Tumgik
#come togliere il grasso alle cosce
luigifurone · 7 months
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22. (Stryx)
il freddo sulle spalle tre dita dentro fino alle cosce giù dentro ai vestiti. il fuoco appena davanti. il freddo, il gelo, scuro, come un abbraccio sulla schiena, sulla testa. un bel cappuccio di pelliccia, ma per il resto stoffa su stoffa, panno su panno. sì, come i giorni. un giorno che dura un giorno, uno che dura un mese e giorni e giorni passati come una parola. stracci colorati, che odorano di pelle, di animali chiusi senza grazia. anche il fuoco, senza meraviglia. uguale, torto e ritorto. una zecca schiacciata, neanche una goccia intera di sangue. strega. strega. in una grotta di sterpi secchi, sterpi secchi per amici. vuota come una zecca schiacciata. maledetti. non mi resta nemmeno una goccia di sangue, da bere. non è ancora la morte. la notte è alta fuori, così alta. e gli altri schifosi piccoli insetti, a crepare nel loro grasso, candele, case e bambini a cuocere, pronti ad essere mangiati.
la strega s’era seduta davanti al fuoco. il freddo la copriva come una condanna, come la notte copriva il suo rifugio. si sentiva una zecca schiacciata, una bolla di pelle, disperata, a cercare l’ultima traccia di sangue per togliere un attimo alla morte sicura. già. era triste starsene seduta in quel gelo, quel gelo che impregnava il fondo dello stomaco, starsene seduta mentre i pensieri andavano al paese vicino, dove c’erano luci dietro alle finestre, c’erano finestre. era strano. invece che odiarlo ce l’aveva sempre davanti agli occhi, assieme ad una culla con una coperta chiara e lenzuola che sapevano di bucato fresco, sempre lì a darle il tormento. poi nella visione si sollevavano due ali nere, si facevano enormi, dentro si schiudeva una figura ancora più oscura, che non si riusciva a toccare e che sapeva di lieta rovina.
le arance in offerta oggi c’è riso ancora un kilo e poi e poi non mi ricordo più. alle cinque palestra ah è vero c’è il catechismo forse oggi no sara mi aveva detto che. carciofi zucchine arachidi confezione di lusso confezione discount tisane. offerte. belli, gli stivali, guarda com’è fatta e lui e lui e a lui piacciono quei culi così. lui. dunque cosa aveva detto l’altro giorno? non mi ricordo più, mi ha fatto incazzare e perché gli altri giorni, invece? moda passerelle modelle, offerte saldi. inverno primavera estate vacanze poi riprendere. riposarsi lavorare. quella stronza. l’odore dell’acqua marcia dei fiori vicino alle casse. la macchina andare.
dal parcheggio del supermercato a casa sua c’era un quarto d’ora di strada. i movimenti del suo corpo erano del tutto automatici. si svegliò perché fu attratta dalle braccia di un operaio che stava potando una pianta. ricordava la pianta, i fiori sbocciavano direttamente dai rami. le venne da pensare che non avrebbe visto i fiori e poi i rami secchi buttati sul marciapiede e poi a lei che se ne andava e presto sarebbe stata a casa e avrebbe acceso la fiammella azzurrognola del fornello e le venne da piangere. come se qualcosa coprisse tutto con un mantello grigio, appena per nascondere quell’altro, quello che teneva tutti chiusi, a muoversi o star fermi, come serpenti che non trovino l’uscita.
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burattinai · 2 years
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Racconto i disordini alimentari di mia madre (ed i miei)
Mia madre ha da sempre sofferto di disordini alimentari. Parlo di disordini e non di problemi, perché nulla le è mai stato diagnosticato, perché mai ha provato a farsi aiutare da qualcuno e mai è riuscita ad ammetterlo.
Non si può dire con certezza cosa abbia indotto in lei questi meccanismi autodistruttivi, ma lo si può facilmente immaginare. 
Mia madre appartiene ad una di quelle generazioni passate in cui dei problemi individuali o dei problemi psicologici non si parla. Aimè, sono sfortune oppure non sono veri problemi, ma capricci di persone poco “concrete”. 
Così, si finisce a trascorrere un’intera esistenza nella negazione e nell’odio verso il proprio corpo e verso le proprie inutili paranoie. 
Col tempo, arrivano gli anni in cui si è troppo grandi ormai per accettare consigli o prediche, ormai ci si è come abituati alla propria malattia e si crede perfino di non poter più viverne senza. Ma nessuno si salva da solo. 
Mia madre, da ragazza, non era grassa. Non era neppure giunonica. Era piuttosto bassa, con cosce rotonde e polpacci sodi. Un seno grosso, che nessuna di noi sorelle ha poi ripreso. 
In casa le dicevano che lei era “grossotta”, che prendeva facilmente peso rispetto alla sorella. I vecchi, come mia nonna, non davano peso alle parole, si pensava che quelli non fossero problemi. 
Nella sua testa si era istaurato uno strano meccanismo per cui mangiare voleva dire ingrassare, il cibo era soltanto grasso, mai piacere e lei era nata sfortunata, con un fisico che tratteneva tutto.
Col tempo ha iniziato a togliere sempre più alimenti dalla sua vita: la carne, il pane, la pasta, il cioccolato, l’olio. Questi, nella sua mente disordinata, sono gli alimenti “cattivi”. 
Lei appartiene anche a quella generazione che per prima ha schedato gli alimenti come “buoni” o “cattivi”, come “magri” o come “grassi”. 
Quando io e mia sorella eravamo piccole ci portava con lei alle conferenze sulla dieta “Dukan” e tante altre di cui neanche ricordo il nome. Ci diceva di mangiare lentamente per non ingrassare, nell’età in cui non si pensa ancora a queste cose.
Qualche anno fa trovai un suo diario in cui appuntava cose durante la giornata, e fu lì che iniziai a capire realmente i suoi problemi col cibo. Paure, sensi di colpa, rabbia, rigetto. Giornate intere passate a pensare al cibo, come fosse un nemico instancabile. 
Delle tre figlie, io sono quella che ha sofferto di più della sua malattia. Su di me, ha trovato da subito una valvola di sfogo, una via di fuga o forse una persona con cui dividere il dolore. 
Mi diceva che ero come lei, che non potevo mangiare come le altre, che certi alimenti non potevo proprio mangiarli io, perché ero grassa. Che se non fossi dimagrita non avrei mai trovato qualcuno nella mia vita o un lavoro. Ero solo una bambina.
Un 25 dicembre, avevo circa nove anni, ero seduta sulle gambe di qualcuno a cui era toccata la sventura di travestirsi da Babbo Natale. Mentre prendevo i miei regali, lei si scusò con lui perché ero troppo pesante. Mi chiusi in camera a piangere per ore. 
Da piccola, le credevo, come si crede a un genitore: ciecamente. Poi, col tempo, ho iniziato ad odiarla, a maledirla.
Mi vergognavo di farmi vedere nuda da lei, che mi guardava cogli occhi folli di chi non riesce a controllare i pensieri malati nemmeno contro i figli. 
Mi stavo ammalando, esattamente come lei alla mia età. Allo specchio mi vedevo grassa e brutta. Mi abbuffavo di nascosto, mentre davanti a lei fingevo di non mangiare per non sentire il peso dei rimproveri. 
Odiavo quando nei giorni “più lucidi” mi diceva che stavo meglio, ero dimagrita e mi baciava la guancia soddisfatta. Mi venina il vomito e volevo solo urlare o svenire o sparire. 
Non sopportavo quell’odio che provavo verso mia madre. Volevo solo che lei guarisse. Per me, l’unica guarigione era la sua guarigione. Quel legame con la me bambina mi diceva “se lei ce la fa, ce la farai anche tu”. 
Delle tre, io sono quella che ha sofferto di più perché, se una parte di me la odiava, un'altra continuava a vederla come la cosa più simile a me. 
Adesso ho quasi 23 anni, non sono ancora guarita, ma so lucidamente di avere un problema col cibo. Non amo il mio corpo e non mi voglio bene, ma ci sto lavorando e sto ricostruendo non uno, ma due passati, per guarire.
Mia madre non guarirà mai. Dentro di me temo che, se non morirà con la sua malattia, morirà della sua malattia. 
Io non voglio diventare così. 
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levysoft · 6 years
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Duecentocinquanta euro al kg, che moltiplicati per 8 fanno 2.000 cucuzze. È questo il prezzo di uno Jamon Pata Negra Albarragena, l’ex prosciutto spagnolo più caro al mondo, appena superato dall’andaluso Dehesa Maladua.
State buoni, non ho finito coi numeri.
La produzione annuale conta solo 100 unità, i 50 maiali selezionati dall’esperto Manuel Maldonado, proprietario della leggendaria azienda situata in Extremadura, grufolano per due anni in un campo compreso tra i 6 e i 10 ettari per unità, cibandosi esclusivamente di ghiande di leccio, sughero e rovere.
Aggiungete alla conta un affinamento di 48 mesi e avrete una zampa di maiale stagionata che costa quanto uno stipendio.
Tutti soldi ben spesi, mangiare quel prosciutto è un’esperienza che ti segna, e poi lo sanno tutti che gli spagnoli fanno prosciutti più buoni dei nostri, non c’è Sardo o Cinta che tenga.
Pausa.
A questo punto del post, azzardando con l’insiemistica, vi sarete senz’altro divisi in tre gruppi:
1. Quelli che il prosciutto italiano è superiore, e costa pure di meno 2. Quelli che il Pata Negra lo mangiano a colazione, con una grattatina di tartufo bianco 3. Quelli che il Pata Negra non l’hanno mai assaggiato, e vorrebbero saperne di più
Pata negra: è giusto chiamarlo così?
Iniziamo dalle basi: il nomignolo “Pata Negra”, letteralmente “unghia nera”, stava a differenziare i prosciutti di porcelli spagnoli con gli zoccoli scuri. Vuol dire tutto e niente, non ha valore semantico dal punto di vista normativo.
Non tutti i maiali iberici hanno l’unghia nera né l’unghia nera è un’esclusività di questa razza, sono altre le caratteristiche che distinguono un prosciutto spagnolo di qualità, e sono tutte racchiuse in un decreto emanato nel 2014 dal Ministero spagnolo dell’Agricoltura.
Questo non è il Vietnam, ci sono delle regole [cit.]
La legge del 2014
Ci hanno provato in tutti i modi: zoccoli di prosciutti scadenti dipinti di nero, unghie bruciacchiate e un po’ di make-up per far passare prodotti mediocri per merce eccellente e costosa.
A tutelare produttori e consumatori ci pensa un decreto, alleluja, che riconosce solo tre tipi di denominazioni di prosciutto iberico, tutte stabilite in base al tipo di alimentazione dei maiali durante la fase di ingrasso:
Prosciutto Iberico De Cebo, alimentato con mangimi a base di cereali e leguminose Prosciutto Iberico De Cebo De Campo, allevato a regime semibrado e combinato di mangimi, foraggi e risorse campestri Prosciutto Iberico De Bellota: durante la Montanera, il periodo che va da ottobre a dicembre, il maiale vive allo stato brado e si ciba esclusivamente di ghiande di leccio, sughero o rovere.
Un altro fattore cardine per la classificazione del prosciutto iberico è il grado di purezza della razza, vale a dire la percentuale di geni iberici presenti nel maiale.
Il prosciutto 100% Iberico è quello realizzato macellando animali di pura genetica iberica. Ciò significa che i due progenitori, padre e madre, dovranno essere 100% iberici e figurare nel libro genealogico ufficiale.
Soltanto “Iberico” è invece il prosciutto ricavato da animali con almeno il 50% del loro patrimonio genetico di razza pura. Le madri dovranno essere sempre 100% iberiche, ma i padri potranno essere di razza duroc o incrociati iberico-duroc.
Questa classificazione rimanda al nuovo sistema di individuazione mediante sigilli in plastica e divisi per colore.
Quello bianco indica che il maiale è iberico De Cebo, ma con una percentuale di razza iberica del 50 o del 70%, che deve essere sempre indicata sull’etichetta.
Il sigillo verde viene utilizzato per identificare prosciutti iberici De Cebo De Campo, mentre il rosso indica che l’animale è stato alimentato nei pascoli durante la fase di ingrasso, è di razza iberica (al 50% o 75 %) e si è cibato di sole ghiande.
Il sigillo nero è riservato ai prosciutti migliori, i Pata Negra veri, ricavati da maiali 100% iberici puri e alimentati esclusivamente con ghiande.
La Dehesa
È un vocabolo intraducibile, “el bosque humanizado”, così lo chiamano in Spagna.
La Dehesa era un terreno boschivo inadatto alla coltivazione, grazie all’intervento selettivo dell’uomo e alla puntellatura di alberi di quercia, si è trasformata nel pascolo ideale, un Eden dispensatore di frutti zuccherini e saporiti: le ghiande, in spagnolo bellotas.
Durante il periodo della Montanera, che corrisponde agli ultimi mesi dell’anno, i maiali fanno il pieno di erbe e acido oleico, la stessa sostanza presente nelle olive. Il gusto si insinua lentamente nel grasso degli animali, al punto che gli spagnoli chiamano i maiali iberici “olive con le zampe”.
Il consumo del maiale varia in funzione del suo peso, mediamente si considerano da 6 ai 10 kg al giorno per animale, oltre a circa 3 kg d’erba e erbette aromatiche, come il timo ed il rosmarino.
Produzione e stagionatura
Il “porco di razza Alentejana” è un siluro di grasso su gambe sottili.
La Denominazione di Origine conta 4 regioni: a nord, la Salamanca e la città di Guijuelo, a est la provincia di Huelva e in particolare la città di Jabugo. Valle de Los Pedrochas è denominazione meno conosciuta, il viaggio termina ai confini con l’Andalusìa, nella regione dell‘Extremadura, dove la lavorazione dei prodotti iberici è particolarmente estesa (quasi un milione d’ettari di dehesa per 1500 allevamenti).
Le principali zone di trasfomazione si ritrovano sulle sierra del sud ovest di Badajoz, Ibor e Villuercas, Gredos Sur, Sierra de Montánchez e Sierra de San Pedro.
Il processo di elaborazione delle carni avviene in 4 fasi:
Salatura e lavaggio
Dopo la macellazione, i prosciutti vengono ricoperti di sale marino per una settimana o dieci giorni, a seconda del peso. La temperatura di stazionamento può oscillare tra 1º e 5ºC, l’ umidità all’ 80 o 90%.
Trascorso questo tempo, i prosciutti vengono lavati con acqua tiepida, per eliminare ogni traccia di sale.
Riposo
Le cosce lavate trascorrono dai 30 ai 60 giorni ad una temperatura che oscilla tra i 3º ed i 6º, in questa fase il sale si distribuisce in maniera uniforme, innescando il  delicato processo disidratazione e conservazione.
Essiccatura e maturazione
I pezzi vengono trasferiti in un essiccatoio naturale nel quale l’umidità e la temperatura sono controllati tramite meccanismi di ventilazione manuali. La temperatura oscilla tra i 15º ed i 30º, durante i 6 – 9 mesi successivi il prosciutto continua a disidratarsi e trasudare, diffondendo il grasso tra le fibre muscolari.
Invecchiamento
I prosciutti trascorrono dai 6 ai 30 mesi in cantina, la bodega. La temperatura può oscillare tra i 10º ed i 20ºC, e l’umidità relativa si attesta tra il 60 e l’80%.
In questa fase l’attività della flora microbica si aggiunge ai processi biochimici iniziati durante la stagionatura, processi che conferiranno l’aroma peculiare e il sapore finale del prosciutto.
Lo specialista vero, impara a tagliarlo da sé, o alla peggio lascia fare alla mano esperta del Cortador, il tagliatore di prosciutto.
E gode dell’estetica codificata di certi gesti tentando di rubarne i segreti.
E poi, diciamo la verità, il taglio a macchina è roba da pivelli, in più produce frizione e riscaldamento, tutte cose che rovinano l’aspetto e le fette di prosciutto risultanti.
Importante: il prosciutto deve essere consumato a temperatura ambiente, preferibilmente intorno ai 21°. Soltanto a questa temperatura potrete scorgere il brillìo del grasso naturale, quando il prosciutto è freddo risulta opaco e perde punti-fascino.
I più volenterosi possono porzionare il prosciutto con le proprie manine, seguendo questa procedura:
1. Collocare il prosciutto
Il porta prosciutto deve essere collocato ad un’altezza e in una posizione che agevoli il taglio, senza forzare i movimenti né la posizione del corpo.
Se pensate di consumare tutto il prosciutto in poco tempo, ingordi che non siete altro, iniziate ad affettarlo dalla parte centrale, anche detta fiocco (maza).
Se invece volete prolungare il piacere per più di 2 giorni, cominciate ad affettare il prosciutto dalla zona del cosciotto (Babilla).
2. Pulire il prosciutto
Nell’ordine: togliere la cotenna e il grasso esterno che ricoprono questa zona, insistere sino a quando appare la fibra muscolare.
La parte esterna del prosciutto è ricoperta di muffe ed essudati naturali, frutto del processo di asciugatura e stagionatura, tutte impurità e nefandezze che devono essere eliminate dal contorno della zona di taglio, rischio retrogusto di rancido durante l’assaggio.
3. Affettare
Tagliare il prosciutto a fettine molto sottili, quasi trasparenti, rispettando la larghezza del prosciutto e non superando i 6/7 cm di lunghezza. Man mano che si taglia, rimuovere dai bordi la cotenna ed il grasso esterno.
I tagli saranno sempre paralleli tra loro e in direzione contraria all’unghia, lasciate sempre alla vista una superficie piana, senza striature.
Arrivati all’osso dell’anchetta, fate un taglio profondo intorno all’osso in modo che le fette vengano fuori belle pulite.
La carne più vicina alle ossa non va affettata, ma tagliata a dadini: potrete usare i preziosi cubetti nella preparazione di brodi e stracotti.
Quando avrete divorato la parte del fiocco, girate il prosciutto, rivolgendo l’unghia verso il basso. Disponete le fette in un piatto, in un unico strato o leggermente sovrapposte.
La degustazione
Esame visivo Il prosciutto spagnolo dei sogni ha una forma allungata, lo zoccolo nero o scuro, le ossa abbastanza sottili, il tutto ricoperto da un velo sottile di muffe.
Eliminata la cotenna, si può intravedere un primo strato di grasso giallognolo, e man mano che l’atmosfera si scalda e si inizia a preparare il pezzo per l’affettatura, si può osservare una bella quantità di grasso bianco attaccato ai muscoli, sviluppatosi durante il periodo di Montanera.
Se il tono di questo grasso vira sul rosa significa che abbiamo un gran cu.., ahemfortuna, e ci troviamo di fronte ad un prosciutto di quelli da incorniciare.
Anche il magro dice la sua: nelle zone meno stagionate e a temperatura ambiente, un buon prosciutto ha un colore rosso o rosa intenso,  brillante per l’effetto del grasso intramuscolare, e ricoperto da tutta una mirabolante serie di amminoacidi cristallizzati.
Aroma
Tutto dipende dall’alimentazione dei maiali in regime di montanera e dal tempo e le condizioni ambientali durante la stagionatura. Anche il punto di sale ricopre una parte importante, quando è equilibrato asseconda la percezione di tutte le sfumature profumate.
Consistenza
Gli elementi da valutare sono tre.
La succosità, prodotta per effetto combinato del grasso e di un contenuto equilibrato di sale.
La secchezza, che tende ad aumentare se il pezzo è stato esposto a un periodo di maturazione eccessivo e, in tutti i prosciutti, si concentra nella parte più superficiale.
La quantità di fibra contenuta nel prosciutto: se il prosciutto è buono, avrà meno contenuto fibroso e più grasso fluido.
Gusto
Finalmente si mangia.
Assaporando la fibra tenera ed untuosa, scioglievole come nessun prosciutto al mondo potrà essere, coglierete note stagionate che ricordano le erbe selvatiche, il fungo, il tartufo, che aumentano di intensità e complessità a seconda della stagionatura.
Oppure mangerete senza percepire nessuna di queste cose, chissenefrega dei sentori, l’importante è godere.
I voti
Ghianda: quando a temperatura ambiente si può percepire il sapore di ghianda nelle fette di prosciutto.
Salato: positivo solo quando è equilibrato
Dolce: una sfumatura tipica dei prosciutti spagnoli sottoposti a lunghi periodi di stagionatura in cantina, seguendo i metodi tradizionali
Piccante: dev’essere moderato, non invasivo. Di solito il piccante segnala un’ accelerazione anomala nel processo di stagionatura.
Rancido, che in misura molto ridotta, udite udite,  può essere considerato, positivo e interessante.
Tra le note gustative “positive” si registrano anche: il sapore di zucchero bruciato, quello di cantina e di frutta secca (ghiande, noci e nocciole)
LA CLASSIFICA
1. Carrasco Guijuelo – 59 € /Kg
La più famosa delle aziende produttrici di Guijuelo, una delle cinque Denominazioni d’Origine.
La famiglia Carrasco alleva da quattro generazioni maiali neri di razza pura, nei pascoli di Salamanca e Estremadura.
Fibra tenace e texture succosa, il Jamon Carrasco Guijuelo vibra di un colore tra il rosa ed il rosso porpora, brillante al taglio e cesellato da infiltrazioni di grasso ben distribuite.
2. Sierra de Sevilla – 42 € /Kg
Miglior prosciutto iberico del 2015 secondo la testata spagnola ABC.
Con una piccola produzione di circa 14.000 maiali iberici puri, questa azienda produce a Siviglia, più precisamente sui monti a nord della provincia, una sparuta selezione di prosciutti leggendari, dal sapore persistente, intenso, ingentilito sul finale da una sottile nota zuccherina.
3. Maldonado Gran Reserva DOC Extremadura – 64 €/Kg
Tecniche ancestrali e 48 mesi di stagionatura per un prosciutto pluridecorato, leggermente dolce e dall’aroma intenso.
I maiali grufolano felici nei querceti della provincia di Caceres e Badajoz (Extremadura), habitat eccezionale per una produzione riservata a pochi e fortunati eletti.
4. Don Augustin Etichetta Oro Summum Guijuelo – 54 €/Kg
Qualità in vetta e produzione centellinata, la parte magra di questo jamon è corposa e densa, burrosa la parte grassa in cui affondano senza sforzo le dita.
La carne ha un colore brillante, magnifica la marezzatura dalla tinta color avorio. L’aroma è persistente quanto il sapore, segnato dal gusto di nocciole tostate e ghiande lievemente affumicate.
5. El Zancao – 39 €/Kg
Jamon ricavato da maiali allevati in Montanera nella riserva naturale di Arribes del Duero (Salamanca).
I prosciutti e le paletas (zampe anteriori) prodotti ogni anno sono solo 500, la stagionatura dura 36 mesi.
6. Ibesa Los Pedroches – 58 €/Kg
Prendete il verde della Valle de Los Pedroches, a Villanueva de Cordoba, aggiungete maiali di pura razza iberica, il clima giusto e una microflora unica. Lasciate stagionare per almeno 24 mesi e otterrete uno Jamon Iberico de Bellota buono come pochi.
7. Señorio de Montanera – 56 €/Kg
Recuperate mappa e pennarello, individuate il confine tra Portogallo e Spagna e cerchiate la cittadina di Burguillos del Cerro.
È qui che Felipe Perez Corcho, fondatore della cooperativa Señorio de Montanera insieme ad altri 72 allevatori, produce dal 1992 uno dei migliori jamon de bellota di tutta la Penisola Iberica.
8. 5 Jotas Gran Reserva – 65 €/Kg
Il “5 J” è probabilmente il prosciutto iberico più noto, Sánchez Romero Carvajal è stato un pioniere della produzione di jamon iberico puro, responsabile principale della fama del prosciutto DO di Jabugo.
Allevare maiali 100% iberici rende meno e costa di più, ma i sacrifici vengono ripagati da un gusto intenso e persistente, che ricorda quello dei prosciutti di Huelva.
9. Jabugo Sierra Mayor 10 Vetas – 51 €/Kg
Altro prosciutto del Consorzio di Jabugo, prodotto nella località Sierra de Huelva, Andalusìa.
I prosciutti, a seconda del peso, hanno una stagionatura tra i 26 e i 40 mesi, il grasso brilla di luce propria e la carne si tinge di rosa con sprazzi di bordeaux.
10. Joselito Gran Reserva – 76,90 €/Kg
Grugno rosso su fondo nero, il logo di Joselito è il più conosciuto tra i marchi di prosciutto iberico.
Jamon di stazza considerevole, con più grasso interno ed esterno, poco salato e stagionato a lungo: 24, 30 o 96 mesi (edizione Vintage / 3000 euro al pezzo).
È il prosciutto preferito degli chef, da Alain Ducasse a Joël Robuchon. Ferran Adrià ha addirittura fondato uno spazio di ricerca, il Joselito Lab , dove crea oli, burri e un’insolita maionese, utilizzando la parte grassa di questa costosissima specialità.
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wdonnait · 5 years
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Voglio dimagrire ma non riesco a mettermi a dieta
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Voglio dimagrire ma non riesco a mettermi a dieta
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Mettersi a dieta non è sempre facile e molto spesso risulta un totale fallimento a causa della nostra incostanza. La buona volontà all’inizio c’è e i buoni propositi ci fanno ben sperare, però capita che non sempre riusciamo a mantenere l’impegno il più a lungo possibile.
Cosa sbagliamo nella nostra alimentanzione? Potremmo fare una miriade di esempi per far capire che ciò che mangiamo ci gonfia e non ci aiuta di certo a perdere peso.
Oltre all’alimentazione, quello che ci pone in una situazione di stagno è la vita sedentaria. Quante volte preferiamo stare sul divano invece di fare una camminata all’aria aperta di almeno 20 minuti?
Camminare aiuta il metabolismo basale ad attivarsi e quindi il nostro corpo carbura meglio ciò che ingeriamo. L’esercizio fisico moderato dovrebbe essere una costante tutti i giorni perchè ci aiuterebbe a perdere peso in un maggior tempo.
Mettersi a dieta psicologicamente
Molte donne si sentono insicure, non amano mostrarsi con un corpo che non le rappresenta: pancia gonfia, cellulite, chili in più accumulati durante l’inverno che pesano come macigni su cosce e fianchi.  Ci si guarda allo specchio chiedendosi: “Ma quand’è che sono diventata così”?!?   Non sottovalutare il problema: il rischio è che, rimandando il momento in cui dovrai affrontarlo, nel frattempo continuerai a demotivarti e a fare errori che ti porteranno a mettere su ancora più peso, difficile da perdere con le diete dell’ultimo minuto .
Come accettare la dieta da un punto di vista psicologico?
1 Individuare stili di alimentazione più funzionali e soddisfacenti ed acquisire una maggior consapevolezza psico-fisica.
2 Imparare a gestire le emozioni e a distinguere i bisogni alimentari da quelli emotivi.
 3 Diminuire i pensieri e le preoccupazioni legati al cibo e al corpo.
4  Distinguere la fame fisiologica dalla fame emotiva, riconoscendo i segnali di fame e sazietà.
5 Migliorare il rapporto con il proprio corpo e la propria immagine.
Perdere peso: i cibi da evitare
Iniziamo a togliere dalla nostra alimentazione i dolci che fanno più male che bene. Gli zuccheri di certo non aiutano a manterci in forma e, tra l’altro, fanno malissimo al nostro organismo a lungo andare.
Il consiglio è quello di mangiare cibi ricchi di proteine vegetali e poche animali. Non devono mancare le fibre . Invece della pasta, a pranzo mangiate cereali quali quinoa o farro che fanno bene e digerire.
Sebbene mangiare fibre quelle della verdura e dei cereali integrali è sicuramente una alimentazione che previene molte patologie, se le fibre sono troppe, e sopratutto irritanti come quelle della crusca, possono ridurre l’assorbimento di altri micronutrienti, come il ferro, il calcio, cosa che non accade consumando cereali integrali in chicco che contengono la quantità di fibra corretta.
Ma allora perchè il prodotto inganna e viene acquistato? Perchè c’è l’amido resistente come primo ingrediente, una fibra che non viene digerita dall’enzima amilasi, e passa intatta nell’intestino tenue e viene fermentata nel colon. 
Dimagrire : cosa fare?
Iniziamo a cambiare sia il nostro stile alimentare che il nostro quotidiano: muoviamoci! Non serve necessariamente uscire di casa ed andare in palestra ma bisogna muoversi in qualsiasi modo. Fai le pulizie, scendi le scale e non prendere l’ascensore ad esempio! Attivare il metabolismo è fondamentale per perdere peso.
Oltre a questo dobbiamo mangiare bene e per farlo dobbiamo inziare dal principio, dalla colazione.
Il consiglio è 50gr di pane a lievitazione naturale tostato con olio o burro e cannella o crema di mandorle o avocado (insomma un grasso) no latte di nessun tipo no marmellate. Assolutamente no le fatte biscottatet. Ok 2 gallette. Si caffè, the tisana di zenzero
Avena, yogurt bianco e frutta fresca con granella fatta da me mandorle, noci, nocciole e fave di cacao. Non dimenchiamoci anche una fetta di pane integrale con composta di frutta o crema di nocciola (tutte e due monoingrediente, frutta o nocciole) e tea verde o rooibos.
Crusca per dimagrire
Uno degli alimenti che potrebbe favorire la perdita di peso, è senz’altro la crusca. Come per gli altri cereali, anche la crusca aiuta a saziarci e quindi, avendo soddisfatto il nostro senso di fame molto presto, potremmo dimagrire con più facilità, naturalmente seguendo una giusta alimentazione.
L’omega 3, contenuto nella crusca, è importantissimo nelle diete, in quanto il nostro organismo non può fare a meno di questo importante componente. Grazie alle fibre contenute, poi, la crusca, non solo aiuta a dimagrire, ma a pulire l’intestino e a prevenire il colesterolo.
E allora cosa mangi oggi a colazione? Crusca, è ovvio!
Perdere peso senza avere smagliature
Le smagliature: acerrime nemiche delle donne! Questi inestetismi fanno solitamente la loro sgraditissima comparsa in seguito a un brusco cambiamento di peso o a una gravidanza. Possiamo considerarle delle vere e proprie guastafeste, perché non facciamo in tempo a gioire per essere riuscite ad eliminare i chili di troppo, che ci ritroviamo a disperarci per quei segnacci!
Si presentano come delle cicatrici e sono causate dalla perdita di elasticità della pelle dovuta alla rottura delle fibre che la compongono. Nelle fasi iniziali sono di colore rosso, successivamente, con il passare del tempo, tendono ad assumere un colore sempre più bianco, prendendo le sembianze di una cicatrice. Una volta giunte a questo stadio, è ormai impossibile trattarle. Le zone maggiormente colpite sono: i fianchi, le cosce, il seno, l’addome e i glutei.
Dimagrire e togliere la cellulite
Ma è possibile dimagrire senza ritrovarsi a dover fare i conti con questo inestetismo? La risposta è si! Esistono infatti alcuni semplici accorgimenti che possono rivelarsi dei nostri validi alleati. La prima cosa da fare è cercare di mantenere la pelle sempre ben idratata, magari aiutandosi con degli oli specifici: quello di mandorla è il più adatto, ma vanno bene anche delle creme di buona qualità. Questo vi consentirà di proteggere l’elasticità della pelle.
L’idratazione passa anche dall’interno, per questo gli esperti consigliano di bene molta acqua, una buona abitudine non solo per combattere le smagliature ma anche per il generale benessere del nostro organismo. Stesso discorso per una regolare attività fisica e una corretta alimentazione.
Ultimo consiglio: cercate di perdere peso in maniera graduale, senza dimagrimenti improvvisi. L’ideale sarebbe affidarsi a un nutrizionista. 
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