Text
Cannaviello

Venerdì 20 gennaio 2017, lo Studio d’ Arte Cannaviello ospita una serie di opere dell’ artista svizzero Martin Disler. Enzo Cannaviello indossa un paio di scarpe Monkstrap a fibbia singola, un elegante completo marrone a trama unita è allacciato sopra una camicia chiara. Nel capello un accenno di brillantina. La mano destra slaccia il primo bottone della spessa giacca di tweed; la sinistra, affondata nella tasca dei pantaloni, continua a giocare indisturbata con un paio di monete spicciate poco prima .
(fuori piove)
EC: non ha ancora smesso?
ST: non ne ha nemmeno l’ intenzione. Ma il tweed è ancora di tendenza?
EC: fortunatamente si. Caldo ed impermeabile: buon tessuto scozzese! Fuori piove
ST: scozzese? Sicuro?!? Avrei detto inglese, ci avrei scommesso!
EC: beh, plausibile (sorride). Questo problema di confine ha dato origine al nome
(il ragazzo chiude l’ ombrello sgocciolante di fianco alla porta)
ST: anche la galleria di Caserta portava l’ appellativo “Studio d’ Arte”…
EC: beh nel ’68 era complicato aprire una galleria, soprattutto a Caserta (ride). Qualcuno la chiama “Terra di lavoro” perché tutto si fa tranne che lavorare. (ride)
La mia è stata anche una sfida: l’obiettivo era creare davvero una “terra di lavoro”
ST: c’ era quella di Lucio Amelio a Napoli, da almeno un paio d’ anni
EC: (acconsente con un movimento del capo) Bisognava fare attenzione anche a questo
ST: sicuramente è stata una figura di rilievo. Tre anni dopo ti sei spostato a Roma..
EC: (slaccia il secondo bottone della giacca) “Galleria Seconda Scala”. Era davvero la seconda scala del palazzo; tutti si complimentavano con me “hai la galleria più bella della città”, dicevano. Avevo anche una gran bella casa
ST: la prima mostra lì è stata quella di Fabio Mauri?
EC: si. Ma era complicato lavorare. La mia galleria stava in una sacca di P.zza Navona; un giorno venne a trovarmi Gino Marotta e andammo a mangiare un gelato sui gradini della piazza (ride); andammo davvero solo a mangiare un gelato. Vedi… qualcuno si preoccupò per questo… sapevano chi frequentavo.. ma queste (suona il telefono) sono cose romane…
(lo squillo del telefono compre la voce e rende impossibile il dialogo)

Un ragazzo biondo entra nella stanza. In una mano un paio di occhiali beige appena sfilati dal viso, nell’ altra il telefono. Enzo lo segue nel vano limitrofo.
EC: (al telefono) si.. va bene…. No, no. Grazie. A dopo
Il ragazzo torna al suo posto senza aggiungere nulla.
EC: ehm.. (si confonde)
ST: e una volta arrivato a Milano si è appassionato ai “NeuenWilden” che rappresentavano l’ equivalente della Transavanguardia italiana
EC: mi era giunta la voce di questo gruppo di artisti di Berlino che dipingeva, non conoscevo direttamente nessuno di loro. Qualcuno mi disse che “tiravano sciabolate con il pennello” (ride). La mattina dopo partii per Berlino che in quegli anni si poteva raggiungere o via Francoforte o via Vienna. Bisognava atterrare a Berlino est e passare attraverso il confine per raggiungere la parte ovest. Il loro modo di dipingere mi entusiasmò subito, soprattutto dopo gli anni del concettuale
ST: questo suo coinvolgimento, che poi è rimasto costante anche negli anni seguenti, ha finito col dare uno “stile” particolare alla tua galleria
EC: si, anche se questo mi è costato molto. Indubbiamente ha prodotto qualche inimicizia, soprattutto qui in Italia
ST: capisco. Ti senti più un collezionista di opere o di artisti?
EC: con alcuni rimarrà sempre un rapporto confidenziale, questo è inevitabile, ma.. direi di opere. Si, di opere. Ho avuto parecchie delusioni
(E’ passata da un pezzo l’ ora di pranzo ed uno studente spossato ha smesso di seguire la conversazione dopo la parola “gelato”. Da quel momento ha iniziato a bramarlo avidamente)
Il ragazzo sgomita il compagno a fianco
ST: ti va un gelato?
ST: forse è meglio una cioccolata. Fuori piove!
?

0 notes