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scienza-magia · 7 months
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Rapporto sugli attuali pericoli alla sicurezza Nazionale
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Gaza, Ucraina, terrorismo: l'analisi dell'Intelligence italiana. Presentata oggi la 'Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza' per il 2023. Dai rischi del conflitto in Medio Oriente alla mafia, cosa c'è nel report degli 007 italiani Dal conflitto a Gaza e i rischi in Medio Oriente passando per la guerra tra Russia e Ucraina, ma anche l'Africa, i Balcani, la minaccia della disinformazione, la cybersicurezza e l'Intelligenza Artificiale, il terrorismo, i migranti e la mafia. Questi i temi analizzati nella 'Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza', curata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e relativa all’anno 2023 presentata oggi. Gaza e Medio Oriente "L’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese contro il territorio israeliano ha rappresentato uno spartiacque nelle dinamiche politiche internazionali e del quadrante mediorientale. Localizzato nella Striscia di Gaza, il conflitto è infatti caratterizzato da elementi dalla portata regionale che, anche sull’onda della pronunciata valenza simbolica insita nella questione palestinese, hanno riattivato linee di faglia ad ampio raggio, spingendo diversi attori d’area a forme di reazione, con il rischio di innescare un conflitto di più ampia portata", è quanto si sottolinea. "Inoltre, le ostilità hanno inciso in modo significativo anche sui processi di riallineamento geopolitico in corso, congelandone nei fatti lo sviluppo e provocando nell’intero mondo arabo-islamico sommovimenti e tensioni - prosegue - L’azione di Hamas, circa 1.100 morti e oltre 200 ostaggi tra civili e militari, ha inflitto una ferita profonda nel tessuto della società e nella sicurezza israeliana, inducendo il Governo di Tel Aviv a rispondere sul piano militare contro la Striscia di Gaza. L’ultima parte dell’anno è stata infatti segnata dalle operazioni militari delle Forze di Sicurezza Israeliane contro il territorio della Striscia di Gaza finalizzate a smantellare le capacità militari dei gruppi estremisti palestinesi e a liberare gli ostaggi. Tensioni crescenti si sono registrate anche in Cisgiordania, oggetto di diverse operazioni speciali condotte dalle Forze di Sicurezza Israeliane, anche in questo caso volte a disarticolare le articolazioni estremiste palestinesi". Con crisi Gaza stop processi distensione e rischi per stabilità - "La crisi tra Israele e Gaza ha restituito priorità alla questione israelo-palestinese nelle agende politiche della comunità internazionale, marcando al contempo una linea di discontinuità nell’andamento delle dinamiche dell’intera regione del Medio Oriente. Sul piano strategico, sino ai fatti del 7 ottobre, il quadrante mediorientale era stato attraversato da importanti processi di riallineamento che avevano coinvolto diversi attori regionali. Emblematica nel senso la prosecuzione del rafforzamento dei processi di normalizzazione che vedevano al centro proprio Israele e parte della comunità dei Paesi arabi (Accordi di Abramo) e che, in prospettiva, avrebbero potuto coinvolgere anche l’Arabia Saudita, realtà di riferimento per il mondo arabo e musulmano". "Analoghe politiche di riavvicinamento avevano coinvolto anche attori come Iran, Arabia Saudita, Siria, Turchia, indirizzando il quadrante verso una graduale riduzione delle tensioni - prosegue la relazione - Lo scoppio della crisi di Gaza ha provocato un arresto di tali processi di distensione, riportando il Medio Oriente nuovamente al centro di dinamiche di polarizzazione e conflittualità che ruotano intorno alla questione israelo-palestinese e che rischiano di far ulteriormente degenerare la stabilità del quadrante". Rischio ricadute in Egitto e Cisgiordania - "Il riaccendersi delle ostilità ha comportato, e continuerà a causare, rilevanti ricadute di carattere securitario in tutta la regione alla luce dei numerosi attori locali coinvolti e dell’elevato rischio che la crisi possa allargarsi ad altri contesti. In prima linea, tra le realtà che rischiano di essere interessate dalle ricadute della crisi di Gaza, vi sono l’Egitto e la Giordania, Paesi tradizionalmente vicini alla causa palestinese e, per evidenti motivi di prossimità geografica, maggiormente esposti a potenziali destabilizzazioni in caso di ulteriore allargamento della crisi". "Nell’ultima parte del 2023 - prosegue il report - si è altresì registrato un deciso innalzamento delle tensioni in contesti in cui la crisi di Gaza ha rappresentato un fattore di innesco per l’avvio di attività potenzialmente destabilizzanti condotte da attori locali riconducibili al cosiddetto 'asse della resistenza', un’alleanza informale che unisce sul piano strategico diverse realtà del quadrante, Iran, Hezbollah libanesi, Houthi yemeniti, milizie sciite in Iraq e Siria, gruppi sunniti palestinesi, in una connotazione anti-israeliana e anti-occidentale". Alterazione di equilibri, attenzione al Libano - "Tema di stretta attenzione degli organismi intelligence è anche il rischio che il protrarsi della crisi di Gaza provochi un’alterazione degli equilibri settari e religiosi delle comunità mediorientali. Diversi contesti del Medio Oriente sono tradizionalmente caratterizzati da un’elevata eterogeneità delle componenti confessionali, la cui pacifica convivenza e il mantenimento del triplice equilibrio demografico, sociale e politico rappresentano elementi chiave per la stabilità generale del quadrante". "I conflitti che negli anni hanno interessato Libano, Iraq, Siria e Yemen sono stati provocati anche dalla percepita alterazione degli equilibri tra le diverse comunità interne, con rivendicazioni settarie e religiose strumentalizzate in chiave politica e tramutate in confronto militare interno - prosegue la relazione - La crisi in atto a Gaza – oltre a essere percepita da una parte del mondo musulmano come un confronto tra ebraismo e comunità islamica – rischia di provocare, specie in Libano, conseguenze sul predetto triplice equilibrio". "Un eventuale allargamento del conflitto nel Paese dei Cedri, con un ingaggio militare più ampio del gruppo arabo-sciita libanese Hezbollah, potrebbe infatti arrecare ulteriori e non sostenibili tensioni interne, provocando la reazione delle diverse componenti cristiane, druse e sunnite, peraltro già sotto pressione per la presenza nel Paese dei profughi siriani", conclude. Aumento tensioni in Siria e Iraq - "Lo scoppio del conflitto di Gaza ha provocato un aumento delle tensioni anche in Siria e Iraq, specie per la presenza in questi contesti di gruppi che, partendo da rivendicazioni relative alla questione palestinese, conducono azioni offensive contro assetti statunitensi nell’area, nell’ottica di combattere la presenza occidentale in Medio Oriente". "Tale situazione rileva sul piano securitario anche in ottica nazionale, considerando la presenza del contingente italiano in Iraq operativo sia all’interno della coalizione internazionale anti-Daesh sia nella Nato Mission in Iraq (missione di cui l’Italia ha avuto il Comando fino al mese di maggio)", continua. Preoccupa attivismo Houthi - "Nell’ultima parte dell’anno, ha suscitato particolare preoccupazione il rinnovato attivismo della milizia sciita Houthi in Yemen che, a fronte di avviati colloqui di pace con Riyadh, ha condotto una serie di attività offensive sullo stretto di Bab el Mandeb". "Gli Houthi hanno infatti attaccato e tentato di sequestrare navigli commerciali diretti in Mar Rosso rivendicando tali azioni come attività condotte contro gli interessi israeliani e occidentali in solidarietà con il popolo palestinese, obbligando così parte del flusso commerciale internazionale marittimo a modificare le proprie rotte", prosegue la relazione. Almeno "25 attacchi Houthi" e "-35%traffici nel Canale di Suez". Sono alcuni dei dati, sulla crisi di Gaza e il Mar Rosso, contenuti nella relazione Terrorismo "A seguito dell’attacco di Hamas a Israele dello scorso 7 ottobre e del conflitto che ne è derivato, l’Intelligence si è focalizzata in via prioritaria sull’impatto della crisi sulla minaccia terroristica in Italia e in Europa, con particolare attenzione sulle reazioni di al Qaida e Daesh e sulle possibili ricadute sul jihadismo globale". "Negli ultimi mesi dell’anno si è infatti assistito a una rivitalizzazione della propaganda jihadista, non solo in chiave antisionista, ma anche tesa a rilanciare lo scontro tra Islam e Occidente, nell’intento di proiettare la minaccia oltre i confini del teatro del conflitto". "Appare dunque concreto il rischio che la crisi possa costituire una cassa di risonanza per il messaggio jihadista, non solo andando a incidere sui processi di radicalizzazione, ma potendo anche fungere da innesco di potenziali lupi solitari stanziati in Europa, inducendoli a passare all’azione", continua. Crescono attentati islamici in Europa - "In Europa, la minaccia jihadista ha conservato una crescente e quasi esclusiva connotazione endogena. Nel 2023, gli attentati direttamente riconducibili a una matrice islamista sono numericamente raddoppiati rispetto all’anno precedente (da 3 a 6), ma hanno mantenuto un numero di vittime relativamente contenuto (6 morti e 16 feriti)". "In analogia con gli ultimi anni, si è trattato di azioni compiute da singoli soggetti, già presenti e/o residenti nel Paese target, non intranei a organizzazioni jihadiste e che, a eccezione del caso di Bruxelles (dove è stata utilizzata un’arma da fuoco automatica), hanno fatto uso di mezzi offensivi semplici (armi bianche) - sottolinea - Peraltro, l’azione belga si è distinta ulteriormente dalle altre in quanto è sembrata il frutto di una pianificazione più complessa, che avrebbe visto il coinvolgimento di diversi soggetti implicati soprattutto in circuiti criminali, ed è stata l’unica ufficialmente rivendicata da Daesh tramite la casa mediatica Amaq". Italia potenziale bersaglio - "L’Italia si è confermata potenziale bersaglio per la sua centralità nel mondo cristiano, il suo impegno nella Coalizione antiDaesh e la presenza di luoghi simbolo della storia occidentale come il Colosseo che continua a essere considerato, dalla retorica d’area, obiettivo di conquista privilegiato nel cuore dell’Europa 'miscredente'", continua. "Si è mantenuta elevata l’attenzione informativa sui foreign fighters che a suo tempo hanno raggiunto il quadrante siro iracheno per unirsi a Daesh o ad altre formazioni terroristiche ivi operanti. Nel 2023, sono aumentati a 149 (di cui 39 returnees) i soggetti inclusi nella 'lista consolidata' redatta in ambito di Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo, in quanto a vario titolo connessi con l’Italia".   "Con riguardo poi all’allontanamento dal territorio nazionale di soggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale, nel 2023 sono stati eseguiti, pure grazie al contributo informativo dell’intelligence, 77 rimpatri di cui 13, in prevalenza tunisini, a carico di soggetti che erano riusciti a rientrare in Italia clandestinamente nonostante fossero stati già rimpatriati negli anni precedenti", conclude. Ucraina-Russia "A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina, il tema della consistenza degli effettivi dei due eserciti assume assoluto rilievo. In Russia, le perdite nel conflitto, sia di morti che di feriti, così come i cittadini fuggiti a causa della guerra, hanno ulteriormente peggiorato la crisi demografica. Si stima che negli ultimi quattro anni la popolazione russa abbia perso circa 2 milioni di persone a causa di guerra, esodo e pandemia. Nel lungo termine, il declino demografico inciderà negativamente sullo status della Russia quale grande potenza e sulla sua capacità di innovare". E' quanto si sottolinea nella relazione sul conflitto in corso. "Mosca può comunque contare su un bacino di potenziali 'reclutandi' quattro volte più ampio di quello del suo avversario. In Ucraina, conclusasi la mobilitazione dei volontari, il Paese dibatte su come ottenere un numero maggiore di truppe per consolidare le difese o tentare nuove azioni di controffensiva nel 2024 - prosegue - Inoltre, un nuovo disegno di legge governativo che mira, tra le altre misure, ad abbassare la soglia per i coscritti da 27 a 25 anni, è stato inviato a dicembre in Parlamento". Calo degli aiuti occidentali - "Quanto all’entità degli aiuti assicurati dall’Occidente e da Paesi terzi, si evidenzia il delinearsi di due traiettorie distinte. Da un lato, sullo sfondo di una costante evoluzione di posizioni in seno alla Comunità internazionale, il sostegno dei Paesi Occidentali all’Ucraina, focale per la prosecuzione dello sforzo militare di Kiev, è continuato durante tutto il 2023, pur registrando un importante calo rispetto all’anno precedente. A fine anno l’aiuto militare complessivamente stanziato dai Paesi europei superava, per la prima volta, quello offerto dagli Stati Uniti". "Dall’altro lato, è in aumento il sostegno che attori terzi offrono alla base industriale militare russa. Pechino, oltre ad accrescere le importazioni di prodotti energetici dalla Russia, ha probabilmente fornito a Mosca alcune tecnologie duali. Altri Paesi hanno invece offerto un supporto militare diretto: l’Iran ha messo a disposizione della Russia ingenti quantità di droni pronti all’uso e ha contribuito a creare la capacità di costruirne ulteriori; la Corea del Nord ha intensificato la cooperazione militare con Mosca, inviando supporto in munizionamento", si osserva. Nel 2023 "soluzione conflitto rimasta remota" - "Durante il 2023, lo scenario di una soluzione del conflitto e di un conseguente avvio della ricostruzione dell’Ucraina è rimasto remoto. Non si sono svolti negoziati di pace significativi tra Mosca e Kiev per tre ragioni principali: è mancata la necessaria fiducia tra i belligeranti affinché si convincano a sedersi a un tavolo negoziale; nessuno dei due contendenti ha modificato i propri obiettivi strategici; ragioni di politica interna (non c’è sostegno a concessioni territoriali né da parte della popolazione ucraina, né da quella del presidente russo)". "In particolare, ogni tentativo di Putin di segnalare l’avvio di possibili negoziazioni si è scontrato contro l’espressa volontà di non voler offrire alcuna concessione, in quanto una pausa nei combattimenti servirebbe solo alla ricostituzione delle Forze russe per sferrare nuovi attacchi - prosegue - Ciononostante, si è assistito a un proliferare di 'iniziative di pace' promosse da vari attori. Rilevano, al riguardo, il piano varato da un gruppo di esperti internazionali denominato 'Kiev Security Compact', le iniziative di Cina, Sudafrica (che ha guidato una proposta esibita a nome dell’Unione Africana) e Brasile, nonché ulteriori tentativi da parte di altri Stati". "Tra le diverse iniziative, l’Ucraina ha cercato di aggregare consenso intorno alla 'Formula di Pace' del Presidente Zelensky, presentata già nel 2022, che prevede un piano in 10 punti, fondata sui seguenti cardini: sicurezza nucleare, sicurezza alimentare, sicurezza energetica, rilascio dei prigionieri, restaurazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, ritiro delle truppe russe e cessazione delle ostilità, giustizia e creazione di un tribunale internazionale, protezione ambientale, prevenzione di un’escalation, conferma della fine della guerra - conclude la relazione - A compimento di un percorso di consultazioni multilaterali, che include la partecipazione dei Paesi del Sud Globale e riunioni tra i Consiglieri di Sicurezza Nazionale – a Copenaghen (24 giugno), Gedda (5 agosto) e Malta (28 ottobre) – nel 2024 Zelensky mira a indire un Summit della pace globale che dia inizio all’implementazione pratica della formula". Da Russia disinformazione per minare Ue e Nato - "Nel 2023 gli apparati di informazione legati al Cremlino hanno continuato a operare all’interno del dominio dell’informazione per minare la coesione europea e la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni sia nazionali che dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. Dopo il blocco imposto dall’UE alle attività verso gli Stati membri dei media russi, come Rt e Sputnik, e l’adozione di politiche più stringenti a contrasto della disinformazione e della propaganda di Mosca, quest’ultima ha potuto contare sull’appoggio di network mediatici di Paesi terzi per promuovere le proprie narrative ampliando, allo stesso tempo, la propria capacità di coordinamento a livello internazionale". "Le narrazioni diffuse dalle campagne disinformative russe hanno riguardato, anche nel 2023, la colpevolizzazione della Nato e dei Paesi occidentali per la guerra in Ucraina, alla quale si aggiunge, come elemento di novità, quella per la guerra tra Israele e Hamas", conclude. Nuove tecnologie e disinformazione, voto e minaccia ibrida Nella relazione annuale dell'intelligence "viene dato il giusto spazio all'effetto dirompente delle nuove tecnologie" e al tema "della disinformazione". Così il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, intervenendo a Palazzo Dante durante la presentazione della relazione annuale dei Servizi. Dalla relazione "emerge ancora una volta la consapevolezza" di quella che Guerini, parlando della disinformazione, non esita a definire "una minaccia per la nostra società". Per il numero uno del Copasir servono "strumenti a livello nazionale e internazionale" per mettere in atto "una reazione efficace alla disinformazione". "Nel 2024 ben 76 Paesi sono chiamati a votare, il 51% della popolazione mondiale, metà del Pil del mondo". Lo afferma il direttore generale del Dis Elisabetta Belloni alla presentazione pubblica della “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, curata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, sottolineando che davanti a ciò "è intuitivo" parlare dei "rischi di interferenze e condizionamenti dei processi elettorali attraverso la minaccia ibrida". Balcani "L’Intelligence dedica costante attenzione ai Balcani Occidentali osservando, in particolare, le aree connotate da latenti instabilità. La regione continua a presentare significative criticità, cui non sono estranei problemi di governance, dinamiche interetniche, fenomeni di criminalità e corruzione diffusa, ponendo ostacoli al progresso del cammino dei Paesi della regione verso l’Unione Europea e, in alcuni casi, influenzando negativamente la loro situazione securitaria". "Sul piano dell’integrazione comunitaria, dalla fine del 2022 tutti i Paesi della regione, Kosovo escluso, hanno ottenuto lo status di candidato all’ingresso - prosegue - Ciononostante, le valutazioni date da Bruxelles sugli effettivi progressi raggiunti non fanno sperare in un’integrazione in tempi brevi: anche i Paesi più avanzati nei negoziati, come Serbia e Montenegro, scontano ritardi dovuti, da un lato, a una scarsa attitudine dei Governi della regione a riformare ambiti fondamentali per l’Unione Europea, come il settore giudiziario e la promozione dei diritti fondamentali, dall’altro, alla difficoltà delle Istituzioni comunitarie a rilanciare il processo di allargamento. In tale cornice, l’Italia svolge un ruolo fondamentale nel cercare di avvicinare la regione balcanica all’Unione Europea attraverso iniziative miranti ad accelerarne l’integrazione e sostenendo i processi di riforma interni". "Nel 2023, il quadro securitario balcanico si è connotato fortemente per l’incerto sviluppo del processo di normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, che al momento appare in sostanziale stallo, nonostante l’iniziale sviluppo positivo dell’accordo raggiunto a voce, ma mai firmato, tra i due Paesi a Ohrid (febbraio) Read the full article
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megachirottera · 3 years
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Il gigantesco elefante rosa nella stanza, di cui nessuno ha parlato alla conferenza COP26 delle Nazioni Unite, è che una "confluenza di eventi" ha accelerato l'annientamento pianificato della razza umana
Mentre pochi occhi in piccole parti del mondo e gran parte dei media mainstream puntati sulla Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici che è iniziata il 31 ottobre ed è terminata il 12 novembre a Glascow, in Scozia; questa conferenza dopo 18 mesi di "negoziati virtuali" che sono stati intrapresi, come esploreremo all'interno di questa storia, la VERA "notizia meteorologica" a cui le persone dovrebbero prestare attenzione è il fatto che la "guerra meteorologica" viene utilizzata su tutti noi da decenni.
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luigiviazzo · 4 years
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Accesso agli atti: i casi di esclusione in una materia delicata per motivi di sicurezza nazionale, ordine pubblico ecc.
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purpleavenuecupcake · 4 years
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Criminalità e Sicurezza Nazionale
Su l'Eurispes.it, l'articolo edito dall'Osservatorio sulla Sicurezza, guidato dal generale Pasquale Preziosa e i due vipresidenti, Giovanni Russo e Roberto De Vita. Molto interessanti gli spunti offerti per comprendere un fenomeno attuale e che potrebbe minare, dal più profondo ed in maniera endemica, la Sicurezza dello Stesso Stato. Secondo Adam Smith la ricchezza serve, prima di tutto, per aumentare i livelli di sicurezza delle singole nazioni. Quando il livello di ricchezza di una nazione diminuisce, i livelli di rischio per la Sicurezza Nazionale aumentano. Di fronte ad un crollo verticale del Pil e ad una recessione profonda, è certo che l’unico strumento di contenimento è rappresentato dalla mano pubblica attraverso il moltiplicatore keynesiano degli investimenti – qualsiasi incremento nella componente autonoma dei consumi o negli investimenti genera un incremento nel reddito nazionale cinque volte superiore all’iniziale incremento. Tuttavia, accanto alla mano pubblica opera una “mano invisibile”, non quella smithiana, ma quella della corruzione, che non moltiplica la ricchezza ma la prosciuga impoverendo, ancora di più, i cittadini e lo Stato. La corruzione nella Pubblica amministrazione rappresenta la causa primaria della degenerazione del comportamento etico di un Paese e dell’inefficiente uso delle risorse finanziarie pubbliche. Le infiltrazioni mafiose nella burocrazia statale e, più in generale, nel sistema degli appalti pubblici dei lavori è ancora un problema nazionale per il nostro Paese, nonostante il grande lavoro giudiziario fatto e in corso. Il fenomeno della corruzione e quello della criminalità organizzata spesso trovano il punto di saldatura nella esecuzione degli appalti pubblici di lavori. Occorre realizzare un’attenta analisi delle procedure in uso da parte della PA: l’individuazione di possibili rimedi appare indispensabile per «assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione» (Cost. art.97). La tematica è vasta e i profili su cui intervenire sono molteplici. Qui di seguito si propone una prima serie di riflessioni. I punti essenziali dell’appalto pubblico di lavori, a legislazione vigente, possono essere così riassunti: – la progettazione; – il bando di gara di appalto della PA; – l’offerta dei proponenti; – i requisiti degli offerenti e i metodi di verifica della migliore offerta; – esecuzione dei lavori e loro rispondenza alla regola dell’arte; – varianti in corso d’opera; – riserve dell’appaltatore; – qualità finale dell’opera; – tempi di realizzazione. I principali problemi riscontrati in sede di gara o nell’esecuzione degli appalti pubblici possono essere così sintetizzati: – progettazione di qualità scadente; – le varianti in corso d’opera, nella maggioranza dei casi, portano ad una costante e abnorme lievitazione dei costi, spesso sorretta da motivazioni    pretestuose o traballanti se non addirittura congegnate; – il pagamento degli stati di avanzamento lavori (SAL), i quali non sempre corrispondono all’effettivo progresso del lavoro; – le riserve dell’appaltatore che rendono spesso difficoltoso il rapporto con il committente; – il criterio di aggiudicazione prevalente, in base all’offerta economicamente più vantaggiosa, presuppone un alto livello tecnico della commissione aggiudicatrice che le amministrazioni non sempre sono in grado di garantire; – il vincitore della gara ha diritto a un anticipo del 10% prima di iniziare i lavori; acquisisce altri finanziamenti dalla PA in corso d’opera in base agli stati di avanzamento; acquisisce ulteriori finanziamenti per varianti in corso d’opera. Solo il 10% del costo dell’opera costituisce saldo a garanzia per lo Stato. Le varianti in corso d’opera costituiscono gli anelli deboli del sistema, in quanto impongono modifiche progettuali i cui costi possono sbilanciare di molto la tenuta economica e finanziaria dell’opera nella sua interezza e, spesso, nascondono il sovrapprezzo della corruzione. Attraverso queste varianti, i costi totali delle infrastrutture possono lievitare a dismisura e gli esempi di opere pubbliche dai costi lievitati di molto nel tempo sono purtroppo numerosi. Iniziare un’opera pubblica i cui costi – a causa delle varianti in corso d’opera – sono solo indicativi e, quasi sempre, determinati per difetto, vuol dire minare, negli aspetti di economicità ed efficacia, qualsiasi forma di pianificazione dello Stato, con riflessi molto negativi sulla Sicurezza Nazionale. Il pagamento del saldo dell’opera all’esito del collaudo pari al 10% non sembra costituire una garanzia sufficiente per il buon esito dell’appalto, perché marginale rispetto agli importi percepiti dall’impresa per le varianti in corso d’opera. L’appalto pubblico di lavori, a legislazione vigente, non garantisce, quindi, i requisiti previsti dalle norme sul corretto procedimento amministrativo almeno negli aspetti di economicità e di efficacia (gli altri elementi sono imparzialità, pubblicità e trasparenza). Per la PA è urgente, in considerazione della recessione in atto e del necessario rilancio economico del Paese, identificare nuove regole efficaci per la pianificazione infrastrutturale, per ridare vigore all’economia e sburocratizzare il sistema degli appalti pubblici di lavori. I princìpi di economicità e di efficacia possono essere attuati solo se le nuove regole saranno semplici, lineari e valide. A premessa delle nuove regole deve esserci la puntualità della PA nel saldo del prezzo delle opere, quando accettate. L’attuale lentezza della PA nel pagare i debiti – circa 30 miliardi di euro – verso i privati è deleteria per l’economia del Paese e per le imprese. L’amministrazione che ha interesse nel realizzare un’opera pubblica darà evidenza pubblica delle esigenze e accoglierà le offerte del mercato. Si dovrebbe prediligere lo strumento della finanza di progetto, ove possibile, perché questa fattispecie responsabilizza l’appaltatore per la più celere conclusione dell’opera. Inoltre, si dovrebbe rivolgere particolare attenzione alla verifica dei requisiti imprenditoriali (curricula adeguati e sani) ed economico-finanziari degli operatori economici. Le opere dovranno seguire le regole dell’arte e le tempistiche di consegna – salvo cause di forza maggiore –, pena la decadenza del contratto. Queste semplici regole consentirebbero di avviare un percorso diretto a ridare identità e ruolo alla PA che assumerebbe la vera funzione di controparte contrattuale delle imprese. Ma, soprattutto, si andrebbe a dare dignità e valore a quelle imprese che hanno alle spalle una loro storia di capacità, solidità, moralità. Il risvolto più importante riguarderà, invece, la Sicurezza Nazionale, che potrà giovarsi di un più efficiente uso delle risorse finanziarie da destinare ad efficaci sistemi di controllo preventivo e verifica ex-post, mitigando, al ribasso, i livelli di rischio sia per la corruzione sia per le infiltrazioni della criminalità organizzata. La PA si sgraverebbe di buona parte degli oneri burocratici di esecuzione dell’appalto pubblico di lavori, limitandosi a stabilire solamente i punti cardine dei requisiti richiesti all’opera come, ad esempio, la rispondenza materiale e temporale del manufatto a quanto stabilito. Ogni responsabilità e onere dell’esecuzione dell’opera ricadrebbe solo ed esclusivamente sull’impresa a cui, pertanto, sono richiesti requisiti storici di capacità, solidità e moralità. Ciò darebbe vita ad un nuovo rapporto fiduciario pubblico-privato per il rilancio infrastrutturale del Paese, con l’obiettivo di far sì che quello che darà la mano pubblica non venga rubato dalla mano invisibile della corruzione e della criminalità organizzata. Read the full article
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#New York#aisi #sicurezzanazionale #sputnik #geopolitical #mondo #travelblogger #http://geopolitica.altervista.org/
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ultimavoce · 6 years
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Albano in lista nera!
#Albano in #listanera. Secondo il #ministeroCulturaucraino è una minaccia per la #sicurezzanazionale
Albano in lista nera. C’è poco da fare, lo ha deciso il ministero della Cultura ucraino.
Albano in lista nera: minaccia la sicurezza nazionale
Secondo le richieste del Consiglio di Sicurezza e Difesa nazionale dell’Ucraina, il cantante di Cellino San Marco, è stato inserito in una lista nera. Albano in lista nera occupa una posizione di tutto rispetto. Si trova infatti al 48esimo posto in una cla…
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purpleavenuecupcake · 4 years
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Politica, criminalità organizzata, crisi pandemica e Sicurezza Nazionale secondo gli osservatori Eurispes
Molto interessante per i contenuti e per l’analisi fatta, l’articolo pubblicato su “leurispes.it” dal Generale Pasquale Preziosa, Presidente dell’Osservatorio permanente sulla Sicurezza che, in collaborazione con il Prof. Avv. Roberto De Vita e il Dott. Giovanni Russo, racconta come le crisi economiche come quelle pandemiche possono dar vita a stress endogeni di ordine sociale, economico, politico, giudiziario, finanziario suggerendo la predisposizione di piani e finanziamenti per nuovi investimenti per arginare la crisi e rilanciare l’economia. (di Pasquale Preziosa, Roberto De Vita, Giovanni Russo) Il processo di civilizzazione è stato lungo e difficile per gli esseri umani. Secondo Will Durant la civilizzazione si identifica con l’ordine sociale ed è costituito dai seguenti elementi: organizzazione economica e politica, tradizioni etiche e morali, ricerca della conoscenza. La civilizzazione inizia quando il caos e l’insicurezza finiscono. La Sicurezza Nazionale ha l’obiettivo di garantire l’ordine sociale in tutti i settori di vita del paese. Le crisi economiche come quelle pandemiche, pur di natura esogena, possono dar vita a stress endogeni di ordine sociale, economico, politico, giudiziario, finanziario. La maggior parte delle crisi, comunque, accelera solo tendenze preesistenti nella società. Se l’economia di un paese mostra debolezze durante i normali periodi di vita, durante le crisi le debolezze sono destinate a peggiorare. Per arginare la crisi e rilanciare l’economia servono piani e finanziamenti per nuovi investimenti: è una lezione che abbiamo appreso durante la Grande depressione del Ventinove. Purtuttavia, nel 1929 non tutti i rimedi posti in essere dagli Stati furono di successo. Gli USA ricorsero ad una esperienza rivoluzionaria che potesse contemperare obiettivi pubblici e logica di mercato. Ciò si tradusse, con un mandato preciso, nella creazione della Tennessee Valley Authority (TVA) di rilevanza costituzionale, la quale doveva indicare al Governo e al Parlamento, con un approccio organico, le misure da adottare in materia di politica industriale, agricola, di polizia, di politica sociale, così da concretare una capacità di governo che gli “States” coinvolti non erano in grado di assicurare. Il New Deal americano fu di successo e riuscì a far riguadagnare alti livelli di Sicurezza Nazionale agli USA. L’introduzione dei princìpi del New Deal USA in Italia (Rosenstein-Rodan) non ebbe successo. Il modello della Cassa per il Mezzogiorno può essere assunto come New Deal statalista italiano, con la creazione di un Ministero ad hoc per governare gli interventi pubblici in economia. La prevalenza dello stato sovventore rispetto allo stato imprenditore ha portato ineluttabilmente al fallimento della Cassa del Mezzogiorno, un esempio di diseducazione anche manageriale. I piani e i finanziamenti per rimediare ai disastri conseguenti alle crisi pur necessari, non sono di per sé sufficienti: i piani devono essere ancorati a solidi princìpi metodologici e di trasparenza per organizzare la crescita sia del pubblico, sia del privato. L’Italia con la crisi pandemica in atto ha raggiunto il “rating” (Fitch) BBB-, pertanto senza un piano di rinascita virtuoso, la Sicurezza Nazionale potrà raggiungere livelli di rischio mai sperimentati dal dopoguerra in poi. Lo stesso dicasi per il sistema giudiziario del Paese. La giustizia assicura alla società uno dei valori più importanti per gli esseri umani: la libertà frutto della sicurezza garantita dall’ordine sociale. Il potere giudiziario poggia la sua effettività sulla adesione a princìpi condivisi dalla collettività – espressi principalmente nella Carta costituzionale – il cui rispetto è garantito dalla coercizione che è l’obiettivo primario della sanzione. La capacità di coercizione si concreta, nei casi gravi, con l’obbligo di isolamento in carcere. Qualora per qualsiasi ragione, anche di crisi, non si riesca a garantire l’esecutività della sanzione, cade sia la percezione della deterrenza della pena sia il livello di sicurezza nel sociale. La criminalità organizzata, piaga oramai globale, ha mostrato grande duttilità nell’adeguarsi all’ambiente dove vive e dove opera, a similitudine delle organizzazioni terroristiche transnazionali. Le organizzazioni criminali operano utilizzando gli stessi metodi organizzativi e amministrativi dello Stato, cambiano solo i fini che non sono indirizzati verso il bene comune. Territorio e popolo, per tali organizzazioni, sono i punti di forza, così come per talune formazioni terroristiche. Nei Paesi occidentali la mitigazione dei rischi per la Sicurezza Nazionale deve far capo al controllo democratico del territorio, associato alla fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Il potere “politico” della criminalità organizzata, al pari di quella statuale, è esercitato come dominio attraverso la coercizione talvolta mista anche al consenso popolare. Il carcere per le organizzazioni statuali rappresenta l’esercizio del potere della coercizione secondo norme democratiche. La debolezza del sistema carcerario mina alla base la deterrenza della coercizione. Concessioni eclatanti di pene alternative al carcere (e, addirittura, al regime detentivo sicuro, previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario) riconosciute a personaggi di spicco della criminalità organizzata, in singolare successione alle rivolte carcerarie che si sospetta possano essere state eterodirette, rischiano di rappresentare – al di là della legittimità e della opportunità intrinseca dei provvedimenti giudiziari – segnali di indebolimento molto forte del potere statuale, con gravi riflessi sulla Sicurezza Nazionale. La criminalità organizzata, al pari del terrorismo, è una delle minacce più importanti per la Sicurezza Nazionale di qualsiasi Paese, Italia compresa, ma è ancora più subdola in quanto ha la capacità di corrodere dall’interno le Istituzioni che manterranno la forma, private però della sostanza. «La libertà è il “lussuoso” prodotto della sicurezza e la libertà individuale è il marchio della civilizzazione». Il potere è un mezzo per raggiungere i fini: con un potere ridotto la battaglia per raggiungere livelli adeguati di Sicurezza Nazionale è persa. Le minacce da contrastare sono molteplici, da quella economica finanziaria a quella sociale, ma quella legata alla criminalità organizzata è costantemente prioritaria perché sfida lo Stato e i livelli di civilizzazione raggiunti. Read the full article
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purpleavenuecupcake · 4 years
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Politica, criminalità organizzata, crisi pandemica e Sicurezza Nazionale secondo gli osservatori Eurispes
Molto interessante per i contenuti e per l’analisi fatta, l’articolo pubblicato su “leurispes.it” dal Generale Pasquale Preziosa, Presidente dell’Osservatorio permanente sulla Sicurezza che, in collaborazione con il Prof. Avv. Roberto De Vita e il Dott. Giovanni Russo, racconta come le crisi economiche come quelle pandemiche possono dar vita a stress endogeni di ordine sociale, economico, politico, giudiziario, finanziario suggerendo la predisposizione di piani e finanziamenti per nuovi investimenti per arginare la crisi e rilanciare l’economia. (di Pasquale Preziosa, Roberto De Vita, Giovanni Russo) Il processo di civilizzazione è stato lungo e difficile per gli esseri umani. Secondo Will Durant la civilizzazione si identifica con l’ordine sociale ed è costituito dai seguenti elementi: organizzazione economica e politica, tradizioni etiche e morali, ricerca della conoscenza. La civilizzazione inizia quando il caos e l’insicurezza finiscono. La Sicurezza Nazionale ha l’obiettivo di garantire l’ordine sociale in tutti i settori di vita del paese. Le crisi economiche come quelle pandemiche, pur di natura esogena, possono dar vita a stress endogeni di ordine sociale, economico, politico, giudiziario, finanziario. La maggior parte delle crisi, comunque, accelera solo tendenze preesistenti nella società. Se l’economia di un paese mostra debolezze durante i normali periodi di vita, durante le crisi le debolezze sono destinate a peggiorare. Per arginare la crisi e rilanciare l’economia servono piani e finanziamenti per nuovi investimenti: è una lezione che abbiamo appreso durante la Grande depressione del Ventinove. Purtuttavia, nel 1929 non tutti i rimedi posti in essere dagli Stati furono di successo. Gli USA ricorsero ad una esperienza rivoluzionaria che potesse contemperare obiettivi pubblici e logica di mercato. Ciò si tradusse, con un mandato preciso, nella creazione della Tennessee Valley Authority (TVA) di rilevanza costituzionale, la quale doveva indicare al Governo e al Parlamento, con un approccio organico, le misure da adottare in materia di politica industriale, agricola, di polizia, di politica sociale, così da concretare una capacità di governo che gli “States” coinvolti non erano in grado di assicurare. Il New Deal americano fu di successo e riuscì a far riguadagnare alti livelli di Sicurezza Nazionale agli USA. L’introduzione dei princìpi del New Deal USA in Italia (Rosenstein-Rodan) non ebbe successo. Il modello della Cassa per il Mezzogiorno può essere assunto come New Deal statalista italiano, con la creazione di un Ministero ad hoc per governare gli interventi pubblici in economia. La prevalenza dello stato sovventore rispetto allo stato imprenditore ha portato ineluttabilmente al fallimento della Cassa del Mezzogiorno, un esempio di diseducazione anche manageriale. I piani e i finanziamenti per rimediare ai disastri conseguenti alle crisi pur necessari, non sono di per sé sufficienti: i piani devono essere ancorati a solidi princìpi metodologici e di trasparenza per organizzare la crescita sia del pubblico, sia del privato. L’Italia con la crisi pandemica in atto ha raggiunto il “rating” (Fitch) BBB-, pertanto senza un piano di rinascita virtuoso, la Sicurezza Nazionale potrà raggiungere livelli di rischio mai sperimentati dal dopoguerra in poi. Lo stesso dicasi per il sistema giudiziario del Paese. La giustizia assicura alla società uno dei valori più importanti per gli esseri umani: la libertà frutto della sicurezza garantita dall’ordine sociale. Il potere giudiziario poggia la sua effettività sulla adesione a princìpi condivisi dalla collettività – espressi principalmente nella Carta costituzionale – il cui rispetto è garantito dalla coercizione che è l’obiettivo primario della sanzione. La capacità di coercizione si concreta, nei casi gravi, con l’obbligo di isolamento in carcere. Qualora per qualsiasi ragione, anche di crisi, non si riesca a garantire l’esecutività della sanzione, cade sia la percezione della deterrenza della pena sia il livello di sicurezza nel sociale. La criminalità organizzata, piaga oramai globale, ha mostrato grande duttilità nell’adeguarsi all’ambiente dove vive e dove opera, a similitudine delle organizzazioni terroristiche transnazionali. Le organizzazioni criminali operano utilizzando gli stessi metodi organizzativi e amministrativi dello Stato, cambiano solo i fini che non sono indirizzati verso il bene comune. Territorio e popolo, per tali organizzazioni, sono i punti di forza, così come per talune formazioni terroristiche. Nei Paesi occidentali la mitigazione dei rischi per la Sicurezza Nazionale deve far capo al controllo democratico del territorio, associato alla fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Il potere “politico” della criminalità organizzata, al pari di quella statuale, è esercitato come dominio attraverso la coercizione talvolta mista anche al consenso popolare. Il carcere per le organizzazioni statuali rappresenta l’esercizio del potere della coercizione secondo norme democratiche. La debolezza del sistema carcerario mina alla base la deterrenza della coercizione. Concessioni eclatanti di pene alternative al carcere (e, addirittura, al regime detentivo sicuro, previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario) riconosciute a personaggi di spicco della criminalità organizzata, in singolare successione alle rivolte carcerarie che si sospetta possano essere state eterodirette, rischiano di rappresentare – al di là della legittimità e della opportunità intrinseca dei provvedimenti giudiziari – segnali di indebolimento molto forte del potere statuale, con gravi riflessi sulla Sicurezza Nazionale. La criminalità organizzata, al pari del terrorismo, è una delle minacce più importanti per la Sicurezza Nazionale di qualsiasi Paese, Italia compresa, ma è ancora più subdola in quanto ha la capacità di corrodere dall’interno le Istituzioni che manterranno la forma, private però della sostanza. «La libertà è il “lussuoso” prodotto della sicurezza e la libertà individuale è il marchio della civilizzazione». Il potere è un mezzo per raggiungere i fini: con un potere ridotto la battaglia per raggiungere livelli adeguati di Sicurezza Nazionale è persa. Le minacce da contrastare sono molteplici, da quella economica finanziaria a quella sociale, ma quella legata alla criminalità organizzata è costantemente prioritaria perché sfida lo Stato e i livelli di civilizzazione raggiunti. Read the full article
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purpleavenuecupcake · 5 years
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COPASIR: in programma audizioni per Sicurezza Nazionale
Nell'odierna riunione del Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica ( COPASIR ) si é lavorato sulla costituzione del calendario delle audizioni relativo alla tematica della sicurezza del comparto economico ed in particolare si sta preparando un elenco di possibili soggetti da audire. Si é inteso all'unanimità di iniziare l'approfondimento del settore bancario-asicurativo al fine di verificare quanto esso sia eventualmente interessato a possibili aggressioni da parte di soggetti terzi che possano essere in qualche modo lesivi della sicurezza e dell'interesse nazionale. Inoltre relativamente ai fatti internazionali contingenti il Comitato oltre alle interlocuzioni di prassi conferma il rapporto continuativo con gli attori istituzionali che seguono in modo costante gli sviluppi. Rispetto a ciò il Comitato nei prossimi giorni individuerà con gli organi interessati uno specifico momento diretto di relazione e di sintesi sugli aspetti inerenti la sicurezza nazionale. Read the full article
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purpleavenuecupcake · 4 years
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Recovery Fund - l’Italia riparte ma occhio alla Sicurezza Nazionale
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Dopo l’accordo sul Recovery Fund ed il Bilancio Ue 2021-2027 annunciato all’alba dal premier Giuseppe Conte, è importante che ora l’Italia presenti un Piano Nazionale convincente che, come ha dichiarato lo stesso Conte, faccia “ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese”. Fondamentale sarà quindi il controllo degli investimenti che oltre a portare i tanti attesi benefici al nostro Paese, non minino la Sicurezza Nazionale. A questo proposito spunti interessanti si ritrovano nell’articolo pubblicato su “leurispes.it” dal Generale Pasquale Preziosa, Presidente dell’Osservatorio permanente sulla Sicurezza che, in collaborazione con il Prof. Avv. Roberto De Vita e il Dott. Giovanni Russo, che oltre a definire il concetto di sicurezza nazionale indica i rischi da valutare per salvaguardare la sicurezza del nostro Paese. (di Pasquale Preziosa, Roberto De Vita, Giovanni Russo) Gli investimenti per infrastrutture strategiche realizzate con fondi stranieri o sostenuti da Istituzioni o banche di altri paesi devono sempre essere valutati con attenzione, attraverso una lettura trasversale in termini di geopolitica e di geodiritto. La gestione del rischio per gli investimenti stranieri impiegati nelle infrastrutture strategiche deve essere ancorata alla sicurezza nazionale del paese che di questi investimenti usufruisce. #Eurispes #GiovanniRusso #PasqualePreziosa #recoveryfund #RobertoDeVita #sicurezzanazionale Read the full article
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