#Gradiva
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oscarwetnwilde · 3 months ago
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A happy 67th birthday belated because I spent all day and night on this post post for James Wilby.
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jameswilbyarchive · 3 months ago
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Happy 67th birthday to our boy JAMES!!
I hope he has been having wonderful day with family and friends.
Gifs made by myself for JWA. xxx
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advancedessence · 2 months ago
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Gradiva (2006)
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sarztomo · 3 months ago
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Hi all,
I have created a new tumblr page for the James wilby archive website so all James related posts will be there. Please follow and spread the word.
@jameswilbyarchive
We are also on Youtube and Instagram both @jameswilbyarchive and a facebook group at the below link.
https://www.facebook.com/groups/1631387891039522/?ref=share
Pls feel feel to follow, join or subscribe. Your support is so important to it's success. ❤️😋
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federer7 · 2 years ago
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Gradiva. 1982
Photo: Victor Burgin
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go-muzikderinbirdenizdir · 2 years ago
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Gradiva Bir Pompei Düşü - Wilhelm Jensen
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coulisses-onirisme · 9 days ago
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Rêve et délire de la gradiva de Jansen... Sigmund Freud
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adribosch-fan · 1 year ago
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Barbarie y drogas
  POR JUAN ALBERTO YARÍA Un cuidador del boliche donde murió Fernando Báez Sosa hace cuatro años dijo: “Cuando se va la luz del sol desaparece el Estado”. Gran verdad. Esto parece mantenerse. Cada mesa de un boliche vale entre 300 mil y 500 mil pesos para diez parejas con alcohol a discreción. El consumo de drogas es habitual, especialmente, las estimulantes y las alucinógenas. La…
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raccontidialiantis · 6 months ago
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Era l’anno del mio diploma
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Avevo compiuto diciotto anni a novembre e circa un mese dopo, dalla Francia venne a darci una mano in casa Claudine, un’amica d’infanzia di mia madre Margot e sua compagna di liceo. Una donna di poco sopra i quaranta, come mamma appunto. Lei era piccolina, ma perfetta. Molto proporzionata. Una francesina bella, pulita, colta e piena di fascino. A differenza di mamma, che s’era sposata giovanissima ed era venuta subito in Italia, lei invece era convolata a nozze un po' più tardi, ma purtroppo era rimasta vedova pochi anni dopo il matrimonio, a causa di un incidente stradale in cui era rimasto coinvolto il marito. S'era trovata per questo, dopo neppure un anno, completamente a terra economicamente. Pur se laureata in lettere moderne, appena sposata avevano deciso di comune accordo col marito che lei avrebbe lasciato l’insegnamento, si sarebbe occupata della casa e avrebbero subito messo al mondo dei figli, che però non fecero a tempo ad arrivare.
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Per cui erano ormai già diversi anni che campava di stenti arrangiandosi e che soffriva da morire nel sentirsi sempre poco considerata, dovendo svolgere tutti i lavori più umili pur di sopravvivere. Per giunta, non riusciva a tenersi un lavoro per più di qualche mese. Infatti essendo veramente una bella donna, peraltro vedova e bisognosa, doveva regolarmente respingere le avances aggressive dei vari datori di lavoro. Che si sentivano in diritto di approfittarsene. Per questo, doveva ricominciare ogni volta daccapo a cercare. Con mamma comunque si era sempre tenuta in contatto. Dopo tanto tempo di continua e ininterrotta consuetudine, ebbe un chiarimento finale e risolutivo con mamma via e-mail. Aveva sempre rifiutato l’aiuto che mamma Margot le offriva, ma dopo l’ultimo scambio, evidentemente esasperata e stanca, accettò senza più esitare l’offerta genuina dei miei genitori di poter venire in Italia a casa nostra: un po’ colf, un po’ dama di compagnia e infine, visto l’approcciarsi del mio Esame di Stato, anche quale mia temporanea istitutrice. Arrivò e passò finalmente un Natale sereno con noi. Forse il primo, dopo tanto tempo.
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Mio padre è un capace industriale. Mia madre invece è un’insegnante. Di francese, ovviamente. In famiglia abbiamo un discreto agio. Le due donne avevano ritrovato l’antica, intima confidenza e Claudine finalmente era tornata rilassata. Quando sorrideva, illuminava la stanza. Margot passava alla sua amica del cuore un sacco di suoi vestiti ancora nuovi; uscivano spesso insieme per la spesa o per un caffè. Claudine percepiva un regolare stipendio, oltre ad alloggiare e mangiare con noi. Intanto, i miei si ingegnavano per trovarle una sistemazione dignitosa, un vero lavoro. Ma senza troppa fretta, perché intanto in casa si respirava un’aria di novità e maggior serenità. Poi, lei aveva anche questo compito di aiutarmi al pomeriggio coi compiti e guidarmi verso l’esame di stato che ci sarebbe stato di lì a pochi mesi. Era veramente uno spettacolo di femmina: intelligente, spiritosa ed effettivamente sotto la sua guida, per me era divenuto un vero piacere studiare, ripassare e organizzarmi per bene le materie e le interrogazioni.
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Prendemmo subito molta confidenza. Io capìì subito che lei era solo un’anima bisognosa di tanto affetto e aveva necessità di tornare a essere finalmente riconosciuta e apprezzata: soprattutto come donna. Gradiva di sicuro essere corteggiata, ma anche rispettata, considerata nei suoi valori. Però intuivo come dentro bramasse essere desiderata, oggetto di genuina passione. Io per parte mia le morivo letteralmente dietro. Sbavavo. Con assoluta discrezione, ovviamente. Nel correggermi i compiti, lei si alzava dalla normale posizione al tavolo ‘a squadra’, avvicinava la sua sedia alla mia e mi si metteva di fianco, sullo stesso lato. Ero letteralmente stordito e rapito dal suo profumo, dal suo fascino di donna matura e sensuale. Diffondeva inconsapevolmente bellezza ed erotismo tutt’attorno a sé. Io ero abbagliato da tanta grazia. Inevitabilmente se ne accorse e prese a provocarmi. Come il gatto col topo. Veniva in camera mia col golfino oversize; se lo toglieva e potevo così ammirare le sue camicette trasparenti o quei top mozzafiato scollatissimi. Poi, le gonne corte che, ritirandosi sulla coscia, quando lei si sedeva, lasciavano intravedere le calze autoreggenti. Tutti indumenti che riconoscevo essere stati in passato di mamma. La sua pelle candida e profumata di pesca reclamava, assetata, delle labbra che la baciassero al più presto ovunque. Mi guardava negli occhi e scherzando mi stuzzicava, mi mandava dei bacini in punta di dita e poi mi toccava, mi accarezzava tenera.
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Con me avevo l'impressione sincera che tornasse diciottenne. Non mancava di salutarmi con un dolcissimo bacino sulla guancia, sia entrando in camera che uscendone. Un bacino che durava sempre di più. Alla fine al bacino aveva aggiunto l’abbraccio stretto. La camera degli ospiti dove lei dormiva era vicina alla mia, giù nel seminterrato e vicino al grottino; mentre la stanza da letto dei miei era ben distante, al primo piano e nell’altra ala della villa. Un pomeriggio, dopo che avevamo pranzato, mamma era tornata a scuola per il ricevimento dei genitori. Mio padre come sempre era in azienda. Nel silenzio totale della casa, prima dell’ora stabilita per i compiti - le tre - ognuno di noi due era in camera sua per un breve riposino. Io avevo i sensi acuiti dal folle desiderio di lei, per cui notai comunque un lievissimo mugugnare provenire dalla parete in comune. Non resistetti e andai a sbirciare dalla sua porta. Che aprii appena, senza farmi sentire: c’era una vera Dea nuda, sul letto. Con indosso solo un perizoma. A occhi chiusi, con una mano sul seno e un'altra negli slip, si toccava il basso ventre e si muoveva sospirando, piena di evidente passione erotica. Udì qualcosa, si girò di scatto e s’accorse di me! Però non urlò: dapprima si coprì col lenzuolo. Poi però, rossa in viso e adorabile, mi sorrise e senza rimproverarmi mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Ero paralizzato, da tanto spettacolo. Mi disse:
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"vieni qui vicino; ormai sei un adulto e potrai ben guardare una donna che si dà piacere. In fondo, è anche questo parte dell’educazione di un giovane uomo, no?" "posso vederti da vicino e sentire il tuo odore, Claudine?" "si, certo. Ma… non mi toccare, capito? Non vorrei mai litigare con Margot: dovrà essere proprio un nostro assoluto segreto, ok?"
E così assistetti allo spettacolo più bello del mondo: una donna che infila le sue dita nella fica e si dà godimento. Lentamente. Quell’aroma, il sudore delle sue ascelle, dell’inguine misto al suo profumo preferito e la vista di quel vero paradiso mi si stamparono in mente. Venne in silenzio, inarcando la schiena. Che cosa meravigliosa. Ogni tanto si girava su un fianco, allargava le natiche, scostava il filetto e mi faceva vedere il suo buco del culo mentre lo contraeva e lo rilassava. Infine, quando fu contenta di essere stata adorata da me per diversi minuti, sorrise soddisfatta.
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Poi mi chiese di uscire e di andare a prepararmi per i compiti. Da quel giorno, la sua presenza vicino a me ogni pomeriggio alle tre divenne una vera, dolcissima tortura. Non aspettavo altro. Non desideravo altro. Un pomeriggio si sedette al mio tavolo da studio, al solito a squadra rispetto a me; tolse il golfino e sotto aveva la camicetta di tulle molto trasparente, ma… non portava il reggiseno! Spavaldi e troneggianti in alto sul pianale del tavolo, le sue mammelle erano le protagoniste principali in commedia. Sudavo freddo! Non potevo staccare il mio sguardo da quei trionfi di bellezza, dalla magnetica attrazione sessuale. Lei si accorse del mio stato e mi chiese, finto-stupita: “che c’è, tesoro?” Le risposi che avrei tanto desiderato vederle nuovamente i seni completamente nudi. Non si fece pregare: chiuse a chiave la porta, tolse la camicetta e si sedette di fianco a me a torso nudo. Le chiesi di poter adorare ancora una volta e magari toccare le sue stupende e sode mammelle, di poterle annusare, drogarmi d’amore per lei… arrossì ma alla fine disse: “Ma che dici, stupido! Va bene. Toccale, per alcuni secondi soltanto però, eh?”
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Come iniziai a carezzargliele teneramente, i suoi capezzoli istantaneamente crebbero. Smisi, spaventato. Ma lei disse: “no, no: va tutto bene non ti preoccupare. Una donna fa così, quando è eccitata; continua, ti prego…” e io continuai a lungo, altro che secondi! A un tratto mi disse: “vabbè tanto vale che me li baci, no?” Quindi risoluta mi prese la testa, se la premette su un seno e mi mise un capezzolo in bocca. “Succhia, mio piccolo tesoro. Leccami e succhia” stetti una mezz’ora buona in quel paradiso di sapori, odori e perfezione femminile. Le leccai, succhiai intensamente e carezzai entrambi i seni. Riuscii anche a metterle una mano tra le cosce. Sulle prime lei le allargò anche: potetti così sentire inequivocabilmente che era bagnata, da sopra le sue mutandine. Ma poi di colpo mi tolse la mano, si rimise la camicetta, il golfino, si ricompose e cominciammo a studiare. Quel pomeriggio faticai non poco a mantenere un comportamento civile.
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Da quel momento, tutti i giorni alle tre passavamo dapprima una mezz’ora in assoluta intimità: lei ad allattarmi e a godere delle mie labbra; io a torturarle, leccarle i seni e a cercare di arrivare con le mani alla sua fica. A volte mi faceva stare anche un minuto, con la mano a coppa sulla sua passera, che sentivo gonfia e calda; ma regolarmente dopo un po’ me la toglieva e la sessione di studio doveva iniziare. Era inflessibile. Un pomeriggio la sentìì più languida del solito: appena arrivata in stanza e chiusa la porta mi prese la testa tra le mani e mi baciò a lungo, lingua in bocca. Potetti subito toglierle facilmente la camicetta e iniziare a leccarle i seni e le ascelle depilate e profumatissime. Cercai di portarla al solito verso il tavolo da studio, dove avevo già disposto le sedie aperte strategicamente, ma lei invece stavolta volle sedersi a bordo letto!
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Mentre succhiavo ingordo i suoi capezzoli, stavolta fu lei stessa a prendere la mano e mettersela appena sotto la gonna. Io un po’ esitavo, perché sapevo ormai che il mio arrivare a toccarle le mutandine in genere sanciva la fine del ‘preambolo’ e l’inizio dei compiti. All’orecchio con voce dolcemente roca mi disse: “che fai, mio giovane studente, esiti? Oggi non vuoi salire?” e io presi a salire piano lungo il suo interno coscia. A un tratto il mio cuore sobbalzò… non indossava gli slip!!! Ero impazzito di gioia: potetti infilarle senza che si opponesse dapprima un dito, poi due e infine riuscii con un minimo sforzo a farle entrare tutta la mano! Lei ormai coricata sulla schiena, gonna sollevata completamente e a cosce allargate gemeva, godeva, si muoveva e mi carezzava la testa, mentre le succhiavo i seni. Le baciavo il collo e la bocca. Venne… mordendomi piano un orecchio per non urlare! Mi sarei lasciato divorare tutto, da lei. Quindi al solito, d’improvviso si staccò e ci ricomponemmo.
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Siccome da un po’ di tempo il pomeriggio passavamo sempre più tempo a ‘intrattenerci’ e sempre meno a fare i compiti, lo studio soffriva. Quindi lei d’un tratto decise che: "basta! Di pomeriggio si studia e niente altro più." Ci rimasi molto male, ma capii che per lei stava diventando forse qualcosa di imbarazzante. Io, sebbene giovanissimo, ero pur sempre un gentiluomo. Che mai avrebbe voluto forzare la volontà di una signora stupenda e raffinata come lei. Quella stessa notte però, attorno alle undici e quaranta, dormendo ma socchiudendo un occhio per un lieve rumore, vidi aprirsi piano la porta della mia camera e una figura adorata in controluce venire verso il mio letto. In silenzio si mise sotto le coperte con me, mi baciò schiaffandomi mezzo metro di lingua in bocca e poi mi sussurrò all’orecchio: “fottimi, mio giovane stallone. Fammi tua per tutto il tempo che riuscirai a resistermi dentro duro.”
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Mi si mise sopra a cavalcioni. Prese l’uccello e se lo infilò dentro. Cavalcò fino a godere una prima volta. Quindi mi mise un seno in bocca e stesa a pelle su di me mi comandò di succhiarla e leccarla a lungo. Dopo che venne di nuovo, si mise a pancia sotto sul letto. Cuscino sotto i fianchi, sollevò il culo in alto a natiche larghe e mi disse: “non vuoi leccarmi ed esplorarmi tutta?” Non me lo feci ripetere: la leccai nell’ano a lungo e per questo lo sentivo aprirsi sempre di più, fino a che mi intimò con una sola parola: “sfondamelo.” Ordine perentorio che mi fece impazzire di gioia e desiderio. La inculai e stantuffai per un’ora almeno: giuro! Sono sicuro che le feci male lavorandola nel culo perché ogni tanto gridava ‘ahia’ però mi diceva di non preoccuparmi e di continuare a cavalcarla, che mi voleva tantissimo. Che sborrassi pure quanto volevo, nel suo culo. La tenevo per le zinne. Non poteva scappare. Né lo desiderava.
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Il giorno dopo era più bella che mai. E se a colazione, a pranzo e insieme a mamma Margot era la Claudine di sempre, facendo i compiti con me alle tre era invece diventata castigata e rigorosissima: un’insegnante che non tollerava rilassamenti. Ma non mi dispiaceva. Perché a mezzanotte, quasi tutte le notti, Claudine era mia e potevo incularmela e scoparmela di dritto e di rovescio. Mi faceva dei pompini che mi mandavano in estasi e regolarmente ogni volta, subito dopo ingoiato il mio seme, aveva il vezzo di baciarmi a lungo in bocca. Poi mi infilava un dito nel culo, così mi dava lo stimolo e il tempo di eccitarmi di nuovo. Di ritrovare la voglia insopprimibile di lei e quindi voleva che la inculassi, per ‘punirla’ di quel suo ardire. La prima volta fui sorpreso di conoscere questo suo giochino per stimolare un uomo. Ma poi glielo chiedevo io. Ero innamoratissimo di lei. Dopo l’Esame di Stato, superato da me col massimo dei voti, mio padre riuscì a trovarle finalmente un impiego decoroso in città, in un punto vendita legato alla sua azienda, che aveva filiali e punti vendita in tutta Europa. E ovviamente anche in Francia, per cui in futuro forse avrebbe potuto tornarvi. Si stabilì in un appartamentino poco distante da casa nostra.
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Se ne tornò in patria dopo tre anni. Nel frattempo, mentre era ancora in Italia, regolarmente l’andavo a trovare perché "solo un ventenne come te sa farmi sentire la vera donna che sono." Per parte mia mi laureai ed entrai a lavorare in azienda con papà. Mi sposai a ventiquattro anni con Luisa, la donna che amo, di dodici anni più grande di me. Forse ho scelto lei per il mio inconscio e grande desiderio di replicare la storia con Claudine. Ma comunque spesso per lavoro devo andare in Francia, nell’azienda collegata alla nostra e di cui abbiamo delle quote, dove ormai lavora anche lei. Non manco mai di andare a trovarla in ufficio, con la scusa di portarle un souvenir d’Italie. Per poterle invece poi, nel tardo pomeriggio, godere della sua bocca, succhiarle i seni, la fica e incularmela a lungo. Naturalmente, dopo che m’ha fatto il suo giochino preferito post pompino con quelle dita birichine. Ci vediamo invariabilmente nell’albergo dove alloggio. Anche perché lei s’è risposata con un suo collega ed è ormai serena nel suo ménage. Ha una figlia. Con Claudine ci scriviamo tuttora in gran segreto delle porcate assurde, perché ci desideriamo veramente, malgrado la differenza d’età notevole. Mia moglie non l’ha mai saputo. Né lo saprà mai. Mia madre forse lo sa. O molto più probabilmente addirittura le aveva dato lei stessa l’incarico di svezzare e far diventare un vero uomo suo figlio. Un giorno Claudine me lo confesserà! Continuo ad adorarla, nell'intimo del mio cuore. Un amore segreto è l'unica cosa che ti saprà dare un'ottima ragione per vivere, quando sarai soffocato dalla routine.
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RDA
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oscarwetnwilde · 8 months ago
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James Wilby as John Locke in Gradiva (C'est Gradiva qui vous appelle) 2006.
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jameswilbyarchive · 3 months ago
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Now I have an obsession with James's arms!
I can't get enough to them. They drive me absolutely crazy!! This gif isn't great quality but is LITERALLY what I dream about everyday. ❤️😍
Gif made my myself.
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Please all post your piccies, gifs etc of James’s gorgeous and beautiful arms.
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advancedessence · 2 months ago
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Gradiva (2006)
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oldsardens · 11 months ago
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Salvador Dali - Gradiva rediscovers the Anthropomorphic Ruins (Retrospective Fantasy)
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fugengulsen · 11 months ago
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Gradiva
Salvador Dalí
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besedar · 5 months ago
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Pozdrav! Mogoče veš, kje pride do razlike v uporabi/kje se (pretežno) uporablja "rama - rame" in kje "rame - ramena"? Pri sebi ugotavljam, da v ednini vedno uporabim "rama", za množino (in dvojino, ala naj bo) pa izmenjejujoče oba samostalnika. (asking for a friend in malo tudi zame) Hvala za odgovor :)
beseda dne: rame, ramena, sr. sp. oziroma rama, rame, ž. sp.
Hvala za besedo!! Končno ti odgovarjam 😅
Na kratko: v resnici ne vem, ne :( Je pa fascinantna beseda in jo je bilo res super raziskovati, tako da se ti prav lepo zahvaljujem 😁!!
Tudi meni se dozdeva, da je rama brez podaljšave pogostejša v ednini, rameni/ramena s podaljšavo pa v dvojini in množini, je pa to bolj po občutku in po preletu gigafide. Glede pomenskih variacij tudi ne opazim na oko, da bi kaj izstopalo - če bi se eno npr. uveljavilo za metaforična bremena na ramah, drugo pa za fizična. Mislim, da je oboje za oboje?
Glede geografske razširjenosti ti kopiram karto iz Slovenskega lingvističnega atlasa 1 (učim se ga šele uporabljati, ampak je res epski!!!):
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Črne pike so načeloma srednji spol, bele ženski:
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(iz gradiva h karti)
Če prav razumem, so gledali oni samo v ednini, res škoda ...
Etimologija! Načeloma iz praslovanskega *őrmo, ta pa iz praindoevropskega *h2árHmo-. Če te na kaj spomni, imaš prav, vsaj se mi zdi: iz tega npr. nemška in angleška (:/) roka/arm. V slovenščini zasukan začetek besede okrog zaradi metateze likvid. Ugibam, saj v resnici niti ne vem 😅.
Tu pa prideva do zabavnega dela, ki je čista špekulacija: po vseh pravilih bi morali iz praslovanščine (baje) podedovati samo tisto rame, tistega ramena. Od kod torej ženska rama? Teorija, ki jo ima dr. Repanšek (in jaz tudi, ampak sebe nekako ne smem niti dati zraven, ker moje teorije štejejo cca toliko kot zadnje iskre življenja naplavljene girice ob oseki), je, da so ljudje imenovalnik/tožilnik ednine srednjega spola sčasoma interpretirali kot množino ženskega. Boli me rame -> bolijo me rame. Tako nekako.
Okej, to je vse, kar vem! Hvala za potrpljenje, vem, da si z odgovori vzamem čas 😅
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resplendentprestidigitation · 4 months ago
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Gradiva (1970)
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