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vaporeon2010317 · 1 year ago
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Hey, there! I'm Vaporeon2010. I role-play, create stories and artsy stuff, and try to have fun here on Tumblr. This is my main blog, which has a mix of everything I like to do here. Hopefully, you enjoy what I post! All my role-play characters here on Tumblr under the cut.
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nathanmya · 7 years ago
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Non è cambiare non è neanche scegliere,e’ solo provare..senza sacrificare nulla,provare per vedere se veramente qualcuno e’ importante per te..CIT c.c.
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dirittodellaconcorrenza · 7 years ago
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Corte di Cassazione 6274/2016
SENTENZA sul ricorso proposto da: GIOVANNETTI Graziano, titolare della ditta individuale G.E G. ITALIA di GIOVANNETTI GRAZIANO, rappresentato e difeso, per procura a rogito del notaio dott. Vincenzo Bafunno rep. n. 50075 del 22 marzo 2007, dall'avv. prof. Giuseppe Sena, dall'avv. Paola Tarchini e dall'avv. Elisabetta Berti Arnoaldi Veli ed elett.te dom.to presso lo studio dell'avv. Francesco Samperi in 2013 Roma, Via Ennio Quirino Visconti n. 90 21. (352. - ricorrente - contro GIOVANNETTI cav. Benito e GIOVANNETTI COLLEZIONI D'ARREDAMENTO s.r.1., in persona dell'amministratore unico sig.ra Lorena Lucarelli, rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del controricorso, dagli avv.ti Graziano Brogi, Laura Pallini, Alfredo Calistri ed Ermanno Prastaro ed elett.te dom.ti presso lo studio di questìultimo in Roma, Via Chinotto n. 1 - controricorrenti - avverso la sentenza n. 1813/06 della Corte d'appello di Firenze n. 168 depositata il 5 febbraio 2007; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 dicembre 2013 dal Consigliere dott. Carlo DE CHIARA; uditi per la ricorrente gli avv.ti Giuseppe SENA ed E- lisabetta BERTI ARNOALDI VELI; udito per la controricorrente l'avv. Ermanno PRASTARO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Ge- nerale dott. Sergio DEL CORE, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il cav. Benito Giovannetti, titolare della ditta individuale Giovannetti Arredamenti, e la Giovannetti Collezioni d'Arredamento s.r.1., rispettivamente pro- prietario e usufruttuaria del marchio registrato ita- 2 liano "Giovannetti", convennero davanti al Tribunale di Pistoia, nel marzo 2000, il sig. Graziano Giovannetti, fratello di Benito e titolare della ditta G. e G. Ita- lia di Giovannetti Graziano, cui addebitavano la con- traffazione del marchio e la conseguente concorrenza sleale. Il Tribunale respinse la domanda, ma la Corte di Firenze ha accolto l'appello degli attori. Ammessa la produzione di nuovi documenti in sede di gravame sia perché, in parte, riguardanti fatti successivi alla conclusione del giudizio di primo grado, sia perché ri- tenuti tutti comunque indispensabili ai fini del deci- dere, la Corte ha accertato che l'uso del patronimico "Giovannetti" da parte dell'appellato avveniva in fun- zione distintiva e non meramente descrittiva, e perciò in violazione dei principi di correttezza professiona- le; conseguentemente ha disposto, a carico dell'appellato, l'inibitoria dell'uso del marchio "Gio- vannetti", sia come marchio di fatto che come ditta, e la condanna al risarcimento del danno, liquidato in C 41.316,55, oltre alla pubblicazione del dispositivo della sentenza su due quotidiani e un periodico. Il sig. Graziano Giovannetti ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi di censura. Il cav. Benito Giovannetti e la Giovannetti Collezioni 3 d'Arredamento s.r.l. hanno resistito con controricorso. Sia il ricorrente che i controricorrenti hanno anche presentato memorie. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 2, e 21, comma l, c.p.i. (codice della proprietà indu- striale), si sostiene che il titolare (nella specie le parti controricorrenti) di un marchio costituito da un nome patronimico non può impedire a un terzo (nella specie il ricorrente), sotto il profilo della contraf- fazione del marchio, l'adozione e l'uso del proprio no- me, coincidente con il marchio, anche in funzione di- stintiva e cioè come ditta, marchio o insegna. 2. - Il secondo motivo, con cui si denuncia viola- zione e falsa applicazione dell'art. 2598 c.c. e vizio di motivazione, contiene i seguenti rilievi: a) premessa la liceità, ai sensi degli artt. 8, comma 2, e 21, comma l, c.p.i., citt., dell'adozione e dell'uso del proprio nome come ditta e nell'attività economica pur in presenza di un marchio di cui un terzo (nella specie le parti controricorrenti) sia titolare, si sostiene tale uso (nella specie da parte del ricor- rente) è di per sé lecito sotto il profilo, appunto, del divieto di concorrenza sleale di cui al richiamato 4 art. 2598 c.c., la violazione del quale dev'essere co- munque esclusa nel caso di aggiunta al nome di elementi di differenziazione; b) si lamenta che la Corte d'appello abbia omesso di considerare analiticamente e di motivare le pro- prie conclusioni circa gli elementi di differenziazione introdotti dal ricorrente nella ditta e nell'uso del nome patronimico, tenendo conto del diritto del titola- re di quest'ultimo di farne uso come ditta e nell'attività economica. 3. - Detti motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, non possono trovare accoglimento. Nel vigore della legge marchi (T.U. delle disposi- zioni legislative in materia di marchi registrati ap- provato con r.d. 21 giugno 1942, n. 929), questa Corte aveva chiarito che ai sensi dell'art. l bis di tale legge (aggiunto dall'art. 2 d.lgs. 4 dicembre 1992 n. 480), l'utilizzazione commerciale del nome patronimico dev'essere conforme ai principi della correttezza pro- fessionale e, quindi, non può avvenire in funzione di marchio, cioè distintiva, ma solo descrittiva (Cass. 29879/2011, 15096/2005, 6424/2003). L'art. 8, comma 2, c.p.i. prevede che In ogni caso, la registrazione [come marchio: n.d.r.] non impe- dirà a chi abbia diritto al nome di farne uso nella 5 ditta da lui prescelta, sussistendo i presupposti di cui all'art. 21, comma l", il quale a sua volta prevede (nel testo come da ultimo sostituito dall'art. 13 d.lgs. 13 agosto 2010, n. 131) che "I diritti di mar- chio d'impresa registrato non permettono al titolare di vietare ai terzi l'uso nell'attività economica, purché l'uso sia conforme al principi della correttezza pro- fessionale: a) del loro nome e indirizzo...". Ad avviso della ricorrente, essendo state elimina- te, nel testo dell'art. 21, comma 1, cit., le parole "e quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva", che figuravano invece nel testo del pre- vigente art. l bis 1.m. dopo il riferimento ai "princi- pi di correttezza professionale", non sussisterebbe più il divieto di uso in funzione di marchio del proprio patronimico corrispondente al marchio già registrato da altri. Questa tesi, però, non può essere accolta, atte- so che siffatto uso altro non è che una specifica ipo- tesi - in precedenza espressamente prevista, non a caso preceduta dalla conclusiva "quindi" - di violazione dei principi di correttezza professionale; onde la mancanza della sua espressa previsione nel nuovo testo nulla to- glie all'estensione della norma, che continua a com- prendere anche detta ipotesi. 6 Quanto sin qui osservato vale a dare conto dell'infondatezza del primo motivo e del rilievo sub a) contenuto nel secondo. Il rilievo sub b) di quest'ultimo è invece inam- missibile. Ad avviso del ricorrente, infatti, sarebbe pacifico in causa che egli abbia accompagnato l'uso del segno "Giovannetti" con importanti elementi di diffe- renziazione quali il proprio prenome "Graziano" e il segno "G.E.G. Italia". Sennonché dalla sentenza impuga- ta risulta invece che l'appellato, attuale ricorrente, usava il solo cognome "Giovannetti", non acccompagnato da alcun nome, e che utilizzava il medesimo cognome quale insegna del suo esercizio commerciale senza alcu- na opportuna differenziazione grafica od aggiunta atta a distinguerla dal marchio di controparte. Questi ac- certamenti di fatto non possono essere contestati dal ricorrente semplicemente affermando che, al contrario, l'uso dei segni di differenziazione era pacifico in causa; occorreva piuttosto articolare sul punto una i- donea censura di vizio di motivazione, che però è del tutto mancata. 4. - Con il terzo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 c.c. e vizio di mo- tivazione. Vengono posti, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. (nella specie applicabile risalendo la sentenza 7 impugnata ad epoca anteriore all'entrata in vigore del- la 1. 18 giugno 2009, n. 69, che l'ha abrogato) un que- sito di diritto e una sintesi del vizio di motivazione che è bene riportare testualmente. Il quesito di diritto è se nel caso di utiliz- zazione come segno distintivo di un nome ritenuto con- fondibile col marchio appartenente ad altri, debbano distinguersi nell'applicazione dell'art. 2598 c.c. la questione relativa all'uso del nome da altre fattispe- cie eventualmente qualificabili come concorrenzialmente scorrette. E ciò in relazione al diverso contenuto dell'inibitoria e del risarcimento che potrano essere disposti dalla sentenza'. La sintesi della censura alla motivazione è che la Corte d'appello "ha omesso di motivare la propria deci- sione distinguendo la fattispecie correlata all'utilizzazione del nome patronimico confondibile con il marchio registrato dalle altre fattispecie, senza procedere ad una analitica motivazione'. 5. - Il motivo è inammissibile perché non è dato comprendere il senso delle censure. Il quale non viene messo a fuoco neppure dalla breve illustrazione che precede i quesiti sopra trascritti, considerato anche che il ricorso non contiene una adeguata narrativa né 8 dei fatti di causa né della motivazione della sentenza impugnata. 6. - Anche il quarto motivo di ricorso, con cui, denunciando violazione dell'art. 345 c.p.c. e vizio di motivazione, si censura l'ammissione della produzione di nuovi documenti in appello, è inammissibile. La cen- sura è infatti generica, non essendo precisato quali siano i documenti inammissibilmente prodotti e il loro contenuto, senza di che questa Corte non è in condizio- ne di valutare la decisività della censura stessa. 7. - Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna del ricorrente alle spese processuali liquida- te come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorren- te alle spese processuali, liquidate in e 8.200,00, di cui C 8.000,00 per compensi di avvocato, oltre accesso- ri di legge. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 dicembre 2013.
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