Tumgik
#recensione fuoco sacro
susieporta · 3 years
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E’ stata la mano di dio, una recensione in versi.
Di Franco Arminio
All'inizio facevo fatica a tenere gli occhi aperti,
colpa del pranzo di Natale, colpa del fatto
che vedo un film ogni tre anni.
Poi è arrivata la notizia che il padre e la madre
erano morti e da quel punto
non ho più chiuso gli occhi. Ho lasciato
la mia digestione al suo destino,
sono entrato nel film: sempre mi chiedo
come si fa a vivere dopo un grande dolore
e spesso penso che forse si può vivere veramente
solo dopo un grande dolore.
Il fuoco del film è qui, poi c’è Napoli
e Maradona e la gioia esatta
delle inquadrature: città e natura, il mare
e il volto della zia, le piastrelle,
il teatro del parlare
La scena madre di questo film
è quando l'uomo di cinema dice al ragazzo:
non ti disunire, non ti disunire.
E lì ognuno avrà pensato alla sua vita,
un film ce la deve mettere davanti agli occhi
come fa un dolore, un amore, un soffio di vento
che non abbiamo fatto in tempo a scansare.
Chi non si disunisce sa che ha un solo respiro,
una sola strada, un solo dovere. Non è al mondo
per scegliere la vita come si sceglie un maglione
in un negozio. Sta qui
perché la vita è una trave sulla pancia
e continuamente prova a sollevarla.
Il giovane che ha perso i genitori
ancora non lo sa ma sta già lavorando
a fare buon uso del suo dolore,
a capire che il segreto è stare concentrati
intorno a un osso che nessuno
ha mai visto, l’osso intorno a cui cresce la carne
e le parole e ognuno dei nostri sguardi.
Questo film è bello averlo visto
perché dice il sacro
senza mai pronunciarlo, senza mai cercarlo.
Questo film ci dice che abbiamo solo la vita
per distrarci dal dolore della vita.
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LA SCELTA DELL'ANGELO - Valentina Piazza, RECENSIONE
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Titolo : LA SCELTA DELL’ANGELO Autore : Valentina Piazza Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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Recensione
LA SCELTA DELL’ANGELO – Valentina Piazza Donzelle lettrici, oggi sono qui per parlarvi del romanzo fantasy di Valentina Piazza, “La Scelta dell’Angelo”, uscito in self publishing lo scorso marzo.Una lettura un po’ diversa dal solito, dove non solo l’amore ma anche la suspance hanno allietato le mie ore.Preparatevi, non sarà un racconto semplice, vi troverete nel bel mezzo di uno scontro…come dire, divino, dove angeli, cavalieri (non i classici, quelli dalla scintillante armatura, ma quelli meno rassicuranti dell’Apocalisse), si daranno battaglia nell’incessante lotta fra bene e male.I fatti vengono narrati alternando la prima persona, quando è la voce di Gabriel (sì, l’Arcangelo Gabriele, siete bravissime), alla terza persona, quando si narrano le vicende di Lilith e degli altri due angeli, Michael e Rafael.Un romanzo che, vi dirò, non mi ha convinto al 100%, ma che forse rileggerò per poterlo apprezzare di più.Andiamo con ordine.La storia inizia all’ospedale St. Thomas di Londra con un misterioso virus (niente di più attuale) che poi si scoprirà essere Ebola, colpisca un clochard (un po’ strano che un virus d’improvviso si scateni, convenite? Infatti..è un’arma utilizzata dai cavalieri malefici). In questo edificio lavora la dottoressa Lilith Whitaker, molto dedita al suo lavoro, spinta dalla sua passione per l’aiutare gli altri. “ Credo che alcune delle persone che incontriamo nel nostro lavoro all’ospedale siano alla fine della loro vita. Sfiorano la nostra per un secondo, eppure la cambiano. Io sono convinta che abbiano come un’aura, un’energia molto forte che grida al mondo la loro voglia di vivere. Ognuna ha il suo motivo” si interruppe, chinando il capo “A me è capitato, e ignorare quel grido è difficile; d’altra parte, ascoltarlo fa soffrire. Perché tutti loro, alla fine, se ne vanno”In un altro ospedale, il Great Ormond Street, un aitante chirurgo pediatrico, svolge il suo lavoro. Si chiama Gabriel Heavenly e viene chiamato “dottor Angelo”. I bambini, arrivano sempre prima alle soluzioni.Gabriel è un uomo che ha dovuto fare molte scelte nella sua vita, alcune meno piacevoli di altre e, da qualche tempo, ha deciso di vivere come un uomo normale..o quasi.Incontra la dottoressa Lilith non solo nei vari meeting medici, ma anche tra le mura del palazzo dove vive. Prova per lei un’attrazione molto forte, che non riesce a giustificare, forse dovuta alla sua umanità, da sempre più accentuata rispetto agli altri. “ un mostro, che viveva nella mia mente e ogni giorno bussava alla porta della mia anima, ricordandomi che il presente non poteva durare per sempre e che tutto, nel nuovo mondo che avevo scelto, aveva una fine e un prezzo da pagare”. Vivere l’amore per Lilith avrà un prezzo, anche parecchio salato che dovrà essere pagato verso la fine del romanzo. Non vi dico altro, dovrete scoprirlo da voi.Comunque, come contorno a questa storia, c’è la ricerca di oggetti che, i quattro cavalieri dell’Apocalisse, vogliono usare per convincere Gabriel a suonare il corno dell’Apocalisse e scatenare la fine del mondo sulla Terra.In un insieme di flashback e racconti paralleli, ci viene spiegata l’origine dei singoli oggetti e come sono stati impiegati nelle varie epoche storiche.Molto suggestivo tutto questo, un viaggio nel tempo dove sacro e profano si intrecciano indissolubilmente.Tutto, però, torna ai nostri due protagonisti che, malgrado scoperte scomode, personaggi pericolosi e l’imminente disastro, si lasciano andare al fuoco sacro dell’Amore. Questo sentimento, è una cura, una salvezza, quasi una ragione perché tutto avvenga. “ lei era il mio Paradiso sulla terra, una possibilità che avevo cercato a lungo, ma senza fortuna. Lilith mi stava salvando da me stesso, da ciò che volevo essere, e non lo sapeva..” Come ho detto all’inizio, un libro diverso, quasi attuale visti i tempi che stiamo vivendo, che dovrebbe avere un’attenzione particolare.Lo rileggerò, magari fra qualche tempo e chissà che la mia iniziale insoddisfazione, non sarà scalfita dall’entusiasmo per una storia fuori dagli schemi. SCOPRI IL NOSTRO TEAM Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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Trama
LA SCELTA DELL’ANGELO – Valentina Piazza È pronto a sfidare ogni legge, pur di salvarla. Darà tutto, solo per poterla amare. In una Londra sconvolta da avvenimenti inspiegabili, l’amore impossibile tra la dottoressa Lilith Withaker e Gabriel diviene realtà. La ragazza, però, capirà presto che nel cuore dell’uomo che ama c’è più di quanto appaia a un primo sguardo. Gabriel nasconde un segreto. Come tutti i suoi fratelli, ha attraversato le ere della storia, compiendo una scelta che ha cambiato il suo presente, determinando per lui un nuovo futuro. Cosa accadrebbe, però, se il Male si riversasse sulla terra e fosse alla sua ricerca? Cosa sarebbe pronto a fare se tutto ciò che ama fosse in pericolo? La nuova, dolorosa, decisione che Gabriel sarà chiamato a prendere può mutare ancora una volta il corso del suo destino, e quello di tutti noi. «Ti ho visto e ti ho amato, dal primo momento. Odio essermelo concesso. Vorrei dirti che, quando ti guardo, non provo niente, ma mentirei; per ogni secondo che passiamo insieme sento la mia anima che esplode.» LA SCELTA DELL’ANGELO – Valentina Piazza Buona lettura, Silvia. Se ti è piaciuta questa recensione ti consiglio di acquistare questo libro direttamente su Amazon  Cliccando qui Ringraziamo di cuore a tutti quelli che continueranno a sostenerci seguendoci e per chi farà una piccola donazione! Grazie di cuore! SERVIZI ONLINE PER IL TUO LIBRO Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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finnianson · 7 years
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RECENSIONE
Leggere i primi due libri di Gormenghast: “Tito di Gormenghast” e “Gormenghast” di Merwin Peake è stato per me un piacere raro. Lo stesso piacere che si prova quando si capisce di avere tra le mani un'opera unica nel suo genere e irripetibile, come “Il signore degli anelli” o “Cent'anni di solitudine”. Gormenghast è un antichissimo castello di dimensioni enormi, circondato da una foresta. Un castello talmente grande da costituire praticamente da solo l'intera superficie della propria nazione. Si tratta di un gigantesco ammasso di edifici che formano una sorta di città-stato completamente autosufficiente la cui vita è governata da rituali antichissimi che sono certamente il risultato dell'isolamento millenario: lentamente alcune consuetudini si sono trasformate in dogmi immutabili.
I rituali governano ogni minuto della vita degli abitanti del castello e gravano in special modo sul conte Sepulcrio De Lamenti che è al tempo stesso il signore di Gormenghast ed anche la persona più afflitta da secoli di tradizioni che i propri antenati hanno predisposto per lui. Moltissimi di questi rituali sembrano non possedere la benché minima utilità: per esempio alle 11:30 di un certo giorno il conte deve salire su una certa torre e liberare 5 falchetti oppure in un dato momento discendere nelle dispense e benedire i ganci della carne compiendo gesti simbolici e indossando vesti di un certo colore. Il rituale è talmente minuzioso da prevedere, vestiti, tempi, percorsi e atti differenti a seconda dell'altezza, del peso, della carnagione e del colore degli occhi di ogni figura coinvolta nei compiti della giornata.
«il sacro spirito della tradizione, così come esso si concretava nelle varie celebrazioni quotidiane, era compreso da tutti, ma i particolari esigevano una vita intera di dedizione».
Il vecchio maestro del rituale Agrimonio veglia sulla correttezza di ogni azione. I rituali costituiscono la linfa vitale e al tempo stesso, potremmo dire, la religione di Gormenghast, osservata e rispettata da tutti. Ogni mestiere all'interno del castello è regolato dalle leggi e le incombenze di ognuno passano ai figli dopo la morte. Gormenghast è un luogo antico e decadente che sacralizza sé stesso e il proprio passato, dove non c'è posto per la novità, il cambiamento o l'apertura al mondo esterno. Non è di sicuro un fantasy tradizionale, l'elemento magico lascia il posto al sacro, al grottesco, a tematiche tipiche della saga antica e pagana, fuoco, tenebre e muffa.
Qualcosa è destinato a cambiare nella vita del castello: la nascita del Settantasettesimo erede della dinastia, Tito De Lamenti, porta nel castello un nuovo trambusto che smuove una polvere di secoli mettendo in moto strani meccanismi. Da un piccolo e apparentemente insignificante difetto nei rodati ingranaggi del castello proviene la scintilla: qualcosa va storto, è un equilibrio che comincia a spezzarsi con lentezza infernale. Vecchi contrasti che si risvegliano, intrighi nella notte, un odore di rivolta che graverà sul castello come una nuvola nera carica di temporale.
Insoliti personaggi dai nomi bizzarri animano il racconto: La contessa Gertrude, circondata da gatti persiani e uccelli (tra i quali un corvo albino di nome Mastro Gessetto!, da cui prende il nome questo blog), sua figlia Lady Fuchsia, giovane e romantica, l'ineffabile Dottor Floristrazio dall'iperbolico eloquio, lo scaltro Ferraguzzo e molti altri ancora: maggiordomi laconici, nobildonne picchiatelle, vecchi domestici inebetiti, poeti, scultori, giardinieri, filosofi, un cuoco simile a un orco cattivo.
Ogni personaggio parrebbe pensato per far sorridere il lettore, i nomi sono buffi e bislacchi, ma ben presto si impara a prendere sul serio questi personaggi ed il loro carattere. A volte sono le loro azioni a far sorridere come quando l'autore descrive la dedizione esagerata di alcuni per le incombenze più semplici e banali. Ma l'amore per i dettagli tipico di alcuni personaggi non fa che rinforzare l'idea di un forte, soffocante, secolare, immanente controllo e non fa che rispecchiare lo stile della scrittura, nella quale l'attenzione per i dettagli è portata a livelli ancor più estremi.
Il castello fornisce un'ambientazione eccezionale, la sua importanza fa in modo che esso stesso possa essere considerato uno dei personaggi, talvolta portatore di una propria volontà, il fascino delle descrizioni rende importanti anche gli spazi più umili: i solai, gli scantinati ammuffiti e i corridoi deserti. La fortezza Bastiani de “Il deserto dei tartari” non può stare al pari del castello di Gormenghast poiché in esso non vi è neppure l'illusione dell'attesa di qualcosa all'orizzonte, l'esterno non esiste, e neppure il futuro, se un nemico deve giungere, allora sarà attraverso una sola strada, quella proveniente dalle proprie stesse fondamenta.
Esiste un terzo volume dal titolo: “Via da Gormenghast” ma a mio avviso è da considerare un'opera a sé, meno interessante, priva di collegamenti con i primi due volumi, scritta più di venti anni dopo e con una nuova ambientazione. La saga prevedeva inoltre un quarto volume.
Tra le curiosità posso aggiungere che la storia di Gormenghast è stata adattata per la televisione in una miniserie della BBC in quattro episodi (con un notevole Christopher Lee nel cast) e ha visto almeno un paio di trasposizioni teatrali. Inoltre Gormenghast ha ispirato molti musicisti: il nome di alcuni gruppi come “Titus Groan” e “Fuchsia”, il tema di alcune canzoni di gruppi come “The Strawbs” e “Fruuup” e addirittura un'opera in tre atti scritta dal compositore Irmin Schmidt.
Immergetevi nelle atmosfere noir di una narrazione che ri-presenta il tema del fascino del male, la sensazione di un'antica claustrofobica trappola, l'eternità della pietra, l'insignificanza della noia e della solitudine, il presente che passa, il passato che si conserva, la sovversione contro le autorità spirituali, animali senzienti, disastri naturali, rispetto per le pietre, prodigi inspiegabili e tanta tanta muffa.
Tito di Gormenghast, Adelphi 1981
Gormenghast, Adelphi 2005
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max-casagrande · 5 years
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Genesi delle Terre Arcane
Bella maghi,
lo so, il Silmarillion è una figata, Tolkien era un genio, ma anche oggi lo leggo domani, che la lista di roba da leggere è ancora tremendamente lunga. In ogni caso, credo siamo tutti d’accordo che la difficoltà non sia pensare e immaginare una genesi, quanto raccontarla usando quelle parole che la fanno sembrare un vero e proprio testo sacro, e questo mi ha sempre scoraggiato dallo scrivere come la mia ambientazione sia nata e dal dare spiegazioni al riguardo molto confuse e poco dettagliate. Ma qualche giorno fa, in risposta alla mia curiosità derivata da un’ora senza niente da fare a scuola, un mio amico mi ha riassunto, in modo inquietantemente semplice, il Nuovo Testamento, facendomelo anche capire con una semplicità quasi allarmante.
Quindi ho pensato: perché impiegare anni a chiudermi nella Genesi delle Terre Arcane quando posso riassumerla in un articolo? Perderà un bel po’ della sua magia, senz’altro, ma ce n’è sta così tanta nel mio mondo che magari compensa.
Prima di cominciare voglio dirvi che no, non sono un esperto, e sì, l’ambientazione è nata per sbaglio, quindi se troverete  incongruenze o dettagli di trama banali è perché non ci ho lavorato quanto effettivamente il mondo merita e sono un grande fan delle cose palesi. Inoltre questo riassunto è mooolto schematico e, appunto, riassuntivo, quindi i dettagli si sono persi , andando semplicemente a lasciare le basi di quello che è successo da quando non c’era niente a quando le Terre Arcane sono diventate abitabili.
Quindi, senza ulteriori indugi, vediamo tutto quello che è successo prima che il più anziano degli Elfi potesse ricordare (perché non esisteva, non dategli la colpa che gli Elfi hanno un’ottima memoria anche senza mangiare broccoli).
Innanzitutto, bisogna dire che nessuno sa con esattezza come tutto cominciò. Non si sa se esistesse prima Era (signore overpower che ha creato tutto, conosciuto anche come l’Arconte) oppure la magia. Quindi, quando entrambe le cose hanno cominciato a esistere insieme, l’Arconte era intriso di magia talmente tanto da muoverla come poche cose. Lentamente cominciò a pensare, completamente da solo, a farsi delle domande e a darsi delle risposte (qualcosa che dovrebbero fare molte altre persone, ma questo è un altro discorso). La cosa che mi piace assai, è che riuscì a capire di esistere senza l’aiuto di nessuno, completamente da solo, senza che qualcuno glielo dicesse, dato che nessuno effettivamente c’era. Quindi, dato che aveva passato un po’ di tempo immerso nella magia (qualche miliardo di anni), decise giustamente di crearsi compagnia, e creò tre esseri che successivamente diventeranno noti come gli Ascesi: Lumenediel, Zadriel e Galuiriel. Passarono molto tempo insieme nel nulla, a parlare e immaginare (come nei salotti illuministi che gli insegnanti di storia cercano di rendere interessanti), e ognuno di loro creò una lingua: Era inventò l’Arcano (la lingua che serve per castare), Zadriel il franco, una lingua straordinariamente semplice simile al nostro inglese, ed era di fatto quello che usavano più spesso, Lumenediel il sasfino, quello che potrebbe essere il nostro latino (e non a caso quelli che capiscono il sasfino si contano sulle dita di una mano), e Galuiriel era solito parlare, anche da solo (non esattamente un buon segno), l’aztecul, quella che in seguito diverrà la lingua degli Aztecul, appunto (gli Aztecul, con la “A” maiuscola, sono la razza e sono simili ai demoni che vengono mostrati nell’Inferno di Dante Alighieri).
Era, poi, concepì il mondo, quelle che effettivamente sarebbero state le Terre Arcane, e le creò (senza molti problemi, per quei pochi che ancora pensano alla mia ambientazione come “low magic”) lasciando la possibilità ai suoi tre compagni, gli Ascesi, di modificarlo e migliorarlo come potessero. Lumenediel disse di volere una luce, che illuminasse tutto il mondo costantemente e che mostrasse tutto ciò che l’Arconte aveva creato. Così Era creò un guscio di fuoco tutt’intorno, affinché fosse sempre illuminata. Lumenediel, non convinto, pensò che una luce come quella non avrebbe reso giustizia alle Terre Arcane (che erano di fatto completamente illuminate, e vedere sarebbe stato un pelino difficile dato che chiunque avesse aperto gli occhi sarebbe diventato cieco in un paio di secondi), e non appena spiegato il tutto a Era quest’ultimo creò anche la luna, ammassando il rivestimento di fiamme in un solo luogo (tipo accartocciando il tutto), creando così il sole. Infine, se avesse avuto le braccia, avrebbe dabbato per decadi (ricordate che sto riassumendo, quindi non pensiate che la luna e il sole siano stati creati in un secondo e senza pianificazioni). A quel punto, Era diede a Lumenediel il potere della luce e della verità, e contento com’era Lumenediel esplorò tutto il creato, anticipando gli altri Ascesi. Poi fu il turno di Galuiriel (un pezzo di stronzo di proporzioni bibliche, come scoprirete in altri articoli), che propose di creare interi popoli affinché potessero adorare Era come un Dio. La cosa accadde per metà, dato che al nostro caro signorino onnipotente la seconda parte non piaceva (era pur sempre umile il ragazzo), ma creare gente varia gli piaceva eccome, cominciando a ragionare quelle che sarebbero state le varie razze ad alta voce (queste ultime quattro righe dovrebbero impegnare interi capitoli in una genesi fatta bene, che anche oggi scrivo domani). Zadriel per quanto fosse il più ingenuo e gentile, era riuscito a intuire il piano di Galuidriel, così propose all’Arconte di creare dei guardiani che proteggessero chiunque abitasse nelle Terre Arcane. Così, prima di chiunque altro, vennero creati Fenix e Marillion.
In soldoni: Era crea Marillion dicendogli che dovrà proteggere tutti gli abitanti delle Terre Arcane, Marillion gli fa giustamente notare che non c’è nessuno oltre a loro, Era bandisce momentaneamente Marillion (la storia di Marillion dettagliata ve la porterò prima o poi, ma bene o male va in una dimensione parallela a imparare a tirare con arco) e crea Fenix, dicendogli di fare il “capo cantiere” delle Terre Arcane (che allora non erano esattamente ospitali, piene di vulcani e gas tossici), Fenix fa notare che non c’è nessuno oltre a lui a rendere il pianeta abitabile, quindi Era crea i draghi (gli Ascesi stanno a guardare, prendendo appunti) e, per qualche migliaio di anni, il mondo viene lavorato come se fosse pongo. Nel mentre, a immagine e somiglianza di Fenix, vengono creati altri Arcani, 12 in totale: Biblio, Kin, Miondalf, Puppet, Brathair, Sera, Ostar, Damin, Lux, Nox, Lust e Born. Quasi tutti loro, mentre il mondo viene reso abitabile, si rifugiano su un’isola molto a nord, dove imperversa una tormenta di neve quasi sempre (ma sulla storia degli Arcani torneremo in un altro articolo ^^).
Dunque, il mondo è stato reso abitabile, Marillion è tornato (un pochino confuso avendo viaggiato per universi paralleli neanche fosse un personaggio Marvel), i draghi vanno in giro senza niente da fare e gli Arcani camminano spensierati per tutte le Terre Arcane che ora sono una bomba. Ma adesso? Era aveva promesso un sacco di gente! E di fatto ci ha lavorato su per un pochino, e a giudicare da come li ha presentati a tutti si era palesemente dimenticato e ha improvvisato metà delle razze, arrivate nel seguente ordine senza molte cerimonie: Elfi, Uomini, Fate, Nani, Orchi, Holleb, Lepricani e Sirene (ce ne sono anche altre, ma arrivano poi).
State tranquilli, da qui in poi ci sarà tempo perché i casini arrivino. Non abbiamo visto ancora nessuna delle marachelle di Galuidriel, ma sappiate che ne ha combinate di tutti i colori.
Detto questo, credo di aver detto tutto. Fatemi sapere cosa vorreste sapere più su questa ambientazione, e fino ad allora non mi resta che augurarvi buon viaggio, io torno con la prossima storia.
Ci si legge \(^o^)/
--__--
Twittatemi che io vi twitto i miei capitoli XD: https://twitter.com/FFMaxCasagrande
Scripta blog, il sito con cui sto mandando avanti la collaborazione che ha anche l'esclusiva di “Ars Arkana”: https://www.scripta.blog/
Ma lo sapevate che ho anche Instagram?: https://www.instagram.com/max_casagrande_dreamer/
Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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pangeanews · 4 years
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“Di ciò che pensa uno scrittore alla gente non importa un fico secco”. Francesco Consiglio dialoga con Massimiliano Nuzzolo
Gli scrittori sono scomparsi dalla televisione. Non li intervista più nessuno. Le uniche eccezioni sono Roberto Saviano, che non va mai di persona e preferisce mandare il gemello predicatore che non parla mai di scrittura, e Mauro Corona, solo perché si presta a interpretare il personaggio del montanaro burbero che somiglia a Dinamite Bla, il personaggio disneyano che odia la città e vive in isolamento da tutto e tutti. E infatti Corona ogni tanto sbotta, perché quel ruolo gli va stretto. “Ho dovuto creare un personaggio, e fare il pagliaccio, per poter vendere libri e far laureare i miei quattro figli e comprar loro una casa”. Corona a parte, i nuovi maître à penser sono i cantanti. Dai pulpiti televisivi, con frivola leggerezza si preferisce chiedere a Jovanotti cosa pensa del debito del terzo mondo, e agli italiani angosciati dagli sviluppi di una pandemia si offre il pensiero rock di Vasco Rossi, il quale, sia detto forte, non è mica uno scemotto. La sua capacità di sintonizzarsi con il sentimento popolare è invidiabile, ma è anche vero che una volta in tivù ci andava Pasolini.
Dove sono finiti gli scrittori? Sono tutti sul web: scrittori laureati, scrittori così così, aspiranti scrittori, scribacchini mestieranti. Ma ciò che mi fa rabbia, è la valanga buzzurra, quella dei recensori. Vi siete accorti di quante recensioni esistono sul web? Io faccio una recensione a te, tu fai una recensione a me. Se uno scrittore mi è antipatico, chiamo il mio amico fake e gli faccio fare una stroncatura anonima su Amazon. Signori, il catalogo è questo: recensioni sincere (poche), recensioni prezzolate, recensioni striscianti, vendicative, isteriche.
Qualcuno dei miei quattro lettori dirà che questo lungo preambolo assomiglia a uno sfogo? Sì, in parte lo è. Ma serve soprattutto a dire che, avendo letto un bel libro, L’ultimo disco dei Cure, volevo recensirlo, ma poi ho pensato che se mi fossi trovato insieme all’autore Massimiliano Nuzzolo, al tavolo di un bar, non l’avrei mica recensito. Avrei scambiato quattro chiacchiere sul nostro maledetto scrivere.
E questo ho fatto.
Robert Bresson ha detto che l’ispirazione è quel momento in cui “non sai quel che fai e quel che fai è il meglio”. C’è un aneddoto su John Lennon che riassume il senso dell’illuminazione che arriva come una trance involontaria. Si racconta che, dopo avere composto una canzone, fu preso da un attimo di stupore e si chiese, sinceramente: “Ma l’ho scritta davvero io?”. Esistono poi scrittori con una mentalità più pragmatica, empirici piuttosto che istintivi, alla Stephen King, che si alzano tutti i giorni alla stessa ora, siedono alla scrivania e cominciano a scrivere sapendo esattamente a che ora finiranno.
Dove sono finiti gli scrittori? Per ironizzare sulle tue parole, prendendo spunto dalla quarantena che ci costringe a casa da più di un mese, direi che in giro non se ne vedono più… Diciamo che si è reso sempre meno necessario intervistare gli scrittori. Per milioni di motivi sia chiaro, primo tra tutti quello che il più delle volte non hanno molto da dire. In tivù poi servono il sensazionalismo e l’immagine. Un po’ come per le recensioni fake che citi, quelle in cui i libri recensiti sono sempre tutti bellissimi se sei “amico” e tutti bruttissimi se sei “nemico”, altro che analisi critica di un testo. Se i post e i commenti in rete si pagassero avremmo molti più spazi vuoti, non trovi? La figura dell’intellettuale fino ai primi anni ’80 era diversa, e non dimentichiamoci del ruolo avuto dalla tivù nell’alfabetizzazione di un paese che nel dopoguerra vessava in condizioni critiche. Pasolini era sicuramente di un altro livello. Ora tutto è cambiato, prevale il taglio “commerciale”, l’educational è relegato ai canali tematici. Non mi pare di vedere molte persone in grado di dire qualcosa di interessante sia in tivù sia nella vita, anche perché, diciamocelo onestamente, gli scrittori (e con loro i libri) non contano nulla. Non voglio nemmeno pensare a quanto incidano sull’economia, ma posso ipotizzare un numero che si avvicina allo zero e questo è già un indicatore… Forse più di qualcuno si è messo in testa di essere vitale e illuminante, ma di ciò che pensa uno scrittore alla gente non importa un fico secco. È evidente. Perdona la schiettezza, ma la tivù, che non amo particolarmente, mi sembra l’ultimo dei problemi di uno scrittore e dell’editoria. Parliamo di approccio alla scrittura, mi tocca molto di più. Interessanti spunti i tuoi, ma potremmo citare le parole di chissà quanti altri tra i quali Hemingway, Carver, Foster Wallace, eccetera, e ancora non avremmo una “regola”… Certo l’ispirazione è fondamentale (senza entrare nella psicologia che è pane quotidiano qui in casa per cause di forza maggiore) è il fenomeno che fa nascere tutto. Ma poi è necessario mettersi alla scrivania. Lavorare sodo, leggere, rileggere, scrivere, riscrivere. E a volte stupirsi e commuoversi come Lennon di aver fatto qualcosa che appare sorprendente e coinvolgente.
Se pensiamo ai narratori puri, escludendo gli impiegati della parola scritta che collaborano con giornali e riviste o scrivono per la tivù, è plausibile affermare che in Italia ci sono più scrittori che vivono per scrivere di quanti invece scrivono per vivere. Il lavoro del romanziere, salvo rare eccezioni, è confinato nel recinto degli hobby. Le bocce, il giardinaggio, il bricolage, la scrittura, pari sono.
Bocce, giardinaggio e bricolage sono più utili in quanto attività rigeneranti. A parte chi scrive per giornali, riviste e tivù, per tutti gli altri, salvo eccezioni che è bene precisare esistono anche se non hanno troppa visibilità né probabilmente destano particolare interesse, scrivere è uno “status” da narrare con tutta la retorica di cui è stato caricato. Sarebbe utile cominciare ad analizzare i dati reali, spesso schiaccianti, ripartire da lì. Inevitabilmente perderebbe senso per chiunque pavoneggiarsi delle proprie pubblicazioni (tanto più che quei libri li leggeranno in pochi e probabilmente non resteranno nella storia. Lo dicono i dati, non io…). Sono certo che se lo scrivere diventasse un mestiere con una propria dignità lavorativa più di qualcosa potrebbe cambiare, anche nell’atteggiamento e nel modo di comunicare i libri.
Ti riconosci nel mito romantico dello scrittore curvo sulla scrivania e assorto nella contemplazione del foglio bianco? Allarghiamo il quadro e mettiamoci anche whisky e sigarette, una stufetta elettrica, un gatto. Pensa a quanti scrittori hanno avuto un gatto: Pablo Neruda gli dedicò un’ode, Baudelaire lo chiamava “il mio compagno di vita”, Bukowski, Kerouac. Poi, all’improvviso, il sacro fuoco dell’ispirazione tocca lo scrittore e gli regala trame e personaggi. O forse no. Tu non hai l’aspetto del bohémien. Sei uno di quegli scrittori che prima di iniziare un romanzo preparano una scaletta e sanno esattamente dove porteranno i loro personaggi?
Ho due gatti e due piccole belve che vampirizzano amorevolmente il mio tempo. Amo anche Baudelaire ma non vorrei diventare calvo come lui. Whisky non ne bevo da anni, sigarette e caffè in gran quantità invece. La stufetta mi crea un po’ d’ansia per le notizie che si sentono al Tg di tanto in tanto; preferisco quindi stanze calde e confortevoli. Con una buona dose di ironia sono erede degli esistenzialisti. Di un bohémien conservo la forma mentis e il caos sulla scrivania, invidio fortemente tutte le persone ordinatissime. Amo però lavorare con il quadro sufficientemente delineato davanti a me, anche perché non ho mai troppo tempo per farlo, la vita quotidiana ha spesso il sopravvento ed è necessaria una buona programmazione. Magari poi il quadro lo metto a rovescio, o di sbieco, e sperimento, ma ho dei rituali e delle metodologie per scrivere o iniziare a scrivere qualcosa. Sia chiaro, non so mai dove mi porterà un personaggio. Io cerco di indirizzarlo, ma spesso prende una vita propria e prorompente che rischia di influenzarmi e farmi cambiare punto di vista, anche se cerco di mantenermi fedele al progetto. È bene non dimenticare che lavoriamo su qualcosa di “vivo”. Vallo a spiegare a chi vuole andare in tivù a mostrare il suo libro…
C’è chi ritiene che sia vantaggioso far leggere i propri testi ad altri, prima di farli vedere a un editore. Conosco uno scrittore che paga un editor personale. Non saprebbe farne a meno. Una volta gli ho detto che farsi correggere i testi prima di sottoporli al giudizio di un editore è un sintomo di profonda insicurezza, e da allora fa l’offeso e non mi parla più. Tu faresti leggere un tuo testo a un altro scrittore? Lo ritieni profittevole? Io non lo faccio mai perché temo che ogni suggerimento, anche il più sincero, finirebbe per portarmi su una strada che non è quella che ho deciso di percorrere. Se proprio devo accettare un editor è solo dopo aver firmato un contratto.
Il punto di vista “esterno” sui propri testi è preziosissimo, meglio se di un professionista. Grazie ai miei editori negli anni ho lavorato alla pubblicazione dei romanzi con diversi editor. Alcuni sono nomi che non hanno bisogno di pubblicità (ti sarà facile scoprirli, uno l’hai pure intervistato), altri sono meno famosi ma bravi (mi permetto di citare la giovane Antonietta Rubino che ha lavorato egregiamente con me sul romanzo “La verità dei topi” e che mi sentirei di consigliare a qualsiasi editore e autore). Ognuno ha un proprio approccio ed è fantastico scoprire e fare proprie le loro tecniche. Nessuno è mai intervenuto sopra un mio testo facendomelo cambiare, questo tengo a dirlo per rassicurarti. Anzi, è stato assai stimolante permeare punti di vista differenti, il confronto per giungere a condivisioni profonde e vedere il testo crescere. Non temo mai di perdere la strada, quella ce l’ho ben chiara in testa. E allo stesso modo, mi piace farmi leggere da amici scrittori che stimo, discutere di un testo in lavorazione. È sempre molto prezioso avere pareri validi e non condizionati quando l’obiettivo è rendere buono un testo e confrontarsi con il mercato.
Un lettore spesso non ci fa caso, ma una pagina di romanzo ha una precipua e potenziale oralità che la rende simile a uno spartito musicale. Una successione di parole è una successione di suoni. Perciò credo che gli scrittori dovrebbero leggere ad alta voce i loro testi, per valutarne la scorrevolezza, per capire il grado di musicalità, al di là del contenuto. A volte mi capita di iniziare a leggere un libro, e ho quasi l’impressione di inciampare nelle parole. Non riesco ad andare avanti. Per me scrittura e musica devono essere caratterizzate da un flusso liscio, essere piacevoli all’orecchio.
Sono felice tu mi faccia questa domanda. Anche per me la musicalità della parola, della frase, il fluire sonoro sulla pagina sono fondamentali. La musica è una delle prime discipline a cui mi sono appassionato. Ho prodotto anche alcuni dischi e mi piace citare i Soluzione, augurandomi di pubblicare presto un loro nuovo lavoro.  Sì, amo davvero la musica, la amo quanto la letteratura. D’altra parte, “L’ultimo disco dei Cure” il mio romanzo d’esordio ripubblicato qualche mese fa dalla storica Arcana editrice racconta una storia prendendo spunto proprio dalla mia passione sincera e profonda per la musica: certo, è un romanzo in piena regola di cui al lettore non sfuggiranno i riferimenti letterari e lo stile.
Francesco Consiglio
*Massimiliano Nuzzolo è nato a Mestre nel 1971. Ha esordito nel 2004 con il romanzo L’ultimo disco dei Cure ripubblicato da Arcana nel 2020. Nel 2007 ha pubblicato la raccolta di poesie Tre metri sotto terra (Coniglio editore). Esperto di musica e di culture giovanili, ha curato la raccolta di racconti La musica è il mio radar (Mursia 2010). Con Italic Pequod, nel 2012, ha pubblicato Fratture, nel 2014 La felicità è facile. Del 2018 è il romanzo L’agenzia della buona morte. La verità dei topi è uscito alla fine del 2019 per Les Flaneurs.
L'articolo “Di ciò che pensa uno scrittore alla gente non importa un fico secco”. Francesco Consiglio dialoga con Massimiliano Nuzzolo proviene da Pangea.
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moscowmule · 7 years
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EDLESS - Recensione su FARDROCK
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"I quattro brani di Belotus brillano del sacro fuoco del pop, sorretti da riff brillanti ed orecchiabili ed aiutati da intuizioni  che, pescando dalla grande scuola mainstream, creano qualcosa di inedito nell’universo indie."
Leggi la recensione completa a cura di Joyello per Fardrock QUI.
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