Tumgik
#Ospedale Civile Gorizia
ilmediogorizia · 1 year
Text
Nuove proposte per l'ex Ospedale Civile
Un comitato sviluppa il nuovo progetto    Arriva dal candidato presidente del mondo e provincia per il Movimento per la Passera Calva la più concreta proposta per la rivalutazione dell’ex Ospedale Civile di Gorizia.    Spazzate via tutte le ipotesi di demolizioni e ricostruzioni faraoniche, il signor Memedesimo Sonmì, con chiarezza, estrema lungimiranza e due piedi (n° 46) ben piantati per terra,…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
giancarlonicoli · 3 years
Link
12 apr 2021 13:13
TOH, SI PARLA DI "BAFFINO" - IN UNA MAIL DEI PRODUTTORI DI RESPIRATORI CINESI PERICOLOSI, SPUNTA IL NOME DI MASSIMO D’ALEMA CHE, STANDO ALLA COMUNICAZIONE INVIATA DAL FORNITORE DI PECHINO, LI AVREBBE RASSICURATI SULL'ACQUISTO - NEGLI ALTRI DOCUMENTI IL NOME DI D'ALEMA NON COMPARE PIÙ. MA NON È LA PRIMA VOLTA CHE LA VOLPE DEL TAVOLIERE SI AGGIRA ATTORNO ALLE FACCENDE PANDEMICHE GESTITE DA ARCURI & CO…
-
Fabio Amendolara e François De Tonquedec per “la Verità”
Dopo le mascherine cinesi farlocche, che continuano a essere oggetto di sequestri in giro per l' Italia, dal calderone dell' emergenza Covid spuntano anche i ventilatori per terapia intensiva «non conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente».
Un acquisto firmato dall' allora capo della Protezione civile Angelo Borrelliil 13 marzo 2020 (due giorni dopo l' inizio del lockdown), quando la struttura del super commissario non era ancora stata creata ma Domenico Arcuri faceva avanti e indietro dal Dipartimento ministeriale che fa capo alla presidenza del Consiglio dei ministri (verrà formalmente nominato il 18 marzo). E nelle email allegate salta fuori il nome dell' ex premier Massimo D' Alema, che, stando alla comunicazione inviata dal fornitore di Pechino, li avrebbe rassicurati sull' acquisto.
La mail, in inglese, la cui traduzione non lascia spazio a equivoci interpretativi, è stata inviata da [email protected] (dell' impresa cinese Silk road global information limited). L' oggetto: «Confirmation contract». Tra gli allegati ci sono le schede tecniche dei ventilatori cinesi denominati Aeonmed Vg70.
«Carissimi», scrive il fornitore,«abbiamo appena ricevuto informazioni dall' onorevole D' Alema Massimo che il vostro governo acquisterà tutti i ventilatori nella lista che ho allegato a questa e-mail. E accettiamo i termini del pagamento che avete concordato. Quindi acquisteremo tutti i 416 set di ventilatori per voi il prima possibile. Grazie per la vostra fiducia in noi. Faremo del nostro meglio per servire i vostri interessi».
I destinatari della missiva, parte integrante del contratto registrato con numero di protocollo «Covid/0013734», sono tra gli altri lo stesso Borrelli, Arcuri, il dirigente di Invitalia Roberto Rizzardo (che verrà cooptato nella struttura commissariale come responsabile degli acquisti) e un' altra dipendente della controllata del Mef, quella Silvia Fabrizi che pochi giorni dopo diventerà la prima referente di Mario Benotti e Andrea Tommasi per la famosa maxi fornitura da 801 milioni di mascherine cinesi costata 1,25 miliardi di euro.
In realtà, dalla lettera di commessa, protocollata in uscita il 13 ma datata 14 marzo, emerge che alla fine i ventilatori Aeonmed Vg70 da destinare alle terapie intensive di tutta Italia effettivamente acquistati sono 140. Al loro arrivo il materiale è stato accolto con tanto di inno della Repubblica popolare cinese fatto suonare per l' occasione dal governo italiano.
Negli altri documenti allegati al contratto, come è facile immaginare, il nome di Baffino non compare più. Ma non è la prima volta che la Volpe del Tavoliere si aggira attorno alle faccende pandemiche gestite da Arcuri & Co.
Un mese fa, come svelato da La Verità, si è scoperto che in Puglia D' Alema aveva partecipato a un pranzo speciale finito sotto i riflettori della Guardia di finanza. I commensali: Vittorio Farina, l' uomo degli elenchi telefonici che aveva provato a infilarsi nell' affare delle mascherine (in quel momento cercava un link per incontrare Arcuri e successivamente, come hanno documentato gli investigatori, ci sarebbe riuscito), Roberto De Santis, co-armatore dell' Ikarus, la prima barca a vela dell' ex premier diessino, e il giornalista Luigi Bisignani.
Dal contratto di Borrelli, piazzato sul web con tutti i suoi allegati, ora si apprende che i cinesi lo indicano come l' uomo che li avrebbe informati sulla decisione del governo italiano di accettare la proposta commerciale made in China. Il prezzo per i ventilatori spuntato da Borrelli con la cinese Silk road è di 19.000 euro l' uno: complessivamente la commessa è costata ai contribuenti 2,66 milioni di euro più iva.
E se già a novembre scorso sul sito del ministero della Salute era comparsa una nota della Aeonmed relativa a un problema software di una partita di Vg70, emerso da una segnalazione dell' ospedale tedesco Ludwig Maximilians university, ora il nuovo bug dei ventilatori cinesi emerge da una interrogazione presentata al Consiglio regionale del Lazio da Daniele Giannini (Lega).
Nel documento depositato, il leghista riassume il contenuto di un rapporto «trasmesso dalla Beijing Aeonmed Co Ltd al ministero della Salute» dal quale «risulta che i ventilatori per terapia intensiva Aeonmed Vg70» dotati di una precisa versione software che viene indicata, «non posseggono il sensore di pressione atmosferica incorporato e siano stati immessi sul mercato con istruzioni per l' uso errate, in quanto indicano la presenza di un sensore in realtà assente».
Secondo quanto riportato nell' interrogazione, il 7 aprile 2021 la direzione regionale Salute e integrazione sociosanitaria, recependo una nota ministeriale del 31 marzo scorso, ha chiesto ai direttori generali di Asl, policlinici universitari e Istituti di ricerca, nonché ai referenti tecnici aziendali per l' emergenza Covid 19, «nel caso si rilevasse la presenza dei ventilatori per terapia intensiva Aeonmed Vg70», di «sospendere immediatamente l' uso, in quanto privi del marchio Ce e non conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente».
Proprio come per le mascherine fallate di cui si sta occupando la Procura di Gorizia.
Al momento dell' acquisto dei ventilatori Vg70 nessuno avrebbe accertato l' esistenza della perfetta certificazione del prodotto. E ora bisogna correre ai ripari.
0 notes
frontedelblog · 5 years
Text
Coronavirus, i dati italiani dalla provincia più colpita alla meno colpita alle 17 del 15 marzo
Tumblr media
Quasi 25mila contagiati, 1809 morti, oltre 2300 i guariti. In Lombardia 252 morti in un giorno, con una mortalità in questa regione al 9,1%   Sono 24747 i contagi a oggi in Italia, con 1809 morti: il 7,3% del totale. Più alta, al 9,1%, la mortalità in Lombardia. Questa regione risulta sempre la più colpita dal coronavirus: in un giorno 1587 contagi in più, per un totale di 13272. I ricoverati sono 4898 (+602), in terapia intenstiva 757 (+25). I morti salgono a 1218, con un incremento di 252 in 24 ore. Al Papa Giovanni di Bergamo arrivano 20 medici militari a dare manforte. Con la nomina a consulente di Guido Bertolaso, la Regione punta ad un ospedale di terapia intensiva da 500 posti letto, mentre 192 dovrebbero essere ricavati al San Carlo, al Policlinico, al San Matteo, al San Gerardo in aree degli ospedali ad oggi non utilizzate. Il problema è che manca la strumentazione, che dovrebbe arrivare dalla Protezione Civile. E il personale. In queste ore si sta svolgendo una videoconferenza tra i vertici della Regione e il nuovo commissario della Protezione Civile.   (Dati forniti dal Ministero della Salute) *** SPECIALE CORONAVIRUS – GUARDA *** ***   I contagi in Italia al 15 marzo per provincia, dalla più colpita alla meno colpita:   Bergamo (Lombardia): 3.416 Brescia (Lombardia): 2.473 Cremona (Lombardia): 1.792 Milano (Lombardia): 1.750 Lodi (Lombardia): 1.320 Piacenza (Emilia Romagna): 1.012 Pavia (Lombardia): 722 Pesaro e Urbino (Marche): 712 Parma (Emilia Romagna): 662 Padova (Veneto): 658 Rimini (Emilia Romagna): 425 Treviso (Veneto): 413 Trento (P.A.Trento): 378 In fase di definizione/aggiornamento (Lombardia): 376 Modena (Emilia Romagna): 367 Torino (Piemonte): 359 Roma (Lazio): 354 Lecco (Lombardia): 344 Mantova (Lombardia): 339 Verona (Veneto): 335 Venezia (Veneto): 328 Monza e della Brianza (Lombardia): 327 Genova (Liguria): 274 Ancona (Marche): 267 Vicenza (Veneto): 235 Bologna (Emilia Romagna): 230 Alessandria (Piemonte): 207 Bolzano (P.A. Bolzano): 204 Napoli (Campania): 188 Reggio nell'Emilia (Emilia Romagna): 185 Como (Lombardia): 184 Varese (Lombardia): 184 Firenze (Toscana): 162 In fase di definizione/aggiornamento (Piemonte): 142 Trieste (Friuli Venezia Giulia): 140 Lucca (Toscana): 130 Udine (Friuli Venezia Giulia): 129 Massa Carrara (Toscana): 108 Ravenna (Emilia Romagna): 100 Savona (Liguria): 96 Macerata (Marche): 94 In fase di definizione/aggiornamento (Veneto): 94 Catania (Sicilia): 91 Asti (Piemonte): 87 Perugia (Umbria): 86 Vercelli (Piemonte): 84 Pescara (Abruzzo): 82 Belluno (Veneto): 82 Pistoia (Toscana): 79 Forlì-Cesena (Emilia Romagna): 78 Imperia (Liguria): 78 Novara (Piemonte): 71 Pisa (Toscana): 71 Foggia (Puglia): 62 Cuneo (Piemonte): 61 La Spezia (Liguria): 60 Siena (Toscana): 60 Bari (Puglia): 58 Terni (Umbria): 57 Aosta (Valle d'Aosta): 57 In fase di definizione/aggiornamento (Liguria): 51 Biella (Piemonte): 50 Verbano-Cusio-Ossola (Piemonte): 50 Livorno (Toscana): 50 Salerno (Campania): 49 Caserta (Campania): 45 Sondrio (Lombardia): 45 Pordenone (Friuli Venezia Giulia): 42 Prato (Toscana): 42 Arezzo (Toscana): 41 Brindisi (Puglia): 40 Lecce (Puglia): 38 Grosseto (Toscana): 38 Avellino (Campania): 37 Fermo (Marche): 36 Sassari (Sardegna): 35 Ferrara (Emilia Romagna): 34 Frosinone (Lazio): 34 Palermo (Sicilia): 33 Gorizia (Friuli Venezia Giulia): 31 Chieti (Abruzzo): 30 Rovigo (Veneto): 27 Latina (Lazio): 23 Reggio di Calabria (Calabria): 22 Barletta-Andria-Trani (Puglia): 22 Agrigento (Sicilia): 20 Nuoro (Sardegna): 19 Cagliari (Sardegna): 18 Cosenza (Calabria): 17 Crotone (Calabria): 17 Campobasso (Molise): 17 L'Aquila (Abruzzo): 15 Viterbo (Lazio): 15 Siracusa (Sicilia): 15 Ascoli Piceno (Marche): 14 Trapani (Sicilia): 11 Teramo (Abruzzo): 10 In fase di definizione/aggiornamento (Campania): 10 In fase di definizione/aggiornamento (Marche): 10 Taranto (Puglia): 10 Messina (Sicilia): 10 Potenza (Basilicata): 7 Catanzaro (Calabria): 6 Vibo Valentia (Calabria): 6 In fase di definizione/aggiornamento (Lazio): 6 In fase di definizione/aggiornamento (Friuli Venezia Giulia): 5 Matera (Basilicata): 4 Benevento (Campania): 4 Rieti (Lazio): 4 Ragusa (Sicilia): 4 Sud Sardegna (Sardegna): 3 Oristano (Sardegna): 2 Caltanissetta (Sicilia): 2 Enna (Sicilia): 2   Read the full article
0 notes
giancarlonicoli · 4 years
Link
17 ago 2020 15:31
MATTI DA SLEGARE – COSA È RIMASTO DI FRANCO BASAGLIA, A QUARANT’ANNI DALLA MORTE DELLO PSICHIATRA CHE LOTTÒ PER LA CHIUSURA DEI MANICOMI, QUEI GIRONI INFERNALI DOVE BIMBI E ADULTI ASPETTAVANO DI MORIRE TRA PUZZA DI FECI, PISCIO E SPORCIZIA? - NEL MOMENTO CHIAVE IN CUI LA RIFORMA AVREBBE DOVUTO ESSER MESSA IN PRATICA, IL DOTTORE MORÌ. COSA AVREBBE FATTO? LA PROSPETTIVA PER CHI USCIVA DA UN OSPEDALE PSICHIATRICO ERA IL NULLA O IL MANICOMIO CRIMINALE E DI LÌ A POCO...
-
Antonio Stella per il Corriere della Sera"
Che cos' è rimasto, del «Dottore dei matti»? Sono passati quarant' anni dal calvario dell'agosto 1980 in cui Franco Basaglia si spense fiato dopo fiato, incurabile, nella sua casa nel sestiere di San Marco il giorno 29. «Tantissimi lo hanno letto, tanti lo hanno conosciuto, tanti lo hanno amato e tanti lo hanno anche odiato, perché in maniera semplice, bonaria, ironica questo veneziano aveva ribaltato un mondo», scrisse «Lotta Continua». Ribaltato come? Nel modo giusto o sbagliato? Polemiche roventi. Nel mondo intero. Per decenni. Con diffusi rimpianti per come era «prima».
Uno solo, però, può essere il punto di partenza per cercare di capire: che cos' erano i manicomi. «Colà stavansi rinchiusi, ed indistintamente ammucchiati, i maniaci i dementi i furiosi i melanconici. Alcuni di loro sopra poca paglia e sudicia distesi, i più sulla nuda terra. Molti eran del tutto ignudi, varj coperti di cenci, altri in ischifosi stracci avvolti; e tutti a modo di bestie catenati, e di fastidiosi insetti ricolmi, e fame, e sete, e freddo, e caldo, e scherni, e strazj, e battiture pativano», scriveva nel 1824 (come ricorderà Leonardo Sciascia sul «Corriere») l'illuminato palermitano Pietro Pisani.
Solo residui medievali? No. Un secolo e mezzo dopo, nel 1971, il verbale dell'ispezione della Commissione d'inchiesta al Santa Maria della Pietà di Roma spiega: «Ci sono bambini legati con i piedi ai termosifoni o ai tubi dell'acqua, scalzi, seminudi, sdraiati per terra come bestioline incapaci di difendersi, sporchi di feci, dovunque un lezzo insopportabile». «Non esistevano limiti d'età per il ricovero in manicomio: era sufficiente un certificato medico in cui si dichiarava che il bambino era pericoloso per sé o per gli altri», si legge nel web-doc Matti per sempre di Maria Gabriella Lanza e Daniela Sala.
«Dal 1913 al 1974 nel manicomio di Roma sono stati internati 293 bambini con meno di 4 anni e 2.468 minori tra i 5 e i 14 anni. In tutto 2.761 piccoli». Tre lustri ancora e il «Corriere» pubblica un reportage di Felice Cavallaro sull'Ospedale psichiatrico di Reggio Calabria: «Dormono con la schiena che sfiora il pavimento. Sprofondano giù perché le reti sono bucate al centro, corrose dalla pipì che con gli anni ha sciolto la maglia metallica. I materassi sono ormai sfoglie di gommapiuma sudicia. Di lenzuola nemmeno a parlarne. Puzzano anche le coperte. Tutto emana il fetore della morte in queste camerate dove quattrocento persone aspettano la fine come fossero animali».
È il 1987. La chiusura di quei gironi d'inferno è già stata decisa, sulla carta, da una decina di anni. Eppure troppe infamie, insopportabilmente troppe, sono rimaste come prima. Nel plumbeo mutismo sociale denunciato quasi un secolo prima da Anton Cechov ne L'uva spina : «Evidentemente l'uomo felice si sente bene solo perché i disgraziati portano il loro fardello in silenzio, e senza questo silenzio la felicità sarebbe impossibile. È un'ipnosi generale». Occhio non vede, cuore non duole, scandalo non urla.
È questo silenzio assordante a venire fracassato da Franco Basaglia. Nato a Venezia nel 1924, laureato nel 1949, specializzato in malattie mentali nel '52, l'anno dopo sposa Franca Ongaro, che gli darà due figli e sarà la compagna di mille battaglie. Frustrato dall'accademia («Direi che tutto l'apprendimento reale avviene fuori dall'università. (...). Io sono entrato nell'università tre volte e per tre volte sono stato cacciato», racconterà in una delle Conferenze brasiliane ), si immerge nel primo manicomio a Gorizia nel 1962: «C'erano cinquecento internati, ma nessuna persona». Ovunque «vi era un odore simbolico di merda».
Uno spazio nero dal quale trasse l'«intenzione ferma di distruggere quella istituzione. Non era un problema personale, era la certezza che l'istituzione era completamente assurda, che serviva solamente allo psichiatra che lì lavorava per percepire lo stipendio alla fine del mese». Guerra totale: «L'università, da quando io mi sono laureato, ha protetto in maniera reazionaria e fascista gli ospedali psichiatrici.
Non si è mai levata una voce, se non nei congressi, a dire che bisogna cambiare questa legge, ma nessun professore universitario si è sporcato una mano all'interno dei manicomi. Il professore universitario ha sempre avuto le mani pulite, amministrando l'insegnamento davanti ai letti d'ospedale, dicendo: questo è schizofrenico, questo è maniaco, questo è isterico».
Era insopportabile, agli occhi di chi veniva ferito da quei giudizi. Ribelle. Martellante. Cocciuto. Eppure, lavorando ventre a terra a Gorizia, Colorno, Trieste e Roma, scrivendo uno dopo l'altro, da solo o con Franca, libri ovunque amatissimi o contestatissimi, tenendo conferenze da Berlino a São Paulo, sfondando in tv con una celebre intervista di Sergio Zavoli («Le interessa più il malato o la malattia?», «Decisamente il malato»), riuscì in pochi anni febbrili a mettere in crisi l'idea del manicomio in mezzo mondo e a spingere il Parlamento italiano a cancellare le norme stravecchie del 1903 e votare il 13 maggio 1978 (cinque giorni dopo l'uccisione di Aldo Moro...) la «sua» legge 180.
Stesa materialmente dallo psichiatra e deputato democristiano, Bruno Orsini, e incardinata sulla chiusura (progressiva) dei manicomi e la cura dei pazienti non più «detenuti» in realtà il più possibile piccole e aperte.
Il tutto nel nome di un'idea: «Io non so cosa sia la follia. Può essere tutto o niente. È una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia». Un'utopia. Generosa ma irrealizzabile, quindi pericolosa, saltarono su gli avversari. Su tutti lo psichiatra e scrittore Mario Tobino: «Giunge voce, si viene a sapere che diversi malati, dimessi dai manicomi, spinti fuori nel mondo, nella società, per guarire, come proclamano i novatori, per inserirsi sono già in galera, in prigione, arrestati per atti che hanno commesso. Nessuno più li proteggeva, li consigliava, gli impediva. Nessuno li manteneva con amorevolezza e fermezza, li conduceva per mano lungo la loro possibile strada. Ed ora precipitano, si apre per loro il manicomio criminale. La follia non c'è, non esiste, deriva dalla società. Evviva!».
E il dubbio su quella legge inquietò via via perfino molti che l'avevano definita «sacrosanta». Come il deputato e poeta comunista Antonello Trombadori. Che in una sofferta intervista a Giampiero Mughini raccontò la sua tragedia personale: «Non sono in grado di soccorrere la persona che più amo al mondo». La figlia disabile: «La 180 prevede due soluzioni per chi soffre di mente: o il nulla o il manicomio criminale, riservato a quelli che ammazzano».
Era disperato, Trombadori. E furente coi «fanatici khomeinisti» che secondo lui difendevano l'«intangibilità» della legge: «Io dubito che Franco Basaglia, se fosse ancora vivo, approverebbe il loro operato. Forse direbbe, come già aveva fatto Marx, " Je ne suis pas basaglien "». Questo è il nodo. Nel momento chiave in cui la riforma avrebbe dovuto esser messa in pratica, il «Dottore dei matti» (titolo della biografia di Oreste Pivetta), non c'era più.
Cosa avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto? «Certo non avrebbe accettato che quella svolta fosse tradita», mastica amaro Peppe Dell'Acqua, discepolo e amico: «Lui aveva fatto proposte precise, suggerito soluzioni, indicato percorsi pratici. La stessa chiusura dei manicomi non fu affatto immediata. Di rinvio in rinvio arrivò vent' anni dopo. C'era tutto il tempo per fare le cose per bene. E qua e là sono state anche fatte. Ma dov' era lo Stato? Dov' erano le Regioni?
Dov' erano le aziende sanitarie?» La risposta è nel dossier della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del 2010. Spiegava il presidente, Ignazio Marino: «Se chi è internato in un ospedale psichiatrico giudiziario è lì per essere curato, abbiamo trovato un fallimento totale. In media possiamo calcolare che ciascun paziente abbia contatti con uno psichiatra per meno di un'ora al mese...». Dalla svolta erano già passati trent' anni.
0 notes