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#MadonnadellaMisericordia
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"Promethevs of Mercy (CENSURED)", performing Giovanni M, Brescia 2023.
Costumes: DAWA Atelier
Assistent: Mauro Moruzzi
“I do know that for the sympathy of one living being, I would make peace with all. I have love in me the likes of which you can scarcely imagine and rage the likes of which you would not believe. If I cannot satisfy the one, I will indulge the other.” 
― Mary Shelley, Frankenstein
"PROMETHEVUS, Contemporary Freedom", Portfolio 2023
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jmmultimediadev · 3 years
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Madonna della Misericordia di Monteleone di Fermo. Un piccolo giudizio universale marchigiano.
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Madonna della Misericordia di Monteleone di Fermo. Un piccolo giudizio universale marchigiano.
Piccola e isolata, questa chiesa si incontra lungo la strada che conduce alle porte di Monteleone di Fermo e custodisce una tale ricchezza di affreschi da renderla tra le più interessanti e particolari delle Marche per i lunghi e spettacolari racconti che narra. E' dedicata a santa Maria della Misericordia, nome dovuto all’affresco sull’unico altare che ritrae la Madonna tra i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria, invocata durante le drammatiche epidemie di peste che colpirono le Marche tra la fine del ‘300 e il primo ‘400 decimando la popolazione. All’epoca fu eretta una semplice edicola votiva attorno alla quale fu costruita, poco più tardi, una piccola chiesa seguendo i consigli di una particolare tradizione: «Marinai provenienti da Oriente» raccontano che «se in una città, o terra o castello si edifica in un solo giorno in onore della Beata Vergine Maria della Misericordia una chiesa lunga e larga tre passi, in quella terra il contagio cessa». L’affresco venerato è circoscritto da una lunetta e raffigura la Vergine avvolta in un ampio mantello bianco che copre un gruppo di donne a sinistra, e un gruppo di uomini incappucciati vestiti di bianco a destra, segno di una confraternita locale già ben strutturata. Questi elementi fanno datare l’opera tra la fine del Trecento e i primi anni del Quattrocento per mano di un pittore ignoto che le analisi stilistiche hanno rintracciato in numerosi altri santuari del territorio fermano.
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santa Maria della Misericordia
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Affresco dettaglio – Maria della Misericordia Attorno a questa edicola fu costruito un primo santuario a pianta centrale con absidi ai lati, mentre le paraste esterne decorate con archetti in cotto che richiamano al romanico, risalgono al Quattrocento.    Nella prima metà del Cinquecento la chiesa fu notevolmente ampliata tanto che dall’esterno è ancora visibile la giuntura del nuovo edifico al vecchio a cui fu aggiunta una navata. Sulla fascia superiore di un affresco una scritta documenta sia l’ampliamento che il nome del committente: “HOC OPUS FECIT MACTEUS ACIENSII P(RO) SUA DEVOTIONE 1536”.
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Chi sia questo Matteo Ascenzi non è ancora chiaro, sappiamo solo che fu il ricco mecenate il cui nome ricorre più volte negli affreschi della chiesa assieme a quello, meno frequente, di un certo Simone. Ascenzi ha praticamente commissionato un rimodernamento dell’antica edicola seguendo un gusto rinascimentale e richiedendo nuovi dipinti come l’Annunciazione visibile nei pennacchi sopra la lunetta che incorniciano la Madonna, le ghirlande di fiori e frutti, i finti marmi, e poi un’aggiunta anche nella fascia inferiore dell’affresco dove è dipinta una bella veduta del castello di Monteleone dell’epoca, la più antica di cui si ha notizia.
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Nella parete di destra c’è l’altare dedicato a san Rocco scolpito in legno e vestito da pellegrino, anche lui invocato come protettore contro la peste. La statua è posizionata al centro di un affresco che presenta il santo dentro un grande baldacchino provvisto di tende rosse sorrette da due angeli che con il loro movimento lasciano scoperta una targa con il nome di Matteo Ascenzi. Ai lati di san Rocco sono raffigurati sant’Antonio Abate, insolitamente ritratto come vescovo, e il beato abate Adamo da Fermo.  Secondo gli studi di Giulia Spina, che ha capillarmente analizzato i dipinti, Matteo Ascenzi si è rivolto sempre alla stessa bottega identificabile con quella di Vincenzo Pagani che, in questi affreschi, ha impiegato i suoi collaboratori pur impostando egli stesso gli schemi compositivi.
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