mano finalmente salì fino alla mia fighetta totalmente glabra gettai indietro il capo. Non mi preoccupai che l'autista ci sentisse, ero un groviglio di emozioni, di voglia di scopare e non solo. Mi sembrava di impazzire. Spalancai le cosce mostrando così il mio sesso alle sue mani. La forza che ci mise, le sue dita così esperte e così diverse da quelle di George mi fecero ansimare. Mi lubrificò, come se ce ne fosse bisogno, e mi schiaffeggiò facendomi stringere maggiormente la presa sui suoi capelli. Torturò, sfregò e schiacciò il mio clitoride come più gli aggradava e ad ogni movimento lo accoglievo con un gemito. Stavo letteralmente ansimando come una puttana. Mossi il bacino cercando ancora le sue dita, quando lo feci staccare dal mio seno e guardarmi così negli occhi. « Sono... Sono molto eccitata, ho voglia e non mi interessa più dove mi porti, voglio solo sentire come mi scopi e mi fai godere. »
Godfrey Harvie R. Edge
La vidi spalancare le cosce e il mio enorme cazzo libero sbattè immediatamente contro i pantaloni, procurandomi un certo bisogno di essere liberato. Era così eccitata, mezza nuda e vogliosa, con una bella figa in mostra che continuava a colare verso il culo, macchiando anche i sedili neri della limousine. Le sollevai entrambe le gambe e le feci poggiare i piedi sul sedile, permettendole così da divaricare le cosce nude il più possibile. Mi sistemai in ginocchio e mi piegai in avanti con il busto, fissando intensamente la fighetta mentre le dita si mossero e strofinarono rapidamente sul clitoride, e osservai compiaciuto gli umori schizzare da tutte le parti. « Senti come sono le mie dita, piccola troia... Così nuove e diverse. Senti con che urgenza reclamo il tuo corpo. » Mi spostai poi di poco con la schiena e ripresi a dedicarmi alle sue tette, ciucciando l'altro capezzolo che torturai sia con la lingua sia con i denti. Prese i miei capelli e mi obbligò a staccarmi per confessare la sua voglia di essere scopata. Allungai una mano e la penetrai subito con due dita che presero a muoversi dentro e fuori dalla sua figa con ritmo incalzante, dentro e fuori, senza mai smetterla o fermarmi. In questo modo l'aprii, scopandola e spingendo a fondo. « Guarda come schizzi. » Sussurrai eccitato e non distogliendo lo sguardo dai suoi occhi, le presi una mano e la portai sul rigonfiamento dei pantaloni.
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Mossi ancora il bacino seguendo il movimento della sua mano che mi dava piacere e allo stesso tempo mi torturava. Ero totalmente incapace rimanere ferma e i miei umori colavano lungo la mia fighetta lubrificandola così a fondo e colare verso il culo. Sentivo le gocce toccare il sedile in pelle sul quale ero seduta, o meglio semi sdraiata ma non mi interessava. Torturai il labbro inferiore mentre il bottoncino in mezzo alle mie gambe divenne ancora più sensibile e gonfio a seguito della sua costante stimolazione. Dio, quanto era bravo. Era totalmente diverso rispetto a George, più delicato ma allo stesso tempo sempre determinato a non concedermi nulla se non ciò che volesse lui. « Non... Non resisto. God... » Ero reattiva, la mia fighetta cominciò a contrarsi sempre più velocemente quando la stimolazione si raddoppiò con la sua lingua sulle mie tette. Le tette divennero più rosse, i segni dei denti divennero sempre più visibili senza mai lasciare la presa sui suoi folti capelli. « Scopami, scopami cristo. » Inarcai maggiormente la schiena offrendo il mio corpo alla sua tortura e tirai forte i capelli, gettando un urlo che mi bruciò la gola. Provai a chiudere le gambe quando mi penetrò per il troppo piacere ma mi sforzai di alzare il capo e guardare le sue dita che entravano ed uscivano provando un rumore che si estendeva a tutto l'abitacolo per quanto fossi marcia e colante. « Cristo guarda come entrano ed escono... Di più, ti prego. Fammi squirtare... Non avere paura di farmi male. » Ero una sottomessa, per di più di George, il che significava che avevo una soglia del dolore molto più alta rispetto a chiunque avrebbe potuto incontrare. Avrebbe dovuto sapere quando fossi aperta a quel tipo di cose, ma soprattutto volevo fargli vedere come la mia figa fosse sensibile alle sue dita. Con una mano, incapace di fermarmi afferrai la sua erezione, il suo cazzo duro che premeva sotto la patta dei pantaloni. Lo strinsi con forza e scesi appena schiacciando con forza anche i coglioni che si stavano riempiendo. Volevo tutto, cazzo.
Godfrey Harvie R. Edge
« Ohh Ophelia... Non preoccuparti, lascia fare a me. » Trattenni una risata quando mi disse di non avere paura di farle del male poiché essendo una sottomessa di George, aveva imparato a superare determinati limiti e di conseguenza la sua soglia del dolore si era alzata. Il mio intento però, era insegnarle quanto si potesse godere senza stare necessariamente alle regole di qualcuno. Senza pensare, senza ragionare, semplicemente affidandosi al puro e semplice bisogno del proprio corpo. Se le avessi dato le stesse cose di George, non avrebbe capito la differenza e non ne sarebbe rimasta soddisfatta. La invitai a toccare il mio cazzo che stava esplodendo nei pantaloni e quando schiacciò i coglioni, gemetti sonoramente piuttosto compiaciuto delle sue capacità. Lasciai stare il mio bisogno per un attimo e la penetrai anche con l'anulare così da avere tre dita dentro di lei. Le spinsi terribilmente a fondo mentre tenni aperto il pollice e il mignolo, in modo da donarle la giusta esplorazione per squirtare. Le scopai letteralmente la figa bagnata come un lago e mossi le dita avanti e indietro, senza mai uscire. « Squirta Ophelia, avanti! Fammi vedere quanto sei brava... così posso scoparti poi. » Le sussurrai con voce rude e rauca all'orecchio, mordicchiandole un lembo del collo e le succhiai il lobo dell'orecchio. Scesi nuovamente a stuzzicare entrambi i capezzoli con la lingua mentre non smisi neanche un secondo di romperle la fighetta, spingendomi ben oltre la sua immaginazione. Sputai sul clitoride, lasciandoci scivolare sopra un po' di saliva e la spalmai con le dita dell'altra mano. Allora le stimolai anche quel bottoncino pulsante mentre la sditalinai senza pietà.
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Mente e corpo erano tutt'uno in quel preciso istante. L'unico pensiero di quel momento era il piacere, voglia di andare oltre a quel limite che inconsciamente mi ero imposta. Seguii il suo invito e cominciai a palpare, stringere, accarezzare in modo sempre più volgare e spinto il suo cazzo che premeva sotto la patta dei pantaloni, ma non prima di avergli strizzato i coglioni. Li sentivo duri, pieni sotto il palmo e pronti a darmi ciò che stavo cercando disperatamente, la sua sborra. Mossi il bacino in corrispondenza della sua mano e delle sue dita che ormai mi stavano portando al limite senza nemmeno accorgermene. Andai incontro con la mia fighetta a quelle dita splendide incapace di fermarmi e di non ansimare come una cagna. Cristo, era totalmente diverso. Intenso, spregiudicato ma senza aver bisogno di provare dolore fisico. Inarcai improvvisamente la schiena, buttando in fuori le tette e i capezzoli turgidi e la capo indietro quando inserì il dito successivo. « Cristo, così aprimi... Mi sento totalmente... » Non terminai la frase. La stimolazione del clitoride fu così intensa, insieme alla penetrazione, che mi fu impossibile dire qualcosa di sensato. Sentii uno stimolo diverso, come se dovessi andare in bagno ma quando mi lasciai completamente andare vidi le sue dita muoversi ancora più velocemente. Senza essere in grado di fermarmi cominciai a schizzare, uno zampillo forte dal liquido chiaro e quasi trasparente che partiva dalla mia fighetta. « Ti prego, ti prego, ti prego... cazzo... » La mia voce divenne stridula, forte, e mi sembrò che il mio corpo si ruppe per il troppo piacere. Mi lasciai andare totalmente al piacere, al dolore e all'intensità sentendo la figa e il clitoride contrarsi e gonfiarsi ancor di più. Strinsi maggiormente la mano sul suo cazzo e lo guardai negli occhi. Mi morsi le labbra. « Ho... Ho davvero squirtato come una puttana? Cazzo... Dio... Ora lo voglio sentire dentro di me, voglio il tuo cazzo bagnato dei miei umori, della mia figa e voglio sentire i coglioni talmente pieni di sborra da inondarmi... »
Godfrey Harvie R. Edge
« Così Ophelia, manca poco... Ce la puoi fare. » Sussurrai caldamente al suo orecchio e cercai in tutti i modi di aiutarla a squirtare, stimolandole le tette e dedicandomi al clitoride. Esplorai il suo corpo, dannatamente curioso di scoprire i suoi punti deboli per farla cedere, anche in futuro, al di fuori di questo programma. Intanto gemetti per la strizzata ai coglioni e mi godetti la sua mano esperta, sentendo il cazzo crescere a dismisura. In poche e semplici mosse, dopo aver posizionato correttamente le dita, riuscii a far squirtare Ophelia. Uno schizzo trasparente uscì dalla sua figa, creando diversi danni sul sedile e sul pavimento della limousine. Non tolsi le dita fino a quando al culmine del suo piacere e le mossi lentamente fino a sfilarle del tutto. « Hai squirtato come la puttana che sei, esatto... Come mai sembri così meravigliata? » Domandai, non sapendo effettivamente se fosse la prima volta in cui squirtava o meno. Passai le dita fradicie dei suoi umori sulle piccole labbra e raccolsi il suo nettare, spingendole due dita in gola. « Assapora, Ophelia... È il tuo corpo portato al limite. » Le permisi di assaggiarmi per poi slacciare velocemente i pantaloni, liberando di tutti gli indumenti inferiori. Il mio enorme cazzo duro finalmente si liberò e le presi le gambe, tirandole sul sedile. Le diedi una sculacciata e affondai la lingua all'interno della sua figa grondante, esplorandola e leccandola con foga. « Mmmh sei proprio buona. » Commentai malizioso. Il corpo di Ophelia era così leggero che la rigirai a mio piacimento e la sistemai con il ventre contro il bordo del sedile, le mani e il capo a pochi centimetri il pavimento, e la figa e il culo in aria nsieme alle gambe. Mi dava le spalle ma dall'alto, in ginocchio, avevo una visione completa del suo corpo nudo. Mi aggrappai ai suoi fianchi e la schiacciai con il peso, mantenendola bloccata a terra. Presi in mano il mio cazzo e lo accompagnai delicatamente all'interno della sua fighetta. Poi uscii e rientrai con una botta secca, non lasciando fuori neppure un centimetro. « OOOHH! Come sei chiusa e stretta... Cazzo... »
Ophelia Persephone A. Hedegaard
I suoi incitamenti, le sue parole riuscirono a portarmi in quel luogo sconosciuto di cui tanto bramavo l'esistenza. La stimolazione era così tanto intensa che non riuscii a trattenermi facendomi squirtare come mai avevo fatto. Vidi distrattamente i danni che avevo provocato, ma non poteva interessarmi minimamente. Sentivo che le sue dita mi avevano portato all'apice del piacere e ora ero sprofondata nuovamente in quella limousine. Strinsi maggiormente la presa sul suo cazzo duro ancora coperto, e mi permisi di guardarlo negli occhi quando portò le sue dita alle mie stesse labbra assaporando quel gusto dolce e allo stesso tempo amaro dei miei umori. Socchiusi gli occhi succhiando le sue dita immaginando che fosse anche un'altra parte del suo corpo ben più grande. « Mmmmh... Sono buona. » Mormorai assaporando i miei stessi umori. Abbassai lo sguardo mordicchiandomi nervosamente il labbro inferiore, e dopo un lungo sospiro lo confessai. « Sono meravigliata, perché non mi era mai capitato... » Mi sentii in quel momento imbarazzata, ma soprattutto in colpa per il suo rapporto con George. In quel momento, tuttavia, il bisogno di essere scopata fino al limite era troppo per lasciarsi andare ai sensi di colpa e ai pensieri. Dapprima mise la bocca sulla mia figa facendomi urlare, e prendere i suoi capelli in una presa salda e subito dopo, in un batter d'occhio mi capovolse mettendomi a pecorina. Sentivo l'aria fresca battere sulle mie natiche, e la sua mano che accompagnava il suo cazzo enorme alla mia apertura. « Cristo, ti prego scopami... ne ho bisogno. » Supplicai e implorai, quando con un colpo secco mi penetrò facendomi lacrimare quasi gli occhi per la forza e la violenza. Quel senso di pienezza, e la bramosia di averlo fino in modo mi spinse ad andare incontro ai suoi colpi. « Cristo sì, sono tanto stretta. Cristo sei così enorme, dio lo voglio sentire fino alla base, i tuoi coglioni che sbattono e che mi monti come una cagna. Non ce la faccio, ti prego forte... Sfondami! Ne ho bisogno cristo. »
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「 Sᴀʙᴀᴛᴏ ₁₅ Aᴘʀɪʟᴇ ₂₀₁₇ • ᴏʀᴇ ₁₇.₃₀ • ℛᴏʟᴇ ᴄᴏɴ Carter 」 –––––––––– ✞ ✠ Ɲᴏʀᴀ·s Oᴜᴛɪғɪᴛ ﹕ Iɴ ᴄᴏsᴛʀᴜᴢɪᴏɴᴇ.
Luci sfavillanti, sole caldo e corpi guidati da un ritmo che scuoteva le membra di chiunque fosse nelle vicinanze. Il Coachella Festival era l'evento che ogni ragazzo con voglia di divertirsi aspettava con trepidazione. Il calore della California, lo spirito goliardico e la leggerezza tipica di quei brevissimi weekend erano gli ingredienti perfetti per quei giorni di festa. Non era la prima volta a cui partecipavo a quella manifestazione, ma quest'anno c'era qualcosa di diverso, qualcuno che mancava, qualcuno che avrebbe dovuto condividere con me quell'esperienza, ancora una volta. Certo, l'uomo accanto a me era forte, intenso, e capace di assecondarmi nelle mie decisioni, tuttavia non era la persona a cui stavo pensando. L'affetto per Russell, perché questo si trattava, era cresciuto sempre di più nel corso delle settimane e dei mesi trascorsi insieme, tuttavia, qualcosa dentro di me rimaneva costantemente bloccato. La sera stava calando, il sole aveva perso il calore delle ore più calde e intorno a noi i ragazzi si apprestavano ad avvicinarsi agli stand per mangiare qualcosa. Con un vestitino, o meglio un top a triangolo allacciato dietro al collo, color panna e di un tessuto di pizzo, tenevo le gambe nude con un paio di shorts di jeans. Gli stivaletti in camoscio ornavano il mio outfit, slanciandomi con quel poco tacco. A volte bastava davvero poco. Quando Russell ed io giungemmo accanto allo stand della birra, a cui nessuno dei due potevamo rinunciare, lasciai che il ritmo della musica mi guidasse contro il suo corpo possente strusciandomi in modo esplicito. Sorrisi quando le sue mani forti accarezzarono la mia pelle nuda sui fianchi scendendo e risalendo lasciando intuire perfettamente le sue intenzioni.
« Potrei anche cedere, sai? »
Mormorai vicino al suo orecchio mordicchiandolo quando il mio uomo abbassò le sue labbra a sfiorarmi il collo. Inspirai pesantemente socchiudendo gli occhi e godendomi quel momento, ma nel momento in cui alzai lo sguardo e questo cadde sulle persone davanti a me mi irrigidii. Il cuore prese a battere freneticamente nel mio petto e non necessariamente dovuto all'eccitazione di quel momento. Gli occhi inevitabilmente si agganciarono allo sguardo del ragazzo davanti a me, mentre le mie mani inspiegabilmente si posarono su quelle di Russell bloccandole, come se quel gesto fosse un avvertimento per non andare oltre. Quest'ultimo sicuramente capì che vi era qualcosa che non andava e quando anche lui vide chi era presente davanti a noi, ebbe la mia stessa reazione. Solo che era per un motivo totalmente differente. Scossi appena il capo nella direzione del ragazzo di cui sentivo la mancanza in quel momento, le lacrime erano alla porta ma non avrei dato quella soddisfazione, per nessuna ragione al mondo. Mi voltai verso Russell dicendogli che avevo bisogno di allontanarmi ed in fretta. Lui avrebbe capito, lo sapevo o almeno lo speravo con tutto il cuore, anche se in quel momento faceva male prima o poi avrebbe capito. Mi serviva un momento da sola e trovare di nuovo la mia forza. Ci saremmo visti successivamente. Mi allontanai velocemente fino ad arrivare quasi al hotel dove risiedevamo. Stavo letteralmente correndo ma ciò che non avevo previsto fosse il fatto che Lui mi avrebbe seguito. Mi voltai di scatto non appena trovai un punto tranquillo al riparo da occhi indiscreti.
« Perché? Perché sei qui? Perché mi hai seguito? Sei venuto con lei... E prima che tu possa anche solo dire che io ho fatto lo stesso, ti ricordo che le cose sono nettamente diverse! »
I pugni lungo i miei fianchi erano stretti fino a far sbiancare le nocche, il cuore batteva come un martello pneumatico e la sola sua presenza metteva di nuovo ogni cosa in discussione. Avrebbe dovuto saperlo che mi avrebbe fatto male, ma no... lui aveva scelto ancora una volta la sua principessa e non importava quali fossero le circostanze e la colpa fosse mia, Lui era Lui ed era Lui quel qualcuno che mi mancava così tremendamente in quel luogo che portava con sé così tanto significato.
Carter Fryderyk A. Wozniak
*Fin dall'adolescenza adoravo il clima del Coachella Music Festival, e di qualsiasi altro festival simile, tanto da doverne prendere parte ogni singolo anno. Con il tempo però, un semplice evento di alcool e vita mondana, si era trasformato in qualcosa di più profondo. Ricordavo bene la foto scattata lo scorso anno insieme a Nora, davanti alla ruota panoramica, in una posa di pura intimità e sentimento. Conoscevo perfino l'orario in cui era stata scattata, dato che aprivo la galleria del cellulare solo per guardare quello scatto. Mi mancava così tanto e il fatto che fossimo diventati degli estranei, faceva male. Non la vedevo dagli inizi di Febbraio e non la sentivo da tantissimo tempo. Mai avrei pensato di arrivare a un vicolo cielo con lei, senza una via d'uscita. O almeno io avevo ben in mente questa uscita ma la mia sorellastra non la condivideva, e da solo non ero in grado di farle cambiare idea. Tra i due weekend del Coachella, il diciannove Aprile cadeva proprio il mio compleanno, così decisi di festeggiare entrambe le cose in compagnia della mia principessa. La nostra relazione stava andando alla grande e non poteva essere più felice di ciò.* [...] « Stavo pensando al fatto che potremmo cambiare location per festeggiare il mio compleanno, Palm Spring la conosciamo alla perfezione. » *Sussurrai all'orecchio di Belle mentre le baciai i capelli, e intrecciai le dita delle nostre mani tra di loro. Insieme ci avviammo verso lo stand delle birre così da poterci rinfrescare e mangiucchiare qualcosa. La risposta positiva della mia fidanzata mi fece sorridere e la baciai sulle labbra, restando dietro di lei e stringendola tra le braccia possenti. Sollevai lo sguardo da Belle e i miei occhi incrociarono quelli di Nora. Li sgranai, però terminai con il sogghignare sottovoce. Una scelta talmente prevedibile. Il suo corpo era avvinghiato a quello della guardia che teneva le mani sui suoi fianchi. Improvvisamente sentii una fitta di gelosia e non distolsi lo sguardo neppure un secondo, mentre a parole guidai Belle alla scelta della birra perfetta, sperando forse che non si accorgesse di nulla. Ci mancava pure un riavvicinamento tra lei e Russell. Nora sussurrò qualcosa per poi allontanarsi, camminando freneticamente fuori dalla folla. Il bisogno di seguirla si impossessò di me.* « Devo... devo andare, torno subito. » *Farfugliai lievemente confuso a Belle e le diedi un altro bacio così da rassicurarla prima di uscire dall'enorme parco e corsi dietro a Nora, non perdendola di vista. Quando raggiungemmo l'hotel in cui probabilmente soggiornava e una volta trovato un luogo appartato, si voltò nella mia direzione e sputò fuori parole senza senso. Sollevai entrambe le sopracciglia e scossi il capo.* « Tu hai fatto lo stesso con lui e smettila di dire che è diverso, perché non è così. Non cambia nulla. » *Ribattei con la voce carica di rabbia, assottigliando appena lo sguardo e lasciando libero sfogo alla mia mente. Dovevano confrontarci ora, in un momento di dolore e delusione per entrambi.* « Non capisci che non avrei nemmeno messo gli occhi su Belle, se tu avessi creduto in noi. Almeno una dannata volta! » *Alzai il tono di voce per l'ultima frase e strinsi la mano a pugno, incapace di trattenermi, fissandola in volto. Feci un passo in avanti, altrettanto inabile di starle lontano. Respirai lentamente e profondamente, anche se il mio scopo non era calmarmi bensì arrivare ad una soluzione con lei.*
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「 Lᴜɴᴇᴅɪ̀ ₆ Fᴇʙʙʀᴀɪᴏ ₂₀₁₇ • ᴏʀᴇ ₂₁.₃₀ • ℛᴏʟᴇ ᴄᴏɴ Carter –––––––––– ✞ ✠ Ɲᴏʀᴀ·s Oᴜᴛɪғɪᴛ ﹕ Iɴ ᴄᴏsᴛʀᴜᴢɪᴏɴᴇ.
La sabbia, il mare, il sole, ogni singolo particolare era impresso nella mia mente mentre ripercorrevo i momenti trascorsi a Dubai. Quando Russell mi aveva proposto di partire avevo acconsentito senza nemmeno pormi il problema della destinazione, di come avrei dovuto giustificarmi in ufficio: avevo fatto la valigia ed ero partita.
Quel sentimento così forte nei confronti del mio bel manzo era qualcosa che non volevo prendere in considerazione, ma dovevo ammettere che dopo così tanto tempo passato insieme, stava diventando una presenza importante. Il mio bel manzo... Un sorriso ammiccante comparve così sulle mie labbra al pensiero delle sue mani, della sua forza, del suo cazzo dentro di me. Dio, oltre a essere un manzo e il Dio del sesso, riuscendo a raggiungere punti nascosti che a lungo erano rimasti segreti. Per non pensare a ciò che era successo in Grecia.... D'altra parte però il cuore continuava a battere per una persona diversa da quella che ogni sera mi appagava e mi lasciava totalmente senza forze. Ormai era parecchio tempo che non ci incrociavamo, nemmeno di sfuggita e i nostri genitori erano partiti per chissà qualche viaggio oltreoceano, lasciandoci ancora una volta con stupide istruzioni sul frigorifero. Quando giunsi in casa, in quel meraviglioso attico scenario di tanti ricordi, sorrisi disattivando l'allarme vicino alla porta d'ingresso e avviandomi in cucina. Tra me e me pensai che probabilmente, la scusa di innaffiare le piante fosse una semplice scusa da parte dei miei per potermi riavvicinare a Carter. Come sempre loro sembravano sapere ogni cosa, solamente che questa volta non era la semplice litigata che avveniva quando eravamo più piccoli. Con un lungo sospiro scossi il capo portando tutti i capelli oltre le spalle e aprii il frigorifero in cerca di qualcosa da bere nel frattempo. Mi chinai in avanti fino a piegarmi sulle ginocchia per trovare qualcosa quando sentii un borbottio alle mie spalle. Non dovetti nemmeno girarmi per sapere chi era alle mie spalle, la sensazione era chiara e forte.
« Meno male che c'è la donna di servizio che riempe il frigo... Fosse per te in questa casa non ci sarebbe nulla. Comunque sono passata io a bagnare le piante... Puoi tornare a casa dalla tua principessa. »
Dissi senza nemmeno voltarmi. Il mio tono di voce grondava sarcasmo, ma ciò che nascondeva perfettamente era dolore, un dolore forte che si ripercuoteva nel mio petto, esattamente all'altezza del cuore, dove pensavo che ci fosse una corazza di ghiaccio.
Carter Fryderyk A. Wozniak
*Ormai non avevo più una sistemazione fissa, con Belle era un continuo oscillare tra Monaco e Manhattan, escludendo le varie vacanze di una settimana o di un mese in diverse parti del mondo. Entrambi avevamo la possibilità di continuare a lavorare anche in viaggio, ci bastava un laptop e un po' di popolarità per portare a casa buoni scatti e articoli. Ultimamente però, dopo essere tornati dal Pitti Immagine a Firenze, stavamo passando parecchio tempo a New York. Ricevetti un messaggio da parte dei miei genitori, in viaggio come al solito, che mi pregarono di annaffiare le piante per non farle morire. La trovai una richiesta molto strana, considerando il fatto che avrebbero potuto delegare la richiesta a una qualsiasi persona a nostra servizio. Quando arrivai e vidi le luci dall'appartamento già accese, capii che si trattava esclusivamente di una scusa per un incontro ravvicinato tra me e Nora. A stento ricordavo la sensazione di averla a pochi centimetri di distanza. Non la vedevo e non la sentivo da moltissimo tempo. Più guardavo le sue foto in costume con Russell, più mi saliva la voglia di chiudere definitivamente i rapporti. Non avremmo mai potuto avere un tranquillo rapporto tra fratello e sorella perché non sarei stato in grado di ascoltarla mentre parlava della sua vita amorosa. Entrai all'interno dell'attico e scorsi Nora di fronte al frigorifero. Feci abbastanza rumore con l'obiettivo di attirare la sua attenzione ma non successe nulla di ciò. Borbottai scocciato, inarcando entrambe le sopracciglia e sbuffai.* « Fosse per me in questa casa non ci sarebbe nulla per il semplice fatto che hanno inventato il trasporto a domicilio e i fast food per chi non ha intenzione di cucinare. » *Ribattei immediatamente. Se il suo tono grondava sarcasmo, il mio colava il doppio. Sollevai gli occhi al cielo e lasciai che sul mio volto si dipinse una smorfia contrariata provocata dai suoi modi di fare fin troppo saccenti.* « Ti correggo... posso tornare a casa dalla mia principessa nonché futura erede al trono, tra poco mi vedrai in tv come sovrano di Monaco. » *Aggiunsi strafottente, sogghignando ad alta voce così da farmi sentire, ignorando del tutto l'esplosione di sentimenti dentro di me. Mi avvicinai lentamente fino a giungere al frigorifero e prima di compiere qualsiasi altra mossa feci vagare lo sguardo su di Nora, osservandola chinata in avanti e accovacciata sulle ginocchia alla ricerca di qualcosa, probabilmente qualcosa da mangiare. Chiusi lo sportello dell'apparecchio, assicurandomi di non causarle del male. Mi piegai anche io, sovrastandola e posando le labbra a pochi centimetri di distanza dal suo orecchio.* « Bisogna guardare negli occhi la persona con cui si sta parlando, sai? I tuoi genitori non te l'hanno insegnato? »
Nora Elyse H. Kingsley
Non vi era la necessità di girarsi, non ne avevo motivo perché nell'esatto momento in cui varcò la soglia della cucina sapevo perfettamente chi fosse arrivato. Era incredibile come riconoscessi il suo passo, la sensazione di lui alle spalle, il suo profumo che mi inebriava. Tutto di lui mi faceva battere forte il cuore, tuttavia sia io che Carter eravamo giunti ad un impasse. Nascosi un riso divertito alle sue parole. Se vi era una cosa che conoscevo bene del mio fratellastro era il suo amore per i fast food e il cibo spazzatura in generale, dagli hamburger alla pizza passando per le suo crocchette di pollo di cui andava matto. Non era un caso che li avesse menzionati, se fosse stato per lui avrebbe mangiato così per il resto della sua vita. Rimasi immobile ed indifferente ascoltando le sue parole, ma non potei nascondere un'espressione del tutto sorpresa e allo stesso tempo divertita nell'udire il fatto che avrebbe varcato anche le soglie del Principato di Monaco in qualità di sovrano. « Beh che dire... Chi più di te saprebbe essere un buon monarca? » Mi voltai appena lanciandogli così una fugace occhiata divertita e d'intesa, tornando poi alla mia ricerca di cibo e bevande. Quando avvertii la sua presenza alle spalle, dopo il suo avvicinamento, sentii il calore pervadermi, salire dall'altezza del petto sempre più fino a colorirmi maggiormente le gote. Quando sentii il suo profumo fresco dovetti chiudere gli occhi e inspirare a lungo prima di riuscire a trovare la voce. Le mie tettone si fecero subito più pesanti, la mia vagina ebbe una contrazione e i capezzoli si inturgidirono diventando boccioli da succhiare, titillare e torturare. Era del tutto incredibile come solo la sua presenza potesse risvegliare in me qualsiasi tipo di reazione fisica ed emotiva. Mi mordicchiai il labbro inferiore e mi presi il mio tempo prima di rispondere. Socchiusi gli occhi ed inspirai, voltando così il capo verso di lui e trovandomelo a pochi centimetri dal volto. « Niente paternale fratellino. Potrei dire lo stesso di te quando invadi lo spazio personale di qualcuno, non credi? Eppure... » Lasciai in sospeso la frase e puntai un dito sul suo petto. Abbassai appena lo sguardo sulla mia unghia smaltata di rosso e inumidii le labbra. L'avrei voluto allontanare, tuttavia quel semplice contatto rimase lì. Non avevo la minima forza di togliere quel piccolissimo contatto che in quel momento, ed in quella situazione rappresentava ogni cosa.
Carter Fryderyk A. Wozniak
*Odiavo la situazione che si era venuta a creare tra me e la mia sorellastra, sembravamo in lotta perenne per qualcosa di indefinito. Mi mancava così tanto e vederla dopo mesi di lontananza mi provocava uno strano effetto. Ammisi di aver specificato il titolo nobiliare di Belle soltanto per creare del fastidio a Nora ma non ottenni alcuna reazione negativa, anzi, sembrò confermare la mia innata natura per il potere. Colsi la sua occhiata d'intesa e incurvai soltanto il lato destro della bocca, abbozzando un tirato e mezzo sorriso.* « Nessuno è più adatto di me. » *Risposi prima di raggiungerla e chinarmi sulle ginocchia, sovrastandola con il mio corpo e mettendomi dietro di lei. Annusai il suo buon profumo che subito arrivò alle mie narici e la stuzzicai a parole. Trattenni una risata nel vederla socchiudere gli occhi e inspirare. Aspettai una sua reazione e si girò verso di me. La guardai e l'ascoltai. Lasciò la frase in sospeso ma non le chiesi di continuare, sicuro che non avrebbe aggiunto altro. Abbassai lo sguardo per osservare il suo dito puntato verso il mio petto, non meravigliandomi più nel vedere l'unghia smaltata di rosso, un colore che usava spesso. Sollevai poco dopo il capo e i nostri occhi si incrociarono. Rimasi a guardarla intensamente senza emettere una parola, respirando piano a pieni polmoni. Chinai nuovamente la testa e vidi i capezzoli turgidi premere contro la canottiera senza reggiseno. Subito il fiato divenne più pesante e non vidi altro. Le sue curve mi avevano sempre fatto impazzire e vivere insieme gli anni della nostra adolescenza, dello sviluppo, era stato devastante. Con un movimento rapido presi il capezzolo destro in bocca e lo succhiai da sopra il tessuto, ciucciandolo e lambendolo con la lingua, stimolando l'areola. Poi afferrai la canotta e bruscamente la strattonai, e allora le sue tettone balzarono fuori. Ringhiai e mi alzai di scatto per darle le spalle. Chissà se le era passata per la mente la possibilità di incontrarci nel nostro "rifugio" e si era vestita in quel modo solo per me. In un certo senso lo dubitavo, considerate le sue solite mise e l'essere provocante e impeccabile in ogni momento.* « Inutile continuare a cercare nel frigorifero, non troverai nulla. Se vuoi ordina qualcosa da mangiare altrimenti ti conviene andare. » *Le dissi semplicemente, utilizzando un tono di voce del tutto pacato per mettere in chiaro le cose. Mi allontanai e feci dei passi in avanti, raggiungendo la vetrata che dava sul balcone.*
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( ❧ ) ──── 𝑪𝒂𝒎𝒊𝒍𝒍𝒂 𝒂𝒏𝒅 Damien ;; 19ᴛʜ Sᴀᴛᴜʀᴅᴀʏ﹐ Nᴏᴠᴇᴍʙᴇʀ 2016 ( 𝓒ᴀᴍɪʟʟᴀ·s Oᴜᴛɪғɪᴛ ﹕ Iɴ ᴄᴏsᴛʀᴜᴢɪᴏɴᴇ. )
Club privati, feste esclusive... La mia vita era cambiata in breve tempo da quando avevo varcato la soglia di casa di mio fratello Aksel. Non che non fossi abituata a tutto questo, perché un poco me lo aspettavo, ma non credevo che ogni cosa potesse essere così amplificata. Stavo vivendo un sogno. Un sogno da cui non avevo alcuna intenzione di svegliarmi. E quel sabato sera era una dannata fortuna che non fossi stata seguita. I paparazzi ti seguivano ovunque e se avessero potuto probabilmente avrebbero fatto anche qualunque cosa per seguirti perfino in bagno, e sebbene alcuni non avessero limiti, altri invece sapevano quando dire basta e non oltrepassare quel lieve confine tra vita privata e pubblica che ormai mi perseguitava. Ero ancora agli inizi nella mia attività di modeling, la mia vita era stata stravolta ma un punto fisso, oltre alla carriera di modella, era l'ammissione che avevo ottenuto alla Columbia University. Avrei fatto di tutto per riuscire e non avrei permesso a niente e nessuno di frapporsi tra me e i miei obiettivi. Ma come ogni ragazza che si rispettava, anche a me piaceva divertirmi, e mi piaceva eccome. Sabato sera voleva dire solamente una cosa: nightclub. Da quando ero giunta in città, non avevo impiegato troppo tempo a trovare quali fossero i locali in e quelli out, e quel sabato era perfetto per il VipRoom. Vestito nero, tacchi vertiginosi rigorosamente senza calze e capelli raccolti in una crocchia. Elegante, sofisticata ma anche dannatamente sexy. E non importava se non avessi potuto ordinare da me un drink alcoolico, ci avrebbe pensato sicuramente qualcun altro. Tutto stava nel non farlo scoprire a mio fratello. [...] Le luci stroboscopiche giravano creando un'atmosfera intrigante e misteriosa, i corpi dei presenti erano avvinghiati gli uni agli altri in balli più o meno spinti ma solo quando giunsi al bancone notai una coppia. Capelli più lunghi di quanto andassero portati, barba incolta e occhi azzurri che trasudavano ordini come "ora ti scopo e tu me lo permetterai" come se una donna sana di mente avrebbe potuto rifiutare: ecco chi avevo davanti a me. Il fisico appariva forte, muscolo ma non troppo, non come i palestrati che andavano di moda, e le mani, Dio, quelle mani erano mani decisamente esperte. Quando la donna si alzò non potei trattenermi.
« Secondo me non dovresti perdere tempo con la morettina. Innanzitutto puoi avere qualcosa di mille volte meglio, e soprattutto se pensi di andare da qualche parte con lei, scordatelo. »
Dissi alzando il bicchiere come a brindare nella sua direzione. Portai questo alle labbra e lo tracollai in una sola sorsata, lasciando che il bruciore dell'alcool mi scaldasse nel profondo. Il sorriso sardonico e allo stesso tempo malizioso si ampliò ancor di più quando fissai i suoi occhi di ghiaccio.
« Se avesse voluto davvero dartela, ti avrebbe detto di andare in bagno con lei... Come minimo te la da al terzo appuntamento. »
Damien Llyod V. Richmond
Nonostante la luce fosse di fondamentale importanza per un lavoro come il mio, il fotografo, la sera sentivo il desiderio di sgattaiolare nelle tenebre e viverci all'interno. Per questo motivo, fin da adolescente, adoravo spendere il weekend e altre festività particolari nei diversi nightclub della città. Mai una tappa fissa ma sempre a ruota, per il tipo di evento o per altri fattori superflui. Per il mese di Novembre avevo deciso di seguire una sorta di ordine alfabetico e quel sabato toccava proprio al Vip Room. Già il nome era un programma e sapevo benissimo di trovarci gente appartenente ad un certo livello sociale poiché l'ingresso non era acconsentito a chiunque. Inutile dire che, come ogni volta, feci colpo e trovai subito una ragazza con cui ballare in pista e passare il resto della serata. In piedi davanti alla donna dai capelli mori, seduta su uno sgabellone posto di fronte al bancone, mi chinai per sfiorarle il collo con le labbra. Mi allontanai poco dopo e passai una mano tra i capelli biondi di lunghezza media, più del normale, e diedi un altro sorso al drink. Cercai di sfruttare tutte le mie carte con l'intento di farmi una bella scopata, nulla di più. Improvvisamente mi disse di dover fare una chiamata importante e corse via, scivolando tra la folla. Sospirai nervoso. Non sarebbe tornata. Terminai il mio drink tutto d'un fiato e nel mentre sentii una voce femminile, calda e sensuale, interrompere il momento di incertezza. Sollevai gli occhi e i miei color ghiaccio si incontrano con quelli azzurri della femmina più bella che avessi mai visto. Il mio sguardo famelico la divorò, concentrandosi sulla scollatura che metteva in risalto un seno prosperoso di cui immaginai i capezzoli e raggiunsi le cosce invitanti. Ebbi un sussulto. Mi sarebbe piaciuto da morire fotografarla nuda, nel mio studio, fermare in un'immagine quel corpo pieno di erotismo. Avrebbe rispecchiato a pieno il concetto di "age of innocence": tanto giovane e innocente, dall'aspetto angelico, quanto carica di desideri perversi che percepii entrare in contatto con i miei. Sembravamo molto simili. « Tu la dai al primo appuntamento? » Chiesi sogghignando non con l'intento di deriderla ma affascinato, perfino fin troppo per essere un primo incontro, da lei. Increspai le labbra in un sorrisetto malizioso e feci dei passi in avanti. « Di meglio? Questo meglio sei tu? O addirittura sei peggio della morettina? » Domandai punzecchiandola ancora e senza smettere di fissarla negli occhi. Mi avvicinai pericolosamente a lei al punto di farle sentire il mio respiro fresco e profumato. Allungai una mano e le sistemai una ciocca di capelli scivolata fuori dalla crocchia per poi accarezzarle il labbro inferiore con il pollice. « Dimmi chi sei. »
Camilla Silje A. Sørenson
I suoi occhi sembravano scavarmi dentro, arrivare fin dove nessun altro aveva mai avuto accesso e mai sarebbe successo. Mi sentivo esposta, nuda, eppure allo stesso tempo non mi sentivo affatto debole, anzi. Sembrava che con quella sola occhiata avesse voluto mettermi in guardia e un brivido di eccitazione corse lungo la mia schiena. Il sorriso malizioso non mi abbandonò e nemmeno quel desiderio di sfida che era insito nella mia provocazione. La sua battuta aveva uno scopo preciso, quello di deridermi, tuttavia nella sua voce vi era una punta di curiosità che mi fece sorridere. Sviai la prima domanda attendendo il suo arrivo. Non avrei tradito me stessa rispondendo, ben sapendo che se lui avesse fatto una mossa difficilmente avrei saputo resistergli. Era dannatamente sexy. In poco tempo aveva annientato ogni tipo di distanza fra di noi, e il rumore che ci circondava divenne un semplice brusio. O almeno fu così per me. Seguii le sue mosse con un'attenzione quasi spasmodica, affascinata dalla sua forza, da come il suo sguardo diventasse sempre più intenso a mano a mano che si avvicinasse, e da quella voce roca immaginando che potesse far venire una donna solamente ordinandole di toccarsi. Schiusi le labbra espirando quando sentii la sua mano accarezzarmi inevitabilmente la pelle vicino alla mia chioma, ma fui grata della mia forza. Non distolsi lo sguardo nemmeno in quell'istante e quando la curiosità giunse alle sue labbra chiedendomi chi fossi, ampliai il mio sorriso. « Potrei risponderti che sono chiunque tu vuoi che io sia, ma sarebbe fin troppo scontato. Mi limiterò a dire che posso essere il tuo miglior desiderio che potesse mai avverarsi. » Ridacchiai appena ma quando il suo pollice scese lungo la mia guancia per finire la sua strada sul mio labbro inferiore, smisi immediatamente. Di nuovo la sensazione di essere esposta, ma questa volta sotto le sue mani, divenne ancor più forte ed intensa. « E' abbastanza per te? O vuoi continuare a perdere tempo con quella? »
Damien Llyod V. Richmond
« Chiunque io voglia tu sia? È una banalità, hai ragione, ma tutte le donne mi hanno sempre risposto con un nome, vero o falso che fosse. » Scrutai attentamente le labbra carnose che si inarcarono, scoprendo i denti bianchi dopo aver rivelato una voce molto sensuale. La udii ridacchiare ma appena le mie dita sfiorarono la sua pelle morbida si zittì. Una conferma silenziosa che arrivò qualche secondo dopo, al posto della risposta tanto attesa. Un gesto che mi fece capire che sì, me l'avrebbe data al primo appuntamento a differenza della preda precedente. Un sorriso malizioso si dipinse sul mio volto per la deliziosa scoperta. « Voglio che tu sia la mia musa. » Pronunciai quelle parole di getto e d'istinto, spinto da un desiderio innato di possedere la donna di fronte a me. Mai mi era capito di incontrare una tale bellezza con cui percepii un feeling a pelle. Terminai di bere il drink e lasciai il bicchiere vuoto sul bancone, e tornai da lei. La mano scivolò lungo la sua coscia scoperta prima di prenderle la mano e farle fare una giravolta. « Andiamo. » Le ordinai all'orecchio, sfiorandole il retro del lobo con le labbra. Non la baciai, l'accarezzai soltanto e la trascinai con me al centro della pista. Posai le mani sui suoi fianchi e tenendola ben salda, mi spinsi contro di lei e incastrai il cazzo tra le sue natiche fasciate dal vestito. Ballai a ritmo di musica e mi strusciai lentamente, vezzeggiando il ventre con le dita e trattenendomi dalla voglia di afferrare le tettone. « Fammi vedere come ti muovi, musa... un passo prima di farmi vedere come ti tocchi in privato. » Sogghignai ancora e utilizzai un tono udibile mentre continuai a muovermi, tenendola ben stretta a me per mettere in chiaro a chiunque si avvicinasse, la sua appartenenza a me.
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「 Mᴇʀᴄᴏʟᴇᴅɪ̀ ₁₁ Mᴀɢɢɪᴏ • ᴏʀᴇ ₂₁.₃₀ • ℛᴏʟᴇ ᴄᴏɴGeorge 」 –––––––––– ✞ ✠ Ɲᴏʀᴀ·s Oᴜᴛɪғɪᴛ ﹕ Iɴ ᴄᴏsᴛʀᴜᴢɪᴏɴᴇ. Scrivere a volte era la cosa più naturale che potessi fare. Parole che all’apparenza probabilmente non avevano nessun significato per qualsiasi lettore, eppure per me era la cosa che più mi rilassava. Ma non era l’unica. Scrivere a George probabilmente era la cosa peggiore, e quante volte avevo preso in mano l’iPhone per scrivergli per poi desistere dicendomi che me la sarei cavata da sola. Ma vedere come era stato lui a scrivermi, come fosse stato lui a capire che avevo bisogno di un qualcosa che nemmeno io sapevo cosa, fece sì che nel mio cuore avvampò una sorta di calore. Era ancora una volta l’unica persona che mi conosceva meglio di quanto mi conoscessi io. Inspirando ancora una volta, mentre mi addentravo nell’atrio del grattacielo dove risiedeva il mio ex Padrone, provai quella sensazione che mi aveva colpito così tanti anni fa: sollievo. Entrai nell’ascensore con passo svelto e deciso, i tacchi che risuonavano come un eco sul marmo color avorio, il corpo fasciato da un vestito nero che innalzava il mio seno più che prosperoso e i capelli sciolti che accarezzavano le spalle. Dentro potevo anche morire, ma esteriormente avrei sempre metto al primo posto il mio aspetto. Sapevo che mi stava aspettando, sapevo che oltre quelle porte specchiate vi era quell’uomo che tanto avevo amato ma che amavo anche tutt’ora, solamente in modo appena diverso, e che avrei amato per tutta la mia vita. Ero decisamente in trepidazione. Ognuno di noi era andato avanti con la propria vita, ognuno di noi aveva avuto la possibilità di trovare un’altra persona alla quale cedersi, ma tra i due io ero quella meno fortunata. A me non era andata così bene. Il bip dell’ascensore mi avvisò dell’imminente arrivo al piano e non appena le porte si aprirono, oltrepassai la soglia con il cuore che batteva all’impazzata. Ophelia era una persona splendida, oltre a essere una ragazza meravigliosa fisicamente con le sue curve e di una simpatia disarmante, una sottomessa perfetta per George ed ero certa che per lui fosse qualcosa di più di una semplice sottomessa, ma per quella sera avevo chiesto esplicitamente che non ci fosse. Non che avessi nulla contro di lei, anzi, ma avevo davvero bisogno di vedere George da sola. Non sapevo nemmeno io che cosa sarebbe successo, ma parlare con qualcuno che avesse fare con il nostro mondo, con il nostro stile di vita e conoscesse anche la mia più profonda oscurità, era ciò di cui avevo bisogno. Quando alzai lo sguardo vidi i suoi occhi. Non aveva resistito dall’aspettarmi sulla soglia della porta, e vederlo lì, in piedi emanando quel potere che ancora aveva effetto su di me, mi fece salire un brivido lungo la schiena insieme ad un calore liquido in mezzo alle cosce. Alcune sensazioni erano proprio dure a morire. « Mi accogli alla porta, Signore? Da quando? » Mormorai mentre un lieve rossore salì alle mie gote. Mi avvicinai alle sue labbra lasciando un casto bacio all’angolo della sua bocca e lo oltrepassai addentrandomi nel suo attico. Giunta alla sala mi voltai nella sua direzione. Sentivo i suoi occhi trafiggermi quasi le spalle e la sua autorità farsi ancora più imponente, mentre pronunciavo quelle parole e i nostri sguardi si agganciavano nuovamente. « Grazie. Per avermi scritto, per avermi accettato e per non aver fatto venire Ophelia, non… Non mi sarei sentita a mio agio. Lo sai che l’adoro ma… Sa che sono qui? »
George S. Van Der Bilt
« Da quando sono impaziente di vederti. É così che si fa, no? Le regine non aprono mai la porta con le proprie mani. » *White Queen era il soprannome affidato a Nora nell'Ottavo Cerchio. Veniva chiamata così dalle persone a lei inferiori, da chi si sottometteva dinanzi alla sua sensualità, intelligenza e potenza. Si trattava di un soprannome che a me non apparteneva e che non era mai uscito, sessualmente parlando, dalle mie labbra. Per questo pronunciai quelle parole con una punta di sarcasmo nella voce. Nora per me non era la maîtresse, era la sottomessa per eccellenza. La mia. E toccava a lei rivolgersi in modo adeguato nei miei confronti, chiamandomi Signore. Quando varcò la soglia dell'ascensore, i miei occhi non furono che per lei. La scrutai attentamente e il vestito rosso scelto per il nostro incontro, mi fece mancare il respiro. Rosso accesso, brillante e con una provocante scollatura che lasciava ben intravedere quanto generose fossero le sue curve. Il suo seno alto e prosperoso, che aveva seguito un percorso di crescita proprio come la sua moralità. Si avvicinò alle mie labbra e non riuscii a ricambiare quel bacio né per la castità né per la brevità. Posai una mano sulla sua schiena bassa, accompagnandola fino al momento in cui si allontanò da me. Continuai a guardarla, facendo scivolare con insistenza lo sguardo sul suo sedere. Poi chiusi la porta del mio appartamento e camminai nella sua direzione, girandole intorno fino a trovarmi dall'altra parte di fronte a lei.* « Sì, lo sa. Ne abbiamo parlato questa mattina. » *Le risposi semplicemente. Nella mia mente rimbombavano ancora le parole dette da Ophelia, il suo desiderio di essere presente ad un altro incontro tra me e Nora. Ma questa era una questione privata e avevamo bisogno di stare da soli. Conoscevo la sua più profonda oscurità, me ne ero preso cura e riuscivo a capirla così bene perché anch'io nascondevo dentro di me le stesse tenebre, gli stessi demoni. Il piacere del dolore, di eccitarsi con il dolore. Mi avvicinai al centro del salotto, dove c'era un piccolo tavolino su cui avevo appoggiato due calici pieni fino all'orlo di vino rosso e la rispettiva bottiglia. Come se nulla fosse presi posto sul divano, sedendomi comodamente e guardando dal basso Nora davanti a me. La bocca si incurvò in un sorrisetto compiaciuto nel vederla in piedi, esitante, ferma in attesa di un ordine. Bevvi un primo sorso e inutile dirlo, la mia attenzione non era catturata dal suo viso, ma dal grosso seno. Sospirai piano e bevvi ancora.* « Abbassa il vestito Nora, lascia libere quelle splendide tettone. » *Le ordinai di rendere la scollatura maggiormente evidente, liberandone la carne che si trovava sotto. Ophelia era perfetta per me, ma Dio, sentivo la necessità di aggrapparmi a delle tettone. Il mio tono autoritario non permetteva repliche e sapendo quanto fosse ben addestrata, non mi avrebbe disobbedito.* « E dopo averlo fatto mettiti in ginocchio, il tuo posto è ai miei piedi. » *Un altro ordine arrivò ed aspettai trepidante di averla in ginocchio, tra le mie gambe leggermente divaricate, nel posto che le apparteneva più di qualunque altra cosa. Non appena la vidi lì, qualcosa dentro di me scattò. Improvvisamente mi ricordai quanto forti fossero i miei sentimenti per lei, quell'amore che non cessa e non sparisce mai neanche a distanza di tempo.*
Nora Elyse H. Kingsley
Le sue parole mi fecero sorridere. Ma un sorriso diverso rispetto a quello che era da sempre la mia maschera quando mi mostravo in pubblico. Chiunque mi guardasse pensava che fossi felice, che fossi tutto ciò che volevo essere. Quanto si sbagliavano. Umettai appena le labbra alzando un angolo delle labbra mentre lo oltrepassai. Mi aveva chiamato "regina" e sapevo che non l'aveva fatto in modo sprovveduto. « Uhm... Ne avete parlato questa mattina e a lei va bene? Wow, quella ragazza ti deve davvero adorare, oppure ha una fiducia cieca in te... » Dissi guardandolo in volto e quando vidi i suoi occhi capii perfettamente. George poteva dire e fare tutto ciò che voleva, ma dentro di sé il nome di Ophelia era scolpito, e nulla sarebbe cambiato. « Oh... Ora ho capito, la storia si fa interessante. Hai trovato la tua metà finalmente, ma incomprensibilmente non te ne rendi ancora conto. » Il mio sorriso si fece più ampio e sapere che almeno uno tra noi due aveva trovato ciò che cercava faceva apparire quel nostro incontro in un modo che non avevo previsto. Forse un peso che non pensavo di avere, scivolò via da me. Sapere che trovarmi in quella casa non era visto come un possibile tradimento, fece sì che potessi prendere un piccolo respiro. Rimasi in silenzio, avvertendo come l'aria intorno a noi fosse cambiata. La sua posa, il suo sguardo, il suo atteggiamento era quello del mio dominatore. Non vi era bisogno che indossassi il collare per sapere che me lo stava ordinando. Il calore in mezzo alle mie cosce aumentò, fino ad inumidire completamente il cotone del mio tanga e colare così lungo la pelle calda delle mie gambe. Senza mai distogliere lo sguardo dal suo mi avvicinai di qualche passo fino a giungere tra le sue gambe aperte. Mi inginocchiai prendendo così il posto che mi aveva sempre dato quella sensazione di completezza nella giovane età. Umettando le labbra abbassai le spalline del mio vestito rosso fuoco, sospirando quasi quando le mie tettone balzarono fuori dal vestito e scendendo appena. Le aureole dei capezzoli erano scure trasformandoli in piccoli boccioli turgidi che avrebbero fatto venire a chiunque l'acquolina in bocca. Ma per George era più che passione. Tirai giù maggiormente il vestito fino ad averlo arrotolato all'altezza della vita, gattonai fino a posizionarmi in mezzo alle gambe con le braccia lungo i fianchi. Sotto il suo sguardo mi sentivo fremere, eccitata. Ero giunta lì per parlare ma ero abbastanza certo che, se lo avremmo fatto, lo avremmo fatto necessariamente dopo qualunque cosa stesse accadendo. L'unico mio pensiero era quella serenità del pensare che ero in mano sua adesso, e desideravo solamente le sue mani, il suo cazzo, tutto di lui come solo lui poteva provocarmi dolore e piacere. « Padrone... »
George S. Van Der Bilt
*Non risposi alle sue insinuazioni su quanto fosse profondo il mio interesse per Ophelia, limitandomi ad cenno del capo per farle capire che l'avessi ascoltata. Talvolta ero silenzio e non era quello l'argomento che volevo affrontare adesso, viste le ragioni per cui Nora mi aveva fatto visita. Le rivolsi il primo ordine della serata senza farle indossare il collare che avrei visto risplendere attorno al suo collo nei giorni successivi. Le avrei infatti chiesto di passare del tempo con me prima di partire per Miami e raggiungere definitivamente Ophelia. L'impulso sessuale aveva il predominio sull'essere umano, perfino sulla parte razione e sapevo quanto forti e presenti fossero le perversioni. Tra di esse il parzialismo: un'attenzione esclusiva per una certa parte del corpo, senza la quale è difficile raggiungere l'orgasmo. Ma il mio non era un disturbo o una devianza, era una vera e propria passione. Un bisogno, un desiderio e una necessità di potermi dedicare ad un bel paio di tettone. Leccarle, toccarle, vederle, osservarle e studiarne i dettagli. Proprio come quelle di Nora. Aspettai con ansia che abbassasse le spalline del vestito rosso intenso e quando lo fece, mostrandomi quanto generosa fosse la sua carne, sentii l'erezione crescere a dismisura, andando a scontrarsi contro il tessuto dei pantaloni. Senza che me ne accorsi un sospiro di piacere e approvazione fuoriuscì dalle mie labbra. I miei occhi si concentrarono sui suoi grossi seni, pieni e sodi. I capezzoli erano già turgidi e così dannatamente invitanti, tesi verso di me, contornati dall'areola scura. Porca troia. Ero follemente innamorato della loro forma, della dimensioni, del profumo, La loro migliore prestazione la davano a pecorina, dove potevano pendere e ballare senza alcun tipo di restrizione e mentre la scopavo poiché potevano muoversi liberamente, a destra e a sinistra, sballonzolare di qua e di là. Non le tolsi mai gli occhi di dosso e vederla tirare giù maggiormente l'abito arrotolato all'altezza della vita, fu per me un altro corpo. E lei lo sapeva. Mi conosceva alla perfezione, almeno quanto io conoscevo lei ed era in grado di colpire i miei punti di deboli. Quando si posizionò a quattro zampe, gattonando verso di me, strinsi le dita attorno al calice pieno di vino. Bevvi un altro sorso ma non per questo smisi di guardarla con gli occhi scuri e bramosi di affondare con il cazzo nella sua figa bagnata e stretta. Allontanai il bicchiere e sospirai ancora, fremendo, sentendo il corpo andare letteralmente a fuoco. Seppur ancora non fosse successo nulla. Ecco l'effetto di Nora Kingsley, la sottomessa più obbediente e sexy che avessi mai avuto. Allungai la mano libera e la portai sul suo viso, accarezzandone la pelle liscia e scendendo fino alla mascella. Poi risali e le sferrai uno schiaffo sulla guancia destra. Non mi preoccupai di farle male, affatto, con Nora potevo spingermi a limiti assurdi e raggiunti i limiti assurdi, mi avrebbe pregato di continuare perché non poteva mai averne abbastanza.* « In ginocchio, Nora. Quando dico in ginocchio intendo nella posizione che il tuo Padrone ti ha insegnato. Metti le mani sulle cosce. » *La rimproverai, guardandola con occhi severi e parlando rigidamente. Mi alzai dal divano e non le rivolsi la parola, non l'avvisai, certo che non si fosse mossa di un centimetro. A meno che non avesse voluto sfidarmi ed essere punita a sangue, nel vero senso della parola. Mi avviai verso la camera da letto e tornai con un baule tra le mani, contenente i miei oggetti preferiti appartenenti al mondo del BDSM. Tornai a sedermi a gambe aperte e mi chinai su di lei, prendendole i capezzoli in bocca, una alla volta. Feci roteare la lingua attorno, delineando le areole e succhiando avidamente. Mi staccai provocando uno schiocco e infilai una mano all'interno del contenitore, estraendo dei morsetti per i capezzoli che applicai poco dopo. Erano i miei preferiti per un dettaglio: vibravano e se ne sarebbe accorta da lì a poco.* « Hai sete? »
Nora Elyse H. Kingsley
Poteva essere passato un secondo come un'ora intera ma sapevo perfettamente che in quel momento i suoi occhi fossero fissati sui miei seni pieni e rotondi. George mi aveva visto crescere, dalla semplice bambina irruenta e piena di rabbia contro il mondo fino a diventare l'accenno di donna che stavo diventando. Aveva visto il meglio e il peggio di me e fisicamente parlando, aveva visto come era cambiato il mio corpo, come si era sviluppato. Il cuore batteva sempre più forte all'interno del mio petto mentre il suo sguardo non accennava a cambiare direzione. Mi sentivo libera, in ginocchio in mezzo alle sue gambe con lo sguardo appena abbassato. Sentii la sua mano forte accarezzarmi, scendere lungo il mio viso e risalire subito dopo per poi piazzarmi uno schiaffo forte sulla guancia. La forza dell'impatto contro la mia guancia mi mi fece voltare il viso, facendomi formicolare la pelle per quel dolore che sembrava avere un filo diretto con la mia intimità. Il tessuto del mio tanga si inumidì maggiormente quando la usa voce risuonò forte rimproverandomi. Schiusi solo le labbra senza rispondere. Socchiusi appena le palpebre dei miei occhi e misi le mani sopra le mie cosce. Avevo avuto modo di vedere il suo sguardo severo e in quel momento mi maledissi per quella stupida disattenzione. Rimasi però in silenzio sapendo che non aveva dato il permesso di parlare. Inspirai di colpo quando se ne andò lasciandomi lì, per poi tornare a sedersi davanti a me con il baule che sapevo teneva in camera in luogo ben custodito. Quando mi prese in bocca i capezzoli alzando così le mie tettone dal petto non potei fare a meno di gettare indietro il capo sospirando sonoramente. Sentire di nuovo la sua bocca, la sua lingua su di me fece contrarre più velocemente la mia fighetta, mentre la sua abile lingua roteava velocemente attorno all'areola facendo diventare i capezzoli ancora più turgidi. Mi sembrava di impazzire e non avevamo fatto ancora nulla. Quando sentii il freddo dei morsetti tirai su il capo e lo guardai negli occhi. Un lieve sorriso increspò le mie labbra quando mi offrì da bere. « Solo se lei decide che io debba avere sete, Padrone. »
George S. Van Der Bilt
*Terminai di farle indossare i morsetti freddi appena estratti dal mio baule e quando tirò su il capo per guardarmi negli occhi, il mio cazzo divenne ancora più di marmo. Ricambiai e mantenni lo sguardo fisso, trasmettendole tutto il desiderio di possederla che nutrivo. Non avevamo ancora fatto nulla, niente di ciò a cui eravamo abituati e per cui l'avevo istruita. Eppure l'aria era completamente occupata dalla carica e dal bisogno sessuale di entrambi. Le chiesi se avesse sete e la risposta che mi diede mi fece sorridere compiaciuto, ancora una volta, ma mi sforzai per non darlo a vedere. Al contrario, la mia espressione era carica di controllo e autorità. Adoravo quello scambio di botta e risposta, che si traduceva meglio in ordini e obbedienza.* « Credo di aver deciso, sì. Hai sete e l'unico modo per bere è utilizzare la lingua perché le mani devono stare sulle cosce, il tuo Padrone vuole che sia così. » *Presi la bottiglia di vino e riempii nuovamente il bicchiere per poi piegarlo nella sua direzione. In questo modo il liquido scarlatto si avvicinò all'orlo e sarebbe bastato un minimo tocco sbagliato per farlo cadere e rovesciarlo di conseguenza sul pavimento del mio salotto, cosa di cui non sarei stato felice.* « Avanti, cagna. Non vorrai sprecare ciò che ti ho offerto da bere, vero? Utilizza le tue abilità. » *La esortai e naturalmente obbligai a bere come le avevo detto prima. Intanto mi sporsi in avanti, aiutandola a raggiungere il bicchiere e avvicinandomi in modo tale da poter toccare il suo corpo senza alcun sforzo. Afferrai la tettona destra in mano, strizzandola vigorosamente e con forza, affondando le unghie nella carne. Poi sollevai il palmo e tornai giù di colpo, schiaffeggiandolo. Lo feci una, due, tre volte fino a notare un piacevole rossore sulla sua pelle morbida. Per assicurarmi che nulla si fosse mosso, aprii il morsetto e lo richiusi attorno al capezzolo con maggiore attenzione, stringendo quel bocciolo ripetutamente, quasi continuassi a sbagliare, deciso e consapevole di provocarle un minimo di dolore.*
Nora Elyse H. Kingsley
L'aria attorno a noi era carica di erotismo, di sensualità e di una tensione sessuale che era pronta ad esplodere da un momento all'altro ma non prima dell'assenso del mio Padrone. Lui sapeva portarmi oltre ogni limite, e avere la consapevolezza che ora più nulla era in mano mia, mi dava quel senso di pace che a lungo avevo ricercato. Avevo davvero dimenticato come fosse. Mantenni i palmi delle mani aperti sulle cosce mentre il mio vestivo rimaneva avvolto alla mia vita stretta e i seni decisamente prosperosi erano come in tensione con i morsetti metallici che aveva poco prima applicato. « Sì, Padrone, come lei desidera. » Il suono della mia voce era flebile ma roco per la tensione che sentivo all'altezza dell'inguine. La mia fighetta si contrasse maggiormente e mentre inclinai di pochissimo il collo per ricevere il liquido scarlatto che mi stava offrendo, tirai fuori appena la lingua. Bevvi mentre il sapore del vino si rifugiava nella mia gola, ma ciò a cui stavo pensando davvero era la sua mano. L'afferrò, la strizzò, la palpò e quel misto di dolore e piacere si ripercosse sul mio intero corpo. Il dolore si tramutò in piacere, il piacere in dolore e quella linea tra quelle due sensazioni così contrastanti divenne sempre più indistinta. Un gemito si erse dalla mia gola mentre inghiottivo il vino e la sua mano si apprestava a dare l'ennesimo schiaffo. La pelle divenne ancora più rossa, il capezzolo stava quasi per sanguinare e il dolore provocato da quel morsetto mi fece stringere maggiormente le cosce. Strizzai gli occhi, cercai di trovare dentro di me quella pace, quel luogo in cui mi rifugiavo quando entravo in quella modalità sottomessa. Dio, quanto mi era mancato. Quando distolse il cristallo del bicchiere dalle mie labbra, tornai con il capo eretto. Schiusi le labbra e le leccai lasciando passare in un modo estremamente lento la punta della lingua su di esse. « Mmh. » Mi alzai sulle ginocchia offrendomi a lui, senza che ci fosse alcun bisogno di alcuna parola. Già solo essere lì era un'offerta, ma ciò che ci stava davvero guidando era il bisogno che ognuno aveva dell'altro. Quando guardai i suoi occhi non vi era più Carter, Ophelia o chiunque altro, eravamo di nuovo solamente George e Nora, il Padrone e la sua sottomessa e questo salto nel passato era diventato presente. Un presento tinto dai colori della passione e del sesso.
George S. Van Der Bilt
*Impegnato nello svolgere due azioni contemporaneamente: darle da bere e schiaffeggiare il suo seno destro, voglioso di lasciare il segno di tutte e cinque le dita della mia mano sulla sua carne, non persi comunque di vista le reazioni del sue corpo. In un rapporto come il nostro, tra Padrone e sottomessa, era importante studiare la comunicazione non verbale. Costituiva l'unico modo per capire quanto fosse in estasi l'altra persona in un momento di silenzio richiesto. Più guardavo Nora, il suo stringere le cosce, più la mia erezione si faceva di marmo e imponente sotto i pantaloni. I suoi capezzoli erano messi alla dura prova da quei morsetti stretti eppure lei stringeva le cosce e strizzava gli occhi per il piacere, trasmettendomi quanto eccitante fosse per lei sentire tutto quel dolore. E diamine io cercavo questo in una sottomessa, il non avere limiti e la capacità di trasformare in piacere qualsiasi genere di tortura. La mia Nora. Quando finì di bere il vino rosso, allontanai il bicchiere dalle sue labbra e lo appoggiai sul tavolino di fronte al divano. La osservai leccarsi lentamente le labbra con la punta della lingua e non pronunciai alcuna parola, limitandomi a tenere i miei occhi fissi su di lei. Occhi che parlavano per conto mio, scuri per la lussuria e la necessità di un salto nel nostro passato. Allungai una mano nella sua direzione e la portai sulla nuca, accarezzandole la testa e passando poi le dita tra i capelli. Ripetei l'azione per poi afferrare a pugno i suoi capelli, arrotolandoli attorno alla mia mano e strattonandoli per farle piegare il capo nella mia direzione. Appoggiai la fronte alla sua e schiusi la bocca, insinuando la mia lingua nella sua gola. Reclami subito la sua, intrecciandola, facendola guizzare insieme alla mia in un bacio volgare, in cui le labbra neanche si sfioravano. Non appena dovetti staccarmi a causa del respiro, ansimai contro la sua bocca e le sferrai un altro schiaffo sulla guancia, così forte da farle voltare il capo. Afferrai allora il suo viso, riportando il suo sguardo fisso nel mio. Era chiaro con quanto amore incondizionato la stessi guardando. Restai così per una manciata di secondi. Mi alzai davanti a lei e abbassai i miei pantaloni, liberandomi anche dei boxer e spostandoli così da non avere alcun intralcio.* « Spalanca la bocca. » *Le ordinai. Tre semplici parole. Sapeva benissimo quali fossero le mie intenzioni ma non le suggerii nulla, tant'è che raccolsi i suoi lunghi capelli in una coda e riempii la sua bocca con il mio cazzo, cominciando a scopargliela. Mi spinsi in profondità, raggiungendo con la cappella la sua trachea, violento e instancabile. Diedi diversi colpi ben assestati con il bacino come se le stessi rompendo la figa e la sentii sul punto di soffocare più di volte. Rimasi impassibile e non smisi, facendo colare la sua saliva lungo il suo mento. Nel momento in cui ebbi pietà di lei, le permisi di respirare e passai la mia minchia su tutta la sua faccia, prendendola a pisellate, sporcandola con la sua stessa saliva. Seguii un tragitto verso il basso fino ad arrivare alle tettone grosse e gonfie, stuzzicate dai morsetti. La guardai con un'espressione perversa ed estrassi dal baule il telecomando apposito dei morsetti, schiacciando il pulsante, donandole così delle deliziose vibrazione. Non le permisi di abituarsi alla sensazione che impostai l'intensità il massimo.* « Ti conviene abituarti subito, troia, perché hai un altro compito da svolgere. Prendi il mio cazzo tra le tettone. »
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― ― ♕ Role con George, Godfrey e Rylee ; → Vᴇɴᴇʀᴅɪ̀ ₁₅ Aᴘʀɪʟᴇ﹐ ᴏʀᴇ ₁₉. → Oᴜᴛғɪᴛ﹕ Iɴ Cᴏsᴛʀᴜᴢɪᴏɴᴇ.
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Musica, confusione, corpi che si dimenavano in mezzo a una folla di giovani che - probabilmente sotto effetto di droghe - danzavano come se non ci fosse un domani. Era ciò che aspettavo da una vita: il Coachella Festival. Fin da quando ero piccola avevo avuto modo di vedere le foto, sentire i racconti, ma parteciparvi era una di quelle cose che non avevo mai potuto fare abitando dall'altra parte del mondo. Ma ora? Ora non c'era più nulla che potesse fermarmi. Ma cosa ancora più meravigliosa era il fatto che avevo convinto George a venire con me. Le note di Ellie Goulding si espandevano in tutto l'ambiente, in quella valle che sembrava essere il paradiso terreste di noi ragazzi, mentre il sole oramai stava giungendo al tramonto. L'alcool scorreva a fiumi, come era solito in questo tipo di manifestazioni, e io non mi sarei persa l'occasione di superare il limine per niente al mondo. Con il bicchiere in mano di birra, i capelli lunghi sciolti e il calore sulla pelle ancheggiavo, seguivo le note della musica con gli occhi chiusi mentre la ragazza con me, Rylee, seguiva le mie stesse movenze. Sembrava un tipo cazzuto, ma ciò che mi intrigava era l'amicizia tra i due uomini che non smettevano di guardarci. Quando cinsi le spalle della bionda avvicinandomi a lei per sussurrarle qualcosa probabilmente di incomprensibile, vidi gli occhi di George scurirsi ancora di più.
« Che c'è? Non dirmi che non vi state divertendo... Siamo qui e io e Rylee, mmh sì potremmo divertirci. Pensavo che foste più aperti di mentalità. »
Ammiccai nella sua direzione per poi voltarmi verso Rylee e sfiorare le sue labbra con le mie prima di prendere un altro sorso di birra e lasciare che tutto quello stato di frenesia invadesse ogni parte del mio corpo.
George S. Van Der Bilt
*Qualche giorno fa Ophelia era venuta da me, convincendomi in tutti i modi ad andare al Coachella Music Festival. Non l'avrei mai lasciata da sola e dunque, seppur non fossi pienamente felice di circondarmi di ragazzi la cui massima aspirazione della vita fosse sballarsi, avevo accettato e prenotato il necessario. [...] Rinuncio agli abiti che sono solito indossare e li sostituisco con un paio di jeans e una maglietta bianca attillata. La musica mi travolge immediatamente e non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo. Prendo un bicchiere di birra tra le mani e la finisco all'istante, proprio quando vedo Godfrey e Rylee venire nella nostra direzione. Ciò non promette niente di buono e mi ritrovo così a rimpiazzare il bicchiere di plastica vuoto con uno pieno. Le due, come immaginato, legano all'istante e ancheggiano a ritmo insieme all'arrivo della sera. Volto il capo e mi soffermo per un attimo sui lineamenti di Godfrey che a differenza mia, non sembra affatto turbato. Forse perché è sempre stato abituato a orge, a sperimentare in gruppo mentre per me è l'opposto. Preferisco coltivare un rapporto a due, dove si possono sperimentare tantissime cose, e per me guardare due donne intrattenersi è un vero e proprio afrodisiaco. Mi piace osservare, scrutare, immaginare e non mi lamento se non mi è permesso intervenire purché abbia la possibilità di masturbarmi.* « Io sono apertissimo di mentalità, Ophelia. E vedo che lo sei anche tu, in tutti i senti. » *Rispondo con una punta di sfacciataggine e arroganza. Non per trattarla male e neppure per denigrare il suo modo di essere, piuttosto per trattenermi perché mi sto arrapando. E lei lo sa bene. Ammicca nella mia direzione e tengo gli occhi sempre più scuri fissi nei suoi, non lasciandola mai andare. Poco dopo le sue labbra sfiorano quelle di Rylee e sono costretto a graffiarmi la coscia, scivolando con le dita lungo la mia carne per poi chiudere la mano a pugno.*
Rylee Camille L. Reyes
Desiderio, passione ma anche quel pizzico di paura. Non è sbagliato sentirsi così, non è vero? Sapere che dall'altra parte vi è una persona che vi conosce meglio di quanto non vi conosciate voi. Sapere che dall'altra parte vi è una persona che, non importa quanti sbagli possa fare, quanti errori possa commettere, è sempre pronta a raggiungervi. Sapere che le sensazioni che provate sono solo dovute ad un'altra persona ma che quella sensazione di paura è costantemente lì, lì a ricordarvi quanto male vi possa fare, non è sbagliato vero? Ed era così che mi sentivo. Mi pareva di camminare a metri e metri da terra mentre le nostre mani intrecciate ci portavano in un luogo che adoravo. Convincere Godfrey non era stato così difficile, sapevo che l'avrei pagata dopo quando saremmo tornati in camera ma non era un problema. Dopo tutto ciò che avevamo dovuto affrontare per tornare al nostro equilibrio, non mi sarei di certo tirata indietro. E trascorrere il fine settimana al Coachella era un buon modo per sopportare alcune frustate. Eravamo arrivati per primi, e nonostante avessi sentito parlare più e più volte di George, manteneva sempre quel mistero di cui io ero ghiotta. Era l'occasione perfetta. [...] L'alcool cominciava a fare effetto e mentre il sole giungeva al tramonto, io e la mia nuova amica, Ophelia, ci davamo da fare a ballare. Era una forza. Spiritosa, impudente, un animo libero che lo si poteva intravedere in ogni sua parola. Ebbra di quelle sensazioni che sembravano essere perdute mi divertii stuzzicando con lo sguardo Godfrey che sembrava avere occhi solamente per noi. Lasciai correre le mie labbra su quelle di Ophelia che rispose prontamente al bacio saffico per poi rivolgersi al suo uomo. « Da come ti stai comportando credo che tu non sia così aperto, George. Ho la netta sensazione che in quanto a gelosia tu sia molto peggio di God, non è vero tesoro? » Risposi io al posto di Ophelia in un modo appena sfrontato. Mi spiaceva sfidare, mi piaceva vedere la reazione che suscitavo nei due uomini. Umettai appena le labbra lasciando che la punta della lingua sfiorasse le mie labbra morbide mentre misi un braccio sulle spalle della bionda avvicinandola a me. Sembrava proprio che la giovane avesse una passione per le donne, e benché io non fossi mai stata tanto attratta dal genere femminile, dovevo ammettere che la sua bellezza era quel tipo che faceva impazzire, donne e uomini. Presi la briga di accettare le sue avances, lasciando un'occhiata ammiccante al mio uomo. Sapevo quanto la desiderasse, da come me ne aveva parlato e in quel momento volli sfidarlo in un modo del tutto sensuale. « Godfrey so che ti stai mangiando le mani... Ma dovresti avercela con il tuo amico non con me. »
Godfrey Huffie T. Emerson
*Le cose tra me e Rylee si erano ormai sistemate. Sembrava non esserci più traccia di quel dolore iniziale ma soltanto la voglia di andare avanti, di ripartire e proseguire il nostro rapporto creatosi ben dieci anni fa. Motivo per cui, quando mi aveva proposto di seguirla al Coachella Music Festival, avevo accettato. Sembrava qualcosa di gettonato tra gli studenti e ne sentivo spesso parlare tra i corridoi di Yale. Non mi ero però mai informato a riguardo, trovandolo un evento troppo superficiale e chiassoso per i miei gusti. Alla fine cambiai idea. Non ero un tipo così austero come il mio aspetto fisico suggeriva e avrei potuto darne un'esperienza di vita. [...] Tenere a bada Rylee era una delle cose più difficili al mondo per via del suo spirito libero e dell'essere così cazzuta. Ma fortunatamente, bilanciando il tutto con l'ambito sessuale e il fatto che dovesse riconoscermi come maschio dominante, riuscivo ad avere un successo discreto. Ero attratto da Ophelia, lei lo sapeva bene. Ne avevamo parlato qualche sera dopo aver fatto sesso. Tra di noi c'erano dei sentimenti ed era tutt'altra cosa, mentre per la sottomessa di George non provavo nient'altro che una serie di desideri perversi. Mi lanciò un'occhiata ammiccante per poi udire quelle parole uscire dalle sue labbra in modo sensuale che mi fecero ridacchiare.* « Infatti ce l'ho con il mio amico e proprio perché non mi concede Ophelia, vuol dire che è molto chiuso di mentalità. » *Lanciai quella frecciatina all'unica persona che potevo catalogare con il nome di "amico", voltandomi nella sua direzione e mantenendo un ghigno dipinto sulla faccia. Senza aspettare una sua reazione o risposta, avanzai verso le due donne separate da pochi centimetri. Le osservai con attenzione, concentrandomi sulle cosce e sul seno di entrambe. Andai a posizionarmi dietro a Rylee e posai le mani sui suoi fianchi, accarezzandoli con le dita e muovendo il bacino a ritmo di musica. Chinai il capo e le posai un bacio sul collo scoperto, stimolando la pelle con la punta della lingua, inalando il suo profumo e premendo l'erezione crescente tra le sue natiche. Poco dopo mi allontanai e tornai tra le due, sfiorando i lunghi capelli biondi di Ophelia e le rivolsi un'espressione carica di malizia.* « Lo dai anche a me un bacio, piccola Ophelia? » *Conoscevo bene il soprannome che George aveva affidato alla sua donna e lo utilizzai spudoratamente, aspettandomi qualcosa in cambio.*
Ophelia Persephone A. Hedegaard
Le parole sembravano provenire da un luogo lontano, la musica era quasi più che un sottofondo da quella situazione che stava assumendo i connotati di qualcosa di molto più intenso. Ellie Goulding cantava ma ciò che mi teneva incollata lì era lo sguardo duro, geloso e qualcosa in più che vedevo negli occhi di George. Farlo impazzire era una mia prerogativa, farlo diventare matto, sfidarlo, ma soprattutto disubbidire ai suoi ordini era un qualcosa che lo faceva diventare matto. Sapevo fin quanto in là potevo spingermi e sapevo quando era il momento di fermarmi. Era un equilibrio che avevamo raggiunto, sì insieme, ma dopo molte, moltissime frustrate. George era quella persona che sapeva prendermi fisicamente, mentalmente e psicologicamente facendomi esplorare quei luoghi reconditi della mia sessualità, con quel coraggio che non sapevo nemmeno di possedere. In quel momento lasciai andare le labbra su quelle di Rylee in un bacio saffico, lasciando che la lingua compiesse un movimento fluido contro la sua avvolgendosi in modo quasi pervertito per poi staccarmi. Avevo quasi l'affanno. Le parole che si erano scambiati vertevano su di me ma poco mi interessava. Alzai lo sguardo su colui che definivo il mio unico uomo, come se in quello sguardo che ci scambiammo volessimo dire molto di più. Inspirai a fondo prima di parlare. « Credo che a questa domanda non stia a me rispondere ma piuttosto al mio signore. » Chiamarlo signore davanti ad altre persone non mi pesava, ma se nei pressi vi era Godfrey era un fatto molto più importante. « Signore? » Cercai la sua approvazione, il suo diniego, qualunque cosa. Il fatto che mi avesse poi chiamata con quel nomignolo con cui era solito chiamarmi lui, era una quasi una dichiarazione di guerra, benché sapessi l'amicizia che li legava. In quel momento accarezzai però Rylee, la sua pelle leggermente abbronzata dal sole. Sfiorai le sue labbra con il pollice della mia mano, le stesse labbra che avevo avuto modo di assaggiare e su cui mi sarei fiondata più che con piacere. Una parte di me però era sempre alla ricerca di qualcosa di proibito. Desiderare che qualcosa a quattro che non coinvolgesse così tanto, come il bacio, era forse sbagliato?
George S. Van Der Bilt
*La mancata risposta di Ophelia mi sorprese. Non lo avrei mai immaginato dinanzi ad una richiesta simile, in un momento di tale estasi per lei e soprattutto in mia presenza. Avrebbe potuto cogliere l'occasione per provocarmi a dovere, mai come prima d'ora, e invece no. La scrutai attentamente prima di esprimere un giudizio ad alta voce. L'unico evento degno della mia attenzione fu il modo in cui la mia donna accarezzava le labbra a Rylee, dopo averle infilato la lingua in gola poco fa. Si era staccata con l'affanno e ciò non aveva fatto altro che contribuire alla mia già visibile erezione.* « É così presa a giocare con la tua donna, God, che neppure ti calcola. » *Esortai alla fine, sollevando le spalle e riabbassandole. Mi voltai verso il mio amico dopo avergli fatto notare la verità. La mia espressione era da "fattene una ragione" e dopo pochi minuti tornai a guardare Ophelia. L'aveva chiamata con il mio stesso nomignolo ma mantenni la calma, come un vero signore sapeva fare, come io sapevo fare. Attaccarlo in pubblico non avrebbe portato proprio a nulla perché ero sicuro che tra poco o a fine giornata, i nostri corpi nudi sarebbero entrati in contatto. Questa volta avanzai io verso la mia donna e non andai a cingerla, ad abbracciarla da dietro, ma piuttosto posai una mano tra i suoi capelli biondi. Li afferrai a pugno e le feci reclinare il capo, per poi incitarla a girarsi verso di me con il busto. Posai le labbra sulle sue e subito schiusi la bocca, infilando la lingua all'interno della sua e baciandola in modo erotico, rude, devastante. Il mio sguardo brillava di perversione proprio come il nostro primo incontro e tutti gli altri incontri a venire. Guardarla negli occhi era impagabile, scrutarla e vederla eccitata per ogni azione che le infliggevo. Allungai una mano che scivolò verso il basso, tra le sue cosce. Arrivai all'intimità coperta e ci strofinai contro due dita, sul clitoride, compiendo movimenti lenti e circolari. Rimasi fermo a guardarla, impassibile dinanzi al contesto e alle altre persone.* « Di chi sei, Ophelia? A chi appartieni? A chi appartiene la tua figa stretta a bagnata? » *Chiesi al suo orecchio, sussurrandole quella domanda con voce eccitata. Continuai a muovere le dita al di sopra dei suoi vestiti, spingendo forte. Poi utilizzai l'altra mano per sferrarla una sculacciata decisa e violenta sulla natica sinistra così da spingerla in avanti.* « Vai a giocare con Godfrey, strusciati, ciò che vuoi. Ma tieni bene a mente di chi sei e che ti punirò tanto quanto mi farai impazzire. » *Le ordinai, lanciandole una sfida che avrebbe ben accettato. Nel frattempo camminai fino a raggiungere Rylee.*
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┊ —— 𝑫𝒂𝒉𝒍𝒊𝒂 𝑵𝒐𝒆𝒍𝒆𝒏𝒆 & 𝑿𝒆𝒓𝒙𝒆𝒔 𝑷𝒆𝒓𝒄𝒊𝒗𝒂𝒍 ; ┊ —— 𝚂𝚊𝚝𝚞𝚛𝚍𝚊𝚢, 𝙵𝚎𝚋𝚛𝚞𝚊𝚛𝚢 𝟸𝟽𝚝𝚑 ; 𝙽𝚒𝚐𝚑𝚝 ;
Il sabato sera era per eccellenza la serata per uscire, per divertirsi e fare tardi ma non per me, non quella sera. Il silenzio de nostro attivo invadeva ogni stanza ma raggomitolata sul divano mentre osservavo lo skyline di New York stendersi davanti a me, assumeva i toni quasi surreali. Avevamo ereditato quell'attico molto tempo prima, quando i nostri genitori erano venuti a mancare e benché adorassi gli stati Uniti, sentivo di essere forse fuori posto. Tutto era così diverso dalla precisa Londra, tutto era così più vivo, ma ero lì per i miei studi, e soprattutto per conoscere finalmente una cugina che non sapevamo di avere, Nora. A differenza di mio fratello, io non avevo ancora avuto modo di ambientarmi. Avrei potuto uscire, andare in locale e divertirmi eppure la voglia si era affievolita man mano che che la sera calava. Vestita con un misero tanga e una canotta che lasciava ben poco all'immaginazione alzai di scatto il capo quando sentii la porta di ingresso aprirsi.
« Che succede? La morettina è andata in Italia senza di te? Che ci fai a casa? »
Ero scattata immediatamente in ginocchio appoggiandomi così con gli avambracci allo schienale della poltrona mentre sentivo le mie tette farsi più pesanti. Ogni volta che ero in compagnia di mio fratello era la stessa storia, sentivo il piacere nascere nel profondo della mia fighetta facendomi bagnare. Il fatto che fosse mio fratello e che sarebbe dovuto apparire sbagliato mi faceva ancora di più eccitare, e il fatto di essere andati a vivere insieme oltreoceano aveva aumentato molto di più la nostra tensione sessuale. Mi mordicchiai le labbra sporgendomi in avanti mentre sentivo le mie tette unirsi le une contro le altre porgendogliele alla vista.
« Xer... »
Xerxes Percival M. Kingsley
Londra e New York erano due delle città che le persone provenienti da altrove, volevano visitare a tutti i costi. Avevo vissuto la maggior parte della mia vita nella capitale inglese, ma abituarmi alla vita frenetica della Grande Mela non mi aveva richiesto nessun sacrificio. Anzi. Era avvenuto tutto in modo così naturale che non sarei stato in grado di identificare i passaggi chiave del processo di adattamento. Dahlia invece non ci era riuscita e questo mi dispiaceva molto, sicuramente saremmo tornati nella nostra terra Natale non appena saremmo riusciti a conciliare le pause tra il mio lavoro e i suoi studi. Keeleigh giocava un ruolo fondamentale in tutto ciò e mi dava, in un certo senso, un valido motivo per restare. Anche se non lo avrei mai ammesso davanti a nessuno. Il sabato sera per me equivaleva all'uscire, a godersi la città, a respirarla, senza necessariamente fare baldoria. Intorno alle otto ricevetti un messaggio da Kee, mi informò del fatto che la Milan Fashion Week fosse finita e poi mi congedò per andare a cena. Feci lo stesso. Lasciai l'attico e mi diressi in centro. Mangiai fuori, nel ristorante di un hotel di lusso e le ore successive le passai davanti al bancone del bar dello stesso edificio. Quando decisi che fu abbastanza, tornai a casa. Aprii la porta e mi ritrovai davanti mia sorella, la mia meravigliosa e terribilmente eccitante sorellina capace di farmi venire il cazzo duro all'istante come nessun'altra, con addosso un tanga e una misera canotta. La tensione sessuale tra di noi era così palpabile. « Sì, è andata in Italia senza di me. Pensavo lo sapessi. Ho cenato fuori e poi mi sono intrattenuto con qualche non così piacevole donzella. Manca la materia prima, manca la carne. Ho bisogno di curve a cui potermi aggrappare mentre scopo. » Mi lamentai ad alta voce senza mai distogliere lo sguardo dalla mia piccola Dahlia. La signorina Hawkins era l'esatto contrario di ciò che mi era sempre piaciuto, ma la sua vera innocenza e la sua mancata esperienza, compensavano il resto. Fisicamente avevo il bisogno di una donna come Dahlia. Si sporse in avanti e sgranai appena gli occhi, respirando profondamente mentre continuavo a fissarle le grosse tette. Schiacciate le une contro le altre, messe in evidenzia dal suo sporgersi in avanti. Lo stava facendo apposta, sì. E io non mi sarei mai lamentato. « Dimmi, Dahlia... » Sussurrai con voce roca avvicinandomi a lei con passo da predatore. Posai le dita sotto il suo mento e le sollevai il capo, incitandola a guardarmi negli occhi. Allungai la mano destra e strattonai la sua canottiera bianca, bloccandola al di sotto delle tettone piene e morbide. Chinai la testa e ci sputai sopra, lasciando scivolare la saliva nell'incavo. Poco dopo ripresi il tessuto e lo sistemai, ricoprendo i suoi seni a cui diedi un forte ceffone. « Possibile che siano ogni giorno sempre più grosse? »
Dahlia Noelene C. Kingsley
Il seno si era fatto più pesante e quel formicolio che provavo ogni volta che mio fratello era nei paraggi si ripresentò come un appuntamento fisso. Sentii le membra della mia fighetta stringersi bramando immediatamente il suo cazzo. Era come se ogni volta che lo vedessi o mi parlasse sentissi il bisogno irrefrenabile di toccarmi, di essere scopata e di essere sbattuta come era riuscito a fare solamente lui. Mi mordicchiai le labbra mentre aspettavo che avanzasse verso di me. « Non mi tengo aggiornata su ogni tua storiella fratellone, ma non ho potuto fare a meno di non notare le sue interviste in tv. Sai che sono appassionata. » Risposi con tono innocente anche se nel profondo dovevo ammettere che provavo un pizzico di gelosia nei confronti della ragazza. Keeleigh, questo il suo nome, era esattamente l'opposto della mia fisicità e questo mi portava a chiedere che cosa avesse di tanto speciale da far perdere la testa a mio fratello. Cercai il suo sguardo che immancabilmente si focalizzò sulle mie tettone che amavo tenere libere, soprattutto quando giravo per casa. Gli feci un piccolo cenno con le dita delle mani per portare il suo sguardo all'altezza giusta ma inevitabilmente ridacchiai come una scolaretta. Umettai appena le labbra quando arrivò davanti a me e alzai lo sguardo complice il suo movimento sotto il mento mentre tirò immediatamente fuori le mie tettone lasciando che il bordo della canotta le alzasse. « Possibile... Al momento sono anche più gonfie del solito perché sono in preciclo e sai quanto divento vogliosa. » Mormorai con voce roca a causa dell'eccitazione quando sentii la sua saliva scivolare su di esse e poi schiaffeggiarle con forza. Urlai stringendo le cosce con forza, serrandole per il brivido che sentii. « Fratellone ho tanta voglia, e credo che stasera non ci saranno limiti. Sento le tette pesanti, la fighetta che reclama il tuo cazzo e mi sento andare a fuoco. » In quel momento tolsi la canotta sfilandola dalla testa lasciando che fossi in ginocchio sulla poltrona davanti a lui quasi completamente nuda. « Ti va di aiutarmi? »
Xerxes Percival M. Kingsley
Più guardavo Dahlia, più mi rendevo conto di quanto fosse l'incarnazione della mia ragazza ideale. Era perfetta in tutto e nonostante il nostro rapporto incestuoso fosse davvero elettrizzante, sapevamo che non saremmo mai potuti andare a fondo. Avevamo un legame di sangue, eravamo fratello e sorella, non cugini di terzo grado, sarebbe stato impossibile per noi convolare a nozze come una qualunque coppia. Per questo mi godevo ogni attimo di intimità e abitare insieme, nello stesso attico di lusso, ci dava la possibilità di sfogare i nostri istinti senza tener conto di niente e nessuno. Avrei continuato a scoparla, ad affondare la faccia tra le sue tettone e quando le cose con Keeleigh si sarebbe fatte serie, l'avrei introdotta nel nostro legame per insegnarle come dar piacere ad una donna e imporsi in ménage à trois. La mia sorellina mi fece un piccolo cenno con le dita per incitarmi a spostare il mio sguardo altrove ma ciò non accadde. Le sue tettone erano così ipnotiche, erano per me una droga e una cura. Le abbassai la canotta bianca e la bloccai al di sotto della carne morbida, osservando le grosse tette esposte ai miei occhi carichi di desiderio. « Mmmh... In preciclo... Si vede. » Sussurrai prima di lasciar scivolare la mia saliva nell'incavo delle sue tettone e diedi un sonoro schiaffo ad entrambe, osservandole sballonzolare per la violenza utilizzata. Urlò e morsi con forza il mio interno guancia, respirando bruscamente. La situazione peggiorò nell'udire di quelle parole. Percepii il cazzo indurirsi e premere contro l'intimo. Allungai una mano, accarezzandole il viso e scivolando in direzione del collo. Le raccolsi i capelli scuri in una coda, tirandole all'indietro il capo per esporre maggiormente le tettone. La scrutai a lungo con gli occhi scuri e brucianti. Mollai la presa e ridacchiai con fare perverso. « Sarei un pessimo fratellone se non ti aiutassi, non trovi? » Continuai a ridacchiare e il mio sguardo cadde nuovamente fisso sul suo seno prosperoso non appena tolse la canottiera. Sfilai la giacca che avevo indosso e sistemai i polsi della camicia bianca, tirandoli su prima di appoggiare entrambe le mani sui braccioli della poltrona. Mi sporsi in avanti, schiacciando le tette enormi contro il mio petto. « Quanta roba sei, Dahlia... » Mormorai ansimante al suo orecchio. Tornai indietro e afferrai il tanga, abbassandolo fino a dove riuscii. « Sposta le gambe e... Anzi, girati completamente. Mettiti in ginocchio dandomi le spalle, ma sollevati così da sbattermi la figa in faccia. Non puoi reggerti alla poltrona, non disobbedirmi, semmai aggrappati alle tettone o al culo. » Le ordinai e nel mentre si spostava, le sfilai completamente le mutandine gettandole per terra. Mi chinai ed estrassi la lingua, iniziandola a picchiettare sulla sua fighetta pulsante. Affondai all'istante dentro, penetrandola con la lingua che cercai di allargare il più possibile per riempirla a fondo. Allo stesso tempo utilizzai il pollice per stimolarle il clitoride, compiendo movimenti circolari.
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▬▬▬ ♚ ⌠ Sᴀʙᴀᴛᴏ ₁₂ Dɪᴄᴇᴍʙʀᴇ﹐ ᴏʀᴇ ₂₃.₃₀ ⚜ ║ ℛᴏʟᴇ ᴄᴏɴ Cᴀʀᴛᴇʀ M. Wᴏᴢɴɪᴀᴋ ⌡ ❋ ℬᴇʟʟᴇ·s Oᴜᴛғɪᴛ﹕ Wᴏʀᴋ ɪɴ Pʀᴏɢʀᴇss.
Esistono persone decise che sanno ciò che vogliono e in un modo o nell'altro lo ottengono e altre persone che si lasciano prendere da altri pensieri diventando così sfuggenti e perdendosi nella parte remota della loro mente. Beh, io decisamente appartenevo al primo genere di persone. Sapevo ciò che volevo e ora bisognava solamente creare la situazione perfetta, quel momento in cui ogni cosa sarebbe stata al posto giusto. Non ero mai stata il genere di ragazza che pensava a queste cose, ma la prima volta esiste una volta sola, no? Corrompere il portiere all'ingresso del palazzo era stato un gioco da ragazzi, ciò che più mi preoccupava era sbarazzarmi di Russell per un'intera notte ma dopo l'ennesima litigata il gioco era fatto. Ero finalmente libera di concedermi a chi volevo io. Essere principessa da quel punto di vista era la cosa peggiore, tutti si preoccupavano, avevano paura o chissà cosa sarebbe potuto accadere, ma Carter no. Carter aveva dimostravo avere quella tenacia che mi faceva eccitare, bagnare come mai nessuno era stato in grado di fare. Una volta entrata nell'appartamento privato di Carter, attesi che tornasse. Sapevo i suoi orari e il fatto che fossimo appena tornati da Los Angeles per lavoro mi avvantaggiava. Avevamo trascorso giornate fantastiche e i suoi baci erano sempre provocanti desiderosi di qualcosa di più. Il continuare a stuzzicarci era qualcosa che mi divertiva e allo stesso tempo mi incuriosiva. Una volta organizzata la sua camera da letto e la vasca con l'idromassaggio acceso, mi spogliai, sciolsi i capelli lasciandomi cadere sull'immenso letto che sovrastava la stanza con la vetrata con vista lo skyline di New York. Inspirai a fondo e con un amplio sorriso sulle labbra mi posizionai su un fianco. Il seno generoso pendeva così da un lato e con il braccio piegato a reggere il mio capo cominciai a vagare con la fantasia a ciò che sarebbe successo. Completamente glabra sembravo la Venere di Botticelli eccezion fatta per il fatto che non mi preoccupato minimamente di coprire le mie nudità. Volevo che nel momento in cui fosse arrivato vedesse esattamente cosa lo stava aspettando e l'aver acceso l'idromassaggio era un messaggio sottile che sicuramente avrebbe colto. Quando sentii i passi provenire dall'ingresso ultimai la mia posizione e attesi che varcasse la sua stanza.
« Sorpreso di vedermi? Sono qui perché ho deciso che se devo farlo con qualcuno, voglio che quel qualcuno sia tu. »
Non attesi nemmeno una sua risposta. I suoi occhi in un attimo divennero più scuri e quella sensualità scatenò un liquido caldo che si riversò lungo le mie cosce chiuse.
« E se ti dirò che dovrai tirarmi i capelli tu lo farai. »
Carter Fryderyk A. Wozniak
*L'arrivo dell'evento Man of The Year ha portato con sé moltissimo lavoro a GQ e per questo, quel Sabato sera, finisco di lavorare intorno alle sette e mezza. Più tardi salgo a bordo di un taxi e esco a bere qualcosa. [...] Arrivo all'ingresso del palazzo e prendo l'ascensore, aspettando di raggiungere l'ultimo piano dove si trova il mio appartamento privato. Premo la maniglia della porta, spalancando quest'ultima e quando entro all'interno la luce è già accesa. Non me ne preoccupo, magari Nora è venuta a trovarmi. Avanzo verso il salotto, sfilando la giacca elegante e gettandola sul divano. Resto con la camicia e la cravatta addosso, oltre ai pantaloni e alle scarpe, e cammino in direzione della camera da letto. Mi guardo attorno e noto la vasca idromassaggio accesa. Colgo il messaggio e capisco che è venuta una femmina a farmi visita. Il livello della mia curiosità sale e aumento il passo, raggiungendo finalmente la mia stanza. Ciò che si presenta davanti ai miei occhi mi fa quasi perdere un battito e inarco lievemente un sopracciglio. I miei occhi si fanno scuri per l'eccitazione provocata dalla donna distesa al centro dell'enorme letto: Belle. La osservo attentamente e il mio sguardo vaga sul suo corpo completamente nudo, finendo naturalmente sul seno generoso. In quella posizione pende da un lato e sento il bisogno di affondarci la faccia in mezzo all'istante.* « Sono più che sorpreso di vederti. » *Sussurro, ascoltando a fatica le sue parole. Il suo corpo è così provocante che mi attira come una calamita ma allo stesso tempo voglio sapere perché ha deciso di concedersi a me, di donarmi la sua verginità proprio in questo momento. Spero che il viaggio a Los Angeles sia stato illuminante. Non posso che esserne felice e onorato. Le mie labbra si incurvano in un sorrisetto malizioso al suo piccolo ordine.* « Lo farò e non ti tirerò soltanto i capelli, sarai presa con tutta la forza che meriti. » *Le dico senza mai distogliere lo sguardo da lei così da farle percepire quale scintilla perversa scorre dentro di me. Mentre la guardo mi avvicino al letto, mi posiziono in ginocchio su di esso e porto una mano sulla sua nuca. Arrotolo i suoi lunghi capelli castani attorno alla mia mano, catturandoli con le dita e li strattono all'indietro. Il suo capo si piega e la incito a rotolare di poco, il giusto per sdraiarsi supina. La sovrasto, mi metto su di lei e resto in ginocchio così da bloccare le sue gambe con le mie. Poggio le mani sulle sue cosce, le accarezzo e salgo lentamente. Percorro i fianchi, le costole e arrivo ai seni. Li afferro con tutto il palmo della mano aperto e li stringo con forza, dando poi uno schiaffetto leggero al destro. La prendo di nuovo dai capelli, questa volta però obbligandola a sollevarsi con la schiena e raggiungermi. La bacio passionalmente sulle labbra, infilandole la lingua in gola.* « Hai fatto la scelta giusta, Belle. Nessuno ti scoperà mai come ti scoperò io, mai. »
Belle Amethyst J. Grimaldi
Da tutta la vita avevo sempre sottostato alle scelte che altre persone facevano per me. Come comportarmi, cosa dire, cosa fare, quando e come sorridere, ma in un momento non ben preciso avevo stravolto ogni cosa. A dire il vero il momento era arrivato gradualmente, ma solamente un fatto aveva fatto sì che quel cambiamento avvenisse: la morte di Robert. Ricordavo perfettamente le sue parole e la promessa che gli feci quando ero ancora piccola, quando le sue parole avevano suscitato in me il desiderio di seguire ciò che volevo davvero ed essere libera. Ma per la prima volta ora potevo scegliere una cosa per me stessa, una cosa mia, scegliere chi sarebbe stato il primo, scegliere chi mi avrebbe permesso di diventare una vera donna. E avevo deciso: sarebbe stato l'unico uomo che mi avesse mai sfidato, l'unico uomo in grado di suscitare in me la pura eccitazione, quell'erotismo che a lungo avevo letto nei libri ma che mai nessun ragazzo era stato in grado di farmi sperimentare. Era lui e solamente io avevo deciso dove, quando, come e perché. Sarei stata l'unica persona artefice del mio destino sessuale e sicuramente Carter non avrebbe deluso le mie aspettative. « Ti sto offrendo me stessa. Da tutta la vita altre persone mi hanno sempre detto come comportarmi, cosa fare o cosa non fare e mi conosci, non reagisco bene alle regole. Ma questa cosa la voglio decidere io. Sono io che decido, sono io che ti voglio, sono io che ti sto offrendo ciò che nessun altro ha mai visto o provato. Fallo adesso, prendimi e fammi sentire cosa vuol dire godere davvero. » Le parole uscirono lente, sensuali mentre le mie dita sfioravano ed accarezzavano la mia pelle diafana che risaltava sopra i colori del copriletto sul quale ero appoggiata. Le sue parole ebbero un effetto devastante sulla mia eccitazione. Sentivo l'eccitazione calda colare lungo l'interno delle mie cosce serrate, la mia intimità mostrata senza veli ai suoi occhi e il seno prosperoso che diventava sempre più gonfio. Con la punta delle dita seguii l'aureola di uno dei due capezzoli stuzzicandoli, in modo del tutto erotico e perverso. Anche in quell'occasione non mancai di sfidarlo, di vedere la sua reazione ben sapendo che in quel gioco la persona che partiva avvantaggiata era solamente lui. Ma le mie parole scatenarono in lui il predatore che avevo sempre e solo intravisto. Posizionato sopra di me in ginocchio, mi girai supina senza mai distogliere lo sguardo dal suo mentre ora erano le sue mani ad accarezzarmi. Gemetti silenziosamente incapace di trattenermi alle sue carezze, alle sue palpate mentre ogni cosa ora stava perdendo significato. Sentivo solamente il bisogno di oltrepassare il confine. « Scopami adesso. Fammi sentire cosa vuol dire essere posseduta da un uomo vero, fammi sentire cosa vuol dire perdersi nel piacere. » Ricambiai il bacio con foga prendendo i suoi capelli alla base della nuca mentre con la mano libera intrecciai le nostre dita all'altezza del seno e facendolo palpare maggiormente. Mi piaceva quel brivido di dolore. Mi piaceva sentire le sue mani esperte che reclamavano il mio corpo.
Carter Fryderyk A. Wozniak
*L'ascolto davvero e non fingo nella speranza che lei si conceda a me nel minor tempo possibile, come faccio con il resto delle donne di cui non mi importa niente. Sono attratto da Belle e se ho avuto la pazienza di aspettare che mi permettesse di entrare nelle sue mutandine, qualcosa vuol dire. Non sono in grado di cancellare il bisogno che ho di Nora, è impossibile, ma posso e voglio concentrarmi su chi mi ha scelto.* « Posso solo immaginare come sia stato. Ti prendo. Ho intenzione di farti urlare e venire tutta la notte, di pompare la tua fighetta con il mio cazzo. » *Le mormoro con tono volgare all'orecchio affinché il concetto sia ben chiaro. Soddisfatto mi sistemo sul letto, raggiungendola e aiutandola a cambiare posizione. Entrambe le mie mani salgono lungo il suo corpo completamente nudo e la prima cosa che faccio per avviarla in quel lungo percorso che porterà alla perdita della sua verginità, è afferrare i suoi seni prosperosi. Non so se ha già raggiunto un orgasmo o meno, ma questo sarà il primo durante un vero e proprio atto sessuale. Un orgasmo provocato da me. Non posso non immaginare Belle che si rotola nelle lenzuola e si tocca, si esplora e viene per merito delle sue dita. Sembra in confidenza con le proprie meravigliose curve, con la sua estrema sensualità e bellezza, così tanto da portarmi a pensare che sia ricorsa all'autoerotismo più volte. Forse mi sbaglio e l'idea di poter essere il primo a portarla al culmine gonfia ancora di più il mio ego. Do uno schiaffetto al seno destro, strizzandolo poi con decisione e afferrando il capezzolo tra l'indice e il medio. Non lo tiro ma lo stringo e la guardo negli occhi, annuendo nel sentirla gemere di piacere. Con una lunga occhiata di intesa le faccio capire che deve lasciarsi andare e non trattenersi, proprio come ha appena fatto.* « Ti scoperò come meriti di essere posseduta. Sei meravigliosa, voglio fotterti dalla prima volta che ti ho vista. » *Sussurro contro le sue labbra. Intreccio le nostre dita tra di loro all'altezza del suo seno e affondo la mia lingua all'interno della sua bocca, esplorandola con lentezza per poi impossessarmi della sua lingua e trascinarla in una passionale danza erotica. Ci giro attorno mentre stringo la presa sulla sua nuca, tirandole i capelli e costringendola a reclinare in capo all'indietro. Ne approfitto per baciarle il collo, la gola, scendere all'incavo. Le mordicchio un lembo di pelle, avvicinandomi alla spalla e tornando al lobo. Libero entrambe le mani e con le ginocchia la spingo a divaricare maggiormente le gambe, a esporsi nella sua nudità a me. I miei occhi la mangiano. Non ha nulla di fuori posto e rappresenta il mio ideale di donna. Una mano scivola in mezzo alle sue cosce e le accarezzo l'interno, poi l'inguine, avvicinandomi sempre di più alla sua intimità. Le allargo le labbra vaginali e la penetro all'istante con un dito, andando a fondo.* « Mmh quanto sei bagnata e stretta... Mi sentirò in estasi dentro di te. » *Muovo l'indice nella sua vagina, avanti e indietro senza però mai uscire. Compio dei semi cerchi e lo spingo verso l'alto, abituandola gradualmente alla presenza delle mie dita in lei. L'unica cosa che avrei fatto con delicatezza.*
Belle Amethyst J. Grimaldi
Sensazioni che non avevo mai provato si stavano impossessando di me. Ero letteralmente in trepidazione mentre i nostri occhi erano ormai agganciati, nessuno dei due era più in grado di distogliere lo sguardo in quel momento. In ginocchio sopra di me sentivo il suo tocco leggero ma allo stesso tempo possessivo. Chissà cosa stava pensando di me in quel momento. Chissà se aveva mai avuto una vergine nel suo letto. Non dovevo pensarci, non dovevo pensare ad altre donne, non in quel momento. Umettai appena le labbra nascondendo quel leggero nervosismo che sentivo, non conoscendo esattamente cosa sarebbe successo, ma il mio sesto senso diceva chiaramente che avrei ottenuto ciò che volevo disperatamente. Socchiusi gli occhi quando si avvicinò. Avvertii le sue parole nel profondo del mio corpo, mi mordicchiai le labbra mentre le sue mani assaporarono i miei seni, le mie tette che sembravano essere diventate di marmo per quanto si erano gonfiate a causa dell'eccitazione. Ogni mia terminazione nervosa era sotto le sue mani esperte, sotto le sue dita che accarezzavano il mio corpo. Gemetti, incapace di trattenermi e riaprii gli occhi mentre i miei capezzoli caddero nelle sue mani. Cominciò a titillarmi afferrandoli con le dita e tirarli provocandomi quel dolore che correva lungo il confine tra piacere e dolore. « Dio... » Inarcai la schiena mentre con le mani accarezzai le sue spalle con un gesto forse un po' insicuro, ma trovarmi lì, completamente nuda, davanti agli occhi di colui a cui volevo donarmi, mi faceva essere forse nervosa. Sorrisi ammiccando alla sua confessione alzando appena il capo per cercare così le sue labbra e sfiorarle con le mie. Le nostre labbra si trovarono in un istante, e lasciai così che le nostre lingue si intrecciassero stuzzicandosi, mangiandosi permettendo così quel contatto che bramavo da troppo tempo. Seguii i suoi movimenti, reclinai il capo indietro offrendogli il mio corpo, il mio petto e la mia gola lasciando che facesse di me ciò che voleva. « Desidero questo momento da una vita, voglio perdermi nel piacere, voglio... » Non terminai la frase perché nemmeno io sapevo che cosa volevo esattamente. Con le nostre gambe ora intrecciate le une alle altre, piegai un ginocchio per posizionarmi meglio quando mi fece aprire le gambe mostrando così la mia figa ai suoi occhi senza alcun imbarazzo. A lungo avevo aspettato quel momento e quando avevo deciso che sarebbe stato proprio quella sera, mi ero preparata. Mi ero depilata completamente facendo attenzione alla mia intimità non lasciando nulla al caso. Sentii le sue mani scivolare lungo il mio corpo sempre più verso la mia figa quando immerse le dita dentro di me. Subito mi inarcai afferrando le sue spalle forti. « Oh cazzo... Sì. » Urlai gettando indietro il capo strizzando gli occhi per il piacere che provavo nel sentire le dita di qualcun altro e non le mie sditalinarmi. « Oh, ti prego continua... Parlami ancora così, volgare, rude con le tue dita dentro di me... Mi sento, mi sento... » E ancora una volta non terminai la frase e mi fiondai sulle sue labbra afferrandolo con le mani mentre muovevo appena il bacino giocando così con il suo movimento. Ero in paradiso e non sapevo cosa mi stavo perdendo. Ora mi sentivo del tutto affamata, affamata di passione.
Carter Fryderyk A. Wozniak
*Si fionda sulle mie labbra ed apro la bocca, infilando la lingua nella sua. Le nostre lingue comincio a guizzare tra di loro e mischio le nostre salive, mordendole infine il labbro inferiore. Riprendo poi possesso della sua lingua, accarezzandola e leccandola. Nel frattempo il mio indice non smette di muoversi avanti, indietro e circolarmente dentro di lei. Esplora la sua intimità a fondo e mi permette di capire in quale punti è maggiormente sensibile.* « Come ti senti, Belle? Dimmelo, parlami, non avere vergogna. » *La incito a confessarmi come si sente. É già la seconda volta che non termina la frase mentre io muoio dalla voglia di sapere che cosa sta provando. O almeno, voglio sentirlo uscire dalla sua bocca perché il suo corpo parla già. Un dito non è abbastanza così ne aggiungo altri due, una alla volta, e sento la sue pareti vaginali dilatarsi per accoglierle. Sospiro a bassa voce e spingo le tre dita subito a fondo, incominciando a muoverle con rapidità. Esco completamente da lei per poi rientrare e aumentare il ritmo, abbandonando secondo dopo secondo la delicatezza iniziale.* « Porca troia... Sei così stretta. » *Sussurro con la voce carica di erotismo e voglia. Il cazzo preme così tanto da farmi male. Utilizzo la mano libera per slacciare il bottone e tirare giù la lampo dei miei pantaloni eleganti, abbassandoli fino alle ginocchia. Procedo allo stesso modo per i boxer, tirandoli verso il basso e facendo balzare fuori il mio pene eretto. Sfilo le dita dalla figa di Belle e la guardo intensamente negli occhi, e impugno la mia erezione con la stessa mano con cui la stavo masturbando, sporcando il cazzo con i suoi umori. Sulle mie labbra si increspa un sorriso malizioso. Afferro le gambe di Belle dalle caviglie e le unisco tra di loro, sollevandola il giusto per darle un sonoro schiaffo sul culo. Le lascio andare e le divarico completamente le gambe, scivolando verso il bordo del letto. Estraggo la lingua e incomincio a leccare piano la sua fighetta, allargando le labbra vaginali e facendo leva soprattutto sulla punta. La punta della mia lingua si muove su e giù, e risale in direzione del clitoride. Ci sputo sopra e raccolgo immediatamente la mai saliva, afferrando tra le labbra il clitoride pulsante. Lo succhio avidamente e lo colpisco, dando colpetti rapidi. Sollevo il capo e cerco lo sguardo della donna a cui sto dando piacere.* « Mmhh Belle, dovresti vedere che magnifica e oscena visione dai. Le tue tettone che scivolano ai lati e la tua figa depilata totalmente fradicia. » *Le parlo volgarmente prima di affondare la lingua nella sua figa. Mi prendo una buona manciata di minuti per esplorare, giocare e leccare la sua cavità vaginale. La lingua si muove con maestria e intanto, non riuscendo a stare fermo, utilizzo la mano destra per stimolarle il clitoride e darle piccoli ripetuti schiaffi proprio lì. Continuo ancora per un po' fino a quando mi alzo e raggiungo i suoi seni. Li afferro tra le mani, palpandoli vigorosamente e li avvicino al centro. Prendo in bocca il capezzolo destro e poi il sinistro, e li mordicchio. Quando ritorno alla tettona destra non mi limito al capezzolo ma la prendo il più possibile in bocca, succhiandola avidamente e riempiendola di saliva.*
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—— ❀ › 𝓚𝒆𝒆𝓵𝒆𝓲𝓰𝓱 ���𝓭𝔂𝓽𝓱𝒆 𝓟. ℋ𝓪𝔀𝓴𝓲𝓷𝓼
❝ I wanna see you rock, I got that drop-drop, still on lock. ❞
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【 Kᴇᴇʟᴇɪɢʜ Eᴅʏᴛʜᴇ ᴀɴᴅ Xᴇʀxᴇs Pᴇʀᴄɪᴠᴀʟ 】 »» —— ʀᴘ ᴍᴇᴍᴇ ❛ Che razza di drink sarebbe? ❜
« Sta... Sta forse parlando con me? » « Sì, sto parlando con te. Te ne sei accorta? » « Quando si dice che la gentilezza è ormai passata di moda. Comunque drink analcolico se non voglio finire in carcere per aver bevuto prima dei ventuno anni. La stessa fine che potrebbe fare lei. » « Drink analcolico? Mi auguro che tu sappia che non si finisce in carcere per aver bevuto prima dei ventuno anni, o se lo pensi, non c'è nessuno che possa fare la spia qui intorno. » « Allora potrebbe offrirmelo lei, visto che il cameriere là in fondo non sembrava così tanto dell'idea di servirmelo. Gliene sarei davvero grata. » « Me ne saresti davvero grata? Nient'altro? » « Mh... Il suo sguardo dice molto di più di quanto le parole non dicano... Perché non lo dice e basta? Secondo me è un uomo che sa quello che vuole e lo prende senza riserva alcuna. Non avrò l'età per bere, ma so quello che voglio. »
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━ ✿ ▸〖 Eʀᴡɪɴᴇ Sʜᴀɴɴᴏɴ F. Dᴏʏʟᴇ 〗
❝ Il mio seno ora è così versatile: posso portarlo in alto, in basso, da questa parte o dall’altra. ❞
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「—— ❊ ₂₇ᴛʜ Sᴇᴘᴛᴇᴍʙᴇʀ﹐ ʜ ₁₈ 」 「—— ❊ Rᴏʟᴇ ᴡɪᴛʜ Eᴅᴏᴀʀᴅᴏ P. Aɳᴅʀᴇᴏᴢᴢɪ」
Quattro giorni erano trascorsi dall'inizio da quella che era la mia stagione preferita in assoluto: l'autunno. I capelli rossi che sembravano lingue di fuoco svolazzavano liberi nella leggera brezza che il parco più famoso al mondo offriva. Alcuni bambini schiamazzavano vicino alla fontana diventata celebre per moltissime serie televisive e insieme a loro mamme che probabilmente erano troppo occupate a spettegolare per poter offrire ai loro figli quella presenza di cui avevano bisogno. Dio, era così triste. Non era come in Irlanda. Ero cresciuta in una famiglia modesta, ma dove l'amore della famiglia oltrepassava qualsiasi difficoltà che si poteva incontrare sulla propria strada. Lì, immersa nel verde mi strinsi nelle spalle sentendo la brezza fresca penetrarmi nelle ossa. Un leggero brivido corse in tutto il mio corpo. Avrei dovuto immaginarlo, uscire con una leggera blusa - senza reggiseno - non era il massimo per affrontare il clima così variabile di New York. Con le gambe incrociate sotto il mio corpo tirai un lungo respiro cercando di pensare a come avrei potuto terminare l'ennesimo capitolo del mio romanzo erotico. Sottoporlo alle varie case editrici era il punto fondamentale, affinché potessi trovare quella svolta che ricercavo da molto tempo. Chiusi gli occhi per un istante tirando indietro il capo e quando li riaprii trovai davanti a me un giovane che mi osservava con insistenza. « Non te l'ha mai detto nessuno che è maleducazione fissare le persone? »
Edoardo P. Aɳdreozzi
*Dopo aver passato la mattinata e metà pomeriggio nella mia azienda, giunge l'ora di dedicarmi alla mia solita corsa quotidiana. Esco dalla mia abitazione con addosso soltanto un paio di pantaloni della tuta grigi e un paio di scarpe da ginnastica. Il tratto che percorro ogni giorno è quello di Central Park, per cui anche oggi va così. Inizio a correre piano e poco a poco, aumento, vado più veloce mentre sento qualche goccia di sudore scivolare sui miei addominali. L'autunno è la stagione perfetta per dedicarsi a del sano jogging poiché non si muore né di freddo né di caldo. Passo accanto ad una zona in cui ci sono delle persone sedute e la mia attenzione viene catturata da una folta chioma rossa. Curioso mi avvicino senza problemi e scruto attentamente la ragazza che ha gli occhi socchiusi e il capo all'indietro. Ho sempre adorato le rosse. Il mio sguardo, inutile dirlo, cade subito sul suo seno prosperoso e noto che al di sotto della blusa non ha nient'altro. Si intravedono perfettamente i capezzoli turgidi. Quando si accorge di me, scuoto il capo in risposta alla domanda.* « In realtà, no. Nessuno si è mai preoccupato di dirmelo. » *Rispondo all'istante, sollevando entrambe le spalle. Il mio tono è naturalmente strafottente ed abbozzo un piccolo sorriso divertito.* « Piuttosto, a te non hanno mai detto che andare in giro senza reggiseno attira soltanto maniaci? Soprattutto se le tettone sono grosse, come nel tuo caso. »
Erwiŋe F. Shannon Doyɭe
Alle sue parole inevitabilmente alzai un sopracciglio. Ok, era figo, sguardo che ti inchiodava lì e probabilmente sarebbe stato perfetto per uno dei protagonisti dei miei libri ma diamine, questo come prima cosa aveva notato il mio seno. Lo guardai inizialmente di sottecchi non lasciando trasparire in alcun modo che il fatto che non portassi mai e poi mai il reggiseno fosse una mia caratteristica. Dio ci aveva dato il seno affinché fosse libero e non strizzato in aggeggi che lo comprimevano e lo strizzavano facendolo apparire come dei limoni al posto di meloni. Il seno era una caratteristica fondamentale sulle donne, indicava il suo essere florido e in moltissime occasioni adoravo sentire il mio libero, pieno e gonfio quando mi eccitavo. « Sono venticinque anni che vado in giro senza reggiseno e di certo non comincerò proprio adesso a portarlo. » Risposi subito senza lasciarmi intimorire. Inclinai di lato il capo e diedi una leggera alzata di spalle. « Gli uomini posso guardare, il seno è fatto per essere osservato prima ancora di essere palpato, strizzato e massaggiato. E' una parte delicata di una donna... E no, nessuno me lo hai mai detto. » Intrecciai le braccia al petto ignorando il fatto che così, in quella posizione, il mio seno prosperoso diventò ancora più visibile. Ero una scrittrice di romanzi erotici e parlare di sesso non mi imbarazzava in alcunché, quindi perché avrei dovuto farlo proprio adesso? « E tu sei un maniaco? Visto che sei giunto fin qui... »
Edoardo P. Aɳdreozzi
*Quando confessa di non aver mai portato il reggiseno in venticinque anni di vita, sollevo un sopracciglio con fare divertito. Cazzo, dov'è stata quella donna fino ad ora? Trovarne una disposta ad andare in giro, anche pubblicamente, senza reggiseno è sempre stato il sogno della mia vita.* « Ci credo che nessuno te lo abbia mai detto. Nessuno si lamenterebbe di tale visione. » *Alza lo sguardo e per la prima volta i miei occhi incrociano i suoi. Oltre alla bellezza fisica, sembra avere un caratterino niente male e soprattutto la capacità di tenere testa al mio lato strafottente. Lo è anche lei a tratti e non è disposta a lasciarsi intimorire.* « Posso guardare anch'io? Senza niente sopra, intendo. E sono d'accordo con te fino ad un certo punto. É una parte delicata, sì, ma non sai quanto mi piacerebbe affarre il tuo con la forza. » *E riempirlo di schiaffi mentre ti scopo a pecora. Ma questo non lo dico, trattenendomi. Non voglio lasciarmi scappare quella meraviglia per nessuna ragione al mondo e le avrei fatto scoprire mano a mano quanto fossi perverso e amante del seno prosperoso. É come se mi stesse leggendo nella mente poiché poco dopo, porta le braccia sotto al seno e lo rende ancora più visibile. Mugugno sottovoce, guardandolo per poi sforzarmi e tornare alle sue iridi.* « Io? Sì, sono un maniaco. »
Erwiŋe F. Shannon Doyɭe
Strabuzzai inizialmente gli occhi alle sue parole. L'uomo che si trovava davanti a me possedeva una sfrontatezza che raramente avevo visto in giro, sia qui a New York, sia in Irlanda. In quel momento lo guardai negli e notai la sua linea sottile delle labbra, la linea dura della mascella e i capelli scuri con una carnagione scura che avrebbe messo in risalto ancora di più la mia pelle diafana. Non mi lasciai intimorire dalle sue parole e mantenni così lo sguardo su di lui alzando appena le spalle facendo sì che con me si muovesse anche il seno prosperoso. « Credo che tu lo stia già facendo... O sbaglio? » Ma l'uomo continuò dicendo letteralmente che voleva palparmi le tette. Ma dove ero finita? Un ghigno malizioso si increspò sulle labbra quando sciolsi le braccia intrecciate e porta le dita delle mie mani sul mio seno. Con una lentezza spasmodica accarezzai in modo circolare i miei seni. Lo feci con delicatezza, con una carezza in modo che i capezzoli turgidi venissero massaggiati dalle dita con il mio tocco leggero. « Vorresti farlo così, non è vero? » Mi palpai mugugnando per il piacere che mi stavo procurando da sola ma senza mai distogliere gli occhi da lui. In quel momento accantonai il libro che tenevo in grembo posandolo al mio fianco e mi alzai andandogli vicino. « Chi dice di essere un maniaco non lo è mai... Credimi. Chi lo è, lo dimostra. » Lo sfidai deliberatamente mentre mi avvicinai a lui mordendomi le labbra per poi staccare le mani dal mio corpo e lasciare così il mio seno ondeggiare dopo averlo palpato e stretto.
Edoardo P. Aɳdreozzi
« Non sbagli, ma vederle con la maglietta sopra non mi basta. » *Parlo chiaramente senza troppi giri di parole. Come tutti gli altri uomini che conosco sono attratto dalle donne con un bel seno prosperoso e sono sicuro che quella davanti a me sia la donna che ho sempre desiderato al mio fianco nella vita. Oh sì, non sarei stato un giorno senza affondare in lei o far scivolare il mio membro eretto fra le sue tettone. Poco dopo la rossa inizia ad accarezzarsi il seno con delicatezza e noto i capezzoli diventare ancora più turgidi sotto quel tessuto leggero. Sospiro sottovoce, mangiandomela letteralmente con gli occhi. Scuoto il capo alla sua domanda, decidendo di non darle alcuna soddisfazione.* « No, ci stai mettendo troppa lentezza. Voglio afferrarle e farle ballare come non mai, quindi stringendole con molta forza. » *Il suo mugugno mi eccita terribilmente e non distolgo lo sguardo da lei, osservandola avvicinarsi. Il seno essendo libero ondeggia ancora di più.* « Non mi conosci affatto e non puoi insinuare niente. Sono un maniaco. » *Ripeto. Mi sta forse sfidando? Evidentemente non sa con chi ha a che fare. Faccio un passo avanti verso di lei e senza pensarci sopra due volte, sollevo la sua blusa. I miei occhi diventano scurissimi alla vista di quelle tettone e le afferro subito dal basso, strizzandole con decisione per poi salire e cercare di prenderle tutte in mano a fatica.*
Erwiŋe F. Shannon Doyɭe
Mi mangiai le labbra sbattendo poi gli occhi con fare da gatta. Il suo essere così diretto mi eccitava, mi faceva fremere e il suo essere così deciso mi fa mancare l'aria. L'uomo che avevo davanti mi sfidava, e per il mio lato ribelle era come trovare pane per i propri denti. Odiavo mettere il reggiseno, sentire il peso del mio seno mi eccitava, e Dio solo sapeva quante volte al giorno me le toccavo, le palpavo e ci giocavo. Le sue parole mi fecero sorridere, così ammiccai maliziosamente mente mi avvicinato sempre di più lasciando che ogni passo facesse sì che il mio seno ondeggiasse sotto la blusa. Destra e sinistra, su e giù. « Sei estremamente sfrontato e arrogante. Ma ammetto che mi eccita sentire che mi si parli in questo modo. » Confessai inclinando di lato il capo e schiudendo le labbra mentre ribatte ancora una mantenendo la sua posizione sul fatto di essere un maniaco. Avanzai ancora di un passo incontrando così il suo petto e senza pensarci due volte lo vidi alzare la mia blusa quel tanto da cercare di afferrare il mio seno enorme. In quel momento i suoi occhi si scurirono e il mio respiro si spezzò. Le sue mani appena fredde furono travolte dal calore del mio seno e quella sensazione si trasmise al mio corpo facendomi stringere le gambe e con un filo diretto al mio sesso sentii una contrazione. « Mmhh aah. » Tirai indietro il capo e mi lasciai sfuggire un gemito per quella palpata proibita in un luogo pubblico. Ma in poco tempo mi ridestai. « Potresti avere di più se mi porti via di qui. Adesso. »
Edoardo P. Aɳdreozzi
« Ti piace? Ti piace sentirti dire cos'ho intenzione di farti? Perché credimi, quando avrò finito con le tue tettone e soprattutto con te, non riuscirai neanche a muoverti. » *Le mie mani fredde entrano a contatto con il calore del suo seno prosperoso, quasi bollente e mi eccito ancora di più sia per quel contatto sia nel vedere che non riesco a trattenerlo perfettamente a coppa per quanto è grosso. Ridacchio malizioso al suo gemito sfuggito e tengo gli occhi fissi nei suoi, strizzandole ancora una volta il seno.* « Voglio farti diventare le tettone dello stesso colore dei tuoi capelli, sai? » *Sussurro al suo orecchio, togliendo le mani da sotto la sua blusa e guardandola intensamente negli occhi.* « Infatti vieni via con me. Adesso. Dovrai camminare perché sono venuto a piedi, ma non è un problema. Anzi, sarà una meravigliosa visione per me. » *Aggiungo senza smettere di fissarla, scrutando di continuo il suo corpo. Le accarezzo una guancia e le cingo la vita, attirandola completamente contro il mio petto possente e nudo.*
Erwiŋe F. Shannon Doyɭe
Mi stava sfidando. E le sue parole centrarono esattamente quel punto che mi piaceva e mi faceva impazzire. Sentire come parlava, sentire come enfatizzava parole volgari che avevano il potere di eccitarmi. Inclinai di poco il capo e mi spinsi ancora di un passo contro il suo petto forte e possente contro il quale mi sarei strusciata più che volentieri. La contrapposizione delle sue mani fredde con il mio calore mi provocò un brivido che corse lungo tutta la schiena facendomela così dritta maggiormente e dare così maggior accesso al mio seno prominente. Un sorriso complice ma soprattutto malizioso sfiorò le mie labbra alla sua promessa. Una promessa che avrei fatto di tutto purché la mantenesse. « Non vedo l'ora. » Lasciai scorrere la punta dell'indice lungo il suo petto scolpito all'altezza esatta dei pettorali e mi staccai tirando giù appena la blusa e lasciando così il mio seno urlante e desideroso di quelle attenzioni che reclamava a gran voce. Ma in quel momento con una mossa audace e veloce mi strinse a sé stringendomi la vita e facendomi sbattere contro di lui. « Portami dove vuoi, ma fallo adesso. E fidati la visione sarà migliore quando sarò completamente nuda e sopra di te. » Sussurrai al suo orecchio per poi mordicchiarlo e strusciarmi contro la sua erezione possente. Il suo cazzo puntò immediatamente contro la mia coscia coperta e non potei fare a meno di sentire le sue straordinarie dimensioni. « Andiamo. »
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