Tumgik
#per quelli tristi che seguiranno
unwinthehart · 4 months
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"Questo significa che ti fai troppe domande." Un Professore S02E07
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I miei demoni
Da piccoli noi come demoni intendiamo i fantasmi, i mostri, insomma i cattivi nelle favole. Che fanno di tutto per non dare un lieto fine alla favola, anche se ogni volta i buoni vincono, beh non sempre succede così purtroppo. I demoni che ho io adesso sono altri. Iniziando dall'autolesionismo, quello è uno dei peggiori, mettiamo una situazione a caso. ||nella tua vita sta andando tutto bene, ad un certo punto i tuoi amici ti abbandonano e non ti rimane più nessuno nemmeno chi aveva giurato di non andarsene. Tu allora passi le tue giornate in casa, dell'autolesionismo si ne hai sentito parlare ma non l'hai mai compreso sul serio. Un giorno magari sei più triste di un altro allora ti metti su YouTube ad ascoltare canzoni tristi finché non ti viene fuori un video che parla del autolesionismo e ti parla di quanto possa liberarti, tu un po' per curiosità inizi a guardarne uno e gli altri poi lo seguiranno a catena, poi vai su Tumblr e lo metti come #. Inizi a vedere tutte quelle foto di temperini e li per li non capisci, finché scorrendo non ne vedi uno svitato vicino ad un polso sanguinante. Decidi di provare e pensi "beh tanto mica sono autolesionista io voglio solo sapere cosa si prova" allora cerchi in un tuo vecchio astuccio e trovi un temperino, all'inizio provi a svitarlo con delle forbici ma vedi che non funziona, poi ti viene in mente la cassetta degli attrezzi che si trova in salotto, allora sgattaglioli li, cerchi un cacciavite a stella, ma essendocene tanti nel dubbi ne prendi 2 o 3, torni in camera tua e provi il 1, non funziona, provo il secondo, cazzo nemmeno questo, provi il terzo e vedi che finalmente la vite si allenta fino a togliersi. All' inizi sei un po' tesa e hai paura di farti male, però la sensazione di quella lametta sulla tua mano di da una specie di adrenalina. Provi e fai un taglietto da qui non è nemmeno uscito sangue e quella che hai provato è stata una sensazione strana e per niente bella, ma tu sei decisa a provare. Poi ti ricordi che se sei triste fa meno male, allora metti una canzone triste e pensi a tutti gli insulti ricevi e inizi a piangere e noti che facendo così vaceva meno male e allora continui e continui, anche se all'inizio sono solo gonfi e un po' rossi, cose che dopo un giorno circa spariscono, ma no a te non andava bene te. DOVEVI vedere il sangue, proprio come in quelle foto. I giorni passano e tu continui senza risultati finché un giorno mentre ti tagliavi ascoltando la solita canzone vedi uscire del sangue e quello per te e' un obbiettivo raggiunto e ti senti viva davvero sei entusiasta di esserci riuscita, poi continui, vedere tutto quel sangue ti fa sentire bene perché in quel momento tu stai dicendo. I giorni continuano a passare finché mettendo a confronto guardi quelle piccole cicatrici, che a confronto di quelli che ti fai adesso non sono niente eppure il dolore che provi era lo stesso di quando ti sei fatta i primi, e non so se si tratta di abitudine o altro, non ci fai caso finché un giorno senza accorgertene te ne fai uno molto grande e vedi il sangue che esce a dirotto li per li sei spaventata perché tu non vuoi andare in ospedale o suicidarti tu volevi solo provare, il sangue continua a scorrere e sei costretta a mettere una fascia, a quel punto ti inizi a spaventare perché nonostante tu esca di nuovo e sia di nuovo felice nella tua felicità c'è sempre un briciolo di malinconia, e ti viene voglia di tagliarti senza alcun motivo, e li comprendi di essere diventata davvero un autolesionista però ovviamente sai che sei te che controlli lei e non il cotrario. Eh beh no, la lametta controlla te non tu, tu sei sua schiava, ne hai bisogno sempre ma i taglieggi non ti bastano più ne devi fare più profondi, ah però cazzo nelle braccia non c'è più spazio, allora inizi sulle gambe, sulla pancia e quando anche quello spazio finisce inizi a farteli sui polsi certo stando attenta perché tu non vuoi morire tu vuoi solo sfogarti, finalmente i tagli sulle braccia diventano cicatrici e allora puoi continuare a farlo sempre più profondi. Ma questo ti pesa perché in palestra devi restare in felpa, non puoi mica andare in piscina, spesso ti fanno male anche facendo cose quotidiane. Poi ti accorgi che da lì a poco sarebbe iniziata l'estate è tu adori l'estate, beh ora non più non puoi più tagliarti, e ora come fai? Allora decidi di smettere per un po'. Ma il tempo passa ormai l'estate è dietro l'angolo ma le cicatrici non se ne vanno "cazzo questo è un bel problema" per i primi di giugno cerchi di tenere la felpa ma fa troppo caldo allora cerchi di uscire solo la sera in modo da non avere troppo caldo, finché non ci sono più scuse le braccia vanno scoperte le prime volte sarai di un disagio assurdo, detesto guardare le braccia degli altri e vederle così pulite. Per ora non si notano molto, ma casa se sta al sole la tua pelle si abbronza le cicatrici no, allora la gente inizierà a fare domande a qui tu non risponderai, si inzieranno a preoccupare per te quasi a darti della malata e credimi non sarà bello.
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prato-di-carta · 7 years
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Society.
Sapete perché scrivo? Perché un giorno mi sono rotta le palle di parlare e non essere ascoltata, di parlare ed essere interrotta, di parlare senza essere interrotta mentre negli occhi dell’interlocutore leggo la frase “ma a me frega un cazzo.” Scrivo perché non ho mai potuto veramente parlare e non sono mai stata ascoltata come avrei voluto. Così un giorno ho preso un foglio di carta, una penna e mi sono salvata da sola dalla tristezza, dalla noia, dalla frustrazione che si prova quando sei una ragazzina e qualcuno ti sta rubando gli anni migliori, i sorrisi, i sogni. Con gli anni è diventata una vera e propria dipendenza, la più bella che si potesse avere perché scrivendo ho costruito il mio spazio, un posto magico soltanto mio in cui posso dire il cazzo che mi pare senza essere interrotta, senza leggere l’indifferenza negli occhi di qualcuno e senza sentirmi inadeguata. Scrivo per sentirmi libera, per poter esprimere sempre la mia opinione in un tempo in cui se si sta in silenzio è sempre meglio per tutti. Solitamente scrivo d’amore mancato, di distanze tra me ed il mondo, testi e poesie tanto carini ma malinconici. Questo no. Non sarà così. Questa è solo un’introduzione, non ho intenzione di spiegare nel dettaglio perché scrivo o il mio stile di scrittura in questo pezzo, tuttavia è una premessa necessaria da fare al fine di farvi intuire quanto io abbia ragionato, pensato, scritto e corretto le parole che seguiranno.
Io scrivo e mentre lo faccio, penso che dovremmo smetterla di fare gli ipocriti, di mentire a noi stessi. Tutti abbiamo una maschera ed alcuni di noi sono perfettamente consapevoli d’averla, ma non lo ammettono. Vi faccio un esempio: un operaio lavora quasi venti ore al giorno perché è costretto a fare gli straordinari, ha una moglie e tre figli da mantenere guadagnando 800,00 euro mensili. Quando torna a casa vorrebbe riposare ma dorme male perché a lavorare si è spaccato il mazzo e le ossa cominciano a procurare dolore. Vorrebbe riposare ma i suoi figli vorrebbero giocare con lui dopo un giorno intero senza vederlo. Vorrebbe riposare ma lui e sua moglie non fanno l’amore dal ’47 e allora, la sua dolce consorte decide di indossare la sottana di seta semitrasparente per riaccendere la fiamma che si è spenta da un po’.
Domani scade la rata del mutuo.
La bolletta dell’Enel è salatissima.
Sua moglie rompe il cazzo dicendo “non mi guardi neanche più”.
Bisogna pagare la rata dell’ I-phone comprato alla figlioletta di dieci anni…
Un bel giorno, un collega si avvicina a quest’uomo che chiameremo Signor Tizio e dice: “Tizio, ma tu sei felice? Intendo dire, sei soddisfatto dei giorni che vivi?” Tizio risponde: “Ma certo! Perché non dovrei esserlo? Ho tre figli, una moglie magnifica, per fortuna il lavoro non mi manca ed ho anche una casa che sembra disegnata solo per noi. Cosa voglio ancora dalla vita?”
CAZZATE. TUTTE CAZZATE. Il signor Tizio rappresenta il 70% circa delle persone, e mentre pronuncia quel mucchio di bugie riportate sopra pensa:
“Il lavoro m’ammazza lentamente, vengo sfruttato da un datore di lavoro che mi paga con 800,00 euro ed ho una famiglia da mantenere. Ho una rata del mutuo di 650,00 euro e con i restanti 150,00 devo mandare avanti una barca che mi sono costruito da solo. Sono sempre distrutto, la sera non ho nemmeno la forza per dare una carezza ai miei bambini ma mi affatico ancora, sopporto la stanchezza e cerco di non addormentarmi sul divano per giocare con loro. Mi distendo a letto sfinito pensando al fatto che vorrei passare tutta la notte a fare l’amore con la donna che amo e che ho sposato ma non ne ho le forze, domani alle 5:00 la sveglia suonerà ancora, così mi affido alla dolcezza del ricordo. Lei si presenta con quella sottana di seta che tanto amo, si stende accanto a me, m’accarezza piano ed io come faccio a dirle di no? Mi desidera anche lei ed ha ragione, allora corro in cucina, bevo un sorso di caffè per svegliarmi ed incrocio le dita, sperando di riuscire a darle il piacere che desidera. Se non ci riesco comincia la tragedia greca del “tu neanche mi guardi più” ed io vorrei tanto risponderle: Amore mio, io vorrei guardarti ma non ce la faccio e ci sto male, perché gli occhi mi si chiudono, le ossa scricchiolano e la testa mi bolle perché ho timore di dover ricorrere a qualche prestito per non restare col frigo vuoto. Non ho la forza per guardarti anche se lo vorrei e resterei ore, giorni, mesi, anni a fissarti immobile, pietrificato di fronte alla magnificenza di una donna che è moglie, amica, madre, l’incarnazione per eccellenza di questa vita. Ho lavorato e non ho avuto la forza per vedere i miei figli cominciare a camminare, parlare, andare alla scoperta del mondo. Avrei voluto vederli col muso sporco di cioccolato, avrei voluto vedere te amore mio, mentre li aiuti a fare i compiti o mentre li sgridi perché giocando, t’hanno rotto la bomboniera del matrimonio di zia Rosetta che alla fine faceva cagare, ma tu c’eri affezionata. Avrei voluto portarvi in vacanza ma c’è sempre qualcosa per la quale dobbiamo risparmiare, ed ogni volta mi si stringe la gola quando pago una semplice bolletta e penso che con quei soldi avrei potuto portare i nostri marmocchi a Gardaland, che vogliono tanto andarci. Avrei voluto regalarti di nuovo la fede nuziale che hai venduto per poter iscrivere nostro figlio al corso di giornalismo. Quel cazzone sembra tanto scemo ma sono sicuro che un giorno ci ripagherà per i nostri sacrifici, se la cava bene con le notizie, gli piace. Avrei voluto fare il viaggio di nozze a cui abbiamo rinunciato per comprare la casa ma ogni giorno diventa sempre tutto più difficile, il tempo passa ed i nostri figli crescono, noi invecchiamo e si fa sempre più tardi, sempre più tardi ancora. Se devo essere sincero no, non sono felice. Mi sento uno schifo, mi sento sull’orlo del fallimento perché non riesco a dare alla mia famiglia ciò che vorrei, né tantomeno riesco a soddisfare me stesso in alcun altro modo. Vivo una vita fatta di rinunce e non è giusto. Ma dove sta scritto? Chi lo ha stabilito che si debba vivere così? I tempi sono quelli che sono certo, ed un genitore si sacrifica al massimo per tirare avanti, il lavoro scarseggia ed è sempre meglio poco che niente ma quelli come me, pagano un prezzo troppo grande per tutto questo: la serenità, la libertà, l’autostima, le piccole cose della vita. E allora no amico, io non mi sento realizzato, non mi sento felice. Nessuno lo sarebbe.”
Ecco la maschera che indossiamo, ci fingiamo felici per autoconvincerci che alla fine è così che doveva andare, che una volta messa su una famiglia bisogna rinunciare a tutto anche a costo di farsi calpestare da persone che non hanno nulla di diverso da noi, in fin dei conti. La situazione del signor Tizio è quella di tantissime persone. Questi anni sono tristi e spenti, è vero, ma anche le persone non scherzano: si lasciano rubare i diritti, la vita, la libertà. Vengono privati della parola in libero pensiero (cosa che nell’era dei social è assurdamente finita nel dimenticatoio, ma a questo ci arriveremo dopo) e non si accorgono di quanto sia grave tutto ciò. Indossano la loro maschera, sorridono senza pensare che da qualche parte c’è il meglio della vita e lo stanno sfanculando col loro silenzio. Restano zitti di fronte al datore di lavoro che li sfrutta per pochi euro, ma guai al condomino del quarto piano che parcheggia la macchina davanti al garage, l’ira di Dio. Mi raccomando donne, andate a fare le sguattere per duecento euro al mese e se il vostro datore di lavoro vi tocca il culo restate zitte, altrimenti perderete il posto e chissà quale ritorsione vi aspetterà! Però incazzatevi quando a toccarvi il culo è il vostro compagno, respingetelo ed urlategli “sei un pervertito, pensi soltanto a scopare!”. Restano zitti se viene toccata la loro dignità, se la calpestano, se vengono privati della loro libertà ma urlano e si imbestialiscono se qualcuno tocca il loro Samsung galaxy S9000 con fotocamera ultra 4k per foto in 5 dimensioni con rivestimento in criptonite diamantata perché “il cellulare è una cosa personale, invadi la mia privacy” anche se ormai la privacy la mandano a puttane loro stessi, di loro spontanea volontà con le foto assurde che pubblicano. Capito?! Oggi le persone si incazzano per questo, si preoccupano di ciò che succede intorno a loro e non dentro di loro. Perché restate zitti? Dovreste incazzarvi a morte se vi tengono a lavorare come schiavi, se non vivete come vorreste e dovreste, se vi viene privato di vivere i vostri giorni come più vi piace perché siete costretti a lavorare per un giorno intero, ogni giorno ed in più senza ottenere lo stipendio che meritereste. Le persone non vivono più, non ridono più, non si esprimono, nonostante tutto dicono che va tutto bene e a me questa cosa sta tremendamente sul cazzo. La colpa di tutto questo viene imputata da tutti alla cosiddetta “era dei social”; anche questa è una gran cazzata e sapete perché? Perché la colpa è di tutti coloro che non usano correttamente questi cazzo di social, quelli che usano il profilo Facebook come fosse il diario di un quindicenne. Sfatiamo un altro mito: “Le persone non capiscono che Facebook non è vita reale, è un social network e basta.” Sbagliato, ed ora spiego perché. Facebook ed i social network in generale, avrebbero potuto essere considerati al di fuori della vita reale ai loro inizi, quando per tutti erano una novità e solo nel caso in cui tutti li avessero considerati esclusivamente come un mezzo per essere in contatto con persone, mezzo d’informazione o pubblicizzazione. Purtroppo non è andata così, perché con gli anni i social network sono diventati luoghi in cui esibirsi, mettersi in mostra, in cui tutti si sentono in diritto di criticare e condannare l’opinione altrui e non solo le opinioni. Questi atteggiamenti sono diventati meccanici, automatici, quotidiani, abitudinari: ecco perché Facebook è diventato vita reale, ecco perché è strettamente legato alla nostra quotidianità. Ognuno di noi ha il suo profilo, è libero di scrivere e pubblicare tutto ciò che vuole e addirittura può fingere di essere chi non è e quindi, in ogni profilo che apriamo ci sarà sempre un po’ di noi, e di quel profilo in pochi riescono nel farne a meno. Per alcuni, un profilo Facebook non è altro che l’estensione della maschera che portano addosso: bisogna mostrare al mondo che si è passato il pomeriggio a cucinare la torta a forma di orso per i bambini, così tutti sapranno che si è sereni. Bisogna scrivere la didascalia “siete la mia vita” su tutte le ottocento foto pubblicate durante il giorno, altrimenti si viene scambiate per madri disamorate e poco presenti. Non bisogna dimenticarsi di pubblicare il buongiorno a tutti gli amici, che sennò sei maleducata. Riflettiamo su questo: abbiamo quei pochi secondi a disposizione per pubblicare uno stato, una foto e lo facciamo, quando invece potremmo utilizzare quei secondi per dire un “ti voglio bene” alle nostre madri, mettere una mano sulla spalla di nostro padre che stanco beve il caffè per prepararsi ad una nuova giornata di lavoro, disegnare un cuore sul muro sotto casa nostra e scrivere “cazzo, amatevi” perché vaffanculo, anche una frase del genere è poesia e vaffanculo anche al vandalismo, meglio una poesia che i cazzi disegnati sui muri.
Sapete una cosa? Io non ci capisco più un cazzo. Stiamo vivendo in un mondo che peggiora, ogni giorno fa sempre più schifo ma le persone non se ne accorgono perché sono troppo impegnate a far finta di vivere. Il tempo passa ed i valori perduti sono direttamente proporzionali ad esso, si continua a perdere la percezione del concetto di libertà e progresso: le ragazzine giovanissime amano mettersi in mostra pubblicando foto in intimo se non addirittura nude, più arrivano i mi piace e più vengono spronate a sbattere tutto questo sui social: foto, stati di qualunque genere anche se risultano intimi, personali. Partiamo da un presupposto: vi siete mai posti la domanda “perché esiste la privacy, l’intimità, certe cose dovremmo tenercele per noi eccetera?” Io l’ho fatto, e la risposta che sono riuscita a trovare è la dimostrazione di quanto sia incredibile la vita che ci è stata regalata. Noi veniamo al mondo con una sola, unica cosa che ci appartiene veramente: il nostro corpo. Sin dalla nostra nascita ci viene imposto di coprirlo con i vestiti, perché non si può camminare per strada nudi anche se per quanto mi riguarda, considerando quanti pregiudizi abbiano le persone sull’estetica e sugli aspetti fisici degli altri, dovremmo andare tutti in giro spogli come alberi in inverno perché “nudi si è tutti più brutti e più veri” (cit.). Ci viene insegnato quindi a coprire il nostro corpo, ci viene insegnato a non fare confidenze intime a chiunque, ad essere discreti su determinate cose e soprattutto ci viene insegnata l’arte del buon costume ovvero come comportarsi correttamente quando ci troviamo in società grandi come quelle odierne, formate da persone che (come è giusto che sia) non hanno tutte lo stesso pensiero. Ora arriva il bello: nel corso della nostra vita avremo una miriade di cose, “case, libri, auto, viaggi e fogli di giornale” tanto per citare Tiziano Ferro ma nulla, niente di tutto questo sarà con noi fino alla fine dei nostri giorni. Soltanto una cosa nasce e muore con noi, ed è il nostro corpo: è nostro, capite? Solo ed esclusivamente nostro. Una macchina posso prestarla a chiunque, un’emozione può essere uguale a quella di qualcun altro ma il nostro corpo no, è unico, imprestabile, esclusivamente nostro e per questo motivo va curato. Ora vi domanderete “beh e che cazzo c’entra con la libertà?” e resterete esterrefatti di fronte alla grandezza di quanto segue: la vita ci ha donato un corpo per avere sempre la nostra minima libertà, fino alla fine dei nostri giorni. Una cosa che è soltanto nostra ci rende liberi perché siamo noi a scegliere sempre se mostrarla a qualcuno, se farla toccare, se farla giudicare, come valorizzarla e con chi parlarne. Se noi scegliamo di mostrare il nostro corpo a tutti come se fosse una cosa senza alcun valore abusiamo della nostra libertà fino a perderla del tutto, perché a quel punto tutti si sentiranno in diritto di giudicare, toccare, guardare una cosa così grande che t’è stata donata con così tanto amore disinteressato solo al fine di darti il tuo spazio in cui essere totalmente libero, e che dopo averla mostrata a tutti non è più di tua esclusiva proprietà, ma apparterrà a chiunque, la conoscerà chiunque e non sarà più così preziosa. Che meraviglia questa vita eh? Ha pensato a tutto. Abbiamo un corpo che ci conferisce la libertà di scegliere che stile di cappotto vogliamo, a chi e come mostrare una scollatura della maglia, chi amare, da chi farci toccare, abbracciare, sfiorare. Eppure se io andassi da una di queste ragazzine e dicessi “ma scusa, sei così piccina e vai in giro così?” oppure “copriti un pochino di più” assumo la posizione di medioevale, repressa, bigotta, antica, paleolitica, nemica del progresso. Il progresso. Bella storia anche questa. Ma voi lo sapete dov’è veramente il progresso? No, non è nell’accettare il fatto che le adolescenti vadano in giro nude e i ragazzini si facciano i capelli a forma di pennello cinghiale. Non è nell’accettare il fatto che le persone abbiamo sempre qualcosa da ridire anche se sei il Dalai Lama. Non è nell’accettare il fatto che i bambini di sette anni abbiano uno smartphone. Il progresso oggi non c’è, almeno non nella società. Viviamo il progresso della tecnologia e della scienza ma il degrado della società, non si può nemmeno definire regresso, perché tornando indietro nel tempo le persone avevano comportamenti migliori paragonandoli a quelli odierni. Il progresso sarebbe esistito se ognuno di noi fosse stato capace di evolversi indipendentemente dalla tecnologia e dalla scienza. Nel corso degli anni, la tecnologia ha dato a chiunque la possibilità di mettersi in mostra andando ad incrementare il fenomeno della megalomania in ognuno di noi: tutti ci sentiamo grandi, fighi, chi ha trecentomila like alla foto profilo, chi ha l’i-phone, chi ha il tablet ultrasottile, se fai due milioni di visualizzazioni su you tube sei il re del web. Tutti si sono lasciati trascinare da questa finta ma paradossalmente reale gloria mediatica e nessuno si è fermato a pensare “un giorno morirò, potrò portarmeli i like sottoterra?”. “Fuori c’è il tramonto, è da troppo tempo che non ne guardo uno, vado fuori al balcone.” “L’Apple macbook Pro costa 900,00 euro, allo stesso prezzo c’è un low cost per due persone a Londra…dai, fai le valigie amore mio.” Le persone scelgono sempre di arricchire il loro materialismo, mai di arricchire la loro anima ed il vero progresso sta nella capacità di evolvere il nostro costume senza dimenticarci del nostro valore, e nell’agire in funzione di questo.
Basta guardare intorno a noi per capire quanto siano tristi e povere le nostre anime oggi, basta “analizzare” i comportamenti di uomini e donne, anche solo guardarli da lontano ci fa capire quanto siano miserabili ormai i loro cuori e quanto tutto questo abbia influito sul nostro modo di vivere affetti e relazioni. Una volta le donne rispettavano il proprio corpo e si tenevano strette quel poco di libertà che possedevano. Essere donna significava (e dovrebbe significare tutt’ora) saper essere oggetto di desiderio senza cadere mai nella volgarità, essere sensibili e comprensive, avere sempre il sorriso sulle labbra perché si ha la consapevolezza di essere grandi in quanto donne, perché la vita regala alle donne la possibilità di rendersi immortali dando il loro sangue al fiore che nascerà nel loro grembo, perché si ha la consapevolezza che senza le loro forze questo mondo sarebbe vuoto. Le donne non avevano timore degli uomini che a loro volta, non avevano timore di dimostrare interesse sincero nei loro confronti. I sentimenti che nascevano erano puri, gli uomini le facevano sentire amate, considerate e protette. Le donne, sapevano utilizzare una dote chiamata femminilità, che oggi non esiste neanche più. La femminilità sta nel saper valorizzare il proprio corpo senza abusare della nostra libertà, è sapersi mostrare completamente senza denudarci. È saper indossare un rossetto scuro senza apparire come delle bambole gonfiabili. E così tutto era un’armonia d’emozioni che davvero trasformava ogni relazione in una favola Disney: gli uomini si avvicinavano alle donne, erano capaci di avviare una conversazione con modi delicati e gentili senza incutere il minimo timore. Non provavano vergogna nel regalare fiori, lasciare biglietti e le donne erano felici con poco, bastava solo riempirle d’amore. Oggi le cose sono totalmente diverse, esistono due tipologie di donne: quelle che usano gli uomini come fazzoletti per il naso, e quelle che preferiscono restare sole fino a quando qualcuno non dimostrerà un sentimento vero nei loro confronti. Si sono formate queste due categorie a causa degli atteggiamenti che gli uomini hanno assunto negli ultimi tempi: le donne non vengono più considerate come prima. Non più fiori o biglietti, ma bugie: “ io ti amo, voglio stare tutta la vita con te. Ti giuro che sei la cosa più bella che mi sia potuta capitare”. Belle parole, ma finte, dette solo ed esclusivamente per poter conquistare il trofeo e passarci una notte. Le donne vengono tradite, rimpiazzate e purtroppo io so come ci si sente in certe situazioni. Si prova un forte senso di inadeguatezza, una donna si sente sbagliata, come se avesse qualcosa che non va e resta ferita da quel gesto. Per poter ricucire quelle ferite, nel tempo le donne si sono ulteriormente fortificate mettendo in atto uno dei due meccanismi di difesa: non avere legami con nessuno, fino a quando non ci si sente sicure del sentimento di qualcuno, oppure usare gli uomini come stracci, occhio per occhio e dente per dente. “Quell’uomo mi attrae, me lo faccio stasera e domani tanti saluti”. Quest’ultimo meccanismo però, è quello che ci ha portato alla situazione corrente: sono gli uomini ad essere troppo sensibili, sono loro a non fidarsi di noi. “Andate in giro vestite di niente, non ha più senso corteggiarvi perché basta andare su facebook e vediamo subito che taglia di reggiseno portate e se avete il culo piatto o meno. Siete tutte zoccole, le ragazze serie non esistono più. Non vi capiamo proprio.” Tuttavia, gli uomini sono diversi dalle donne. Arrivati ad un certo punto l’ormone chiama e preferiscono ancora passare la notte con una donna a caso e l’indomani far finta di niente. Si ha quindi una situazione che non cambia, non peggiora e non migliora: le donne continuano ad usare gli uomini che, a loro volta, si sentono sfruttati e presi in giro ma meglio una scopata a caso senza amore che far passare gli anni fino a ritornare vergini. Il punto è che tutti sanno cosa vogliono gli uomini veramente dalle donne (no, gli uomini non vogliono la strafiga sull’orlo dell’anoressia con le tettone, la colazione a letto e i pompini ogni 40 minuti), ma non tutti sanno cosa vogliono le donne oggi. Le donne vogliono semplicemente un uomo degno di essere chiamato uomo, capace di compiere gesti d’amore senza vergogna, di creare intorno a lui quel velo di mistero fatto di risposte argute, realismo che contrapposto all’aria sognante caratteristica delle donne costituisce il polo positivo della calamita. Le donne vogliono un uomo che sappia usare le parole per poter andare in alto, a sedersi sulle nuvole e sospirare piano, non è un caso se negli ultimi tempi è scoppiata l’attrazione di massa verso uomini come Alberto Angela. Un uomo che deve saper essere delicato e deciso allo stesso tempo. Mettiamola così: vogliamo un uomo che sia capace di stringere una rosa nella sua mano senza strapparne via i petali con la pressione. Non vogliamo il Christian Grey, ci basta il Christian. Ci sono comunque delle eccezioni, casi in cui nascono delle relazioni, ma da due anime spente cosa ci si può aspettare? Essendo tutto dominato dal materialismo, dall’egoismo e dalla megalomania anche l’amore è mutato. È importante elemosinare il messaggio smielato per scattarne lo screenshot e pubblicarlo su instagram. Altrettanto importante è scattarsi le cosiddette foto “aftersex” ovvero, momento in cui una coppia dopo aver fatto l’amore, potrebbe godersi l’atmosfera, guardarsi con gli occhi pieni di luce ed invece pensa a scattare una foto e pubblicarla. Ma veniamo al punto peggiore. Ci si sarebbe potuti fermare all’aftersex, al ridicolo profilo Facebook in comune, allo screenshot su instagram, a quel cazzo di “escile” che è di una bassezza sbalorditiva ed invece no. Spopola ultimamente la frase “send nudes”, due parole che invitano a spogliarsi, scattarsi foto completamente nudi ed inviarle al ragazzo, all’amico e viceversa. Mi è capitato di riceverne richiesta sapete? Ne ho anche fatte di foto così, ma mi sono sempre sentita a disagio nel farlo, perché crescendo ho imparato a darmi valore. Mi sono chiesta più volte se abbia davvero senso questa cosa, ho chiesto ad alcune persone “a cosa serve farti mandare foto del genere?” e mi hanno risposto: “Ma sai si fa per divertimento, se è una bella ragazza mi ci sego sopra. Poi vabbè, in una relazione a distanza magari è utile per non far crollare l’intimità”. Ed ecco che ho realizzato quanto effettivamente siano miserabili i nostri animi: si preferisce l’osservare una foto al toccare con mano. Si preferisce l’autoerotismo al calore di un corpo che t’avvolge. Si preferisce il regalare a tutti il nostro spazio in cui esercitare la nostra libertà al prendersene cura. È vergognoso, stomachevole, nauseante, terribile e quanti più altri aggettivi dispregiativi possano essere aggiunti, perché a fare queste cose non sono soltanto gli adulti ma anche (e soprattutto) adolescenti giovanissimi che buttano i loro anni migliori a fare queste cazzate e credetemi, gli anni migliori a me sono stati rubati e so quanti rimpianti avranno questi ragazzini se un giorno dovessero aprire per miracolo i loro occhi pensando “ma che cazzo sto facendo?”. Poi vabbè, le relazioni a distanza. Funziona così: durante la settimana ci si scambia le foto, nel weekend ci si vede e si pettinano le bambole perché non c’è la voglia, non c’è.
Quindi è questo il contesto in cui viviamo, seppelliti sotto una massa di corpi senza più alcun valore, sotto gli adulti che vanno alla ricerca del gattino nella tazzina di caffè per il buongiorno, i ragazzini nudi su whatsapp, donne che acconsentono a farsi filmare mentre fanno i pompini e pezzi di merda che le filmano comunque di nascosto per sputtanarle su internet, tonnellate di indifferenza miscelata a presunzione e persone che si deprimono per qualunque cosa.
Altro argomento: la depressione. Signori miei, la depressione è una cosa seria, serissima. Oggi si cade in depressione anche se tua madre al telefono ti dice “aspetta ti richiamo dopo, ho il ragù sul fuoco” perché le persone sono diventate tutte estremamente deboli, ogni minima sofferenza diventa una tragedia e questo è dovuto al fatto che le nuove generazioni vengono cresciute secondo il principio del “vuoi una cosa? Aspetta te la prendo.” Credo fermamente che per ogni ragazzino affermante di essere caduto in questa patologia, ci sia un “ma vaffanculo” di risposta immediato da parte di chi ha seriamente sofferto di questo problema e ne conosce le sfaccettature. Personalmente posso dirvi che un trasferimento traumatico, l’allontanamento dagli amici con cui sei cresciuta proprio nel periodo pre-adolescenziale, il passare otto anni chiusa in casa senza voler uscire se non per andare a scuola e tutta un’altra serie di problematiche possono causare disturbi e sofferenze che rendono la vita infernale. So cosa significa non avere più voglia di vivere, volerla far finita, diventare una persona che non si è mai stati causando sofferenze a sé stessi ed agli altri, ma stiamo parlando di cose abbastanza gravi. Conosco persone che a causa di traumi infantili seri in ambito familiare oggi non riescono ad uscire di casa anche solo per un caffè, hanno il terrore della solitudine, vivono intrappolati in attacchi di panico e paranoie ma ripeto, stiamo parlando di cose abbastanza serie. Chi come me e come tante altre persone è cresciuto col motto “vuoi una cosa? Fatti il mazzo e vattela a prendere”, ha uno spirito interiore che lo porta a rialzarsi dopo ogni caduta, riprendersi anche se lentamente, col tempo. Le sofferenze ci servono, ci forgiano l’anima, ci rendono sempre più forti e ci preparano ad affrontare l’ignoto nel nostro futuro. Per arrivare ad uno stato profondamente depressivo, ad uno come noi della “old school” deve accadere qualcosa di estremamente traumatico, e questo non è che lo dico io, sono tutte cose verificabili nella realtà, basta osservare attentamente gli altri. Uno psicologo oggi guadagna il doppio, se non il triplo di prima:
Mi ha lasciato. Sono depressa/o.
Ho preso due in fisica. Sono depressa/o.
Sono caduta dalla bici. Che depressione oddio.
Non mi ha risposto al messaggio.
Non mi ha più richiamato.
Mia madre mi sgrida continuamente. È morto il pesce rosso.
Si è rotto il pc.
Minchia ragazzi, il due in fisica è veramente traumatico. Anche il tizio che non ti richiama eh, un trauma terribile.
Io penso che qua avete tutti un solo ed unico problema serio: la stupidità. Ma vi sembra normale deprimervi per il pesce che muore? Si dispiace, ma cazzo dobbiamo morire tutti e quindi meglio vivere i nostri giorni sorridendo che sprofondare in una tristezza che è pure fuori luogo! Se la vita non ci desse dei momenti duri, difficili e tristi non saremo mai in grado di andare avanti e trovare la nostra serenità, perché paradossalmente quest’ultima arriva quando ormai la vita ci ha reso inscalfibili, pronti a tutto. Ognuno di noi ha vissuto un amore non ricambiato, il primo ragazzo che c’ha mollate, i litigi con i genitori oppure i pessimi voti a scuola. Sono problematiche comuni a tutti, anzi non sono problematiche: sono vita. Ridete, vivete, e quando vi si presentano situazioni spiacevoli davanti ringraziate nel vostro piccolo la vostra vita perché vi sta dando l’occasione di diventare grandi, di rendervi forti, vi sta dando il permesso di salire un gradino in più sulla scala verso la vostra felicità ed una volta salito quel gradino ringraziatevi anche da soli, perché se siete riusciti ad andare avanti il merito è soltanto vostro. Accanto a quelli che indossano la maschera del “va tutto bene” ci sono loro, quelli con la maschera del “mai una gioia”. Poi per fortuna ci sono quelli che si sono messi in salvo, persone che hanno imparato a togliersela la maschera, grazie al loro spazio in cui possono essere liberi. Ho cominciato questo pezzo parlando del mio scrivere e l’ ho fatto proprio per farvi capire quanto sono liberi quelli come me. Quelli come me, amano talmente tanto questa vita al punto da chiederle qualcosa di ancora più grande per soddisfare la fame di gioia e libertà. Quelli come me, oltre al loro corpo hanno avuto in dono l’arte, che è il mezzo con cui trasmettere la gioia della vita al mondo e che è un’ulteriore estensione del nostro spazio e della nostra libertà. Chi con la scrittura, chi con la pittura, chi col cinema o il teatro, chi ancora con la musica. È così che abbiamo imparato a toglierci la maschera, ed è grazie alla nostra libertà se in questi tempi spenti brilliamo come torce infuocate e come lucciole nelle notti d’estate, perché la nostra anima è viva, ricca di meraviglie che questo mondo così sporco non meriterebbe di conoscere. Amate le vostre passioni, fate sempre ciò che vi piace, non vi private dei vostri sogni ma anzi sognate sempre, abbiate sempre delle vette da raggiungere, siate guerrieri. Chissà, forse un giorno tutti si sveglieranno e ci sarà una nuova primavera in cui tornerà il perduto. Forse un giorno torneranno le dolci lettere, buone azioni senza chiedere nulla in cambio, magari le persone cominceranno a vivere sul serio e solo allora il cielo sarà veramente blu. Fino a quel giorno, ci terrà compagnia la speranza.
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