Tumgik
#la cosa sta un po’ sfuggendo di mano però
meinthebackground · 2 years
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31 Maggio 2022
Positive vibes only questi giorni, giusto per fare 180° rispetto ai giorni precedenti. Sono finalmente riuscita a rispedire indietro l’iPhone che aveva iniziato a riavviarsi da solo, such a shame, spero davvero che risolvono il danno e che me lo rimandino. Domenica sera poi dal nulla Claudia mi scrive su ig dicendo che mi ha sognata quel giorno. Well 1) so damn cute, io vivo per queste cose 2) di solito non mi vede le storie quindi non sa cosa sta succedendo nella mia vita dato che non ci vediamo da un paio d’anni, non penso sia stata una sorta di friendly pick up line, lei è sempre stata sweet con me (lo sa che faccio schifo a mantenere le amicizie e mi piace questa cosa che con lei posso parlare come se stessi riprendendo una conversazione di ieri senza che sembra passato del tempo). La convo è durata poco ma mi ha fatto un sacco piacere, ultimamente le avevo sempre scritto io per prima commentandole alcune storie, e niente sono felice di averla sentita. (Avrei voluto essere meno codarda e chiamarla il giorno dopo, ma non me la sono sentita, troppo stress una chiamata se non ti vedi da tanto tempo). Poi giusto per far salire il mio umore ancora di più, Cate (a cui avevo commentato una storia su Mikasa, the cat) mi dice che vuole incontrarsi perché non ci vediamo da secoli, anche con Bobba che questa settimana è più libera. Cate questo periodo l’ha passato un po’ male, era in ansia assurda per gli esami ed era entrata un po’ in una sorta di blocco e io oltre a incoraggiarla non me la sono sentita di scriverle oltre, l’avrei solo infastidita dato che adesso sono anche in tesi e lei non ancora. Lei ha finalmente dato un esame e si sente più libera, ovvio girl, I’m proud of you! Domani le vedo entrambe, prima però passerò la mattinata in auletta. Oggi avevamo una revisione e io ho abbandonato ile per spedire quel maledetto iPhone indietro, ora mi sento in colpa perché lei non vuole chiaramente arrabbiarsi con quei due Danieli che ci troviamo, non può stare a fare la babysitter e loro non comunicano le cose bene, per lo meno quando sta con me, faccio io la parte che li sgrida (Hanno preso a chiamarmi Generale ultimamente, perché facevo da supporto morale ad ile mentre aggiustavamo le tavole dal suo pc, ma ora la cosa sta sfuggendo di mano). Nell’audio recap di oggi mi ha detto che Rambo non sa se viene domani, Daniele continua a dire che non è vero che il lunedì sta bidonando sempre. (Qui c’è da dire che per lo meno Rambo è sincero e lo ha detto da subito che il venerdì se lo prenderà molte volte di ferie perché la sera prima si occupa degli Erasmus che vanno ai party. Lui invece no, dice che viene poi mi chiama (solo a me poi, perché pensa che ho un soft spot per lui?) e riesce sempre a convincermi a lasciarlo lavorare da casa. All’inizio pensavamo pure fosse per evitare di prendere i cornetti a tutti essendo il ritardatario fisso, ma ora sappiamo che la domenica lavora e allora dillo cavolo che vuoi il giorno dopo di riposo, ci si organizza diversamente e si va avanti). Domani mi sente se viene. A parte questo il prof better be joking quando dice che il sindaco non si fa sentire. Dude... sei tu che lo devi chiamare! A te frega del nostro tirocinio mica a lui! 
Ps. Kudos al ragazzo coi capelli ginger dell’auletta di fronte di cui ho scordato il nome (Marco? È possibile che ti chiami Marco?) che sta prendendo a salutarmi ogni volta che ci incrociamo fuori al corridoio e l’ultima volta mi ha complimentato la ‘maglietta figa’ che avevo (era quella con la grafica di un album dei Metallica). I hope you know that I like you now :)
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kyda · 3 years
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Come fai quando niente suscita più il tuo interesse? come se tutto fosse indifferente e tu stai lì a guardare la tua vita scorrere tra le dita come granelli di sabbia
La mia risposta è diventata più lunga di quello che pensavo, ma eccomi qui, non ti annoiare!
Resta vigile, passa in rassegna ogni granello di sabbia che ti ritrovi fra le dita.
Ci ho pensato un po' a cosa risponderti ma non so fino a che punto le mie parole ti serviranno né se avranno un senso per te. Posso dirti che io sto sempre attenta a ciò che acccade intorno a me, anche quando vedo tutto grigio. Il grigio può avere tante sfumature. Vorrei dirti una cosa ovvia ma che ogni tanto va ricordata perché è facile che ci passi di mente: noi non siamo mai davvero indipendenti da ciò che ci sta intorno. Tutto quello che c'è intorno a te in questo momento sta influenzando i tuoi pensieri e il tuo stato d'animo, anche se ti sembra che sia tutto indifferente. Non è così, non è tutto indifferente. Cosa fa chi ti circonda? Di che parla? Cosa c'è sui muri della tua stanza? Forse ti sei abituat* a vedere sempre le stesse cose. Mettile in un altro angolo, cambia la disposizione dei mobili della stanza in cui passi più tempo durante il giorno, usa un bicchiere diverso quando bevi l'acqua la mattina
Mi sono sentita anche io una spettatrice della mia stessa vita tante volte e per periodi più o meno lunghi e ogni volta che è successo poi ne sono venuta fuori diversa. Quando poi iniziavo a superarla, già nel processo me ne accorgevo e mi dicevo che ero io, che dipendeva da me e che mi stavo impegnando a uscirne, che io avevo deciso così e avevo il totale controllo del mio umore. Una volta fuori dal buco, però, mi sono resa conto, tutte le volte, che non è mai dipeso veramente tutto solo da me e che in realtà avevo soltanto notato qualcosa muoversi e mi ero mossa di conseguenza. È molto importante che tu sia sempre apert* e in vena di accogliere e considerare qualsiasi cosa che potrebbe rappresentare una novità per te. Quando ci si sente così spenti bisogna darsi una mossa e cambiare. Puoi e devi cambiare alcune cose, sono d'accordo e ti consiglio di farlo più che puoi. Ma è anche vero che tutto quello che leggi in giro e che gli altri dicono quando ti senti bloccat* funziona in base alle circostanze e questa e una piccola parentesi che secondo me non tutti fanno presente. A volte, semplicemente, non dipende interamente da te, non puoi incolpare completamente te stess*, non puoi decidere tu di cambiare tutto e non puoi alzarti un giorno di punto in bianco e decidere che devi stravolgere ogni cosa e cambiare vita se l'ambiente intorno a te non è favorevole al cambiamento di cui senti di aver bisogno e che vuoi mettere in atto. In poche parole: non fartene una colpa se ti sembra di non riuscire a muoverti. Ti stai muovendo, tutti lo facciamo e continueremmo a farlo anche se non lo volessimo perché è nella nostra natura. Devi però renderti conto di quello che succede nella tua testa, verso dove ti stai muovendo e di cosa stai vivendo.
Basandomi sulla mia esperienza e senza conoscerti né sapere cosa succede nella tua vita ti posso dire solo di aspettare che prima o poi una fra le tante cose che si muovono intorno a te ti toccherà, noterai qualcosa che ti accenderà di nuovo, e quando questo succederà allora arriverà il momento di agire al meglio e dovrai buttarti e cogliere al volo l'occasione. Perché le cose succedono, ma tu devi stare sempre all'erta e dispost* a vederle e ad aggrapparti alla prima occasione di cambiare e poi provare a cambiare quello che puoi e come puoi. Va bene sentirsi ed essere spenti, ma mai senza speranza, perché la vita è imprevedibile, che tu decida di crederci o no in questo momento. Ogni tanto sembra tutto fermo e paradossalmente sentiamo che la vita ci stia sfuggendo di mano ed è normale, ma tu cerca di non spegnerti nel frattempo e cerca qualcosa che ti faccia sentire viv*, anche una sciocchezza, e concentrati su quella per un po'. Ti prometto che andrà bene, è difficile crederci quando si è in questa situazione che sembra non avere una via d'uscita, ma andrà bene veramente. Tu però non assopirti
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sofabsocharlotte · 4 years
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« Charlotte! » La richiama a sé. « Vieni qui, dai. » Uno sguardo davanti a sé, il movimento della testa. « Fai spazio a Charlotte. » E questo sì che non è bello. « Lo sai che sono molto delusa da te, vero? » Le labbra che si arricciano in una espressione alquanto dispiaciuta. « Non si fanno queste cose fra amiche. Non è così, Xaxa? » E il capo che si volta di lato, cercando la complicità del bff. « Invece di guardare il mio ragazzo... » La mano destra che cercherebbe di portarsi verso il viso dell`amico, a prenderlo con indice e pollice, dal mento, come a volerlo farlo vedere meglio dall`altra. « Lui è carino, no? » E finalmente ritornerebbe a guardarla. « Tu che ne pensi di Charlotte, Xavier? » Una pausa. « Si è fatta pure un bel cu*etto. »
« Cosa non hai capito di: fai spazio a Charlotte? » Aka alzati adesso è la tua ultima chance. « Non si fanno assolutamente. » pappagallo mode on. « E non puoi deludere la mia migliore amica, lo sai? » Come se fosse effettivamente vietato deludere Octavia Milles, a maggior ragione se questa è la sua migliore amica. « Carino, dici tu? » Solo carino, Octavia? « Si è fatta un bel cu*etto, ma non è ancora nella top ten di Hogwarts. » e quale sarebbe la top ten. « Sicuramente c’è vicina. » e le fa – a Charlotte – persino un occhiolino che sa di incoraggiamento. Ci sei vicina. Te l’ha appena detto. « Penso sia carina. Niente male. » Piccola, sicuro. Comunque non importa. « Che dici, Charlotte, mh? » Mh?
« Ecco, fammi spazio. » rincarando la dose, una volta che arriva e che si mette seduta proprio di fronte a lei. « Lo so, mi dispiace tanto! Ti giurissimo su.. su tutte le mie fatine » e ne ha tante « che è successo per sbaglio. » ed aggiunge « E infatti, cioè le amiche non fanno così, lo so! Infatti io cioè non l’ho fatto apposta, davvero-davvero! » insomma ecco. « Cos.. cosa dico? » che dice?
« Secondo me Charlotte diventerà una delle ragazze più favolose di tutta Hogwarts. » Ruffiana come pochi. « Però magari potrebbe rimanere senza la mia amicizia, se non fa qualcosa per riparare a questo errore. » Un grosso errore, grossissimo, a quanto pare. E assottiglia le palpebre, per guardarla meglio. Ci sta pensando. « Ti impegnerai per Xavier, sì? » Sondiamo un po` gli stati d`animo della secondina. Ma subito dopo. « CE L`HO! » Così ad alta voce, voltandosi per un attimo verso il bff, a cui lancia un sorrisetto niente male, prima di ritornare su Charlotte. « Se ci tieni alla mia amicizia, per ripagarmi dell`errore, devi salire sulla panca, e gridare che Xavier è il più bello di tutta la scuola. » Le braccia che si incrociano al petto. « Così anche Helios non pensa più che a lui piaci. » Perché, lo pensa? « Xavier ti ripagherà con un bacio. Vero Xaxa? » Forse questa parte non era proprio concordata, ops.
« Ne sono convinto. Dopotutto è stata smistata tra i Serpeverde anche per questo. » per la bellezza dici? « Pensavo fosse già rimasta senza la tua amicizia ormai… » una piccola pausa riflessiva « dovresti recuperarla, Charlotte. » la sua amicizia. « Dopotutto come vedi, per me è fondamentale. » facendo spallucce. « Dovresti stare più attenta a quello che fai. » [...]  « Vero Charlotte. » vero. Ha detto vero. « Ti ripagherò con un bacio. » che membro virile.
eeh.. u-un.. eeh-io… che?? » suoni senza senso dalle labbra schiuse, con lo sguardo che si alterna dall’uno all’altra. « EHI, VOI OSCENI! » tutti quanti voi « LO SAPETE CHI IL PIU’.. IL PIU’ BELLO DI TUTTA HOGWARTS? » chi sarà mai!? « È XAVIER! » ecco. « EE.. E BASTA, ECCO. » buona cena a tutti, intanto può tornare quanto meno seduta sulla panca ma dopo averci messo un fazzoletto di stoffa nel punto in cui ci ha messo i piedi perché è una signorina pulita, favolosa e soprattutto schizzinosa. « SperocheHeliosabbiacapito. »
Riflettori su Xaxa e l’ipotetica lista di scommesse che prosegue. Si avvicina alla secondina e cerca di facilitare il tutto poggiandole la mano sotto il mento. « Non mi finire in infermeria. » per uno svenimento in atto. Sarà abbastanza veloce nell’avvicinarsi a lei, sfuggendo in direzione delle sue labbra per darle un bacetto – solo un bacetto – a stampo. Una cosa che potrebbe essere sin troppo innocente e rapida. Gli occhi aperti nemmeno tentano le palpebre di abbassarsi. Rapido così come lo sarà l’allontanamento del viso – qualora questo sia stato permesso – per avere una panoramica migliore sulla tredicenne. Te lo sei guadagnata, in caso.
Prima che il quartino le si avvicini per darle quel bacetto adorabile, la serpeverde sbatacchia le palpebre e si fissa su Xavier in un’apnea che potrebbe ammazzarla davvero. Poi quell’innocente bacino che la porta a sentire in un attimo fugace che per lei è durato nell’eterno infinito le labbra altrui. E appena si allontana si porta le mani sulle guance guardando non Xavier e nemmeno Octavia: dentro di sé il miglior spettacolo pirotecnico della storia. « … » Avete rotto Charlotte, bimbi.
« Così siamo pari. »
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Capitolo 56 - Segreti, mix tape e gelosia
Nel capitolo precedente: la serata speciale organizzata da Angie si è rivelata per lei un disastro e si sta concludendo in maniera ancora peggiore, dato che Eddie non sembra interessato a fare sesso con lei. Alla fine però i due si chiariscono e fanno l'amore per la prima volta. Angie resta ancora però ferma nella sua decisione di non dire niente agli amici. Lo scopriamo quando raggiungono Jeff, Stone, Grace, Mike e Cornell al solito pub. Jeff li vede arrivare assieme in macchina, ma entrare in momenti diversi nel locale per non dare nell'occhio. Dai suoi pensieri scopriamo che li aveva visti anche quando Angie era andata da Eddie a portargli la torta, sorprendendoli in atteggiamenti affettuosi. Il bassista se n'era andato per non metterli in imbarazzo. Grazie anche ai suggerimenti degli amici, Jeff riesce a mettere insieme i titoli del finto demo di Cliff Poncier, il protagonista del film di Cameron Crowe, e sfida Chris a scrivere davvero quelle canzoni.
***
“L'ha steso?”
“Sì, è andato giù come un sacco di patate. Ed era un sacco bello grosso” Angie molla per un attimo la mia mano, giusto il tempo di mimare la stazza approssimativa del tizio, poi la stringe di nuovo, mentre camminiamo verso la sua macchina.
“Con un pugno?”
“Ad essere precisi, due”
“Visto quello che ti ha detto, io gliene avrei dati di più” ubriaco o no, se tocchi una donna sei una merda e se mi capiti a tiro sei morto.
“Avresti infierito su un sacco di patate inerme?”
“Nah, hai ragione: scarsa soddisfazione. Comunque hai capito Meg, tipa tosta”
“Già... e pensare che all'inizio credevo fosse una fighetta insipida”
“Cosa? Tu? Tu che hai un pregiudizio? Non è possibile!” mi diverto a stuzzicarla. Quando le ho espresso dei pregiudizi molto simili sul conto di Violet mi ha fatto sentire una merda.
“Eheh sì, lo ammetto, ho sbagliato anch'io: errare è umano. Comunque è così che abbiamo fatto amicizia ed è iniziato tutto”
“Esempio di come da una brutta storia possa nascere qualcosa di buono”
“Vedi, quindi anche quel tizio qualche merito ce l'ha avuto dopo tutto” quando arriviamo alla sua Mini, Angie mi prende anche l'altra mano e si appoggia al paraurti tirandomi a sé.
“Merito un cazzo. E' successo una vita fa e io neanche c'ero e mi prudono lo stesso le mani dalla voglia di pestarlo a dovere” probabilmente portarmi a mangiare Thai nel quartiere universitario la fa sentire abbastanza al sicuro da possibili avvistamenti da parte dei nostri amici.
“Non ti agitare” cerca di calmarmi con un bacio e diciamo che ci riesce benissimo, ma non è necessario che lo sappia.
“Uhm... sono ancora un po' agitato” le dico dopo aver fatto un po' di scena, schioccando le labbra e la lingua come fanno i sommelier dopo un sorso di vino.
“Ahah dai, andiamo” me ne stampa un altro veloce e apre la portiera, mentre io faccio il giro per salire dall'altro lato.
“Angie, io sono l'ultimo a poter dare lezioni sullo stradario di Seattle, ma non dovevamo girare a sinistra?” le domando dopo la svolta al secondo semaforo.
“Oh... ma... perché tu vuoi tornare a casa, giusto?” stava allungando la mano verso il vano porta oggetti, ma si blocca, come se l'avessi beccata a combinare qualcosa e li vedo anche nel buio dell'abitacolo i suoi occhioni improvvisamente tristi.
“No, cioè, non per forza”
“Perché pensavo che è ancora presto e...” rimette entrambe le mani sul volante e contemporaneamente si stringe nelle spalle.
“Infatti, è presto” è sempre troppo presto per me quando è ora di salutarla.
“Pensavo... così... di fare un giro”
“Va bene”
“Ma se vuoi ti porto a casa”
“No, non voglio andare a casa”
“Non ti ho chiesto neanche se domattina hai da fare”
“Non ho un cazzo da fare domattina, Angie”
“Magari sei stanco”
“Non sono stanco”
“Appena posso faccio inversione”
“Angie?” le prendo la mano destra dal volante e ne bacio il palmo.
“Sì?”
“Portami in giro”
“Ok”
“Dove mi vuoi portare?” le chiedo lasciando andare la sua mano, che stavolta si fa strada nel cassettino porta oggetti e ne estrae una cassetta, senza custodia, che viene prontamente infilata nello stereo.
“In un posto... vedrai” sorride mentre Jim Morrison comincia a cantare.
Yeah I'm a back door man
I'm a back door man
The men don't know
But the little girls understand
“Manca ancora molto?” le domando mentre Brian Ferry ha appena finito di dire che L'amore è la droga che preferisce e noi ci immettiamo nella Greenwood Avenue.
“No, ci siamo quasi”
“Quasi... sii più specifica” mi piace stuzzicarla e vedere le sue facce.
“Meno di dieci minuti e siamo arrivati. Ti stai annoiando?”
“Con te mai”
“E allora perché sei così impaziente?”
“Non sono impaziente, vorrei solo capire se questo posto dove mi vuoi portare si trova dentro i confini degli Stati Uniti o no. Perché se per caso, per essere sicura che i nostri amici non ci sgamino, mi stai portando in Canada, ti avviso che non ho con me il passaporto”
“Ah ah” Angie mi rivolge un'occhiataccia, a cui segue immediatamente una carezza e una stretta sul mio ginocchio.
“Allora non sconfiniamo?”
“No”
“E dove stiamo andando?”
“Tra poco lo vedrai”
A un bivio giriamo a sinistra e poi ancora a sinistra e gli alberi si infittiscono.
“Tanto lo so: mi stai portando in un parco”
“Chissà” stacca per un attimo le mani dal volante per allargare le braccia facendo la gnorri.
“No! Mi stai portando al mare” mi correggo quando dopo pochissimo la strada diventa in discesa, la vegetazione si dirada un po' e vedo meglio l'orizzonte.
“Una cosa non esclude l'altra”
“Adoro vederti guidare col cambio manuale, lo sai?” dico cambiando completamente argomento, perso nei suoi movimenti nella guida.
“Ahah ho imparato a dodici anni, da mio padre. Tu lo sai fare?”
“No”
“No?? Davvero?” mi guarda scioccata per un attimo mentre prende dolcemente le curve della strada praticamente deserta.
“Eheh davvero, giuro, non ho mai provato”
“Ti insegno io!”
“Volentieri. Scommetto che sei una bravissima insegnante”
“Brava, ma severa”
“Perfetto”
Un cartello giallo indica una strada senza uscita ed è a quel punto che capisco che siamo arrivati a destinazione. Angie svolta in una strada sterrata piuttosto stretta sulla sinistra, per poi fermarsi in una sorta di spiazzo naturale, una radura in mezzo agli alberi, col muso della Mini rivolto verso l'ampia vista libera sul mare.
“Wow”
“Dal parcheggio più in alto il panorama è migliore, ma qui è più tranquillo” commenta spegnendo il motore.
“Lo vedo” mi guardo attorno ed effettivamente siamo ben nascosti dalle case costiere.
“Ti piace?” mi domanda mentre si scioglie la sciarpa e la lancia sul sedile di dietro, e dalle casse sfumano gli Stones e arriva morbida e graffiante allo stesso tempo la voce di Nico.
Here she comes, you better watch your step She's going to break your heart in two
Ho poco da fare attenzione ormai. Ci sono dentro fino al collo e il mio cuore è suo; non è spezzato, ma può farci quello che vuole, anche se non ha le lenti colorate e non è una Femme fatale diabolica e spietata come quella della canzone.
“Sì, mi piace qui...” maliziosa sì però, con quel sorrisino che... aspetta un momento “Angie?”
“Dimmi” risponde sbottonandosi il cappotto.
“Un piccolo dubbio mi assale”
“Eheh cioè?”
“Mi hai portato qui a scopare?”
“EDDIE!”
“A scopare in una Mini Cooper?”
“AHAHAHAHAH!”
“Perché ridi? Ho fatto una semplice domanda” in realtà mi sto divertendo un sacco anch'io, ma in maniera più discreta.
“Certo che proprio non ti piace girare attorno alle questioni, eh?”
“No, dovresti saperlo ormai... Allora?”
“Allora, ti ho portato qui per stare un po' insieme tranquilli, tra di noi, in intimità”
“Cioè scopare”
“Non solo per quello!”
“Ma anche quello”
“Beh... se ti va, sì” ammette e lo vedo anche al buio che è arrossita. Questa cosa delle iniziative da prendere ci sta sfuggendo di mano. Ma non mi sto certo lamentando.
“Mi va, ma per fare questa cosa andava bene pure casa mia, anzi era meglio”
“Insomma” scuote la testa poco convinta.
“Sia per la temperatura che per la comodità”
“Dimentichi un piccolo particolare”
“Quale?”
“Uno non così tanto piccolo, che vive con te e si chiama Jeff”
“Jeff sa quando farsi i cazzi suoi, è un ragazzo sveglio”
“Appunto, troppo sveglio!”
“Uff...”
“E poi non c'è questo panorama a casa tua” ribatte indicando la vista attraverso il parabrezza.
“Qualunque sia il posto, il panorama è sempre spettacolare quando ci sei tu”
“In pratica mi stai dicendo che vuoi tornare a casa” abbassa lo sguardo e fa finta di niente perché non può accettare un complimento neanche a morire.
“No, voglio stare qui e godermi il panorama da vicino” la abbraccio infilandole le mani sotto il cappotto e tirandola verso di me per un bacio. Il primo di una lunga serie.
“Allora ti è piaciuta come... iniziativa?” mi chiede staccandosi dalle mie labbra e mettendosi a giocare coi miei capelli.
“Eheh sì, molto. Solo vorrei capire come si svolge il tutto a livello... come dire... logistico”
“Usa un po' di fantasia, no?”
“La prossima volta che vuoi andare in camporella dimmelo che prendo il mio pickup”
“Ahahah non è che là ci sia tanto più spazio alla fine, sai?”
“Però c'è sempre il cassone”
“Ahahahahah comodissimo e soprattutto discreto”
“Dipende dove vai...”
“Oddio, l'hai fatto nel cassone??” Angie si stacca da me e mi guarda come se avesse visto un fantasma.
“Un paio di volte, sì”
“Per la gioia dei guardoni”
“Ovviamente mi sono prima accertato che non ci fosse nessuno in giro”
“Sei un esibizionista del cazzo!”
“Non c'era nessuno, scema!”
“Eheh anche adesso non c'è nessuno”
“Già”
Ci guardiamo per un secondo, smettiamo di ridere e praticamente ci saltiamo addosso l'un l'altro nello stesso istante. Angie si scrolla il cappotto di dosso e in qualche modo lo butta sul sedile di dietro dopodiché si arrampica a cavalcioni su di me, tutto questo senza scollare la bocca dalla mia.
“Abbassa un po' lo schienale” mi sussurra nell'orecchio.
“Così?” tocco appena una levetta laterale e mi ritrovo steso.
“Ahahah anche un po' meno, ecco così. Magari prova ad andare anche un po' in là” Angie mi aiuta a risollevarmi dopodiché raggiunge un'altra leva, presumo sotto al sedile, e lo spinge all'indietro in modo da quadagnare qualche centimetro quadrato in più di spazio vitale.
“Sei comoda?”
“Sì, tranquillo”
“Sei sicura? Hai un ginocchio sulla portiera e l'altro sull'attacco della cintura”
“Non sono mai stata meglio” se io non amo perdere tempo con le parole, Angie è quella che non indugia con i fatti perché sta già cercando di slacciarmi i pantaloni. Ci riesce e basta qualche secondo perché mi faccia già uscire di testa. Poi si alza botto torna sul suo sedile.
“Che fai? Dove vai?”
“Aspetta, devo giusto rimuovere... qualche piccolo ostacolo” la vedo slacciarsi le scarpe, trafficare con i suoi jeans, e presumo anche con gli slip, prima di tornare da me. Anch'io tiro giù tutto nel frattempo per facilitare la dinamica. Non faccio caso al fatto che non l'ho vista lanciare nient'altro sui sedili posteriori ed è solo quando allungo le mani per accarezzarla che mi accorgo che ha ancora indosso una gamba dei pantaloni.
“Fai le cose a metà?” rido sulle sue labbra.
“Metti che dobbiamo ricomporci al volo”
“Hai pensato proprio a tutto, eh?”
“Lo sai che sono precisa”
“Uhm vedo. Anche la cassetta...”
“Che cassetta?”
“La compilation da scopata che stiamo ascoltando da quando siamo partiti”
“Che?!” Angie scatta non so se più per la mia uscita o per il modo in cui la tocco.
“Non provarci neanche a fare finta che non lo sia”
“Figurati!”
“Tim Buckley ha appena detto che vuole essere la tua vittima d'amore” e lo capisco eccome.
“E' una compilation... romantica... si vede che mi è uscita così”
“Talmente romantica che subito dopo ti ha chiesto di frustarlo e prenderlo a schiaffi”
“Mai sentito parlare di metafore? E sì che scrivi canzoni”
“Metafore. Sì certo. Quindi quando Eric Clapton parla di fare l'amore contro il muro è sempre una metafora? E non cito quello che viene dopo che è pure peggio, perché tanto già lo sai” le sbottono il golfino e la camicia insieme, mentre lei si stringe nelle spalle e cerca di fare la gnorri.
“E' solo una bella canzone”
“Sono tutte belle” la stringo e riesco a tirarmela di nuovo addosso.
“Non voglio musica di merda quando guido” sentenzia prima di baciarmi togliendomi praticamente il fiato.
“Né quando ti imboschi col tuo ragazzo” la ripago subito con la stessa moneta.
“Sono precisa” mi fissa e risponde beffarda dopo un po'. Che poi... questa cassetta l'avrà fatta apposta? Cioè, apposta per stasera o comunque per me? O è un mix già pronto all'uso che tiene lì per ogni evenienza? E se sì, con chi l'avrà usato? L'avrà fatto avendo in mente qualcun altro? Ma soprattutto, perché mi vengono questi pensieri del cazzo adesso?
“Una cosa però l'hai dimenticata...” concentriamoci che è meglio.
“Cosa?”
“Non sono pronto a diventare papà”
“Ah! No... ce li ho, tranquillo” tutta la sicurezza di un secondo fa sparisce, Angie si tira su e si volta non solo per tentare di raggiungere e aprire il portaoggetti, ma anche per nascondere una piccola punta di imbarazzo.
“Sei la mia precisina preferita”
“Tecnicamente... ehm... il rischio non lo correresti ugualmente... nel senso che... beh, prendo la pillola, però ecco...” comincia a balbettare mentre apre la scatola senza guardarmi.
“Va bene”
“Al momento preferisco così, cioè, secondo me è meglio usarli lo stesso... se per te non è un problema...”
“Angie”
“Almeno per adesso, visto che... beh... abbiamo appena... poi con quello che è successo prima...”
“ANGIE?”
“Sì?”
“Ho detto che va bene, basta paranoie, ok?”
“Sicuro?”
“Ma certo, più in là vedremo, adesso va benissimo così”
“Ok”
“E adesso vieni qua”
“Come qua? Sono già qua”
“Intendo dire, più vicino”
“Siamo in una Mini, non posso andare molto lontano”
“Ho freddo e mi sento solo quaggiù sul sedile. E ho voglia di te. Quindi torna qui” la tiro per i lembi della camicia e lei si arrende, non so se più per paura che gliela strappi o perché convinta dalle mie parole.
“Lo sguardo da cucciolo bisognoso è quasi più potente delle fossette” alza gli occhi al cielo, o meglio, al tetto dell'auto, e mi raggiunge sorridendo.
“Addirittura?”
“Ho detto quasi”
**
Ancora non mi capacito di come faccia Angie ad avere tutto questo potere su di me, di come faccia a disarmarmi e stupirmi ogni volta. Anche una cazzata assurda, come quella di appartarsi in macchina a fare contorsionismo notturno in un posto sconosciuto, roba che non faccio da quasi una decina d'anni, con lei diventa speciale, e non solo per l'atto pratico in sé. In questo momento sono totalmente rapito dalla ragazza che sta sopra di me, ma non soltanto perché sta letteralmente sopra di me. La verità è che mi sta sopra, sotto, dentro, fuori, sulle spalle, tra le gambe, nella testa, nel sangue, sulla pelle e tutt'attorno. Faccio l'amore con lei nel modo e nel luogo più scomodi e stupidi del pianeta, ma il mio unico pensiero è che la voglio più vicina, ancora di più, come se fosse umanamente possibile. Il mio unico pensiero non è un pensiero perché non riesco a pensare, è solo un istinto, una sensazione, come la fame e la sete. La bacio e attraverso gli occhi chiusi vedo colori e punti luminosi, lampi di luce come scosse elettriche date da fulmini improvvisi. E le scariche si fanno via via più ravvicinate e intense e io penso di stare impazzendo perché non ho mai provato nulla del genere. Finché Angie non disimpegna la bocca e la usa per parlare.
“Ma cos- OH CAZZO”
Insomma, non so se sia colpa/merito di Angie, ma ci siamo rincoglioniti l'un con l'altro a tal punto da non accorgerci della volante della polizia spuntata chissà quando da chissà dove e parcheggiata a pochi metri da noi col lampeggiande acceso.
“Oh oh”
“OH OH? C'è la cazzo di polizia e tutto quello che sai dire è Oh oh??” Angie torna alla realtà molto più velocemente di me, che invece sono ancora un po' confuso.
“Che devo dire? Merda sarebbe più appropriato?”
“Sì, decisamente”
“Che fai ti rivesti?”
“No! Ma va! Resto qui tranquilla ad aspettare gli agenti a culo nudo” Angie si affanna a ricomporsi, mentre io faccio tutto lentamente. Diciamo anche che per me è più semplice.
“Non agitarti troppo, possono pensare che vuoi nascondere qualcosa”
“Nascondere qualcosa è proprio quello che sto cercando di fare” tira su frettolosamente i pantaloni e inizia ad abbottonarsi il golfino, tralasciando la camicia, non so se volontariamente o no.
Quando sentiamo qualcuno bussare al finestrino saltiamo in due. Angie guarda alla sua sinistra, poi di fronte, poi verso di me e scuote impercettibilmente la testa prima di indossare l'espressione più innocente che le ho mai visto in viso da quando la conosco.
“Buona sera, agente” si rivolge a uno dei disturbatori della nostra serata dopo aver tirato giù il finestrino. A giudicare dall'ombra che intravedo attraverso il mio, direi che il compare sta dalla mia parte.
“Buona sera... anche se buona notte sarebbe più appropriato, che dite?” abbiamo beccato il poliziotto che fa lo spiritoso. Cazzo.
“Beh, sì eheh!” Angie decide di assecondarlo e non posso darle torto “Come... ehm... come posso aiutarla?”
“Uhm vediamo, cominci con accendere la luce e darmi i suoi documenti, signorina”
“Certo, subito!” Angie si allunga sul sedile di dietro e il poliziotto picchietta il parabrezza con il manganello in corrispondenza dello specchietto per attirare la sua attenzione e farle capire che prima deve accendere la luce interna dell'abitacolo. Lei sussulta un attimo e poi esegue, prima di tornare a cercare i documenti.
“Stai calma” le sussurro mentre recupera la borsa e porge il tutto all'agente. Avrei preferito esserci io alla guida, non vorrei che Angie si agitasse e combinasse qualche cazzata. Sarà la prima volta in vita sua che la fermano.
“Grazie, anche quelli del suo... amico... prego” il tipo mi guarda malissimo e nello stesso momento qualcun altro bussa al mio finestrino. Voltandomi vedo una figura femminile che mi fa segno di tirarlo giù.
“Buona sera, ecco a lei” tiro fuori lentamente il portafoglio e da lì la patente, prima di darla alla collega.
“Angelina W. Pacifico... Idaho, eh?”
“Sì, mi sono trasferita da qualche mese” Angie ci aggiunge del suo, rispondendo a una domanda fatta da nessuno, cercando di mostrarsi disposta a collaborare.
“1972. Wow, sembra quasi vera ahah!” l'agente sventola il documento e ride a denti stretti rivolto alla collega.
“Sembra? Guardi che è vera!” Angie si infastidisce e io sbianco perché se comincia a rispondere alle provocazioni sono cazzi.
“Sarà... è da controllare”
“Controlli pure!” cazzi amari.
“Facciamo che mi da anche il libretto di circolazione, così controllo pure quello, che ne dice?”
“Va benissimo! Glielo do subito, per me può anche perquisire me, lui e tutta la macchina, ho la coscienza pulita io!”
“Ma lo sa che mi ha dato un'ottima idea, signorina Pacifico?” lo stronzo ride ancora sotto i baffi e spero che Angie si levi al più presto dalla faccia l'espressione in cagnesco che le vedo fare mentre recupera i documenti della macchina.
“26 anni. Non sei un po' troppo grande per quella ragazzina?” mi domanda la poliziotta dopo aver esaminato la mia patente e io decido di tacere, peccato che qualcun altro non sia del mio stesso avviso.
“IO SONO MAGGIORENNE! In che lingua glielo devo dire?”
“Silenzio!” l'urlo del poliziotto mi coglie di sorpresa dal mio lato, dove ha raggiunto la collega per prendere il mio documento, prima di tornare alla sua auto per i controlli.
“Angie, taci, per favore” sibilo tra i denti sperando segua il mio consiglio.
“Maggiorenne o no, è sempre un po' più grande di te” la poliziotta si china sul finestrino affacciandosi a parlare con Angie, con un tono più gentile.
“Non è un reato” risponde lei sottovoce e non so neanche se l'agente l'ha sentita. Forse finalmente ha capito qual è l'atteggiamento giusto.
“Vai all'università di Washington?” chiede la donna, che evidentemente vuole buttarsi sulle chiacchiere per ammazzare il tempo e per allentare la tensione.
“Sì, come fa a saperlo?”
“L'adesivo sopra il paraurti”
“Ah! Sì, mi sono trasferita qui apposta, per l'università”
“Con i tuoi?” ok, l'operazione poliziotto buono/poliziotto cattivo è iniziata.
“No, da sola”
“Quindi vivi da sola, hai un appartamento...”
“Beh sì”
“E tu?” stavolta si rivolge a me e per farlo mi punta la torcia dritta in faccia.
“Io non faccio l'università”
“Intendo dire, tu non ce l'hai una casa?”
“Certo”
“E allora cosa diavolo ci fate qui? In macchina? Beh, in una specie di macchina” continua spegnendo la torcia e usandola per indicare sommariamente la vettura e io mi giro verso Angie di scatto perché lo so che potrebbe bastare questo per farla scattare e saremmo fregati, ma lei imperterrita resiste e risponde pacata.
“Facevamo un giro”
“Un giro?”
“Sì” ribadisco io.
“Da fermi?”
“Ci siamo fermati un attimo” risponde prontamente la mia ragazza.
“Per fare cosa?”
“Chiacchierare” si è instaurato questo meccanismo per cui diamo una risposta ciascuno a turno, quindi sono io ad aprire bocca.
“Parlare” aggiunge Angie.
“Ascoltare musica” questo me lo suggerisce la cassetta che continua ad andare avanti con... The rain song?? Angie, cazzo, non potevi essere meno ovvia? E hai il coraggio di dire che non è un mix da scopata. Praticamente il nastro basterebbe da solo come prova in tribunale di atti osceni in luogo pubblico.
“Guardare il panorama”
“Sì sì, infatti quando siamo arrivati abbiamo visto quanto eravate concentrati sul panorama” la donna alza gli occhi al cielo e le scappa da ridere. Verrebbe da ridere anche a noi probabilmente se non fossimo sotto interrogatorio.
“Lei non ha specificato quale panorama... anche tu, un po' di elasticità mentale, per favore!” il collega cabarettista torna e porge i documenti a Angie attraverso il finestrino.
“Giusto!” esclama la poliziotta scambiandosi sguardi divertiti col socio, che torna a fare domande.
“Allora, se perquisisco questa macchinina da autoscontro ci trovo della droga o no?”
“No, agente” risponde seccamente lei e io spero sia vero, perché se ci trova qualcosa siamo doppiamente nella merda.
“Armi?”
“Figuriamoci, per carità. Le odio”
“E se ti faccio il palloncino cosa trovo?”
“Nulla perché non ho bevuto. Lui sì, qualcosina, ma non guida”
“Sì, ho visto, ho capito che sei tu che conduci, era piuttosto evidente ahahah” il tizio non riesce a trattenersi e scoppia a ridere sul finale, seguito a ruota dalla collega, che però lo redarguisce, rivelandoci così anche il suo nome.
“Barlow!”
“Ok ok, lo sapete perché vi abbiamo fermati?”
“Eravamo già fermi” Angie dice a voce bassa, ma non a sufficienza, mentre mi passa le carte da mettere via nel portaoggetti.
“Non faccia la spiritosa, lo sapete o no?” non dirgli che se lo fa lui lo puoi fare anche tu, so che glielo vuoi dire, ma non farlo, ti prego!
“No” rispondiamo in coro. Meno male. E almeno su questo è preparata: con la polizia, fare sempre gli gnorri.
“Perché secondo voi trombare in macchina in un luogo pubblico è una cosa normale, giusto?”
“Non è un luogo pubblico se non c'è nessuno, no?” la mia ragazza ci prova e rimarrà molto delusa.
“E questo su quale codice civile l'hai letto?” risponde lui sarcastico.
“Spero non studi legge, tesoro”
“No. Studio cinema”
“Aaah! Allora stavate provando le scene, ecco cosa!” questi due si stanno divertendo un mondo con noi.
“Barlow, piantala! Ehm ehm stiamo pattugliando la zona perché ultimamente ci sono state delle rapine. C'è una banda che prende di mira le coppiette che si appartano qui di notte, proprio come voi, ragazzi”
“Quindi al vostro posto rivedrei un po' le mie abitudini” aggiunge il collega riprendendo fiato dalla sue risatine del cazzo.
“Ognuno di voi ha una casa, andate lì”
“Ma sì, O'Hara, non hai capito? Ci sarà di mezzo una storia di corna! Lui molla la fidanzata a casa con una scusa e si incontra con l'amante più giovane, ho ragione o no?”
“NO!” Angie reagisce scandalizzata e io sento che questa serata sarà ancora molto lunga.
“Ce lo potete dire, tanto questo no, non è un reato” Barlow si china praticamente incrociando le braccia sull'apertura del finestrino e affacciandosi verso l'interno.
“Non c'è nessuna fidanzata a casa” spiego io.
“Allora è il suo ragazzo il cornuto?”
“Il suo ragazzo sono io, stiamo assieme”
“Quindi, fatemi capire: state insieme, in una relazione regolare intendo, lei è maggiorenne, ognuno di vuoi due ha una casa... coinquilini rompicoglioni?” l'agente O'Hara conta sulle dita gli elementi che non le quadrano nel ragionamento.
“No, cioè, non troppo” Angie mi guarda mentre risponde, come se cercasse un suggerimento o, più probabilmente, perché trova il tutto tremendamente assurdo, tanto quanto me.
“E allora perché non siete a casa vostra?”
“Lo chieda a lei” non so perché rispondo in questo modo, non so neanche se l'ho fatto davvero, non me ne accorgo nemmeno, mi esce così, spontaneamente.
“Eddie?!”
“Dicci, Angie, perché non siete a casa vostra?” insiste il comico, incuriosito, chiamandola per nome.
“Perché... perché è una cosa fresca”
“E questo si era capito, anche solo per... per l'entusiasmo, ecco” il poliziotto continua guadagnandosi l'ennesima finta occhiataccia dalla collega.
“Non vuole dirlo ai nostri amici” e questo mi sa che sono ancora io che vado a ruota libera.
“E perché? C'è qualche ex di mezzo?” O'Hara domanda e ormai siamo passati dall'interrogatorio all'angolo del gossip.
“No. Cioè, sì,” Angie si corregge quando mi vede fare una smorfia “ma non è quello il motivo”
“E allora qual è? Mica ti vergognerai di lui? Insomma, non ho una particolare attrazione per i capelloni, ma mi sembra un bel ragazzo, tutto sommato”
“Non mi vergogno affatto, è... è bello. E' perfetto, in tutto” dal gossip siamo arrivati alle confidenze? Un momento, cos'è che ha detto?
“E allora?” già, e allora? Mentalmente mi unisco ai due che insistono all'unisono per avere in cinque minuti una risposta che io cerco da settimane.
“E' che... beh, abbiamo gli stessi amici, è tutta una compagnia. E alcuni di loro suonano in un gruppo, con lui”
“Musicisti eh? Forse una perquisizione conviene farla tutto sommato” Barlow fa un'altra battuta del cazzo, ma la collega lo ignora e resta sul tema del momento.
“E sono più amici tuoi o suoi?”
“Beh, io li ho conosciuti poco prima, ma... più o meno uguale, direi”
“Ok, quindi hai paura sia di perderli sia di farli perdere a lui se le cose andassero male, giusto?”
Angie annuisce in silenzio alle parole di O'Hara e io rimango di stucco. Perderli? Improvvisamente una luce nuova viene gettata sulla faccenda, un nuovo punto di vista che non avevo mai preso in considerazione. Angie ha detto che non si fida di se stessa, ma si fida di me e non le ho mai creduto fino in fondo. Ha sempre espresso questa preoccupazione nei confronti dei nostri amici, perché sono impiccioni e non si fanno i cazzi loro, ma non avevo mai considerato che l'oggetto delle sue insicurezze fossero proprio loro, i ragazzi.
“Ho paura di essere giudicata o che giudichino lui. Ho paura di far nascere casini nel gruppo e che le nostre strade si dividano” Angie continua a confessare e mi chiedo se ci voleva davvero la minaccia di due poliziotti annoiati per tirare fuori finalmente la verità. Ma è lei che non l'ha mai rivelato o sono io che non ho mai capito un cazzo?
“Tesoro, ma è una cosa normale! Prendersi, lasciarsi, riprendersi, rilasciarsi, mettersi con un altro dello stesso giro. Nelle compagnie succede continuamente, ma non per questo si sfasciano” O'Hara si accende una sigaretta e da poliziotto buono si è trasformata in sorella maggiore. O meglio, nella zia a cui confidare tutto.
“Beh, non lo so, non ho mai avuto una compagnia, non così grande. Non ho mai avuto tutti questi amici” ora è tutto chiaro, cazzo. Non li ha mai avuti e non vuole perderli.
“Angie, se proprio dovessimo combinare qualche cazzata, sta' sicura che i ragazzi il culo lo fanno a me, mica a te. E il ben servito, se proprio deve prenderselo qualcuno, me lo becco sempre io” cerco di rassicurarla, ma dalla sua espressione non ci sto riuscendo.
“E pensi che questo mi farebbe piacere?”
“Mi sembra di guardare una puntata di Oprah dal vivo” commenta Barlow rapito.
“Angie, gli amici restano. La verità è che agli amici frega, sì, ma non più di tanto. Non fraintendermi, gli amici ti amano, ti danno dei consigli più o meno richiesti, possono mettersi in mezzo e prendere le parti dell'uno o dell'altro, ma alla fine vogliono solo che voi stiate bene, sia insieme sia ognuno per conto suo. A un certo punto si fermano e dicono arrangiatevi, nel miglior senso possibile. Poi se spariscono, beh, vuol dire che non erano amici veri”
“Forse, forse ha ragione”
“Certo che ho ragione!”
“Ragione o no, qui a scopare non ci dovete venire più, intesi?” il poliziotto, che si stava praticamente accasciando alla portiera, si ridesta e da un paio di colpi al tetto della macchina, forse per darsi una svegliata da solo.
“Intesi”
“D'accordo”
“Bene, si è fatta una certa, andiamo O'Hara”
“Tornate a casa, ragazzi. E guida con prudenza, Angie, va bene?”
“Certo”
“Buona notte”
“Arrivederci agenti”
“A mai più” aggiungo io quando i due sono ben lontani.
Tiriamo su i finestrini nello stesso momento, Angie mette in moto e attende.
“Non vanno?”
“Aspettano che partiamo noi, per essere sicuri che ce ne andiamo” le spiego e sorrido tra me e me del fatto che non l'avesse capito. E' come una piccola rappresentazione della sua innocenza. A volte mi dimentico che è giovanissima, che non ha esperienza in nulla, e no, non sto parlando solo degli atteggiamenti da tenere con gli agenti di polizia.
“Oh già, non ci avevo pensato, che palle” Angie sbuffa e parte.
“Che cosa assurda” siamo di nuovo in città quando Angie finalmente rompe il silenzio.
“Già”
“Che momento imbarazzante”
“Molto imbarazzante” però mi ha aperto un po' gli occhi, quindi tutto sommato è anche servito a qualcosa. Da quando siamo partiti non abbiamo più fatto cenno a quello che è successo, non abbiamo accennato a niente perché non abbiamo aperto bocca e ci siamo limitati a scambiarci sguardi e sorrisi fugaci e a canticchiare qualche canzone. Adesso, una volta metabolizzata tutta la faccenda, è arrivato il momento di riprendere discorso, stavolta tra noi.
“Non mi era mai successo”
“Neanche a me” ho avuto a che fare con la polizia, ma non per questo tipo di infrazioni.
“Ci sono stata un sacco di volte e non ho mai visto polizia, queste rapine devono essere una cosa recente”
Ci metto un po' a registrare quello che ha detto, forse perché sto ancora pensando al reato che stavamo compiendo su questi sedili neanche un'ora fa. Ma quando realizzo è come se mi svegliassero con una secchiata di ghiaccio potentissima.
“Mai? Perché, ci eri già stata?”
“Certo, se no come facevo a conoscere il posto?” lei risponde tranquillamente, quindi o è pazza o non ha capito dove sto andando a parare o non gliene frega un cazzo.
“E con chi?” la bocca di Angie si apre in una piccola O e qui intuisco che adesso sì, ha capito dove voglio arrivare.
“Come con chi? Con... con Meg”
“Con Meg”
“Sì, lei è qui da una vita, conosce i posti. Me l'ha fatto conoscere lei”
“Che ci sei andata a fare in riva al mare di notte con Meg?”
“A fare un giro! A bere e fumare, e spettegolare”
“E basta?”
“Ahahah che vuoi dire, che cosa pensi facessimo?”
“Voglio dire, ci sei andata con Meg e basta? Un sacco di volte, hai detto”
“E con te”
“Con Meg, me... e basta?”
“Beh...”
“Angie?”
“Non solo...”
“Ci sei andata con Jerry?”
“...”
“Angie, parlo con te”
“Lo so, ci sono solo io qui” siamo fermi al semaforo e Angie si guarda attorno nell'abitacolo, buttando pure l'occhio sui sedili di dietro, prima di tornare a fissare me.
“E quindi?”
“Non ci sono andata con Jerry”
“Quindi mi giuri che non mi hai portato dove ti infrattavi con il tuo ex, vero?”
“No!”
“Ok”
“Con lui... ehm... siamo andati nel parcheggio di sopra”
“COSA?!”
“Che c'è? Perché ti arrabbi?”
“Perché? Come perché? Mi porti a fare cosacce dove scopavi il tuo ex ragazzo, non dovrei neanche arrabbiarmi?”
“Non ho mai scopato Jerry in quel posto!”
“Il fatto che fosse un altro parcheggio cinquanta metri più su non cambia la sostanza, Angie”
“Intendo che non l'ho mai fatto in macchina con Jerry!” esclama mentre fa un cenno di scuse al tipo dietro, che ci ha appena suonato perché non siamo scattati subito al verde. Anche lui, che cazzo vuole poi? Che cazzo di fretta ha?
“No?”
“No, non ho mai... non ho mai avuto rapporti completi con Jerry in auto”
“Questo uso sospetto di termini molto, troppo specifici non mi sembra per niente casuale”
“Ci siamo baciati”
“Non lo voglio sapere” mi basta che lo dica per immaginarmelo, diciamo che me lo immagino anche senza che lei mi dica nulla, la mia immaginazione non ha bisogno di aiutini.
“Ma se me l'hai praticamente chiesto?”
“Non sono scemo, ho capito che non te lo sei scopato lì, ma qualcosa ci facevi. Il succo non cambia”
“Che c'entra chi ci ho portato prima, adesso ci sei tu”
“C'entra perché... perché mi da fastidio, mi fa strano, mi da... una sensazione... brutta”
“Te l'ho praticamente detto quando ci siamo arrivati che ci ero già stata, ma non hai fatto una piega. Perché adesso te la prendi tutto d'un tratto?”
Ed effettivamente è vero, me l'ha detto, non mi ricordo le parole esatte, ma me l'ha fatto capire. La verità è che ero talmente preso dalla situazione, da lei, dal suo profumo, dai suoi gesti nel togliersi la giacca, dai suoi occhioni, dal suo sorriso malizioso a forma di cuore... e non ho capito un cazzo.
“Si vede che prima non ci ho fatto caso e adesso sì”
“Io vengo da fuori, non conosco tanti posti, se decido di appartarmi con te da qualche parte non posso improvvisare, è ovvio che io segua... ehm... una strada già battuta”
“Beh allora non andiamo più da nessuna parte e stiamo a casa, così risolviamo il problema”
“Se è per questo, Jerry è stato anche nel mio letto, non andiamo più nemmeno lì?” Angie mi guarda perplessa e io lo so, lo so che sono pazzo, che sono io quello malato, che la gelosia retroattiva non ha senso. Ma mi girano le palle, ah, se mi girano!
“Potresti... potresti evitare di ricordarmelo? Grazie”
“Ma... sei geloso di Jerry?”
“No” noooo ma va! Cosa te lo fa pensare?
“Ok. Anche perché sarebbe veramente stupido se tu lo fossi” ecco, appunto.
“Infatti”
“Perché non mi interessa, non c'è praticamente la benché minima speranza che lui possa interessarmi ancora e che possa tornare con lui” siamo sicuri? Magari da parte di Angie non c'è storia, ma Jerry ci spera ancora, eccome. Me l'ha detto lui! Ovviamente, questa informazione me la tengo per me.
“Lo so”
“Bene”
“Anche la cassetta la usavi con lui o è una mia esclusiva?”
“La cassetta l'ho fatta ieri, per te. Per l'occasione” ribatte sfiancata, alzando gli occhi al cielo.
“Ok”
“Contento?”
“Molto. Mi piace”
“Meno male”
“La cassetta di Jerry invece com'era?”
“Dio, Eddie, non c'è mai stata nessuna cassetta di Jerry”
“Non ci credo”
“Pensala come vuoi, potrei anche non risponderti, perché la cosa in fondo non ti riguarda. Invece ti ho pure risposto ed è la verità” ha ragione, quello che aveva con Jerry non sono cazzi miei. E sto facendo la figura del coglione.
“Scusa”
“Va bene”
“Sono un po' stupido a volte”
“Ho notato”
“Poi però mi passa”
“Lo spero”
“Poi me la presti la cassetta? Voglio farne una copia”
“Spero ti passi in fretta, molto in fretta”
**
“Eccoci” Angie si ferma a un isolato da casa mia, come fa sempre ultimamente ogni volta che mi riaccompagna a casa.
“Guarda che Jeff non fa la casalinga impicciona alla finestra per controllare con chi esco. Non gliele può fregare di meno, sono mica Stone” scherzo per alleggerire un po' l'atmosfera, che è ancora tesa nonostante le mie scuse e le stronzate che sparo.
“Venerdì” Angie tiene stretto il volante e continua a non guardarmi.
“Venerdì cosa?”
“Venerdì suonate all'Ok Hotel”
“Sì”
“E si festeggia Jeff, che fa gli anni due giorni dopo”
“Già”
“E poi lunedì iniziate a registrare Eleven”
“Hahaha si chiama Ten”
“Ma sono undici canzoni! Non ha senso, te l'ho già detto!” finalmente si volta dalla mia parte e le mani si spostano sulla parte bassa del volante.
“Se è per questo è anche il nostro primo disco, lo chiamiamo One? O First? Eheheh”
“Ridi ridi, poi quando non saprete come chiamare il vostro decimo album vedremo chi riderà per ultimo”
“Il decimo? Credi che dureremo così tanto?”
“Certo! Ma vi scioglierete proprio a causa di quel disco perché non saprete che cazzo di nome dargli, indecisi tra... boh... una marca di surf e una riserva dei Seattle Supersonics”
“Ahahah sempre che i Sonics esistano ancora”
“Perché non dovrebbero?” mi chiede improvvisamente seria, in quella sua maniera adorabile di focalizzarsi su dettagli del tutto secondari.
“Tu ci pensi mai al futuro? Dico, il futuro futuro, tipo venti o trent'anni da ora?” io sì, ad esempio ora mi sto immaginando tra vent'anni, a parlare in macchina con te, magari di ritorno da una partita dei Sonics.
“Mmm no, cioè, non dettagliatamente, ma sono curiosa di sapere se sul 2001 aveva ragione Kubrik o se nel 2019 avremo schiavi replicanti androidi come in Blade Runner, quello sì”
“Eheh intendo il tuo futuro, personale, a che punto sarai. Cioè, dove ti vedi, come ti vedi... cose così” le domando ancora e vorrei confessarle che io ogni tanto ci penso al futuro. E lei mi prenderebbe per il culo perché uno che è abituato a vivere l'attimo che pensa al futuro è un controsenso. Ma io farei finta di non averla sentita e le direi che non lo so se ci arriverò, ma ogni tanto mi piace immaginarmi tra venti o trent'anni, magari coi capelli più corti o senza capelli addirittura, a vivere di musica, sposato, con due o tre marmocchi. E allora sì che scapperebbe a gambe levate.
“Beh, no, onestamente non ci penso. Spero giusto di riuscire a laurearmi prima di allora”
“Dai, una maniaca del controllo come te che non pianifica il suo futuro? Mi stupisci”
“Il lontano futuro non si può controllare, così come il passato, l'unica cosa su cui puoi avere il controllo è il presente. O il futuro immediato” fa spallucce mentre il suo sguardo si perde chissà dove attraverso il vetro di fronte a lei.
“Vivi l'attimo anche tu allora? Devo aspettarmi di trovarti a scalare qualche edificio nel tempo libero?”
“Eheh no, ma le mie tempistiche di pianificazione sono piuttosto brevi. Per esempio, per ora arrivano fino a venerdì, come ti stavo dicendo, prima che ci perdessimo via in uno dei nostri discorsi senza senso” adoro i nostri discorsi senza senso.
“Che succede venerdì?”
“Pensavo, che potremmo farlo venerdì”
“Che cosa? Scalare un edificio? Io comincerei con qualcosa di iconico, tipo il cappello e gli stivali giganti di quella stazione di servizio, come si chiama...”
“Pensavo potremmo dirlo venerdì”
“Dire cosa?”
“Di noi... agli altri”
“Ah” non ci posso credere, sto sognando? Sì, dai, la storia dei poliziotti era troppo assurda, ovvio sia tutto un sogno, dovevo arrivarci.
“Visto che per un motivo o per l'altro saranno praticamente tutti lì, secondo me potrebbe essere l'occasione giusta. Così, ecco, lo diciamo solo una volta” continua lei e stranamente non mi sono ancora svegliato.
“Ma sei sicura?”
“Sì”
“Non devi farlo perché te l'hanno detto due sbirri del cazzo”
“Non è per quello”
“Né perché mi sono arrabbiato senza motivo pochi istanti fa”
“Non è neanche per quello”
“E allora per quale motivo?”
“Ahah è dall'inizio che premi per dirlo a tutto il mondo e adesso fai storie?” Angie molla il volante e si gira completamente verso di me.
“Non faccio storie, è che voglio tu sia sicura e mi sembra strano tu ti sia convinta in un paio d'ore”
“Non mi sono convinta adesso, ho sempre pensato che l'avremmo detto prima o poi, ovviamente. Adesso ho capito che il momento è arrivato”
“Sì?”
“Sì”
“Ok”
“Perfetto”
“Lo diciamo venerdì”
“Già”
“E come lo diciamo? Cioè, all'atto pratico, come facciamo? Salgo sul palco, ti indico e dico al microfono Quella laggiu è la mia ragazza?”
“Fai una cosa del genere e non esisterai più neanche per il primo album dei Pearl Jam, altro che il decimo” mi minaccia così bene che mi fa paura sul serio.
“Facciamo fare direttamente dei poster?”
“Non dobbiamo fare niente, dobbiamo solo comportarci normalmente”
“E coi nostri amici come comunichiamo? Con la telepatia?”
“Ci comporteremo normalmente, come facciamo di solito quando siamo da soli e loro non ci sono”
“Calandoci i pantaloni e saltandoci addosso?” lo so, lo so che sono un coglione, lei si sta finalmente aprendo e io sparo cazzate, ma non ci posso fare niente, sono fatto così, specialmente quando sono contento.
“Eddie!”
“Ti sei proprio fissata coi luoghi pubblici eh? Non conoscevo questo tuo... lato esibizionista, ahia!” insisto mentre cerco di schivare le sue sberle.
“Sei proprio scemo!”
“Eheh dai, scherzavo”
“Io faccio un discorso serio e tu scherzi”
“Scherzo perché sono felice per la tua decisione”
“Comunque... intendevo cose normali, camminare mano nella mano, abbracciarsi, baciarsi, senza ostentare la cosa, con discrezione ecco, in modo che tutti capiscano. E verranno a chiederci Dovete dirci qualcosa? oppure Ma state assieme? e a quel punto ci basterà un sì, risposta secca, senza troppe spiegazioni”
“Sei un genio”
“Che ne dici? Può andare?”
“Certo che può andare, mi sembra un'ottima idea”
“Ok, allora è andata”
“E visto che tanto venerdì lo diciamo a tutti, potresti accompagnarmi fino a casa, per favore?”
“Ahahah no”
“E magari salire con me”
“E' già venerdì per caso?”
“Uhm no”
“Allora scordatelo”
“Quanto manca a venerdì?”
“Poco. Buona notte” Angie si avvicina e mi da quello che nelle sue intenzioni doveva essere un bacio veloce, ma io non resisto e la tengo stretta.
“Stai gelando, rimettiti il cappotto” le dico staccandomi a malincuore da quell'abbraccio freddino, ma solo a livello di temperatura.
“E' vero, nella fretta di andarmene, me lo sono scordato” segue il mio consiglio afferrandolo dai sedili di dietro.
“Allora... buona notte” le do un altro bacio, apro la portiera, sospiro e scendo dalla macchina.
“Notte, ti chiamo domani, ok?” le faccio un cenno e sorrido sotto i baffi. Adoro quando mi chiama. Poi d'un tratto, proprio mentre sta per ripartire, mi torna in mente un dettaglio.
“Angie, aspetta!” due colpi alla sua portiera e lei frena di colpo e abbassa il finestrino.
“Che c'è? Hai dimenticato qualcosa?” mi chiede guardandosi attorno nell'abitacolo.
“Per cosa sta la W?”
“Che?”
“Il poliziotto, quando leggeva la tua patente, ha detto Angelina W. Pacifico. Per cosa sta la W?”
“Ah. Quella W” si irrigidisce e il motore si spegne, non credo l'abbia fatto lei volontariamente.
“Sì quella” mi appoggio al tetto della macchina e mi chino verso il finestrino, aspettando la risposta.
“E' un'iniziale”
“Ok, immaginavo. Iniziale di...?”
“Di un nome”
“Già, e qual è questo nome?”
“Il mio secondo nome”
“Che è...?”
“Che è... un nome che inizia per W” mi guarda con aria sofferente e sento che non ha finito di tergiversare.
“Ahahah cos'è, un altro dei tuoi segreti?”
“Esattamente! Buona notte, Eddie” fa per tirare su il finestrino, ma io lo blocco infilandoci la mano. Spero di non rimetterci le dita.
“Ahahah buona notte un cazzo, dimmi come ti chiami”
“Devo proprio?”
“Sei la mia ragazza, devo sapere il tuo nome per intero!”
“Io non lo so mica il tuo nome per intero”
“Sono nato Edward Louis Severson III, per un po' sono stato Edward Jerome Mueller e ora sono Edward Jerome Vedder, perché ho preso il cognome di mia madre”
“Jerome e Louis sono dei bellissimi nomi” commenta lei, concentrandosi sui nomi e ignorando completamente il casino anagrafico della mia identità.
“Scommetto che anche il tuo è bello”
“No, non lo è”
“W come... Wendy?”
“No”
“Wanda?”
“No”
“Wilhelmina? Winifred?”
“No e no”
“Winona”
“Magari. Non è neanche un nome”
“Come non è un nome”
“E' un nome che non è un nome, è... una cosa”
“Una cosa? Aspetta! Genitori hippie, giusto?”
“Ehm... già”
“Willow!”
“No”
“Water?”
“No, buona notte Eddie” rimette in moto e la mia faccia almeno ha il potere di farle tornare il sorriso.
“Col cazzo! Non mi puoi lasciare così”
“Lo sto facendo, notte notte!” Angie prende e parte e mi lascia qui, come un coglione, a scervellarmi sull'ennesimo mistero, sull'ennesima cosa di lei che non so e che non vedo l'ora di conoscere.
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“No no no, Grace, mi dispiace, ma te lo devo dire: hai sbagliato tutto. E questo? Vuoi passare? E passa! Quanto ti ci vuole per sorpassare una Granada diesel?” senza nulla togliere alla macchina del mio caro genitore, non è esattamente il modello più veloce mai prodotto dalla Ford.
“Perché?”
“Se accosto ti basta o devo scendere a darti una spinta? Oh ecco! Bravo! Come perché? Ci vedi della logica?” il deficiente passa e io posso tornare a torturare Grace.
“Beh dai, tralasciando il metronotte che stava per beccarci, è stato carino e mi sembrava ti stessi divertendo”
“Infatti! Il pic nic notturno nella fabbrica abbandonata è stato figo. E anche la fuga dal sorvegliante. Oddio, se vogliamo chiamarla fuga: eri più lenta di una lumaca, se il tizio fosse stato almeno un pelo in forma ci avrebbe acchiappati”
“Avrebbe acchiappato me, visto che tu sei scappato senza aspettarmi” sottolinea imbronciata.
“Ti aspettavo alla macchina”
“Certo”
“Col motore acceso, avevo un piano ben preciso in mente”
“Immagino”
“Comunque l'appuntamento è stato da 8, non parlavo di quello”
“E allora di cosa?”
“Della cassetta. E' tutta sbagliata” non dico che debba essere ai livelli di Angie, che è una sorta di cintura nera nell'arte della cassettina, però neanche fare un pastrocchio del genere. Se l'avessi saputo, non le avrei chiesto di portare qualcosa da sentire in macchina.
“Ahahah sono canzoni che piacciono a me, come fanno a essere sbagliate?”
“Non sono sbagliate le canzoni, ma come le hai messe assieme. Hai infranto ogni regola per la creazione di una compilation” le canzoni prese singolarmente vanno dall'ok al fantastico, qualcuna mi ha anche sorpreso. Non pensavo che Grace potesse conoscere band come i Cock Sparrer o i Japan, che tra loro c'entrano come i cavoli a merenda. E ovviamente sono vicine nel mix di Grace.
“Esistono regole del genere?”
“Certo che sì!”
“Fammi un esempio”
“Beh prima di tutto, non c'è un tema”
“Un tema?”
“Sì, un tema, un filo conduttore, qualcosa che le accomuni”
“Il tema è: Canzoni che mi piacciono”
“Ahahah eh no, non funziona così. Devi raccontare una storia, non buttare lì pezzi a caso. Hai messo canzoni di generi diversi, decadi diverse, mood diverso, perfino lingue diverse!”
“Adoro quella canzone di Ofra Haza!”
“Lente, veloci, poi tutte lente. Nah! E non puoi buttare lì un pezzo lo-fi e poi piazzarci subito dopo una megaproduzione”
“Non sono una musicista, non mi interessano i tecnicismi, io vado a sensazione”
“Quali sensazioni malsane ti portano a piazzare Bootsy Collins dopo i Bauhaus?”
“Creano entrambi... un'atmosfera” Gracie fa spallucce ma io continuo.
“E poi hai messo dei pezzi live... in una compilation... uhm... non si fa”
“Ok, quindi voto alla cassetta?”
“Non classificabile. Ripresentati al prossimo appello”
“E invece, voto ai miei stivali nuovi?” domanda accavallando le gambe per mostrare il suo nuovo acquisto. Come se non l'avessi già notato.
“10. Pete, il tuo ex, ti ha consigliata bene” sono marroni, con le stringhe fittissime e una sorta di ricamo laterale.
“Pete non è il mio ex e lo sai benissimo. E non fare finta di essere geloso perché tanto non ci crede nessuno”
“Non sono geloso, constatavo semplicemente il suo buon gusto estetico” e stanno benissimo con quei pantaloncini di velluto.
“E comunque non li ho comprati lì, li ho trovati in un negozio vintage in centro” un po' mi crogiolo nell'autoconvinzione che li abbia presi apposta per me, perché sa l'effetto che mi fanno.
“Non sono male. Anche se non te li ha venduti Pete” d'altra parte però non vorrei pensasse sono un cazzo di pervertito che non riesce ad avere un'erezione se non vede un paio di stivali. E in generale, non vorrei pensasse sia quel tipo di persona che è necessario stupire ogni volta, con qualcosa di estroso o sopra le righe. Ho avuto questa impressione, ma magari è solo mia. Insomma, la cosa degli appuntamenti è simpatica, ma più che altro perché è una cosa solo nostra, e non semplicemente per l'originalità delle scelte nelle uscite.
“Sei un cretino, Stone, te l'hanno mai detto?”
“Sì, ma detto da te suona meglio” le rispondo con un lesto baciamano e voglio vedere come ribatte a questo colpo da maestro.
“Meglio del mio mix tape?” è brava anche lei, non c'è che dire.
“Decisamente. Non che ci volesse molto...” ma non sa ancora fino a che punto mi piace avere l'ultima parola.
“Già. E anche per capire quanto sei cretino, mi ci è voluto davvero poco” risponde con un occhiolino. L'ultima parola, ma quanto le piace togliermela?
**
“Sicuro di non volere qualcosa?” Grace mi chiede dal bagno, mentre io mi fisso su uno dei due acquari.
“Sicuro, sono pieno” per il pic nic avrà preparato venti panini, più il vino, direi che sono a posto.
“Non hai neanche un mini-posticino nello stomaco per il dolce?”
“Credo di non avere più spazio in nessun organo interno, anche volendo. Forse nelle orecchie, potrei provare ma...”
“Neanche per questo dolce?” Grace esce e la maniera in cui mi si presenta non mi è affatto nuova, ma non per questo meno straordinaria.
“Beh, magari... giusto un assaggio...” credo che i miei organi interni stiano esplodendo nel momento in cui Grace avanza verso di me, completamente nuda e solo con gli stivali addosso.
Istintivamente indietreggio, ma non so perché, deve essere un istinto del cazzo perché non ho assolutamente intenzione di sottrarmi alle sue attenzioni, anzi. Forse sono solo in soggezione di fronte alla sua bellezza. Forse sono solo ancora un po' brillo.
“Perfetto.” Grace mi viene incontro, ma anziché abbracciarmi, mi dribbla e prosegue verso la cucina. La vedo scostare una delle sedie, forse quella nuova, forse no, per poi appoggiare le mani al tavolo e saltarci su “Allora che aspetti? E' pronto in tavola”
“E questa... da che film porno di serie B l'hai presa?”
“Muoviti o mi rivesto”
“Ok”
**
“Che fai stanotte? Rimani a dormire?” sto ancora cercando di capire chi sono e dove mi trovo e quale camion mi ha appena travolto, quando Grace si riaffaccia in cucina in pigiama, con lo spazzolino in bocca, intenta a lavarsi i denti.
“Dipende”
“Dipende da che?”
“Se posso dormire nel tuo letto sì, se no me ne torno a casa mia” non so dove trovo la forza di tirare fuori l'argomento che potrebbe generare una gran discussione. Forse ho raggiunto un equilibrio tale nel nostro rapporto da riuscire a parlare apertamente di tutto. O forse è solo che mi fanno male i reni, le gambe e tutte le ossa e ho sonno, e quindi vorrei dormire sulla superficie più comoda e più vicina possibile.
“Ok, allora ci vediamo domani” Grace punta lo spazzolino verso di me per poi rimetterselo in bocca e tornare in bagno.
“Dai, Ciottolina, perché devi fare sempre così?” mi alzo dal divano tirandomi su boxer e calzoni alla bene e meglio, cercando di non perdere l'equilibrio, prima di andare verso il bagno per parlare faccia a faccia come le persone normali, ma il faccia a faccia diventa letterale quando lei sbuca dalla porta come una furia e quasi ci sbattiamo contro a vicenda.
“Come cavolo mi hai chiamata??” mi chiede trattenendo una risata a stento.
“Hai detto che il tuo cognome significa sasso, no? Non posso chiamarti... She-Stone, mi farebbe senso”
“Stonia?”
“No”
“Stonette?”
“Perché non possiamo dormire assieme?” la riporto al succo della questione, perché conoscendo lei, e me, potremmo andare acosì vanti per ore.
“Te l'ho spiegato perché, è complicato” Grace si allontana da me e si sofferma un attimo di fronte al divano, come se ci si volesse sedere, ma poi ci ripensa e prosegue, sedendosi al tavolo della cucina, sulla sedia accanto alla porta d'ingresso.
“Lo so, ma ora, beh, è passato del tempo. E da qualche parte dovrai pure iniziare per... abituarti di nuovo alla presenza di un'altra persona, no? Andiamo per gradi” recupero la sedia che Grace aveva buttato da parte una mezz'oretta fa e mi ci siedo, risultando così esattamente di fronte a lei.
“Non sono solo io a dovermi abituare, Stone” in questo modo lascia intendere che ci sia dell'altro e io non sono certo stupido, l'ho capito da un pezzo che non è solo una questione di abitudine all'essere single. C'è una cosa che la rende insicura, all'inizio pensavo fosse qualcosa nella sua stanza, tipo le decine di peluches o qualche animale domestico strano di cui non vuole rivelarmi l'esistenza. Ma poi ho capito che è molto più di questo. Ho pensato che potrebbe avere qualche disturbo ossessivo compulsivo che la fa andare in panico nel momento in cui una persona va a turbare il suo equilibrio. Insomma, basta vedere il casino che ha tirato fuori per la sedia. Magari sistema le cose sul comodino secondo un preciso ordine di utilizzo o fa il letto col righello le squadre e l'idea che qualcuno glielo scombini la manda ai matti. Però mi ha risposto picche anche quando l'ho invitata a rimanere a dormire da me. Non è voluta nemmeno entrare nella mia stanza. Probabilmente riesce a dormire solo nel suo letto, vuoto. Poi ho pensato anche che potrebbe avere a che fare col suo passato, con la sua lunga malattia di cui non vuole mai parlare. Magari prende dei medicinali che la scombussolano o semplicemente che non vuole mostrarmi. Sono arrivato anche a pensare che possa prendere qualche droga, ma no, non la mia Gracie. E poi che c'entrerebbe la sua camera?
“Ok, se mi dici a cosa mi devo abituare, magari comincio a portarmi avanti io e poi tu mi vieni dietro, che ne pensi?”
“Fosse facile”
“Lo so che non è facile, altrimenti non avrei aspettato così tanto prima di metterti alle strette”
“Mi stai mettendo alle strette?”
“Sì, o parli o parli”
“Per forza?”
“Non me ne vado di qui finché non mi dici che succede. Davvero”
“Oh.” forse solo ora Grace capisce che faccio sul serio e che non mi farò andare bene le sue risposte evasive anche stavolta “Ok, va bene”
“Non devi avere paura, sono... sono solo io.” allungo le mani sul tavolo per prendere le sue e finalmente alza lo sguardo incrociando il mio “E lo sai quanto sono intelligente, sono in grado di capire qualsiasi cosa, puoi stare tranquilla”
“Eheheh lo so, mi posso fidare”
“Esatto”
“Mi devo fidare, insomma, sapevo che questo momento sarebbe arrivato, prima o poi te lo devo dire, non posso nascondertelo per sempre. Nonostante le tue passioni peculiari”
“Che vuoi dire?”
“Ugh non posso credere che sto per fare il discorso, di nuovo” si nasconde la faccia tra le mani, che poi si passa tra i capelli.
“Di nuovo?”
“Sarà per questo che sono diventata allergica alle relazioni stabili, per evitare di dover rifare lo stesso discorso ogni volta. Ma poi sei arrivato tu e mi hai mandato all'aria tutti i piani” Grace mi prende di nuovo le mani, dà una stretta e mi sorride, prima di lasciarle andare e tornare a esaminare la stampa della tovaglia sul tavolo.
“Che discorso?”
“Non è facile per me essere a mio agio con un uomo... in intimità”
“Davvero? Perché a me e alle mie articolazioni non sembrava affatto” provo a scherzare per allentare la tensione, ma non so se sia il caso, forse è una cazzata, forse devo lasciarla parlare e basta.
“Non parlo solo di quell'intimità, ma in generale”
“Perché sei abituata ai tuoi spazi e-”
“No, non c'entra un cazzo quello. E' una cosa... una cosa fisica, Stone”
“Fisica?”
“Lo so, conoscendomi la prima cosa che viene da pensare è che sia la mia testa ad avere problemi. E non sono qui per negarlo, insomma, che io non sia del tutto registrata è un dato di fatto”
“Beh... l'hai detto tu, eh?” alzo le spalle e rispondo al suo mezzo sorriso con uno pieno.
“Ma il punto della questione è un problema che ha a che fare, ecco, col mio corpo”
“Il tuo corpo non può avere problema alcuno, Ciottolina”
“Perché non l'hai visto tutto, Bam Bam” visto il momento delicato, decido di soprassedere sul nomignolo, che tutto sommato mi sono meritato.
“Come non l'ho visto? Più di così!”
“Diciamo che la tua curiosa fissazione in questo caso ha giocato a mio favore. O sfavore, perché in realtà ha fatto in modo che io potessi rimandare la questione a oltranza fingendo che il problema non esistesse, quindi dipende dai punti di vista”
“La mia curiosa... Gracie, non ci sto capendo niente, puoi essere un po' più chiara?”
“C'è qualcosa che non va nel mio corpo, qualcosa che non hai visto”
“Ha a che fare con la tua malattia passata?”
“Sì”
“Oh Grace, non saranno delle cicatrici a mettermi a disagio! Mi alzo, pronto a prenderla tra le braccia e stritolarla per punizione, ma lei rimane inchiodata al tavolo”
“Eheheh cicatrici... magari fosse quello!”
“Che significa?”
“Il problema non è qualcosa che ho, ma qualcosa che... manca”
“Sarò scemo, ma io non ho notato niente”
“Sai cos'è un osteosarcoma?”
“Dal nome direi una malattia delle ossa” il termine tecnico irrompe in una conversazione che fino ad ora era stata decisamente leggera, dirottandola completamente verso una destinazione più cupa.
“Un tumore, per la precisione”
“E' questo che hai avuto, anni fa?”
“Sì”
“Ok. Ma l'hai sconfitto quello stronzo di tumore, insomma, stai alla grande”
“Ma quello stronzo di tumore il segno l'ha voluto lasciare lo stesso, Stone”
“Grace, seriamente, non c'è nulla che mi possa allontanare da te. Posso sembrare un coglione con la puzza sotto il naso, ma non sono un tipo impressionabile” in questo momento meglio tralasciare il fatto che non amo particolarmente gli aghi.
“Sai come si cura l'osteosarcoma?”
“Chemio?”
“Chemioterapia e chirurgia”
“Ok”
“E' partito dall'alluce, una cosa rarissima a detta dei medici”
“Devi sempre essere originale tu, eh?” Grace da corda al mio sdrammatizzare con i suoi sorrisi, ma io non sono più tanto sicuro se sia l'atteggiamento giusto da tenere e la mia uscita mi sembra meno intelligente di quanto non dia a vedere.
“Poi si è esteso via via a tutte dita, poi il resto. E' stato tutto così veloce, una settimana prima mi sentivo bene, vivevo la mia vita tranquillamente, poi un dolore mentre facevo jogging e una settimana dopo rischiavo di perdere la gamba o, peggio, di morire in caso avesse raggiunto organi vitali”
“Ma i super chirurghi hanno fatto il loro dovere e ti hanno rimessa in sesto” sembro il bambino che non vuole sentire le parti drammatiche della storia della buona notte e vuole arrivare subito al lieto fine, per addormentarsi sereno.
“Sì. Mi hanno salvata. A un piccolo prezzo”
“Grace, chi se ne frega se il tuo piede non è bello da vedere, l'importante è che sei qui, adesso, con me, a poter parlare di questo”
“Non è bello da vedere perché non lo puoi vedere, Stone, non hai ancora capito? Non c'è, non ce l'ho, me l'hanno dovuto amputare” sento le parole uscire dalla bocca di Grace, ma suonano vuote di significato. Sento il bisogno di sedermi e di dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma mentre riesco a fare la prima cosa, il mio secondo intento mi risulta stranamente impossibile. Forse per la prima volta nella mia vita non so cosa dire. O meglio, ho talmente tante cose che vorrei dire che mi girano in testa e mi sembrano tutte stupide, superficiali, stonate, del tutto inutili.
“Stone?”
E non so neanche come muovermi. Cosa faccio? Se mi allontano sembrerò distaccato, se mi avvicino penserà che sto ostentando una serenità che non posso realisticamente avere, stessa cosa se le guardo i piedi, ma se evito del tutto di guardarli si convincerà di avermi spaventato.
“Stone di' qualcosa. O se non vuoi dire niente, almeno chiudi la bocca, ce l'hai spalancata da un quarto d'ora” Grace si allunga verso di me sul tavolo e mi chiude la mandibola con una lieve pressione della mano. La sua mano così delicata, dolce, gentile, come lei. Non posso credere le sia successa una cosa del genere, proprio a Grace. Ok, nessuno si merita un dolore di questo tipo e il mondo è pieno di orrori, ma posso essere libero di indignarmi per un'ingiustizia di questa portata?
“E' il destro o il sinistro?” finalmente parlo. E ovviamente dico una boiata.
“Che differenza fa?” Grace mi guarda giustamente come si guarda un coglione.
“Così, per sapere”
“Destro”
“E hai una protesi?”
“Ovviamente sì, se no secondo te come farei a stare in piedi?”
“Ma non si nota, cioè, quando cammini, cammini normalmente. Sei solo un po'-”
“Lenta, come una lumaca” completa la mia frase ed è come quando nei film gialli viene dato l'indizio definitivo e una lampadina si accende nel cervello dell'investigatore, che comincia a ripercorrere a ritroso tutti i momenti chiave dell'indagine. Nel mio caso specifico, tutte le volte in cui ho preso Grace per il culo per la sua lentezza.
“Dio, sono uno stronzo” e d'improvviso, la realizzazione.
“Sì, ma stronzo o no, questo non lo potevi sapere”
“Ma mi sento una merda ugualmente”
“Ti passerà. Ok, allora, adesso che vuoi fare?”
“Che voglio fare?”
“Generalmente, secondo la mia esperienza, gli uomini a questo punto si dividono in due categorie, vorrei sapere a quale delle due appartieni”
“Dipende dalle categorie” rispondo, sempre più scomodo su questa sedia. Forse è perché è quella nuova. Sì, sarà per questo. Grace ha ragione, ha sempre avuto ragione, una sedia non vale l'altra.
“Quelli che non vogliono vedere e quelli che vogliono guardare”
“Oh”
“E, all'interno delle suddette categorie, troviamo due ulteriori sottogruppi: quelli che non vogliono vedere, ma mi chiedono di mostrarglielo per dimostrare che non gli fa né caldo né freddo, e quelli che invece sono curiosi di vedere, ma dicono di no per non sembrare morbosi”
“Io, beh, mi sa che io appartengo a una nuova categoria”
“E cioè?”
“Quelli che non sanno cosa fare”
“Eheh beh, di certo una categoria più onesta” Grace si alza e io la copio istantaneamente.
“L'hai detto a qualcun altro? Della nostra compagnia, intendo”
“No”
“Perché non me l'hai detto prima?”
“Ti sembra una cosa facile da dire? Ciao, mi chiamo Grace, sono dell'acquario e il mio colore preferito è il rosso. Ah, e ho un piede solo”
“Ho... ho bisogno... sì, insomma devo uscire” come faccio a dirle che devo andarmene senza sembrare una merda? Non ne ho idea e infatti mi esce malissimo.
“Te ne vai?” mi chiede mentre prendo la mia giacca e faccio per mettermela.
“Mi serve una boccata d'aria”
“Oh, ok”
“E devo schiarirmi le idee.” al terzo tentativo di inserimento della seconda manica della giacca andato a vuoto, Grace ha pietà di me e mi dà una mano “Grazie”
“Va tutto bene, Stone?” mi fa una domanda a cui, onestamente, non so rispondere e non so neanch'io il perché.
“Certo, è tutto ok.” le prendo il viso tra le mani e la bacio “E' solo... non me lo aspettavo, devo metabolizzare la notizia, tutto qui” dico a lei e a me stesso.
“In tutti questi anni, non ho ancora trovato un modo migliore per dirlo”
“Beh, tanto adesso non ti servirà più cercare un altro modo”
“Ah no?”
“Eh no, ora stai con me, non dovrai più dirlo a nessun altro ragazzo” offro a Grace un sorriso più convinto, anche perché lei non si merita nulla di meno, e la bacio ancora.
“Meno male, allora vedi che servi a qualcosa anche tu?”
“Buona notte, Ciottolina”
“Notte Stone” esco dall'appartamento di Grace, poi dal suo palazzo, poi mi infilo in macchina ed è lì che mi accorgo di aver praticamente trattenuto il fiato, per tutto il tempo.
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merrowloghain · 4 years
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M: Ouf!» sbotta incassando, alzando gli occhi dal taglio affilato su chiunque sia stato a travolgerla in tale modo «Merlino incoronato! Ma guarda dove vai, testa di Troll!» e glielo sbraita addosso, prima di riconoscerlo. E` McIntyre, ovvio. Porco Gramo.
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C: Lei non lo vede. Lui forse ma non ci fa assolutamente caso. Così come tenta di deviare all’ultimo quello scontro, finendole comunque addosso nel tentativo di non cadere lui con il muso a terra. Merrow si aggrappa al corrimano, lui fa altrettanto sbilanciandosi all’indietro e lasciando che il borsone si schianti al suolo. « A te piace proprio saltarmi addosso, eh? » E non pare esserci nessun tono astioso, visto che pare sorriderle. Anzi no. E’ un ghigno, sorry. Si passa una mano tra i riccioli scompigliati, distrattamente e in modo veloce, abbassandosi per raccattare la propria sacca.
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M: «A me sembri abbastanza disperato da Pietrificare qualcuno alle spalle perchè non hai modo di fargli fare quello che vuoi.» e ridacchierebbe nuovamente, ma senza che la gioia le raggiunga quegli occhi dal taglio ferino che gli si piantano addosso con insistenza «Te lo ricordi che era ieri l`allenamento, si? O forse ti ho colpito con un bolide e non lo ricordo?» azzarda, ciondolando leggermente in sua direzione, per un attimo solo «Ah no!» facepalm della destra «Sei nato scemo! Continuo a dimenticarlo, come mi dimentico di te in generale.» però sta li, forse non troppo segretamente divertita da quel ghigno tutto denti, che le ricorda un crup particolarmente ostico all`addestramento.
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A:  Accelera il passo con quella borsa che oscilla pericolosamente, pronta forse a prendere il volo proprio in direzione del quintino «CIARAN MCINTYRE» lo chiama con nome e cognome per enfatizzare il fatto che è furente «è da un`ora che ti sto cercando per tutto il castello, nemmeno fossi il cercatore della nostra squadra» allarga le braccia «non vedendoti arrivare mi sono preoccupata» sarà vero? No, non è vero ma è bello farglielo credere «e, invece, ti trovo a bighellonare» scuote la testa smuovendo quel caschetto biondo. Solo dopo qualche istante riconosce la terzina «ma guarda, Ippogrifo Pazzo Loghain» neutra con le iridi che si fermano per qualche secondo sul viso di lei, anche se le scappa un «vuoi prenderlo a morsi anche qui?» chiede retorica senza volere veramente una risposta.
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C: “CIARAN MCINTYRE” «ALYCE GRAY» Alza che lui la voce, il tono chiaramente a non essere furente come quello della quartina. La lascia parlare, addirittura si mette comodo poggiando il gomito sul corrimano e il mento sul pugno chiuso, nel guardarla mentre parla e lo sgrida. “Ippogrifo Pazzo Loghain” « Uuuuuuh » Come a gettare ancora più carne al fuoco. “Cos’hai da dire a tua discolpa” e indica MERROW, puntando l’indice contro di lei in un atteggiamento volutamente infantile « Ci stava provando con me e mi ha fatto perdere tempo » Ecco la sua linea di difesa.
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M:  La Loghain chiude gli occhi un momento, come a riprendere compostezza, scostandosi dal corrimano giusto per vedere la Gray affiancarlesi per poter parlare con il Rosso. Sta per andarsene, è palese da come si mette di lato per poter passare oltre i due, scivolando nello spazio tra loro, quando sente il modo in cui lei la appella. Si ghiaccia sul posto, e poi arriva l`ennesima provocazione. Cala il silenzio, rotto soltanto da quel uggiolato del quintino che pare buttare benzina su un fuoco che sta già divorando ogni cosa. Il capo si volta lento, il busto si torce appena, e lei sembra una bambola appena uscita da un film dell`orrore. L`espressione sul volto è di puro gelo, mentre è con un sussurro delicatissimo che risponderebbe all`altra, ignorando bellamente la difesa che McIntyre dà di se stesso, tirandola in mezzo dove non centra nulla «Alyce» si sta avvicinando una nuova era glaciale «E` il secondo strike che ti concedo.» perchè ti ricordiamo che anche al primo si è trattenuta dal commentare, o dal reagire male, ed è sempre della Loghain che stiamo parlando «Questo atteggiamento da bulla del quartiere non ti si addice» parla sempre pianissimo, come se volesse appellarsi ad un senso dell`onore dell`altra che ultimamente pare aver perso «Lascia fare a chi è stronzo davvero.» e sembra un consiglio. Un consiglio quando in realtà si meriterebbe un ceffone, per come le si rivolge ultimamente. Conclude quel suo mormorio, voltandosi a dare un`occhiata veloce a Ciaran «Ci si vede.» perchè comunque con lui ci stava parlando. Non dice altro, proseguendo nel suo tornare verso Torre Grifondoro.
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A:  Solo quando MERROW le rivolge la parola, allora si volta di nuovo su di lei «sto tremando di paura Loghain....» un finto tremore nelle mani con lo stesso tono gelido di sempre «stanotte non dormirò per la tua minaccia» posa la mancina sul petto veramente preoccupata di non riuscire a prendere sonno quella notte «e comunque noi non giocando a baseball, ma a Quidditch» te lo sei dimenticato che sei una strega? «al terzo strike? Cosa mi vorresti fare? Scagliarmi un incantesimo alle spalle e buttarti addosso come hai fatto con lui?» indica il quintino. I tratti del viso diventano rigidi e seri «a dirla tutto nemmeno a te si addice l`aria da stronza, e non lo dico solo io...» a buon intenditore poche parole. Per quanto riguarda la frase successiva «le tue parole mi scivolano addosso, Loghain» ma quanto parli a vanvera? «per le lezioni di stronzaggine mi rivolgerò direttamente alla Milles, almeno lei lo è sul serio stronza e non fa finta di esserlo» sta per voltarsi di nuovo verso CIARAN, quando si ricorda di una cosa «ah, un consiglio che ti do è quello di non metterti contro i tuoi compagni di squadra...» non c`è nessuna minaccia nel tono che sembra tranquillo «a Daemon e a Jeremy non è piaciuto il tuo comportamento in Sala Grande» ha visto l`espressioni contrariate dei due ragazzi «se fossi in te farei attenzione» le dice prima di vederla scomparire.
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M:  Finchè Alyce si concentra a perculare Ciaran, tutto bene, tant`è che lei ha già preso a camminare, sfuggendo loro di un paio di gradini in altezza. E se ne sta andando veramente, finchè l`altra non replica. E dentro di lei, cala il silenzio più totale. La rabbia è diventata così permeante che ogni sua diga o argine con il tentativo di contenere o imbrigliare, si è spaccato, in un`ondata distruttiva di furia calma ed estremamente concentrata. Perchè deve stare zitta, subito, prima che tutto il resto dentro di lei si annulli e la porti all`inevitabile. Ma lei continua, con quella boria tipica di un`adolescente che non sa di cosa sta parlando, con la spocchia di chi non capisce la situazione ma pensa di poterne essere superiore lo stesso. Si volta a guardarla per intero adesso, gli occhi affilati che sono una lama incandescente, a passarla da parte a parte. E se la Loghain normalmente è pallida, niente è in confronto al colorito assunto ora: è cerea come un cadavere. La destra è fulminea ed elegante, a sollevare il catalizzatore con una precisione che ha del millimetrico, verso Alyce. Ed il pensiero che richiama alla mente è così semplice eppure così efficace nella sua visione: un ragno, che intesse la sua tela tutt`attorno alla preda, per poterla consumare con calma, digerirla pezzo pezzo, singolo arto per volta. Ed è questo quello che vuole, in un`urgenza che non si scompone, ma bensì incalza quel movimento del polso a disegnare in aria un cerchio sbarrato obliquamente, dall`alto a destra verso il basso a sinistra «Tessitèla» la voce è mercurio liquido, e per un attimo solo, la Loghain sembra più grande, alta e temibile, con un fuoco che si riflette nei suoi occhi ma che non si manifesta in null`altro, rispetto quella posa composta che mantiene. La vuole avvolta, da capo a piedi. Deve stare zitta.
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C:  Quando Merrow mette mano alla bacchetta anche lui lo fa, veloce nell’andare a sfilarla dal calzino e alzarsi. Quell’incanto va a buon fine ed è nell’istante dopo, immediato, che casterebbe un « Expelliàrmus » nel produrre un leggero affondo del polso della destra, con cui regge la bacchetta, in direzione del polso di MERROW con l’intento chiaro di disarmarla. E se l’incanto fosse andato a buon fine o meno « Sai adesso da che distanza vedrai i bolidi, mh? »
-
M:  Ed è come se avesse sputato fuori un po` di veleno, con quell`incanto che è andato a buon fine per la maggior parte, avvolgendo Alyce fino al busto. Chiude gli occhi un secondo, ed è quello necessario per Ciaran a disarmarla. La bacchetta le parte via con una schicchera di mano, finendo qualche gradino più giù, sul pianerottolo. Il Rosso si avvicina alla Gray che ha ripreso sfortunatamente a parlare, ricevendo quella minaccia dal quintino a cui replica con una camminata calma, a far ben intendere di non avere ulteriori intenzioni belligeranti. One shot, one kill. Va a recuperare la bacchetta per rimettersela nel fodero, qualora non la schiantassero prima o chessò io, tornando successivamente verso le scale che salgono. *A che distanza vedrai i bolidi*? «Nessuna. Mi tiro fuori.» ed è lapidaria mentre lo dice, e la morte che ha nel cuore non sembra riflettersi ulteriormente su quel viso dai tratti spigolosi, se non per quel pallore cadaverico che ancora non l`abbandona. Dedica ai due una brevissima occhiata, prima di voltarsi nuovamente per risalire verso il dormitorio «Parlo con Daemon sta sera stessa.» aggiunge gelida, perchè lei non ha certo bisogno di galoppini che facciano il lavoro sporco al posto suo. Non direbbe altro, sparendo oltre la scala con passo marziale, ma le spalle spioventi, stanca e sicuramente delusa.
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giovaneanziano · 5 years
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Io non li odio, anzi ho sempre pensato che fosse un modo per far conoscere anche alle nuove generazioni i cartoni più famosi. Però ora la cosa sta un po’ sfuggendo di mano, la Disney alla fine è una macchina di soldi, quindi ecco il bisogno di continuare, e mi infastidisce (come anche la Marvel). Non so perché, ma la scena iniziale di bambi, quella con le gocce di pioggia che cadono sulle foglie, mi ha sempre messo molta più angoscia rispetto alla scena della morte della madre
Ma Bambi mette tutto angoscia in realtà. La foresta e la vita crudele di quei luoghi è la vera storia di base
Si la Disney ha rotto il cazzo col suo "FareSoldiATuttiICostiConCoseTriteERitrite"
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exninfettina · 2 years
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però l'anon ha un po' ragione dai, questa cosa delle influencer sta sfuggendo di mano. è come quelli che chiedono soldi per leggere il tema natale e poi ti leggono la pagina di astroseek
Vez ma voi non avete capito che avete a che fare con la più grande tirchia dell'universo mondo. Con me gli influencer sarebbero sotto i ponti. Quindi andate a rompere a quell che seguono ferragni, non a me che ho commentato positivamente il lavoro di una persona con 5000 followers su ig
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t3mp3st3s3nzatuon1 · 5 years
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05/11/2019
Caro diario di bordo,
È da tanto che non ti scrivo e mi dispiace, dovrei dedicarti un po’ di tempo, ma questo è un periodo decisamente no.
Dall’ultima volta che ti ho scritto sono cambiate molte cose: il mio gruppo mi ha cacciata perché pensava che io facessi da tramite a due ragazze anche loro buttate fuori perché “sbandieravano i nostri problemi e le discussioni del gruppo”: sto capendo col tempo che realmente non mi dovrei fidare proprio di nessuno; quelli del mio ex gruppo, si, mi hanno usata continuamente per la macchina o per altro, però adesso c’è una situazione più grande: mi piace questa ragazza, ai miei occhi bellissima, non riesco a starle lontana e quando non c’è sto male; ultimamente non mi scrive più come prima, è come se la mia presenza la urti. Mentre ti scrivo mi ha appena scritto “sei ancora la?”, probabilmente per capire perché G. non le risponde.
Ritornando al discorso di prima, chiesi a una mia amica (che chiamerò “Push”) se mi poteva aiutare con questa situazione, così iniziò ad uscire con noi e, a detta sua, “farsela amica in modo tale da avvicinarla a me”. Mi disse di scriverle una lettera, così gliene scrissi una, che ancora oggi portò sempre con me. Il motivo per il quale non gliel’ho consegnata? Perché già sa il contenuto. Chiesi a Push di fare due foto e di mandargliela con una scusa quando avrebbe ritenuto il momento più opportuno. C’è stato un piccolo panico poi, perché lo seppe anche G., la quale, non sapendo le circostanze, mi disse di non fidarmi di tutti e di stare attenta, ma di certo non mi avrebbe uccisa come pensava M..
Col passare dei giorni la situazione si fece sempre più critica, così, un sabato, dopo circa due settimane, decisi di dirle tutto quello che provavo: lei mi lasciò senza risposta.
La situazione però sta sfuggendo di mano, M. e Push parlano ogni giorno, cosa che mi dà molto fastidio, mi sento messa da parte e non “voluta”. Spero però che tutto si risolva al meglio, ma su questo scriverei una pagina a parte, c’è molto da parlare.
M., semmai scoprirai questo profilo e stai leggendo questo, si, mi piaci ancora come la prima volta che ti ho vista.
Tralasciando il discorso amoroso che è un tasto dolente, altra cosa dolente è la mia mano: col l’accumularsi del nervoso in questi mesi, decisi inizialmente di sfogarmi con la lametta: L., una sera, quando tornai da suonare, si era appena tagliata, quindi le chiesi di prestarmela per “riprovare quello che provavo una volta”. Scelta più sbagliata non feci. Iniziai per un periodo a farlo, per poi passare ai pugni al muro e spesso me ne esco con lividi ed ematomi. In questo momento temo di essermela fratturata perché ho perso la sensibilità alle dita. Di male in peggio ovviamente.
Un’altra cosa importante è che mia madre sa tutto: un giorno decise di lavare la mia giacca, di cui spesso dico che “ho il mondo lì dentro”. Effettivamente è così, lì dentro ho il mio mondo: scrissi tempo fa “20 motivi per uccidermi”, di cui c’era il fatto che ho ripreso a fumare erba, ad autolesionarmi, che tentai spesso il suicidio, che mi piace una ragazza, ad ogni modo, tutto di me. Io mi sfogo scrivendo. Ah, c’era anche la lettera per M..
Una sera quindi mia madre, una volta che tornai a casa, mi fece sedere e mi iniziò a fare domande strane, in breve non accetta che io sia bisex, uscendosene con la frase “è vera la frase “è successo agli altri, spero a me mai””, le chiesi se fosse una malattia e lei mi disse che era meglio questo che una malattia. Mi disse che mi avrebbe mandata da uno psicologo (per il fatto del suicidio), io accettai indubbiamente, così la scorsa settimana feci la prima seduta e capimmo che ho un problema con l’abbandono che risale dal momento della mia nascita quando persi mio fratello.
Con mia madre la situazione è stata delle pessime: la sera stessa della prima seduta iniziò a farmi casino a tal punto che preparò le valigie per andarsene, mi dovetti subire un mese con mia madre che mi fermava davanti alla porta e che mi faceva la romanzina abbastanza viva su tutto, mettendole dentro un po’ di vittimismo ed egoismo. Adesso sembra sistemarsi però.
Adesso sto meglio rispetto a prima, non voglio più morire ma scappare, per stare in pace per un po’, non sopporto più niente e nessuno. Forse sono condizionata dalla scuola, per ora stiamo finendo di studiare il Romanticismo, un movimento con tematiche molto negative.
Caro diario di bordo, sono le 23;57, devo andare a dormire perché domani mattina a prima ora ho compito di inglese che saltai la settimana scorsa proprio per la discussione viva che ti dissi con mia madre e le ultime due ore interrogazione di arte. Non ho aspettative alte di voti, so che in confronto agli altri mi fanno valere di meno.
Ti prometto, o almeno, ci provo ad essere più presente.
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solveetcoagulash · 5 years
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Piombo tra le dita
La prima volta che il nonno le aveva mostrato l’incantesimo di Trasformazione, erano nella Chiesa di Santa Maria di Týn, a Praga, tra le vecchiette raccolte in preghiera e gli autoscatti dei turisti cinesi.
Lenoir aveva otto anni ed era troppo piccola per capire il rischio che stavano correndo. Troppo piccola per aver sentito parlare delle nuove leggi sul controllo di quelli come lei. Però era grande abbastanza da conoscere le regole della Congrega e sapeva che questa era una trasgressione in piena regola. Il nonno l’aveva guardata come la complice di un crimine perfetto, l'altra metà di un segreto sotto gli occhi di tutti. E le era piaciuto da morire.
« Ma se ci scoprono? » gli aveva sussurrato con gli occhi lucidi di paura ed esaltazione.
« Non ci scoprono, ma fée. »
Il nonno era imperturbabile, come se l’avesse fatto così tante volte da non ricordar nemmeno il brivido della prima. Le aveva messo in testa la coroncina d’oro e smeraldi che in principio era stata un anello giocattolo trovato in uno sparapalline, e lei d'istinto l’aveva coperta con le mani per nasconderla alla scolaresca lì a fianco. Il cuore le batteva fortissimo e si sentiva addosso gli occhi di tutti.
Invece l'avevano oltrepassata senza considerarla.
« … come fanno a non accorgersene? » non le pareva possibile che fossero così ciechi. Non aveva senso che la Congrega si fondasse sulla segretezza, se era così facile passarla liscia.
« A volte l’uomo inciampa nella verità, ma nella maggior parte dei casi si rialza e continua per la sua strada. » il nonno li aveva guardati tutti: i turisti, le vecchiette, gli adolescenti in gita. « I mondani non sono stupidi. Si accorgono che qualcosa non torna, tuttavia fanno finta di nulla. E’ il loro istinto di sopravvivenza che li salva dall’ignoto: sanno che la risposta li turberebbe più della domanda. »
Era sicura di aver perso quell’anellino durante il trasloco da Praga a Pechino, un anno dopo quel ricordo. Invece eccolo saltar fuori a Philadelphia una decina di anni più tardi, infilato nella tasca del cappotto autunnale. Come fosse sempre stato lì. Anche se quel cappotto l’ha comprato su Zalando non più di qualche settimana fa.
Se lo rigira tra le mani, confusa. Forse il riavvolgimento temporale le sta giocando un brutto scherzo.
« Non ti avevo sentita entrare… » la mamma si affaccia alla porta della stanza, col tablet in mano e gli auricolari nelle orecchie. Tutti dicono che sono uguali, due gocce d'acqua. Per questo Lenoir trova dolorosamente facile capire quando non è così contenta di vederla quanto vuol far credere col sorriso.
« Ho riportato qui il Grimoire, non mi va di lasciarlo alla Gifted, troppa gente in grado di leggere la mente ed attraversare porte chiuse... » è vero, ma suona come una giustificazione e per questo si odia un po'.
« Quello lo puoi tenere qui, ma hai ancora tanti libri da portare via. E tutta quella pila di maglioni… guarda che l’inverno sta arrivando! » la mamma scimmiotta il motto degli Stark e lei prova a fare un sorriso, ma un fiotto di fastidio la ferma. La Congrega continua a ricordarle tutte le cose che deve ancora portare alla YGS, quelle cose che in qualche modo lei dimentica lì soltanto per avere la scusa di tornare.
La Gifted dista a solo qualche isolato, ma quella breve distanza sembra così sbagliata. Nessuno lo dice apertamente, ma sembra che la stiano spingendo fuori dal Cerchio. Anche i suoi genitori, soprattutto loro. Ancora non comprende perché abbiano insistito così tanto affinché entrasse alla Gifted. Si era lasciata convincere che sarebbe stata una buona idea, ma ora non ne è più sicura. Il senso d’isolamento la sta schiacciando.
Ma ha paura di dirglielo. Ha paura che se lo dicesse a voce alta, diventerebbe vero.
« Dovresti farti aiutare da qualche compagno di scuola. » la mamma prende a ronzarle attorno e lei alza gli occhi al cielo per la domanda che sta per fare. « Hai conosciuto qualcuno d’interessante? »
« E’ una scuola di superumani, maman. Essere interessanti è la normalità. » risponde laconica.
« E qual è il più interessante di tutti? »
Ci pensa una attimo, prima di rispondere. Perché ce n’è uno più interessante tra gli altri, ma per motivi molto diversi. Valuta le parole, il loro peso, il tono con cui farle sfrecciare. Il punto da colpire lo conosce già.
« C’è un ragazzo, viene da Haiti… » inizia vaga.
« E’ carino? » la incalza, ansiosa di dettagli.
« E’ morto » scandisce con attenzione. E in quella pausa la parola ha tutto il tempo di rotolare, cadere e schiantarsi a terra. Il boato spazza via ogni traccia di spensieratezza dal viso della mamma, che capisce la trappola. « Durante la prima guerra di Magnus. Poi è tornato, e ricorda tutto. Lo ricorda abbastanza bene da avere gli incubi. Non è strano? »
Il cuore le batte forte, come quella volta col nonno. Nasconde le mani dietro la schiena e le stringe attorno all’anello per non mostrare quanto tremano, per non far vedere quanto coraggio le occorre per sfidare il tabù su quel che è successo durante il riavvolgimento temporale.
Ma la mamma è una maestra d’illusione, una diplomatica, una maga nel rispondere senza rispondere per davvero.
« Oh tesoro, ancora con questa storia. La Dea ti ha benedetta due volte offrendoti una seconda possibilità senza il peso di un orribile ricordo. Non sai cosa darei per poter dimenticare anch’io il dolore di perdere una figlia...   » la voce della mamma trema un po’ e Lenoir sa che è sincera, lo sa con lo stesso istinto che capisce al volo le sue bugie. « Perché ti ossessioni? »
La stringe in un abbraccio caldo e morbido, in modo un po’ buffo per via della loro notevole differenza d’altezza. Però è un gesto confortevole e pieno d’amore, ed anche se sa che la mamma sta sfuggendo alla domanda, il suo bisogno d’affetto prende a pulsare. Un bisogno vigliacco e famelico che s’appropria di ogni spazio in quell’abbraccio. Così affonda il viso nei suoi capelli, che profumano di cipria e dimetilmercurio, e torna a sentirsi un po’ bambina. La stessa bambina che non capiva le parole del nonno perché non c’erano domande che potessero turbarla.
Ma dura poco. Non ha più otto anni, e l’anello di plastica pesa come piombo tra le sue dita.
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martahjini · 7 years
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Dio mio ...mi sento uno schifo. Oggi è stata veramente una giornata si merda... Andare a scuola per vedere quei cani dei miei compagni di classe e confrontarli con gli altri. Vedere la felicità ,l'unione, l'amicizia presente tra le persone delle altre sezioni e poi osservare lo schifo in cui sono capitata: bestie ,persone senza vita e sentimenti,egoiste ,zozze ,false ,ipocrite... Mi chiedo perché possa aver fatto quel grande errore. Mettere una lettera al posto di un'altra e ritrovarmi in un mare di merda che dovrò sopportare per altri 4 anni. Tutto questo per una persona, che oggi è una delle tante cause della mia infelicità. Come se non bastasse ho dovuto subire la mia "migliore" amica (o in altre parole l'unica che ho) che non mi salutava nemmeno, non mi guardava negli occhi. Il bello è che nemmeno so il motivo del suo comportamento, cosa posso aver sbagliato nel farla comportare così con me. Dopo tutte le attenzioni che le do , tutti i sacrifici che faccio per non farla rimanere male ma soddisfatta di avere me come amica ...e lei invece mi pianta i musi, non parliamo più, non ho più una persona con cui parlare, perfino mia madre ormai non mi ascolta più, mi critica e basta... Prima era l'unica persona con cui mi aprivo totalmente, le dicevo tutte le cose come stanno e lei mi capiva al volo ...Ora invece non parliamo più, non mi chiede più nulla. Dopo aver passato questa splendida mattinata che mi ha fatto capire quanto faccia schifo la mia vita ,mi sono recata nell'unico luogo dove mi sento a casa ,dove posso sfogarmi fregandomi e non pensando a tutti i cazzi che ho per la testa, quel posto in cui essere soli non crea imbarazzo ,dove puoi fregartene di tutto e di tutti; la palestra ... Non contenta ovviamente non ho potuto nemmeno fare la lezione a causa dello scarso numero di persone che mancavano, così sono dovuta andare in sala pesi a correre con l'angoscia e il rimorso che tutti i risultati dei miei allenamenti precedenti ,che ho sempre svolto con tanti sacrifici, stavano andando via... Non bastando dopo essere uscita dalla mia "seconda casa" con i sensi di colpa nel cuore,lo schifo dentro...ho dovuto sentire le lamentele di mio fratello durante tutto il tragitto in macchina. Sentirlo dire che sono una stupida troia, che non vede l'ora di finire il quinto superiore almeno non potrà più vedermi e vergognarsi di me. Vorrei tanto avere una vita tranquilla come tutti gli altri, circondata da amici che mi facciano divertire e mi diano sempre un motivo per sorridere ...non da 4 oche che non fanno altro che pensare per se stesse e sfruttarmi per i loro comodi. Dio mio quanto vorrei ricominciare tutto da capo, ho solo 15 anni, ma sento già che la mia vita è rovinata a causa di stupide strade, che ho preso che mi hanno portato in questa merda. Vorrei morire e rinascere in un'altra vita ,in un'altra città , circondata da altre persone... Non ho più nessuna soddisfazione, nessuno con cui parlare e sfogarmi, sono così sola ... La gente mi guarda ,leggo il loro pensiero, si chiede il perché passi 5 ore della mia giornata chiusa in un edificio a fare esercizi per migliorare il mio fisico,l'unica cosa che mi dava un minimo di soddisfazioni che però ho buttato tutto via oggi per aver saltato un allenamento. E a pensare che stava andando tutto così bene,ero così soddisfatta e fiera del mio lavoro.... Non mi riconosco più, ormai la mia vita è diventata un incubo, una monotonia assurda, sento che mi sta tutto sfuggendo di mano. L'adolescenza, gli amici, i primi amori...non sto affrontando nulla.. Mai ricevuto un complimento da un ragazzo, un invito ad uscire, mai dato un bacio,un abbraccio ,scambiato una parola con quello che mi piace ...e la gente mi chiama pure troia. Vorrei tanto piangere,urlare far uscire tutta la rabbia, i sensi di colpa che mi divorano. Mi chiedo se sia meglio lasciare tutto andare, cercare di uscire da questa ossessione che mi distrugge corpo e mente ...provare a cambiare vita. Oppure continuare nella mia monotonia e, non so, sperare che accada qualcosa che mi scombussoli e stravolga un po' la vita. Dio mio aiutami tu.
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Forse non è chiaro. Allora ragazzi, è oggettivo dire che Halle Bailey, la ragazza che è stata scelta per il ruolo di Ariel nel nuovo live action Disney, non somigli per niente alla Ariel del Classico. Questo è innegabile. Basta gridare al razzismo! Non c’entra nulla. Lo stesso ragionamento sarebbe stato fatto se avessero scelto, per esempio, una ragazza europea per Mulan. E su questo siamo assolutamente d’accordo. In ogni caso voi potete essere d’accordo o meno. Potete fare tutte le teorie che volete. Ognuno ha il proprio pensiero ed è giusto che venga espresso, con educazione e rispetto per il prossimo, chiaramente. C’è da dire però che la situazione sta sfuggendo un po’ troppo di mano. Capiamo la delusione di molti di voi, però è pur vero che questo film non l’abbiamo ancora visto. Non siete costretti ad accettarlo, potete semplicemente scegliere di non andare vederlo e far finta che non esista (come per Pocahontas 2 😂)... Nessuno vi obbliga, ma questo film si farà! La Disney è stata molto chiara. Ci sembra assurdo continuare a discutere su questo e vedere che vi scannate nei commenti quando ognuno ha la propria opinione! Ormai, per ogni cosa che postiamo, ci vediamo costrette a leggere commenti spiacevoli riguardo a questa questione, anche su post che non c’entrano nulla. Mentre nei post a tema “La Sirenetta” veniamo accusate di provocazione, istigazione, propaganda politica (sì, assurdo!), ecc. Ci viene addirittura detto “Smettete di postare a tema La Sirenetta, perché lo sapete che faremo polemica sul live action”. Vi sembra giusto? A noi no. Alcuni di voi ci dicono che dovremmo essere contente, non dobbiamo nulla di cui lamentarci, perché alla fine voi commentando date visibilità alla nostra pagina. Questo è vero, ma sinceramente, a noi non interessa avere visibilità perché la gente si scanna nei commenti... e non ci stiamo quando veniamo accusate delle cose elencate sopra. E quindi no, non siamo contente. Non ce ne frega nulla dei like e dei commenti e pensiamo di averlo abbastanza dimostrato in 8 anni che gestiamo questa community. Siamo esseri umani anche noi e leggere certe cose ci fa letteralmente venire la pelle d’oca. Questo NON SIGNIFICA che non siete liberi di esprimere i vostri pareri. Noi siamo le prime ad essere curiose di sapere cosa ne pensate. Semplicemente, prima di commentare bisogna saper LEGGERE e sapersi anche dare una regolata - cosa che comunque andrebbe fatta anche nella vita, non solo su Facebook. Basta darsi contro, basta alimentare le polemiche. Ognuno la pensa come vuole e non è obbligato a cambiare idea. Grazie mille ☺️
Forse non è chiaro. Allora ragazzi, è oggettivo dire che Halle Bailey, la ragazza che è stata scelta per il ruolo di Ariel nel nuovo live action Disney, non somigli per niente alla Ariel del Classico. Questo è innegabile. Basta gridare al razzismo! Non c’entra nulla. Lo stesso ragionamento sarebbe stato fatto se avessero scelto, per esempio, una ragazza europea per Mulan. E su questo siamo assolutamente d’accordo. In ogni caso voi potete essere d’accordo o meno. Potete fare tutte le teorie che volete. Ognuno ha il proprio pensiero ed è giusto che venga espresso, con educazione e rispetto per il prossimo, chiaramente. C’è da dire però che la situazione sta sfuggendo un po’ troppo di mano. Capiamo la delusione di molti di voi, però è pur vero che questo film non l’abbiamo ancora visto. Non siete costretti ad accettarlo, potete semplicemente scegliere di non andare vederlo e far finta che non esista (come per Pocahontas 2 😂)… Nessuno vi obbliga, ma questo film si farà! La Disney è stata molto chiara. Ci sembra assurdo continuare a discutere su questo e vedere che vi scannate nei commenti quando ognuno ha la propria opinione! Ormai, per ogni cosa che postiamo, ci vediamo costrette a leggere commenti spiacevoli riguardo a questa questione, anche su post che non c’entrano nulla. Mentre nei post a tema “La Sirenetta” veniamo accusate di provocazione, istigazione, propaganda politica (sì, assurdo!), ecc. Ci viene addirittura detto “Smettete di postare a tema La Sirenetta, perché lo sapete che faremo polemica sul live action”. Vi sembra giusto? A noi no. Alcuni di voi ci dicono che dovremmo essere contente, non dobbiamo nulla di cui lamentarci, perché alla fine voi commentando date visibilità alla nostra pagina. Questo è vero, ma sinceramente, a noi non interessa avere visibilità perché la gente si scanna nei commenti… e non ci stiamo quando veniamo accusate delle cose elencate sopra. E quindi no, non siamo contente. Non ce ne frega nulla dei like e dei commenti e pensiamo di averlo abbastanza dimostrato in 8 anni che gestiamo questa community. Siamo esseri umani anche noi e leggere certe cose ci fa letteralmente venire la pelle d’oca. Questo NON SIGNIFICA che non siete liberi di esprimere i vostri pareri. Noi siamo le prime ad essere curiose di sapere cosa ne pensate. Semplicemente, prima di commentare bisogna saper LEGGERE e sapersi anche dare una regolata – cosa che comunque andrebbe fatta anche nella vita, non solo su Facebook. Basta darsi contro, basta alimentare le polemiche. Ognuno la pensa come vuole e non è obbligato a cambiare idea. Grazie mille ☺️
Forse non è chiaro. Allora ragazzi, è oggettivo dire che Halle Bailey, la ragazza che è stata scelta per il ruolo di Ariel nel nuovo live action Disney, non somigli per niente alla Ariel del Classico. Questo è innegabile. Basta gridare al razzismo! Non c’entra nulla. Lo stesso ragionamento sarebbe stato fatto se avessero scelto, per esempio, una ragazza europea per Mulan. E su questo siamo…
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kyda · 5 years
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Giorno 18/100
Un paio di volte ho pensato che questa cosa dei 100 giorni fosse stupida e mi stesse un po' sfuggendo di mano, avevo perso pure il conto onestamente. Quindi mi sono detta che avrei lasciato perdere e che avrei ricominciato da capo, da domani, e avrei fatto meglio. Non l'ho fatto però, perché mi sono messa in testa una data e se io ora lasciassi perdere niente cambierebbe e il 13 ottobre arriverà comunque e io sarei sempre la stessa e non voglio essere la stessa di ora il 13 ottobre
Anche se penso di non star facendo progressi, comunque, non è vero. Vado a correre quasi tutti i giorni, ho sbrigato alcune cose che rimandavo da qualche settimana e giro per casa con l'agenda perché la prossima volta che mi viene voglia di mangiare i miei sentimenti dovrò inventarmi qualcos'altro da fare o qualcosa di cui scrivere. Un ruolo fondamentale nei miei piccoli cambiamenti lo sta avendo il libro sulle abitudini, mi ha aperto gli occhi su tante cose
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questionedabitudine · 5 years
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tredicembreduemiladiciotto
Sono tornata in Italia con uno spirito nuovo, oltre che con un nuovo taglio. Stare davvero da soli per due mesi ti fa capire quanto sono fondamentali le persone intorno a te, quelle che non apprezzi mai davvero nella tua quotidianità. Eppure... io devo tutto a loro. Settembre è volato tra tentativi falliti di fare un paio di esami. Ma questa volta ero più tranquilla - non mi farò più inghiottire dall’ansia- ho pensato. E tutto sommato meglio così. Inizio Ottobre io, Turbo e Fuccio decidiamo di salire in macchina dallo Scodo, e tra una sbrattata in autostrada e un finestrino rotto abbiamo passato tre giorni molto movimentati, anche se meno di quanto ci aspettassimo. La fidanzata di Marco è pur sempre una 98 appena iscritta all’università che pensa di poter spaccare il mondo come tutte le matricole, anche se la sua perenne puzza sotto al naso la rende snob e inapprocciabile. Ho tentato di dare il contentino a Turbo e stare più tempo possibile attaccata a lui, ma una volta tornata a casa, scopro che in realtà i suoi complessi sul “Betta mi odia” non sono ancora passati, ma anzi stanno inglobando sempre più gente.  Da quando sono tornata ho notato molti cambiamenti. In primis Aurora e Pasquale non vivono più con me, al loro posto c’è Francesca - ragazza de Roma spigliata e alla mano. Federico si è trasferito con Lorenzo in una casa vicino piazza Dante, vista stupenda e Donato&Fiore in casa. Albertino è andato via, così come Mariafrancesca. Alessia è tornata con Ralph, ora vive nel palazzo di Aurora. Marino è andato a vivere con Aurora e Pasquale, la ragazza a breve si trasferisce a Forcella direttamente da Madrid. Insomma, io ho passato più tempo a casa di Aurora che a casa mia. Esco con sicurezza. Torno tardi a che ora mi va. Non voglio farmi condizionare da Napoli e la sua fama, voglio tornare a casa a che cazzo di ora mi pare. Spesso quindi sono rimasta fino a tardi. Spesso ancora sono rimasta a dormire, perchè Aurora è un po’ una cagasotto e Forcella a prima vista non sembra molto sicura.  Spesso con noi c’era anche Gaetano, il migliore amico storico di Aurora, ora al secondo anno di Beni culturali alla Federico II - in realtà ha sempre frequentato casa mia perchè non ha casa a Napoli ma non so come o perchè non ci ho mai fatto veramente caso. Vabbè insomma, Gaetano, riccio scuro, colorito mediterraneo, spallone e faccia di cazzo allucinante. Inizi settembre si lascia con la tipa storica. Noto che mi guardava in un modo particolare. La cosa inizia a lusingarmi e ad interessarmi. Nessun segnale ovvio di interesse, solo quel suo sguardo penetrante.  Inizio a farmi i primi film mentali. E’ davvero un bel ragazzo, anche se più piccolo di me. Noto le sue spalle: sono sempre state così larghe? Sogno di appoggiare le mie labbra alle sue, con innocenza. Non mi sarei mai fatta avanti, non sapevo nemmeno cosa volesse dire. Lui,poi, è il migliore amico di Aurora, un dettaglio non trascurabile. Passiamo un paio di serate insieme, ubriachi. Il mio campo gravitazionale è sempre attorno a lui, faccio la scema. Torno a casa e me ne pento tantissimo. Lui continua solo a guardare, non mi fa capire nulla. Una sera mi ha anche quasi vomitato addosso dopo un cicchetto di tequila. Quella sera sarebbe successo qualcosa se non avesse vomitato, lo so. Ma comunque, nulla di concreto. Le nostre mani spesso si sfiorano per passarci accendini e canne- sento una scossa per tutta la spina dorsale. Penso: “merda, questa cosa mi sta sfuggendo di mano”. Nel frattempo Aurora mi illustra le sue preoccupazioni su un eventuale ritorno di fiamma da parte di Gaetano nei suoi confronti, ora che la ex è fuori gioco. Io non le dico nulla, faccio finta di assecondarla. Mi chiedo se abbia percepito qualcosa. Una sera finiamo a teatro a vedere gratis lo spettacolo del coinquilino di Aurora. Sembrava un’uscita a coppie - Giorgia e Domenico, Aurora e Pasquale e... io e Gaetano. Ovviamente noi due finiamo in fondo, isolati. Il mio cuore non ha fatto altro che andare a mille all’ora. Avevo una voglia matta di toccarlo. Ho tentato il contatto in ogni modo, tremando, ma niente. Vedevo solo lui agitatissimo, che si passava la mano tra i capelli, si aggiustava i baffi, sospirava. Un’ altra serata passata a sperare succedesse qualcosa che non è successo. Nel frattempo ogni tanto ci scrivevamo. Fondamentalmente ci mandavamo idiozie su One piece, meme o simili. Era troppo bello svegliarsi e trovare il suo messaggio col nuovo capitolo... 30 Ottobre: a Napoli il cielo è giallo. E’ in atto una vera è propria apocalisse. Il mio caffè alle 3 con Federico e Gaetano viene annullato da Gaetano che decide di tornare a casa prima. Esco scontentissima da lezione. Aurora e Pasquale sono non ricordo dove, ma Marino è sicuramente a casa. Decido di chiamarlo. Mi risponde dicendomi che stava arrivando a Napoli,e vista la casa vuota voleva organizzare una serata tra amici a casa. Accetto l’invito e mi dirigo a casa. Poco dopo arriva un messaggio di Marino, mi dice che quella sera sarebbe venuto anche Gaetano,e sarebbe rimasto a dormire da lui. Mi precipito a casa di Aurora alle 7 e scopro che la serata tra amici in realtà conta solamente noi 3. Mangiamo, guardiamo un film, beviamo e fumiamo, mangiamo, guardiamo un film e così all’infinito. I ragazzi visto il mal tempo mi convincono di rimanere a dormire lì, in camera di Aurora. E così per l’ultimo film horror della serata decidiamo di spostarci in camera di Marino. Gaetano seduto al centro.  Io ero già parecchio su di giri. La spalla di Gaetano era così allettante che appoggiarci la testa sopra mi è venuto proprio naturale. Lui ha appoggiato la sua testa sulla mia. E’ un segnale. No, ma che cazzo dici Betta, stai solo facendo più amicizia. Tutto questo mix di pensieri che facevano a cazzotti nella mia testa si è improvvisamente stoppato quando ci siamo ritrovati mano nella mano improvvisamente. Fortunatamente era buio, perchè la mia faccia era sicuramente andata a fuoco. Impacciata come poche cose, a fine film scappo in bagno. Decidiamo di fumarci un’ ultima sigaretta in cucina tutti insieme e poi ognuno nella propria stanza a dormire.  Nemmeno 5 minuti che Gaetano mi manda un messaggio. Una scusa per attaccare bottone, chiaro. Mi chiede di fumarci un’ultima sigaretta insieme. Rimango a fissare il telefono per 5 minuti come una cretina immaginando le conseguenze della mia risposta. Ma sticazzi, sigaretta sia. Viene in camera di Aurora, fumiamo. Cominciamo a parlare di cazzate, il tempo sembra infinito. Rimaniamo per un’oretta uno affianco all’altro sul letto di Aurora a parlare fin quando la distanza tra di noi non si fa pericolosamente piccola abbastanza da saltarci addosso. Iniziamo a baciarci con foga fino a strapparci i vestiti da dosso. Il tutto rigorosamente a luce accesa, tra le altre cose. Insomma, finiamo a fare sesso.  Beh, che dire.... è stato assurdo. Io avevo un sacco di paure e di fisse che pensavo sarebbe stato orribile, e invece è stato tutto così naturale.  Ma non è finita qui. Siamo rimasti tutta la notte abbracciati a coccolarci. E’ stato stranissimo. Per me è stata come una prima volta.. Lui mi ha riempita di complimenti. Mi ha confessato che ha una cotta per me da tre anni. E’ stato molto dolce. La cosa non mi è dispiaciuta affatto. La mattina dopo round 2 e corsa all’università. Mi sentivo ancora le sue mani dappertutto. E’ stato difficile superare la giornata. Da lì è cominciato tutto. Non ci vediamo spesso, ma se rimaniamo da soli in casa non smettiamo di saltarci addosso. Lui ha risvegliato tutti i miei ormoni in letargo di questi due anni. Io mi sento come cera calda tra le sue mani. Non ho mai provato nulla del genere. E poi chi si sarebbe mai aspettato che avrei potuto piacere a qualcuno. Insomma, io sono un disastro. Gaetano è attento a tutti i particolari, mi fa sentire desiderata. Mi fa sentire speciale. Tra le sue braccia mi sento così amata e protetta. Per me è quasi imbarazzante parlarne.  Nemmeno Aurora sa la verità su come è iniziata questa storia... però diciamo che sono tutti contenti per noi. Noi ancora più di loro. Per ora va tutto bene. Io voglio vivermi questa cosa così come viene, e spero che per lui sia lo stesso. Non abbiamo ancora fatto grandi discorsi, non ci siamo ancora scoperti abbastanza, ma comunque ogni giorno che passa scopro nuovi lati di lui che lo rendono più maturo, più adulto, più interessante.  Caratterialmente siamo proprio agli antipodi.. forse un giorno questo sarà un problema. Ma per ora non me ne voglio preoccupare. Voglio vivermi questa cosa bella e inaspettata fin quando posso.
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rose-flux · 6 years
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uno.
uno il caos. Krasnye, 18 novembre 2016 L'inverno a Perm' è devastante, talmente freddo da portare ad un'ipotermia lenta, che non si manifesta subito: la pelle assume un tono violaceo solo dopo un lungo e doloroso processo. All'inizio, solamente brividi. Poi i neuroni si congelano, i denti battono freneticamente. Le labbra si spezzano, le orecchie cominciano a fischiare. Bisogna sapere come difendersi dal freddo di Perm', bisogna averlo già conosciuto. Katya cammina da circa un'ora, è diretta verso Krasnye, a poca distanza dal fiume Velikaya. È ancora metà novembre, l'acqua è ormai quasi completamente ghiacciata, e ciò che Katya ha di fronte è un paesaggio privo di qualsiasi colore. È uno spettacolo, uno scenario che, se fosse un quadro, sarebbe dominato da molteplici sfumature di bianco, interrotte talvolta dalle case, macchie scure in mezzo a quel paesaggio pallido ma incantevole. Katya sta cercando una piccola struttura in legno. Ha ricevuto molte indicazioni, che però scompaiono, dimenticate passo dopo passo. Ne riaffiorano solo alcune, a volte, ma sono sfocate. Le urla di Denis, una casa di legno chiaro, il piccolo villaggio di Krasnye, perso in mezzo alla neve. "La riconoscerai, è l'unica con la porta dipinta di rosso, io sarò già lì" Le sembra ancora di sentire Denis urlare, non spaventato ma semplicemente confuso. Katya cerca una macchia rossa in mezzo a tutto quel bianco. Ha paura, molta paura, eppure si sente terribilmente libera, i sensi di colpa devono ancora catturarla. Il corpo di sua madre a terra è l'unica immagine a cui riesce a pensare, anche se l'aveva solo degnato di uno sguardo veloce. Non si muoveva, più ci pensa e più ne è certa. Denis urlava mentre gli occhi di Katya vagavano senza vita per la stanza. Voleva solo uscire di lì, passare al livello successivo, come se tutto ciò che stavano facendo fosse stato solo un gioco, un inganno che sarebbe finito quando ne avrebbero avuto voglia. Katya allora si era guardata intorno, cercava una porta, una via d'uscita da quella casa ormai tanto odiata. Corre. Anche Denis corre, con un fucile in mano, ma dalla parte opposta, verso il bosco, dove nessuno può vederlo. Katya ha gli occhi spalancati, gli abitanti di Perm' la guardano con timore. È la piccola Vlasov! Perché è così sconvolta? Provano a fermarla, a chiederle qualcosa, ma scaraventa sulla neve fredda chiunque provi ad avvicinarsi, a forza di spintoni. Una donna anziana la maledice sotto agli occhi attoniti di tutti. Lei continua a correre, il suo sguardo è determinato ma vuoto, non ha versato neanche una lacrima. Finisce per camminare per minuti che sembrano eterni, sfuggendo a ogni occhio troppo molesto, combattendo contro il freddo invernale e un mal di testa che non sembra voler cessare. I suoi scarponi affondano continuamente nella neve, e a ogni passo il suo respiro diventa sempre più pesante. Si guarda intorno e non trova nessuno, solo minuscoli edifici di legno le cui porte non corrispondono a quella che lei ha in mente dall'inizio della sua fuga. Poi nota qualcosa, e spera che la sua vista non la stia ingannando. Spera che il suo cervello non abbia già cominciato a farle brutti scherzi. Spera che il freddo non la stia facendo impazzire. Eccola lì, la porta rossa. L'entrata del paradiso e dell'inferno insieme. Non sta impazzendo, è reale. Katya corre, lasciando tutta la disperazione e la paura provata durante la sua fuga dietro di sè. Ha immaginato per tutto il suo cammino questo momento, adesso cerca di recuperare ogni forza persa lungo la strada. Le gambe non cedono, e riesce ad arrivare in fretta davanti a quella piccola costruzione in legno. Il respiro diventa sempre meno pesante. La porta è chiusa a chiave. E allora lei bussa, una prima volta, una seconda volta, anche se nessuno risponde. Continuerebbe a battere le nocche su quella porta fino a farle sanguinare, fino a farsi del male. È così vicina a una salvezza, a qualcosa di almeno conosciuto, ma è di nuovo risucchiata dalla paura. Ci ha pensato durante tutto il tragitto. Cosa è successo a lui? È caduto correndo dentro quei boschi o è a pochi metri di distanza, che la attende? La seconda opzione la entusiasma, è così vicino, finalmente potranno parlare, ridere, amarsi come erano abituati a fare. Era questo ciò che volevano. Denis dovrebbe essere già lì, dovrebbe aver preso la solita scorciatoia, la stessa che Katya ha sempre avuto paura di percorrere da sola. "Vai verso il bosco, supera il fiume Velikaya e poi sempre a destra..." Katya si era rifiutata di oltrepassare un fiume totalmente ghiacciato e di addentrarsi dentro quei boschi, aveva preferito farsi largo fra gli sguardi perplessi degli abitanti di Perm'. Denis non avrebbe potuto percorrere la stessa strada, aveva un fucile con sè, non doveva farsi vedere da nessuno. La serratura emette un cigolio distorto, la porta di legno rosso si apre, Denis appare. Non presta neanche un minimo di attenzione alla ragazza che ha davanti agli occhi, ma guarda prima dietro di lei e poi a destra, poi ancora alla sua sinistra. Appena è sicuro che siano soli, la prende per il collo della giacca pesante che indossa e la trascina dentro, poi chiude di nuovo la porta a chiave. Katya cerca di riprendersi, i suoi occhi scorgono un divano alla sua destra. Vorrebbe sdraiarcisi sopra e chiudere gli occhi, non pensare a nulla, ma sente il ragazzo ritornare verso di lei e si blocca, desiderosa delle sue attenzioni. La stringe da dietro, e sorridono, sollevati. In quell'istante tutto il ghiaccio che hanno addosso si scioglie, riscaldato semplicemente dai loro respiri a dal calore dei loro corpi. «Accendo il camino» dice Denis con tono lucido «Mi sei mancata» aggiunge. Katya osserva con più attenzione l'ambiente in cui si trova e vede effettivamente un piccolo camino davanti a lei. Lui ci si accovaccia davanti con un fiammifero fra le dita. Accanto al camino c'è anche una porta di legno, è semiaperta e intravede uno specchio e un lavandino. È un bagno, ne è certa. Quanto le piacerebbe sprofondare in una vasca di acqua calda, ma proprio ora sente che le ultime forze rimaste la stanno abbandonando. Si lascia cadere su un divano verdastro desiderando solo che Denis la raggiunga. Davanti a lei ecco un'altra porta di legno, spalancata. Riesce a vedere tutto ciò che si trova in questa stanza, che a prima vista sembra una specie di cucina. Vede, riposti su un tavolo, cibo e acqua, il necessario per sopravvivere. Dietro a quel minuscolo tavolo c'è una finestra, chiusa. Ci pensa un attimo: sono barricati dentro. Ora Katya ripensa a tutto ciò che ha intorno, e, anche se inizialmente non riesce a ammetterlo a se stessa, lei in quella stanza vede solo il vizio. Bottiglie di alcol semivuote, pacchetti di sigarette sparsi per terra, fiammiferi le cui teste rossicce creano un contrasto con il colore chiaro del pavimento. Accanto alla schiena di Denis, ancora girato verso il camino, c'è dell'altro. Accanto alla schiena di Denis c'è la morte. Katya osserva più attentamente le quattro mura di quella stanza fredda e spoglia. La morte è ovunque. Molti più proiettili di quelli che dovrebbero esserci. C'è anche una pistola, che lei non ha mai visto prima. Ma non è finita, ci sono altre armi, tra cui il fucile che ha sparato solo poche ore prima e che Katya ormai conosce molto bene. La sua mente, in un attimo, si scongela, tutta in una volta. Si libera dall'ipotermia del freddo di Perm'. Le sue pupille corvine ora prestano attenzione solo alle suole delle scarpe del ragazzo che ha davanti, sporche di sangue. Questa visione fa riaffiorare tutto. Denis è un assassino, lei è una sua complice, anche lei è un'assassina. Sono due criminali, forse poco consapevoli di ciò che stanno facendo, scappare. Sono due assassini in fuga da qualcosa che neanche conoscono troppo bene, non ne hanno ancora avuto l'occasione. Hanno tanto davanti, tanto ancora da vivere, ma anche tanti ricordi da creare insieme. Katya socchiude gli occhi, il calore del camino ormai acceso si allea con la sua stanchezza ed è allora che combattere il sonno diventa davvero difficile. Proprio ora che Denis si sta avvicinando a lei, proprio ora che le accarezza i capelli scompigliati con una mano, proprio adesso che le sta toccando leggermente le labbra con l'altra. È una tortura, una parte di lei vorrebbe ricambiare il suo tocco, un'altra dormire per dimenticare dove si trova e cosa ha fatto nella mattinata appena conclusa. Non si tratta di sensi di colpa, è solo infastidita, lì, su quel divano, ad aspettare il nulla. «Sei stanca?» chiede lui, immaginando già l'ormai ovvia risposta. «No» mente Katya, è determinata a restare sveglia ancora per un po'. Denis sorride, si alza e recupera un pacchetto di fiammiferi e uno di sigarette da terra. Ne accende una, poi va proprio dove conserva del cibo già dal giorno prima, su quel tavolino. Il fumo riempie ogni stanza in cui entra. Prende da una busta di plastica qualcosa da mangiare per tutti e due, poi si ferma per qualche minuto a guardare fuori da quella piccola finestra. Neve. Solo neve. Chissà se li stanno già cercando, chissà quale sarà stata la reazione di suo padre. Appena Denis ritorna in quel salone, la vede, ancora su quel divano, e si accorge che si è addormentata. Non avrebbe senso svegliarla, quindi si siede per terra, con la schiena appoggiata a quell'orribile divano verdastro, mangia e la guarda dormire.
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sofismi · 6 years
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Non so perché ti sto scrivendo. Sento il bisogno di farlo però. L’estate scorsa vidi un video... era una sfilata di VS da quel giorno mi misi in testa di dimagrire, é quello che voglio ma la situazione mi sta sfuggendo di mano.. e il bello è che nessuno se ne accorge
L’unica cosa che ti consiglierei di fare è di parlarne con qualcuno a te vicino, mamma, cugina, papà, un’insegnante, amica, nonna, chiunque. È una cosa che non devi assolutamente sottovalutare, è un vortice di negatività dalla quale difficilmente si esce. Chiedi aiuto, chiedi consiglio, e soprattutto: non vergognartene. Capita a tutti di stare male, quando ho iniziato a stare male io (è un problema non del tutto inerente all’alimentazione) l’ho subito nascosto, ma mi sono resa conto poi di quanto fosse sbagliato. Adesso mia mamma mi comprende, ho l’appoggio di mia cugina e del mio ragazzo. È una cosa che, ti giuro, può essere fatta. Se hai voglia di parlarne un po’ scrivimi pure in chat. Buona fortuna! 
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