Tumgik
#byblos beiteddine deir el qamar jounieh ghazir
cantiereperipli · 5 years
Text
  Un anno fa a Jbeil, in Libano, tra le rovine archeologiche di Byblos, raggiungevo la cima di un torrione dei Crociati e mi affacciavo dai merli, a strapiombo sul mare fenicio, sospeso sulla brezza, sul canto sconfinato di un muezzin e una preghiera armena, sulle onde maestose e scolpite. All’origine del Mediterraneo stesso.
Di fronte a me, sull’orizzonte terso d’oro, le rotte invisibili di legno e anfore si intrecciavano con quelle di legno e persone disperate. Alle mie spalle, i monti dei cedri innevati, la Beqa’, il deserto, la guerra in Siria.
Mi trovavo in Libano per lavoro e ricerca, dove stavo vivendo una delle esperienze più immersive e straordinarie che mi fossero capitate, tra mescolanza, esagerazioni, ricostruzione, conflitto, identità, colori, profughi nelle serre coltivate, banchetti di lusso, spiritualità delle pietre, contraddizioni della modernità.
Scrivere e fotografare sono qui sempre utilizzati come strumenti assolutamente funzionali: da un lato alla ricerca del contatto con la realtà contemporanea e alla rappresentazione di luoghi e durata; dall’altro, alla costruzione di occasioni di dialogo aperto e diretto, a partire da posizioni contrarie all’esotismo, all’accademismo, all’eurocentrismo.
    A un anno di distanza, dunque, pubblico qui una poesia e una selezione di fotografie a corredo e integrazione del reportage/fotoracconto originale, che si trova sul blog del poeta e artista Yves Bergeret a questo link: Retour de Beyrouth (mails de Gianluca Asmundo à Yves Bergeret, janvier-février 2018).
Il testo integrale è pubblicato inoltre sul primo numero della rivista La foce e la sorgente, n.1, marzo-agosto 2018, a cura di Marco Ercolani, Lucetta Frisa e Antonio Devicienti, accompagnato per l’occasione da un raro e caro appunto sul senso della mia scrittura e ricerca in corso.
Condivido infine una nota del poeta e scrittore Antonio Devicienti: Giovanni Asmundo, Yves Bergeret, il ritorno da Beirut.
La mia gratitudine nei loro confronti e per i commenti dei lettori, nonché naturalmente per di tutti coloro che hanno arricchito culturalmente e umanamente la permanenza in Libano.
***
A. traghetta gli uomini attraverso le acque / lungo autostrade ridenti, morse dal mare / oltre la valle delle rovine / stende per noi gli affreschi di chiese serrate / sgrana racconti di guerre, zibibbo e scultori / sotto il diluvio, orgoglioso di santi e miracoli / chiede per noi una zuppa ospitale. / Il vento è tempesta di Dio / sui monti dei pini.
(da Trittico libanese. II – inedito)
***
      This slideshow requires JavaScript.
(Articolo e foto di G. Asmundo)
  185 // Album Libano. Scrivere, fotografare, dialogare Un anno fa a Jbeil, in Libano, tra le rovine archeologiche di Byblos, raggiungevo la cima di un torrione dei Crociati e mi affacciavo dai merli, a strapiombo sul mare fenicio, sospeso sulla brezza, sul canto sconfinato di un muezzin e una preghiera armena, sulle onde maestose e scolpite.
0 notes