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#Vistamare Gallery
pikasus-artenews · 1 year
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ANNA FRANCESCHINI E NANDA VIGO: passeggiate intergalattiche
L’incontro virtuale tra due artiste, di generazioni diverse, per un progetto comune ideato da Anna Franceschini
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sixteensaltines · 3 years
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Text ― Ettore Spalletti
Elogio della normalità. Ettore Spalletti di Giancarlo Politi
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Ettore Spalletti è (stato) uno dei più rigorosi e importanti artisti italiani dagli anni ’70 ad oggi. L’ho conosciuto negli anni ’60, a Pescara, in una mostra collettiva (Ceroli, Alviani, Spalletti, ecc.) nella Galleria L.D. di Lucrezia De Domizio allora ai suoi esordi nell’arte. Ettore era un ragazzo gentile e sottile, apparentemente timidissimo. Nel parlare, quasi balbettava. Poi credo sia diventato un vezzo che lo ha accompagnato per la vita e gli ha procurato molte simpatie. Il suo tono di voce era bassissimo, quasi un sussurro e spesso si faceva fatica a capirlo. Io dovevo avvicinare il mio orecchio alla sua bocca. Allora era uno dei tanti artisti di provincia che tentavano di affacciarsi sulla scena nazionale: divenne amico di Mario Ceroli e Getulio Alviani che credo gli abbiano creato qualche contatto in Italia. Ma il suo supporter principale, direi l’artefice principale del suo affacciarsi sul palcoscenico nazionale, è stato Mario Pieroni, che all’epoca gestiva un importante negozio di tappeti, dove teneva anche alcuni multipli di Ceroli, di Alviani e Pistoletto. Poi aprì una vera e propria galleria ai Bagni Borbonici della città. Un nome un po’ inquietante ma la galleria era bella, spaziosa e luminosa e Mario realizzò splendide mostre, miracolo per la provincia di allora: Mario Merz, Kounellis, Spalletti, ecc. Ma poco dopo, ritenendo un po’ stretta Pescara, e anche perché incontrò Dora Stiefelmeier, che diventerà la donna della sua vita e che tanta importanza ebbe negli sviluppi dei suoi progetti, Mario si trasferì a Roma, aprendo la galleria Mario Pieroni, in pieno centro, in via Panisperna. Ma sempre con un occhio molto attento e amorevole nei confronti di Ettore Spalletti, che portò più volte ad Art Basel, nel suo stand molto minimale e spirituale. E credo che i primi contatti internazionali di Ettore con le gallerie e Istituzioni di altri paesi, avvennero proprio ad Art Basel, nello stand di Mario Pieroni e Dora. Altro grande contributo alla diffusione del lavoro di Ettore lo hanno dato, ognuna nei propri ambiti e senza mai rivaleggiare ben sapendo che lavorare in due è meglio di uno, sua nipote, Benedetta Spalletti proprietaria della galleria Vistamare e la grande Lia Rumma. Di cui un giorno bisognerà raccontare la storia leggendaria, la sua grande intelligenza e determinazione, che da Salerno ha conquistato il mondo. E in silenzio come Ettore Spalletti.
Il grande miracolo di Ettore, credo quasi unico al mondo, è che lui è diventato un artista internazionale senza mai lasciare l’Abruzzo e conducendo una vita normale. Una vita semplice di provincia ma di grande impegno morale. Tra Spoltore e Cappelle sul Tavo, due paesetti ad un tiro di schioppo. La sua formalmente fu una vita normale che mi ricorda l’Uomo senza qualità di Robert Musil, per il suo estranearsi dalla società ed immergersi totalmente nel suo lavoro dentro la società.
Ma Ettore, soprattutto agli inizi, quando era solo un artista che cercava di affacciarsi nel mondo dell’arte, mantenne alcuni contatti fedeli: Kounellis, Ceroli, Alviani, soprattutto. Convinse Kounellis a prendersi uno studio accanto al suo, a Spoltore,
A proposito di Alviani, su cui so tutto, sia Getulio che Ettore mi raccontarono un episodio comico e drammatico (di cui ho già scritto quando entrambi erano in vita e anche Giacinto Di Pietrantonio è a conoscenza: dunque non sto romanzando la vita di nessuno, come qualcuno pensa). Nei tardi anni ’60 o i primissimo ’70 Ettore andò a visitare Getulio nel suo studio a Udine, adiacente alla abitazione di Alviani, dove viveva con la prima moglie. Donna bellissima e straordinaria, ma gelosissima. Angioletta (così si chiama la prima moglie) vide Getulio entrare in studio con una persona, senza capire bene chi fosse. Ma conoscendo suo marito e le sue abitudini, poco dopo si avvicinò alla porta dello studio per capire chi fosse entrato. Non udendo parlare immaginò che Getulio fosse in compagnia di una donna. Tornò di corsa in casa, prese la pistola (probabilmente dell’ex marito militare deceduto) e corse in studio. Inferocita e accecata dalla gelosia aprì la porta e controluce vide una figura sottile che si stagliava nella finestra. Sparò due colpi di pistola contro la famigerata figura, per fortuna senza colpirla. Si trattava di Ettore Spalletti, che parlando come sempre a bassa voce, fece credere ad un appuntamento d’amore all’infuocata moglie di Alviani.
L’Azzurro Spalletti come il Blue Klein
Ma il grande merito di Ettore, che nessuno ha mai sottolineato, è stata la sua testarda volontà imporre il proprio lavoro, restando sempre in Abruzzo, a Spoltore, un villaggio su un cocuzzolo vicino Pescara. Non ho mai conosciuto nessun artista arrivare ad un successo internazionale di tale misura restando nel proprio paesello. Un insegnamento per tutti. Ettore però viaggiava ed aveva amici ed estimatori di alto o altissimo profilo. Viaggi veloci, blitz di lavoro, con attenzione per tutto ciò che lo riguardava ma anche per tutto ciò che era distante da lui. Ma la curiosità per tutto il panorama dell’arte era innata in lui. Ettore riusciva ad esprimere una opinione pacata e acuta su ogni aspetto della creatività. Anche le più nuove e sperimentali. E per quanto riguardava il suo lavoro era di una dedizione e professionalità monacale e maniacale. Non ho mai incontrato artista così legato al proprio lavoro e al suo universo. Minimale e sempre tenuamente azzurro (con qualche breve p’arentesi rosa). L’azzurro Spalletti come il Blue Klein.
Ma non si può giudicare il lavoro di Ettore Spalletti senza averne mai visitato lo studio. Una sua opera. La pià grande opera di scultura e architettura di Ettore. Una perfetta sintonia tra spiritualità azzurra e silenzio monacale. Entrare nel suo studio significava entrare nella Cattedrale della sua arte, fatta di colori tenui e di silenzio. Mi ricordava in grande la Cappella di Matisse a Vance.
Ettore programmava ogni sua mostra significativa in studio: un bozzetto perfetto dello spazio espositivo, museo o galleria, con la miniatura di sue piccole opere. Opere piccolissime che però subito diventavano enormi, perché lo spazio ti risucchiava e tu eri uno sperduto navigante immerso nell’azzurro.
Spero che gli eredi di Ettore vogliano conservare lo studio come una cattedrale, con tutti i progetti di mostre e lo spirito mistico che lo studio sprigionava.
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ilariasperi · 3 years
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Arte Fiera Bologna (2019, 2020, 2022)
Since the 2019 edition, Fantom has been entrusted with the curation of the Photography and Moving Images section of Arte Fiera Bologna, the modern, post-war, and contemporary art fair directed by Simone Menegoi.
This section hosts the work of international artists using photography and video as both expressive languages and focuses of their investigation. The common thread underlying the works is the transversal approach towards these key means of representing reality. Photography and video are presented without limits of genre, technique or content. A major theme is how these media dialogue with other artistic disciplines. Archival material, digital reconstructions, pictorial works, 3-D installations, and unconventional supports are all present in a section that not only looks at what photography and the moving image currently are, but what they are becoming in a continual process of transformation and renewal.
Galleries (2020): aA29 Project Room, Dep Art, Umberto Di Marino, Gallleriapiù, Marco Rossi, Martini&Ronchetti, MC2Gallery, Metronom, Michela Rizzo, Mlz Art Dep, Otto Zoo, Pinksummer, Podbielski Contemporary, Poggiali, Shazar, Spazio Nuovo, Traffic Gallery, Viasaterna, z2o Sara Zanin Gallery.
Galleries (2019): Galleria Bianconi, Cardelli & Fontana, Doppelgaenger, Gallleriapiù, KmØ, La Città Projects, Matèria, Mazzoleni, Mc2gallery, Metronom, Michela Rizzo, P420, Alberto Peola, Podbielski Contemporary, Traffic Gallery, Viasaterna, Vistamare / Vistamare Studio, z2o Sara Zanin Gallery.
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soniaaristo · 6 years
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“CICLI SCELTI dell’opera grafica” at Vistamare, Pescara
“CICLI SCELTI dell’opera grafica” at Vistamare, Pescara
Vistamare is currently presenting an exhibition of works of Alberto Burri’s “CICLI SCELTI dell’opera grafica,” on view through March 15, 2019.According to the gallery’s press release, the exhibition features a selection of pieces from some of the artist’s most important print cycles. Burri’s art returns to Pescara with a rich selection of pieces from seven of his extraordinary print cycles:…
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fotopadova · 7 years
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Artefiera Bologna 2018
di Carlo Maccà
  --- L'ARTEFIERA  di Bologna, l'appuntamento annuale più importante in Italia per chi è interessato alla fascia alta del mercato dell'arte "figurativa" (lato sensu), da qualche anno concede specifica attenzione alla fotografia d'arte, prima ospitando le gallerie specializzate in un settore riservato, quest'anno (12 in tutto) distribuite fra gli altri stand, ma individuate con segnalazioni particolari. I cartelli erano visibili da lontano, ma non hanno evitato alle mie gambe, non più in grado di dilettarsi di maratone e gran fondo, di percorrere in lungo e in largo i due lunghissimi padiglioni che ospitano ARTEFIERA. Due le ragioni: l'una, autori di fotografia vengono presentati da molte gallerie generaliste; l'altra, è troppo facile rendersi conto che la fotografia è diventata per molti artisti un mezzo tecnico indispensabile per realizzare le proprie immagini. Una valutazione approssimata di quello che ho visto direbbe che almeno un terzo degli autori presenti ed attualmente operanti è ricorso in qualche modo alla fotografia. Ed è forse in questo settore che si trova la risposta al quesito: Dove sta andando la fotografia?, più chiaramente che nella fiera riservata al mercato della fotografia, il MIA di Milano, dove entra la fotografia d'avanguardia, ma non quella applicata ad altri fini artistici.
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Figura 1. ©Giacomo Costa: Rovina 13
Il catalogo delle gallerie e degli autori esposti si può consultare sul sito della fiera: http://www.artefiera.it/espositori/catalogobrespositori-2018/5547.html
Quasi sempre ci si trova una sola immagine per autore, e neppure per tutti, se numerosi. Per un' informazione mirata alle opere in mostra è preferibile il sito "aziendale" di ciascuna galleria (per ogni autore citato ne darò il nome) piuttosto che quello personale dell'autore, dove può essere difficile orientarsi .
Già abbiamo notato che la fotografia imperversava al di fuori dei "suoi" 12 stand. Il sito Artribune in un suo post del 4 Febbraio intitolato Il meglio di Arte Fiera Bologna. La top 10 delle opere d’arte che ci sono piaciute di più indicava al 9° posto un'installazione tutta fotografica di Pamela Diamante, al 4° scorci di Giacomo Costa (Guidi&Schoen, GE) su edifici di quartieri urbani che "restituiscono il senso di claustrofobia generato dallo spazio cittadino" (Figura 1), al 3° composizioni fotografiche di Armin Linke (Vistamare, PE) che "combina una vasta gamma di tecniche dell'immagine al fine di esplorare i confini fra finzione e realtà" e, nel caso, fa entrare intenzionalmente nell'opera gli spettatori (Figura 2, ci sono anch'io), ma anche, e troppo potentemente come spesso avviene per le opere sotto vetro, i punti luce.
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 Figura 2. ©Armin Linke
E, per non farci mancar niente, al 2° posto viene classificata una teoria di pannelli in cemento raffiguranti silhouette di  bimbi stanti in pose visibilmente attinte da scatti fotografici (Valerio Berruti, MARCOROSSI ARTECONTEMPORANEA, MI); all'8° posto un video d'una performance dotata come di regola della sua brava dose di sadismo. Nessuna delle  gallerie della sezione PHOTO figura nella selezione di Artribune; una fotografa, Silvia Camporesi ,viene soltanto citata come candidata alla selezione fra le Top 10 (per questa autrice veramente meritevole, che qui esponeva per MLB di Ferrara, la visita al sito privato è d'obbligo).
Fra i fotografi adottati dalle gallerie d'arte della Main Section d'Artefiera si impone per fama e successo mondano il cinese Liu Bolin (Boxart, VR) con immagini della serie Hiden in Italy, nelle quali letteralmente fagocita la propria persona, stante nella posa d'una figura dell'Esercito di terracotta, contro la veduta di monumenti della storia e/o dell'arte, come il Colosseo o la Reggia di Caserta. L'artista, messo a punto il gioco con immagini di protesta politica e sociale in Cina e altrove, ora lo applica per la soddisfazione delle esigenze d'immagine, pubblicità e commercio del gran mondo capitalista (e, legittimamente, delle esigenze proprie). Le opere qui esposte (piuttosto futili per forma e sostanza, a mio parere) si sono presto trasferite, assieme ad un'altra settantina, al complesso del Vittoriano di Roma per l'antologica dell'autore che chiuderà l'1 luglio.
Impossibile esaminare tutte le fogge in cui la fotografia viene usata per comporre opere da  parte di tanti autori, che si qualifichino o meno come fotografi. Peculiare è la Glass Gellage Technique con cui il ceko Michal Macku (presentato da Paci Contemporary (BS) come fotografo/scultore) ottiene le sue immagini tridimensionali (Figure 3 e 4).
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 Figure 3 e 4. ©Michal Macku
In molti altri casi si tratta di combinazioni o fusioni digitali di immagini diverse, con risultati non sempre brillanti come per quelle in cui eccelle Liu Bolin, o quelle che realizza con una certa dose di humor Giuseppe Mastromatteo (29 Arts in Progress, MI) nella serie Indepensense. Ammirando le immagini composite di Alberto Rinella (XXS Aperto al Contemporaneo, PA) che sintetizzano suggestivamente dettagli ambientali urbani (Figura 5) veniva voglia di toccar con dito per capire se "Intersezione analogica su stampe fotografiche" non significhi semplicemente Fotomontaggio, o Collage, o l'uno e l'altro.
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 Figura 5. ©Alberto Rinella
Più esplicito e senza timore di apparire antiquato, Davide Bramante (Fabbrica EOS, MI, main section) dichiara le proprie opere come esposizioni multiple non digitali (Figura 6) E c'è da complimentarsi, oggi che il dichiarare un'opera Fotografia la confina ad un livello commerciale inferiore a quello delle "vere Opere d'Arte". Tanto più che grazie agli smartuffoni siamo tutti fotografi !
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 Figura 6. ©Davide Bramante
Sempre a proposito di opere composite, ad Artefiera ho imparato che per promuovere il fotografo ad Artista basta inquadrare le stampe di ogni scatto in singole cornici e appenderle a parete tutte insieme, vuoi armoniosamente disposte con un ritmo preciso, vuoi  a caso ma in perfetto ordine geometrico. Come per l'opera Kitchen di Marcela Cernadas (Michela Rizzo, VE), che però dai 64 pezzi in catalogo (8x8 pezzi quadrati) nello stand espositivo passava a 36 (6x6) pezzi. Banalità e Kitsch sono due stigmate del Moderno: ma non sempre l'una si sublima nell'altro (come inteso da Gillo Dorfles, recentemente scomparso), e neppure il decorativo si sublima nell'arte.
In altra direzione si muove Edouard Taufenbach (1988, Parigi), che aderisce a quel trend (si può tradurre con andazzo?) di fotografia "sperimentale" consistente nel suddividere l'immagine di un soggetto in multipli scatti e ricomporla mediante collage materiali o digitali. La tecnica ha i suoi maestri: chi ha presente David Hockney? Ma perché parlare, come spesso sento dire per vari epigoni, di "scomposizione cubista" quando questa variava continuamente il punto di vista mentre quelli nemmeno muovono l'obiettivo rispetto al soggetto? ché poi, quando questo è il corpo umano, Jack lo Squartatore sapeva scomporre meglio.
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 Figura 7. ©Marco Maria Zanin.
Quanto ai fotografi che nella modernità si muovono nel flusso della tradizione, le gallerie sia della MAIN SECTION che del settore PHOTO (queste generalmente partecipanti anche al MIA) preferivano presentare autori già affermati in Italia e nel mondo e ben presenti sul nostro mercato. Al di fuori di quelli, nella mia personale classifica dei più degni di nota metto il veneto Marco Maria Zanin (Spazio Nuovo, RM), la cui opera è a mano a mano transitata dalla rarefazione delle nebbie nella bassa padovana alla evocativa finezza strutturale di oggetti inanimati (Figura 7).
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 Figura 8. ©Giuseppe Ripa
L'unico stand, e il più ampio di tutti, riservato alla personale (però adesso si deve dire Solo Show) di un fotografo era quello di Romberg Foto (LT) con la serie Seaside di Giuseppe Ripa, una revisione di qualità professionale d'un tema ormai abusato: rifiuti e rottami (Figura 8).
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 Figura 9. ©Hélène Veilleux, dalla serie 38mo Parallelo Nord.
Cito infine la francese Hélène Veilleux (VISIONQUEST 4ROSSO, GE) che nella serie 38mo Parallelo Nord ha fotografato attraverso un filtro rosato (reale o digitale?) monumenti del regime nord-coreano con i visitatori ad esso allineati, dando al tutto un aspetto smorto e mesto che ne spegne il trionfalismo. Uno dei pochi casi in cui l'alterazione dei valori cromatici (che molti operano in post-produzione con intenti estetici) ha un reale impatto sul significato dell'immagine.
 Non mi rimane che scusarmi cogli autori delle opere che ho rifotografato negli ambienti della Fiera con tutti gli inconvenienti del caso e le conseguenti infedeltà, spero non gravi.
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