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shirin-thedoctor · 10 months
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Jericho era stranamente silenziosa, non c’era molta gente in giro per quelle strade ed i pochi che si aggiravano ancora da quelle parti sotto il sole del mezzogiorno evitavano deliberatamente il marciapiede ove Shirin ed Arsen stavano incedendo.
Gli eventi degli ultimi giorni erano stati anomali, Shirin aveva rischiato di morire per un colpo di pistola e salvarsi la vita era costato un dispendio di energie notevole e quasi fuori portata. La sua buona stella le aveva permesso di rigenerarsi ed il tempo di recupero avevano richiesto una degenza ben piĂą lunga di quanto fosse abituata.
In tutto quel frastuono di morte, Arsen era stato una costante. Le era rimasto al fianco durante l’agonia ed aveva continuato a farle visita nella convalescenza. Avevano visioni della questione differenti e la collisione delle loro idee aveva persino portato alla parvenza di uno scontro. Ma Shirin si era resa conto che, alla fine, Arsen era solo preoccupato per la sua incolumità e questo, chissà per quale ragione, le appariva persino piacevole.
Così lui aveva mantenuto la parola di aiutarla a trovare lo stalker, si erano messi alla ricerca di una qualsiasi pista senza avere una fortuna particolare. I messaggi erano cessati nell’oblio e Shirin non ne riceveva da giorni, sebbene avesse continuato con le sue consuete attività di supporto per Tyler. Perché l’idea di abbandonare a sé stesso il ragazzo, non l’aveva mai nemmeno sfiorata. Shirin avrebbe continuato ad aiutarlo anche se ciò non avrebbe avuto per lei alcun frutto, nonostante il rischio e nonostante qualsiasi altra cosa. Come una folle forse o, più semplicemente, come un’idealista.
Procedeva così al fianco di Arsen, Shirin era insolitamente silenziosa quasi in sintonia con l’uomo burbero che camminava a passo cadenzato a poca distanza da sé. La donna aveva troppi pensieri a cui far fronte, troppi dubbi su cui venire a capo ed allora appariva assorta come se, tutto il destino del mondo, dipendesse dalla sua velocità di districare i propri pensieri.
Senza successo.
La voce di Arsen infranse quel cunicolo stretto di ombre e angosce in cui ella si era infilata e la donna si trovò a volgere verso di lui lo sguardo.
-No non più, è come scomparso nel nulla.
Arsen aveva un po’ quella capacità, innata, di restituire serenità a Shirin. Le conferì a un senso di sicurezza essere in prossimità di lui, anche se tutto il mondo avesse preso a bruciare, le sarebbe bastato essere al fianco di Arsen per sentire che, alla fine, sarebbe andato tutto bene.
Era una dote che lui non doveva immaginare di possedere e che Shirin era ben lontana dal confessargli di nuovo.
-Quindi mi dici dove stiamo andando? Devo preoccuparmi?
↓↓
“ Oh, out of sight, out of mind
It doesn’t mean you’re not mine. “
    ᅟᅟᅟᅟᅟ S&A
á…źá…źá…źá…źá…ź strade I 12 AM
C’era qualcosa di indissolubile che lo legava a lei, all’unica che avrebbe dovuto tenere lontana, ed ormai Arsen cominciava ad averne la percezione.
Lui che era sempre stato legato alla famiglia, proprio non si sarebbe dovuto avvicinare così tanto a lei. Proprio a lei che portava il cognome sbagliato… ma negli anni, Arsen non aveva fatto altro che cercarla, non c’era mai stato nessuno di importante nella sua vita ma sempre e solamente lei.
Arsen aveva finito col comprendere tutto dal momento in cui aveva immaginato di averla persa per sempre e che, da lì in poi, gli sarebbe toccato smettere di cercarla. Che senso avrebbe avuto la propria vita? Arsen ne era confuso e passava ormai notti insonni a pensarci… perché avrebbe potuto continuare a fingere che niente e nessuno lo avrebbe mai scalfito se soltanto lei, qualche giorno prima, non si fosse lasciata andare in un abbraccio che sì, non aveva avuto parole in fondo, ma aveva detto ogni cosa.
L’imperativo, in quei giorni, era di scoprire qualcosa di più sulla persona – o le persone – che avevano attentato alla vita di lei, per Arsen la soluzione era semplice ed a portata di mano: a Shirin sarebbe bastato smettere di aiutare Tyler a gestire il suo mostro, ma per lei era fuori discussione piegarsi a quelle minacce e, in fondo, Arsen nemmeno amava l’idea di darla vinta a loro. Eppure era in gioco la vita di lei e lui aveva appena compreso quanto gli fosse preziosa… ed avrebbe davvero preferito la soluzione più veloce e più vigliacca, purché lei rimanesse viva.
Ormai era già da un po’ che stavano camminando tra le vie di una Jericho stranamente silenziosa, Arsen avanzava guardandosi intorno con circospezione e l’aria ancora più incazzata del solito e nessuno si tratteneva lì sul suo stesso marciapiede più del dovuto. Arsen aveva trovato qualcuno in grado di mettere nel cellulare di Shirin una sorta di spia che avrebbe potuto rintracciare la provenienza di quei messaggi anonimi ed era proprio lì che si stavano dirigendo.
—Non dovrebbe mancare molto. Non ti ha più scritto, comunque?
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@shirin-thedoctor
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shirin-thedoctor · 10 months
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You are the earth that I will stand upon. You are the words that I will sing.
[ Ed Sheeran ]
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shirin-thedoctor · 10 months
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I got my red dress on tonight, dancin' in the dark, in the pale moonlight, done my hair up real big, beauty queen style. High heels off, I'm feelin' alive.
[ L.del Rey ]
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shirin-thedoctor · 10 months
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L'amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve, è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s'è ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti. Che altro è esso? Una follia segreta, fiele che strangola e dolcezza che sana.
[ w. shakespeare ]
[ @devourer-of-shadows ]
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shirin-thedoctor · 10 months
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Shirin non era una persona particolarmente affettuosa o capace di dimostrare il proprio affetto con chissà quale effusioni spontanee. Era stata educata in maniera rigida con un protocollo di buona educazione che proprio non aveva rivali, Shirin dispensava sorrisi e si intratteneva nei più consueti convenevoli, senza davvero lasciare pezzi di sé stessa in quelle faccende. Era come una recita della buona educazione, che era bene portare avanti ed era tutta la vita che non faceva nient’altro. Poi vi erano sporadici momenti, come quello appena avvenuto, in cui Shirin consapevolmente violava il confine di vicinanza scegliendo di compiere un gesto in cui avrebbe impresso ogni parte della propria anima. Generalmente se ne pentiva qualche attimo dopo, nel rendersi conto di essere stata troppo sentimentale o avventata.
L’aveva fatto in quell’abbraccio, nel trattenersi ad una distanza tanto misera da Arsen esponendosi al pericolo di essere distrutta. Non si era attesa che lui ricambiasse, gli Addams erano asettici e forse Arsen lo era più di chiunque altro, tuttavia Shirin compì poi un generoso passo indietro venendo via dall’abbraccio univoco che scioccamente aveva messo in atto.
Si sentì una stupida, una tremenda stupida, ma ormai c’era poco da fare, solo da prendere atto di ciò che era stato e basta.
-Cercherò delle informazioni, più che altro per capire da dove cominciare..
Shirin si mise nuovamente a sedere, nonostante la guarigione fosse ormai quasi terminata, il recupero delle energie era ancora lontana dall’essere completa. Aveva recuperato il proprio spazio vitale ed aveva soffocato l’imbarazzo di quell’eccesso emotivo che si era appena consumato qualche attimo prima. Shirin era brava a recuperare sé stessa ed il proprio autocontrollo, un po’ come se nulla fosse capitato o l’avesse scossa particolarmente scossa.
I messaggi anonimi erano il solo punto di partenza, ma costituivano una pista scarna da cui era complesso trarre qualsiasi altro indizio. Eppure Shirin immaginava che chiunque fosse stato, doveva essere collegato alla Nevermore o a Willowhill, poiché in quei luoghi si trovavano i soli a conoscenza della natura di Tyler e di quel percorso intrapreso per il suo equilibrio. Si trattava di qualcuno senza scrupoli e con poco senso pratico, capace di compiere il più eclatante dei gesti anche nel mezzo di una folla tanto era la sicurezza di portare a termine quanto promesso. Un quadro fin troppo vago che avrebbe potuto abbracciare chiunque e nessuno in particolare.
Era come un salto nel vuoto e Shirin si sentiva fin troppo stanca per continuare a pensarci assiduamente anche in quell’istante.
- Non volevo chiederti di tenermi al sicuro Arsen, so che posso farlo da sola e lo farò..
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“ You're the love that came without warning, you had my heart before I could say no. “
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ᅟᅟᅟᅟᅟ Shirin’s House I 10 AM
Forse avrebbe dovuto lasciare Shirin sola ed attendere che si riprendesse. In fondo, Arsen così avrebbe preferito per se stesso, lui era un tipo solitario e troppo poco avvezzo alla compagnia altrui. In uno stato di debolezza fisica come quello in cui era costretta lei, Arsen avrebbe preferito ancora di più starsene da solo, lontano da tutto e da tutti. Tutto sommato, però, Shirin non era come lui, lei non gli assomigliava nemmeno un po’ e così, contravvenire a tutto quello che gli suggeriva di fare la logica, non era stata una cattiva idea.
Ad ogni modo, Arsen quella mattina era passato al Weathervane per prendere due doppi caffè da portare ed era andato dritto a casa di lei. Le lezioni di scherma sarebbero cominciate nel pomeriggio, quindi non c’era alcun impedimento che avrebbe fatto da deterrente alle proprie intenzioni.
Il quartiere dove risiedeva Shirin, non era poi così distante dal proprio. Arsen aveva addosso il solito vestiario dai colori scuri e l’espressione corrucciata di sempre. La sua mente continuava ad essere invasa dall’immagine di lei che si imbrattava di sangue, momento dopo momento, e quel senso sottile di angoscia non aveva mai smesso di inebriargli l’anima. Arsen si sentiva confuso e non erano sensazioni tipiche di lui, nemmeno sapeva bene come gestirle ma sentiva che forse tutto si sarebbe chetato se fosse andato a trovarla, sincerandosi che stesse meglio… e così, una volta raggiunta la porta del suo appartamento dove la targhetta riportava la scritta “Edgerton S.“ Arsen si chiuse per qualche momento in riflessione, poi però sollevò la mano libera dai caffè, e bussò un paio di volte.
Un paio di volte, così, per non sembrare che la sua fosse una visita oppressiva, Arsen aveva pensato di apparire sciolto con quei rintocchi leggeri e chissà perché non pensò a bussare al campanello, forse perché lui non ne aveva uno.
Fatto sta, che se quella porta non fosse stata aperta, di lì a poco, sarebbe stato capace di buttarla giù a calci nell’apprensione che potesse esserle capitato qualcosa e tutta la scioltezza e la disinvoltura che avrebbe desiderato trasmettere, sarebbe andata decisamente al diavolo.
@shirin-thedoctor
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shirin-thedoctor · 11 months
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But the sky was never quite the same shade of blue again.
[ A. Rice ]
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shirin-thedoctor · 11 months
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Dopo le ultime parole di Arsen, nell'appartamento numero 9 piombò il silenzio totale. Shirin non parlò, non osò rompere quel velo che era sceso a soffocare ogni respiro ed ogni attimo esistente. Non disse nulla e parve avere tutte le intenzioni di non aprire più bocca, consentendo al niente di prendersi, ancora una volta, ogni brandello della loro vita. Perchè Shirin aveva finito per consentire al silenzio di frapporsi tra lei ed Arsen in tutte le circostanze della vita. Quando erano stati solo due ragazzini e la Nevermore la circoscrizione di tutto il loro mondo, Shirin si era negata la compagnia di lui, spaventata dal fatto di sentirsi in sintonia con il tetro Arsen Addams più di quanto riuscisse ad essere con il marasma gioioso del suo gruppo amicale. Giunto il diploma, ancora una volta, Shirin aveva voltato le spalle ad Arsen e se n'era andata per la sua strada convinta di potersi dimenticare di lui per sempre. E c'era stato il silenzio fra loro, un silenzio assordante ed assoluto. Poi la vita li aveva messi ancora una volta l'uno di fronte all'altra ed ora, Shirin sentiva di non poter consentire al silenzio di soffocare se stessa. Forse, almeno in quel contesto, avrebbe dovuto accettare l'idea di essere egoista. Arsen era stato duro nei modi e nelle parole e probabilmente, chiunque altro, avrebbe avuto quanto meno un vago sentore di pericolo. Non Shirin. L'aveva visto preoccuparsi per lei ed ancora, in quella circostanza, nel veleno che le stava spuntando addosso, ella riusciva solo a scorgervi l'esasperazione di qualcosa che sfuggiva all'impeccabile controllo di Arsen Addams. Lui che era, così poco incline alle mille sfaccettature dei sentimenti, capace solo di decodificare tutto con la "rabbia" stava offrendo l'ennesima prova di sè stesso. Shirin si sporse in avanti, poggiò il bicchiere di carta sul tavolino lì di fronte a sè e si mise in piedi. Con qualche passo leggero si trovò di fronte a lui, mantenne lo sguardo terso in quello infinitamente più scuro di lui e poi finì per distruggere quella rigidità gettando le braccia alle spalle di Arsen incurante del fatto che lui avesse le mani in tasca e che, mai, si sarebbe piegato ad una simile inclinazione affettiva. Shirin smise di guardare le iridi di lui, forse perché sarebbe stato complesso gestire sè stessa e cosa avrebbe voluto dirgli continuando a mantenere il contatto visivo. Forse era più codarda di quanto avesse mai pensato. -Voler continuare ad aiutare Tyler non vuol dire che io voglia morire Arsen. Non ho alcuna intenzione di farmi ammazzare né di farmi circuire da un codardo che scrive minacce anonime. Forse l'avrebbe solo fatto arrabbiare di più, ma Shirin non sarebbe stata in grado di cambiare sé stessa solo per mantenersi illesa. Aveva sempre combattuto contro l'assurda logica della propria famiglia, come una sorta di pecora nera e non sarebbe stata capace di smettere neppure se l'avesse desiderato. Arsen aveva ragione a chiamarla "martire" forse aveva dentro sé quell'istinto da sempre. -So che ti sembrerà assurdo, ma al parco, nonostante tutto sapevo di essere al sicuro perché eri lì con me. Perciò non andartene, aiutami a scoprire chi c'è dietro questa storia. Per favore resta con me Arsen.
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“ You're the love that came without warning, you had my heart before I could say no. “
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ᅟᅟᅟᅟᅟ Shirin’s House I 10 AM
Forse avrebbe dovuto lasciare Shirin sola ed attendere che si riprendesse. In fondo, Arsen così avrebbe preferito per se stesso, lui era un tipo solitario e troppo poco avvezzo alla compagnia altrui. In uno stato di debolezza fisica come quello in cui era costretta lei, Arsen avrebbe preferito ancora di più starsene da solo, lontano da tutto e da tutti. Tutto sommato, però, Shirin non era come lui, lei non gli assomigliava nemmeno un po’ e così, contravvenire a tutto quello che gli suggeriva di fare la logica, non era stata una cattiva idea.
Ad ogni modo, Arsen quella mattina era passato al Weathervane per prendere due doppi caffè da portare ed era andato dritto a casa di lei. Le lezioni di scherma sarebbero cominciate nel pomeriggio, quindi non c’era alcun impedimento che avrebbe fatto da deterrente alle proprie intenzioni.
Il quartiere dove risiedeva Shirin, non era poi così distante dal proprio. Arsen aveva addosso il solito vestiario dai colori scuri e l’espressione corrucciata di sempre. La sua mente continuava ad essere invasa dall’immagine di lei che si imbrattava di sangue, momento dopo momento, e quel senso sottile di angoscia non aveva mai smesso di inebriargli l’anima. Arsen si sentiva confuso e non erano sensazioni tipiche di lui, nemmeno sapeva bene come gestirle ma sentiva che forse tutto si sarebbe chetato se fosse andato a trovarla, sincerandosi che stesse meglio… e così, una volta raggiunta la porta del suo appartamento dove la targhetta riportava la scritta “Edgerton S.“ Arsen si chiuse per qualche momento in riflessione, poi però sollevò la mano libera dai caffè, e bussò un paio di volte.
Un paio di volte, così, per non sembrare che la sua fosse una visita oppressiva, Arsen aveva pensato di apparire sciolto con quei rintocchi leggeri e chissà perché non pensò a bussare al campanello, forse perché lui non ne aveva uno.
Fatto sta, che se quella porta non fosse stata aperta, di lì a poco, sarebbe stato capace di buttarla giù a calci nell’apprensione che potesse esserle capitato qualcosa e tutta la scioltezza e la disinvoltura che avrebbe desiderato trasmettere, sarebbe andata decisamente al diavolo.
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shirin-thedoctor · 11 months
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Shirin raccolse tra le mani il bicchiere di cartone che Arsen le aveva appena offerto. Aveva vinto, con una certa fatica, il proprio imbarazzo, almeno in maniera parziale e così, per un po’, si concentrò sul liquido scuro da cui ancora sbuffavano piccole volute di calore.
L’interrogativo di Arsen giunse senza avere alcun velo di sorpresa. Perché Shirin sapeva che quel quesito sarebbe giunto da lui non appena si fosse ripresa, come se Arsen l’avesse tenuto al sicuro dentro di sé e gli avesse concesso di venir fuori solo quando sarebbe stato possibile ricevere una risposta esaustiva.
Shirin ci aveva riflettuto a lungo, aveva pensato e ripensato a cosa dire, a quale menzogna inventare affinché fosse credibile e non destasse sospetti. Ma non era stata in grado di raggiungere alcuna conclusione esaustiva ed in ogni previsione futura, Arsen scopriva la bugia e insisteva fino allo sfinimento.
Perciò non le sarebbe restato che confessare la verità con tutte le conseguenze annesse.
Shirin si voltò per fare ritorno al salotto, manteneva ancora il bicchiere tra le mani, e si accomodò seduta lasciandosi sfuggire un sospiro di pura rassegnazione. Spillò un generoso sorso di caffè e poi si decise a tornare a parlare.
-Ho ricevuto dei messaggi anonimi negli scorsi giorni.. erano minacce.
Shirin sollevò lo sguardo nella direzione di Arsen certa di trovargli al volto la stessa espressione di sempre. Apatica e distante dal mondo intero.
L’aveva visto oscillare nell’incertezza emotiva nel pomeriggio in cui era stata raggiunta dal colpo di pistola ed ora sembrava così strana quell’immagine di lui che Shirin sentiva di dubitare di ogni cosa, ormai.
-Erano rivolte al progetto che sto portando avanti con Tyler.. Se sto ricevendo queste minacce, se la mia presenza è così fastidiosa da dover essere tolta di mezzo, allora posso solo supporre che sono nel giusto. Che sta funzionando.
Shirin non riusciva a pensare ad altro. Se il suo lavoro fosse stato inutile, allora nessuno si sarebbe preso la briga di minacciarla e di mettere persino in atto quell’aspirazione di morte. Pertanto poteva solo supporre che stesse agendo nel migliore dei modi e che il lavoro che stava portando avanti con Tyler fosse qualcosa di più di una mera speranza.
Quel dettaglio, più che scoraggiarla nel timore, ne alimentava la sfida e la smania di portare a termine il presupposto ad ogni costo. Se si trovava sulla buona strada, allora Shirin l’avrebbe percorsa per intero a qualsiasi costo, per arrivare alla fine e rendere la libertà a quel ragazzo a cui il mondo aveva voltato le spalle.
-Perciò non ho intenzione di lasciar perdere. Procederò fino alla fine, dovrò solo utilizzare più accortezze.
Shirin aveva preparato la strategia disperata ed incerta nel caso la morte l’avesse sorpresa anzitempo, ma d’ora in avanti avrebbe dovuto tentare un approccio più lungimirante. Avrebbe dovuto immagazzinare diversamente il suo potere e lasciarne una quota in riserva senza che venisse interamente consumato come era avvenuto nella scorsa volta.
Shirin immaginava che quell’attentato si sarebbe ripetuto fino al compimento di quanto promesso e non sapeva se l’intenzione di Arsen fosse quella di metterla in guardia o scoraggiare il suo coinvolgimento, ma non avrebbe avuto alcuna importanza, la dottoressa Edgerton non aveva alcuna intenzione di tornare sui suoi passi.
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Forse avrebbe dovuto lasciare Shirin sola ed attendere che si riprendesse. In fondo, Arsen così avrebbe preferito per se stesso, lui era un tipo solitario e troppo poco avvezzo alla compagnia altrui. In uno stato di debolezza fisica come quello in cui era costretta lei, Arsen avrebbe preferito ancora di più starsene da solo, lontano da tutto e da tutti. Tutto sommato, però, Shirin non era come lui, lei non gli assomigliava nemmeno un po’ e così, contravvenire a tutto quello che gli suggeriva di fare la logica, non era stata una cattiva idea.
Ad ogni modo, Arsen quella mattina era passato al Weathervane per prendere due doppi caffè da portare ed era andato dritto a casa di lei. Le lezioni di scherma sarebbero cominciate nel pomeriggio, quindi non c’era alcun impedimento che avrebbe fatto da deterrente alle proprie intenzioni.
Il quartiere dove risiedeva Shirin, non era poi così distante dal proprio. Arsen aveva addosso il solito vestiario dai colori scuri e l’espressione corrucciata di sempre. La sua mente continuava ad essere invasa dall’immagine di lei che si imbrattava di sangue, momento dopo momento, e quel senso sottile di angoscia non aveva mai smesso di inebriargli l’anima. Arsen si sentiva confuso e non erano sensazioni tipiche di lui, nemmeno sapeva bene come gestirle ma sentiva che forse tutto si sarebbe chetato se fosse andato a trovarla, sincerandosi che stesse meglio… e così, una volta raggiunta la porta del suo appartamento dove la targhetta riportava la scritta “Edgerton S.“ Arsen si chiuse per qualche momento in riflessione, poi però sollevò la mano libera dai caffè, e bussò un paio di volte.
Un paio di volte, così, per non sembrare che la sua fosse una visita oppressiva, Arsen aveva pensato di apparire sciolto con quei rintocchi leggeri e chissà perché non pensò a bussare al campanello, forse perché lui non ne aveva uno.
Fatto sta, che se quella porta non fosse stata aperta, di lì a poco, sarebbe stato capace di buttarla giù a calci nell’apprensione che potesse esserle capitato qualcosa e tutta la scioltezza e la disinvoltura che avrebbe desiderato trasmettere, sarebbe andata decisamente al diavolo.
@shirin-thedoctor
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shirin-thedoctor · 11 months
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L’appartamento nel quartiere residenziale di Jericho dove alloggiava Shirin Edgerton, era un luogo piuttosto silenzioso.
Tra quelle mura, regnava l’ordine totale, l’arredamento era minimalista e vi era a stento qualcosa di personale come testimonianza di una vita vissuta in pieno. Shirin non aveva foto incorniciate ed in equilibrio su mensole e tutti i libri esposti erano manuali di medicina. L’unica parte della casa che era pregna della propria esistenza era una cabina armadio in cui erano stipati vestiti e scarpe di ogni genere e colore.
Ad ogni modo, da quando Shirin aveva rischiato la propria vita, aveva trascorso la maggior parte delle ore a dormire. Il recupero delle energie era stato piuttosto lento, Shirin aveva abusato della propria dote in quei giorni con Tyler ed ora ne pagava le conseguenze.
Tuttavia, più riposava più l’autoguarigione si alimentava ed ormai dello squarcio al proprio stomaco non restava che un graffio.
Di quegli attimi, paradossalmente, Shirin ricordava ogni dettaglio. Sapeva di essere rimasta tra le braccia di Arsen per tutto il tempo, l’aveva visto arrabbiato e persino preoccupato ed era stata la vicinanza con lui che l’aveva convinta a mettere da parte le proprie remore. In coscienza, Shirin sapeva di aver desiderato restare in vita solo per lui.
Perché mentre la morte stringeva le sue mani fredde su di lei, ella scopriva tutta l’essenza possibile della vita nelle iridi buie di Arsen Addams. Cosa provasse per lui, era ancora incomprensibile, ma Shirin sapeva bene che Arsen rappresentava qualcosa di importante a cui non sarebbe stata capace di rinunciare.
E doveva sentirsi sciocca a non essersi domandata alcunché prima del fatidico momento. Si conoscevano fin da bambini, avevano trascorso momenti cruciali insieme di cui Shirin conservava memoria intatta. Si aggiungeva che Shirin aveva finito per trovare, tra le braccia di Arsen in quel parco, il luogo irrinunciabile in cui restare. Si era sentita al sicuro nonostante la fine fosse prossima e l’egoismo di avere ancora quella vicinanza per sé, aveva convinto Shirin ad aggrapparsi alla vita con tutta l'energia possibile.
Un rumore alla porta costrinse la donna a mettersi in piedi. Shirin aveva sempre un aspetto impeccabile, poiché si prendeva la premura di scegliere con minuzia il vestiario e tutti gli abbinamenti annessi. Tuttavia, nell’esasperazione della propria convalescenza, la donna appariva piuttosto trasandata. Indossava una tuta dalle tinte grigie, un t-shirt più larga del normale e la chioma fulva era strozzata in una coda di cavallo alta e scomposta.
Shirin si avvicinò all’uscio e schiuse la porta, solo che nel trovarsi Arsen lì davanti ella impallidì e parve impietrita, come se si fosse trovata di fronte un fantasma.
-Arsen…
Per istinto Shirin era tentata di sbattergli l porta in faccia e di avere almeno 10 minuti per sistemarsi perché proprio da lui non avrebbe voluto farsi vedere conciata in quella maniera. Doveva essere l’ennesima risposta non richiesta in merito a ciò che aveva finito per provare per lui.
Comunque Shirin vinse il proprio istinto, come aveva imparato a fare sempre, si spostò dall’ingresso lasciando ad Arsen lo spazio per entrare dissimulando goffamente il proprio imbarazzo.
-Prego entra… non aspettavo nessuno… hai portato i caffè? Grazie…
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ᅟᅟᅟᅟᅟ Shirin’s House I 10 AM
Forse avrebbe dovuto lasciare Shirin sola ed attendere che si riprendesse. In fondo, Arsen così avrebbe preferito per se stesso, lui era un tipo solitario e troppo poco avvezzo alla compagnia altrui. In uno stato di debolezza fisica come quello in cui era costretta lei, Arsen avrebbe preferito ancora di più starsene da solo, lontano da tutto e da tutti. Tutto sommato, però, Shirin non era come lui, lei non gli assomigliava nemmeno un po’ e così, contravvenire a tutto quello che gli suggeriva di fare la logica, non era stata una cattiva idea.
Ad ogni modo, Arsen quella mattina era passato al Weathervane per prendere due doppi caffè da portare ed era andato dritto a casa di lei. Le lezioni di scherma sarebbero cominciate nel pomeriggio, quindi non c’era alcun impedimento che avrebbe fatto da deterrente alle proprie intenzioni.
Il quartiere dove risiedeva Shirin, non era poi così distante dal proprio. Arsen aveva addosso il solito vestiario dai colori scuri e l’espressione corrucciata di sempre. La sua mente continuava ad essere invasa dall’immagine di lei che si imbrattava di sangue, momento dopo momento, e quel senso sottile di angoscia non aveva mai smesso di inebriargli l’anima. Arsen si sentiva confuso e non erano sensazioni tipiche di lui, nemmeno sapeva bene come gestirle ma sentiva che forse tutto si sarebbe chetato se fosse andato a trovarla, sincerandosi che stesse meglio… e così, una volta raggiunta la porta del suo appartamento dove la targhetta riportava la scritta “Edgerton S.“ Arsen si chiuse per qualche momento in riflessione, poi però sollevò la mano libera dai caffè, e bussò un paio di volte.
Un paio di volte, così, per non sembrare che la sua fosse una visita oppressiva, Arsen aveva pensato di apparire sciolto con quei rintocchi leggeri e chissà perché non pensò a bussare al campanello, forse perché lui non ne aveva uno.
Fatto sta, che se quella porta non fosse stata aperta, di lì a poco, sarebbe stato capace di buttarla giù a calci nell’apprensione che potesse esserle capitato qualcosa e tutta la scioltezza e la disinvoltura che avrebbe desiderato trasmettere, sarebbe andata decisamente al diavolo.
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shirin-thedoctor · 11 months
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She was her own star shining bright in the dark
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shirin-thedoctor · 11 months
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Il processo di guarigione sarebbe stato più lungo di quanto previsto. Shirin aveva ben poche energie e quelle che le restavano erano state concentrate contemporaneamente nel rimarginare il danno subito, a scapito dell’immagazzinamento che aveva conservato con sforzo dentro di sé e che era atto a proteggere Tyler Galpin dal suo mostro. Shirin si sarebbe sentita eternamente in colpa per aver scelto sé stessa sacrificando la tutela di quel ragazzino, ma sentiva di non aver avuto alcuna altra scelta percorribile. Se fosse deceduta così, Tyler non avrebbe avuto più nessuno a preoccuparsi per lui e questo non poteva accadere. Shirin l’aveva inconsciamente promesso a Francoise e voleva tenere fede a quella parola ad ogni costo.
Poi c’era Arsen e quella strana sensazione che anche lui avesse bisogno di lei e ciò rendeva impossibile a Shirin la concezione di arrendersi tanto facilmente. Perché in fin dei conti ella stessa sentiva sorgere dentro sé l’egoismo di restare aggrappata alla vita ad ogni costo, smaniosa di non permettere che gli occhi di Arsen le fossero negati in eterno o che quelle braccia smettessero di stringerla proprio adesso, che finalmente l’avevano raggiunta.
Shirin scosse appena leggermente il capo in risposta a quanto Arsen aveva appena detto.
-Portami a casa mia, continuerò a guarire da sola.. domani avrò finito..
Shirin avrebbe recuperato ulteriori forze ora che, aveva smesso di farsi custode delle emozioni di Tyler. Sarebbe stato sufficiente altro tempo poi la ferita si sarebbe rimarginata del tutto, un po’ come se nulla fosse capitato.
Si lasciò andare completamente tra le braccia di Arsen, cullandosi del sentore di sicurezza che lui le conferiva nella totale inconsapevolezza. Perché, Shirin ne era certa, Arsen non aveva la più pallida idea di averle implicitamente salvato la vita, se non si fosse piegato a quell’eccesso emotivo, Shirin avrebbe continuato a rifiutare qualsiasi parvenza di realtà e se lui non l’avesse sollevata tra le braccia, proprio come stava facendo, ella non avrebbe mai smesso di sentirsi in pericolo o spaventata.
Invece, in quell’istante, non c’era alcun timore ad ostacolarla, solo una profonda stanchezza.
Così Shirin socchiuse le palpebre per qualche istante obliando le iridi cerulee tra il confine del proprio personalissimo buio, adagiò maggiormente il capo contro il petto di Arsen e si lasciò sfuggire un sospiro dalla schiusa appena accennata delle labbra.
-Grazie Arsen..
“ The story of life is quicker than the wink of an eye, the story of love is hello and goodbye until we meet again. “
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á…źá…źá…źá…źá…ź Parco I 3 PM
La giornata prometteva bene, il cielo aveva diradato un bel po’ di nuvole e i raggi solari piombavano dall’alto, facendo brillare le aiuole del parco pubblico.
Per Arsen era consuetudine trovarsi al parco, al guinzaglio aveva i suoi tre cani di stazza grande ed avanzava, pronto a liberarli di lì a poco e come vivesse in quel monolocale insieme a quei tre bestioni, sarebbe stato difficile comprenderlo.
Giunto accanto a una delle panchine di legno, Arsen si flesse e sganciò il guinzaglio che assicurava i cani a sé e sfregò loro la testa, accarezzandoli energicamente prima di lasciarli andare, liberi. Per un po’ lui se ne rimase flesso, con le ginocchia che toccavano l’asfalto e le braccia penzoloni contro le cosce. Arsen sollevò lo sguardo al cielo e comprese che forse non sarebbe piovuto, non oggi. Non ne sembrò rallegrato, al contrario, doveva amare molto i temporali e quindi, poco dopo, dovette sembrare persino un po’ deluso da quel sole dirompente che non aveva alcuna intenzione di ritirarsi tanto presto.
I cani, intanto, si erano allontanati. Arsen aveva preso posto su quella panchina e, preso lo smartphone con una delle mani, scorreva la home di un social. Da quando aveva imparato a utilizzarli era diventata un’abitudine postare qualche foto, di tanto in tanto, solitamente in compagnia dei suoi cani, spesso con Shiro che sembrava essere quello più affettuoso dei tre.
La tenuta che indossava era del tutto informale: Arsen aveva dei pantaloni morbidi da tuta, color antracite, una t-shirt di una totalitĂ  piĂą scura e sulle spalle aveva uno zaino sportivo. In testa stava un berretto nero.
Quei pomeriggi, sole non gradito a parte, Arsen li trovava rilassanti, lo allontanavano dai pensieri soliti che gli affollavano la mente – e che ultimamente riguardavano Tyler Galpin e l’imminente pericolo che rappresentava per coloro a cui teneva – così Arsen aveva disteso la schiena e posato parte del dorso allo schienale della panchina, divaricando appena le gambe e socchiudendo gli occhi, lasciando il cellulare incustodito accanto a sé.
Passò qualche momento di assoluto silenzio, poi l’abbaiare persistente di Shiro lo fece quasi sobbalzare, Arsen aprì gli occhi e tornò seduto in maniera più o meno composta, volgendo gli occhi davanti a sé e sulla donna che il cane dal pelo grigio e raso aveva preso d’assalto, leccandole le mani e sfregando le zampe sulle sue gambe, evidentemente felice di vederla.
@shirin-thedoctor
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shirin-thedoctor · 11 months
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Beati coloro che si baceranno sempre al di lĂ  delle labbra, varcando il confine del piacere, per cibarsi dei sogni.
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shirin-thedoctor · 11 months
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Il sapore ferroso del sangue le aveva ormai riempito tutta la bocca, Shirin respirava con sempre piĂą fatica ed il tempo non aveva ancora ripreso a scorrere in maniera normale.
I minuti erano tutti dilatati e quel cielo limpido ed azzurro si stagliava meraviglioso ed imponente sopra di loro. Tuttavia Shirin guardava gli occhi scuri di Arsen trovandovi in essi tutto il cielo di cui avesse bisogno ed era assurdo rendersene conto proprio in quell’istante in cui tutto scivolava inesorabilmente via.
Gli Edgerton convivevano con una natura maledetta che li preservava dalle angustie del mondo come se essi avessero nel fato l’imperativo di sopravvivere sempre e comunque. Era una discendenza che aveva radici antiche lontane nel tempo destinata a piegarsi e ripiegarsi tra i confini della autoconservazione come se niente contasse più che il mero egoismo. Si diceva che in origine gli Edgerton potessero sconfiggere ogni malattia, senza disperdere la loro energia vitale avrebbero persino potuto distorcere il tempo a loro piacimento e conservarsi eternamente. Si diceva molto sugli Edgerton, ma dove fosse la verità non era dato saperlo a nessuno, neppure a chi possedeva quel sangue dannato nelle vene.
Così, chiunque avesse appena sparato a Shirin doveva conoscere la sua storia familiare, perché nello scegliere il punto a cui mirare aveva compiuto la miglior scelta possibile. Se il colpo l’avesse centrata rischiando la di farla morire sul colpo, allora probabilmente l’autoconservazione si sarebbe attivata all’istante senza alcun discernimento. In quella circostanza, invece, Shirin continuava ad ostinarsi a preservare il proprio libero arbitrio per contenere il più possibili le emozioni di Tyler che invece premevano dirompenti per fuggire via da lei.
Poi la voce di Arsen irruppe come un fulmine. Le aveva appena impartito un comando che sembrava reggere su di sé il peso del mondo. E Shirin comprese, che non poteva più perdere tempo.
Perché se si fosse lasciata morire in quell’istante, Tyler sarebbe rimasto nuovamente da solo senza nessuno che lo aiutasse a gestire sé stesso. E c’era dell’altro.
C’era che se non fosse guarita, Arsen non glielo avrebbe perdonato mai e sarebbe rimasto sospeso in quell’ordine rabbioso per sempre. Così Shirin socchiuse le palpebre per pochi istanti, il proiettile fu cacciato via dal suo stomaco con leggerezza e, sebbene non avesse più molte energie, il processo di guarigione ebbe inizio.
Le emozioni di Tyler furono liberate e Shirin non ebbe piĂą alcun controllo su di esse. Non sarebbe stata in grado di completare interamente la guarigione, non ne aveva abbastanza forze, ma sarebbe stata in capace di uscire dalla condizione di pericolo di vita in cui versava.
Shirin tornò a schiudere le palpebre e sollevò una delle mani, per raggiungere con la punta delle dita una delle gote di Arsen.
-Starò bene.. Arsen io.. ho rilasciato le emozioni di Tyler…. Si trasformerà..
Shirin lasciò che il contatto delle proprie dita finisse per essere più percettibile. Chissà perché quel contatto le conferiva la certezza di aver compiuto la scelta giusta.
Non era pronta per lasciarlo andare via, non di nuovo. E forse solo in quell’istante comprese cosa significasse l’egoismo degli Edgerton, la smania di restare vivi ad ogni costo. Perché Shirin sentiva di voler vivere disperatamente e sapeva che la “colpa” era di Arsen.
“ The story of life is quicker than the wink of an eye, the story of love is hello and goodbye until we meet again. “
    ᅟᅟᅟᅟᅟ S&A
á…źá…źá…źá…źá…ź Parco I 3 PM
La giornata prometteva bene, il cielo aveva diradato un bel po’ di nuvole e i raggi solari piombavano dall’alto, facendo brillare le aiuole del parco pubblico.
Per Arsen era consuetudine trovarsi al parco, al guinzaglio aveva i suoi tre cani di stazza grande ed avanzava, pronto a liberarli di lì a poco e come vivesse in quel monolocale insieme a quei tre bestioni, sarebbe stato difficile comprenderlo.
Giunto accanto a una delle panchine di legno, Arsen si flesse e sganciò il guinzaglio che assicurava i cani a sé e sfregò loro la testa, accarezzandoli energicamente prima di lasciarli andare, liberi. Per un po’ lui se ne rimase flesso, con le ginocchia che toccavano l’asfalto e le braccia penzoloni contro le cosce. Arsen sollevò lo sguardo al cielo e comprese che forse non sarebbe piovuto, non oggi. Non ne sembrò rallegrato, al contrario, doveva amare molto i temporali e quindi, poco dopo, dovette sembrare persino un po’ deluso da quel sole dirompente che non aveva alcuna intenzione di ritirarsi tanto presto.
I cani, intanto, si erano allontanati. Arsen aveva preso posto su quella panchina e, preso lo smartphone con una delle mani, scorreva la home di un social. Da quando aveva imparato a utilizzarli era diventata un’abitudine postare qualche foto, di tanto in tanto, solitamente in compagnia dei suoi cani, spesso con Shiro che sembrava essere quello più affettuoso dei tre.
La tenuta che indossava era del tutto informale: Arsen aveva dei pantaloni morbidi da tuta, color antracite, una t-shirt di una totalitĂ  piĂą scura e sulle spalle aveva uno zaino sportivo. In testa stava un berretto nero.
Quei pomeriggi, sole non gradito a parte, Arsen li trovava rilassanti, lo allontanavano dai pensieri soliti che gli affollavano la mente – e che ultimamente riguardavano Tyler Galpin e l’imminente pericolo che rappresentava per coloro a cui teneva – così Arsen aveva disteso la schiena e posato parte del dorso allo schienale della panchina, divaricando appena le gambe e socchiudendo gli occhi, lasciando il cellulare incustodito accanto a sé.
Passò qualche momento di assoluto silenzio, poi l’abbaiare persistente di Shiro lo fece quasi sobbalzare, Arsen aprì gli occhi e tornò seduto in maniera più o meno composta, volgendo gli occhi davanti a sé e sulla donna che il cane dal pelo grigio e raso aveva preso d’assalto, leccandole le mani e sfregando le zampe sulle sue gambe, evidentemente felice di vederla.
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shirin-thedoctor · 11 months
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L’abbaiare dei tre cani, ad un certo punto, divenne così intenso che non fu possibile udire quasi nient’altro. Il trambusto caotico inghiottì tutte le parole dette e lasciò Shirin vagamente perplessa.
Fu come se tutto ciò che avvenne di lì in poi, si dilatasse nel tempo rallentandosi in maniera esasperante. I minuti si assottigliarono, e non ebbero quasi più alcuna fine. Shirin inquadrò Arsen esporsi in avanti nella propria direzione, i tre cani spalancavano le fauci con furore e il resto del parco viveva in serenità un momento che non aveva l’aspetto di essere spaventoso.
Shirin comprese, troppo tardi, di essere in pericolo. Il countdown del suo stalker era giunto ai suoi zeri e non c’era più tempo di fare nient’altro, invero non c’era neppure il tempo di pensare.
Lo stalker avrebbe avuto l’audacia di compiere un gesto simile nello spazio aperto di un parco pubblico, esposto alla vista altrui ed al giudizio. Lontano dalle ombre di una risoluzione privata come se, quella di Shirin, dovesse apparire l’epilogo di una esecuzione. Affinché la morale fosse chiara per chiunque osasse mettersi in mezzo alla questione di Tyler e del suo Hyde.
Uno scoppio si udì come un eco lontano, poi le grida di chi era lì intorno ed il terrore dilagò come un male a fagocitare tutta la serenità di cui quella giornata leggera era stata pregna. Shirin non ebbe alcuna percezione di ciò che stava avvenendo intorno a sé, perse di vista persino il moto di Arsen e se egli infine l’avesse raggiunta oppure no.
Spero di sì, sperò che lui la raggiungesse con tutta sé stessa, alimentando quella sensazione che tra le braccia di lui sarebbe stata al sicuro dagli orrori del mondo intero.
Ma Shirin non fu al sicuro e quegli orrori l’avvolsero senza averne alcuna pietà.
Nel trambusto generale, la donna condusse entrambi i palmi all’addome. Shirin restò perfettamente in piedi, in equilibrio impeccabile, il liquido amaranto le imporporò le mani diafane, allargandosi senza tregua sulla camicia azzurra.
Sollevò lo sguardo, così che esso incrociasse quello di Arsen. Shirin faticava ad afferrare la realtà, come se essa perseverasse nello sfuggirle ancora ed ancora.
-Arsen..
Mormorò il nome di lui, poi Shirin avvertì il dolore, si accasciò a terra cadendo sulle ginocchia e dalle labbra schiuse sputò via un nugolo di sangue che le era salito in gola.
Il colpo era stato preciso, un colpo decisamente mortale, lì in quell’altezza ci sarebbe stato poco da fare, un comune essere umano avrebbe avuto, probabilmente, quindici minuti ancora da vivere.
Shirin Edgerton, tuttavia, era tutto fuorché comune, la sua capacità di guarire si rifletteva anche su sé stessa. Anzi, in quel caso, diveniva quasi un obbligo. Il suo dono tendeva alla autorigenerazione come fosse un parassita incapace di lasciar morire il corpo ospitante. Tuttavia, Shirin aveva messo a dura prova sé stessa in quegli ultimi giorni e di energie gliene restavano decisamente poche, in più, dentro sé c’erano le emozioni negative di Tyler che ella aveva trattenuto e che continuava a trattenere nonostante tutto.
Perciò, quello che restava di lei era un corpo morente bloccato nell’impasse di lasciar andare qualcosa. Da un lato la propria vita e dall’altro le “negativitá” che si sarebbero senza dubbio riversate su Tyler facendogli del male.
“ The story of life is quicker than the wink of an eye, the story of love is hello and goodbye until we meet again. “
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á…źá…źá…źá…źá…ź Parco I 3 PM
La giornata prometteva bene, il cielo aveva diradato un bel po’ di nuvole e i raggi solari piombavano dall’alto, facendo brillare le aiuole del parco pubblico.
Per Arsen era consuetudine trovarsi al parco, al guinzaglio aveva i suoi tre cani di stazza grande ed avanzava, pronto a liberarli di lì a poco e come vivesse in quel monolocale insieme a quei tre bestioni, sarebbe stato difficile comprenderlo.
Giunto accanto a una delle panchine di legno, Arsen si flesse e sganciò il guinzaglio che assicurava i cani a sé e sfregò loro la testa, accarezzandoli energicamente prima di lasciarli andare, liberi. Per un po’ lui se ne rimase flesso, con le ginocchia che toccavano l’asfalto e le braccia penzoloni contro le cosce. Arsen sollevò lo sguardo al cielo e comprese che forse non sarebbe piovuto, non oggi. Non ne sembrò rallegrato, al contrario, doveva amare molto i temporali e quindi, poco dopo, dovette sembrare persino un po’ deluso da quel sole dirompente che non aveva alcuna intenzione di ritirarsi tanto presto.
I cani, intanto, si erano allontanati. Arsen aveva preso posto su quella panchina e, preso lo smartphone con una delle mani, scorreva la home di un social. Da quando aveva imparato a utilizzarli era diventata un’abitudine postare qualche foto, di tanto in tanto, solitamente in compagnia dei suoi cani, spesso con Shiro che sembrava essere quello più affettuoso dei tre.
La tenuta che indossava era del tutto informale: Arsen aveva dei pantaloni morbidi da tuta, color antracite, una t-shirt di una totalitĂ  piĂą scura e sulle spalle aveva uno zaino sportivo. In testa stava un berretto nero.
Quei pomeriggi, sole non gradito a parte, Arsen li trovava rilassanti, lo allontanavano dai pensieri soliti che gli affollavano la mente – e che ultimamente riguardavano Tyler Galpin e l’imminente pericolo che rappresentava per coloro a cui teneva – così Arsen aveva disteso la schiena e posato parte del dorso allo schienale della panchina, divaricando appena le gambe e socchiudendo gli occhi, lasciando il cellulare incustodito accanto a sé.
Passò qualche momento di assoluto silenzio, poi l’abbaiare persistente di Shiro lo fece quasi sobbalzare, Arsen aprì gli occhi e tornò seduto in maniera più o meno composta, volgendo gli occhi davanti a sé e sulla donna che il cane dal pelo grigio e raso aveva preso d’assalto, leccandole le mani e sfregando le zampe sulle sue gambe, evidentemente felice di vederla.
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shirin-thedoctor · 11 months
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Tu più di tutte sai che il cuore non si nutre di promesse e soffri perché pensi di dovere al mondo nient'altro che il sorriso.
[ T. Caraiman ]
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shirin-thedoctor · 11 months
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Non fosse stato per l’impegno che i tre cani ci stavano mettendo nello starle addosso, Shirin avrebbe avuto modo di notare il sorriso che aveva appena incurvato le labbra di Arsen. Un brevissimo accenno che ne aveva compromesso l’aspetto austero e serio che egli vestiva costantemente.
La voce di lui giunse come un eco a richiamare all’ordine i tre animali ancora in preda all’entusiasmo. Shirin ebbe così modo di rimettersi quanto meno seduta, poi inaspettatamente Arsen giunse persino ad offrirle un appoggio per aiutarla a rimettersi in piedi e Shirin ne restò del tutto interdetta senza tuttavia tirarsi indietro, si lasciò sostenere fino a schiudere ancora un sorriso alle labbra. Arsen sembrava di buon umore, le era parso che si fosse preso la briga di fare dell’umorismo e questo, era senza dubbio anomalo per lui.
Eppure Shirin immaginava che quella circostanza lo rendesse ben disposto. Forse l’essere all’aperto in quel parco, in compagnia dei suoi adorati cani rappresentava un insieme capace di ammansire anche le sue di ombre. Shirin ricordava un giovane Arsen per lo più in solitudine, incapace di perdersi tra la compagnia umana altrui, allo stesso modo aveva memoria di quello stesso ragazzo che sapeva spendere il suo tempo con leggerezza insieme agli animali, un po’ come se essi fossero i soli ad essere capaci di sostenere il peso della propria compagnia.
Era sempre stato un dettaglio di lui che l’aveva incuriosita, forse lo stesso che l’aveva portata più volte ad orbitare vicino ad Arsen senza carpirne mai davvero l’essenza. Arsen Addams restava un mistero agli occhi Shirin, lo era da bambino e lo restava ora da uomo.
-Noi Edgerton abbiamo la pelle dura, ma voi Addams ci sottovalutate sempre! Comunque vedo che Shiro se la passa bene e pure gli altri due!
Shirin mantenne il sorriso alle labbra che dissipò solo nell’avvertire le successive parole di Arsen che avevano completamente abbandonato il tono precedente.
Arsen aveva dimostrato tolleranza sulla questione di Tyler ma non accettazione, Shirin poteva comprenderlo in quell’aspetto. Tyler aveva aggredito sua nipote Mercoledì con l’intenzione di ucciderla e Arsen voleva tenere al sicuro quel pezzo della sua famiglia che aveva rischiato di perdere appena l’anno scorso. La sfiducia dell’uomo nei riguardi dell’Hyde era lecita, ma Shirin sperava che con i giorni sarebbe stata in grado di fargli cambiare idea.
Sebbene adesso non avesse più certezza di quanto tempo avesse ancora e chissà, doveva sperare che Tyler potesse trovare in Arsen uno dei suoi alleati. L’Addams si portava addosso quella sensazione di indistruttibilità come se, con le sue sole forze, potesse proteggere il mondo intero.
E Tyler, piĂą di chiunque altro, aveva bisogno di essere protetto.
-Questo pomeriggio gli ho concesso di posticipare la sedute, doveva recuperare i suoi oggetti a casa di Donovan, in serata ci vedremo però. Sta facendo progressi.
Shirin aveva deliberatamente deciso di non dire nulla del contenuto delle proprie sedute, anche perché tentava inutilmente di nascondere la stanchezza tra trucco ed altri escamotage. Altrettanto aveva deciso di tacere sulla questione delle minacce, Shirin aveva intenzione di lavorare senza sosta procedendo verso quella sola priorità che sentiva di dovere perseguire. Tutto il resto poteva attendere, persino l’imminente paura di morire.
Shiro iniziò ad abbaiare quasi dal nulla, aveva un tono ben più aggressivo di quello giocoso che aveva adoperato fino ad allora e presento anche gli altri due gli fecero eco con la stessa smania, al punto che Shirin ebbe difficoltà ad udire qualsiasi altra cosa intorno a sé.
-La tua autoritĂ  scarseggia Addams mi pare!
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La giornata prometteva bene, il cielo aveva diradato un bel po’ di nuvole e i raggi solari piombavano dall’alto, facendo brillare le aiuole del parco pubblico.
Per Arsen era consuetudine trovarsi al parco, al guinzaglio aveva i suoi tre cani di stazza grande ed avanzava, pronto a liberarli di lì a poco e come vivesse in quel monolocale insieme a quei tre bestioni, sarebbe stato difficile comprenderlo.
Giunto accanto a una delle panchine di legno, Arsen si flesse e sganciò il guinzaglio che assicurava i cani a sé e sfregò loro la testa, accarezzandoli energicamente prima di lasciarli andare, liberi. Per un po’ lui se ne rimase flesso, con le ginocchia che toccavano l’asfalto e le braccia penzoloni contro le cosce. Arsen sollevò lo sguardo al cielo e comprese che forse non sarebbe piovuto, non oggi. Non ne sembrò rallegrato, al contrario, doveva amare molto i temporali e quindi, poco dopo, dovette sembrare persino un po’ deluso da quel sole dirompente che non aveva alcuna intenzione di ritirarsi tanto presto.
I cani, intanto, si erano allontanati. Arsen aveva preso posto su quella panchina e, preso lo smartphone con una delle mani, scorreva la home di un social. Da quando aveva imparato a utilizzarli era diventata un’abitudine postare qualche foto, di tanto in tanto, solitamente in compagnia dei suoi cani, spesso con Shiro che sembrava essere quello più affettuoso dei tre.
La tenuta che indossava era del tutto informale: Arsen aveva dei pantaloni morbidi da tuta, color antracite, una t-shirt di una totalitĂ  piĂą scura e sulle spalle aveva uno zaino sportivo. In testa stava un berretto nero.
Quei pomeriggi, sole non gradito a parte, Arsen li trovava rilassanti, lo allontanavano dai pensieri soliti che gli affollavano la mente – e che ultimamente riguardavano Tyler Galpin e l’imminente pericolo che rappresentava per coloro a cui teneva – così Arsen aveva disteso la schiena e posato parte del dorso allo schienale della panchina, divaricando appena le gambe e socchiudendo gli occhi, lasciando il cellulare incustodito accanto a sé.
Passò qualche momento di assoluto silenzio, poi l’abbaiare persistente di Shiro lo fece quasi sobbalzare, Arsen aprì gli occhi e tornò seduto in maniera più o meno composta, volgendo gli occhi davanti a sé e sulla donna che il cane dal pelo grigio e raso aveva preso d’assalto, leccandole le mani e sfregando le zampe sulle sue gambe, evidentemente felice di vederla.
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shirin-thedoctor · 11 months
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Era una giornata insolita per la uggiosa Jericho, le nuvole si erano diradate e i raggi del sole filtravano leggeri coronando un tempo lieve e caldo.
Una di quelle giornate, insomma, in cui restarsene al chiuso sarebbe stato un atto criminoso. Shirin aveva chiuso dietro sé la porta del suo appartamento ed aveva deciso di allontanarsi dalle sue indagini e ricerche per consentire alla mente di schiarirsi beandosi del calore solare. Aveva troppe questioni da risolvere, tanto per cominciare Shirin appuntava i miglioramenti delle lezioni con Tyler e, al contempo, cercava di studiare un modo per accorciare i tempi perché sapeva di doversi preparare ad ogni evenienza.
Aveva ricevuto un singolo messaggio minatorio dallo sconosciuto che le aveva intimato di lasciar perdere Tyler. Eppure, nonostante tutto avesse ripreso a tacere intorno a sé, Shirin aveva compreso di non poter lasciare la questione alla volontà del caso. Doveva correre ai ripari, per aver pronto un piano B qualora la situazione fosse precipitata. Solo che Shirin non aveva alcuna idea di cosa potesse fare, aveva poca energia e non riusciva a pensare lucidamente su una strategia corretta.
Si era limitata, al momento, a lasciare una lettera per Tyler e una da far recapitare a suo fratello nella speranza che scegliesse di ascoltarla e continuare ciò che ella aveva iniziato. Non vi era però in tutto ciò alcuna sicurezza e questo Shirin lo sapeva bene.
Per quanto concerne il suo fantomatico aguzzino, Shirin non aveva neppure la più pallida idea di come iniziare a cercarlo e tutti quei tarli nella testa iniziavano a giocarle qualche brutto scherzo. Non era in grado di riflettere lucidamente su alcunché.
Così uscire le era parsa la scelta più saggia che potesse prendere, nella speranza che la quiete le restituisse fermezza.
Shirin era arrivata al parco cittadino, consapevole della possibilità di incontrare Arsen. Sapeva che lui era solito recarsi lì con i suoi cani e a Shirin non sarebbe dispiaciuto fermarsi un po’ in compagnia di lui. In fin dei conti Arsen aveva l’assurda capacità di allontanarla dai propri problemi, grazie a quel suo atteggiamento distante e completamente dissociato dalla realtà comune. In più Shirin era curiosa di constatare di persona come stesse Shiro, il cagnolino che lei ed Arsen avevano salvato insieme tempo prima.
Così Shirin era arrivata al parco, ma non aveva fatto neppure in tempo a guardarsi intorno che un cane le era praticamente corso incontro, senza avere la premura di fermarsi per tempo. Shirin era caduta a terra e non aveva avuto bisogno di chissà quanto tempo per riconoscere che si trattasse di Shiro. L’animale sembrava così felice in quel frangente da non riuscire a controllare le sue effusioni, le aveva praticamente riempito di bava le guance e continuava a scodinzolare senza tregua, per Shirin fu impossibile non ridere, ma più lo scoppio ilare aveva piede più Shiro pensava di essere incentivato a proseguire e non trascorse molto tempo prima che gli altri due cani si avvicinassero a loro volta scambiando il tutto per un gioco a cui prendere parte.
-Arsen aiutami! Shiro pietĂ ! PietĂ  ti imploro!
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La giornata prometteva bene, il cielo aveva diradato un bel po’ di nuvole e i raggi solari piombavano dall’alto, facendo brillare le aiuole del parco pubblico.
Per Arsen era consuetudine trovarsi al parco, al guinzaglio aveva i suoi tre cani di stazza grande ed avanzava, pronto a liberarli di lì a poco e come vivesse in quel monolocale insieme a quei tre bestioni, sarebbe stato difficile comprenderlo.
Giunto accanto a una delle panchine di legno, Arsen si flesse e sganciò il guinzaglio che assicurava i cani a sé e sfregò loro la testa, accarezzandoli energicamente prima di lasciarli andare, liberi. Per un po’ lui se ne rimase flesso, con le ginocchia che toccavano l’asfalto e le braccia penzoloni contro le cosce. Arsen sollevò lo sguardo al cielo e comprese che forse non sarebbe piovuto, non oggi. Non ne sembrò rallegrato, al contrario, doveva amare molto i temporali e quindi, poco dopo, dovette sembrare persino un po’ deluso da quel sole dirompente che non aveva alcuna intenzione di ritirarsi tanto presto.
I cani, intanto, si erano allontanati. Arsen aveva preso posto su quella panchina e, preso lo smartphone con una delle mani, scorreva la home di un social. Da quando aveva imparato a utilizzarli era diventata un’abitudine postare qualche foto, di tanto in tanto, solitamente in compagnia dei suoi cani, spesso con Shiro che sembrava essere quello più affettuoso dei tre.
La tenuta che indossava era del tutto informale: Arsen aveva dei pantaloni morbidi da tuta, color antracite, una t-shirt di una totalitĂ  piĂą scura e sulle spalle aveva uno zaino sportivo. In testa stava un berretto nero.
Quei pomeriggi, sole non gradito a parte, Arsen li trovava rilassanti, lo allontanavano dai pensieri soliti che gli affollavano la mente – e che ultimamente riguardavano Tyler Galpin e l’imminente pericolo che rappresentava per coloro a cui teneva – così Arsen aveva disteso la schiena e posato parte del dorso allo schienale della panchina, divaricando appena le gambe e socchiudendo gli occhi, lasciando il cellulare incustodito accanto a sé.
Passò qualche momento di assoluto silenzio, poi l’abbaiare persistente di Shiro lo fece quasi sobbalzare, Arsen aprì gli occhi e tornò seduto in maniera più o meno composta, volgendo gli occhi davanti a sé e sulla donna che il cane dal pelo grigio e raso aveva preso d’assalto, leccandole le mani e sfregando le zampe sulle sue gambe, evidentemente felice di vederla.
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