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Mabon, casa Davies
« Ma non hai mai avuto paura a provare a stare con uno grosso come me? Lo sai anche tu che ho una forza sovraumana, potrei farti male da un momento all’altro » commenta ad alta voce, mentre una vocina gli urla contro di non esternare così tanto i suoi dubbi, insensati in partenza. « Cioè, io non voglio farti male, ma potrei farlo per sbaglio… »
«Fai sul serio? Sei tu quello che dovrebbe scappare, non io» e non pare stia scherzando, a giudicare dal modo in cui lo guarda. È palese, ma palesissimo, che stia cercando di capire se l'altro ci sia o ci faccia. «Uno, io non ho paura di niente» nemmeno questo è vero. La mano viene issata a mezz'aria per fendere l'aria, con l'intento di ricongiungersi a uno dei riccioli di fuoco appartenenti al quartino. «E due, non mi faresti mai del male. Non importa quanto arrabbiato tu sia, non riusciresti a farmi del male nemmeno per sbaglio. Non provare a contraddirmi, lo so e basta» conclude, apparentemente, cercando di lasciargli un leggero bacino sulla punta del naso.

(...) « Non sono bravo a spiegare cosa provo, preferisco spiegarti gli effetti della lisedia e ricordarti come accudire la tua. » E questo dovrebbe saperlo abbastanza bene, per come tiene ad ogni piantina e fiore che potrebbe averle fatto trovare in giro, come pensiero. « Ma stare con te, non mi fa sentire obbligato a fingere niente. Gli altri mi vorrebbero piccolo, meno goffo, più chiacchierone e disponibile forse » … « ma tu no. A te basta un muffin, stare sdraiati su un tetto e mordermi una mano per dimostrarmi che tieni a me » e forse quel sorriso andrebbe a chiudersi in una linea sottile per impedire ad un’eccessiva emotività di venir fuori. « Sei una persona forte, sei stupenda e mi fai sentire bene » conclude, o almeno sembra sul punto di farlo. « E io non so cosa sia stare insieme, non le capisco queste cose da coppie. A me basta stare bene e, quando sto con te, io sto bene per davvero. »
Alla fine del discorso, com'è inevitabile che faccia, inizialmente se ne sta zitta. Ferma ed impalata mentre cerca di controllare il respiro per quanto può, vittima involontaria di un'emotività che nemmeno riconosceva propria. Con uno slancio che si spera non sia troppo energetico tenterebbe, sempre stando attenta a non cadere dal tetto (!), di stringere Mabon in un abbraccio senza uscita. Sembrerebbe quasi volerlo ammazzare sul serio, non fosse per tutto l'amore che pare volergli trasmettere con quel gesto. «Lo sai, vero, che tu non puoi dirmi certe cose?» gli dice, tentando di solleticargli il collo con la punta del naso, le braccia ancora tese per tenerlo stretto a sé. «Finisce che non sono più capace di trattarti male, e non va bene» ma non specifica il perché, lasciando, ancora una volta, che quella stretta parli un po' per tutt'e due.
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Tia, dormitori
(...) «Non lo so, Tia» ammette poi. «So soltanto che odio toccare le persone, ma in casi come questo potrei ferire qualcuno» che si tratti o meno del ragazzo non importa, dato che il discorso in questo campo assume un valore globale.
Tace a lungo, dopo l'ultima aggiunta della secondina, e solo dopo aver riflettuto parecchio richiama la sua attenzione «Alexis.» il tono è mite, il volume basso. Finalmente la keniota torna a voltare il viso verso la sua interlocutrice «Il contatto fisico non è scontato come la gente lo fa sembrare. Se ad alcuni viene più difficile che ad altri, vuol dire che per loro conta anche di più.»
«Ho solo paura che la cosa a lungo andare possa stancare. Non solo lui, eh. Dico un po' in generale» perché avere un muro di fronte non andrebbe a genio a molti, e lei se ne rende conto. Non che le importi se si tratta di qualcuno che lei considera irrilevante, ma intanto acquisisce consapevolezza e impara a convincerci. «Quindi non voler toccare le persone non è una cosa brutta, giusto?» domanda ancora, non riuscendo a nascondere una leggera preoccupazione. «Allontanarsi e fuggire» ripete, masticando i termini come a farli propri prima di usarli. Concetti diversi che alla base hanno lo stesso problema: «Parlare. Devo parlargli» (...) Fatto sta che tenterebbe, forse più per cercare di combattere il blocco che altro, di appoggiare la testolina sulla spalla di Tia. Lo farebbe controvoglia e con la lecita preoccupazione di poter essere ammazzata nel mentre. La sua, però, sembrerebbe più una dimostrazione/imposizione di volontà che altro, nonostante non abbia modo di spiegarlo alla sestina. Sempre che arrivi ad appoggiare la testa sulla sua spalla, andrebbe a sperare che capisca senza troppi giri di parole inutili, lasciando al contatto fisico - per quanto forzato, seppure in parte piacevole - le redini del discorso.
«Fuggire è male.» ribadisce nel sentire la Davies esercitarsi con quei termini. E perché è male? Oltre ragioni, ma l'unica che ritiene di dover specificare è: «Sarebbe indegno di te.» che potrebbe anche sembrare un complimento. Se la secondina non chiude del tutto gli occhi, poi, la keniota lo fa, prendendo un respiro profondo e abbandonandosi a chissà quali pensieri. Non risponde a quel ringraziamento, infatti, liquidandolo con un piccolo cenno della mano. Una reazione ben diversa la scatena quel contatto inaspettato. Nel sentire la testolina della Davies contro la propria spalla, la sestina resta immobile, ma solleva una palpebra soltanto, andando a sbirciare l'espressione altrui con un'occhiata laterale. «Ne verrai a capo, mtoto.» sussurra dopo un lungo silenzio, concludendo con una parolina in swahili che non si premura di tradurre. «Puoi restare ancora un po', se vuoi.» ci tiene a farglielo sapere ed agire di conseguenza, spostandosi solo dopo qualche minuto per truccarsi e sistemare i capelli per la notte, senza tuttavia mandare via la Davies: piuttosto alla fine potrebbe andarsene lei, dandole la buona notte ed avviandosi verso il dormitorio maschile del quinto anno.
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Theo, lago nero
Quasi avesse aspettato di poter avere la sua attenzione, una volta averle visto finire il muffin andrebbe ad allungare una mano, un indice in verità, ma solo per tentare di pungolarla delicatamente su un braccio: un attirare l'attenzione giocoso, sebbene in un contatto che è più un accenno che altro. Se bastasse ad attirare la sua attenzione, la occhieggerebbe un attimo prima di parlare. «Tu lo sai, vero, che anche se non sono l'amico più forte che hai e pure se non sono bravo a litigare con gli altri... se ti serve una mano o un abbraccio, me lo puoi chiedere sì?» se ne esce, senza insinuazioni di sorta o tentativi di riferirsi a un evento o occasione specifici. Più un sincero ricordarle di essere lì, anche se non chiede, qualora un giorno le servisse. «L'ho detto anche a Linn. Non è che servo io tipo a difendervi eh... lo dico sempre che siete tutte e due più forti.» e ci sbuffa divertito su, per niente turbato dall'idea che delle femmine gli siano superiori (?). «Però, ecco, ogni tanto è una bella cosa sentirsi dire da un'altra persona che c'è. Perciò te lo volevo dire.» come è successo a lui, e ha fatto tutta la differenza del mondo.

(...) Segue poi il mezzo discorso del grifondoro, a cui la ragazzina in un primo momento si acciglia. Apprezza le sue parole, su questo non ci sono dubbi, ma non ne comprende il motivo. «Non esistono amici più forti di me» inizia, con un mezzo sorriso, escludendo Mabon a priori data la stazza che fa i tre quarti del lavoro. Un attimo di silenzio, poi annuisce. «Lo so e ti ringrazio, sul serio» si volta in sua direzione, poggiando la tempia sul palmo della mano che fa da appoggio. «Però parlando seriamente, sai che non verrei mai a chiederti un abbraccio, vero?» gli chiede, più come una sorta di avvertimento che altro. Lo farebbe con piacere anche se non lo dice, ma l'orgoglio personale ha una morsa troppo forte sulle sue azioni per essere evasa tanto facilmente. «E comunque, vale lo stesso per te» cerca di allungare la mano e di dargli una leggera pacca sulla spalla, messa a sostituire l'abbraccio che avrebbe voluto - ma proprio non riesce a - dargli. «Io però sono più per i metodi forti, quindi conta su di me per quello, se tu non riesci a vendicarti per bene» anche se la vendetta verrebbe solitamente rimpiazzata da calma e diplomazia, se in corrispondenza con i valori morali del grifondoro qui presente. Lei però ci prova comunque, ché non si sa mai. «Ma sappi che ci sono sempre. Che tu voglia parlare, sentirti dire che hai sbagliato o semplicemente distrarti. Conta su di me»
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Mabon e Ashy, vacanze di Pasqua
M: Lo sguardo del ragazzo si spalanca prima di girare il capo verso l'altra, giusto per essere sicuro di aver assistito allo stesso spettacolo. «Quella ragazza è pazza» sentenzia prima di scoppiare a ridere muovendo lateralmente il capo, tra lo sconvolto e il confuso. «La amo» mormora poi, in un sospiro, con quel tono di chi lo ha detto tra il serio e il modo improprio, non essendo così bravo ad ammettere cose a sé stesso.
A: Alza poco le sopracciglia nell'assorbire che abbia dichiarato di amare Alexis, l'inizio di un sorriso che sboccia sulle labbra carnose della ragazzina, che vorrebbe di certo dire qualcosa ma forse la trattiene per non imbarazzarlo. Prima o poi il momento sarà propizio, ma per adesso si limita a ridacchiare, gracchiando un «anch'io» più platonico.
M: «Guarda che poi inizierò a sognare il vostro matrimonio e lì sarà la fine!» Esclama al suo "anch'io" che, per quanto platonico e geloso di chiunque possa avvicinarsi troppo alla propria aspirante metà, la Stlawrence sembra essere fuori da qualsiasi minaccia.
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Neera, 10/03
«Hai ragione di nuovo» si riferisce sempre alla questione del proteggersi. «Ferisci prima di essere ferita, mh?» le domanda, nonostante non attenda davvero una risposta. Il sorriso amaro che le rivolge parla da sé, ma fortunatamente ha modo di tramutarlo in una linea dritta quando il miglior amico altrui viene riportato in ballo. «Sicuramente» è un casino. «Ma è come dicevi tu: si tratta si trovare un punto d'incontro. Il problema si presenta quando devi azzerare tratti della tua personalità per cercare di accontentare l'altro, è questo che intendevo. Ma se anche in quel momento senti la necessità di tenere quella persona vicino a te, allora un motivo sotto sotto c'è. In quel caso magari vale la pena, provare a cambiare» le dice, cercando di capire se sia o meno l'unica che la pensa in quel modo.
Azzerare punti della tua personalità «Mh….» mormora, sospirando «Non lo so…» si ferma un attimo «Cioè… forse si… quando ne vale la pena…» sospira «Ma azzerare proprio… non so…» sospira «Non so se sono in grado» sbuffa, scuotendo la testa. Anche se alzando gli occhi verso Cline le sorride più dolcemente «Però certo, se è una persona speciale per te… potrebbe davvero valerne la pena, sai?» annuisce più convinta «Sai, io credo che… voler cambiare per qualcuno… anche solo chiederti se farlo… già ti renda una buona amica. E…» stavolta la fissa negli occhi, o almeno ci prova «...ti rende ancora più tosta se vuoi saperlo» e stavolta è lei a darle un buffetto amichevole sulla spalla «Non devi temere di sembrare meno… forte, se provi a cedere un pochino. Tu sei Alexis, sono certa che tutti sanno quanto sei forte» annuisce convinta «Devi solo… ricordare che lo sei sempre. E che ci sarà sempre qualcuno che te lo ricorderà secondo me. Quando tu sarai troppo stanca per ricordartelo»
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[La mattina dell'8 Marzo, Pearl - consapevole del terrore di Alexis per i gufi - lascerà la lettera di Ashy, nell'inconfondibile busta verde menta, sul baule di Alexis. La grafia della Grifondoro sulla busta recita "Per la mia donna preferita". Un sacchetto di caramelle è spillato alla suddetta, e all'interno della busta si trova una pergamena]
Alla mia donna preferita vanno tutti i miei sorrisi e tutte le mie giornate sì. Anche se ormai questo giorno può suonare come un cliché, voglio approfittarne per ricordarti quanto tu sia importante, coraggiosa, e forte, non solo per me ma nella vita di tutti i giorni. Sei una luce per le persone che ti circondano. Non potrei mai immaginare la mia vita senza di te. Ti voglio un bene infinito e sono fiera di te.
Buona giornata internazionale della donna!
Con amore,
Ashy
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Andros, 02/02
[...] per confermare questa cosa, preme le labbra tra di loro cercando di reprimere un sorriso e, contemporaneamente, apre le braccia nel tentativo di stringerlo in un abbraccio forzato che metterà in mostra l'imbarazzo del ragazzino in relazione a queste cose: perché è sì vero che la Davies abbia un problema con le questioni d'affetto, su questo non ci piove, ma Andros è su tutt'altro livello. «Devi sconfiggere questo tuo blocco» parla con calma, utilizzando un tono fin troppo controllato e forse anche leggermente dolce. Ancora non chiude le braccia attorno al busto altrui quando mormora un «Fidati di me» e successivamente prova a stringere la morsa.
Una volta recuperato il muffin offertogli con tanta grazia e spontaneità da Alexis, starebbe per addentarlo, ma quel tentativo di abbraccio inzialmente sembra confonderlo, in quanto non riesce a capire il perché di quel gesto e soprattutto se stia realmente accadendo, tanto che serrando gli occhi, quasi chiudendosi a riccio, neanche stesse per prendere in faccia un bolide, si irrigidisce mentre protesta «Ehi ma che gramo..» ma sono quelle parole che gli pongono un freno, lasciando che nonostante resti con gli occhi chiusi, non si opponga fisicamente per quell'abbraccio, ma senza emettere alcun suono.
Sorpresa nel vedere l'altro che non si oppone ma che comunque si chiude a riccio, cerca di infilare le mani sotto le ascelle del ragazzino (sì) per non bloccargli le braccia e dargli la possibilità di ricambiare l'abbraccio, nel caso volesse farlo successivamente. Qualsiasi siano le sue intenzioni a riguardo, andrà comunque a circondargli il busto con naturalezza, leggermente più abituata al contatto fisico date le innumerevoli dimostrazioni d'affetto esternate quotidianamente dalla sua migliore amica. Piccolo prezzo da pagare per imparare a vivere bene, d'altronde. Poggia il mento sulla sua spalla, restando in silenzio per un attimo. «Visto? Non è così male» si dondola pure un po', e qui le scappa un sorriso. «Anche se la persona che ti sta abbracciando non la sopporti» aggiunge con fare divertito. All'improvviso però ha un lampo di genio, e si stacca lentamente in modo da dargli la possibilità di ricambiare la presa, sempre che abbia intenzione di farlo. «Facciamo una cosa» Inizia, lasciando il muffin aperto sul bordo della barchetta coperta dal telone. Si dirige verso la tela, si accerta che sia asciutta - a parte qualche piccolo punto trascurabile dove la tempera è ancora leggermente umida - e gliela porge, mantenendo con l'altra mano un pennello e quattro tubetti di colore: magenta, bianco, nero e ciano (azzurro). «Sono gli unici che ti servono per questo lavoro. Diluiscili di poco con l'acqua, perché ci stavo lavorando sotto forma di acquerelli. Me lo porti appena è finito»
[...] quel momento imprevisto, forse sconcertante per lui e anche bizzarro, nel corso del suo sviluppo lo lascia come un veliero in mezzo al dondolio della tempesta. Ma in qualche modo, quello scardinare quelle sue difese, inzialmente restie, lo lasciano imbambolato, come se non comprendesse effettivamente cosa gli stia accadendo. Infatti in modo istintivo (?) o se non altro a tratti paradossalmente quasi meccanico, ricambia l'abbraccio, lasciando che le proprie braccia percorrano la schiena di Alexis così da far incontrare le mani a metà strada e arrestarsi. Il respiro è certo, il rossore sul suo volto è completo a tal punto da portarlo a balbettare con un sussurro «I-in-s-somma» ma la lascia fare fin quando questa non si distacca da lui. Una volta libero, il leggero tremolio sulle sue mani lo va a nascondere portandole dietro la schiena, mentre si distende contro la parete, cercando di riprendere il respiro, e la osserva recuperare la tela e porgergli i pennelli. Ma prima di intentare qualunque altra azione volta alla pittura, prima di iniziare anche uno solo dei comandi impartitigli, con un mormorio quasi bofonchiato afferma «E comunque, hai ragione. Non ti sopporto» ma forse il senso è tutt'altro e chissà, magari la serpeverde potrà coglierlo in qualche modo e darsi una qualche spiegazione.
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Mabon, vacanze di Natale
Cambiando radicalmente discorso, la Davies infila la mano del tascone della gonna e ne fa uscire un muffin al cioccolato. Com'è semplice immaginare, lo porta alla bocca per strapparne l'involucro di plastica e prenderne un morso. Non si prolunga nemmeno in spiegazioni, considerando la sua precedente premessa sulla fame che sarebbe prima o poi tornata. Si limita a chiedergli: «Ne vuoi?» senza però porgerglielo, in quanto già a conoscenza della risposta che sarebbe arrivata. «Credo di avere un'ossessione per i muffin, altrimenti non si spiega» velatamente preoccupata nel pronunciare quelle parole, seppure l'ansia venga subito spazzata via dall'ennesimo boccone stracolmo di cioccolato. La beatitudine dei sensi, in altre parole. La beatitudine dei sensi. Una goccia solida di cioccolato le cade sul palmo della mano e lei, in un colpo di genio immediato, lo tiene fermo tra indice e pollice nel tentativo di avvicinarsi all'orecchio del più grande. «Stai fermo» gli intima, arrampicandosi di nuovo per raggiungere la sua altezza. Arrivata a destinazione, con tanto di espressione crucciata per la tanta fatica, posiziona il cioccolato sull'estremità del lobo sinistro, proprio dove più comunemente viene fatto un foro per l'orecchino. Lo lascia lì con sorriso a trentadue denti, tutta felice di aver raggiunto il suo scopo seppure in modo diverso. «Guardati allo specchio. E immagina ci sia un cerchietto!» d'argento o d'oro? Oh mamma. «Il colore poi è da decidere» molto più semplice evitare il discorso, per il momento.

« Ma cosa faii » la sgrida in modo scherzoso, prima di seguire il ragionamento con cui l’altra si ritrovi a tirar fuori dalla tasca della gonna un muffin al cioccolato. Dal canto suo, l’espressione del ragazzo è inorridita da quel gesto, così da rispondere un « grazie ma sto bene così » alla proposta di condivisione che gli viene data. « E non è negativa come ossessione ma non mi aspettavo che ne avessi uno in tasca » ammette, cercando di capire che viaggio abbia fatto quel muffin e di quanti attimi prima fosse. Segue però silente le indicazione di lei, e resta fermo anche mentre si diverte a far vagare la mente per i futuri fori che potrebbe fare il ragazzo. « Sono troppo piccolo per queste cose, chiedi a papà » cerca di arrampicarsi sugli specchi pur di non darle ragione ma magari, prima della conclusione del ciclo scolastico, potrebbe anche ricevere soddisfazioni da parte del ragazzino.
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Ashy, 18/12
Non è mai stata così emozionata per qualcosa nella sua brevissima vita. «Occhei», accetta il suo destino: non avrà un septum colorato nell'immediato, ma la cosa non la destabilizza. Sarà fighissima. Sicuramente più degli altri primini che sono stati più intelligenti e hanno deciso di preservare la loro integrità psicofisica invece di farsi bucherellare in un bagno dalla loro amica altrettanto undicenne. Gli occhi si allargano da soli alla menzione del dolore. Non ci aveva letteralmente nemmeno pensato. Ma adesso, ovviamente, ci ha pensato, e non riesce a smettere di pensarci, e quindi prende un respiro profondissimo. «Sono pronta! O la va o la spacca!», esclama, il tono un po' troppo alto per essere sicuro.
Per cercare di cambiare discorso e tranquillizzarsi (manco fosse lei quella a doversi perforare il naso), cerca di catturare l'aspetto positivo della situazione. «Una volta guarito, metteremo il rosso per farlo abbinare ai tuoi capelli» capito, Ashy? Abbiamo grandi, grandi piani per te. «E sei tanto coraggiosa» decisamente più di lei, considerando la risposta che l'amica le ha appena rifilato. Forse facendosi forza proprio grazie a quelle parole, prende un grosso respiro e porta le dita sulle palpebre altrui, incitandole ad abbassarsi ed accompagnandole nel movimento. «Chiudi gli occhi» è un ordine, ma glielo dice con una certa dolcezza che ne leviga gli spigoli più aspri. «Senti, ho pensato una roba per lo scherzo di tu sai chi. Io intanto prendo le misure, non ci far caso» e dicendo ciò afferra le pinze, chiudendole attorno allo strato sottile di pelle al di sopra della cartilagine. «Ho trovato chi può comprare il vischio» inutile sottolineare come quel discorso sia soltanto un diversivo, e alla fine l'ago attraversa il nasino altrui veloce come un fulmine, senza che l'altra abbia nemmeno il tempo di processare la cosa. «OKAY» emozionatissima. «Ago infilato» fortuna che la ragazzina non abbia modo di vedersi allo specchio.
Ad aprire gli occhi e trovarsi l'ago infilato nel naso non pensa altro se non "... fiiiigo" per almeno un minuto pieno, seppure si trovi costretta a stringere i pugnetti per il pizzicore fastidioso. Certo, è un po' strano. Però Alexis è veloce. Per fortuna. Sussulta appena quando il gioiello sostituisce l'ago, e le sembra di sentire prurito mentre lo chiude, però non si muove. Non si muove finché, a giochi fatti, non arriccia un po' il nasino, trasalendo appena per il mix della sensazione assurda del trovarsi un peso dove prima non c'era e... beh, una ferita aperta al centro della faccia.
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Trunk
⋆ Diario Whatsowl condiviso con Ashy
⋆ Lucido (Tia)
⋆ Maglioni particolarmente caldi, beige e verde (Tia)
⋆ Profumo pregiato all'elleboro (Tia)
⋆ Twist magico (Tommy)
⋆ Elastico ricamato a mano (Theo)
⋆ Braccialetto con una A e dei teschi messi a decorazione (Ashy)
⋆ Medaglione contenente il dente di un dorsorugoso di Norvegia (Andros)
⋆ Carillon con una loro foto magica ad Hogwarts, dicembre del 78’ (Andros)
⋆ Libro natalizio da colorare ed un secondo carillon (Natale Perkins)
⋆ Una lisedia, una spugna giallo scuro che assorbe tutte le sofferenze di una persona, lasciandola in uno stato di leggerezza piacevole, portando però alla morte della pianta. Poi basta aggiungere qualche sasso per farla rinascere. (Mabon)
⋆ Centrini rossi fatti a mano (Mabon)
⋆ Tailleur rosso proposto con una maglia blu scuro (Mabon)
⋆ Fermaglio di legno (LughLou)
⋆ quaderno da disegno rilegato in pelle (Andros)
⋆ Prodotti per la pelle (Jaemin)
⋆ Dittamo (20/3)
⋆ Pianta Caramella (LughLou)
⋆ Un braccialetto composto da una cerniera che si può chiudere con un gancetto impreziosito da due charm pendenti: uno dalla forma di pennello, e l'altro da tavolozza (Jaemin)
⋆ Lardo, un criceto durato solo tre giorni (!)
⋆ Forcina per capelli a forma di fiore contenente un pulsantino che, se pigiato, fa cambiare colore ai petali. (Yulian)
⋆ Una candelina a righe bianche e rosse (Mabon)
⋆ Una chiave un po’ rovinata (Mabon)
⋆ Un anello fatto con due fiori intrecciati che si rivelano essere l’equivalente di una pietra nel punto finale di congiunzione (Mabon)
⋆ Un cordino di cuoio con un gancio finale, sul quale sono presenti delle piccole tessere in legno bucate e incise. La scritta che risulta è "Strong enough" (Neera)
⋆ Ciondolo con una luna ed una stella incastonati (Theo)
⋆ Orecchini in argento (Tia)
⋆ Un accendino che riporta la scritta "burn it all" (Tia)
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