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#sparando
mimmosgorge · 6 months
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le shipper pazze di twitter un giorno mi spiegheranno perché sono così incazzate se tanto, come hanno detto loro, alla fine stanno seguendo l’og e i simuel finiscono insieme nella s3
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deathshallbenomore · 2 years
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ragazza aiuto ho visto la ripartizione dei voti nel mio paesello su eligendo e direi che se a ottobre i miei compaesani non organizzano il centenario della marcia su roma è già un successo
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lonelyneuronaboard · 2 years
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L'algoritmo che ha deciso che Jodie è una gnocca a tutto tondo:
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gregor-samsung · 1 month
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" Un pensiero o idea di trasferimento [del popolo palestinese risale] ai primi tempi del movimento sionista, come mostrerebbe un'annotazione del diario di Theodor Herzl: «Dobbiamo espropriare con delicatezza. […] Cercheremo di indurre la popolazione in miseria ad attraversare il confine procurandole un'occupazione nei paesi di transito; negandogliela, però, nel nostro. […] Il processo di espropriazione e di sgombero dei poveri deve avvenire con discrezione e circospezione.»¹ A distanza di quarant'anni, Ben-Gurion ribadiva il concetto: «Il trasferimento di popolazione è già avvenuto nella valle di Jezreel, nella piana del Sharon e in altri luoghi. Siete a conoscenza del lavoro del Fondo nazionale ebraico in proposito. Ora occorre realizzare un trasferimento di ben altre dimensioni.»² Durante la guerra del 1948, Ben-Gurion mise in pratica le sue raccomandazioni. In una campagna nota come "Operazione Hiram" fu realizzato un trasferimento indiscriminato di popolazione dalla Galilea. Durante questa campagna, ha scritto Morris, le forze armate sioniste eseguirono "un numero insolitamente elevato di esecuzioni di popolazione civile contro muri o nei pressi di un pozzo con notevole metodicità". Molto scrupolosamente, Morris cita ventiquattro episodi di terrorismo o di massacro, di cui i più efferati ebbero luogo a Saliha (78 uccisi), Lod (250), Dawayima (centinaia) e, ovviamente, nel già citato villaggio di Deir Yassin. Alcuni di questi massacri furono probabilmente perpetrati per ragioni tattiche: a Dawayima, nei pressi di Hebron, per esempio, "una colonna entrò nel villaggio sparando all'impazzata e uccise qualsiasi cosa si muovesse". Altri massacri rispondevano, invece, all'intento strategico di terrorizzare la popolazione affinché fuggisse. Questi massacri non furono certo tenuti nascosti dalla popolazione palestinese. Dopotutto, come ebbe a dire una volta Lenin, l'intento del terrorismo è terrorizzare. (Morris, ricordiamo per inciso, ha giustificato i sionisti richiamandosi alla logica del ben noto aforisma di Lenin: "Per fare la frittata occorre rompere le uova").
Secondo un testimone oculare di Deir Yassin: «Deir Yassin era un villaggio che fu attaccato dagli israeliani, o dai sionisti, il 9 aprile 1948. […] Incontrerà delle persone che le diranno: "Questo è quello che successe a Deir Yassin", perché loro erano là. Ho incontrato una donna che mi ha detto che le portarono suo figlio e le dissero di prenderlo in grembo e poi lo uccisero. Usavano coltelli, baionette. Un macello; non un combattimento. Non c'era nessuno da combattere. Erano prevalentemente donne e bambini. Molte, moltissime persone furono massacrate in quel villaggio. Questo massacro terrorizzò l'intera Palestina. Tutti parlavano del massacro di Deir Yassin.» Complessivamente, furono cancellati oltre cinquecento villaggi palestinesi. La maggior parte dei palestinesi che fuggì fini in Cisgiordania, nella striscia di Gaza, nei paesi arabi limitrofi. Quelli con un certo grado di istruzione, con specializzazioni o disponibilità economica cercarono di rifarsi una vita meglio che poterono, talvolta in luoghi lontani come il Golfo persico, l'Europa, le Americhe. Quelli che non furono altrettanto fortunati finirono nei campi profughi, organizzati, inizialmente, dallo United Nations Releif for Palestine (Unrp). "
¹ B. MORRIS, Revisiting the Palestinian Exodus of 1948, in E. L. ROGAN e A. SHLAIM (a cura di), The War of Palestine, Rewriting the History of 1948, Cambridge University Press, Cambridge, 2001, p. 41 [trad. it. La guerra per la Palestina: riscrivere la storia del 1948, Il Ponte, Bologna, 2004]. ² Ibidem, p. 43.
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James L. Gelvin, Il conflitto israelo-palestinese. Cent'anni di guerra, traduzione di Piero Arlorio, Einaudi (collana Piccola Biblioteca Einaudi n° 357), 2007¹; pp. 179-181.
[Edizione originale: The Israel-Palestine Conflict, Cambridge University Press, 2005]
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viendiletto · 5 months
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Storia di Libera e di suo padre
Nella memoria della gente della valle di Cepic è rimasta la figura di Libera Sestan, una giovane donna di Novako, un paese del comune di Pisino. Era nata nel 1919 e all’epoca aveva 24 anni. Libera era bellissima e, raccontano, aveva un animo dolce e sensibile. La sua era una famiglia benestante che certo suscitava l’invidia di molti. Si era sposata con un ufficiale dei carabinieri e aveva due figlie piccole. Era solita recarsi molto spesso a Pisino, per fare compere o concludere qualche affare, abitudine che gli abitanti delle campagne attorno alla cittadina hanno mantenuto anche oggi. Questo però fu sufficiente e pretesto a un suo parente, Veljko Sestan, partigiano, per dichiararla spia e nemica del popolo. Andò a prelevarla a casa, con un manipolo di suoi collaboratori, trascinando via con lei anche il padre. Dicono che li pregasse in ginocchio di permetterle di rivedere per un’ultima volta le sue piccine, ma le fu negato. Prima di gettarla viva, insieme al padre, nella foiba di Chersano, la malmenarono e le bruciarono i capelli. Il delitto non restò impunito. Un altro suo cugino, Ervin Sestan, che le era molto affezionato, impazzì quasi dal dolore. Subito dopo quei fatti, si unì per vendetta e per disperazione all’esercito tedesco. Dopo qualche tempo arrivò insieme ai tedeschi a prendere Veljko in casa. Veljko appena li vide tentò di scappare scavalcando la finestra sul retro e correndo via per i campi, ma Ervin sparando con una pistola dalla finestra riuscì a colpirlo alla testa e ad ucciderlo.
Da “La Voce del Popolo”, 26 luglio 1990, a firma di “lama” (Laura Marchig, fiumana)
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fatalquiiete · 7 months
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Vorrei chiarire che io no, non ci sto col gioiellere:
1) armato di pistola ILLEGALMENTE detenuta 2) Insegue i ladri fuori dalla gioielleria sparando per strada col rischio di ferire qualcuno a causa di proiettili vaganti 3) Spara 5 colpi ai ladri in auto a distanza ravvicinata, non ti stai difendendo se spari a gente che scappa 4) Prende a calci un ladro a terra, ferito. 5) Gli spara di nuovo alla testa ma vivaddio la pistola è scarica.
Loro saranno deliquenti, certamente, ma lui è un criminale, e 17 anni mi pare una sentenza più che adeguata, con la giustizia italiana ne farà forse la metà. Poi possiamo discutere sul fatto che "quelli li non rapineranno più nessuno" come ho letto in giro, ma a me gli sceriffi autoeletti tali non sono mai piaciuti.
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der-papero · 6 days
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Voi italiani siete incivili, fate solo rumore e chiasso dovunque siete!
Per un gol di merda al 22' in una merdosissima partita di qualificazione, manco le eliminatorie, stanno sparando fuochi da 5 minuti.
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filorunsultra · 23 days
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Questione di scelte
Avevo deciso che con URMA ero a posto così, almeno come corridore, così appena mi è arrivato l'invito avevo rifiutato. Poi, l'altro giorno sono salito in Marzola per balisare un pezzo del percorso, in compagnia della Leti, di Ale Dellai e del Pass, e mi è venuta un po' di voglia. Diciamo che l'idea è stata del Pass. In realtà in quel momento non mi ricordavo esattamente perché avessi deciso che non l'avrei più corsa, in ogni caso si trattava soltanto di una delle mie ragioni di principio, che spesso lasciano il tempo che trovano. Così il giorno prima della gara ho cambiato idea, spinto anche un po' dai ragazzi, Vezza e Mirel, e anche se non avevo niente con cui correrla, né cibo né una cintura in cui metterlo.
“Che te frega, mona!"
Ripetendomi queste parole, il giorno dopo ho preso la borraccia, ci ho svuotato dentro un po' delle malte del Pass, mi sono messo una t-shirt e sono partito. Negli anni ho capito che correre URMA al gancio non ha molto senso, così avevo dato per scontato di correrla chiacchierando insieme a qualcuno. Sono partito come se stessi andando a correre un classico Biography Loop col TRC, lasciando gli altri andare avanti a spingere. Ho fatto i primi chilometri sparando stronzate col Metti, Jaco Bozzoli, Winner e qualcun altro che in questo momento non ricordo. Poi ho ripreso Luchino e il Pass e ho scambiato qualche parola con loro. Dopo ho preso l'Enrico Scanavin e un tipo di Milano. Poi Roby, poi il Loren. Ho fatto il primo loop correndo facile e chiacchierando con gli altri, poi, senza fare attivamente nulla, mi sono trovato da solo. Talvolta bastano due curve. A quel punto non avevo voglia di fermarmi ad aspettare e avevo dato per scontato che prima o poi qualcuno mi avrebbe ripreso, così ho fatto la salita al mio passo, senza spingere, se non l'ultimo tratto dal Doss dei Corvi a Cima Mirel, dove o corri o ti areni. Poco prima del ristoro di Cima Mirel ho incrociato Jacopino, Rigo e Rino che tornavano indietro, circa cinque minuti davanti a me. Li ho presi un po' per il culo perché mi aspettavo che fossero molto più avanti. Arrivato al ristoro mi sono infilato uno Snickers nel taschino della borraccia, ho mangiato un paio di fette di anguria e mi sono girato per tornare indietro. In discesa ho beccato tutti gli altri che salivano e ho pensato che è una delle cose più belle di URMA. Più ci ripenso e più mi viene da sorridere. Ero davvero contento. Era una bella giornata. Qualcuno deve avermi urlato che avevo Rino, Rigo e Jacopo poco avanti, ma non ho pensato neanche per un momento di provare a prenderli. Mi stavo divertendo e non era quello il giorno o il luogo per fare gara, ammesso che ci fossi riuscito. Al rifugio ho superato Rino, che nel frattempo era stato male, e sono arrivato alla fine dell'out&back senza troppe paranoie.
Il Biography inizia in discesa e la mazzata arriva solo dopo il forte Brusafèr. Pur non avendo corso troppo forte i primi 45 chilometri, sull'ultima salita mi sono piantato e salendo al rifugio ho iniziato a perdere la vista. Ogni volta che usciva il sole mi spaccavo gli occhi e mi girava la testa. Ho iniziato a sentire il fiato di Enrico dietro di me e mi sono arreso all'idea che di lì a poco mi avrebbe superato (non sarebbe successo: pur essendo poco dietro di me, in quel momento stava affrontando i miei stessi demoni).
Quest'anno i ragazzi avevano deciso di tracciare il percorso del Loop della prima edizione, che in realtà nessuno corre mai preferendo invece una variante un po' più logica e leggermente più corta. Salendo al rifugio, in quel luogo oscuro in cui mi trovavo, ho avuto una grande tentazione di tagliare strada, dichiarando i miei peccati all'arrivo e facendomi squalificare: ero talmente lesso che non mi sarebbe importato più di tanto. Poi, arrivato al bivio, mi sono sentito stupido e ho tirato dritto sul percorso giusto.
Al rifugio Maranza ho attraversato il prato e ho iniziato la discesa. In quel momento ho iniziato a pensare a tutti i momenti passati su quella strada: la prima volta a URMA cinque anni fa; la volta in cui, proprio lì, incontrai Noah per la prima volta; il giorno in cui mio nonno morì; quando registrai il miglior tempo del Biography Loop; e poi con Dakota Jones e Martina; e con Paco naturalmente, innumerevoli volte; e soprattutto quella sera, con Nic, Fabio, il Luchino e tutti gli altri. E le volte col sole, con la pioggia e con la neve.
"Fanculo, questo è il Biography Loop, non sarà qua che mi farò superare". Volevo tornare a correre bene, volevo onorare quella corsa improvvisata il giorno prima, e la gara che ha cambiato il mio rapporto con questo sport, e in qualche modo anche la mia vita. Prima ho incontrato Maria, poi Elena e Piergiorgio, li ho salutati e mi è scesa una lacrima, forse più di una. Non era il vento negli occhi. Sono arrivato alla sbarra del loop e nel frattempo ero rinato, la crisi era passata ed era giusto averla vissuta. In fondo, era a quello che serve quel loop, per rivivere la tua vita e rivederla più e più volte, scavando nel profondo. Era andato tutto bene e avevo sofferto solo lì, esattamente dovrei avrei dovuto. Non sarebbe dovuta andare diversamente da così. Sono arrivato al prato e ho girato verso il boschetto magico. Sotto il corridoio di piante che porta al boschetto ho imboccato il ponticello e poi ho visto la bandiera alla fine di quel tunnel verde. Poi si è alzato un boato e ho smesso di correre. Mi sono commosso. È andata come doveva andare, e sono stato dove dovevo essere. Per questo proverò sempre forte gratitudine.
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weirdraccoon · 3 months
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Another idea if you're interested 💕.
Praticamente il seguito di un'idea già realizzata.
MC e Sebastian hanno un appuntamento romantico (o un intoppo di lavoro come preferisci) e chiedono a Eleazar di fare da babysitter alla piccola Miriam per qualche ora e proprio in quel momento Miriam decide di sviluppare una magia accidentale (sparando fuoco dalla sua bocca ecc.)
ohmygodohmygodyeeees!!! (i haven't forgotten about the last one, just these days I'm not feeling up for anything but this one yeeees!!!"
I hope google translate didn't muck it up cause I don't know Italian xd
Practically the sequel to an idea already realized.
MC and Sebastian have a romantic date (or a business snag as you prefer) and ask Eleazar to babysit little Miriam for a few hours and just then Miriam decides to develop accidental magic (shooting fire from her mouth etc. )
will also add a silly drawing later. this gave me "jack jack attack" vibes
Fig waved goodbye from his doorstep, also grabbing little Miriam's hand to wave goodbye to her parents. The young couple had the privilege to be invited to a gala celebrating something or other at the Ministry, or like Sebastian liked to explain it "to suffer through a night of schmoozing and networking".
Well, if EmSea wanted to become Minister she had to schmooze and network as much as possible. And Ominis would be there to help them. Fig wasn't too worried about his girl's ambitions.
"How about we have some dinner and then we listen to music while we do our homework?"
Miriam was only five years old, way too young to go to Hogwarts, but with parents like hers, she had been introduced to magical and muggle culture and history from the moment she was born. Sebastian, mainly, loved to read to her and he taught her how to read in record time. EmSea, on her part, liked to stroll in muggle London, taking her daughter with her so she could understand muggles were as human as wizarkin. So far, it seemed like the little girl loved all the muggle items she saw in her walks, but also all the old traditions wizards practice.
And she was already showing signs of powerful magic.
Fig never saw any of this, but according to Sebastian and EmSea, little Miriam was proficient at the summoning charm. There was nowhere in their house where they could hide the cookies or candy. Miriam always found them or summoned them from their places to her little hands.
At least she hadn't shown any ancient magic yet. Fig didn't know for sure how EmSea grew up or how dangerous her accidental magic was, but he hoped little Miriam didn't face the same obstacles as her mom did.
Miriam wouldn't have to hide her magic, bury it so deep it only came out under duress at her almost fifteen years old... No. Fig, along with Sebastian, EmSea, and Ominis (who has been an excellent godfather so far) would make sure Miriam grew up loved and safe and developing her magic to her full potential.
So, thinking about the books he read about kids' healthy development, Fig played some classic music that was supposed to help with attention and mind awareness.
"I like that," Miriam babbled, dutifully coloring the book her father left her with. "It's... relaxing," she giggled, laying her head on top of the book.
Fig smirked, glad the child liked it. He sat on his sofa with the new year's lesson plan and focused on correcting it. His apprentice was good but still needed some corrections here and there, specifically when organizing the topics from general to specific.
He wasn't sure how much time went by, but suddenly he realized Miriam had been way too quiet for a little five-year-old. He peeked over his papers and froze when he saw her missing.
"Shoot," he jumped to his feet, trying not to panic. "Ok, ok, it's ok. The wards won't let her go out, she has to be here," he looked around. The flat wasn't too big: a kitchen, a dining space, the living space he was currently standing in, two bedrooms, and one bathroom. "Miriam?" He called. "Where are you, you little snidget?"
Nothing.
Then.
Giggles echoed around him, sending shivers down his spine and making him look around with anxiety.
"I knew EmSea was a demon but why did she have a demon baby?" He muttered, then walked to the hallway that led to EmSea's old room. "Miriam?"
Something popped behind him, making him flinch and turn with his wand in hand.
There was nothing there.
Another 'pop'. Then another. And another. Surrounding him.
"Oh my dear Merlin, Miriam, are you apparating!?" He cried. "That's. that's dangerous, dear! Just- Hey! Who wants a cookie?"
Pop!
Miriam apparated right into his arms. He grunted and caught her before she could fall.
"I like cookies, gran'pa," Miriam grinned innocently.
"Yeah, ok," Fig sighed, tightening his hold on her. "But no more apparating. And your mom said only one before going to bed."
Miriam frowned but kept quiet as Fig took her to the kitchen. Her wide brown eyes observed as he opened the cupboard over the sink and revealed the full jar of cookies. He grabbed only one.
"Here, let's go back to sitting, shall we?"
Miriam munched on her cookie, but her eyes were glued to the cupboard.
Suddenly, it caught on fire.
"Fuck!" Fig shouted, placing Miriam on the floor. "Shit. No- Don't- Don't repeat those words, ok darling?" Then he ran back to the kitchen, trying to stop the fire with a couple of spells.
When the fire died out, he turned to make sure Miriam wasn't injured.
He found her munching on more cookies, jar safely guarded between her legs.
"This is going be a long night, isn't it?"
Miriam giggled.
Then floated.
The music didn't sound so relaxing anymore.
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raffaeleitlodeo · 4 months
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Mi sembra che ci sia ormai una consuetudine molto diffusa a trasformare ogni argomento di politica internazionale in un confronto a chi è dominante, uno schierarsi privo della capacità di ascolto, su ogni tema. L'incapacità di affrontare - che dico, di accettare, piuttosto - la complessità, unita alla fretta irrazionale e immotivata di prendere parte, rifugiandosi sotto l'ombrello di parole d'ordine granitiche e prive della capacità di adattamento alla realtà. Le finte scelte che vengono proposte in ogni ambito e la logica secondo la quale "il nemico del mio nemico è mio amico" stanno creando storture cognitive che affollano la dialettica politica. Il massacro che Isr4ele sta facendo nell'indifferenza del mondo dovrebbe giustificare il terrorismo di H@mas? E a ruoli invertiti il 7 ottobre spiega la strage di bambini in corso a G4za?
Ieri Francesco Mazzucotelli , docente dell'Università di Pavia, ha descritto (in un incontro intitolato "Palestina, quale pace possibile?") una situazione disperante. Le mappe di un territorio - Isr4ele è poco più grande del Piemonte se si comprendono i territori occupati, poco più piccolo senza - diviso in decine di enclave, punteggiato di decine di colonie, dove ogni cambiamento di colore è un muro o un confine presidiato da eserciti e uomini armati. Dove qualunque percorso di pochi chilometri che si pensi di intraprendere deve mettere in preventivo di potere essere interrotto o deviato per motivi di sicurezza e perché le armi stanno sparando o le minacce si fanno pressanti. L'idea che si possa costruire la pace imponendo, se mai ce ne fosse la volontà, la coesistenza di due stati su questo territorio diventa, di fronte a qualunque mappa aggiornata, palesemente inconsistente. L'esercizio di fare passare la linea di confine di un chilometro più a est o a ovest provocherebbe un conflitto per ogni colonia o villaggio che rischi di restare aldilà o aldiqua.
L'unica alternativa a un nuovo esodo imposto con le armi e la disperazione è la convivenza nel rispetto reciproco. Una nazione nella quale ogni cittadino e cittadina abbia pari dignità, sia sottopostə alle stesse leggi, possa accedere in condizione di parità alle risorse. Utopia? Come, né più né meno, la fine definitiva della guerra in Palestina. Che si realizzerà, se si realizzerà, tra molto tempo, il tempo di generazioni probabilmente, solo lavorando da ora, ciascuno nel suo ruolo, a una cultura di pace e convivenza.
Il primo passo, ovvio, urgente e necessario, è il cessate il fuoco. Già per il secondo sarà utile e necessario ascoltarsi e rispettarsi... Marco Frigerio, Facebook
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fatticurare · 1 year
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Ci sono quattro centrali nucleari in Ucraina.
Tre sotto il controllo ucraino e una sotto quello russo (Zaporizhzhia).
Vorrei chiedere ai nostri commentatori TV: si sono mai chiesti come mai i Russi commettono crimini di guerra sparando solo su quella Zaporizhzhia e sulle altre tre no?
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mccek · 1 year
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Come ogni anno, mi ritrovo qui a scrivere una riflessione, per il giorno del mio compleanno.
Non penso che il problema sia l’età, ma bensì ciò che mi circonda.
Più passano gli anni e più mi rendo conto che la gente si dimentica di te come nulla fosse.
E allora mi chiedo: a che serve continuare a fare del bene dalla mia piccola età se non è mai stato ricambiato nemmeno con semplice grazie?
Lo so, in molti avrebbero già mandato tutto a quel paese e, magari si sarebbe fatto contagiare dalla più grande malattia di cui soffre la nostra generazione, l’odio, che prova indifferenza verso chiunque, anche chi ti starebbe accanto nonostante tutto.
Certe volte mi vorrei lasciare andare, per diventare ciò che forse sarei sempre dovuto essere, uno dei tanti.
Vorrei usare la stessa cattiveria che in tanti hanno usufruito per frustrazione sfogandosi nei miei confronti senza una ragione, perché a casa mia il male non è mai esistito, ah…purtroppo quello c’è in effetti, ma è qualcosa che non scegli, che ti tocca subire contro la tua volontà.
Andrea, Eleonora, tutti voi lassù che vi ho conosciuti in quel reparto, Mamma, che sei ancora qui con me, e non desidero altro, ogni giorno che passa, di poterti continuare a sentire, a vedere, la tua presenza è vitale, come era la loro.
Non voglio piangermi addosso, ognuno ha perso qualcosa nella propria vita, e a volte quel qualcosa è tutto che che avevi, e i miei amici erano l’unica cosa che mi rimaneva, ma vivete dentro me, siete quella parte buona che tiene a bada il marcio che ogni giorno mastico a causa di chi non sa più fermarsi, ragionare, pensare che oltre all’idea che ci si fa sparando a zero, senza almeno provare una volta a conoscerla per quello che è davvero quella persona, c’è un abisso di tristezza, uguale alla vostra, che ci accomuna tutti, e propria essa c’ha sempre lasciato tanti messaggi mai ascoltati, un po’ come quelli in segreteria, e non sarò mai convinto che sia uno psicologo a salvarci veramente, e nemmeno noi stessi, soli, con le proprie forze, ma unendo il nostro male, cosa che da testardi cronici che siamo, mai compiremo, piuttosto godiamo nel vederci soffrire, quasi sapendo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi, e questo ci rincuora no?
In questo momento mi vengono in mente solo le parole di mia nonna: “non abbandonare mai quella semplicità mista a amore verso il prossimo che hai dentro di te.”
Perché io ho un sogno, che va oltre la scrittura che accompagna le mie lacrime e ogni sera, va oltre la voglia di riscoprirmi ogni giorno, di mettere da parte i miei brevi istanti di felicità per dedicarli a chi ne ha più bisogno di me (e sono tanti), oltre il mio ballare con il mostro che mi porto dentro da fin troppo tempo.
Io sogno che un giorno o l’altro, io, te, noi tutti, ci dimenticassimo di questo maledetto telefono, che ormai c’ha resi automi, frustrati, insopportabili e più trasparenti agli occhi della gente di quanto già lo fossimo.
Chissà, sarebbe una grande conquista tornare a vivere con quel poco di spensieratezza che ci basterebbe, che sicuramente non sarebbe mai quella che avevamo da piccoli, ci sarebbero sempre gli insormontabili problemi legati al lavoro, al costo della vita, ma volete mettere in confronto a come stiamo vivendo ora?
E mi rivolgo sempre alla mia generazione e purtroppo, a quelle che verranno.
Chiedete e scrivete sempre tutti, che vi manca qualcuno che vi ascolti, che si prenda cura di voi, senza se o senza ma…e mi domando cosa stiamo aspettando ancora e quanto aspetteremo!?
Siamo il male che vediamo fare ma che tolleriamo.
Nel frattempo mando lo stesso abbraccio che mi faccio ogni sera a tutti voi, forse il più sincero di quelli che ho ricevuto finora, a te papà, che nonostante le difficoltà e i gravi problemi di lavoro non mi hai mai fatto mancare il cibo a tavola, e pur essendo totalmente diversi, ogni giorno cerchi di spronarmi, senza mai farmi sentire “arrivato”.
A te mamma, che mi hai cresciuto, lasciandomi libertà di agire e pensare, sbagliando e imparando, anche se sono ancora un puntino in questa vita,
A te che trascuri la tua malattia pur di non farmi mai mancare un sorriso, una parola di conforto, quando sprofondo nel deserto della mia depressione.
E a quelle stelle dei miei amici che da lassù illuminano ogni momento buio della mia vita,
ricordandomi che non sono solo, che c’è sempre qualcuno che ha occhi puntati su di me, e non mi lascerà solo per nessuna ragione al mondo.
Resterò sempre ciò che sono.
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italofobia · 7 months
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raga ho il cuore in gola i miei stanno sparando slurs ma io sto volando
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tettine · 7 months
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I suoi occhi non erano persi ma smarriti perché non sapeva cosa stesse succedendo. Non era abituato al contesto e non era merito mio ma della sua corteccia midollare surrenale che stava sparando per produrre catecolamine per innescare, in caso di bisogno, la risposta FF
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rombo-di-tuono · 10 days
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Oddio, ma stanno sparando Notti Magiche a tutto volume allo stadio 😭😭😭
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vintagebiker43 · 3 months
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Poveri seguaci di Roberto Vannacci. Il generale gli aveva fatto credere di costituire la "maggioranza" del paese e ora scopriamo - ma lo sapevamo già - che sono solo una sparuta minoranza che prova solo ad alzare la voce e a far caciara. Per la Lega a trazione Salvini, che ha già preso una doppia batosta elettorale, in Sardegna e in Abruzzo, sarà l'inizio della fine se persiste nell'ostinata intenzione di candidare Vannacci, cui resta solo una cosa dignitosa da fare: lasciare l'esercito e ritirarsi a vita privata. L'irricevibile generale si è finora sottratto a ogni serio confronto pubblico e, fra indagini in corso e provvedimenti disciplinari, sta ultimamente provando a edulcorare il suo pensiero, pensando di essere in guerra con indosso una camaleontica mimetica, e continua intanto a negare, sfacciato e imperterrito, l'evidenza.
Dimettete Salvini, che ha ormai consegnato la Lega, chiavi in mano, all'estrema destra. Non passerà il diritto all'odio e alla discriminazione verso "minoranze non normali". Dovessi portare la questione in Europa, cosa che sto già pensando di fare, l'Italia omofoba, razzista, sessista che in questi mesi ha rialzato la testa - lo ridico: minoritaria - tornerà da dove è venuta coi suoi bracci alzati, le sue marcette, i suoi inni nostalgici. Per nostra fortuna abbiamo un grande presidente della Repubblica, con la schiena drittissima, come Sergio Mattarella. Vigila sulla democrazia, e di questo milioni di italiani e di italiane non possono non essergli grati.
Il paradosso. Se urli il tuo antifascismo alla Scala di Milano vieni identificato come se avessi inneggiato al fascismo. Se invece hai scritto un libro omofobo con indosso una divisa militare, ledendo la dignità delle forze armate e in spregio proprio al nostro testo costituzionale (e ai codici di comportamento militari), pretendi poi di rivendicare la libertà di pensiero e di espressione e alcuni - non importa se ignoranti in materia di diritto o perfettamente consapevoli della pericolosa insussistenza di quel che dicono - lo fanno addirittura per te. Inveiscono, insultano o minacciano (parteggiando per un generale dell'esercito che in un altro paese sarebbe già stato messo alla porta) ma non sanno che stanno sparando le loro ultime cartucce.
Massimo Arcangeli
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