Tumgik
#ho fatto di tutto per non guardarla
finestradifronte · 3 months
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instagram
Grazie Lapini sei l'unico rimasto a fare con le tue foto una narrazione realistica di ciò che accade. Il TG3 regionale fascio leghista doc ha dedicato 30 secondi netti al presidio dopo 5 sulla uno bianca e a seguire altri 5 alle attività nelle case di riposo per anziani per finire con un servizio infinito sulla vittoria del Bologna Ha fatto vedere immagini insensate, ha bollato tutto come "scontri " ha ridotto il comunicato ad un bignami , traslando il nome del comitato promotore ha etichettato il presidio come partecipato da fantomatici giovani palestinesi . Certo una picevole sorpresa che Bologna sia abitata da tanti giovani palestinesi! Ricordiamoci che con un'informazione libera la politica si guarderebbe bene di fare quello che fa. Non bastano i presidi bisogna smettere di guardarla questa RAI e pure il resto della tv. Da liceale ho approfondito molto gli studi e letture sull'Olocausto e spesso mi sono chiesta come il mondo potesse essere stato a guardare pur sapendo ora lo so, l'ho capito anche troppo bene. Il popolo palestinese è sulla coscienza di ognuno di noi. Ricordiamocelo domattina quando ci guardiamo allo specchio. Sentiamocela tutta la responsabilità quando dopo le veline di nonna Mara Venier riaccendiamo la TV e paghiamo il canone.
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il-ciuchino · 5 months
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Ferragnez: è la fine?
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La notizia, peraltro poco messa in risalto dalla tv nonostante la grande notorietà (di cui mi è sempre stata ignota la motivazione), della truffa di Chiara Ferragni secondo l'Antitrust, ha fatto il giro dei social. L'"influencer" avrebbe garantito, tramite le vendite del panettone Balocco in edizione griffata, con prezzo triplicato, che si sarebbe fatta una donazione all'Ospedale Regina Margherita di Torino per aiutare i bambini malati di cancro. Cosa che, secondo l'Antitrust, non sarebbe avvenuta e, dunque, sono state sanzionate per un milione di euro in totale le società a lei appartenenti ed una multa a Balocco di 420 mila euro. All'Ospedale sarebbe arrivata solo una donazione di 50.000 euro dalla sola Balocco. L'indignazione è notevole ed i commenti sul suo profilo instagram sono durissimi, ma la Ferragni continua dritto nella strategia del negare il tutto, che potrà costarle ancora più caro....Forse. Perchè si sa, siamo nel paese delle barzellette, dove un (ex) ministro della salute viene indagato per omicidio, ma poi ecco che arriva un'archiviazione in tempi record, con tanto di silenzio mediatico se non quei pochi giornali che fanno veramente giornalismo. E figuriamoci se i Ferragnez (termine preso dall'unione del cognome e pseudonimo dei due coniugi Ferragni e Fedez), con i soldi che hanno, non riescano a ribaltare le prove e, magari, spacciare tutto come un "errore giudiziario".
E non chiedetemi il perchè questi due siano così "protetti" mediaticamente, che nemmeno io lo so. Ma sia mai giudicare, perchè poi "rosichi". Ok, partiamo dal rosicamento ed i motivi che potrebbero portarci ad invidiare questa coppia così talentuosa. È l'anno 2023, la Ferragni ospite a Sanremo. A far cosa non si sa. Fa un discorso su di lei che "ce l'ha fatta". A fare cosa non si sa, ma meglio non dirlo, perchè poi "rosichi". Ok, ho capito ha fatto i soldi facendo nulla, ah ma no, ora anche quello è un lavoro e "fare nulla" non si può dire perchè non è politicamente corretto. Eh si, perchè pure la Ferragni va contro l'"odio", gli "haters", i "fascisti" e così via. Dopotutto, gli insulti gratuiti sono brutti e cattivi e qui siamo tutti d'accordo. Salvo poi mandare in onda sulla stessa rete, Rai 1, una fiction dove si accusa i portuali di Trieste di omicidio. Portuali di Trieste che, all'epoca, non erano ben visti dal governo in carica e che, non solo non sono mai riusciti ad organizzare una vera e propria protesta, ma a subire i danni sono stati loro che si sono presi il getto d'acqua delle forze dell'ordine. Ma vabbè, quindi chi sarebbero gli "haters" verrebbe da chiedersi? Chi critica tutto e tutti, oppure chi esprime una libera opinione contro qualcuno? Eh, mica si è capito. Ma vabbè, ritorniamo nel discorso Sanremo. Nella serata finale, c'è il marito Fedez a guardarla tra il pubblico ed all'improvviso c'è un cantante se così si può definirlo che simula con lui un amplesso. Verrebbe da dire, è la prima in... ehm volevo dire figuraccia mediatica che il duo possa aver mai ricevuto dal matrimonio avuto dal 2015 e due figli. La stessa Rai non se la passa bene, multata per pubblicità ad instagram. Ma sia mai criticarli, ecco siamo rosiconi che Fedez abbia fatto quella cosa lì. Ok...Dopodichè, il profilo della Ferragni, già non pienissimo, per non dire zero, di contenuti, ritrae continuamente foto di lei nuda, o del marito. Segno che, forse, le cose stanno andando in malora ed i guadagni passano dal milione alla cifra "poveraccia" di 500.000 euro di monetizzazione. Che schifo, verrebbe da dire! Alla stregua dei """poveracci""" che la seguono. Dov'è la doverosa distanza tra le due categorie? Poi vabbè, ci sarebbero anche i problemi fisici e psichici del marito che, depresso, appare in tv. Un po' come la depressa Belen, ingrassata ma non si vede. Poi la bomba che non ti aspetti, da due buoni samaritani come loro. 15 dicembre 2023, Chiara Ferragni truffa... E chi se lo sarebbe mai aspettato? Non era il governo di qualche legislatura fa a mettere loro per insegnarci cosa fare in tempi di pandemia? Non era la Rai, tv di stato, a fornirgli un ricco cachet per portare "servizio pubblico" a Sanremo? Ora c'è da lavorare per loro, bisogna fare una donazione. Nel 2020 hanno usato i soldi dei donatori (nemmeno i loro, evidentemente preferiscono spendere per cose più importanti) per ampliare i posti letto al San Raffaele di Milano. Ora è la "ricerca" che deve aiutare loro. Perciò, non offrite soldi a Telethon, ma datelo ai Ferragnez nella ricerca di un avvocato che sbugiardi le "fake-news" su Fedez e Chiara Ferragni. I malvagi haters, putiniani, no-vax, nazionalisti, stanno avendo la meglio su Fedez e Ferragni, patrimonio della cultura e dell'umanità. Per farvi capire meglio il pericolo: Edoardo Costa è letteralmente scomparso, dopo aver promesso, tramite un'associazione benefica, soldi per l'assistenza ai bambini africani. Vi rendete conto di cosa stiamo rischiando? Per il resto, mi permetto di citare Massimo Mazzucco che, nella diretta odierna di Border Nights (video qui: www.youtube.com/watch?v=qrfSvfLGGHk al minuto 1:07:00) che ha dichiarato: "Chi è Chiara Ferragni?".
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lisia81 · 16 days
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Shogun
Mi sono accorta di non aver scritto neppure mezza riga su questa serie televisiva che mi ha fatto addirittura attivare l’abbonamento a Disney plus. Vabbè era iper scontato.
Shogun e’ una serie tratta da un libro del 1975 che sembra una casetta per gli uccellini @dilebe06 cit. , viste le sue cospicue dimensioni.
Che io non ho letto, ma la mia Lontra si.
La sua opinione è che la storia differisce in alcune parti dal libro es, Mariko bum bum, ma le vicende seguono la trama in maniera convincente. In 10 puntate.
Avete presente la serie su One pieces? Non è fedele al manga, ma ne mantiene quello scheletro, che soddisfa anche i puristi.
Per me che non ho letto il tomo, Shogun è un prodotto ben costruito, elaborato, costoso. La differenza dai drama che sono abituata a vedere in termine di budget e’ evidente! Costumi mozzaffiato, scenografie realistiche. Per fare un esempio stupido, le battaglie con schieramenti mostrano veri truppe non 30 soldati che dovrebbero rappresentarne 3000.
Gli attori sono bravi e i loro personaggi sono reali, centrati e credibili.
Tutto perfetto.. o quasi.
Sarei curiosa di sapere cosa ne pensa una persona che non ha una minima infarinatura di cultura orientale. Secondo me l’effetto è simile a quello che ho provato la prima volta davanti ad un drama wuxia.😅
E io, pur conoscendo un minimo il contesto e il pensiero giapponese, non ho avuto un minimo di empatia verso i personaggi principali della saga. Per fare una similitudine, ho ammirato un bel vaso con distacco in pratica non come farebbe Fatty.
A parte una scena che mi ha fatto accapponare la pelle, il livello di sensazioni e’ la stesso che posso avere guardando un documentario di History Channel.
E questo credo sia il più grande limite di questa serie.
Vale la pena guardarla? Si, se piace la storia, un prodotto ben fatto e non si cercano grandi emozioni.
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erosioni · 3 months
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Ars gratia artis 1
Mi basta avere tempo. I pensieri partono e si accavallano e sovrappongono. Pensando a cosa dovrei o devo fare, e come, a cosa dovrei pensare di dover fare, a cosa ho già fatto e detto e come, se andasse e andrà bene. Se invece c’è abbastanza tempo l’ozio disperde i pensieri: questi. 
Gli altri pensieri si accavallano, come le gambe: distanza interposta che proietta in avanti, un raccoglimento che sbircia ai lati. Invece di coprire in stage un turno non mio preferirei essere seduta a fare l’aperitivo, oppure in battello come i turisti, oppure in un letto non mio. Ma forse va bene anche solo stare qui a pensare.
In ogni caso la guardiania chiede solo tempo, soprattutto in un tardo pomeriggio di sole estivo che svuota il museo. Mi lascia allora non sragionare e con me nel fresco delle sale rimane il torpore dell'ozio. Comincio a pensare a qualcuno con cui vorrei bere, oppure con cui vorrei dividere un letto fresco, magari in una stanza anonima di hotel vista lago. Forse dividerlo con più di uno. Con due. Una coppia. È un bel pensiero. Mi cullo per un po’ con l’idea del threesome, finché posso. Disaccavallo le gambe e cambio posizione.
Non possiamo usare il cellulare, fa poco professionale. Ammesso che stare seduti qui sia una professione. Comunque sono severi. Sbircio l’ora: il turno è ancora lungo. Apertura serale estiva, l’idea geniale di qualcuno in assessorato. Non sia mai che qualche erudito manchi l’opportunità di vedere la collezione di sassi arcaici del primo piano nel dopo cena. Dai: comunque sono soldi per le vacanze.
Passa Martino, l’altro stagista. È alto, slanciato, con gli occhi scuri. La giacca gli sottolinea le spalle larghe. L’uniforme gli sta bene. Chi sa come starebbe senza. Mi fa un cenno di saluto annoiato e rispondo. “Tutto bene, Cami?” “Sì sì tutto bene, grazie, perché non andiamo a scopare nei cessi? Ho voglia di stare a quattro zampe davanti a te.” Questo mi limito a pensarlo ovviamente, in realtà annuisco sorridendo.
“Non c’è nessuno, vuoi uscire a fumare? Qui ci sto io…”. Forse anche meglio della scopata al cesso. Lo ringrazio con un altro sorriso e mi alzo. “Ti devo un favore” gli dico mentre esco dalla stanza, ma mi sa che sono troppo timida per fargli capire qual è il favore che gli farei per davvero.
Passando di fronte allo specchio dell’uscita mi vedo nell’uniforme della guardiania. Sembro un incrocio tra una hostess e una monaca: tailleur blu, camicetta bianca, gonna al ginocchio, calze velate. Definitivamente non da selfie.
All’esterno ci sono forse cinquanta gradi, ma è come stare fuori di galera. Mi rollo una sigaretta e aspiro con voluttà. Appoggiata al muro, mi slaccio il primo bottone della camicetta e socchiudo gli occhi. Non oso levarmi la giacchetta.
E faccio bene. “Signorina!” Sobbalzo come in un manga. Probabilmente ho l’espressione del gatto che ha mangiato il canarino. Ci mancava la direttrice, ma non era andata via? “Smetta subito di fumare e rientri! Lo sa che è proibito? Un po’ di professionalità, anche se è una stagista!” “Mi scusi, dottoressa” balbetto. Butto via la sigaretta. “Ma che fa? Sporca anche a terra? Andiamo bene! Raccolga quel mozzicone e lo metta nel cestino! Veloce…” Divento di tutti i colori. Sono proprio scema e ora la Bianchi mi prenderà in antipatia per sempre: è famosa per essere una super stronza con tutti. Mannaggia a me e a quando accetto di fare i turni degli altri.
Raccolgo il mozzicone e lo butto nel cestino. Mi giro e mi ritrovo faccia a faccia con la Bianchi, mi sta a cinque centimetri dal naso. I suoi occhi azzurri, vitrei, mi fissano come quelli di un serpente. Deglutisco e cerco di fare l’espressione docile.
Ora che cosa ho sbagliato? Ma non oso chiedere, mi limito a guardarla negli occhi con una lieve sensazione di smarrimento. Senza smettere di fissarmi, la Bianchi solleva le mani e mi chiude l’ultimo bottone della camicia. “In ordine, signorina… deve stare IN ORDINE…” Sento un tonfo al cuore. “S-sì mi s-scusi…” Non capisco il brivido che mi sale lungo la schiena. Questa stronza mi tratta come una merda e io mi eccito.
La seguo tutta remissiva mentre rientriamo. Ascolto il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento. Ma mi sono veramente eccitata? Do un’occhiata di sbieco al suo corpo. Ha il doppio dei miei anni, ma è una gran figa. “Scusa, ma stai veramente guardando il culo della Bianchi?” La mia voce interiore suona fintamente scandalizzata in mezzo ai pensieri che mi si accavallano in testa. “Sì” sono costretta ad ammettere. E sento pure le farfalle nello stomaco. Speriamo che mi lasci in guardiania dove posso finire di fare qualche fantasia su di lei in santa pace. Continuo a seguirla come un agnellino, ma con mia delusione passiamo davanti al desk dove c’è Martino. Lui mi guarda come dire “Povera”. Io non so più che espressione ho.
“Camilla…” mi riscuoto. La Bianchi si ricorda pure il mio nome? “Si chiama così vero?” Annuisco. “Mi segua in ufficio per favore. Martino: se c’è bisogno di ulteriore copertura in guardiania telefoni al mio interno, comunque non ci metteremo molto…”. Deglutisco e le farfalle nello stomaco si agitano anche di più. “Ma sei ansiosa o sei eccitata?” Non faccio in tempo a rispondermi che siamo nel silenzio dell’ufficio della Bianchi. Dovunque boiserie di mogano, libri e testine archeologiche. Sulla scrivania, enorme e piena di carte, un piccolo busto di qualche dea, ma non ho molta curiosità per i soprammobili, vista la situazione.
“Signorina, la nostra istituzione, anche se piccola, è famosa a livello internazionale per la sua serietà, per la sobrietà…” La ramanzina della Bianchi è cominciata. A quel punto mi rilasso. Cosa può succedere? Mi caccia? Non è certo il lavoro della mia vita. Mi scappa un sorrisetto di sollievo. “Che cos’è quel sorriso?” ruggisce la Bianchi “Lei mi sta sfidando?” Avvampo. “No, no dottoressa… mi dispiace, sono veramente dispiaciuta…”.
Mi si avvicina minacciosamente, rivedo quegli occhi freddissimi che mi trafiggono. Mi punta un dito al petto, mi fa quasi male. “I mocciosetti della tua età pensano di potersi permettere qualsiasi cosa, vero?” “Dottoressa i-io, mi dispiace…”. “Ora ti darò veramente una ragione per dispiacerti… ti piace aprirti la camicetta per farti vedere eh?”
Rimango spiazzata del tutto, forse più perché è passata al tu che per quello che dice. Mi afferra violentemente per il bavero della giacchetta. Ha una forza incredibile, nonostante sia alta come me. “Guardami bene, mocciosetta. Guardami…” Annaspo. Cado nel suo sguardo di disprezzo, poi abbasso gli occhi e li ritrovo nella sua scollatura abbondante. Ha un gran seno la Bianchi. Mi rifila un ceffone violentissimo. “Cosa guardi, mocciosetta?” Sono senza fiato: “A… a…” Mi arriva un secondo ceffone con il dorso della mano. Mi sale improvvisamente da piangere come da bambina.
“Mi guardi le tette? Ti fanno invidia? Tu certo hai ben poco in quel reparto!” Mi dà uno strattone alla camicetta e saltano tre bottoni. “Sei una puttanella maleducata e devi essere punita, lo sai?” Penso di avere il viso in fiamme e anche rigato di lacrime. Mi sento veramente umiliata e quel che è peggio riesco solo a balbettare cose incoerenti.
La Bianchi invece è una furia ma agisce in modo efficiente. Mi fa fare un mezzo giro su me stessa e mi spinge decisamente verso la scrivania. Sento che fruga in un cassetto. Qualcosa di metallico si chiude attorno ai miei polsi. Mi ha ammanettato questa stronza! Mi spinge e crollo a novanta gradi sulla scrivania mentre carte e libri finiscono a terra. Mi schiaccia la faccia contro il piano di vetro, tirandomi i capelli. Da quella posizione vedo gli occhi indifferenti della statuetta. Non capisco cosa sta succedendo, a parte che piango un po’ e mi tremano le gambe.
“Abbassiamo questa gonna ora, puttanella, vediamo che c’è sotto!” Cerco di divincolarmi, ma la Bianchi crudelmente mi sbatte la testa contro la scrivania. Sento un dolore fortissimo e trovo la forza di gridare. Mi sta addosso con tutto il peso. “Grida pure, mocciosetta, tanto è tutto insonorizzato qui…” “Per favore, per favore… no…” La gonna e i collant scivolano lungo le mie gambe e si afflosciano alle caviglie. “Lo sapevo, lo sapevo, hai delle mutandine davvero da quattro soldi. Tipico di voi mocciose: dove le prendi, al mercato?” Mi metto di nuovo a piangere perché non so cosa dire.
La Bianchi si piega su di me e mi sussurra: “Però hai un bel culetto, mocciosetta, va usato.” Inaspettatamente sento un brivido di eccitazione: mi sto bagnando. Comincia a sculacciarmi con la mano aperta. Sciaff. Grido e mi scuoto tutta, ma non mi azzardo più a ribellarmi. Sciaff. Sciaff. Continua con una mano durissima. “Per favore dottoressa noooo… bastaaa…” stavolta grido fortissimo, ma è inutile. “Ti stai eccitando, puttanella? Dimmi la verità?” Mi mordo le labbra per non rispondere, ma mi sto eccitando molto. Mi vergogno anche tanto, non credevo che una cosa del genere potesse essere eccitante.
Sento il sedere che pulsa, forse ci rimane anche il segno. Vorrei solo essere scopata adesso. “Sei proprio una troietta, vero, Camilla?” “Mhhh… sì sì…” Non so perché lo dico, forse per paura, ma in realtà mi fa piacere dirlo. Me lo fa ripetere diverse volte mentre mi sculaccia, è come se mi vedessi dall’esterno mentre mi umilia. “Sì, sono una troietta, una troietta, una troietta…”. Mi piace. Non ho più voglia di ribellarmi.
Mi spinge giù dalla scrivania. In ginocchio. Mi prende il mento e mi costringe ad alzare lo sguardo verso di lei. “Non mi dire che non l’hai mai fatto, mocciosetta…”. Non dico niente, mi vergogno e basta. La Bianchi si solleva la gonna. Sotto non ha nulla. È depilata. La sua vulva sembra un occhio indifferente. Mi prende la testa fra le mani.
Sento l’odore forte della sua eccitazione e in qualche modo sono felice che sia eccitata per una troietta come me. La lecco con desiderio, con passione, mentre mi passa una mano fra i capelli. A un tratto con soddisfazione sento che viene, viene per me.
Ora sorride. Io sono tutta bagnata, mi fa male il culo e sono anche ammanettata. Mi sdraio sul tappeto persiano esausta. “Che cosa vuoi veramente, Camilla?” “Voglio venire, ti prego, ti prego!” Non so da dove mi esce questa voce, sembro veramente una troia. Si piega su di me, mi abbassa le mutandine. La sua bocca raggiunge la mia figa. Vengo quasi subito con un mugolio. Vengo ancora e poi ancora. Sembra che non finisca mai. La Bianchi ridacchia: “Vedo che sei proprio una troietta, non mi ero sbagliata…”.
Tira fuori la chiave delle manette e mi libera. Istintivamente la abbraccio. Ci baciamo con la lingua. Ha il trucco tutto disfatto adesso, ma è molto affascinante lo stesso. “Hai imparato la lezione, Cami?” Annuisco anche se non so cosa ho imparato, a parte che mi piace essere sculacciata da donne mature. “Dietro quella porta c’è un bagno, datti una rinfrescata perché Martino è rimasto solo anche troppo…” Ora è di nuovo brusca. Sono un po’ delusa. Uffa: mi piaceva la Bianchi che mi faceva le coccole.
Mi ripulisco cercando di non guardarmi allo specchio. Ho la faccia di una tossica della stazione, i collant ovviamente sono smagliati, mi mancano bottoni alla camicetta. Quando esco, la direttrice è seduta alla scrivania, tutto è di nuovo in ordine. Mi avvicino alla porta: “Allora io vado, dottoressa…”. “Puoi chiamarmi Lucia quando siamo sole. Cosa che accadrà spesso nei tuoi prossimi turni, come puoi immaginare…” Il cuore mi batte un po’, cerco qualcosa da dire. Arrossisco mentre dico solo: “Ciao Lucia…”. Dio che frase stupida. Sono proprio scema. Speriamo che mi perdoni la goffaggine. Anzi no. No. Speriamo proprio che me la faccia pagare.
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aurozmp · 8 months
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non ho mai parlato di te a nessuno perché volevo tenerti mio, ti ho chiuso in una cassaforte ed ho buttato la chiave. mi sono quasi dimenticata di te in un periodo, anzi, senza il "quasi". eri scomparso dalla mia testa, eri svanito e dio, dio come stavo bene, finalmente riuscivo a respirare. ma poi, una sera, mentre stavo seduta a guardare il cielo mi sei comparso in mente come un fulmine. ho pianto sai, oh si, non l'avresti mai detto, vero? guardavo in alto e vedevo il tuo viso, mentre nelle orecchie sentivo la tua voce che mi diceva "hai gli occhi che ridono e la bocca che piange." mi manchi, mi manchi da morire. mi dispiace, mi dispiace veramente tanto, non sono mai riuscita a dirtelo. volevo solo essere divertente, volevo solo che qualcuno mi accettasse, pensavo che così fosse più giusto. non so bene perché ti stia scrivendo queste cose, sono passati anni, non voglio il tuo perdono, voglio solo sentirmi dire che andrà tutto bene. non sono più andata lì dall'ultima volta, non ce l'ho fatta, mi spiace, non sono neanche venuta a trovarti, sono una persona orribile. e no, non dire il contrario, so benissimo che lo pensi anche tu. ho trovato tempo fa un tuo bigliettino, uno di quelli che mi facevi trovare di nascosto. c'è scritto "sei speciale perché non sai di esserlo." io non credo di essere speciale, penso di essere solo una cogliona di merda. se la cosa ti può consolare ogni mio respiro porta il tuo nome, sei fermo in gola, mi dai quasi fastidio, ma ti lascio lì, non voglio che vai da qualche altra parte. non ho neanche una foto da mettere da qualche parte per ricordarti, cazzo una foto potevamo farla, non ci abbiamo mai pensato. però meglio così, sennò sarei rimasta ore a guardarla con le lacrime agli occhi. sono stata male nell'ultimo periodo, ma devi essere fiero di me, non ho fatto nulla di male, cioè più o meno. non ci sto ricadendo, anche se ho una paura fottuta che sia così. non so con chi parlarne, non so se gli altri mi possano capire come lo facevi tu. se te lo stai chiedendo, no, non ho smesso di scappare come un coniglio, in questo sono rimasta uguale. riuscirò a superare tutto da sola, devo per forza. sembra che i miei problemi siano sempre superficiali confronto quelli degli altri, sembra che il mio dolore sia finto, non capisco. magari è perché non ne ho mai parlato con nessuno, può essere, ma non posso farlo. ritorno domani, guardami da lì su, non odiarmi, ti prego. ti voglio bene, aurora.
luglio 2016
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theladyorlando · 8 months
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Il Viaggiatore Notturno
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Un viaggio di ritorno dalla bellezza. Così, Maurizio Maggiani la chiama per nome, non la nasconde dietro metafore. Il suo viaggiatore notturno ha cercato la bellezza sui polpastrelli, l'ha voluta proprio toccare. Finché lo leggo, quasi ci guardiamo con Maggiani e ci chiediamo: esiste allora la bellezza? posso sentirla sulla punta delle mie dita, come questo telefono su cui scrivo? posso tenerla nelle mani a coppa, come se raccogliessi acqua a una fontana? posso guardarla negli occhi? ma soprattutto: cosa lascia quel tocco sulle mie mani una volta che loro sono tornate ad essere vuote? cosa mi lascia la bellezza vissuta, on my fingertips? toccare la bellezza, e poi vedere cosa resta di lei: questa è la storia di questo libro. Il protagonista è un irundologo che aspetta l'arrivo della rondine comune in mezzo a un deserto. E immerso in questa attesa, in questa assenza totale di contatto fisico con le rondini e con gli uomini, lui ricorda invece tutte le volte in cui quelle mani hanno toccato, si sono riempite significativamente del bello: sono diventate un nido. Le rondini sono il bello, e così anche l'orsa Amapola, che lui incontra anni prima di quel deserto, in mezzo ai boschi delle Alpi: è una rondine anche lei, addormentata tra le sue mani. E infine, la Perfetta. Lei è la bellezza. Completa, rotonda. Lui la trova ferita, la porta in salvo e le tiene il viso tra le mani, come aveva già fatto con le rondini, come aveva fatto con Amapola. Ma la Perfetta è la somma di tutta la bellezza che esiste al mondo, ed è lì, per un attimo, tra le sue mani, come l'acqua che uno raccoglie alla fontana. Neanche si capiscono, lui e quella donna, ma non ce n'è affatto bisogno: loro si toccano, che altro serve? Non importa se ora lui è solo, nel deserto. Non ha bisogno neanche di pensarci, alla bellezza: loro si sono toccati, e lei è la Perfetta, lo seguirà ovunque lui si trovi, sulle spalle, come un saio, anche in mezzo a quella solitudine, a quel silenzio, a quell'assenza: lui è per sempre toccato dalla bellezza, anche nel deserto.
Io ultimamente ho toccato ben poca bellezza e ne ho guadagnato, con sorpresa, un terribile super potere. Ho guardato talmente tanto il brutto da vicino, che ormai quasi non mi spaventa più. Ma questo non è ancora il potere. È una cosa singolare quella che mi succede, se penso alla persona che io ero prima: perché io ero quella persona che al primo linfonodo ingrossato, al primo colpo di tosse sospetta, al primo sudore precoce di bambina, si tuffa in un mare di forum-salute, quelli in cui non risponde mai l'ombra di un medico vero, per capirci, e riemerge dopo giorni di vero terrore con una laura ad honorem: ematologia, bronco-pneumologia, endocrinologia pediatrica. Esattamente come Neo in Matrix: conosco il Kung fu. Ecco, uguale. Ho passato la vita nel terrore della malattia, che mi sono sempre figurata nella mia testa come un macigno che ti cade dal cielo, senza intelligenza, ciecamente. Così ho camminato tutti i giorni con la testa incassata nelle spalle, sperando che quella mia attesa del macigno, quella mia consapevolezza della sua esistenza nell'aria potesse in qualche modo salvarmi, o almeno farmi trovare pronta: il pensiero magico. Ho pensato per anni, tutti i santi giorni, al terremoto, perché io lo sento prima di tutti, sono peggio di un gatto, e sono terrorizzata da lui, dallo sciame sismico che si lascia dietro. Di nuovo, il pensiero magico. Sono esagerata, mi dicevano tutti: ho troppa paura, dai. E invece ora che quel macigno ha colpito così ciecamente io ho sviluppato, o ne ho guadagnato, un super potere. Ho scoperto di avere il potere di rovinare un pranzo di famiglia, una riunione di amici, un aperitivo, semplicemente rispondendo alla domanda: "'come va?". Perché io sono testimone del brutto, e posso rovinarti il pranzo apparecchiandotelo tutto sotto agli occhi: il brutto, quello senza intelligenza. Mi ha colpita e ho perso la paura di lui.  Qualche volta in questi mesi ho persino desiderato sentire una scossetta di terremoto. Piccola o grande. Tanto non ho più paura. E lo vado perfezionando, quel potere, perché ogni giorno divento una testimone più accurata. Quando mia figlia mi chiede a tavola cos'è una metastasi, e tutti i commensali mi guardano muti lasciando che sia io a rispondere, il potere aumenta. E a volte, questo è bello e inconfessabile insieme, provo piacere ad usarlo contro gli altri: contro quelli che non mi aiutano a rispondere a mia figlia. Contro quelli che ora hanno negli occhi la paura, gliela leggo benissimo, quando mi chiedono come va: ti prego abbi pietà di me. Come va? Provo un certo gusto perverso ad infliggere il brutto a chi mi diceva esagerata quando confessavo ingenuamente di avere paura dei temporali. Un giorno un fulmine scoperchierà casa a tutti, e mi sentirete ridere di gusto.
E invece lo voglio ancora toccare, il bello. Nonostante il mio superpotere, mi ritrovo ancora a sperare di fargli un nido con le mani. Come l'irundologo di Maggiani, voglio sentire il tocco della bellezza sulla punta delle mie dita: voglio conoscere la sua Perfetta Intelligenza. Allora, adesso che ho finito il libro, adesso che sono proprio sola, devo chiedermelo di nuovo: esiste la bellezza? E me lo chiedo nel reparto di radioterapia oncologica, davanti a un avviso per donne incinte o in allattamento: si prega di rivolgersi a un medico dell'ambulatorio prima di procedere alla radioterapia. E quindi, dicevamo: esiste la bellezza? Davvero? Io l'ho toccata la tua bellezza oppure quello che ho sentito era solo il calore che lasci dietro di te, quando passi, quando te ne vai? Posso dire di averti toccato con le mie mani, oppure esiste solo quel vuoto dentro di loro, e basta?  Questa prospettiva per me, quella della assenza per sempre garantita, degli oggetti che sono caldi solo del calore delle mie mani, è esattamente il contrario della bellezza: come una donna incinta che deve fare radioterapia: ma è mai possibile? Mi fa venire voglia di urlare dal dolore, quanto è stupida questa cosa? quanto manca di intelligenza? e quanto posso affinare il mio potere, non c'è un limite? Sono tornata a casa ho trovato una canzone che mi ha risposto. È la canzone che si trova sul frontespizio del romanzo di Maggiani, Suzanne, di Leonard Cohen. È sempre stata lì, la risposta: toccare la bellezza, come si fa? Per forza con le mani? Come si fa se siamo destinati ad avere le mani vuote? Ecco, c'era scritto lì, almeno così voglio credere, ancora prima che il viaggiatore iniziasse il suo viaggio, ancora prima che tornasse da quello.
But just when you mean to tell her
That you have no love to give her
Then she gets you on her wavelenght
And she lets the river answer
That you've always been her lover
And you want to travel with her
You want to travel blind
And you know that you can trust her
Cause she's touched your perfect body with her mind.
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zizijeanmaire · 10 months
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Luis Jouvet, Medellin, ore 3 del mattino, aprile 1943.
Il sipario è calato. Lo spettacolo è finito. Nessuno è venuto a trovarmi. Sono salito nel mio camerino, solo. Che strana sensazione, sempre, quella di essere ancora truccati e restare così “a metà” sospesi tra il teatro e la vita laica. Scrivo, come è mia abitudine, le osservazioni della recita. Questa sera, ho notato che l’attenzione del pubblico al terzo atto era più alta, più intensa del solito. Mi sono sentito commosso e turbato da una specie di perdita d’identità che mi ha fatto paura. La platea era un cratere che fiammeggiava in silenzio, un riverbero quasi insostenibile. Io dicevo il mio testo come sull’orlo di un abisso con il terrore di urtare su una parola e precipitare giù. Forse mi sono mancati questa sera, il controllo ed il sangue freddo. Forse ho ascoltato troppo, la sala. È un mio difetto. E forse mi sono spinto troppo in là e troppo a lungo. Ma come “fare il teatro” senza pensarlo, senza porsi delle domande? Come stare in mezzo alla gente e non guardarla e non chiedersi, non interrogarsi sul teatro e sul mestiere dell’attore ? Su quello che “il teatro” è? Perché è? Perché lo si fa? Dopo trent’anni di pratica, il teatro mi appare ancora in tutti i suoi aspetti soltanto come un mistero. Provoca in me dei turbamenti profondi, dei disordini interiori difficili da spiegare. So soltanto che ci sono due modi per fare o considerare il teatro: alla superficie o in profondità, o meglio in altezza, voglio dire proiettato nella verticale dell’infinito. Per me, il teatro è questo: una cosa dello spirito, un culto dello spirito. O degli spiriti. Divisa, lacerata continuamente tra sentimenti contrari, la mia vita è passata nel teatro, in una servitù volontaria, dove il disgusto e la vergogna si sono mescolati sempre con il fervore e la fiducia e lo scoraggiamento con l’entusiasmo. Come tutti quelli che operano ed agiscono ho tentato d’imparare e di capire questo gioco, che gioco non è, del recitare e le ragioni di coloro che al gioco partecipano. Non l’ho capito. Ma nonostante tutte le delusioni che ho provato, in questa vita d’illusioni, tutto mi appare ancora oggi meraviglioso, anche se incomprensibile. Chi sono coloro che vengono a sedersi, una sera, in una sala di teatro? Chi sono coloro che parlano e si muovono sulla scena? E chi è colui che ha scritto un’opera drammatica? Tutto ciò che ho cercato di fare nel teatro, tutto ciò che ho cercato di conoscere mi lascia insoddisfatto. Se mi guardo a fondo non ho fatto altro che cercare di sapere e di tutte le calde emozioni che alcuni momenti drammatici mi hanno dato, soprattutto quando parevano indicarmi una scoperta vicina, solo questa curiosità mi resta. La scoperta non l’ho fatta. Continua la ricerca.
Può chiamarsi questa “la ricerca di un dogma?” È l’effimero del teatro che mi fa presentire in lui qualcosa di più grande, dietro? Sono le sue bassezza e le sue miserie che mi fanno cercare delle compensazioni? O è il desiderio di durare, di sopravvivere che mi fa vedere nel teatro qualcosa di spirituale, una specie di rinascita dalla morte, ogni sera? So che c’è in me una tendenza dogmatica e una tendenza mistica. Ma io sono e resto un attore che guida una compagnia di attori, non una specie di santo chiuso nel suo ritiro. Eppure io sento che in questa vita del teatro c’è una specie di corruzione, che nel teatro ci sono sempre degli elementi di corruzione. Essi vengono molto spesso fuori, da coloro che vogliono entrare nel teatro senza averne il diritto. Molto spesso dall’ignoranza di coloro che lo praticano oppure dall’impossibilità di essere sempre all’altezza di quello che io chiamo “stato drammatico” (e che cos’è poi questo teatro?). Intrusi, profani, dilettanti, povera umanità che cerca in qualche modo di raggiungere il sublime. Il teatro: creazione degli uomini per arrivare più in là, più in su? Esorcismo per combattere, ognuno di noi, i fantasmi che ci abitano? Gioco puerile che non va né più in là, né più in su di un gioco di bambini? Nessuno è ancora riuscito a trovare delle spiegazioni vere che riempiano il vuoto immenso di queste domande: cos’è il teatro? E perché si va a teatro? Perché si fa il teatro? E i rischi? È un mestiere quello del teatro in cui si rischia continuamente il disprezzo e la perdita di se stessi. E io ? Per quale anomalia, per quale sregolatezza dei miei sentimenti, proprio come dicono i Padri della Chiesa, mi sono ridotto a questa condizione di volere “far finta” per tutta una vita, di imitare, di … Ma perché “quelli” che mi guardano attoniti e commossi, in silenzio? Forse perché il teatro è fatto per insegnare agli altri altre cose che avvengono intorno a loro, perché essi credono o capiscono che coloro che recitano, sono là per “rivelarli” a loro stessi. Forse il teatro serve per fare sentire loro he hanno un’anima e un’anima immortale. Se è così, allora io sono l’intermediario di un’operazione altissima! Comunque sia, il mio mestiere è l’arte di fare credere qualcosa che non è, l’arte dell’apparenza. Far questo come una “maniera d’essere” e in questo esercizio trovare un equilibrio interiore per potere vivere. Trovare un equilibrio nel suo disequilibrio. Vivere nello sdoppiarsi. Perdersi nel teatro per ritrovarsi. Il segreto dell’attore, forse il segreto di tutto il teatro è qui… e i miei, sono propositi inutili. Ma possono fissare per l’anno 2000 (soltanto qualche decennio da oggi) lo stato d’animo di un attore qualsiasi, in un anno dell’epoca travagliata che stiamo vivendo. Un attore che reinventa, ogni sera, resuscita ogni sera il teatro con tutta la tenerezza che ha per amarlo meglio. È tardi. Non sono andato avanti di un passo. Tutto resta confuso, come sempre. Ho scritto. Sono stanco e non ho nemmeno il coraggio di rileggermi. Mi strucco
Luis Jouvet
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ipotesi-controversa · 2 years
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Ci vorrebbe un posto in cui arrivare quando non si sa più dove andare.
È partita da questa frase, la seduta di questa mattina. Sono salita con gli occhi rossi e il cuore rotto, la gola mi brucia perché quando sto male, io, a differenza degli altri, urlo. Io urlo il dolore, la rabbia, la disperazione. Urlo frasi sconnesse, flussi di coscienza. Urlo con tutta la voce fino a sentire bruciare la gola, fino a dimenticarmi tutto il dolore, la rabbia e la sensazione di nausea costantemente tra il cuore e lo stomaco.
Salgo le scale trascinandomi, scalino dopo scalino fino al quarto piano.
Sì, c'è l'ascensore, ma quando sto così gioco solo a sfinirmi così da non pensare proprio nulla se non a voler dormire oppure di partire per un posto diverso senza nessuno.
Salgo e mi viene il fiatone e non so bene cosa dire, ma pago, pago ogni volta e allora cerco disperatamente l'uscita di questo labirinto mentale infernale fatto di persone sbagliate e situazioni del cazzo.
Mi siedo, non tolgo la giacca, sento freddo, ho le mani gelide e mi sento tremare e non riesco davvero a capire se sia rabbia o se sia freddo. Ho un mal di testa che mi porto dietro da giorni e pochissime ore di sonno dormite questa notte.
Mi siedo su questa poltrona in velluto di un blu bellissimo, piango per cinque minuti ininterrottamente con Marta che mi osserva, restando in silenzio e porgendomi un po' di klenex.
"ci vorrebbe un posto in cui arrivare quando non si sa più dove andare"
"cosa intendi Giulia?"
"è difficile dire quello che si pensa"
Ed è ancora più difficile quando sei sicuro di aver urlato tutta la rabbia che avevi in corpo in mezzo al traffico di Torino, chiusa in macchina, con le lacrime agli occhi e una crisi di panico. È difficile perché poi ti senti così vuoto che quasi non riesci a pensare a nient'altro ed é una sensazione di vuoto totale, quasi primordiale, come se non ricordassi come si parla, o non avessi idea di quale sia il suono della mia voce.
Ripenso a tutte le cattiverie che mi sono state dette e trovo il coraggio e tirarle fuori tutte, metto su diverse registrazioni, si sentono solo le altre voci, io piango, Marta resta in silenzio ad ascoltare, sento i suoi occhi addosso, ma é come se non avessi il coraggio di guardarla perché dentro quelle parole cattive, dietro ai modi sgarbati di chi dice di amarti, di volerti bene, di avere la tua persona a cuore ho iniziato a credere di essere fatta così, e tutte quelle parole descrivono una persona che é davvero un mostro.
Sento il cambio delle registrazioni, ci sono voci di persone diverse, mi sale il magone, tengo il conto delle registrazioni già ascoltate, sento alcune volte le mie parole, i miei pianti, mi sento in imbarazzo perché queste cose sono cose davvero private, intime e me ne vergogno tremendamente.
Dietro i miei occhi chiusi ci sono tutte le discussioni che sto ascoltando, é come se rivivessi le stesse sensazioni, fossi nello stesso posto in cui sono avvenute e con le stesse persone.
Il salone, in macchina, in giardino, sul letto, all'angolo di uno dei miei posticino preferiti, in cucina. E mille altri posti che solo a pensarci mi vengono i brividi.
In uno dei periodi più critici della mia vita Marta durante una delle nostre migliaia di sedute mi aveva detto questa frase: "non si può scegliere se e quando dimenticare qualcuno, ma si può scegliere a chi e cosa pensare."
Finiscono tutte le registrazioni apro gli occhi e osservo la faccia di Marta, perplessa, dispiaciuta e in preda al panico perché non sa bene cosa dirmi.
In questi anni io mi sono lasciata aiutare, mi sono aperta come ho fatto con poche altre persone nella vita e, con il tempo, ho imparato a leggere il suo viso, i suoi discorsi tra le righe, la sua incredulità e anche i suoi silenzi.
"Certe volto mi vergogno io al posto loro" e mentre lo dice osserva al telefono cercando di darmi uno spunto per una riflessione utile, senza successo.
Mi sento così persa che é come se fossi in una città che visito per la prima volta e dovessi cercare un posto senza l'aiuto del navigatore. Chi mi conosce sa perfettamente quanto scarso senso dell'orientamento io abbia e con quanta fatica io riesca ad orientarmi e con quanta facilità io fallisca quando devo farlo per forza.
Finisce la nostra ora insieme, mi dice che per oggi va bene così e poi mi consegna un foglietto su cui ha scritto per tutta la seduta che aveva dei piccoli consigli, uno tra questi diceva: "Dove non ci sono più orecchie per capire non ci devono più essere parole per spiegare, impara a volerti bene, impara a distinguere chi ti fa del male da chi cerca di salvaguardarti. É importante"
Esco senza voltarmi, scendo le scale e salgo in macchina e mi sciolgo i capelli, voglio sentirmi fuori posto ancora un po', sorrido, rimetto la mia maschera migliore, sorrido e mi scatto due foto perché ogni tanto occorre guardarsi bene per capire che qualcosa non va. Gli occhi sono tristi, ma il più delle volte, chi ci guarda é un analfabeta emotivo, quindi per oggi, anche se sono decisamente a pezzi, va bene così.
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danilacobain · 1 year
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Ossigeno - 2
2. Garden Flower 
Zlatan uscì dalla doccia e guadò Megan intenta ad asciugarsi i capelli in biancheria intima di pizzo nera davanti all'enorme specchio che occupava quasi tutta la parete dal lavabo in su. Era stupenda, mozzafiato. Ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista, stava uscendo dall'appartamento di fronte al suo a Miami, con indosso un vestitino semi trasparente bianco e i capelli raccolti in uno chignon. Era rimasto imbambolato. E dopo qualche mese erano diventai la coppia più popolare d'America. Erano inseparabili e a letto facevano scintille. Megan era pazza di lui, si era trasferita a Barcellona e poi a Milano e tornava negli Stati Uniti solo per girare un film o partecipare a qualche programma. Ma, ultimamente Zlatan non provava più gli stessi sentimenti per lei. 
Megan era estremamente viziata e spesso si comportava male, molto male. Lui, dal canto suo, aveva sempre odiato i figli di papà. Non gli aveva mai regalato niente nessuno, tutto quello che aveva ora lo aveva guadagnato con le proprie forze e grazie al proprio talento. Non aveva mai avuto un bel carattere, le persone lo definivano arrogante e presuntuoso, e lui lo era, ma in campo. Fuori era una persona completamente diversa. Non digeriva affatto certi suoi comportamenti, più volte glielo aveva fatto notare e spesso avevano litigato fin quasi ad arrivare alle mani, ma d'altronde quello era il suo carattere e non poteva di certo cambiarlo. Due settimane prima, col cuore a pezzi, Zlatan aveva deciso di chiudere la storia. Megan però aveva avuto un crollo emotivo, gli aveva detto che non poteva vivere senza di lui e... lui l'aveva semplicemente stretta a sé e non aveva avuto più il coraggio di mandarla via. Si avvolse un asciugamano intorno alla vita e si avvicinò allo specchio per pettinarsi i capelli. Lei lasciò vagare lo sguardo su quel corpo da urlo e sospirò. Spense il fono e lo poggiò sul piano di marmo. ‹‹Amore, sei irresistibile.›› Zlatan le sorrise e l'attirò a sé per sbaciucchiarla un po'. Le accarezzò il sedere. ‹‹Vai a prepararti, altrimenti faremo tardi.›› Si scambiarono qualche altro bacio, poi lei scomparve nella camera da letto e lui continuò a prepararsi.
Due ore più tardi erano in centro a Milano, nel nuovo locale del suo amico, nonché compagno di squadra, Ignazio Abate. Aveva aperto un lounge bar, il Garden Flower, e quella sera c'era un party inaugurale al quale erano stati invitati molti vip e presunti tali, calciatori e amici. Zlatan prese posto su un divano di pelle grigio accanto ai suoi compagni e ordinò da bere. Fu proprio nel momento in cui portò il bicchiere alle labbra che la vide: la ragazza che lo aveva insultato in quella boutique in centro era appena entrata nel bar e stava salutando un po' di persone. Era proprio lei, non poteva sbagliarsi. ‹‹Chi è quella?›› chiese a Mark Van Bommel, seduto accanto a lui. Mark guardò nella sua stessa direzione ‹‹Amico, non ne ho la più pallida idea, però è uno schianto.›› E sì, Zlatan dovette ammettere a sé stesso che era favolosa. Indossava un vestito rosso fuoco che le arrivava fin sopra le ginocchia, senza spalline e molto aderente. I capelli biondi erano sciolti e leggermente mossi; stringeva una piccola pochette nera e ad un tratto i loro sguardi si intrecciarono. L'eloquenza del suo sguardo lo fece incazzare, continuò a guardarla fino a quando non fu lei per prima a spostare lo sguardo altrove. Però continuava ad avere quell'aria familiare... ‹‹Ma come, non l'avete riconosciuta?›› intervenne Rino ‹‹Quella è Sveva, la sorella di Ignazio.›› Ah. La sorella di Ignazio. Ecco dove l'aveva vista! Ogni volta che andava a casa di Ignazio si soffermava sempre a guardare le sue foto sparse per tutta la sala. E adesso? Come doveva comportarsi con lei? Qualcosa dentro di lui si agitò. Aveva sempre desiderato conoscere la sorella di Ignazio, lui la nominava di continuo e dalle foto ne era rimasto affascinato. Ora invece il pensiero di conoscerla non lo allettava più. Aveva paura che potesse cambiare l'opinione che si era fatto di lei, cambiarla in peggio. E non era sicuro di volerlo.
Sveva distolse lo sguardo da quegli occhi profondi che la stavano fissando e si recò al tavolo del buffet. Mise qualche rustico e qualche tartina in un piattino e prese un cocktail analcolico alla frutta, poi trovò un posticino vuoto vicino al bancone e si sedette. Poco dopo la raggiunse il fratello. ‹‹Sveva, finalmente sei arrivata.››
‹‹E' da un po' che sono qui, chiacchieravi con delle persone e non sono venuta a disturbarti.›› ‹‹Hai salutato i ragazzi?›› ‹‹Non ancora, stavo mangiando qualcosa.›› Ignazio le accarezzò un braccio ‹‹Non mi hai ancora detto com'è stato per te ritornare qui dopo tanto tempo.›› ‹‹È casa mia qui. Ci sei tu, ci sono mamma e papà, è sempre bello.›› ‹‹Sono felice di sentirtelo dire. Ora vieni a salutare Rino, Massimo e tutti gli altri.›› Sveva si alzò dallo sgabello e seguì il fratello fino all'angolo dove prima aveva visto Ibrahimovic e gli altri compagni. ‹‹Ehi ragazzi, guardate un po' chi è tornato? Conoscete tutti mia sorella, vero?›› ‹‹Ciao Sveva!›› Massimo Ambrosini si alzò e la strinse in un caloroso abbraccio. Lo stesso fecero i veterani del Milan, che la conoscevano piuttosto bene. ‹‹Io non la conosco›› disse Mark, alzandosi e porgendole la mano. ‹‹Io sono Mark, molto piacere›› ‹‹Sveva.›› Mark sfiorò con le labbra il dorso della mano e la lasciò andare controvoglia. In cambio però ricevette un bellissimo sorriso, genuino, fresco, abbagliante, e per un secondo anche Zlatan rimase incantato. ‹‹Zlatan!›› Ignazio guardò l'amico, ‹‹anche tu non conosci Sveva vero? Oddio, mi sembra così strano...›› ‹‹Già›› rispose lui. ‹‹E così tu sei la famosa Sveva. Ti immaginavo diversa›› si alzò controvoglia e le strinse la mano. Forte. Lei ricambiò la stretta senza batter ciglio e disse in tono tagliente ‹‹Posso dire la stessa cosa di te, Zlatan Ibrahimovic.›› Che i due non si piacessero era chiaro a tutti in quel momento. Ignazio capì che doveva essere successo qualcosa, ma non disse nulla. Gli altri ripresero a parlare tra loro. Zlatan le rivolse un sorriso forzato e si accomodò di nuovo al suo posto. Sveva si guardò intorno nel tentativo di trovare una valida scusa per allontanarsi da lì il prima possibile e, guardando verso l'entrata, scorse il suo migliore amico Christian. ‹‹Vogliate scusarmi›› disse rivolgendosi ai ragazzi ‹‹ho appena visto una persona, vado a salutarla. A dopo›› Si congedò e corse verso la porta. A pochi passi da lui si fermò. Christian. Quanto gli era mancato. Lui la vide e sorrise, le si avvicinò rapido. ‹‹Sveva..›› l'attirò a sé e la strinse forte, tenendo premute le labbra sulla sua guancia. ‹‹Chri...›› ‹‹Quando sei tornata?›› ‹‹Un paio di giorni fa.›› ‹‹E non mi hai chiamato, perché?›› ‹‹Volevo farti una sorpresa.›› Lui le accarezzò la guancia ‹‹Come stai?›› Christian era l'unico che sapeva cosa era accaduto a New York con Logan. A lui non poteva mentire, non ci riusciva. ‹‹Molto meglio.›› ‹‹Per quanto tempo rimani? Ho tanta voglia di stare un po' con te... non hai idea di quanto mi sei mancata. Anche Stefania e le piccole vorranno vederti.›› ‹‹Ehi, ma Stefania non è venuta?›› ‹‹No, era un po' stanca e ha preferito riposare.›› ‹‹Uno di questi giorni verrò a pranzo da voi.›› ‹‹Ci puoi scommettere! Allora quanto rimani?›› ‹‹Abbastanza perché ti stuferai di avermi tra le scatole.›› ‹‹Sciocca›› le scostò alcune ciocche di capelli dal volto e l'accarezzò di nuovo. Non riusciva a staccare gli occhi dal suo volto. La guardava e sorrideva, era veramente felice di averla lì. Si sedettero ad un tavolo e rimasero a chiacchierare per molto, molto tempo.
Zlatan li osservò incuriosito. Sembravano molto più che semplici amici. Il modo in cui il suo compagno di squadra la guardava... c'era amore nei suoi occhi, tanto amore. Cos'erano quei due, amanti?
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16summerss · 2 years
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Avete mai provato quella sensazione di sapere di dover lasciare andare una persona perché è giusto farlo, ma allo stesso tempo non riuscirci?
Come se sapessi che non è ancora il momento, che è ancora presto, che hai bisogno di passare più tempo con lei per scavarla a fondo. Viverla. Conoscerla.
É forse una delle anime più pure che abbia mai incontrato, gliel’ho letto in faccia che ha sofferto, che ha delle cicatrici, esattamente come me. Ma a differenza mia lei ha vissuto veramente ed è buona e vede il bello.
Eppure all’apparenza la senti fredda, non ti tocca. E con te è distaccata, lontana. Non si mostra davvero.
Penso che lei sia troppo per me, l’avevo già capito ancora prima di conoscerla. So che non le interessa la mia amicizia, tantomeno la mia persona, che ai suoi occhi non sa di niente. So che non ha bisogno di me come io di lei e so anche che questo non dipende da me. Ma allo stesso tempo non riesco a lasciarla andare, sento che ne sono dipendente. Vorrei raccontarle tante cose, che lei facesse lo stesso. Vorrei venirle in mente per piccole cose e che me lo dicesse. Che mi chiedesse ogni tanto come sto, come va. Se ho voglia di fare qualcosa insieme. Ma so che non sarà mai possibile. Che dovrò essere sempre io a cercarla. E non penso di averne la forza. No, non la cercherò più. E perché stressarla? Le voglio troppo bene per farlo. Odio l’idea di infastidirla.
A volte ho anche la sensazione che la mia sia solo un’illusione e che forse ho idealizzato troppo, come faccio sempre. Si forse è giusto così. Forse tornando indietro avrei fatto meglio a non fare quello che ho fatto. Forse era meglio che mi limitassi a guardarla da lontano senza che lei se ne accorgesse. Senza farle notare che l’avevo vista. Forse ora sarebbe tutto diverso.
Pretendo troppo dalle persone o non ne valgo mai la pena?
Ok sono troppo intensa, la smetto.
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omarfor-orchestra · 2 years
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I love that you’re the Mare Fuori professional that everybody goes to when needed 😌 Sai che ho cominciato a guardare Mare Fuori “per colpa tua”, ne parli da mesi e mi è sempre incuriosito ma non sapevo bene dove guardarlo prima, poi è arrivato su Netflix e mi pareva più accessibile ma non trovavo mai il tempo. Ieri ho ceduto. Sai che non avevo idea della trama prima?? Anche se ho letto praticamente tutti i posts in cui ne parli! Non sapevo fosse così, ma mi sta piacendo un botto, devo anche trattenermi per non guardare tutto d’un tratto 🫢
Ps: @Rai, where is her paycheck for all the audience she’s giving to your shows??
Veramente ragà possiamo firmare una petizione per farmi pagare perché io qui sto facendo una campagna incredibile
(Momento serietà. Credo veramente che in questi anni il palinsesto sia svecchiato e che la qualità stia migliorando, e anche se non l'ho vissuta io sono riconoscente alla Rai per tutto il lavoro che ha fatto da quando è nata, per l'alfabetizzazione e l'informazione, solo che poi si è un po' persa via ed è rimasta indietro. Il fatto è che non ce ne possiamo lamentare a prescindere e risolvere con "basta non guardarla", perché così le cose non cambieranno mai. Secondo me ricominciare ad approcciarsi a questo servizio, elencarne pregi e difetti, riconoscerne limiti, sbagli e meriti é importante, perché la gente che guarda la TV è ancora tanta, e poi è la stessa che si confronta con il mondo. Poi cazzo raga Raiplay è un servizio della Madonna, ha letteralmente tutto tra documentari, serie, film, spettacoli, concerti, veramente non si può chiedere di più).
Comunque, mi fa piacere che ti piaccia!!!!! Io devo ammettere che alla prima puntata ho storto un po' il naso, poi mi sono appassionata più in là conoscendo i personaggi.
Sono contenta che ora possiate capire i miei post però bloccate il tag se non volete spoiler 😭😭
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fantasticazioni · 2 years
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È tutto verde.
Un racconto di David Foster Wallace tratto da La ragazza dai capelli strani, Minimum Fax Lei dice non mi importa se mi credi o no, è la verità, poi tu credi pure a quello che ti pare. Quindi è sicuro che mente. Quando è la verità si fa in quattro per cercare di farti credere a quello che dice. Perciò sento di non avere dubbi. Si rasserena e guarda dall’altra parte, lontano, ha l’aria furba con la sigaretta sotto la luce che entra dalla finestra bagnata, e io non so cosa mi sento di dire. Dico Mayfly [1] con te non so più cosa fare o cosa dire o a cosa credere. Ma ci sono delle cose che so per certe. So che io sto diventando vecchio e tu no. E che ti do tutto quello che ho da darti, con le mani e con il cuore. Tutto quello che ho dentro di me te l’ho dato a te. Tengo duro e lavoro sodo ogni giorno. Ho fatto di te l’unica ragione che ho per fare quello che faccio sempre. Ho cercato di costruire una casa per te, una casa di cui facessi parte, e che fosse una bella casa. Mi rassereno anch’io e getto il fiammifero nel lavandino insieme ad altri fiammiferi, piatti, una spugna e cose del genere. Dico Mayfly il mio cuore ha fatto il giro del mondo e ritorno per te ma ho quarantotto anni. È ora che la smetto di lasciarmi semplicemente trascinare dalle cose. Devo usare quel po’ di tempo che ancora mi resta per cercare di sistemare tutto e stare bene. Devo provare a stare come ho bisogno di stare. In me ci sono delle esigenze che tu non riesci neanche più a vedere, perché ci sono troppe esigenze tue di mezzo. Lei non dice nulla e io guardo la sua finestra e sento che lei sa che io so, e seduta sul mio divano fa un movimento. Ripiega le gambe sotto di sé, ha un paio di pantaloncini. Dico in fondo non mi importa di quello che ho visto o che credo di aver visto. Non è più quello il punto. So che sto io diventando vecchio e tu no. Ma ora mi sento come se ci fosse tutto me stesso che va verso di te mentre di te in cambio non mi viene più niente. Ha i capelli tirati su con un fermaglio e delle forcine e si tiene il mento con la mano, è mattina presto, sembra che stia sognando rivolta verso la luce pulita che entra dalla finestra bagnata sopra il mio divano. È tutto verde, dice. Guarda com’è tutto verde Mitch. Come fai a dire di provare certe cose quando fuori è tutto così verde. La finestra sopra il lavello del mio cucinino è stata ripulita dal violento acquazzone di stanotte e ora è una mattina di sole, è ancora presto, e fuori c’è un casino di verde. Gli alberi sono verdi e quel po’ d’erba che c’è oltre i dossi rallentatori è verde e allisciata. Ma non è tutto quanto verde. Le altre roulotte non sono verdi e il mio tavolino lì fuori con le pozzanghere allineate e le lattine di birra e le cicche che galleggiano nei portacenere non è verde, né il mio furgone, o la ghiaia della piazzola, o il triciclo che sta rovesciato su un fianco sotto un filo per il bucato senza bucato sopra accanto alla roulotte vicina, dove c’è uno che ha fatto dei bambini. È tutto verde sta dicendo lei. Lo sta sussurrando e il sussurro non è più rivolto a me lo so. Getto la sigaretta e volto bruscamente le spalle al mattino con il sapore di qualcosa di vero in bocca. Mi volto bruscamente verso di lei che sta sul divano in piena luce. Da dov’è seduta sta guardando fuori, e io guardo lei, e c’è qualcosa in me che non si riesce a chiudere, nel guardarla. Mayfly ha un corpo. E lei è la mia mattina. Dite il suo nome.
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sentimentalismi · 2 years
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A. oggi mi ha fatto spaventare così tanto da non rendermi conto di essere terrorizzata, il panico mi ha assalito in una forma nuova e non riuscivo a controllare il corpo
correvo e mi muovevo e camminavo senza scegliere dove andavo, non c'era affanno, non c'era il respiro, correvo e basta
quando l'ho vista camminare tranquillamente con quell'aria spavalda di chi se ne sbatte 3 cazzi di quello che potrebbe succedere questa sensazione di alienazione non è passata e le ho tirato uno schiaffo
mi sono sentita male durante e dopo
le è rimasto il segno e sicuramente le rimarrà il livido e non riesco a guardarla senza sentirmi incredibilmente debole per essermi lasciata andare al panico, per aver avuto il terrore di perderla, per aver pensato a tutto quello che le sarebbe potuto essere successo
per aver immaginato gli scenari più crudi e terribilmente possibili
non avrei dovuto darglielo quello schiaffo
vorrei solo non pensare sempre al peggio ed essere più razionale in questi casi
non volevo farle male ma
vorrei non essere la sorella maggiore
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damon-ridenow · 7 days
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SuperSbor
Chissà perchè continuo ad entrare in quella chat. La scusa ufficiale che mi do è che, essendo stato un luogo per me in qualche modo felice e soddisfacente, io continuo ad entrarci per rievocare quelle sensazioni, anche se ora tutto è cambiato, e la soddisfazione ha decisamente cambiato casa.
Qualche tempo fa mi scrive una certa Federica, milanese di una quarantina d'anni, e mi dice che il suo fidanzato le stava organizzando una festa, dove lei sarebbe stata l'unica protagonista femminile, e un nugolo di maschi avrebbe dovuto guardarla ballare e desiderarla. Lo stupore era già medio alto, io come sempre do corda a tutti, e mi sono fatto raccontare l'organizzazione di questa cosa e le paure di Federica.
Passano i giorni, torna a scrivermi. Io non mi ricordavo minimanente di tutta questa storia, ma lei mi riassume, mi dice che la festa c'è stata ed è andata bene. Lei imbarazzata, ma molto contenta, i maschi arrapati, e un finale con abbracci e sculacciate da parte degli avventori. La chat però continua con lei che mi dice che il suo fidanzato vuole già organizzare un'altra festa, magari più spinta. Le dico ovviamente di tornare presto a raccontarmi.
Oggi mi scrive di nuovo : la seconda festa è stata organizzata, e sarà più spinta : i maschi avventori gli hanno pure regalato una vacanza per ringraziarli. E attenzione, la festa si svolgerà FRA POCHI MINUTI!! Lei è in macchina con il fidanzato Sergio, mentre vanno a sta festa, e parla con me (uno sconosciuto in chat che poteva pure non essere collegato in quel momento) perchè la tranquillizzo, e così mi descrive cosa vorrebbe fare, io le parlo della normalità delle perversioni kinky, e così piano piano arrivano alla festa. Lei mi scrive dal bagno ringraziandomi, poi il colpo di scena : MI PASSA IL FIDANZATO. Questo mi ringrazia, mi dice anche lui dubbi e perplessità, e ad un certo punto inizia pure a farmi la telecronaca : dopo nemmeno 5 minuti di festa lei è già in mutande.
Ora, è chiaro che questo è un cumulo di stronzate, che io continuo a leggere con lo stesso spirito che ho quando guardo una brutta serie tv. Voglio vedere dove vanno a parare con le stronzate, come va a finire, cosa possono inventarsi ancora di così brutto. Io posso immaginarmi una persona un po sola, un maschio sicuramente, magari fidanzato o sposato, che ha delle fantasie da voyeur sulla propria compagna, e le viene a sfogare così in chat. Magari godrebbe a raccontare per filo e per segno la sua fantasia come fosse la succitata telecronaca, mentre si masturba. Perchè sono certissimo che in chat ci sia chi gode a farsi raccontare una storia assurda come questa, immaginandosi la scena, mentre io invece tendo a parlare quasi "seriamente"....eppure, questo strano personaggio continua a cercarmi, anche se io evidentemente non gli do la soddisfazione che cerca. Chissà. Quanto mi affascina la mente umana.
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yellowinter · 1 month
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76 giorni.
Non prendo la lametta da 76 giorni.
È dura, dura davvero.
Ieri in piena crisi ero sul punto di farlo.
Odio così tanto me stessa..
Mi accasciai a terra, in preda alla disperazione, con un dolore lacerante al petto.
Un dolore che mi tolse quasi il respiro.
Ero sul punto di farlo.
Ma poi ho detto "basta."
Ma poi mi sono chiesta "a cosa serve rovinare il tuo corpo?".
È dura, dura davvero.
Ti prego, dimmi qualcosa che mi ricordi che sono forte, e che un giorno potrò trarre giovamento da questo dolore.
Dimmi qualcosa che mi ricordi che sono bella.
Dimmi qualcosa che mi ricordi il motivo per cui continuo ancora a ricomporre ogni pezzo.
Dimmi qualcosa che possa ricordarmi di essere una guerriera.
Tu sei una guerriera. Anche se in realtà non c'è nessuna battaglia da combattere. Tutto questo dolore ha senso, ma un senso glielo devi dare tu. Abbraccialo e accoglilo, sentilo con tutta te stessa, osservalo, fagli le carezze dolci e comprendilo. Sarà un grande maestro di vita, un ottimo amico, una guida infallibile attraverso il quale vedrai realmente il mondo. E questo cazzo di mondo non è semplice... è fatto di cose belle ma anche di sofferenza. Dolore e piacere sono facce della stessa medaglia, sta a noi decidere come guardarla, da che parte girarla, riprenderla in mano quando scivola o lanciarla in aria per provare qualche brivido. Ma forse... la soluzione è tenerla in verticale e non in orizzontale, per vedere bianco e nero nello stesso momento. Non ti conosco, ma dentro di te hai sicuramente un bianco brillante e sì anche qualche pezzetto di nero profondo, siamo scacchiere in un universo fatto di contrasti. Sta a te decidere come "giocare", la realtà è una questione di percezione e la bellezza è sempre una scelta possibile. Tu sei bella, non dovresti tagliarti per non peggiorare la tua vita. Perché sì, sei forte, ma la forza non ha nulla a che fare con sentimenti o gesti violenti. È qualcosa che sta vicino all'amore, la chiave per uscire dalla sofferenza è la consapevolezza. Quella che ti fa ricomporre i pezzi ogni volta e chiudere gli occhi per riaprirli e guardare le cose da una prospettiva diversa. Sei stupenda. Spero che quei 76 giorni siano diventati molti di più e che tu possa continuare il tuo viaggio, non la tua battaglia. Posa le armi. Tieni l'amore.
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concordia78 · 2 months
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Artista con l'Intelligenza artificiale?
Alcuni artisti ormai usano l'IA per creare contenuti di alto valore artistico, molti si domandano se la cosa porterà ad un miglioramento oppure ad un peggioramento dell'arte globale.
Dunque la vera domanda che secondo me ci dobbiamo porre è innanzitutto: Le opere d'arte sono belle? meglio dell'umano?
Al momento io credo che l'essere umano è più bravo, se una cosa è prodotta in maniera non umana ce ne accorgiamo presto, basta un osservatore attento.
La vera poesia sta nell'errore, nella possibilità di guardare una cosa unica, che solo tu puoi produrre oppure comprare e possedere.
L'IA crea, al momento, contenuti che sembrano industriali, quindi ripetibili all'infinito, dunque ti potrebbe sembrare di comprare uno di quei quadri a poco prezzo che trovi nei centri commerciali, carini tutto sommato e che hanno una bellezza accettabile, così puoi mettere quel quadro, costato pochino, dove vuoi, e tecnicamente è bello, però prima di comprarlo ci pensi, capisci che è la tipica cosa commerciale, che a guardarla si capisce che ci hai voluto risparmiare, dunque verrà apprezzato solo fino ad un certo punto.
Tumblr media
Questa immagine appena inserita è stata presa online da un artista che si vanta di produrre con l'IA, in un certo senso apprezzo la sincerità, è anche una bella immagine, una bella ragazza, ma ancora si capisce che è stata fatta con un Computer, non usando troppo la personalità dell'artista, forse ha fatto bene a dirlo, perché si vede bene che non è tutta farina della sua originalità, ma nello stesso tempo è come se avesse dichiarato che la sua arte vale meno.
In futuro ritengo che certi quadri IA saranno ancora più belli, e sarà più difficile comprendere la poca umanità.
Se l'immagine sarà bella potrei decidere di usarla anche io, del resto ne ho appena usata una da inserire e ammirare, però dovremmo tutti chiederci se il nostro interesse è acquistare un dipinto per la sua umanità oppure soltanto per la sua bellezza.
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