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#mafiacinese
scienza-magia · 8 months
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Miliardi di dollari in profitti illeciti nel Triangolo d'Oro asiatico
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No man's Land, dove c’era il Triangolo d’oro ora c’è un buco nero dell’illegalità. La mafia cinese tra Laos, Cambogia, Thailandia e Myanmar, ha allestito un “hub” dell’azzardo online, di traffici di ogni genere e reati informatici che miete milioni di vittime a partire dalla Cina. Dove una volta c’era il Triangolo d’Oro, c’è oggi un buco nero che ingoia risorse, diritti, vite e dignità di migliaia e migliaia di individui e che in cambio produce veleni, inquinamento, sopraffazione e paura per molti, benessere e potere per pochi. Strategica oggi come un tempo, quella che era considerata un’area nel cuore dell’Asia esotica per ambiente, etnie e mescolanza di culture, strategica per il confronto tra i nazionalisti cinesi che qui impiantarono una guerriglia alimentata da eroina e armi di contrabbando e i comunisti di Pechino, oggi è hub internazionale di gioco d’azzardo, traffici di ogni genere e reati informatici che mietono milioni di vittime a partire dalla Repubblica popolare cinese da cui provengono i maggiori investitori e gestori di attività criminali verso le quali Pechino misura attentamente ritorsioni e distrazione in funzione dei suoi interessi e strategie che coinvolgono Laos, Cambogia, Thailandia, e soprattutto, Myanmar. Quest’ultima in particolare ha da tempo attirato l’attenzione di reti transnazionali dedite ad attività illecite, inclusa la tratta di esseri umani. A partire da quella responsabile della sorte di migliaia di Rohingya in fuga dalla violenza dei militari in buona parte rifugiati senza prospettive in Bangladesh ma non rassegnati alla vita nei campi. Per l’Alto commissariato Onu per i rifugiati su 4.500 che lo scorso anno hanno lasciato il Bangladesh o il Myanmar rischiando la traversata via mare del Golfo del Bengala sarebbero 569 i morti accertati. Il numero più alto in un solo anno dopo il 2014. Le storie dei sopravvissuti raccontano non soltanto delle tempeste e della sete ma anche dei trafficanti e delle violenze subite, soprattutto da donne e bambini che sono i due terzi dei partenti.
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La sfilata ad uso dei media, prima dell’udienza a Yangon, di un gruppo di trafficanti di esseri umani che trasportavano profughi Rohingya - Ansa Come per lo sfruttamento dei Rohingya, l’estensione dei profitti connessi con la produzione e il commercio di sostanze stupefacenti, ma sempre più anche di casinò illegali e frodi di ogni genere e livello sembra inarrestabile. Se le stime più attuali indicano in 60-70 miliardi all’anno il valore delle sole metanfetamine usate localmente o esportate e se qui l’oppio ha recuperato lo scorso il primato mondiale, si teme che quello dell’utilizzo fraudolento di Internet possa presto superarlo, con una serie di altre attività – a partire dagli scambi clandestini di criptovalute e sistemi finanziari paralleli – che vanno a loro volta imponendosi anche come strumenti per il riciclaggio di denaro e garantiscono enormi profitti a gruppi armati e organizzazioni criminali. In Myanmar, 55 milioni di abitanti, che dall’indipendenza è vissuto nello sbando della legalità, perlopiù sottoposto a dittature brutali e con un costante confronto tra gruppi di potere, etnie e interessi internazionali sul suo territorio, tutto questo si è evoluto in un sistema parallelo a quello statale, a sua volta minato da corruzione, repressione e violazioni dei diritti umani. Non è un caso se il valore delle sole truffe informatiche gestite alla frontiera settentrionale dello Stato Shan prossima al confine cinese è oggi calcolato in 14 miliardi di dollari. Il fatto che attività le cui dimensioni vanno svelandosi anche grazie all’avanzata sul terreno delle milizie etniche che si confrontano con i militari del regime sia gestito da quattro clan di origine cinese sotto la tutela finora delle forze armate birmane fa capire la posta in gioco, sia nel tentativo dei militari di soggiogare il Paese, sia in quello dei gruppi etnici di liberarsi da questo giogo e gestire autonomamente le risorse locali sia, infine, il ruolo della Repubblica popolare cinese nel controllare possibilità e collocamento internazionale di questo sfortunato Paese. Lo scorso anno le autorità di un regime non riconosciuto se non da alleati storici della dittatura, Cina, Russia e Corea del Nord anzitutto, hanno rimpatriato 41mila individui coinvolti spesso con coercizione nelle varie forme di criminalità informatica a cui oltreconfine ha corrisposto una repressione che ha portato all’arresto di oltre 70mila persone come parte di una campagna per liberare la Cina da questa nuova piaga. Le voci della resistenza danno però per certo il salvataggio con elicotteri militari dei capi delle gang cinesi alla caduta di Laukkai, finora l’abitato principale conquistato dai ailiziani dell’Esercito dell’Alleanza democratica nazionale e “capitale” delle frodi informatiche e dell’azzardo via Internet del Sud-Est asiatico. Uno degli obiettivi dichiarati dell’Offensiva 1027, così chiamata perché avviata il 27 ottobre, era proprio di chiudere la partita con attività che la giunta guidata dal generale Min Aung Hlain ha favorito tra le molte illegali di cui beneficia e con cui alimenta la repressione finendo però per collidere con Pechino riguardo le iniziative criminali che prendono di mira cittadini e interessi cinesi e per il timore che le attività belliche aprano a un flusso di profughi verso il territorio cinese. Una situazione che chiarisce, attualizzandola, come in Myanmar abbiano giocato finora pesi e contrappesi che hanno perpetuato instabilità e illegalità da cui molti traggono vantaggio. A sollecitare la nuova presa di potere delle forze armate il primo febbraio 2021 dopo un decennio di precaria democrazia guidata dalla Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi è stata la paura che il Parlamento uscito dalle elezioni del novembre precedente potesse avviare un processo di revisione della Costituzione che avrebbe tolto ai militari il diritto di veto su ogni iniziativa politica. Una possibilità che li avrebbe privati di ampi benefici economici nella gestione di frontiere, energia e miniere, ma che avrebbe anche aperto le porte dei tribunali e del carcere per i gestori di mezzo secolo di dittatura vissuta nella sostanziale impunità internazionale. Il golpe di tre anni fa non ha avuto alcuna condanna dai governi tradizionalmente vicini ai militari che in sede Onu hanno continuato a opporre veti a condanne e sanzioni riattivando il flusso di armi per la repressione e quello contrario di narcodollari e risorse naturali, mentre altri sono rimasti neutrali nel confitto che dal golpe è derivato. I due attori principali, militari e movimento democratico con il ruolo centrale della Lega nazionale per la democrazia di Aung San Suu Kyi, sono tuttavia solo due di quelli in scena nel Paese. Soprattutto nelle aree frontaliere che hanno subito la ridefinizione dei confini internazionali alla fine del controllo britannico nel 1948 il contrasto storico tra maggioranza birmana (di etnia bamar) e le consistenti minoranze che costituiscono nel complesso un terzo della popolazione del Myanmar è sempre stato vissuta sui piani dell’identità e del controllo di ingenti risorse: dalle acque per la produzione idroelettrica alle foreste, dalle pietre preziose all’oppio e alle droghe sintetiche. Le divisioni interne alle etnie che spesso si sono dotate di proprie milizie in funzione di autonomia dai birmani ma anche di potere tra fazioni e leader propri, sono state una costante. Così, in uno dei Paesi dell’Asia con il maggiore potenziale di crescita e progresso, coinvolto in una guerra civile al momento senza sbocchi, le previsioni segnalano per quest’anno un Pil di 65 miliardi di dollari e quasi tutti gli indicatori economici e sociali in calo. Oppio, pietre preziose e lo sfruttamento delle aree oscure di Internet continueranno a garantire enormi profitti; il controllo delle risorse ad alimentare divisione e sofferenza. Read the full article
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forzaitaliatoscana · 3 years
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Prato, Milone: ancora in evidenza presenza mafia cinese
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Prato, il Responsabile del Dipartimento Sicurezza e Immigrazione di Forza Italia Toscana Aldo Milone: "Ancora una volta la relazione annuale del Procuratore generale della Corte d'Appello di Firenze, Dr. Viola, pone in evidenza la presenza della mafia cinese in città ed altri problemi riguardanti la sicurezza dei cittadini" La relazione del Procuratore generale presso la Corte di Appello di Firenze mi ha portato inevitabilmente al febbraio del 1996 quando, da Presidente della commissione consiliare "Prato città sicura", in occasione di un convegno, organizzato dal Comune di Prato con la presenza di diversi imprenditori cinesi, lanciai il primo allarme sulla presenza della mafia cinese a Prato. I medesimi allarmi furono lanciati, sempre dallo scrivente, negli anni successivi. Il mio è stato un ritornello continuo che ad una parte della sinistra ha dato molto fastidio. Nella relazione del Procuratore generale si parla anche di sfruttamento lavorativo da parte soprattutto delle aziende cinesi. Anche questo tema fu affrontato con decisione dal sottoscritto quando ricopriva la carica di assessore alla sicurezza e alla Polizia municipale nella giunta Cenni. Gli innumerevoli controlli effettuati nelle aziende orientali con il gruppo interforze durante quel periodo, andavano proprio nella direzione di combattere lo sfruttamento del "lavoro nero" e dell'evasione fiscale. Anche in quel periodo furono lanciate accuse di "razzismo" nei confronti della mia persona da parte di una certa sinistra. La relazione del Procuratore generale, dr. Viola, mi rende giustizia dopo circa 30 anni. Tra l'altro io facevo presente che in città si erano insediati anche organizzazioni mafiose italiche come camorra, mafia e 'ndrangheta, che trovavano un collegamento con la mafia "gialla". Lo stesso traffico di sostanze stupefacenti, come le droghe sintetiche, è nelle mani della mafia cinese mentre il commercio delle altre droghe è controllato, almeno, in Prato dalla mafia nigeriana in combutta con camorra e mafia. La convinzione della presenza della mafia cinese nasceva dal fatto che l'apertura di diverse ditte cinesi da parte di soggetti che provenivano da alcune Regioni, non certo ricche della Cina, non poteva non avere un'organizzazione alle spalle che gestiva il tutto, compreso l'arrivo in Italia della manodopera clandestina. Un altro fenomeno che è stato sottaciuto riguarda il trasferimento in Cina di denaro attraverso i money transfer che negli anni scorsi ha raggiunto cifre considerevoli, parliamo di diversi miliardi di euro, che hanno lasciato il territorio di Prato. La politica ha avuto le sue colpe e l'unica giunta che ha posto all'attenzione del Governo il caso Prato è stata quella del sindaco Cenni. Le altre giunta precedenti e anche successive hanno soltanto fatto del "buonismo", forse anche falso, permettendo il proliferare di migliaia di aziende orientali che operano tuttora all'insegna dell'illegalità. Per quanto riguarda l'aspetto della delinquenza comune, ormai non si contano più i furti in abitazioni e gli scippi Anche in questo caso bisogna pensare ad un utilizzo diverso della Polizia Municipale che rappresenta la quarta Forza di Polizia. L'utilizzo deve essere in funzione di prevenzione sul territorio in modo da prevenire eventuali azioni criminose. Quindi un impiego che va nella direzione di un maggior presidio del territorio. "Dulcis in fundo" la carenza d'organico nelle Forze di Polizia e nel Palazzo di Giustizia. Prato ancora una volta è sottodimensionata a causa della provincia, nel senso che, essendo una piccola Provincia, non viene considerata soprattutto per le problematiche ma solo per un calcolo matematico, ovvero si fa una mera somma degli abitanti. Bisogna fare in modo che il Governo prenda in considerazione soprattutto le problematiche presenti in città e non l'estensione e il numero degli abitanti della Provincia. Se consideriamo i numeri, saremo sempre perdenti rispetto ad altre città con meno problemi di Prato. Aldo Milone, Responsabile Dipartimento Sicurezza e Immigrazione Forza Italia Toscana Follow @FI_Toscana
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tumbluca · 7 years
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In mani straniere un altro gioiello dell'economia italiana. #mafiacinese
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ultimavoce · 7 years
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Mafia cinese, blitz della Polizia. Arresti in Italia e in Europa
#Mafiacinese, #blitzPolizia. Arresti in #Italia e in #Europa
La Polizia ha messo a segno un blitz contro la mafia cinese. In diverse città italiane e in altre nazioni Ue centinaia di agenti stanno eseguendo ordinanze di custodia cautelare in carcere e altri provvedimenti contro soggetti che secondo le indagini appartengono ad un’organizzazione mafiosa operante nel nostro Pese e in altri paesi europei.
Fonte rivieratime.news
Mafia cinese in Europa
A…
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