Tumgik
#il nascondiglio del poeta
nasco-n-dino · 6 months
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Vorrei essere capace di non metterci i sentimenti come fate voi.
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libriaco · 3 months
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Basta una parola
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Scriveva Abatelunare, una decina di giorni fa, che spesso leggendo un libro si imparano delle parole nuove, e faceva riferimento a un toscanismo: costassù, trovato in una vecchia versione de Il ragazzo di Sycamore di Erskine Caldwell.
A me occorre poco, appena una parola, per impantanarmi in una serie di percorsi da cui poi faccio fatica a uscire; così è stato anche questa volta.
Infatti, in sintesi:
Da toscano conosco e uso la parola costassù, così come anche gli altri avverbi costì, costà, costaggiù; ricordo bene come, una decina di anni fa, me ne chiese il significato una collega, di madrelingua inglese, da poco arrivata a Siena.
Più di recente, saranno passati tre o quattro anni, durante una lettura condivisa de La vita agra del grossetano Luciano Bianciardi, le due amiche con cui leggevo, una di origine siciliana ma da anni a Napoli, l'altra veneta, mi chiesero lumi su due strane parole in cui si erano imbattute in quel testo: costì e costassù.
Ho chiesto ad Abatelunare chi avesse tradotto il libro, sospettando appunto un toscano, e mi ha indicato Marcella Hannau. Il mio sospetto era ben fondato, anche se non corretto, perchè la Hannau era nata a Trieste ma ha avuto frequentazione lunga e anche intima con la Toscana.
Le ricerche fatte mi hanno portato subito in ambiente fiorentino; la Hannau, traduttrice dall'inglese di oltre una settantina di libri, figlia di uno stakholder della Standard Oil, di famiglia ebraica, sposò molto giovane [nel 1921] Corrado Pavolini, nato a Firenze: regista, drammaturgo, critico letterario, poeta, librettista e traduttore. Corrado era figlio del professor Paolo Emilio, traduttore e docente universitario di Sanscrito, nato a Livorno da padre dell'isola d'Elba. La coppia frequentava l'ambiente culturale italiano del tempo: ci sono ad esempio foto degli anni '30, sulla spiaggia di Castiglioncello, sempre in Toscana (Livorno) in compagnia di Luigi Pirandello, Nicola De Pirro, Marta Abba, Maria Stella Labroca e Silvio D'Amico; le due famiglie, Hannau e Pavolini, frequentavano spiaggia, locali e ville di amici nella zona, già dalla fine degli anni 10 dello scorso secolo.
Corrado Pavolini era il fratello del gerarca fascista Alessandro, Ministro della Cultura Popolare e segretario del Partito Fascista.
Alessandro si rifiutò di aiutare il fratello e la cognata Marcella nel momento della promulgazione delle leggi razziali e Corrado e Marcella scapparono a Cortona (Arezzo) rifugiandosi nella villa dell'amico Debenedetti. A Cortona trovarono un buon nascondiglio anche gli Hannau, i genitori di Marcella, a cui offrì riparo il Vescovo, Monsignor Franciolini, direttamente nella sua abitazione.
Cortona piacque così tanto alla coppia Pavolini-Hannau che fecero della villa "del Bacchino" un loro punto di riferimento a guerra finita e poi, dal 1961, la loro residenza. Ecco come, con tutte queste frequentazioni toscane, la Hannau abbia potuto utilizzare parole ancora in uso nell'italiano del tempo, adesso segnalate dalla Treccani come semplici "toscanismi" vista la loro odierna più ristretta circolazione.
Restano da citare, in questi miei giri intorno alla coppia, due notiziuole "rosa": l'infatuazione per Corrado Pavolini, prima da parte di Anna Maria Ortese, poi di una sua carissima amica, Helle Busacca. [Interessante e rivelatrice questa pagina di Dario Biagi]. Su questo ramo della ricerca mi sono fermato, perché infiniti altri percorsi mi si sono aperti, relativi ai personaggi della cultura italiana dell'epoca e dei loro rapporti di amicizia, rivalità od odio.
Nonostante le ricerche sul web, non sono riuscito a trovare informazioni certe sulle date di nascita e di morte di Marcella Hannau; ho pensato allora di utilizzare il Copilot di Microsoft Bing. L'Inintelligenza Artificiale si è data da fare ma le date che cercavo non me le ha recuperate; in compenso ha tratteggiato un profilo, sintetico ma efficace, del marito Corrado. Peccato, però, che, da brava Inintelligenza, si sia confusa e abbia scritto i dati relativi ad Alessandro Pavolini, il gerarca titolare del MinCulPop e Segretario del Partito Nazionale Fascista, che fu processato per collaborazionismo, fucilato e poi esposto, insieme a Mussolini e alla Petacci, a Piazzale Loreto...
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*Aggiornamento del 29/03/2024: Corrado Pavolini e Marcella Hannau riposano ora l'uno accanto all'altra nel piccolo cimitero del Torreone al sommo della collina di Cortona.
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pangeanews · 6 years
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“Spesso, nella vita, lo scrittore si presenta come una persona ridicola, e ad ogni modo è sempre un’ombra”: per capire come scrivere bisogna leggere Robert Walser. Ecco un brano di micidiale bellezza
Due cose hanno l’eseguita, esigua esemplarità di una icona. La prima è il corpo; la seconda la scrittura. Il corpo è in mezzo alla neve, il giorno di Natale del 1956, morto, certo, certamente nascosto. Dalla fotografia il corpo appare come il bacio di un incipit, un bisbiglio verbale, sulla pagina bianca. “Il morto che giace sul pendio nevoso è un poeta che amava appassionatamente l’inverno, con la sua leggera e gaia danza di fiocchi – un vero poeta che si struggeva come un bambino per un mondo di quiete, di purezza e d’amore”: così Carl Seelig, seguace di incredibili passeggiate per i monti svizzeri, ricorda l’ultimo istante di Robert Walser, lo scrittore impareggiabile.
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L’altra è la scrittura. Minima, incomprensibile, come una fatica di formiche. Come se non fosse importante la logica, ma il libero vagabondaggio dei verbi. Come se con minuzia, con la cima di uno spillo sotto le unghie, lo scrittore cominciasse delicatamente, con dedica, a sminuzzare se stesso. Morire nella neve, scrivere nell’incomprensibile. Lo scrittore si cela – è il lettore che deve svelarlo.
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Robert Walser – i cui libri importanti sono editi in Italia da Adelphi – è l’uomo che si è incenerito scrivendo, riconoscendo un valore mistico alla cenere. “La cenere rappresenta in sé l’umiltà, l’insignificanza, l’assenza di valore. E, ciò che è ancora più bello: essa stessa è pervasa dalla convinzione di non valere nulla. Si può essere più inconsistenti, più deboli, più inetti della cenere? È davvero difficile. Si può essere più arrendevoli e più pazienti della cenere? Certo che no. La cenere è priva di carattere, […] dove vi è cenere, non ci è in fondo proprio nulla. Metti il piede sulla cenere, e quasi non ti accorgerai di aver calcato qualcosa”.
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In questo brano, riferito da un lettore dall’attenzione smodata, Walser, nel 1907, delinea l’attitudine dello scrittore, il suo orientamento. Lo scrittore, ridicolo agli occhi altrui, è mosso dal bene e si annulla, ammaliato, in ciò che vede e descrive. Alla luce, predilige la penombra, sta nascosto sotto la palpebra dei fatti. Non ha nulla da dire né da difendere, non ha alchemiche soluzioni per risolvere il dolore del mondo. Lo scrittore osserva e ama, con insostenibile dedizione, “cerca lo straordinario e il vero”. Lo scrittore ama così tanto ciò che descrive, da morire in quell’abbraccio – e risorgere già altro. Definendo le cose con la scrittura, lo scrittore le realizza, uccidendosi.
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…ma come è possibile sopportare questo amore che spossessa, che esilia dal club degli umani, che pretende ogni grammo di attenzione, inabili alla vita, indifferenti ai risultati e ai rilievi della fama? Il sanatorio è la via perfetta, quella già percorsa da Walser. E infine, insanabili, salvi, inabissarsi nella neve. (d.b.)
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Lo scrittore
Lo scrittore scrive su ciò che prova, vede e sente, oppure su ciò che gli viene in mente. Solitamente ha molti piccoli pensieri che non può affatto utilizzare, e questa è una circostanza che spesso lo porta alla disperazione. Gli accade d’altro canto di avere in mente molte cose utilizzabili, ma può succedere che il suo capitale resti inutilizzato per anni ed anni, perché non trova o perché nelle sue vicinanze non c’è nessuna persona benintenzionata che gli faccia disinteressatamente notare la sua ricchezza nascosta. Un bel giorno, ad alcuni stimati redattori di giornali può venire in mente di esortare un simile scrittore ad inviare una prova della propria arte. In un simile caso, lo scrittore si sente straordinariamente felice, ha sufficienti motivi per mostrare una gioiosa espressione del volto, e si dispone subito ad attendere nella maniera più precisa possibile ai desideri che hanno bussato alla sua porta. A questo scopo, si gratta anzitutto la fronte, poi si passa la mano tra i capelli, che possiede in enorme quantità, si sfiora il naso con il dito indice, forse si graffia anche, si mordicchia le labbra, assume un atteggiamento energico e nello stesso tempo apparentemente freddo e distaccato, pulisce la penna, siede al suo vecchio tavolo, sospira e comincia a scrivere.
La vita di un vero scrittore ha sempre due lati: un lato in ombra e un lato luminoso. Ha due posti: un posto a sedere e un posto in piedi. Ha due classi: una prima ma anche una deprimente quarta classe. Il mestiere dello scrittore, all’apparenza così allegro ed elegante, può anche essere molto duro, talvolta molto noioso, e spesso può addirittura essere pieno di pericoli. La fame e il freddo, la sete e l’aridità, l’umido e la siccità hanno notoriamente fatto parte, in tutte le epoche storiche e culturali, della mutevole vita dell’“eroe della penna”, e sarà probabilmente così anche in futuro. Ma è altrettanto noto che ci sono scrittori che fanno un sacco di soldi, si costruiscono ville a forma di castello in zone lacustri e vivono di buonissimo umore fino alla fine dei loro giorni. Beh, se lo saranno onestamente guadagnato…
Lo scrittore, così come deve essere, è uno che fa la posta, un cacciatore, un predatore, uno che cerca e trova: insomma, una specie di essere vestito di cuoio che sta sempre a caccia. Fa la posta alle cose che succedono, si mette a caccia delle stranezze del mondo, cerca lo straordinario e il vero, e aguzza le orecchie quando crede di udire dei suoni che annunciano non già l’avvicinarsi al galoppo di indiani a cavallo, quanto piuttosto l’avvicinarsi di nuove impressioni. È sempre sul chi vive, sempre pronto ad assalire di sorpresa. Se ad esempio vede passeggiare un’innocente e inconsapevole beltà femminile, ecco che lo scrittore sguscia fuori dal suo nascondiglio e infilza il cuore della signora che passeggia da sola con la punta acuminata della sua penna intinta nel terribile veleno della capacità di osservazione. Lo scrittore, di regola, è però in grado di dominare anche ciò che è odioso e terrificante, e non si sottrae nemmeno alla violenza descrittiva e poetica nei confronti dell’infanzia. Per la qual cosa, com’è noto oggi più che mai, viene punito col carcere. Lo scrittore, in qualsiasi tempo e occasione, ha sempre ficcato dappertutto il suo naso avido e curioso, e non smette di annusare. In questo, esattamente in questo, si ritiene generalmente che consista il compito più nobile di un solerte e coscienzioso scrittore. Tiene le narici costantemente aperte, è uno che fiuta e che annusa, e considera come un dovere il fatto di affinare fino alla massima perfezione le capacità sensoriali del suo naso. Uno scrittore non sa tutto. Soltanto gli dei, com’è noto, sanno tutto. Lo scrittore, però, sa qualcosa di tutto, e intuisce delle cose che nemmeno l’imperatore in persona si immagina. Approdando su questa terra, lo scrittore ha ricevuto in dote dei cartelli segnaletici, che si trovano nella sua testa e gli indicano sempre la direzione verso la quale devono volgersi i pensieri, se si vuol riuscire ad osservare ciò che è pieno di presentimenti o che addirittura è già quasi indefinibile. Lo scrittore si occupa di tutto quanto al mondo è degno di essere conosciuto e imparato, ed è sempre profondamente convinto che la cosa sia di giovamento per se stesso e per gli altri. Non appena ha provato un sia pur lieve arricchimento interiore, si crede nell’obbligo di mettere nero su bianco questo incremento e questo ampliamento. E per giunta lo fa immediatamente, senza lasciar passare nemmeno un’ora. Questa io la trovo una bella cosa, perché mostra come lo scrittore sia un uomo mosso da una sincera tensione verso il bene, un uomo che troverebbe ingiusto accumulare delle esperienze senza comunicarle nemmeno in minima parte al mondo che lo circonda. Di conseguenza, è il contrario di uno spilorcio che si arraffa tutto. Quale uomo, se non lo scrittore, si sente un servitore dell’umanità e un volenteroso amico dei poveri in questo secolo dominato dal carrierismo e dalla ricerca del piacere? E ne ha le sue buone ragioni, perché si rende conto che nel momento in cui dovesse cominciare a pensare solo al proprio tornaconto, il suo desiderio di creare qualcosa di vitale si spegnerebbe. È un misterioso qualcosa che lo spinge a dimenticare se stesso, un qualcosa che gli sta continuamente attorno. Si sacrifica, perché in fondo che cos’ha dalla vita? Quando gli altri ridono, al punto tale che arrivano perfino a piangere belle e chiare lacrime, ecco che lo scrittore se ne sta appartato nella penombra, tutto preso dal senso del dovere, che gli sussurra: Studia questa allegria, imprimi a fondo nella tua mente i toni di questa gioia, di modo che, quando tornerai a casa, tu li possa descrivere e dipingere con le parole!
Spesso, nella vita, lo scrittore si presenta come una cosiddetta persona ridicola, e ad ogni modo è sempre un’ombra, è sempre discosto; mentre gli altri godono dell’indicibile piacere di trovarsi sotto le luci, lo scrittore svolge invece il proprio ruolo quando tiene in mano la sua operosa penna, e quindi di nascosto. È questa pressappoco la scuola dove, tra mille dolorose offese e privazioni, ha imparato la modestia. Nel rapporto con le donne, ad esempio: lo scrittore, che volge seriamente i propri sforzi verso un unico fine e che si sente del tutto compreso nel proprio servizio, si vede costretto ad una prudenza che spesso ha effetti umilianti per la sua immagine di uomo. Adesso comincio a capire perché non si ha paura di definire lo scrittore un “eroe della penna”. Questa definizione sarà forse banale, però è vera. Lo scrittore, con le proprie sensazioni, vive tutto: è carrettiere, oste, attaccabrighe, cantante, calzolaio, dama da salotto, mendicante, generale, apprendista di banca, ballerina, madre, figlio, padre, mentitore, creatore, amante. È il chiaro di luna, è il mormorio della fontana, è la pioggia, il caldo nella strada, la spiaggia, la barca a vela. È l’affamato e il sazio, lo spaccone e il predicatore, il vento e il denaro. Quando scrive, mette il proprio tesoro sul tavolo, e lei (una contessa polacca) conta il denaro. Lo scrittore è il rossore sulla guancia della donna che si accorge di amare, è l’avversione che prova una persona grettamente dominata dall’odio. In breve: lo scrittore è tutto e deve essere tutto. Per lui c’è solo una religione, solo un sentimento, solo una visione del mondo, e questa consiste nel nascondersi con amorevole attenzione nella visione del mondo, nei sentimenti e nella religione degli altri, forse di tutti. Ogni volta, quando scrive la prima parola, non ha più nulla a che fare con se stesso; e quando ha dato forma alla prima frase, non si riconosce più. Penso che tutto questo glielo si possa consigliare.
Robert Walser
(Traduzione di Mattia Mantovani; da ‘Berliner Tageblatt’, 21 settembre 1907, ristampato in ‘Feuer’, di Robert Walser, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 2003. Copyright: Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main – Carl Seelig Stiftung, Zuerich, 1978)
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tmnotizie · 6 years
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MACERATA – Continuano gli attesi appuntamenti  con i protagonisti della Controra,  la settimana della 29° Edizione  del Festival  Musicultura, concerti, recital, incontri, dibattiti, reading – tutti ad ingresso libero –  che si snodano nelle suggestive location del centro storico di Macerata.
Domani martedì 12 alle ore 18 nel cortile del Palazzo Municipale con Ennio Cavalli incontro con Mimmo Locasciulli, che presenterà il suo libro Come una macchina volante. I ricordi d’infanzia, la curiosità per la vita, la passione per la musica e il microscopio. Così apre il racconto della propria vita Mimmo Locasciulli, medico e cantautore abruzzese con all’attivo 24 album, composti dagli anni ’70 ad oggi, in cui si è lasciato contaminare di volta in volta dal rock e dal pop, spingendosi fino allo sconfinamento nella musica elettronica, nel blues e nel jazz. Un viaggio autobiografico,  uno spartito armonico dove gli accadimenti e la prosa poetica si alternano in visioni tanto surreali quanto autentiche e sincere.
Alle 18,30 a Palazzo Conventati Giampiero Mughini presenta il libro Era di maggio. Cronache di uno psicodramma. Mughini, tra le personalità più eclettiche del panorama culturale italiano, se obbligato a parlare di sé, ama definirsi: “nato in Sicilia, vive e lavora a Roma dal 1970. A lungo giornalista professionista, ha pubblicato ventotto libri e mezzo. Quando lo chiamano e lo pagano, va in Tv a fare quattro chiacchiere”. Nel suo libro ci racconta ciò che accadde a Parigi dal 3 al 24 maggio del ‘68, facendo rivivere immagini, parole ed emozioni del tempo. Una riflessione sulla surrealtà delle accensioni ideologiche, su ciò che non si vede mentre si combatte all’impazzata con la violenza delle parole e l’ardore dei vent’anni, ma soprattutto su ciò che si cela sotto le coltri generaliste. 
Alle 21,15 a Palazzo Ciccolini Giulia Poeta e Simone Marconi, con “Fernando Pessoa in flagrante delitro” accompagnati dalla voce di Frida Neri e dalle chitarre di  Marco Poeta e Antonio Nasone. Un racconto a due voci, tratto dalle lettere dello scrittore alla fidanzata, uno spettacolo liberamente tratto da “Lettere alla Fidanzata” di F. Pessoa. A dare il vestito ideale e sublime alla loro corrispondenza amorosa sono le note del fado di Lisbona, brani interpretati in lingua tratti dalla più autentica e vera tradizione. Lo spettacolo vuole ritrarre Pessoa, massimo scrittore e poeta del Novecento, in una veste insolita e inesplorata e arrivare nel nascondiglio della sua inquietudine.
Alle 21,30 in Piazza della Libertà concerto dei Vincitori della 29° edizione di Musicultura. Gli 8 giovani artisti: Marco Greco, Alberto Nemo, Daniela Pes, Pollio, Francesco Rainero, Rakele, Davide Zilli, ZoniDuo si esibiranno di fronte al pubblico del Festival in uno spettacolo condotto dal giornalista critico musicale John Vignola di Rai Radio1.
Nella giornata di mercoledì 13 giugno la Controra si aprirà alle ore 18 nel cortile del Palazzo Municipale con “HENDRIX ’68 – THE ITALIAN EXPERIENCE”.  Enzo Gentile giornalista e storico musicale milanese, presenterà il suo libro scritto con Roberto Crema dedicato a quella prima e unica volta in cui Jimi Hendrix e i suoi Experience (Noel Redding e Mitch Mitchell) vennero in tour in Italia, nel maggio 1968, a Milano, Roma e Bologna. Un tour di cui non esistono registrazioni audio e video ufficiali, ma solo il ricordo indelebile di chi è riuscito ad ascoltare dal vivo il “più grande chitarrista della storia del rock”.
Alle 18,30 a Palazzo Conventati Dori Ghezzi presenta “Lui, io, noi” Faber: un grande amore, una storia di tutti. Per la prima volta Dori Ghezzi, la donna che dal 1974 è stata accanto a Fabrizio De André, parla della sua vita e del suo rapporto con il più carismatico cantautore italiano. E riesce nel prodigio di restituirci un De André inedito, visto attraverso i suoi occhi.  Scritto assieme a Giordano Meacci e Francesca Serafini sceneggiatori  del film tv Principe libero, “Lui, io, noi” è una storia privata che s’intreccia con quella pubblica di chi, da sessant’anni, ascolta De André. Soprattutto è il racconto intimo, commovente, a tratti perfino buffo, di un grande amore.
Alle 21,15 a Palazzo Ciccolini Francesca Romana Perrotta, con L’ora di mezzo Canzoni da ascoltare dopo il tramonto. La cantautrice ha vinto per ben tre volte Musicultura nel 2007, 2010 e 2016 e ha duettato con Cristiano De Andrè nel tour ‘De Andrè canta De Andrè’. Il suo ultimo album: L’ora di mezzo, uscito nel 2017 è un connubio post romantico di canzoni, sposate perfettamente in un’atmosfera retrò.
Alle 21,30 in Piazza C. Battisti l’atteso evento UNO di NOI – Tutti in piazza per Fabrizio, l’occasione per Musicultura e per la città di Macerata di ricordare un amico nonché il conduttore del festival dal 2009 fino allo scorso anno. Fabrizio Frizzi, oltre che un padrone di casa sempre garbato, elegante, curioso ed appassionato delle serate di giugno allo Sferisterio, in questi nove anni è diventato un amico vero di tutta la città. Con Alberto Infelise, autore del libro “Fabrizio Frizzi. Meraviglioso” parteciperanno alla serata Carlotta Tedeschi, John Vignola, Gianmaurizio Foderaro e Ennio Cavalli. Una grande occasione per ricordare Fabrizio tutti insieme, senza retorica, con ricordi, testimonianze e contributi video.
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nasco-n-dino · 5 months
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Stare al mio fianco è impegnativo.
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nasco-n-dino · 6 months
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Non è abbastanza, un cuore che ha sofferto pretende di più.
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nasco-n-dino · 6 months
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Che stupido, mi affeziono alle piccole cose e non me ne riesco a liberare.
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nasco-n-dino · 4 months
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Oggi si è spenta una leggenda che ha accompagnato generazioni e generazioni di bambini, facendoli crescere con le sue opere. Chi come come me ha passato la sua adolescenza in quel periodo dove i telefoni e internet ancora non erano quello che sono ora, tornando a casa da scuola e aspettare solo quel momento della giornata dove iniziavano i cartoni, così li chiamavamo stupidamente hai tempi. Non dimenticherò mai quelle sensazioni e quelle emozioni, che se pur animate e non reali mi hanno lasciato dentro qualcosa.
Grazie maestro, che tu ora possa percorrere quel serpentone infinito e raggiungere Takahashi da re kaioh.
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nasco-n-dino · 5 months
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Ho voglia di carezze sulla testa.
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nasco-n-dino · 5 months
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Mi sono stancato di questa superficialità.
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nasco-n-dino · 6 months
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Non so se sia asocialità, però stare a casa il weekend è su un altro livello.
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nasco-n-dino · 6 months
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Non prendiamoci in giro, in degli occhi profondi ti ci perdi in silenzio.
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nasco-n-dino · 5 months
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Giuro ci sto provando, ma non è semplice.
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nasco-n-dino · 5 months
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Palpebra che vibra? Non è stata una buona giornata.
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nasco-n-dino · 5 months
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Facciamo una gara? Chi s'innamora prima scappa.
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nasco-n-dino · 6 months
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Toccami dove vuoi, ma lasciami stare l'anima.
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