Tumgik
#finto angelo x finto diavolo
Text
Nuovo giorno nuovo giro. Questa volta posto in italiano, because why not. Piccola storia, perché a volte se gli sceneggiatori non sono capaci di scrivere cose decenti allora ci devi provare tu. Tutti i commenti sono ben accetti. Enjoy 💜
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Simone avrebbe finito la giornata vomitando, prendendo a pugni qualcuno o semplicemente andandosi a schiantare veramente sulla tangenziale, altro che spazzatura sotto casa di Manuel.
Se da un lato è sollevato che il cretino di 5C si sia svegliato, dall'altro non può fare altro che odiare un po' la situazione, Ernesto, suo padre. E forse anche un po' sé stesso.
Dopo aver salutato il commissario e lasciato l'ospedale, non gli era rimasto altro su cui concentrarsi a parte quelle due parole: futili motivi. Gli risuonavano nelle orecchie, gli rimbalzavano nel cervello, gli pugnalavano il cuore.
Suo padre non sembra notare niente, ma quella non era una novità. Poteva essere così attento in alcune situazioni, tipo in classe con i suoi studenti, e allo stesso tempo l'opposto a casa. O forse era così distratto solo con Simone.
Forse, dopo Jacopo, aveva concluso che Simone non ne valeva la pena.
Forse era Simone il problema.
Chissà se le cose sarebbero state diverse, se a morire fosse stato lui. La vita dei suoi genitori sarebbe stata migliore? Jacopo sarebbe stato migliore? Avrebbe scoperto la cura per il cancro?
Tutte domande idiote, ma che a volte si palesavano nel suo cervello e non volevano uscirne.
C'era solo una persona che lo aiutava a zittire tutto il caos in testa, ma in questo momento non era lì, e lui doveva imparare a sopravvivere da solo.
Improvvisamente sente una pressione sulla spalla, e si accorge in ritardo che il padre stava parlando con lui.
"Come?" si limita a chiedere.
Il padre lo guarda per un attimo come se davanti a lui ci fosse un nuovo filosofo che ancora non capisce ma che è disposto a studiare, per poi distogliere lo sguardo.
"Niente, dicevo ci vediamo a casa?"
"Sì sì, a casa."
Simone riesce a stento a processare quello che gli ha detto Dante che già non lo vede più, scappato verso chissà dove.
Ora è solo, Simone, in un'area affollata. Troppe persone, troppi sguardi, troppi rumoriodorilacrimeviavai.
Non riesce a concentrarsi su niente, tutto troppo presente ma totalmente inafferrabile.
Vede di fronte a sé un parco, e decide di entrare, perché qualsiasi cosa è meglio della strada, e sa già che non riuscirebbe a tornare a casa in moto.
Si addentra nella piccola zona verde, piena di spazzatura e con una vecchia panca arrugginita.
Si siede, e aspetta che il tempo passi. Ogni tanto un soffio di brezza gli accarezza il viso, o il suono di un clacson gli infastidisce le orecchie, ma lì, su quella panca, si ritrova ad esistere, senza doversi sforzare di essere il figlio perfetto, lo studente modello o l'amico comprensivo. Lì è semplicemente Simone, un corpo senza una volontà.
È solo quando gli vibra il telefono in tasca che ritorna un po' in sé, notando il sole sempre più basso e la sua pelle d'oca, nonostante la giacca pesante.
Con mani malferme risponde alla chiamata.
"Pronto?" la voce rauca, chissà se per il freddo od il disuso.
"Ao, a Simò, ma dove cazzo stai? So' du' ore che t'aspetto pa'a cosa de fisica!" la voce di Manuel è come un balsamo per le sue ferite, ma le parole lo fanno sprofondare. Sì, si era completamente dimenticato di qualsiasi cosa che non fossero quelle parole. Aveva lasciato perdere tutto perché non riusciva neanche ad essere felice quando avrebbe dovuto.
Ma che cazzo c'è di sbagliato in me? si chiede, perché ormai è disposto a tutto pur di non sentirsi sempre nel torto, sempre sbagliato.
"Ao, Simò, ce stai?" chiede Manuel, voce leggermente più seria.
"Sì sì, sto qua." e non sa proprio cosa aggiungere.
Nonostante voglia disperatamente la presenza dell'altro al suo fianco, non può che risentire l'eco di vecchie parole e porte di un garage che sbattono.
"Simone, che c'è? 'Ndo stai?"
"Sto tornando, a dopo."
Simone non aveva la minima idea di come tornare a casa. Si sentiva distaccato dal proprio corpo, quindi il motorino era escluso. Ma non aveva la forza di pensare ad altre alternative.
Il telefono continua a squillare, ma lui lo ignora spegnendolo.
Si riposiziona sulla panchina, ma poi sente una voce familiare.
"Accidenti!"
Si alza e trova Viola all'entrata del parco.
"Ehi Viola, tutto bene?"
La testa della ragazza scatta nella sua direzione, e si rilassa leggermente quando lo vede.
"Ehi Simone. Sì, tutto bene. Solo queste stupide buche che non aiutano le ruote."
In effetti il danno era visibile a chiunque: la ruota destra era deformata e lo pneumatico sgonfio.
"Mi dispiace. Vuoi chiamare qualcuno?"
"Probabilmente."
Quando la ragazza non continua, Simone la squadra velocemente. Ha gli occhi lucidi e sembra anche lei un po' distante da tutto.
Anime in pena entrambe. Ma si sa, mal comune mezzo gaudio.
"Se vuoi possiamo sederci sulla panca ed aspettare."
"Aspettare cosa?"
"Che ad entrambi torni la voglia di tornare a casa."
Questa volta è Viola a guardarlo attentamente, ma Simone non ha niente da nascondere, quindi rimane fermo ad aspettare una qualsiasi risposta.
"E come ci arriviamo alla panchina, genio?" chiede la ragazza, uno strano misto di rabbia e divertimento a tingerle la voce.
"Le opzioni sono due. O ti sollevo, oppure spingo la sedia."
"Ma sei scemo? O sei solo cieco? La ruota è completamente andata, non ce la faresti mai a spingerla."
"E secondo te io perché faccio rugby?"
"Ah, quindi non è la prima volta che ti trovi in questa situazione?" cerca di rimanere seria, ma si vede che trattiene a stento la risata.
"Pfff, tutti i giorni. Non sei così speciale."
Finisce la frase e, appena si guardano, scoppiano entrambi a ridere.
Quando entrambi riprendono fiato, Viola gli lancia l'ultimo sguardo, e poi sembra convincersi su qualcosa.
"Va bene, ma non ti fare strane idee."
"Non mi permetterei mai, my lady." dice nel suo miglior peggior accento british. Poi lentamente si avvicina, le passa un braccio sotto le gambe ed uno dietro la schiena e la guarda, aspettando un cenno di assenso che arriva poco dopo.
Allora, la solleva il più delicatamente possibile e la porta fino alla panchina, depositandola e poi tornando indietro per la sedia a rotelle, non pesante quanto si aspettava ma sicuramente non leggera.
Una volta riseduto, lascia cadere la testa all'indietro, e fissa il suo sguardo sulle nuvole arancioni che lentamente percorrono il cielo.
Non ha idea di quanto tempo sia passato, quando sente Viola sospirare.
Allora si gira verso di lei, e la vede con il viso ancora rivolto verso il cielo.
Il silenzio che si crea non è imbarazzante, anzi.
"Perché stavi piangendo prima?" le chiede Simone sussurrando.
"Non sono cazzi tuoi, ti pare?" risponde lei stizzita, lanciandogli un'occhiata torva.
E tutto questo fa sorridere Simo, perché lui a persone che si comportano da porcospini è abituato.
"Non è per sapere gli affari tuoi. È solo per sapere se ti posso aiutare in qualche modo." risponde pacato.
Lei lo squadra di nuovo, e per qualche motivo quella diffidenza, quella poca fiducia nel prossimo gli è molto familiare.
Sospirando, la ragazza distoglie lo sguardo.
"Non credo proprio che il ragazzo perfetto della classe possa capirmi,no?"
E Simone lo sa che è la cosa più scortese che possa fare, ma a sentire quelle parole scoppia a ridere.
Viola lo guarda torvo, e lui ha bisogno di qualche secondo per ricomporsi.
"Viola, ma che cazzo stai a di'? Solo durante l'anno scorso ho scoperto di aver avuto un gemello che è morto quando avevamo tre anni, me lo sono scordato come se non fosse mai esistito, ho quasi perso l'anno perché mi sono immischiato in giri loschi ed ho scoperto di essere gay. Non posso lamentarmi di come vivo perché so che c'è chi sta peggio, ma non è sempre stata una passeggiata, ah."
Finisce il discorso e vede gli occhi di Viola sgranarsi. Ma in quel momento non sente vergogna, o rabbia, o alcun sentimento in particolare. Quasi non si sente più umano.
"Scusa, non lo sapevo." comincia lei, ma lui scuote la testa.
"Non te l'ho detto per farti sentire male o in colpa. Voglio semplicemente dirti che le persone non sono tutte così cattive come pensi."
"Soprattutto tu?" chiede lei.
"Oh no, io sono il peggiore. Ma qualcuno di veramente buono c'è. Tipo Ryan" continua lui, vedendo la ragazza arrossire. Ah, gli etero e i loro stupidi motivi per non stare insieme.
"Non voglio parlarne."
"Va bene." annuisce svelto, e ritorna quel silenzio, come una coperta spessa che li avvolge.
"Ma tu perché sei qui?" chiede la ragazza, senza però girarsi.
"Ernesto si è svegliato e la polizia mi ha contattato per farmi sapere che non continueranno le indagini." dice in un tono di voce neutro, quasi robotico.
Viola si gira verso di lui e corruccia le sopracciglia.
"È un bene, no? Significa che non sei più sotto accusa."
"Si, per carità. Ma significa anche che non proseguiranno le indagini per l'aggressione nei miei confronti. E sai perché? Perché la rissa è scoppiata per quelli che ritengono motivi futili." non si accorge di aver gli occhi lucidi fino a quando Viola non gli tocca il braccio.
Sposta velocemente le mani, stropicciandosi gli occhi fino a vedere dietro le palpebre le stelle.
"Scusa, non volevo scaricarti addosso la situazione." dice dopo aver abbassato le mani.
"Macché. Mi dispiace per quello che ti hanno detto. Se vuoi mio padre conosce degli avvocati, potrei provare a parlargliene."
Ed è in quel momento che Simone vede davanti a sé non la nuova arrivata in classe, ma una persona che sa cosa significa soffrire e che, come lui, non vuole che altri soffrano.
"No, grazie, tanto non porterebbe a nulla."
"Se non ci provi non lo puoi sapere. Però sappi che è una scelta tua."
Ed è una cosa stupida realizzare che sì, la scelta è solo sua. Nessun fattore esterno, non suo padre né la scuola possono decidere se Simone denuncerà o meno.
In un mare in tempesta, dove la sua vita non gli era sembrata altro che sopravvivi o muori, questa è una scelta solo ed esclusivamente sua.
"Io..." inizia, senza saper bene come continuare.
"Ehi, prenditi il tempo per rifletterci. Ma sappi anche che qualsiasi cosa vorrai fare non sarai solo."
Ed eccolo di nuovo qua, a piangere perché qualcuno ha capito il suo dolore, non lo ha minimizzato ed anzi gli sta dando l'opportunità di fare qualcosa a riguardo.
Ed allora non può non buttarsi sulla ragazza ed abbracciarla e, dopo un attimo di esitazione, sente le braccia di lei stringerlo.
Rimangono così finché non le vibra il cellulare. È il padre preoccupato, e Simone coglie benissimo l'ironia, grazie tante.
Dopo che Viola dà l'indirizzo al padre, ritornano a guardare le stelle che ormai fanno capolino nel cielo blu.
Non c'è bisogno di altre parole.
Quando arriva la macchina di Nicola, Simone non ci pensa due volte a prendere Viola in braccio e portarla fino alla vettura, e lei non protesta, anzi gli posa il capo sulla spalla.
Dopo aver recuperato anche la sedia, Simone fa per andarsene, quando sente la manica del cappotto venire tirata, e si gira verso la ragazza.
"Ma che fai? Sali va, che incomincia a fare freddo e voglio tornare a casa."
"Ed allora lasciami?" dice Simone, anche se sembra più una domanda.
"Ho il motorino parcheggiato di là." indica una direzione che ad essere onesto non sa neanche se sia quella giusta.
"Se pensi che ti permetta di metterti alla guida in queste condizioni ti sbagli. Ora sali, ti porto a casa e poi domani torni a riprendertelo"
Simone avrebbe voluto ribattere, ma un'altra voce lo interrompe ancor prima di iniziare.
"Tu sei Simone, no? L'amico di Manuel? So già dove abiti. Sali che ti diamo un passaggio"
Simone allora accetta, per non sembrare scortese eh, non perché non riuscirebbe a distinguere la luce verde del semaforo da quella rossa.
"Abiti a casa di Manuel?" chiede la ragazza dopo essersi allacciata la cintura.
"No, in realtà è lui che vive a casa mia" risponde lui divertito.
Il viaggio verso casa continua silenzioso, con entrambi i giovani che guardano fuori dal finestrino e Nicola che lancia rapide occhiate alla "specie di fratello" di suo figlio.
Arrivano velocemente alla villa e Simone scende dalla macchina, dopo aver ringraziato ancora un paio di volte.
"Buonanotte, Simo. E, pensaci, ok?"
Si salutano così, con Viola che lo guarda serie, lui che annuisce piano e Nicola confuso.
Non fa neanche in tempo a chiudere la porta di casa che è assalito da un'ondata di ricci ribelli e giacca verde.
"Ao, ma dove cazzo sei stato? Vedi che se nun t'è successo niente de grave, te meno io, ah!"
Non ha la forza di rispondere, perché è a casa, in una villa che non ha mai ospitato la sua famiglia, o almeno non che lui lo ricordi. È a casa perché Manuel è lì, preoccupato ed arrabbiato, ma sempre accanto a lui.
E Manuel lo conosce, lo capisce, e gli toglie le mani di dosso, ma non si allontana. Studia attentamente il suo volto, poi lo prende per la manica e lo porta sul bordo della piscina, dove si siedono in silenzio, le gambe penzoloni ed i cuori pesanti.
"Vuoi dirmi che cazzo è successo?" sbotta Manuel, dopo un lungo silenzio.
Simone sospira. Non sa che cosa dire. Come si spiega alla stessa persona che ti ha insultato perché gay neanche sei mesi prima che ora il suo orientamento sessuale non è considerato un'aggravante abbastanza importante per un'aggressione?
"Niente Manuel, sono andato in ospedale per vedere il cretino di 5C, e poi ho incontrato Viola e abbiamo passato il pomeriggio insieme, tutto qui"
"Simò, smettila de dì cazzate che lo sai che n'e sopporto. Ch'è successo?"
Simone sa che dovrebbe mentire, minimizzare, non mostrarsi debole né sofferente. Ma non è mai riuscito a mentire a Manuel. Forse un giorno imparerà, ma quel giorno non è oggi. Allora fa un ultimo disperato tentativo.
"Mi crederesti se ti dicessi che mi sono incantato a guardare il cielo?"
"No, primo perché è palesemente 'na cazzata, e secondo perché a te il cielo fa schifo, troppo grande senza movimento. Preferisci guardare il mare, con la schiuma e le onde ed i pesci."
Vorrebbe ribattere, ma riflettendoci bene Manuel ha ragione, Simone odia la monotonia piatta del cielo. Solo che questo non lo aveva mai detto a Manuel.
"Come fai a saperlo?"
"Cosa che è 'na cazzata? Perché..."
Ma Simone non gli dà il tempo di distrarsi con le sue chiacchiere.
"No, scemo. Come fai a sapere che odio il cielo?"
Manuel sembra studiarlo per un lungo minuto, per poi distogliere lo sguardo.
"Eh, non lo so Simò, me sembri più 'n tipo da mare."
Manuel sta evitando l'argomento, e per quanto Simone vorrebbe insistere, lascia perdere il discorso. Ma solo per il momento.
Allora sbuffa e torna a guardare un punto indefinito davanti a sé.
"È successa una cosa, niente di grave, ma stavo a rosicà, così sono rimasto fuori a sbollire. Poi ho incontrato veramente Viola."
E come poco prima, anche Manuel deve percepire che Simone non ha voglia di parlare in quel momento. Allora si limita ad abbracciarlo per dargli conforto e calore. Simone gli sembrava così pallido al chiaro di luna, come una statua triste e sola.
Simone sente piano piano la stanchezza distendergli i muscoli e rallentargli i pensieri, e si rilassa tra le braccia dell'altro ragazzo.
Si potrebbe addormentare qui, ma sa che sarebbe peggio, anche se il solo pensiero di muoversi sembra impossibile. Così, si scosta leggermente dal corpo dell'altro e cerca di trovare la forza per alzarsi.
Manuel deve aver pietà di lui e, dopo essersi alzato, lo aiuta sù e lo porta praticamente di peso fino alla loro camera.
Simone usa le ultime facoltà fisiche e mentali per togliersi i vestiti e mettersi il pigiama e poi crolla sul letto.
Quando Manuel torna dal bagno, anche lui già in pigiama, trova Simone steso con ancora i piedi su pavimento e sopra le coperte. Sbuffa divertito, ma poi realizza che, se la giornata lo ha sfiancato fino a questo punto, qualcosa di grave deve essere successo, anche se Simone cerca di minimizzare. Si ripromette di farsi dire tutto la mattina, e poi si mette a lavoro per spostare quel testone sotto le coperte ed in un posizione più comoda.
Dopo essere riuscito nell'impresa, resta un attimo a guardare quel volto, ora disteso, e quei ricci arruffati.
Senza neanche accorgersene, si china e sfiora la sua fronte con le sue labbra, prima di ritirarsi. Non è esattamente imbarazzato, e si ripromette di riflettere anche sull'istintiva tenerezza che sente nei confronti del più giovane.
Ma tutto questo domani. Per ora c'è la sua branda che lo aspetta, e magari qualche sogno pieno di mare, di risate e di ricci ribelli.
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