Racconto quando ho tempo o lo trovo o quando non dormo la notte.
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Quando FACEMMO l'amore.
Che tristezza quando mi riprendi perchè sbaglio la coniugazione del verbo fare e urlo impunemente, intendo impunemente perchè lo faccio davanti a tutti, <ti ricordi quando fecimo l'amore in aereo?> e tu ti imbarazzi senza capire che lo sbaglio appositamente perchè in realtà sto mostrando a tutti che conosco il latino?
Che tristezza, a volte si. Ti ricordi quando ti venni a trovare per camminare, era il primo maggio del 2012, tu eri stanca per il lavoro e io avevo appena finito di esibirmi al concertone di piazza San Giovanni? Ti ricordi che mentre camminavamo per via Maralli ti ho cominciato a parlare di alpha channel e di vector mask perchè come sai sono stato uno dei grafici più affermati del mondo? Te lo ricordi quanto stavamo bene fino a quando hai cominciato a millantare conoscenze nel mondo della TE.LE.VI.SI.ONE e poi hai cominciato a dire che avevi avuto ben 8 amanti due cameramen e 6 registi, e allora io ti ho minacciato che conoscevo il professore Antinori e ti avrei fatto sedare le gonadi, e allora tu m'hai riposto che lavoravi coi calabresi e m'avresti fatto sparare alla gambe e io t'ho detto che il padrino mio era calabrese e poi m'hi rinfacciato che uso. la punteggiatura; a cazzo-di cane...e sbaglio i tempi dei verbi e allora io che c'avevi i fianchi importanti e alla fine tu m'hai fatto quella riflessione acuta sull'affaire Papete e a quel punto mi sciolsi, ti abbracciai e fecimo l'amore davanti alla collega tua?
Te lo stai ricordando?
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A cena con Luciano
Lui: <Oh che hai fatto ieri sera?>
Io: <So' venuto a cena con te e Bettini>
Lui: <madò a 'capa s'ampazzisce!>
A me non piace divagare, ve lo dico senza peli sullo stomaco: per questo, se il titolo del capitolo è "A cena con Luciano", parlerò di una cena con Luciano. E scriverò questo anèddoto (o aneddòto dir si voglia) indossando un passamontagna e fumando la pipa (non mi rompessero i coglioni le mie due giovani figlie!)
Luciano l'ho conosciuto quando entrambi facevamo il servizio militare. Ci siamo visti per la prima volta non vi dirò dove, perchè in quella stessa piazza la mia attuale donna usava incontrare un famoso architetto affermato nel mondo della scrittura creativa e quindi mi rifiuto CATEGORICAMENTE di ricordarne il nome. Io ero un giovane caporale di fanteria, Luciano un soldato semplice che era riuscito a rifiutare i gradi grazie alle influenti pressioni di un suo pro-zio generale della Forestale (che adesso, CARO LUCIANO, è stata legittimamente soppressa).
Come dicevo, ci siamo conosciuti a Piramide una sera di aprile del 2000. Esattamente 12 anni dopo avrei conosciuto Francesca a Centocelle e questa cosa, ancora oggi mette i brividi. Ti ho visto scendere da una cinquecento color cyano e mi sei corso incontro urlando con affanno: <Lass uns essen gehen?> . Ho fatto due più due e nell'ordine ho capito:
1) Che ti chiamavano Luscianò
2) Che capivi le cose
Non a caso la tua perspicacia (e la tua conseguente capacità di ponderare ed organizzare gli eventi della vita in una visione lungimirante) avrebbe animato anni dopo il post che volevo dedicarti su Facebook quando pensavo saresti morto: "Chiaroveggente che amava le sirene delle ambulanze e camminare su è giù lungo le vetture della metropolitana". Avevo pensato anche al post-it da mettere al posto della tua foto profilo con la scritta "mannaggia tutti quanti!".
Insomma in quella cena alla Stazione Birra di Ciampino eravamo io, te e Goffredo Bettini. Lo volevi convincere a non appoggiare l'ordinanza di accorpamento dei municipi. Eri ossessionato in particolare dalla fusione del nono col decimo e viceversa e non facevi altro che ripetere <sarebbe come accorpare il Massachussets all'Illinois, il Texas all'Arkansas>.
Goffredo sembrava comprendere questa tua preoccupazione e per convincerlo del tutto [con la perspicacia di cui sopra] hai fatto arrivare a tavola un enorme cesto di grissini (di cui Bettini è ghiotto, lo sanno anche quelli de Il Messaggero).
Ricorderai come è andata a finire: Goffredo ha intonato "La società dei magnaccioni" con la voce di Joe Strummer e noi siamo finiti a casa tua a fare l'amore con due tue amiche. A questo proposito ti volevo dire una cosa: scusa se quella sera per un attimo mi hai visto cupo, ma io avrei preferito uno scambio di coppia perché in fondo, ho sempre voluto essere un po' te.
PS: il X e l'IX municipio sono diventati il grande VII. Tranquillo, non credo che potrai cambiare l'assetto dei municipi, ma sicuramente continuerai a provarci.
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Vi ho chiesto solo un cazzo di voto
Capitolo di servizio, riservato al gruppo di ascolto.
Vi ho chiesto solo un voto. Ho selezionato una rosa di pochi eletti, un piccolo gruppo di ascolto per valutare il travaglio degli ultimi giorni. (Qui per esempio, nota per il mio editor, mi piacerebbe un'allitterazione con aglio, abbaglio, è tutto un tajo).
Caro gruppo, non pensate di essere stato accocchiato per puro caso: come nella tradizione biblica alla base delle scelte del mio social manager [dio] c'è un'attenta valutazione demoscopica [arkè] con un occhio a non turbare troppo la mia fragile autostima [messia]. Per questo abbiamo bilanciato una compagine sufficientemente eterogenea. Nell'ordine abbiamo:
4 ex fidanzate
1 ex donna dei miei sogni
1 ex amante
1 donna strutturata
1 farmacista cognata
1 politologo
Fulvio (ti ho dedicato uno dei racconti e quindi da te mi aspetto un voto sicuro e solo feedback – commenti – positivi)
Io già so come voterà ognuno di voi: per questo vi sfido a stupirmi perché alla fine dei nostri giorni, svelerò i vostri nomi, le vostre maledette considerazioni, chi ha votato e chi no e l'età della mia ex amante.
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Fulvio
Voglio essere definitivo: la migliore persona che abbia mia incontrato in vita mia si chiama Fulvio. Sapete quanto sia pacato nei giudizi e soprattutto quanto sia importante per me il concetto di sintonia, dal greco sun tanos, morire all'unisono. Fatti i dovuti chiarimenti, per tornare alla questione iniziale, non posso dire che Fulvio sia la migliore persona che abbia mai incontrato, ma sicuramente si posiziona tra le prime 5 (escludendo da questa classifica il gran numero di donne che ho avuto).
E' bastato uno sguardo all'inizio della nostra carriera professionale per capire che da lì a enne anni avremmo potuto condividere passioni e preoccupazioni comuni, tipo: a) diradamento dei capelli b) global warming (e qui devo dare ragione a Greta)
Mamma mia quanto è bella Sara Brusco, quella delle previsioni del meteo di sky. Con Fulvio (un grande attore, scrittore, pensatore, fustigatore, mattatore, chitarrista nonché polistrumentista col dono dell'orecchio assoluto), ci eravamo messi in testa di raggiungere Rogoredo Scalo per andarla a conoscere. Volevamo convincerla ad avere un rapporto platonico a tre facendo leva sulle nostre doti riassumibili nell'acronimo AMA che come sicuramente ci farà notare Mario Rusconi è anche un palindromo (dal greco palin indietro - dromo correre): A = amorevoli M = meritocratici A = attendisti
Nei nostri piani questa relazione si sarebbe dovuta sviluppare secondo un preciso schema: A) salutarla ogni mattina con grazia e complimentarci per la sua naturale bellezza; M) riconoscerle il merito dei traguardi raggiunti ("chissà quanto avrai dovuto sgomitare!" ripeteva Fulvio allo specchio con voce impostata); A) attendere feedback sempre ad una certa distanza di sicurezza.
Poi un giorno siamo arrivati a Rogoredo: Fulvio indossava un pantalone arancione e un cappello di paglia costituito di culmi (per intenderci i fusti dei cereali). Io una maglietta blu con la scritta “domani farà bel tempo, lo ha detto Branko”. Eravamo esausti dopo aver viaggiato in business senza aria condizionata e mentre discutevo dell’inconveniente con il dottor Santulli (un vecchio collega universitario che dal Dams era passato a Chimica) Fulvio ne approfittava FURTIVAMENTE (lo voglio sottolineare con il caps-lock) per limonare con Sara appena scesa al binario sette da un rapido di Trenord. Inevitabilmente litigammo e per anni non ci siamo più sentiti. Ma poi ci siamo presi per il tenente colonnello Guido Guidi, quello delle previsioni del tempo di Rai Uno, ma questa ovviamente è un'altra storia.
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Ciao Barbara
L'altro giorno ho incontrato Barbara D'Urso. Anche lei aspettava lo 048 per raggiungere gli studi di Via Tiburtina, gli Elios ex Titanus. Alla pensilina eravamo io, Barbara D'Urso e Maria Santoni che impunemente m'ignora. Non voglio esagerare, ma Barbara emana (ed uso appositamente il presente storico) una luce ultraterrena. Ci siamo subito presi: mi ha parlato del suo programma e del gusto che prova ad entrare in punta di piedi nelle case degli italiani: <Ogni giorno mi metto le pattine milioni di volte>, mi ha detto, mentre con gli occhi salutava un tranviere in pensione. Abbiamo scherzato un po' sul doppio senso della parola tranvare e tranvata e le ho ripetuto più volte che amo la sua verve napoletana (invitandola per giunta alla piece teatrale del mio amico Fulvio che da lì a breve avrebbe interpretato un grande pulcinella) Insomma abbiamo stabilito da subito una connessione sentimentale, interrotta purtroppo da quello che è succcesso dopo: è arrivato l'autubus. Quando salendo l'ho vista obliterare il titolo di viaggio mi sono sentito di farle notare che una persona del suo calibro non avrebbe dovuto: <dovremmo pagarlo noi per te!> e con me ha convenuto tutta l'utenza del bus che in ordine sparso ripetava affogati <no!> <no!> (però nessuno che cacciava sto euro e mezzo, aho!). Lei da grande qual è, non si è scomposta e guardando in camera ha estratto da una busta della spesa il suo cuore. Siamo rimasti tutti in silenzio, l'autista ha smesso di frenare, Maria Santoni si è allacciata le scarpe, un'ipnosi collettiva ci ha colto in flagrante. Purtroppo (e qui non si devono risentire i disabili) sul Bus c'era anche un ipovedente, che non potendo godere appieno della visione ha interrotto l'estasi prenotando la fermata e scatenando di conseguenza un tripudio di campane. Barbara inaspettatamente lo ha ringraziato, Casal Bruciato era anche la sua destinazione: <scendo molto prima per camminare e mantenere alti i miei glutei>. Raggiungendo le uscite centrali ha accarezzato le gote rugose di alcuni pensionati e poco prima di scendere si è girata per biascicarmi in un orecchio: <chiamami Csasxsdsa, amore>. Ciao Barbara, mi ha fatto veramente piacere.
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Viterbo
Mamma mia quante cose ho fatto senza di te, tipo aggiungere il sale invece dello zucchero, saltare dal penultimo gradino pensando fosse il primo della risma, dondolarmi sulla ringhiera mostrando il culo a suor Cecilia (grande donna, grande fascino, altro che l’indiana), guardare Pat Garret e Billy the Kid partendo dalla scena con Bob Dylan (perché quel film è solo la colonna sonora e il cappello con la margherita di Dylan, degli altri non frega un cazzo a nessuno), prendere la metro da Giulio Agricola per Ponte Lungo tornando indietro ad Anagnina per viaggiare seduti, oppure visitare Viterbo che però sicuramente avrai riconosciuto in foto, essendo tu una grande fan del Maresciallo Rocca e perché ho aggiunto una didascalia. Una cosa però insieme l’abbiamo fatta: comprato e bevuto l’est est est del Pam, prodotto a Montefalcone in provincia di Viterbo. Come ti dico spesso, la mattina, tutto torna.
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Alla mia amata mente
È il titolo
Sempre caro mi fu quest'eremo di sabbia, sul passo di una montagna insorta storta, con la roccia fiacca e con un'indole di rabbia. Castello fragile, fondamenta semplici, non battiamo più a tempo ma ci immaginiamo complici. Segniamo passaggi correndo senza gusto, regalando rose ai venti abbiamo coltivato trambusto. Lascio a te, dannata, la cura di questa nostra agonia, perchè del fuoco che fummo rimane solo malinconia.
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Mia cara Mandorla
amiddula, amandula, orzata, amygdala, mandorla.
Non in botanica, ti scrivo dalla stanza del pensiero che è in un guscio di carta gretta
e pesta di orbite iperlontane ed ultraterrene.
Ma all'ultimo piano di un palazzo rifinito a cortina,
con i tendoni a strisce tutti uguali tranne quello del terzo piano a destra.
La terra su Marte è rossa come il pelo del tuo gatto,
ed io ho bisogno dei tuoi occhi coperti a metà che mi guardano come nell'86,
come il Raccordo all'epoca del sol leone,
veloce, a tre corsie, con i capelli al vento e le speranze di una grande stagione
da guardare su una spider nera con le bande arancioni.
Com'era atroce la mia panda blu con i sedili ini alcantara
mentre arrancava sulla pista cementata dal mestiere di una puttana bionda e
dalle regine del tua culpa che affollano i parrucchieri tranne i lunedì.
Poletti ecologica, ecotrans, Di meo trasporti, uscita 25,
il golfino da pescatore beige col sigaro mai acceso e ciucciato con i denti
a perenne ricordo della suzione da una madre vestita di fiori con capelli cotonati.
Could you turn up the track a litte bit, please.
Mia cara mandorla, come era bello non sapere niente di te
e sorprenderti al cesso mentre ti tagli un unghia del piede,
in equilibrio tra un bidè e una vasca recintata di panni fucsia.
Com'era bello l'affanno dell'ultimo piano,
le due scale e un ascensore mentre al lato,
di sotto e di sopra urlano in un cimitero di capelli neri e spessi
E quell'angolo sulla strada, dove oggi c'è una stazione profonda,
a fermare lo sguardo in una via crucis senza croci ma con delizie,
di palato, di coito, di overdosi, di cani,
tra le luci di un natale di Roma e un barbone che puzza di merda.
Mia cara Amygdala, spero di incontrarti di nuovo
alla fermata del 500 barrato. Tu mi riconoscerai dalle ciglia nere,
io ti incontrerò perchè indosserai un paio di occhiali
finti e trasparenti, dove potrò riflettermi
mentre cago un rimpianto che vale un'eternità.
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L’ombrellone di mio suocero Mi vanto di essere un ombrellone con tanti primati. Vengo uscito alla fine di maggio e per primo ogni mattina. Resisto al tempo e agli strappi grazie ad un complesso sistema di ricuciture. Sono un ombrellone con la canna ben piantata a sabbia, senza velleità o ‘malatie’. Mi basta mirare il mare, roteare su me stesso, sospirare un estasi uggiosa.
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Scappa con me sulla Tuscolana
Il graffio sul muro marcio della stazione accoglie la mia discesa sotterranea mentre con ansia aspetto di sapere se il prossimo treno (dopo quello appena perso) sarà tra due, tre o 5 minuti. “prossimo treno tra 2 minuti”: perfetto, siamo in linea con il minimo garantito dall’accordo di servizio tra comune e municipalizzata dei trasporti. So benissimo che il dato è assolutamente indicativo, anzi pienamente approssimativo: lo so e ad inaugurare questo fantastico lunedì di maggio è una sorta di indignazione tipicamente grillina. Ad una settimana esatta dal compleanno di Giovanna ho deciso di risparmiare sul consumo di idrocarburi. Penso al suo regalo mentre di corsa guadagno la testa della banchina ostinandomi ancora, dopo 30 anni, che la prima vettura sia la migliore. Convinzione ridicola, in metro, a Roma, viaggiare comodi è solo una questione di culo. La metro di Roma è come il raccordo anulare di Roma, un giorno la trovi vuota alle 8, il giorno dopo sempre alle 8, è la Guernica di Picasso. Dietro ad un omone con la cangiante divisa dell’AMA (unica vera operazione di rilievo dell’ex Veltroni aver ridato dignità a questi lavoratori cambiando la dicitura dei loro badge da nettezza urbana a a AMA ROMA), ritrovo il mio caro vicino di casa, Piero. Piero, da qualche tempo è più sereno, forse anche più felice. Con Giovanna coltiviamo un dubbio lacerante, in realtà io, oltre al dubbio covo anche un’invidia latente. Piero è un architetto ed è dotato di una mascella maledettamente volitiva. Le sue sopracciglia si inarcano sempre in modo sincrono, mai un cenno di imbarazzo o di dubbio. Le sue certezze svelano una precoce adesione (forse intorno ai 23 anni) alle idee del socialismo riformista. Sì, sicuramente Piero a 23 anni occhieggiava D’alema , disprezzava i fascisti di sinistra e sapeva da che parte stare. A 27 anni aveva imparato come stordire le sue prede per sbrigare una scopata: occhi e tubero accattivanti prima di partire con una raffica di citazioni colte, riferimenti culturali e una cucina sublime. Piero si vanta di aver cucinato i migliori piatti senza aver mai bruciato uno spicchio d’aglio. A 30 anni si era laureato senza compromettere minimamente le naturali curve della sua schiena. Piero non fa sport ma ha un bel corpo, armonioso, anche se la maglietta (non ha mai sbagliato un abbinamento cromatico), svela nelle grinze laterali, dei fianchi piuttosto generosi e non perfettamente proporzionati al suo fisico esile ma tatuato. A Piero piace profondamante la fica, non lo nasconde, anzi lo ostenta con delirante grandeur napoleonica. Piero non è geloso, ammette rapporti sessuali di ogni tipo, tra uomo e donna, tra donna e donna, tra uomo donna e uomo, tra donna e cavallo. Piero, riformista, di sinistra, mascella volitiva, anche oggi a 40 anni sceglie se rientrare a casa la sera o no. Non ha dubbi su chi votare, quando si vuole incazzare con una donna lo fa e lo sa fare. Nella sua autorevolezza che non cede al pentimento non ha mai appreso un briciolo di miserabile pietà umana. Piero abita sul mio stesso pianerottolo, ha tante donne e da qualche tempo, oltre ad essere più sereno e più felice è anche più stronzo e con un segreto inconfessabile. Mentre continuo ad invidiarlo con la coda dell’occhio canticchio a bassa voce: “Mio caro padrone domani ti sparo farò di tua pelle sapon di somaro ti stacco la testa ch'è lucida e tonda così finalmente imparo il bowling.”
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