Tumgik
#sii forte nella tua fragilità
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Mia mamma in questa foto aveva compiuto da poco 18 anni. Stava per finire il liceo classico, erano arrivati in otto alla fine, due ragazze e sei ragazzi. Gli altri erano tutti figli di medici, professori e avvocati, lei era l’unica ad essere figlia di un elettricista e di una casalinga.
I miei nonni avevano la quinta elementare e lei per andare a scuola tutte le mattine si svegliava alle cinque perché doveva prendere il pullman degli uomini che andavano al lavoro. Arrivata all’ultimo anno scolastico il suo nonno paterno le disse che era arrivato il momento di trovare lavoro, cercavano una segretaria, un posto fisso ben remunerato e di prestigio per una brava ragazza.
Mia mamma era davvero brava a scuola e le dispiaceva smettere di studiare, ma non se lo poteva permettere, non c’erano abbastanza soldi.
Allora una sera il suo papà, il mio amato nonno Lidio, la prese in disparte e le disse: “questi soldi sono stati messi da parte per il tuo corredo, prendili e iscriviti all’università. A comprarti le lenzuola farai sempre in tempo”.
Era il 1960, mio nonno non aveva nemmeno la terza media, era orfano di mamma, eppure è sempre stato avanti anni luce. Dopotutto lui aveva avuto due figlie femmine e a chi gli diceva “poverino che sfortuna non hai avuto il maschio” lui rispondeva sempre che le sue figlie erano state quanto di più bello la vita potesse offrigli.
Mia mamma si è laureata in cinque anni, studiando la mattina e dando ripetizioni il pomeriggio per mantenersi. È diventata professoressa e da quando è in pensione scrive libri e corregge tesi. E tutto per merito di un padre operaio rivoluzionario che nel 1960 preferì investire in cultura piuttosto che in biancheria per la casa.
Mio nonno era un supereroe.
- Irene Vella
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strawberry8fields · 4 years
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“Forse se il nostro lettore, Giacomo, stanotte spegnesse tutte le luci e guardasse il cielo in silenzio, saprebbe che la bellezza e la gratitudine ci salvano dallo smarrimento dovuto alla nostra carenza di destino e destinazione.
Forse se in quel buio luminoso avesse accanto o nel cuore qualcuno, ne scorgerebbe meglio la seducente fragilità, un infinito ferito che chiede cura e riparazione, e capirebbe di essere “poeta”, cioè chiamato a fare qualcosa di bello al mondo, costi quel che costi.
Forse allora saprebbe che solo uno è il metodo della faticosa ed entusiasmante arte di dare compimento a se stessi e alle cose fragili, per salvarle dalla morte: l’amore.
Questo è il segreto per rinascere.
Questa è l’arte di essere fragili.”
L’arte di essere fragili, Alessandro D’Avenia
Sgretolarsi
Lo sfondo nero. Il buio che avanza. La forza bruta del dolore.Una lotta interminabile. La sensazione di giacere sul fondo. La disgregazione del corpo. La frantumazione del cuore. L’io decomposto. Il dissolversi. La raccolta dei pezzi. I minutissimi frammenti da ricomporre.
- «È rischioso cedere spazio alle tenebre, è troppo pericoloso farle avanzare.»  
Sono nella mia fredda stanza. È completamente buio. Le mie pareti sono annerite e le mie finestre sono chiuse. Mi guardo intorno, scuoto la testa, una nuova occhiata verso il vuoto, sbuffo, scrollo la testa di nuovo: il mio sguardo è vasto e penetrante. Mi sento piccola come una bambina spaventata dall'uomo nero. Le immagini tornano nella memoria con le stesse sfumature cromatiche, sono tratteggiate dai colori scuri ma è il nero a predominare. I pensieri camminano nella mia mente liberi e rapidi. Passeggiano su e giù indisturbati. Non si uniformano al comune sentire e io non riesco a padroneggiarli. Vagano per luoghi selvaggi e aridi deserti in un vortice. Si ripresentano, martellandomi con il loro ritornello fastidioso. Non riesco a trascurarli ma mi rimangono intrappolati dentro, sigillati nel silenzio. Sono intessuti di parole che non trovano espressione. Così mi ritrovo a tacere, a inghiottire come sempre il dolore. Il tempo dei pensieri regola le mie notti e rovescia brutalmente il mio sentire. Di notte, il mondo che mi circonda mi sembra irreale e lontano e la mia vita sospesa e nebulosa. Sono chiusa e isolata nel recinto della cupa realtà, in trappola. L’oscurità si fa sempre più profonda e diventa sempre più difficile uscirne. Ogni volta che si ripresenta, vacillo. Sono un giocattolo, una preda della forza titanica con cui il dolore si abbatte su di me nelle sue ondulazioni. Il nero affiora sempre più dallo sfondo quasi sotto l’impulso di una irrefrenabile coazione a ripetere: è una cortina spessa, un nero che mi incute paura, un nero che stordisce, è un nero che mi paralizza, un nero che è fonte di struggimento. È un accoppiamento mostruoso quello dell’oscurità della notte con il riaffiorare del dolore che mi sequestra implacabilmente.
- «Respira profondamente, chiudi gli occhi, scivola calma sotto le coperte e prova a spegnere la mente», mi suggerisce.
«La coperta è troppo corta. Le paure mi abitano e trovano spazio qui», sussurro.
- «Devi coprirti di sicurezza», dice in tono baritonale.
Ultimamente, dormo poco e male. La notte è beffarda, le ore scorrono lente, ogni mio respiro è triste. Mi sveglio con un balzo dopo poche ore, mi agito, tento di ignorare il rimbombo dei battiti del mio cuore, mi rigiro sotto le coperte: gli incubi squarciano la mia quiete. Tremo per la paura e per il freddo che si impadroniscono di me. Provo a dormire rannicchiata in un angolo per sentirmi più al sicuro da sola, mi avvolgo nel piumone ma non riesco a chiudere occhio, non riesco a dormire quasi per nulla. Sono una lottatrice indomita. Provo a sfoderare tutta la mia forza per far fronte alla prova ma, puntualmente, tutti i miei tentativi di resistenza scivolano nell'inconcludenza e io mi ritrovo stremata. Mi risveglio e mi sento costantemente in trappola; ogni volta che riesco a rilassarmi, c’è qualcosa che mi sveglia di nuovo, mi fa sobbalzare e mi porta a guardare ogni ombra con gli occhi sbarrati. Resto a fissare il buio perplessa con gli occhi spalancati, una morsa allo stomaco e il cuore in gola. Poi, balzo in piedi. Deglutisco nervosa. Sembra che stia riuscendo a sconfiggermi, mi tiene in pugno.
- «Cerca un rifugio sicuro contro il dolore che ti atterrisce. Sii forte, contieni l’urto, non perdere il controllo del tuo mondo.»
«Non ho un valido rifugio dove rintanarmi, non c’è un’oasi di senso in questo vuoto deserto. Sono spenta e rotta. Sono precipitata in una solitudine dolorosa», rispondo.  
- «Devi abitare la luce ma anche le ombre. Ascolta l’inquietudine del tuo cuore ma non lasciarti dominare dalla paura, non dare il comando al dolore.Supera gli snodi dolorosi senza perderti nel buio. Poi, penserai a come riparare le ferite e ricomporre i frammenti.»
Il giorno ha, invece, su di me un effetto rassicurante: è una copertura liberatoria, un’evasione dal dolore raggelante perché porta con sé la promessa di un cambiamento e la speranza. Mi concede il tempo di ricomporre disordinatamente i frammenti e indossarli, la cortina diventa leggera e facile da attraversare e io sembro uscire magicamente da un incubo, liberandomi dalla paura che mi teneva prigioniera fino a poco prima. Ritrovo il mio istinto di sopravvivenza e sospiro per il sollievo che la luce porta con sé.
“Come fare a sperare ancora e ancora quando restano solo le macerie di tutto ciò che avevo immaginato?”
- «Sei andata in pezzi ma, nonostante le crepe, puoi riacquistare la tua solidità.»
Cerco sempre di non attirare l’attenzione su di me ma non posso andare avanti così. Questo pensiero incendia i miei occhi inquieti. Non so davvero cosa mi prende ma, negli ultimi giorni, mi sento più irrequieta di prima. Ho paura di perdere definitivamente il controllo sul dolore che mi opprime e mi stanca. Giro la testa e divento silenziosa.
- «So che sei frustrata dal caos delle forze contrastanti che cercano di tenerti separata. Non cedere al panico. Anche se adesso non rimangono che pezzi sparsi di te, ti ricomporrai. Dietro la tua fragilità, si nasconde una grande forza.»
Sono figlia di un’erosione, di una frattura, di una frana distruttrice che mi ha investito in pieno e non mi ha lasciato scampo. Il dolore mi ha sgretolata, infiltrandosi dentro me, logorandomi dall'interno.
- «Ricorda a te stessa le volte che ti sei rialzata. Puoi farlo ancora.»
«Sono estremamente fragile e tentennante nel mio dolore.»
“L'arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti.”
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3 giorni fa
Se avessi deciso, completamente cosciente, di riconoscere che le cose erano le stesse nonostante io non riuscissi a vederle, io e te ci parleremmo ancora. Se fossi riuscita a esprimermi, per dirti cosa mi capita, e se avessi potuto decidere consapevolmente di non farti affogare, io e te ci parleremmo ancora. Se avessi saputo, in quel momento, quel che mi volevi dare, io e te ci parleremmo ancora. Se avessi saputo che avrei potuto semplicemente parlarti, saremmo ancora l’uno nella vita dell’altra. La depressione è anche questo che ti rende: una bambina. Una bambina che non sa di ferire, che non sa cosa sia la dignità e non ci pensa, che ha solo bisogno di rassicurazioni perché non sa ancora camminare. Che quando ti tira un gioco sul naso, non si rende conto che potrebbe farti male, ma che poi viene da te e ti abbraccia, con gli occhi pieni zeppi di dispiacere, dicendoti che ti vuole bene. E ti vuole bene veramente.
Capisco profondamente che tu ti sia sentito venir meno nella tua dignità e ferito, e capisco anche che tu non abbia potuto sostenere anche me; non spettava nemmeno a te, del resto. Non ci sei, e io accetto la tua decisione. Mi stai insegnando l’importanza del consenso, dell’accettare quello di cui hanno bisogno le persone a cui vuoi bene, che ti renda felice o meno, anche facendosi da parte, nonostante faccia un male lancinante. Rimpiango solo di non averti spiegato sufficientemente quel che avevo dentro, e quale uragano e sensazione di catastrofe mi abitasse. Ma la depressione fa questo: non ti permette di spiegarti, perché tu non ci sei.
Però sono io che rispondo anche per questo uragano che ho dentro, per questa brutta cosa che mi annienta ogni giorno; non ti ho rispettato, e mi scuserò sempre di questo: anche tu hai le tue esigenze, fragilità, necessità, priorità. Un cuore, una testa. Anche tu sei una persona, una persona bellissima, con tutto ciò che comporta. Posso solo dire che se fossi rimasto avrei fatto tutto ciò che era in mio potere per preservarti dal fiume in piena che avevo dentro, in cui non mi ero resa conto di essere caduta di nuovo, in pieno, profondamente, dopo anni. Me lo sarei scritta sulle braccia, se fosse stato necessario. Avrei nascosto il telefono i giorni in cui non distinguevo più cosa fosse la realtà. Avrei trovato una soluzione; non pensavo che te ne saresti andato, perché ti vedevo come un eroe, scordandomi che sei una persona anche tu, come me. Pensavo solo fossi in grado di portare quel peso sulle spalle, e pensavo bastassi, come avevi detto, anche quando non ero completamente presente. Ma non era così. Avrei fatto il possibile per avere cura di te come spero di aver fatto per il tempo in cui eri nella mia vita. Darei qualsiasi cosa, for another chance. Ma non è possibile, dovevo capirlo prima, dovevo avere cura di te prima. E ho dovuto impararlo tramite una perdita, e la tua costante mancanza, che mi fa tremare dentro.
Un confronto, comunque, un parlarci a voce o vederci, non ti avrebbe impedito di dirmi lo stesso che non mi volevi nella tua vita, e a me di farmi da parte, ma va bene così, se avevi bisogno di questo. L’importante è che tu possa essere felice, a lungo termine.
Hai detto che non hai nulla di cui ringraziarmi: io invece sì. Perciò ti ringrazio, di tutto. Delle belle parole, di quelle brutte, dei confronti, degli abbracci, della complicità pressoché infinita, del tuo modo di esprimerti come me con le parentesi quando un pensiero esula dalla discussione principale, delle scritte in corsivo, dei soprannomi, delle discussioni in inglese, dei riferimenti a HIMYM, delle confidenze, delle risate, di infinite altre cose, ma soprattutto di essermi stato accanto finché hai potuto (non ti ringrazierò mai abbastanza per questo), e di aver permesso a me di farlo. Ti sento sempre dentro, e ti vorrò sempre bene.
Tu hai venticinque anni e sei quel che sei: io ne ho 21, e ancora non sono assolutamente nulla, ma non c’è niente di male in questo, e ci sto lavorando. Per quanto imperfetta possa essere, sono il meglio che posso essere ora anche io. Ti abbraccio forte. Mi manchi ora, e mi mancherai sempre. Sii felice; non smettere mai di sorridere.
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Ho bisogno ancora una volta di scrivere a me stessa parole che forse un domani avrò gettato nell’oblio, ma so che alla me che sono oggi strapperanno un gran peso dal cuore.
Ho bisogno di dire a colei che sarò di essere forte, di resistere nonostante tutto lo schifo che c’è intorno. Dovrei semplicemente gridarlo a me stessa. Se solo potessi dirlo alla bambina che sono stata, rassicurarla che si va avanti, sempre, nonostante il mondo sembri caderci addosso. Continuare a ripeterlo alla ragazza che sono oggi, così da alzarmi ogni giorno con un’energia sempre rinnovata. E poi c’è lei, la donna che sarò che ha bisogno che qualcuno le dica che lei esiste, che conta e che quando il suo momento arriverà, sarà dalla cima del suo successo interpersonale che osserverà un mondo fatto d’ingiustizie e ipocrisie, ma anche un mondo che in fondo sa dare tanto ed emozionare ancora di più.
Scrivo ancora una volta a me stessa perché nessuno potrebbe capirmi e conoscermi più di quanto non faccia io. Solo io conservo il vivo ricordo di notti insonni trascorse ad affondare singhiozzi silenziosi e lacrime amare sul cuscino perché a sopprimere ogni emozione, si finisce che tutto riemerge all’improvviso nel modo più crudele. Perché la paura di non essere ha il sopravvento e nessuno riesce a capirlo. Dunque ci nascondiamo, nel buio della notte, a combattere da soli i demoni che ci tormentano. Voglio dirle di tenere duro perché oggi fa male, probabilmente anche domani, ma arriverà un giorno in cui quel dolore andrà a scemare e non sarà più come sentirsi anestetizzati dalla vita, non sarà apatia, sarà semplicemente la leggerezza di chi ha trovato la forza e il modo di lasciarsi il malessere alle spalle e di andare avanti, in un modo che probabilmente non aveva neanche creduto possibile, imparando a vivere una vita inaspettata. Quegli occhi lucidi affacciati alla finestra attraverso cui osservano il mondo evolversi e procedere incurante della sua presenza, hanno sopportato abbastanza dolore; è il momento di risplendere e anche se ancora tutto sembra offuscato e niente è nitido, arriverà il momento in cui non ci saranno più lacrime ma solo la chiarezza di un’ampia vista pronta a conoscere il mondo nei suoi aspetti più reconditi. Perché, cara Des, devi sapere che quel mondo ti sta aspettando con pazienza e perseveranza e per quanto a volte possa sembrarti un luogo impervio, pieno di pericoli e di sofferenze, di ipocrisie e di cattiveria, sappi che c’è molto più di quel che immagini; una meraviglia incontaminata che solo pochi cuori colmi di purezza riescono a intravedere oltre il muro dell’odio. Ti senti sola perché sei un’anima come ce ne sono poche, di quelle talmente sensibili che delle volte per proteggersi hanno bisogno di erigere una corazza e smettere di provare ogni sorta di sensazione, altrimenti farebbe troppo male. Sei diversa, di quelle diversità che ti riempiono il cuore e ti regalano emozioni inaspettate. Sei unica nel tuo modo di osservare la realtà, andando oltre le apparenze e senza mai giudicare gli altri. Prima osservi e ascolti, poi opini. Stai nel tuo, in silenzio, ad ascoltare le persone e le loro vicissitudini anche quando dentro c’è tutto un tuo mondo che vorrebbe esplodere, ma non lo fa, rimanendo acquattato in uno spazio troppo angusto. Ti batti per ciò che è giusto e soprattutto lotti da sempre per ciò che desideri, temendo il fallimento come se potessi davvero fermarti. Quando mai l’ha fatto? Sei un misto di forze e debolezza che insieme danno vita al magnifico compendio di sentimenti che ti caratterizzano. Hai la forza di rialzarti e combattere ancora, nonostante la sconfitta, senza arrenderti, perché se hai un sogno lo porti avanti finché ne hai le forze. Hai la forza di accettare l’errore e migliorare, comprendere con intelligenza che non sempre le cose vanno come le vogliamo e accettare ciò che la vita ci offre, traendo il meglio da dolori ed esperienze negative. Sei capace di riscoprire un sogno dalle ceneri di ciò che credevi perduto ed è lì che risplende la tua luce, quell’anima guerriera, capace di affrontare ogni male, ogni dolore.
Eppure sei debole, sei fragile quando contieni le lacrime anche se vorresti poterti lasciare andare, perché non vuoi che nessuno ti colga in un momento così intimo, puro. Ingoi il groppone e attendi che la solitudine ti avvolga per lasciarti andare a quel pianto liberatorio che butta via ogni forma di sofferenza e agonia. Sei fragile quando scegli di non aprirti a chiunque per la paura che covi di essere ferita, che qualcuno ti spezzi il cuore. Sei come un cristallo sull’orlo di un precipizio, sul punto di cadere nel vuoto e sgretolarsi in mille pezzi. Non ti fidi delle persone, esseri cattivi per natura, la cui bellezza è caratterizzata proprio dalle eccezioni ricolme di luce. Non ti concedi facilmente, conscia della perla rara che sei e della preziosità di cui sei infusa. Eppure dai così tanto alle persone che ami, quelle poche vere anime pure che sanno chi sei e ti amano nonostante quella fredda e dura corazza esterna che frenerebbe chiunque dal volerti bene.
Dentro conservi la pienezza della vita, quella che sei riuscita a vivere fino ad ora solo a metà, nella folle attesa che arrivi il momento giusto di lasciarsi andare alla sua totalità.
Conservi l’amore dentro di te nell’angolo più recondito, come a volerlo proteggere dalle intemperie e dalle meschinità di un mondo che a tratti sembra disconoscere questo sentimento così forte e magico. Hai paura di tirarlo fuori perché qualcuno potrebbe infrangerlo, contaminarlo mentre tu vorresti solo preservarne la purezza e dunque attendi, attendi che arrivi il momento, quello in cui sentirsi pronta e tirarlo fuori così da poterne assaporare tutta l’epicità.
Sei il ghiaccio e il fuoco, bruciante di passioni che la paura congela all’esterno, così che alcun indegno possa avvicinarsi. Se solo riuscissi ad abbattere quel muro che ti circonda e a lasciarti andare un po’ di più, forse ti accorgeresti che non esiste solo il male, in fondo ne sei cosciente.
So che hai paura. Hai paura di vivere. Hai paura di gettarti nel vuoto e schiantarti violentemente tanto da rimanerne immobilizzata. Hai paura di perdere il controllo e divenire tutto ciò che non hai mai voluto. Hai paura di amare qualcuno che voglia solo farti del male. Hai paura di non vivere, rimanere rinchiusa oltre quel muro, affacciata alla tua piccola finestra. Hai paura di quella solitudine che ormai non ti avvolge, ti abbraccia. Hai paura di non essere all’altezza della felicità. Sai cosa? È normale.
Non saremmo ciò che siamo se non fossimo atterrati da queste paure, perché sono esse a farci sentire vivi, pieni di sentimento, di vita.
È per questo che ti scrivo, per dirti di alzarti domattina e di sorridere con vitalità. Affronta la giornata con la stessa grinta con cui affronti ogni esame, insegui la vita con la stessa passione con cui insegui i tuoi sogni e nulla potrà andare storto. Voglio che tu sappia che non sarà mai facile, altro non siamo se non un infinito slancio nel tentativo di afferrare la vita, puoi farcela.
Alcuni giorni faranno tremendamente male, altri un po’ meno, ma ci saranno anche giorni in cui riuscirai a sorridere, devi solo volerlo, devi solo provarci. Domani immergiti nella folla, parla con la gente, sorridi loro, abbandonati a un abbraccio amichevole e lascia che il mondo si arricchisca della perla quale il tuo cuore. Fa paura, ad alcuni più che ad altri, ma mentre tremi nella tua fragilità, la tua forza si rinvigorisce e a ogni lacrima versata sei più forte, incapace di arrenderti. Prendi la tua vita tra le mani e stringila forte.
Fallo per la Donna che un giorno sarai e per tutte quelle donne per le quali un domani vorrai provare a essere un esempio di speranza. Affronta la paura e realizzati, solo così potrai dimostrare a chi non ha mai creduto in te, che sei molto più di quella timida ragazza dagli occhi malinconici.
Non c’è felicità senza prima aver assaporato una buona dose di sofferenza e tu, mia cara Des, hai tutte le carte in regola per essere felice. Lo vedo in quegli occhi infuocati dalla passione e dalla voglia di essere, di vivere.
Sii forte come lo è stata la bambina di un tempo e sii la Donna di cui un giorno andrai fiera.
/faithandfuture
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Sii forte nella tua fragilità
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Vieni, ti presto le mie scarpe,
per farti immergere un po'
nelle stesse acque in cui mi sono trovata.
Vieni, ti presto le mie scarpe,
in modo che tu percorra il sentiero della mia vita
e forse tu possa capire.
Vieni, ti presto le mie scarpe,
vivi ciò che ho vissuto,
e dimmi se ti dà ancora fastidio il mio cammino.
Vieni, mettiti le mie scarpe,
sentiti come mi sono sentita,
e poi dimmi se hai ancora voglia di giudicare.
Conosci solo una parte della storia
e giudichi solo quello che vedi
Vuoi sapere tutta la situazione?
Vieni, mettiti le mie scarpe.
percorri il mio cammino
e poi dimmi se ti fanno male i piedi.
dal web
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