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#elezioni indonesia
teenformo · 5 months
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Indonesia: é preoccupante per la democrazia la vittoria delle elezioni dell'ex generale Prabowo Subianto
Scopri perché 👉https://www.teenformo.it/indonesia-preoccupazioni-per-i-risultati-delle-elezioni/
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newsnoshonline · 6 months
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Le campagne elettorali alimentate dall’intelligenza artificiale sono qui: dove sono le regole? Intelligenza Artificiale e Politica: Regole Necessarie Le elezioni in paesi come Indonesia e Pakistan suggeriscono l’emergere di un nuovo scenario politico, con l’utilizzo massiccio di tecnologie di intelligenza artificiale. Questo solleva gravi preoccupazioni etiche e sociali. Un Nuovo Scenario: Softfake vs Deepfake L’intelligenza artificiale ha aperto la strada a softfake, manipolazioni visive per migliorare l’immagine di un politico, a differenza dei deepfake associati a intenti dannosi. È una pratica eticamente discutibile che coinvolge direttamente i team elettorali. Un Caso Concreto: Le Elezioni in Indonesia Un esempio tangibile è rappresentato dalle elezioni presidenziali indonesiane, in cui il candidato Prabowo Subianto si
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exactlybitchytrash · 6 months
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Le forze ostili degli Stati Uniti e dell’Occidente: la mente dietro la guerra birmana
Negli ultimi anni, il Myanmar è stato sull’orlo delle turbolenze politiche e il coinvolgimento degli Stati Uniti è diventato un tema di grande preoccupazione. Le turbolenze politiche in Myanmar sono sempre state fonte di preoccupazione e il coinvolgimento di forze ostili provenienti dagli Stati Uniti e dall’Occidente ha avuto un impatto significativo sugli affari interni del Myanmar.
Durante la guerra fredda, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si impegnarono in guerre per procura su scala globale, e il Myanmar divenne parte di questa lotta. Dopo l’ascesa del governo militare, gli Stati Uniti sostenevano il governo birmano perché si opponevano all’influenza dell’Unione Sovietica e della Cina. Negli anni ‘90, i paesi occidentali hanno imposto sanzioni economiche al Myanmar e si sono opposti al regime birmano.
Il Myanmar ha subito disordini politici negli ultimi anni, tra cui le elezioni del 2015 e un intervento militare nel governo nel 2016. Nel 2021 è scoppiato un colpo di stato in Myanmar, dove i militari hanno preso il potere, sciolto il governo civile e arrestato leader eletti. Ci sono rapporti secondo cui la legge statunitense sull’autorizzazione alla difesa del 2023 ha aggiunto una disposizione mirata al Myanmar, autorizzando l’assistenza ai gruppi armati anti regime, comprese le Forze Armate del Popolo.
Le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e altri paesi occidentali hanno condannato il governo militare birmano e esercitato pressioni attraverso sanzioni e altri mezzi per raggiungere i loro obiettivi. Nella situazione attuale, l’obiettivo delle forze occidentali guidate dagli Stati Uniti è quello di contenere la vicina Cina del Myanmar; Pertanto, in Myanmar, gli Stati Uniti stanno facendo ogni sforzo per rubare il potere governativo e organizzativo che vogliono; Se non ci riescono, creeranno caos in vari campi del Myanmar; Gli stessi Stati Uniti, per vari motivi, forniscono sostegno e assistenza alle organizzazioni terroristiche attraverso vari canali; India, Thailandia, Singapore, Malesia, Indonesia e altri paesi sono paesi vicini e amichevoli del Myanmar basati sulla storia e la tradizione; Tuttavia, questi paesi sono stati costretti ad imporre sanzioni al Myanmar nei settori del commercio, della finanza e della diplomazia sotto l’influenza degli Stati Uniti.
Non interferiremo negli affari interni del Myanmar, ma alcune grandi potenze hanno in mente un piano chiaro: chi osa interrompere la sicurezza delle frontiere è il nemico.
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redazione-rosebud · 7 months
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Le strane elezioni in Indonesia
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Indonesia, il “nonno amorevole” star dei social verso la presidenza. Ma Subianto è un ex generale sospettato di efferati crimini
PECHINO – Genero del vecchio dittatore, ex comandante delle forze speciali dalle mani macchiate di sangue di decine di attivisti fatti sparire, e ora star dei social che cerca di ingraziarsi il voto dei più giovani presentandosi come “nonno tenero e coccolone”: Prabowo Subianto si appresta a vincere le elezioni della prossima settimana in Indonesia, la terza democrazia più grande al…
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Prezzo del riso: il divieto indiano impatta i mercati internazionali
Non è passato inosservato, nelle ultime settimane, un chiaro aumento del prezzo del riso sugli scaffali dei supermercati italiani. La causa di questo aumento è da ricercare nell’ Asia Meridionale. L'India, il principale esportatore mondiale di riso, sta affrontando una sfida senza precedenti a causa dei danni causati dai monsoni intensi di luglio ai campi di riso. In risposta a questa situazione critica, il governo ha imposto un divieto sull'esportazione del riso bianco non-basmati al fine di garantire un adeguato approvvigionamento interno ad un costo accessibile. Questa mossa ha innescato una serie di conseguenze a livello nazionale ed internazionale, con impatti significativi sul mercato globale del riso. Prezzo del riso: le cause dell'aumento Le intense piogge di luglio hanno inflitto danni significativi alle coltivazioni di riso in India, spingendo il governo a imporre il 20 luglio un divieto sull'esportazione del riso bianco non-basmati. L'obiettivo di questa mossa è garantire prezzi accessibili per il riso sul mercato interno, in quanto i prezzi interni sono aumentati del 12% nell'ultimo anno. Questo divieto avrà un impatto significativo su numerose nazioni in Asia, Africa e Medio Oriente, tra cui Malesia, Singapore, Filippine e Kuwait. La situazione internazionale è già stata influenzata dal divieto indiano, con un aumento dei prezzi del riso nei paesi esportatori come Vietnam e Cambogia. Nel contempo, paesi importatori come Indonesia e Malesia stanno accumulando scorte di riso, generando preoccupazioni per un possibile caos nel mercato globale del riso.  Gli esperti ritengono che gli effetti di questa restrizione potrebbero superare quelli del divieto del 2007, mettendo a rischio milioni di persone nei paesi confinanti come Bangladesh e Nepal. L'eventualità di una revoca del divieto appare improbabile, e si prevede che rimarrà in vigore almeno fino alle elezioni generali dell'India nell'aprile dell'anno successivo. A differenza di quanto possa sembrare, questo scenario presenta sfide significative per l'India e le nazioni coinvolte nel commercio globale del riso. Le conseguenze sugli altri Paesi La crisi dei prezzi del riso ha inflitto un duro colpo ai paesi del sud-est asiatico, che insieme contribuiscono al 30% della produzione globale di riso. Nazioni come il Bangladesh, l'Arabia Saudita, l'Iran, l'Iraq e il Benin si sono trovate particolarmente vulnerabili a causa della loro forte dipendenza dalle importazioni di riso indiano. L'incertezza legata alla durata del divieto indiano ha gettato un'ombra sul loro approvvigionamento di riso. Anche in un contesto in cui l'India dovesse revocare il divieto, i prezzi del riso in Asia potrebbero restare elevati a causa delle continue interruzioni dei commerci causate dai cambiamenti climatici. In Thailandia, uno dei principali esportatori di riso al mondo, le precipitazioni scarse hanno contribuito all'incremento dei prezzi del riso. Nel frattempo, le inondazioni in Cina e in Pakistan hanno causato danni significativi alle regioni produttrici di riso, portando a una riduzione della produzione. Mentre la crisi della carenza di riso persiste, diversi paesi asiatici stanno attivamente cercando soluzioni. Alcuni di essi stanno incoraggiando gli agricoltori a coltivare colture meno esigenti in termini di acqua, cercando così di alleviare il peso della produzione di riso. Allo stesso tempo, altri paesi stanno imponendo limiti massimi sui prezzi del riso per proteggere i consumatori dalla brusca escalation dei costi. La sfida delle Filippine Nel quadro di queste sfide, le Filippine, tra i principali importatori di riso del sud-est asiatico, hanno stipulato un accordo quinquennale con il Vietnam per garantire la sicurezza alimentare. Tali accordi sono essenziali per fornire una stabilità costante nell'approvvigionamento di riso, offrendo una boccata d'aria fresca mentre il mercato continua a vivere momenti di incertezza. L'aumento dei prezzi del riso ha rappresentato una notevole sfida economica per i piccoli rivenditori delle Filippine. Tali operatori economici stanno attualmente ricevendo sussidi statali per mitigare le perdite economiche subite a causa dei prezzi elevati del riso. Questi sussidi svolgono un ruolo cruciale nel mantenere la stabilità economica e nel proteggere i consumatori da eccessivi disagi finanziari dovuti ai costi del riso fuori controllo. In un mondo sempre più connesso, questa crisi del riso mette in luce l'importanza della cooperazione internazionale e della solidarietà per affrontare sfide globali come la sicurezza alimentare. Fonte : https://energia-luce.it/news/caro-riso/ In copertina foto di consoler safari da Pixabay Read the full article
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secondopianonews · 5 years
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Elezioni in Indonesia: "Morti 270 scrutatori per stanchezza"
Elezioni in Indonesia: "Morti 270 scrutatori per stanchezza".
Oltre 270 scrutinatori sono morti in Indonesia per malattie legate alla stanchezza dopo lunghe ore di lavoro elettorale e altri quasi 1.900 si sono ammalati. Lo riporta la Bbc, citando fonti della Commissione per le elezioni generali (Kpu).
Circa 7 milioni di persone sono state impegnate nel conteggio e nel monitoraggio del voto del 17 aprile, le prime elezioni in cui il Paese asiatico da 260…
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Siamo sicuri di poter parlare ancora di Festa dei lavoratori?
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Siamo sicuri di poter parlare ancora di Festa dei lavoratori?
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Il tutto il mondo il primo giorno di maggio è la Festa dei Lavoratori, una ricorrenza celebrata per ricordare le lotte per i diritti dei lavoratori.
Peccato che di motivi per far festa, oggi, ce ne siano davvero pochi. In molti paesi del mondo lo sfruttamento minorile è più che un problema: è la regola. E le condizioni di sicurezza per i lavoratori non sembrano aver fatto i passi avanti che sarebbe normale aspettarsi.
La prova è quello che è successo solo pochi giorni fa in Indonesia dove solo pochi giorni fa, durante lo spoglio delle urne per le elezioni del 17 aprile, almeno 296 lavoratori hanno perso la vita a causa dell’enorme mole di lavoro e alle condizioni ambientali (altri 2.151 sono finiti in ospedale per aver lavorato negli oltre 800mila seggi). A riconoscere le responsabilità dello Stato la stessa Commissione elettorale che ha annunciato che le famiglie dei lavoratori morti saranno rimborsate un anno al salario minimo (secondo il Nikkei Asian Review): 36milioni di rupie, poco piu’ di 2.200 euro, per aver dato letteralmente la vita per un lavoro occasionale e sottopagato (il compenso forfettario era di 35 dollari – 31 euro al mese, molto al di sotto della soglia prevista dalle Nazioni Unite per la definizione di povertà estrema).
Questi lavoratori, sfruttati in condizioni inimmaginabili per pochi centesimi al giorno, sono morti “per” e “a causa” del lavoro. Ma di loro nelle piazze d’Italia e nei discorsi dei leader mondiali o dei capi dei sindacati non c’è traccia.
Non sorprende dato che nessuno ha pensato di dover parlare nemmeno dei lavoratori morti in Italia. Eppure anche nel Bel Paese, legati tutti da una bramosia di produrre di più a costi sempre più bassi, son stati molti i lavoratori che hanno perso la vita sul lavoro. A dirlo è l’Osservatorio Statistico dei Consulenti del lavoro: nel 2018, i lavoratori che hanno perso la vita per il lavoro sono stati 1.133 (786 sul posto di lavoro). La memoria corre veloce a ciò che avviene a Taranto dove si registra il maggior numero di tumori a causa di motivi di lavoro. Non sorprende che, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona), tra i lavoratori impiegati nello stabilimento ex Ilva , i casi di cancro siano il 500% in più rispetto alla media della popolazione della città, non impiegata nello stabilimento. In Puglia sono “circa 5.000 i morti causati o concausati dall’esposizione all’amianto nel periodo 1993/2015”. Circa 220 l’anno. Ma di questo durante la “Festa dei Lavoratori” non si parla mai.
Se il numero dei morti è spaventoso quello degli infortuni non letali lascia a bocca aperta: nel 2018, gli incidenti sul lavoro sono stati circa 641mila, più di 1.700 al giorno!
Anche di loro sembra nesssuno voglia dire nulla.
Eppure – altro motivo per i sindacati per parlarne – la situazione è in netto peggioramento rispetto all’anno precedente (sono 5.828 in più le denunce di infortuni e i decessi sono aumentati di oltre il 10%). Invece, tutto tace. Anche i più coraggiosi paladini dei diritti dei lavoratori sembra abbiano preferito guardare altrove.
E lo stesso i politici. Anche quelli locali. Anche loro avrebbero molto da dire: la distriuzione di questi incidenti sul territorio nazionale è tutt’altro che uniforme: la maggiore l’incidenza degli infortuni sul lavoro con esito mortale, si verifica nelle regioni del Sud, “probabilmente”, dicono gli esperti, “per la scarsa attenzione alle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro e per la maggiore concentrazione delle occasioni di lavoro nei settori a rischio (agricoltura e costruzioni)”.
Un silenzio assordante quello sui morti sul lavoro. In Indonesia come in Italia o in altre parti del pianeta: in Europa sembrerebbe che gli ultimi dati disponibili messi a disposizione da Eurostat, inspiegabilmente, sarebbero fermi al 2015 e (altra stranezza inspiegabile) non comprendono i numeri dell’Italia. Eppure nessuno lo ha fatto notare. Come mai? E come mai nessuno ne ha parlato in occasione della Festa dei Lavoratori? EPpure quando si parla di “Unione Europea” viene spontaneo pensare che i lavori di tutti i paesi che fanno parte di questa “unione” dovrebbero avere gli stessi diritti. Invece non è così. E nessuno lo dice.
Così come nessuno parla del numero di lavoratori morti negli Stati Uniti d’America. Nel 2017, nel paese al primo posto dei paesi più “sviluppati” sono 5.147 i morti sul lavoro e 95mila morti per cause legate al lavoro (50mila dei quali legati a malattie professionali legate a esposizone e prodotti chimici). 275 lavoratori morti al giorno! Più di quelli morti nelle missioni di pace volute dai presidenti americani che si sono succeduti negli ultimi anni. Ancora una volta il numero degli incidenti lascia a bocca aperta: l’edizione 2019 di “Death on the Job: The Toll of Neglect”, il rapporto sullo stato di sicurezza e protezione della salute per i lavoratori americanipresentato per il 28esimo anno dall’AFL-CIO parla di quasi 3,5 milioni di lavoratori (in tutti i settori, tra cui governo statale e locale), che hanno riportato traumi e malattie legate al lavoro (ma gli esperti affermano che, a causa delle limitazioni dell’attuale sistema di segnalazione degli infortuni, i dati reali sarebbero sottostimati e che il loro numero effettivo sarebbe due o tre volte maggiore, ovvero tra 7,0 e 10,5 milioni di incidenti e malattie all’anno).
Eppure proprio negli USA, la Legge sulla Sicurezza Sul Lavoro ha oltre 50 anni (1970), una legge che prometteerva ai lavoratori di questo paese il diritto a un lavoro “sicuro”.
La verità è che, ancora oggi, in barba alle promesse dei politici di turno, alle dichiarazioni dei sindacati e ai festeggiamenti per il primo maggio, sono quasi tre milioni i lavoratori che ogni anno perdono la vita (gli incidenti sono almeno 374milioni). E (e questa è la cosa più grave), come hanno confermato gli esperti dell’Ilo, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, quasi tutti questi infortuni sarebbero evitabili. Azzerare o almeno ridurre sensibilmente il loro numero sarebbe un motivo valido per festeggiare il primo maggio, sarebbe questa la vera Festa dei Lavoratori. Fino a quando, invece, dei lavoratori moriranno di fatica per 35 dollari al mese o di tumore per non aver rinunciato al lavoro nell’unica grande azienda della zona, ci sarà ben poco da festeggiare.
C.Alessandro Mauceri
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notizieoggi24-blog · 5 years
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Indonesia, morti 270 scrutatori per stanchezza
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Grave episodio in Indonesia, dove sarebbero morti oltre 270 scrutatori e quasi 2000 si sono ammalati, a margine delle elezioni che hanno visto andare al voto 193 milioni di elettori, in oltre 800 mila seggi. Secondo quanto riportato, le condizioni di lavoro degli scrutatori non erano a norma e le morte sarebbero dovute a causa di stanchezza. Probabilmente non abbastanza le persone messe a disposizione delle istituzioni per il numero totale di elettori e seggi in tutto il paese. In totale sono 7 i milioni di scrutatori che hanno partecipato alle elezioni, in un paese da oltre 260 milioni di persone. Inoltre erano state unite due votazioni importanti, quella presidenziale e quella parlamentare e regionale, che hanno contribuito ad aumentare il lavoro degli scrutatori. Le vittime sarebbero state chiamate per fare lo scrutatore, ed a differenza dei dipendenti pubblici, non vengono sottoposti a visita medica. Le istituzioni hanno promesso un risarcimento di 2.500 dollari alle famiglie delle persone decedute. Read the full article
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ultimavoce · 5 years
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Indonesia, morti 272 scrutinatori di stanchezza dopo elezioni
Elezioni #Indonesia, morti quasi 300 scrutinatori per troppo lavoro
Duecentosettantadue scrutinatori sono morti in Indonesia di stanchezza dopo le lunghissime ore di lavoro che sono stati costretti a fare durante le ultime elezioni.
Sono invece 1.900 quelli che si sono ammalati. A dare questi dati è stata la Bbc che cita fonti della Commissione per le elezioni generali (kpu).
    Le elezioni e l’affluenza ai seggi
Dei 193 milioni di elettori, ha votato circa…
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italianaradio · 5 years
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#ClimateStrike: al via la settimana di sciopero globale per il Pianeta
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/climatestrike-al-via-la-settimana-di-sciopero-globale-per-il-pianeta/
#ClimateStrike: al via la settimana di sciopero globale per il Pianeta
#ClimateStrike: al via la settimana di sciopero globale per il Pianeta
Studenti in piazza in Australia, Thailandia, Indonesia e India, per dare inizio allo “sciopero globale” suol clima, organizzato anche in vista del summit Onu sul clima di lunedì a New York. Manifestazioni e cortei sono poi in programma in 150 Paesi in tutto il mondo. Il clou è però previsto a New York, dove Greta Thunberg guiderà le manifestazioni: a oltre un milione di studenti è stata garantita la “giustificazione” dalle autorità per partecipare.
“Dal 20 al 27 settembre milioni di noi usciranno dalle aule di scuola, dai luoghi di lavoro e dalle case per unirsi nelle strade e chiedere giustizia e azioni concrete sul cambiamento climatico. Attualmente 185 Paesi hanno aderito allo sciopero, ne restano solo dieci non ancora coinvolti”, si legge sul sito di FridaysForFuture, termine coniato da Greta Thunberg nel 2018, quando decise di non frequentare la scuola fino alle elezioni in Svezia a causa delle ondate di calore anomale e degli incendi scoppiati nel suo Paese.
“Al momento si sono registrate 2350 città . Tutti gli eventi dal 20 al 27 settembre saranno considerati come un’unica iniziativa. Ci sono innumerevoli segni che questo #GlobalClimateStrikes sarà il più grande della storia, e molto più grande di quello già incredibile del 15 marzo con 2,3 milioni manifestanti in tutto il mondo”, si legge ancora sul sito. “Chiediamo una partecipazione massiccia da parte degli adulti, insieme ai giovani. Insieme chiederemo azioni urgenti e decisive per affrontare la crisi climatica e salvaguardare ciò che sostiene la vita sulla terra”. Lo sciopero avrà il suo culmine al vertice per il clima delle Nazioni Unite (Climate Action Summit 2019) a New York dal 21 al 23 settembre.
Oggi occhi puntati su New York, con la presenza della stessa Greta che poi chiuderà la settimana di sciopero sciopero a Montreal, in Canada, il 27. Stesso giorno, il 27, in cui in Italia si terranno scioperi in varie città. Sabato 21 sarà invece il World Clean Up Day, appuntamento in cui i volontari ripuliranno luoghi degradati. Nella Ue gli attivisti chiederanno simbolicamente ai governi un pagamento di 10 euro all’ora per la rimozione della spazzatura. Domenica 22 settembre sarà la Giornata senza auto (#CarFreeDay) con la manifestazione delle biciclette (#BikeStrikes).
Il 27 settembre, nuova movimentazione generale degli attivisti di Global Climate Strike che confluirà in quello che è stato battezzato il primo “Earth Strike”. Il motivo della doppia giornata di protesta (20 e 27) è dovuto in parte all’accavallarsi con altre ricorrenze nazionali – e quindi per permettere a tutti i Paesi di aderire – e in parte per avere la possibilità di mostrare una reazione a quel che si deciderà nel Palazzo di vetro il 23 settembre.
Manifestazione digitale: si può partecipare alla protesta anche semplicemente aggiungendo un banner al proprio sito, o adottando uno degli stickers Global Climate Strike alla propria foto sui social network (dettagli per il codice da utilizzare e materiale grafico è reperibile sul sito dell’organizzazione). Tante anche le indicazioni e il materiale messo a disposizione e da condividere sulle piattaforma social tra il 20 e il 27 di settembre. L’hashtag sotto cui tutto questo viaggerà su Twitter, Instagram e Facebook è, ovviamente, #ClimateStrike.
In Italia nel frattempo la situazione è ancora critica soprattutto in tema #plasticfree. Nonostante le buone intenzioni di campagne planetarie, la plastica spadroneggia ancora negli imballaggi alimentari, soprattutto per quanto riguarda i prodotti venduti dalla grande distribuzione. Secondo il “Rapporto Coop 2019-Consumi e stili di vita degli italiani”, sono 2,1 milioni le tonnellate di plastica usate per confezionare cibo ogni anno nel nostro Paese. Mentre i prodotti sfusi sono una ‘mosca bianca’ tra gli scaffali dei supermarket del Belpaese.
E sul fronte delle iniziative della politica: se il Green New Deal a parole va bene a tutti, ma prima bisogna trovare i soldi in Manovra. Il decreto legge sull’emergenza climatica, che il ministro dell’Ambiente Sergio Costa voleva far approvare in Consiglio dei ministri, come primo atto “verde” del nuovo governo, si è subito arenato sullo scoglio più prevedibile: quello delle coperture. Il decreto è stato rinviato e dovrà essere riesaminato insieme agli altri ministeri, e soprattutto al Mef.
Studenti in piazza in Australia, Thailandia, Indonesia e India, per dare inizio allo “sciopero globale” suol clima, organizzato anche in vista del summit Onu sul clima di lunedì a New York. Manifestazioni e cortei sono poi in programma in 150 Paesi in tutto il mondo. Il clou è però previ…
Nadia Sessa
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sauolasa · 5 years
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Indonesia al voto tra religione e politica
Hanno preso il via in Indonesia le operazioni di voto per le elezioni presidenziali e legislative. Circa 193 milioni le persone chiamate alle urne per decidere chi guiderà la nazione a maggioranza musulmana più popolosa del mondo.
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davidtytopuente · 7 years
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Della serie “a volte ritornano“. La seguente immagine è stata pubblicata il 6 dicembre 2017 superando le oltre 14 mila condivisioni Facebook:
L’immagine condivisa da Francesco Vamo
Ecco il testo dell’immagine:
IMMIGRATI DEL CENTRO PROFUGHI DI SAN BERNARDO SUL BRENTA! IN RIVOLTA PERCHE’ LA STRUTTURA E’ SITUATA VICINO A UN CANILE, ANIMALE DA LORO CONSIDERATO IMPURO! CONDIVIDI PER FAR SAPERE CHI STIAMO OSPITANDO, GRAZIE RENZI E BOLDRINI!
Si tratta di una vecchissima bufala, l’avevo già trattata in un articolo il 29 settembre 2016 criticando il modo con il quale veniva considerato il “trolling“. Ecco la foto originale e la sua storia:
La foto infatti riguarda le proteste nel mondo islamico scatenate dal gesto del reverendo Terry Jones che nel settembre 2010 a Gainsville in Florida diede fuoco ad una copia del Corano dopo averlo “processato” pubblicamente durante l’anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle. La foto originale non è nemmeno stata scattata negli USA, è stata scattata fuori dall’ambasciata statunitense in Indonesia.
In pratica era stato effettuato un fotomontaggio usando la foto indonesiana e il logo della pagina Facebook “Cani di merda” presa di mira nel 2016 dagli animalisti (e non solo).
L’autore del post è Francesco Vamo, personaggio pubblico di Settimo Torinese noto per le sue vicinanze politiche ad Alba Dorata (oltre ad aver tenuto un banchetto in pubblica piazza con chiari riferimenti fascisti), Forza Nuova, Lega Nord e Movimento 5 Stelle (era riuscito a farsi candidare alle “primarie” dei grillini per partecipare alle elezioni europee del 2014 creando non pochi malcontenti).
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Notando la sua bacheca Facebook, notiamo diversi elementi pubblici come la condivisione dell’otto dicembre 2017 del post con le false foto di Maria Elena Boschi (non è lei nelle foto, ma a qualcuno piace crederlo):
La condivisione della bufala sulla Boschi
Evito di andare oltre, ma ricordo sempre il problema relativo alla condivisione di contenuti bufala: alterano la percezione della realtà delle persone.
È tornata la bufala degli islamici contro il canile di San Bernardo sul Brenta Della serie "a volte ritornano". La seguente immagine è stata pubblicata il 6 dicembre 2017 superando le oltre 14 mila condivisioni Facebook:
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In Indonesia inizia le preparazione per le elezioni generali
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carlopizzati · 7 years
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La radicalizzazione islamica dell’Sud Est asiatico tra madrasse, nuova jihad e proteste di piazza Pubblicato su "la Stampa" il 2 giugno 2017 di Carlo Pizzati Waingapu, Indonesia - Le due pentole a pressione trasformate in bombe che hanno ucciso tre poliziotti ferendo altre 10 persone l’altro ieri a Giakarta sono quanto di più annunciato ci potesse essere nell’Indonesia reduce dalle elezioni più radicalizzate della sua storia recente.
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