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“Il tempo non disperde” di Alfonsina Caterino: una cosmologia del dolore
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Il giorno 23 maggio c.m. sarà presentato il volume Il tempo non disperde di Alfonsina Caterino (Edizioni Frequenze Poetiche, 2021, pp. 80), al “Movimento Aperto” di Ilia Tufano, via Duomo 290, Napoli. Sarò presente anch’io in qualità di moderatore e responsabile di Frequenze Poetiche. Con me ci saranno i relatori Marisa Papa Ruggiero e Stefano Taccone, nonché l’autrice che leggerà alcuni passi dal suo volume. È stato un enorme piacere quando mi sono occupato nel 2021, in piena pandemia, di questo volume di Alfonsina Caterino, Il tempo non disperde, in accordo con l’autrice, dall’impaginazione alla correzione delle bozze, all’editing insomma, fino alla pubblicazione sotto la sigla di “Frequenze Poetiche”, la rivista di poesia internazionale che dirigo e che di tanto in tanto pubblica qualche volume con l’aiuto della piattaforma Youcanprint, la quale ci fornisce l’ISBN e la distribuzione negli store on line e nelle librerie. Nel mentre lo impaginavo, pagina dopo pagina mi resi conto di avere davanti una poeta che è un fiume in piena, con una scrittura per accumulo di significanti che prosegue ininterrottamente, quasi senza pause, dalla prima all’ultima pagina, con una parola – ci dice l’autrice nella Nota - «che nominando crea, muove, infiamma i silenzi, detona il costituito, con boati e schianti insorge energie insospettabili» (p. 9). Non ci troviamo di fronte a poesie singole (come ci si potrebbe attendere) ma di fronte a un poema di circa ottanta pagine, scritto con fervore e lucidità, nonostante l’argomento primario del volume si alterni tra sofferenze e ricordi, alla fine è l’amore per la vita e per la poesia ad essere sublimata fino a diventare fede per qualcosa di misterioso, quella poesia alta che dovremmo trovare in tutte le nostre azioni:                 Il dolore non dorme mai ustionato irrompe memoria la realtà dei papiri e allega ai distanziamenti che investiti da sassaiole ingorde spezzano gli affari raggruppano capacità e prospettive sulle pieghe alte degli alloggi    …                         …    Nell’impronta si raccoglie chiaro gelido abbacinato di specchi un principio verticale i cui punti rantolano pulsione un seme mai giunto a fioritura che urla arsura l’ebbrezza del risveglio fuori dall’esilio (p. 14) Possiamo affermare che la poesia di Alfonsina Caterino è solo la sua, nel senso che appare scevra da ogni condizionamento, movimenti, correnti che ormai appartengono al passato. E potrebbe incanalarsi nel solco del nichilismo alla Mario Luzi o alla Pier Paolo Pasolini, ma qui non ci troviamo di fronte alla nullità di una realtà nei suoi aspetti essenziali (valori etici, religiosi, morali), anche se traspare una metafisica del dolore che si eleva a nobile sentimento, giustapposto alla ricerca del divino, non in senso ideologico o tradizionale, ma in senso pratico, nella realtà che ci circonda, corredata da una inquietudine che dovrebbe essere il sale per un poeta, quella inquietudine che porta fuori il meglio di sé. Anche se spesso ci si imbatte in parole dal valore simbolico, quasi una polisemia, cioè una varietà di significati, è questo un libro sull’amore, l’amore universale o semplicemente sulla perdita, non già dell’amore stesso, ma di un qualcosa di caro e prezioso, per es. di un genitore, di un amico o di un figlio andato via un giorno e mai più fatto ritorno tra le braccia di una madre dal cuore lacerato e sanguinante: un dolore cosmico che in Alfonsina Caterino diventa “cosmologia del dolore”, una ricerca del meraviglioso attraverso la scoperta quotidiana della poesia, della propria scrittura: il tempo viaggia scolpisce trappole irride fili sbalza trapezi; furtivo strappa brughiere assottiglia gocce e pulsazioni al peso di essere –  Scorci come suoni, ho sbrinato alla carne messeinscena sui dirupi il cuore ho affamato nella gabbia dei leoni riversato la smania raccolta nei rigagnoli scrollando le croste in corpo cieche che resistano la navigazione senza resa e finale (p. 30) «Sgrovigliando il vissuto Il tempo non disperde è, dunque, un testo che nasce dentro come la gestazione di un figlio» (ibid.). Ma è anche un libro di gioie e dolori (più dolori che gioie come, d’altronde, lo è la vita di ognuno di noi), di quei sentimenti di cui si nutre poi l’amore, ovvero di una poesia che diviene terapia contro il dolore, i mali del vivere, fino a divenire allegoria del dolore, di stratificazioni psico-drammatiche (ma anche gioiose, abbiamo detto, se non altro per la devozione alla poesia, alla propria scrittura, un po’ come avveniva nell’animo di Giacomo Leopardi, ma per nulla pessimistiche), per un approccio non convenzionale ma rispettoso della realtà e dei suoi valori, attraverso il ricorso a un linguaggio dell’inconscio, onirico, contraddittorio con l’esistente, per toccare le corde dell’anima, una centrifuga di parole che, proprio attraverso la scrittura, ribalta il dolore e la sofferenza in un atto d’amore verso la grandiosità della vita. Read the full article
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sciscianonotizie · 6 years
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