Tumgik
#Incendio nel cuore di Milano
sauolasa · 1 year
Text
Incendio nel cuore di Milano, esplode un furgone, cause ancora ignote
Secondo quanto si è appreso finora il rogo ha coinvolto altre vetture e sta interessando i palazzi adiacenti. Ignoto il numero dei feriti
0 notes
giancarlonicoli · 4 years
Link
24 giu 2020 15:40 ''TANTO SE NE ACCORGONO SOLO SE BRUCIA TUTTA LA GALLERIA''. LE INTERCETTAZIONI-HORROR CHE RACCONTANO LA CORRUZIONE PER LA METRO MILANESE, CON IL DIRIGENTE NOSTALGICO DI TANGENTOPOLI: "APRO UN CONTO GABBIETTA E MI SISTEMO. C'HO IN TESTA UN AGRITURISMO, I CAVALLI, LA CACCIA... SE ESCE LA LINEA 2 CHIUNQUE AVRÀ BISOGNO DI UN PIRLA COME ME... IL MIO LAVORO E' FARE LA PUTTANA, PROCACCIARE CLIENTI, TUTTO MOLTO OPACO. VADO A FARE GLI ULTIMI ANNI IN MERCEDES..." - E INTANTO I MILANESI SI FERIVANO SUI TRENI OGNI GIORNO
1 - «FALSIFICA IL CAVO, SE NE ACCORGERANNO SOLO SE BRUCIA TUTTA LA GALLERIA»
Luigi Ferrarella per “il Corriere della Sera”
«Devi falsificare le carte e io la coperta te la metto: se sul cavo è stampigliato FC-16 o RG-16, deve essere scartavetrato e ristampigliato R-18... ci sono le macchine apposta, lo facevamo 30 anni fa in ferrovia... Neanche vengo a fare i collaudi messa a posto la carta e non vengo a sindacarla... e neanche Atm viene a sindacare, perché alla fine sono garante io di questo...».
Ai passeggeri in metropolitana dell'Azienda dei trasporti del Comune di Milano (10 mila dipendenti, 800 milioni di passeggeri trasportati e quasi 1 miliardo di ricavi l'anno, 9 milioni di utile) farà piacere apprendere che, quando una azienda non aveva un cavo del diametro richiesto da Atm ad esempio per lo smantellamento dei sezionatori di deviatoio della linea «M1 rossa», proprio il responsabile Atm del settore suggeriva alla ditta come falsificarne la stampigliatura e assicurava che tanto nessuno se ne sarebbe mai accorto, perché per offrire ai magistrati l'occasione di scoprirlo ci sarebbe stato bisogno della super sfortuna che andasse a fuoco una galleria:
«Si falsifica le carte e nessuno va a rompere le scatole... Da un punto di vista di incidente non succede niente, cioè qui il cavo non ha mai preso fuoco in 40 anni... per succedere qualcosa deve proprio succedere che ci sia un incendio... un cortocircuito... che venga giù il magistrato a prendere un pezzo di cavo... cioè se viene il magistrato prende il pezzo di cavo e lo manda a una società per l'analisi chimica tecnica e dice "ah... questo non è"... Ma per arrivare a quello deve bruciare la galleria... insomma in tanti anni non ho mai visto...».
«In tanti anni» è espressione che, oltre a far scattare qui tutto il campionario possibile di gesti scaramantici (il disastro di Pioltello docet), racconta la ventennale esperienza interna di Bellini: alla quale attinge (in un pranzo con manager della Engineering Informatica al ristorante «Giglio Rosso» il 29 gennaio 2019) proprio per evocare l'aggiustamento nel lontano (e coperto da prescrizione) 2006 di un altro appalto vinto da Alstom, sensibile perché riguarda il sistema di sicurezza della linea «M1 rossa», quello che nel 2018-19 ha manifestato (anche con feriti tra i passeggeri) misteriose e immotivate frenate di emergenza.
«Succederà come è successo in "linea 1"... perché i tempi son cambiati ma le modalità non son cambiate...», prevede Bellini a proposito dell'appalto gemello nel 2019 per la «linea 2 verde», andato nel 2020 a Siemens unica offerente: «Lo ricordo perché forse ero un po' più giovane o comunque son rimasto, nonostante sia passato per Tangentopoli», che curiosamente partì nel 1992 proprio da altre tangenti all'Atm.
«Io lavoravo in Metropolitana Milanese», rievoca Bellini nell'intercettazione in cui per il gip il funzionario «confessa una maxicorruzione di Alstom, che aveva di fatto comprato il suo sostegno commissionando a una "sua" società un progetto di 700.000 euro ed elargendo al dg una tangente da un milione di euro».
Ecco il flash-back di Bellini, «non mi bastavano le lezioni. Era il 19 dicembre 2006, aperta la busta tecnica, Alstom aveva un punto e mezzo rispetto a Siemens... Aprono la parte economica, questo succede alle 10 di sera con il vecchio direttore generale: Alstom 64 milioni e qualcosa, Siemens 12 milioni in meno... Panico... Io lavoravo per Alstom, gli avevo preparato le carte... scusate il termine, con una valigetta. A mezzanotte e qualcosa si è incontrato con il direttore generale... Alle 2 di mattina ha vinto Alstom... È andato via un milione eh...».
Un investimento conveniente, pubblicizza all'impresa in vista del nuovo appalto, «io credo che con queste cifre qua... perché è vero che siam partiti a 64 (milioni di valore, ndr ), ma dopo 10 anni è diventato 112... questo qua parte 127 tra 7 anni che è il tempo tecnico arriverà a 200... perché son tante le varianti e le condizioni non valutate da un punto di vista progettuale».
2. IL DIRIGENTE NOSTALGICO DI TANGENTOPOLI "APRO UN CONTO GABBIETTA E MI SISTEMO"
Sandro De Riccardis e Luca De Vito per ''la Repubblica''
«Adesso stiamo affrontando la linea 2... stiamo preparando tutte le carte per uscire col contratto... mi raccomando: quello che ti sto dicendo te lo tieni per te un attimo... il direttore generale vuole uscire a fine anno con la gara... ». Dal cuore della gestione degli appalti dell'Azienda dei trasporti milanese, Paolo Bellini, 55 anni, responsabile dell'Unità tecnica sugli impianti di segnalamento e automazione delle metropolitane, parla con uno dei pretendenti ai ricchi appalti del trasporto pubblico milanese.
Un «livello di spregiudicatezza» tale, scrive il gip Lorenza Pasquinelli, che Bellini propone la posa di un cavo sui binari privo dei requisiti tecnici, certo che nessuno se ne accorgerà. «Un incendio, un cortocircuito... per arrivare a quello deve bruciare la galleria». «Mi aspetto provvedimenti immediati da parte dell'azienda», ha detto ieri il sindaco Giuseppe Sala. "Intervento su tutte le gare" Sono otto, dall'ottobre 2018 al luglio 2019, per un valore di 150 milioni, le gare sotto inchiesta.
Che gli sono valsi 125mila euro in stipendi mensili e commesse alle sue due società e promesse di appartamenti e future dazioni. E che ieri, a seguito dell'indagine del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Giovanni Polizzi, hanno portato a tredici arresti (tre in Atm), in un'indagine che conta 35 indagati per corruzione, turbativa, falso e peculato.
«I collaboratori van pagati di più... sennò fai perdere i sentimenti alle persone...» diceva Bellini a Gerardo Ferraioli, senior project manager di Engineering Informatica, una delle società che ambiva, insieme a Alstom Ferroviaria, Siemens (indagato un manager tedesco), Ansaldo/Hitachi (per mezzo di Link consulting) a spartirsi appalti e subappalti della metro.
Bellini puntava a intrecciare rapporti a tutti i livelli, dalle grandi multinazionali alle piccole società. Per il gip Lorenza Pasquinelli. «non è emersa neppure una procedura di gara pubblica, negli ultimi due anni circa, che non sia stata attinta, in misura più o meno penetrante, dall'intervento abusivo di Bellini in favore di una o più imprese interessate ai lavori».
«Noi parte lesa», ha comunicato ieri Atm. La memoria di Tangentopoli Il gip lo definisce «un omaggio alla memoria di Tangentopoli». Bellini confida di voler aprire un conto e chiamarlo "Gabbietta", come quello aperto a Lugano dall'allora tesoriere del Pci-Pds Primo Greganti. «A me mancano sette, otto anni per la pensione, vorrei farmi un conto Gabbietta, e far qualcos' altro poi... c'ho in testa un agriturismo, i cavalli, la caccia...». Intanto si preoccupa degli affari di oggi. «Spero che esca la linea 2, guarda, perché se esce chiunque avrà bisogno di un pirla come me... e non me ne frega, vado a fare gli ultimi anni in Mercedes...».
È lui stesso però a raccontare, intercettato, di una presunta maxicorruzione, ai tempi di Tangentopoli, su cui non sono state fatte verifiche perchè ormai i reati sono prescritti. Le frenate d'emergenza «Succederà come è successo in linea 1 - racconta Bellini - perché i tempi sono cambiati ma le modalità non son cambiate... lo ricordo perché forse ero un pò più giovane o comunque son rimasto, nonostante sia passato per Tangentopoli... io lavoravo in Metropolitana Milanese... 19 dicembre 2006... aperta la busta tecnica, Alstom aveva un punto e mezzo rispetto a Siemens, aprono la parte economica...
Alstom 64 milioni, Siemens 12 milioni in meno, panico... io lavoravo per Alstom.. gli avevo preparato le carte, scusate il termine, con una valigetta... alle 2 di mattina ha vinto Alstom». Il caso viene messo in relazione dalla procura con «le recenti criticità», ossia «le brusche frenate d'emergenza che hanno investito la linea rossa ».
Dall'articolo di Gianni Santucci per il ''Corriere della Sera''
Eccoli, dietro quel sorriso, i due Bellini in uno: funzionario di Atm e direttore lavori ombra della ditta che prende i lavori da Atm: «Facciamo che sono un socio occulto». In un passaggio ostenta spavalderia imprenditoriale: «Perché se stai in Atm ti fossilizzi, invece io ho una mentalità imprenditoriale, quando vedo il soldo e l'affare... lo faccio». Per questo è sempre alla ricerca del «cavallo da cavalcare».
E lancia la seconda auto rappresentazione (alter ego del «pirla»): «L'altro mio compito è far la pu..., cioè io procaccio, porto a casa il lavoro, ho altre società per cui lavoro. Qual è il mio guadagno? Un quid mensile, come se prendessi uno stipendio, però è tutto molto occulto, perché io tra l'altro non avendo partita Iva è sempre un problema farsi pagare». L'onesta è una preoccupazione passeggera: «Certo, a livello deontologico, non è piacevole in azienda far questo».
0 notes
untitled42566 · 4 years
Text
Al libro “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” il Premio Mario Pannunzio 2019
L’ambasciatore d’Italia in Bosnia Erzegovina, Nicola Minasi, in video alla presentazione di Milano dell’“Antologia di poeti contemporanei dei Balcani” di Paolo Maria Rocco ed Emir Sokolović
di GEMMA NATALI CONVERSANO
FANO – Insignito del Terzo Premio Pannunzio 2019 per la Poesia edita, con il suo ultimo libro “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” (Ed. Ensemble), abbiamo intervistato l’autore, Paolo Maria Rocco che, prima di recarsi a Torino, il 30 Novembre, presso il Centro di Studi “Mario Pannunzio” per ritirare il Premio, ha tenuto una presentazione dei suoi ultimi libri a Milano, il 26 Novembre, presso la Libreria Popolare. In questa intervista l’autore ci parla non solo di “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” ma anche dell’ “Antologia di Poeti contemporanei dei Balcani” (Ed. LietoColle) che il poeta italiano ha curato con il poeta bosniaco Emir Sokolović.
I suoi libri stanno attirando attenzione e riconoscimenti sempre più vasti e importanti, ci può dire quali considerazioni trae da questi suoi ultimi traguardi?: «Innanzitutto, voglio sottolineare il privilegio che abbiamo ricevuto dall’Ambasciatore d’Italia nella Bosnia Erzegovina, Sua Eccellenza Dott. Nicola Minasi, che ha presenziato in video alla presentazione di Milano. È stato un onore e un immenso piacere ascoltare le sue parole di elogio per l’impegno che ha visto me e l’amico Emir Sokolović, impegnarci nel progetto di creazione dell’Antologia di Poeti Balcanici, che è un unicum nel panorama culturale italiano attuale. L’Ambasciatore N. Minasi, nel suo video registrato a Sarajevo, ha voluto rimarcare che la nostra Antologia si inserisce nel solco, tracciato dallo stesso Ambasciatore, delle più significative attività culturali che promuovono Amicizia e Riconciliazione tra i Popoli, e che la sua Ambasciata realizza da anni. E ha voluto anche porre l’attenzione sul fatto che il contenuto stesso dell’Antologia (poesie di diciotto interessantissimi poeti originari della Regione che si estende dalla Slovenia alla Macedonia) realizza un ulteriore strumento di dialogo e di confronto di esperienze culturali e civili tra le due sponde dell’Adriatico. Può immaginare, quindi, che i saluti pubblici così calorosi e rilevanti rivoltici dall’Ambasciatore siano davvero, per me, un premio più che prestigioso. Mi faccia aggiungere che questi riconoscimenti alle mie poesie non li ritengo traguardi ma tappe di un percorso».
Il pubblico presente a Milano, proprio in virtù della proiezione del video dell’Ambasciatore ha così potuto conoscere meglio anche le attività culturali realizzate nei Balcani dall’Ambasciata di Bosnia Erzegovina delle quali l’Ambasciatore Minasi ha spiegato, in video, contenuti e finalità. Inoltre la proiezione dei video dell’Ambasciatore e di alcuni dei poeti presenti nella vostra Antologia si è rivelata davvero una novità intrigante che ha destato un interesse molto acceso nel pubblico. Com’è nata quest’idea?: «Devo premettere che io ed Emir Sokolović abbiamo già tenuto diverse presentazioni, in Italia e all’estero, dell’Antologia e del mio libro “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie”. L’idea dei video registrati che ho chiesto ai poeti antologizzati deriva dal fatto che mi sono messo dalla parte del pubblico: quando si presenta la produzione poetica di autori, italiani o stranieri, è un piacere scoprirne la fisionomia in più sfaccettature. Così, mi è sembrato utile e bello far vedere i visi, le espressioni dei poeti che hanno registrato il loro intervento video. E devo dire che i partecipanti alla presentazione di Milano hanno avuto, come me ed Emir, la sensazione che quei poeti fossero lì con noi. Insomma, chi scrive cosa? È stata una scoperta per il pubblico guardare in faccia, attraverso un filmato di pochi minuti, i poeti che abbiamo selezionato per l’Antologia, e percepire, di quei poeti, l’intensa dedizione alla Poesia, il contenuto della loro poetica, ma anche il tono della voce, la loro gestualità. Sono stati interventi video davvero preziosi, da quello del poeta croato Zlatko Kralijc, del quale una voce narrante, femminile, ha recitato una poesia nel mentre la cinepresa riprendeva il poeta mentre camminava lungo le sponde del fiume Mura. E voglio sottolineare che Zlatko Kralijc è un poeta di rilevantissimo significato nei Balcani e anche in altre nazioni europee, oltre ad essere l’ideatore e il direttore artistico del Festival internazionale di Poesia “Sveti Martin Na Muri” del quale ho avuto l’onore di essere ospite. Poi sono stati proiettati il video del romeno George Nina Elian che ha ricordato alcuni grandi poeti romeni, quello della straordinaria poetessa albanese Luljeta Lleshanaku che ha registrato il suo video nella propria casa immettendoci in un ambiente intimo e prezioso, e poi i video altrettanto belli e interessanti degli sloveni Dusan Pirc e Borut Petrović Vernikov, e del giovane poeta bosniaco Alden Idriz che per tanti anni ha vissuto a Fano, nelle Marche, e che ora vive e lavora a Sarajevo. Tra i partecipanti della serata milanese, vorrei sottolineare il poeta Filippo Ravizza la cui presenza è stata davvero preziosa, quanto quella dell’Editore Gilberto Gavioli de ‘Il Foglio Clandestino’. Infine, devo dire che la sala della Libreria Popolare di Milano nella quale si è tenuta la presentazione, una sorta di sotterraneo in mattoncini e con il soffitto ‘a volta’ ci ha fatto ricordare gli ambienti delle ‘boite’ francesi, luogo segreto di conciliaboli culturali, di incontri tra adepti ad un’Idea di Bellezza dell’Arte, e della sua libertà».
Veniamo ora al suo soggiorno a Torino: un’esperienza altrettanto piacevole?: «Il Centro Studi “Mario Pannunzio” e la Giuria del Concorso per la Poesia edita mi hanno inserito nella terna dei vincitori: sì, è stata un’esperienza molto significativa proprio perché generata da un Centro Studi di grande rilevanza, e poi perché ho rivisto Torino, che è una città meravigliosa che non finisce mai di stupire per la sua bellezza. L’attribuzione di questo riconoscimento è un momento importante per il mio lavoro nella scrittura perché sottolinea il valore del libro “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” sul quale ha scritto ed espresso importanti parole anche la Giuria del Premio Pannunzio presieduta dal Prof. Pier Franco Quaglieni, ai quali sono grato».
Prima del “Pannunzio” lei ha ricevuto anche altri riconoscimenti?: «Sì, con il mio primo libro di poesie “I Canti” sono risultato vincitore assoluto, nel 2016, nel Festival internazionale di Poesia “La Piuma di Zivodrag Zivkovic” a Zenica, in Bosnia Erzegovina (Festival di grande importanza fondato da E. Sokolovic) che ha già ‘laureato’ poeti balcanici di grande interesse. Poi alle poesie di “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” è stato attribuito il Premio della Giuria del Premio Casentino, a Poppi, vicino Arezzo, e sono stato finalista in altri Premi nazionali».
Secondo lei qual è l’utilità di partecipare a Premi di Poesia o di Letteratura?: «È un modo efficace per farsi conoscere, per presentare i propri libri, e, quando vi è l’occasione, per diffondere la propria idea di Creatività e di Poesia. Poi, per quanti, come me, non appartengono a consorterie, o a ‘scuole di tendenza’, mode, gruppi, essere invitato per presentare il proprio lavoro letterario significa attirare l’attenzione non solo su significato di ciò che si scrive ma anche su un certo modo di intendere il lavoro dello scrittore che, per prendere a prestito le parole di L. F. Celine, dev’essere un lavoro faticoso perché, diceva il grande francese a proposito degli scrittori a lui contemporanei “nessuno più vuole faticare, nessuno più si impegna nella ricerca di uno stile e di un contenuto”. Ancora adesso, dopo svariati decenni, quelle parole suonano come un monito: oggi il mercato dei libri premia troppo spesso poesie che non sono poesie ma parole prive di contenuto, prive di stile letterario, prive di una visione del mondo. Oggi tutti pensano di poter scrivere poesie, ma non è così: il lavoro di chi scrive in versi è un lavoro di ricerca, di studio, di dedizione, è un’arte come intendeva Celine. Una parte rilevante del mercato editoriale attuale mortifica la Poesia attribuendole una funzione utilitaristica e così assegna dignità di pubblicazione a scritti del tutto carenti sul piano letterario e colpisce la Poesia nella sua identità. A questo proposito Montale nel 1975 ricordava che: “La poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto. L’incendio della Biblioteca di Alessandria ha distrutto tre quarti della letteratura greca. Oggi nemmeno un incendio universale potrebbe far sparire la torrenziale produzione poetica dei nostri giorni. Ma si tratta appunto di produzione, cioè di manufatti soggetti alle leggi del gusto e della moda”, ecco, nel suo discorso per il Nobel, anche Eugenio Montale, cinquant’anni fa, esortava, tra le righe, a rispettare la vera Arte della Poesia, non bastano un foglio di carta e una matita, o una penna o una tastiera di computer… ».
Un’ultima domanda: lei è stato pubblicato in Antologie di poeti contemporanei, in Italia e all’estero, e sue poesie sono state tradotte e pubblicate in Romania, Croazia, Bosnia. Lei però non scrive solo poesie, ha pubblicato anche un romanzo nel 2016, ce ne vuole parlare?: “Con il mio primo romanzo che s’intitola “Virginia, o: Que puis-je faire?”, pubblicato dall’Editore Bastogi di Roma, ho raccontato una storia che mi stava particolarmente a cuore e che prende le mosse dalla vita straordinaria di Guido d’Arezzo, l’inventore della notazione musicale. Guido d’Arezzo è stato osteggiato e perseguitato dai suoi confratelli monaci, quando egli viveva nel Monastero di Pomposa, perché la sua invenzione (la scrittura della notazione musicale) rendeva superato, e oramai inutile, il metodo della trasmissione mnemonica di centinaia e centinaia di canti liturgici. I Maestri Monaci Cantori, che detenevano il potere della conoscenza mnemonica di quei canti, punirono Guido d’Arezzo poiché egli, la sua temerarietà, li privava, appunto, di un enorme potere all’interno dell’organizzazione ecclesiastica di quel tempo, e parliamo del 900 dopo Cristo. Guido d’Arezzo dovette fuggire da Pomposa, condannato perfino dal Priore di quel Monastero ad un esilio non dissimile da quello di Dante e proprio come il sommo Dante anche Guido (del quale fu amico San Pier Damiano, Priore del Monastero di Fonte Avellana, nelle Marche) portò con sé il frutto di quella dannazione: la sua invenzione talmente alta da costringerlo alla fuga dalle persecuzioni e a cercare riparo prima a Bologna, poi a Roma, poi ad Arezzo. Di questa vita straordinaria si interessa, nel mio romanzo, una giovane pianista dell’America del Nord che giunge in Italia per continuare i suoi studi di musicista e musicologa. La scoperta di un Breviarium acefalo attribuito a Guido d’Arezzo (il Breviario esiste davvero ed è conservato proprio a Fonte Avellana con il titolo “Codice Nn”) spinge la giovane pianista alla ricerca della parte mancante di quel testo così prezioso, e così lei ripercorre il cammino dell’esilio di Guido d’Arezzo, un cammino che è anche una ricerca interiore attraverso la quale la giovane musicista metterà in discussione se stessa e il suo mondo fino a… Ecco il finale non lo racconto per non rovinarvi la lettura!».
Nelle foto: la medaglia che ritrae i Dioscuri a cavallo (Castore e Polluce), Premio attribuito alle poesie di Paolo Maria Rocco dal Centro di Studi “Mario Pannunzio” per la Poesia edita 2019.; Libreria Popolare di Milano: in video l’Ambasciatore d’Italia in Bosnia Erzegovina, Nicola Minasi; da sinistra: Paolo M. Rocco, Silvio Ziliotto, Emir Sokolovic, Pino Loco; Milano 25 Novembre 2019, da sin.: Paolo M. Rocco, Emir Sokolovic, Pino Loco; Paolo M. Rocco e Emir Sokolovic; Libreria Popolare di Milano, da sinistra: Paolo M. Rocco, Emir Sokolovic, Pino Loco; Milano, 25 Novembre 2019, il mio caro amico Emir; Libreria Popolare di Milano, 25.11.2019, da sin.: Silvio Ziliotto, Paolo M. Rocco, Emir Sokolovic, Pino Loco; Paolo M. Rocco, Emir Sokolovic, Pino Loco; Lib. Popolare, Milano, da sin.: Silvio Ziliotto, Paolo M. Rocco, Emir Sokolovic, Pino Loco; Milano, da sin.: Paolo M. Rocco, Emir Sokolovic, Pino Loco; parte del pubblico alla presentazione di Milano 25.11.2019
  Al libro “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” il Premio Mario Pannunzio 2019 Al libro “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” il Premio Mario Pannunzio 2019
0 notes
Text
This slideshow requires JavaScript.
Un altro incendio al campo rom di via Bonfadini, a Milano. Questa notte sono andati a fuoco i rifiuti accumulanti nella discarica a cielo aperto che si trova dietro al campo rom. Sono bruciate diverse automobili smontate e abbandonate, diverse biciclette delle società degli sharing milanesi, e altri rifiuti di ogni genere. Non c’è stato nessun ferito, ma l’intervento dei Vigili del fuoco è durato tre ore e ha visto l’intervento di 2 aps. Non è la prima volta che i rifiuti a fianco del campo rom di quella zona vanno a fuoco. Lo scorso 18 settembre vi fu un altro incendio dei cumuli di spazzatura  ammassati ai lati della recinzione del campo che si trova al numero civico 39 ha messo a rischio tutto il quartiere lasciando un acre odore di plastica bruciata.
Questo secondo incendio non può lasciare indifferenti. Le discariche abusive nel mezzo della città, oltre ad essere una vergogna inaccettabile per chi si sente una persona civile, rischiano di trasformare Milano in una nuova terra dei fuochi. Nessun che abbia a cuore l’ambiente e la salute pubblica può tollerare questo genere di comportamenti, specie se si impegna nel recupero della spazzatura differenziata. Secondo le prime notizie ricevute i residenti in zona avrebbero richiesto dei rilevamenti da parte di Arpa, sia per quanto riguarda la qualità dell’aria sia per quanto riguarda l’inquinamento del terreno. Le carcasse delle automobili e altri rifiuti  contengono infatti diverse parti di plastica che, bruciando, possono produrre sostanze velenose, e i rifiuti accumulati possono aver generato dei percolati che potrebbero essere penetrati nel terreno. L’incendio, come la volta scorsa sarebbe stato appiccato appositamente.
Un altro incendio al campo rom di via Bonfadini Un altro incendio al campo rom di via Bonfadini, a Milano. Questa notte sono andati a fuoco i rifiuti accumulanti nella discarica a cielo aperto che si trova dietro al campo rom.
0 notes
iniziativa21058 · 6 years
Text
Solbiate Olona questo sconosciuto
Se viene modificato il piano regolatore di un comune, viene redatto il Documento di Scooping relativo alla VAS - Valutazione Ambientale Strategica. In questo documento si possono scoprire notizie molto interessanti sul proprio comune, compresi alcuni gravi errori 
di Storia: Nel 1825, Solbiate, era l'unico paese a possedere: strade asfaltate e un centro sportivo con campi da tennis, da bocce, da pallavolo, da pallacanestro, pista per corse, sala cinematografica, sala da ballo, banda musicale... Cinema: il cinematografo dei Fratelli Lumière è del 1895 Pallacanestro: nasce a Springfield (una cittadina statunitense) nel 1891 Pallavolo: La pallavolo in forma moderna, nasce ufficialmente nel 1895 di Matematica: La Scaletta è composta da 176 gradini, divisi in due parti. Partendo dal basso, dopo i primi 122 la direzione cambia per affrontare con gli ultimi 44 scalini... 122+44=166 gradini e di Statistica: governare un trend demografico così stimato: - abitanti attuali: circa 5.700 - incremento di popolazione atteso nel decennio (+7,5%) circa 430 Mancano solo 6 mesi al 2019, e siamo praticamente a incremento zero... forse si è esagerato nel dare lustro al nostro paese, ma dato che siamo in pieno periodo di esami, la commissione boccia chi ha redatto il piano A parte la satira, di seguito notizie e dati, anche se del 2015, per scoprire il nostro Comune
Solbiate Olona è un comune italiano di 5.564 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. La città più vicina a Solbiate Olona è Busto Arsizio, che dista solo 5 km. Il comune di Solbiate Olona è localizzato nella zona sud-orientale della provincia, servito dall’Autostrada dei laghi A8 (che lo collega a Varese e a Milano) e dalla SS 336 (che lo connette a Gallarate e all’aeroporto di Malpensa). Confina con Fagnano Olona, Olgiate Olona, Gorla Maggiore e Gorla Minore, costituendo di fatto un ambito che gravita significativamente sul nodo Gallarate-Busto Arsizio. Le caratteristiche principali del Comune sono così riassumibili: Superficie (kmq) 4,92 km2 Densità abitativa (abitanti/km2) 1.120 ab/km2 Altitudine (m sul livello del mare) 247 m.l.m. % Trend Popolazione 2001-2015
Cenni storici (sempre tratti dal documento di scooping) La sua origine risale all'epoca romana anche se non vi sono resti che lo attestino con certezza. 1017: prima apparizione su documenti. 29 maggio 1176: passaggio di Federico Barbarossa. 1511: incendio da parte delle truppe del Cardinale di Sion. 1515: saccheggio da parte dei Lanzichenecchi. Nel 1564 divenne parrocchia. Tra il 1631 e il 1632 vi fu un'epidemia di peste, al seguito della quale venne costruito il lazzaretto, utilizzato nel 1884 a seguito di un'epidemia di colera. Il 23 giugno 1650 Solbiate divenne feudo di Francesco Maria Terzaghi. Nel 1800, a seguito di un editto napoleonico, venne costruito il cimitero comunale, inaugurato il 18 ottobre 1803. Il 23 agosto 1823 iniziò, presso il Cotonificio, la lavorazione del cotone. Nel 1825, Solbiate, era l'unico paese a possedere: strade asfaltate e un centro sportivo con campi da tennis, da bocce, da pallavolo, da pallacanestro, pista per corse, sala cinematografica, sala da ballo, banda musicale.  Nel 1890, Andrea Ponti, fece costruire l'asilo e la scuola elementare fino alla classe III. 1º maggio 1893: Solbiello entra a far parte del comune, su decreto regio di Umberto I di Savoia. 1902: costruzione della ferrovia, era il tronco ferroviario della FERROVIA NORD MILANO (FNM) che collegava Castellanza con Cairate e Lonate Ceppino. Nel 1916 questa linea arrivava fino a Mendrisio, però il tratto svizzero fu sospeso dopo due anni e il capo linea fu portato prima a Malnate poi di nuovo a Cairate. Nel 1952 il servizio viaggiatori fu sostituito con un servizio di auto-corriere mentre il servizio merci è continuato sino a pochi anni fa. Nel 1921 venne costruito il monumento ai caduti. 10-11 ottobre 1939 benedizione della prima pietra della chiesa parrocchiale durante la visita pastorale del Cardinale Schuster, che consacrò la chiesa il 30 luglio 1943. Nel 1957 venne costruita la SIR, che fece passare il paese da un'economia agricola ad una industriale. Nel 1964 Antonio Segni conferì a Solbiate il gonfalone. Sullo stemma che è nel centro del drappo bicolore, azzurro e giallo, ci sono i simboli della vita e del lavoro di Solbiate: il fuso per il cotonificio, la ruota dentata per le officine meccaniche, la striscia d'argento che divide orizzontalmente lo stemma, rappresenta il fiume Olona e il leone rosso coronato è il simbolo della forza e della grandezza delle antiche e nobili famiglie che anticamente avevano le proprie terre a Solbiate. Lo stemma è circondato da rami di quercia e di alloro ed è sormontato da una corona.
Chiese 
Chiesa di San Gregorio, lazzaretto costruito nel 1632 per l'epidemia di peste; utilizzato anche nel 1884 per gli ammalati colpiti dal colera Chiesa di Santi Gervaso e Protaso, sita a Solbiello, risalente all'XI secolo, in cui è conservato un crocefisso miracoloso. Si ha notizia di questa chiesa nel Liber Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero nel 1289, a quell'epoca era in rovina e senza gran parte del tetto. Nel 1772 venne portato in questa chiesa e posto sopra all'altare maggiore, il crocifisso che anticamente era posizionato sull'architrave della chiesa parrocchiale di Solbiate, ogni quarta domenica di Ottobre veniva celebrata la festa del S.S. Crocifisso. In quegli anni venivano abbandonati in ceste, davanti alla porta della chiesa, diversi neonati affidati poi a famiglie che abitavano nei pressi dell'edificio. Nei primi anni del '900 venne di nuovo ampliata sino a raggiungere le dimensioni attuali, fu visitata dal Beato Cardinal Ferrari e nel 1933 ci fu la visita pastorale del Cardinal Idelfonso Schuster che la definì: monumento prezioso. Nel 1978, il Parroco don Angelo Porro, vedendola ancora malmessa, ne dispose  il restauro completo. Durante i lavori, sotto il pavimento, vennero trovate diverse tombe di antichi abitanti risalenti al 1300. Sul campanile sono state posizionate le campane che prima suonavano sul campanile del vecchio oratorio maschile di Solbiate. Chiesa parrocchiale di Sant'Antonino martire, costruita tra il 1940 e il 1941, edificata da Don Giovanni Calvi e consacrata il 30 luglio 1943 dal Cardinale Idelfonso Schuster. Nel 1950, il parroco cominciò a far costruire il campanile alto 53 metri più due metri di croce, che verrà terminato con orologio e campane entro il mese di dicembre. Nel 1954 venne costruito il ciborio sull'altare maggiore, consacrato il 24 luglio 1955 dal futuro Papa Paolo IV. Nel suo interno ci sono gli altari settecenteschi prelevati dalla vecchia Chiesa parrocchiale. Nel 1969 venne dotata di un organo Tubi, sostituito poi nel 2004 a seguito di una cospicua donazione della ditta Iper Montebello, con un grandioso organo Mascioni. Nel 1992 fu posato sul vecchio pavimento in cemento, il nuovo pavimento in granito rosa di Sardegna e creato un nuovo altare con nuove sedute per i celebranti; questo nuovo altare è stato poi consacrato l'11 novembre 2012 dal Cardinale di Milano Sua Eminenza Angelo Scola.   Chiesa del Sacro Cuore, inserita nei Luoghi del cuore del FAI. Nel libro Notitiae cleri Mediolanensis del 1398, si fa riferimento ad una Chiesa dedicata a S.Antonino di origine medioevale citata come capella in loco Sulbiate de Inferiori, mentre dalle notizie di Goffredo da Bussero, canonico di Rovello nel 1288, sappiamo che "esisteva in Sulbiate Inferiore un altare dedicato a S.Antonino". Ma la prima descrizione, corredata da un disegno della pianta datata 1582, si trova tra gli atti delle Visite pastorali degli Arcivescovi Milanesi. Davanti alla Chiesa si trovava il cimitero, delimitato da uno steccato in legno, adiacente all'abside e disposta intorno a un cortile situato a sud della chiesa, si trovava la casa parrocchiale, con accesso attraverso il cimitero (a ricordarlo esiste ancora l'obelisco). Dopo la visita di San Carlo Borromeo, nel 1582 divenne Chiesa Parrocchiale, con il primo Parroco don Donato Armiralio che operava a Solbiate dal 1549. Dopo questa prima visita vennero aggiunti al primo edificio, il battistero e la cappella della Beata Vergine, dedicata anche a San Vito per ricordare la chiesetta campestre posta a 700 cubiti fuori dal paese (l'attuale via S.Vito), che era stata da poco demolita. Davanti a questa cappella esiste il sepolcro dei confratelli della Scuola della Concezione; San Carlo Borromeo fece notare queste cose in occasione della sua seconda visita nel 1603. Questa cappella verrà poi definitivamente modificata nel 1734, ben visibile all'esterno l'antica scritta "Questo popolo, affinché potesse trovare per sé e per i posteri un rifugio nelle calamità, con il proprio lavoro e a spese della chiesa, riedificò più grandiosa questa cappella, dedicata fin dall'antichità all'Immacolata Madre di Dio, nell'anno della guerra universale 1734". Il campanile risale probabilmente al 1604. Nel 1880 la Chiesa viene ulteriormente ampliata grazie alla munificenza del proprietario del Cotonificio di Solbiate, Andrea Ponti; venne spostata in avanti la facciata, demolita la vecchia cappella maggiore e aggiunti a est una campata e il nuovo presbiterio coperti da una volta semiellittica a crociera, il locale adiacente all'abside viene adibito a sacrestia. Fino al 1943 è stata la Chiesa Parrocchiale di Solbiate Olona, viene poi chiusa al culto nel 1970. Dopo anni di degrado, con preziosi arredi e quadri trafugati, negli Anni '90, grazie alla spinta e l'interessamento del Parroco Don Luciano Premoli, è cominciato il recupero dell'edificio che rappresenta la parte più antica del paese. Chiesa di San Rocco, costruita nel 1400 ca. Venne demolita per una razionale sistemazione delle strade, costituendo un costante pericolo per il traffico per Busto, nella seconda quindicina del luglio 1940 dietro autorizzazione sia della Regia Sovraintendeza all'Arte Medioevale e Moderna delle Province Lombarde, sia della Curia Arcivescovile di Milano. Fu levata una pala a destra da chi guardava l'altare di fronte. Dipinta nel 1416 rappresentava la Madonna col Bambino che tiene in mano un cardellino; ai lati S. Sebastiano con le frecce del martirio e S. Rocco che mostra la piaga. La scuola Beato Angelico provvide a far levare il dipinto che verrà collocato nella nuova Chiesa Parrocchiale. Le spese necessarie per levare dal muro il dipinto furono sostenute dal Cotonificio di Solbiate Olona. Il dipinto sembra della Scuola di Giotto. Purtroppo di tale affresco si sono perse le tracce. A ricordo dell'esistenza, il Comune fece collocare una piccola edicola del Santo all'esterno della nuova Chiesa Parrocchiale. Ecomuseo della Valle Olona Il progetto Ecomuseo della Valle Olona nasce dalla gente e dalle Associazioni del territorio supportati delle istituzioni, a recuperare storia, tradizioni e cultura locale per divulgarla e valorizzarla. L'Associazione In cammino verso l'Ecomuseo della Valle Olona si fa portavoce di questo progetto mirato a unire ogni realtà interessata a raggiungere l'obiettivo.  L'Ecomuseo della Valle Olona ambisce a raccogliere l'adesione iniziale dei quattordici paesi collocati lungo il fiume Olona nel tratto Prealpino a sud di Varese, dove il territorio ha ancora la conformazione di una valle prima di approdare in pianura. Rappresenta l'unione di quei territori che nella storia e negli ultimi anni sono stati individuati come una parte del Seprio e il Medio-Olona. è attraversato da una pista ciclopedonale di oltre 20 km da Castellanza a Castiglione Olona. Museo Socio Storico Il Museo Socio Storico di Solbiate Olona, inaugurato il 17 dicembre 2006, è idea e frutto dell'appassionato lavoro di raccolta effettuato in 35 anni dalla storico solbiatese Aldo Tronconi. Attraverso 450 cimeli offre un'immagine della società locale vista, raccontata e rappresentata nelle sue diverse fasi storiche. Modernamente impostato dal punto di vista espositivo, permette, attraverso 17 vetrine, di rileggere la Storia lungo vari percorsi: scuola, religiosità, vita contadina/era industriale, le guerre, il fascismo, la nascita della Repubblica. Parco del Medio Olona - PLIS Creato nel 2005, interessa la zona valliva dei sei Comuni aderenti: Fagnano Olona(comune capofila), Gorla Maggiore, Gorla Minore, Marnate, Olgiate Olona e Solbiate Olona. Il Parco è un P.L.I.S., Parco Locale di Interesse Sovracomunale, ad indicare che la finalità è la valorizzazione delle risorse territoriali che necessitano di forme di gestione e tutela di tipo sovracomunale e orientato al mantenimento ed alla valorizzazione dei tipici caratteri delle aree rurali e dei loro valori naturali e semi-naturali tradizionali. L'interesse sovracomunale è superiore a quello della collettività che risiede in un solo comune. Il territorio è ubicato nel settore sudorientale della provincia di Varese, al confine con le province di Como e Milano per un'estensione di circa 6,17 km². L'80% del territorio è distribuito tra i Comuni di Fagnano Olona e Gorla Maggiore; il resto è suddiviso tra i restanti quattro Comuni.   La scaletta Risale al 23 agosto 1823, opera destinata a diventare uno dei principali simboli del paese e protagonista indiscussa dell'evento sportivo più importante di buona parte della zona, il Ciclocross di Solbiate Olona, disputato per la prima volta nel 1951, richiamando fino al 2001 tutto il meglio del settore e dal 2003 rivolto ai giovani. Per un giorno la Scalinata è sinonimo di Ciclocross, per il resto dell'anno è collegamento con il fondovalle, non più per lavoro, bensì per coloro alla ricerca di un contatto con il paesaggio. La Scaletta è composta da 176 gradini, divisi in due parti. Partendo dal basso, dopo i primi 122 la direzione cambia per affrontare con gli ultimi 44 scalini, prima di arrivare nella piazza della vecchia Chiesa, in prossimità di questo cambio di rotta, nel 1904 è stata realizzata la Grotta della Madonna di Lourdes, luogo di preghiera per la popolazione locale ma nata come angolo di devozione per gli operai. In totale quindi, 176 piccoli dislivelli all'apparenza irregolari, ma in realtà risultato di un lavoro molto preciso. La lunghezza del singolo gradino, tutti inclinati verso il basso, raramente si discosta infatti dai cinquanta centimetri, mentre il tempo ha influito, anche se in minima parte, sull'altezza, variabile tra 18 e 20 centimetri. Fatti i relativi calcoli, si arriva a un dislivello complessivo di trentatré metri. Con il Ciclocross la scalinata è entrata ufficialmente nella storia e non di rado nella leggenda; I corridori però, non la percorrono tutta. Dopo i primi 91 scalini, sulla sinistra si dirama un sentiero che ritorna ripido verso Valle, per ricollegarsi dopo una decina di metri scoscesi al Coustieau de tre sass, la strada che porta in paese un centinaio di metri più a sud. Il cotonificio Ponti La storia del Cotonificio Ponti ebbe inizio nel 1817 con l'acquisto, da parte di Andrea Ponti, del Mulino Custodi, il cui cambio d'uso, da macina per il grano a forza idraulica, avvenne nel 1821. Il 23 agosto 1823 si avviò la lavorazione di cotone. Era già una realtà importante con 153 operai di cui 12 donne. Andrea Ponti rinnovò profondamente la filatura introducendo l'illuminazione a gas, una vasta tintoria e una tessitura. Dal 1862 al 1867 furono fatte continue modifiche sia nello stabilimento sia sul corso del fiume. Durante il periodo delle guerre di Indipendenza e la proclamazione dell'Unità d'Italia, la fabbrica era già ampiamente affermata. VAS – Documento di Scoping Comune di Solbiate Olona 28 Nel 1888 morì Andrea e subentrò il figlio Ettore il quale dotò l'opificio di un impianto di energia elettrica che consentì un forte ampliamento dei reparti di filatura e tessitura. In questi anni vennero realizzate opere sociali per il paese quali l'asilo, le scuole elementari, la società di mutuo soccorso, ecc. Nel 1902 la filatura entrò a far parte della Società Anonima Cotonificio Furter, ma ne uscì dopo circa un decennio a seguito di una grave crisi internazionale, e il 28 luglio 1914 venne fondata una società anonima apposita: la Società Anonima Cotonificio di Solbiate. L'ultimo esponente della famiglia Ponti ad avere un ruolo nell'azienda fu Ettore, il quale però aveva più ambizioni politiche che imprenditoriali. Il passaggio quindi dall'imprenditoria familiare a quella manageriale diede un nuovo impulso positivo alla fabbrica. Con l'avvento della prima guerra mondiale il Cotonificio si trovò ad affrontare da un lato un'ingente richiesta di forniture belliche, e dall'altro la scarsità di materia prima, combustibile e manodopera maschile, situazione ottimamente affrontata dal direttore tecnico Alfredo Tobler. Il Cotonificio non trascurò neppure in questo periodo il legame con la comunità solbiatese e si impegnò molto nel sostegno delle famiglie dei richiamati. Questa attenzione verso la condizione operaia fece sì che gli scontri tra proprietà e lavoratori della prima metà del XX secolo risparmiarono Solbiate. Il fascismo fu un altro periodo di sviluppo per il Cotonificio, grazie ai buoni rapporti tra dirigenza e nuovo regime, in questi anni incrementò sia l'aggiornamento tecnico, sia l'attenzione nei confronti della cittadinanza. L'espansione continuò fino alla prima metà degli anni '60, poi iniziò il declino del tessile che coinvolse anche il Cotonificio. La crisi peggiorò negli anni '80 finché, anche a causa degli enormi danni subiti dall'alluvione del 1992, il 13 marzo 1993 si concluse l'importante storia del Cotonificio di Solbiate.
Infrastrutture e trasporti 
La caserma "Ugo Mara", la quale ospita il Comando NATO Rapid Deployable Corps - Italy. La stessa caserma, nata durante la prima guerra mondiale come campo di prigionia per prigionieri cecoslovacchi, è stata sede, tra il 1976 e il 2002: del 67º Battaglione meccanizzato "Montelungo", del X Battaglione Bersaglieri "Bezzecca", del IV Battaglione Carri "Ugo Passalacqua" e del XXXIII Reggimento Logistico di Manovra "Ambrosiano".  La stazione, adiacente al Cotonificio Ponti La stazione di Solbiate Olona, attivata nel 1904, era posto lungo la ferrovia di Valmorea; privata del traffico passeggeri nel 1952, fu soppressa definitivamente nel 1977 assieme all'intera linea.  Il documento completo di tutti i dati lo trovate qui: http://www.hlservizicloud.it/pgt/sites/default/files/users/012122/VAR1/DOCUMENTO%20DI%20ORIENTAMENTO%20INIZIALE%20(SCOPING)/Documento%20Scoping%202016%20-%20Solbiate.pdf
0 notes