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"dopo la solita nostra telefonata... Ho fatto questa foto."
"bella..."
"si... Mi sono ricordato di quando andavamo al mare insieme"
"vorrei andarci anche io a mare..."
"perché stai deviando?"
"sto deviando?"
"si... Perché?"
"non lo so... Non mi sembra."
"solitamente rispondi con: sarebbe bello tornarci insieme."
"si è vero."
"e cosa è cambiato?"
"boh... Non lo so." Minuti di pesante silenzio "forse perché sono consapevole che non lo rivedremo insieme."
"non è vero."
"si invece... Non è bello iniziare una cosa che già sai che finirà."
"e chi lo dice?"
"è ovvio..."
"è perché ne parli adesso?"
"perché in fondo sono codarda... Come te quando mi hai riscritto solo dopo che eri partito."
"io non sono codardo."
"allora ti chiedo scusa. Io sì... Lo sono e sento un peso nel anima nelle ossa. Forse te lo dico adesso anche perché sei impegnato in ciò che vuoi fare nella vita... Il tuo cervello potrebbe reagire meglio a questo perché semplicemente metterà il focus su altro."
"secondo te potrei starci meglio?"
"si"
"e tu...come ci staresti?"
"ci sto male adesso... Ci starò male anche dopo."
"e allora perché... Tanto non ti cambia nulla."
"forse perché ho capito che ti voglio troppo bene... Forse perché ho capito che, per dimostrarti il mio bene, devo saper lasciarti libero e tranquillo."
"e secondo te tutto questo può funzionare?"
"non lo so... Per la prima volta non so se ho ragione o torto. So solo che, se dovessi avere ragione, potrebbe andare bene."
"e finisce tutto così?! Come se nulla fosse?!"
"no... Mi conosco abbastanza da poterti dire che ricorderò ogni cosa... Non posso dimenticare nulla."
"almeno quello."
"se vorrai ci sentiremo ogni tanto... Ma non come speravamo noi. Abbiamo sbagliato e dobbiamo ammetterlo: abbiamo disegnato un progetto troppo grande per due cretini come noi."
Dall'altra parte del telefono sento che sta ridendo. Poi un sospiro.
"ok.... Ma non prendiamolo come un errore."
"no... Non mi pento."
"farai ancora il tifo per me?"
"si."
"ti posso fare una domanda?"
"certo"
"cosa ho sbagliato?"
"nulla... Nessuno dei due. La vita è imprevedibile: non potevamo immaginare tutto questo... Anzi ti ringrazio per avermi fatto vivere tutto questo."
"Era tutto perfetto..."
"si ma non la distanza e i nostri obbiettivi."
"hai ragione..."
"però ti prometto che non chiuderò i rapporti... Dopo tutto sei una persona splendida e sarà fortunata chi deciderà starti accanto." Avevo già gli occhi lucidi.
"anche per te sarà così... Poi chissà... Magari un giorno ci ritroveremo e rivivremo tutti insieme."
"quanta immaginazione hai!"
"più che immaginazione... Ho molta speranza in questo. Io ti ho sempre detto che tu conosci i miei difetti e ti stanno bene, i tuoi mi stanno benissimo. Magari ci rincontreremo quando tu avrai 40 anni e io 43... Ma a me andrà bene lo stesso."
"così però mi fai piangere..."
"fosse la prima volta che ti sento piangere... Anzi scusa, poiché non sono lì ad asciugarsi le lacrime."
"infatti..."
"la prima volta era a Roma... Solo per una canzone. Però era bellissimo quando lo facevi... Perché davanti a me ti facevi piccola e fragile. Promettimi che andrà a finire così... Promettimi che ci rivedremo prima o poi... Promettimi che non taglierai tutto e non butterai i ricordi... Io non lo farò, ma tu promettimelo."
" te lo prometto..."
Passarono anni, loro ancora di sentivano di tanto in tanto. Lui venne in vacanza in Italia con sua figlia, tuo figlio e sua moglie. Si vollero vedere con le rispettive famiglie. Anche lei aveva tre figli, due maschi e una femmina.
Lui e la sua famiglia andarono a cena da lei.
"ooh guardate... Tobias e Tomas venire a conoscere i bambini!" Lui davanti alla porta si fermò.
"Nicole, Tobio... Guardate... Questo bambino si chiama come il papà." Lei fece lo stesso.
"hai chiamato tua figlia come me..."
"tu hai fatto lo stesso... Il tuo nome mi è sempre piaciuto..." Lei aveva già gli occhi lucidi.
"scusate.... Entrate."
Loro entrarono. C'erano solo loro e i bambini.
"ma non hai anche una bambina?"
"si è in colla."
"posso vederla?"
"Certo."
"come si chiama?"
"Talisa..."
"lo sapevo... Eri fissata con questo nome!"
Si misero a ridere.
"Nicole, vieni qui!" Richiamò la sua bambina. "Il tuo nome deriva da questa donna qui... Lo sai" lei fece no con la testa. "Quando ero giovane... La mia Nicole bambina era lei."
Fu una coltellata... Una lacrima... Poi due.
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“Magari un giorno, da adulti, ci rincontreremo e con lo stesso imbarazzo di un tempo, ci saluteremo. Tu mi dirai che hai iniziato a fumare, che sei sposato e che hai dei bellissimi bambini. Io ti dirò che di fumare non ho mai smesso, che sono anche io sposata.. e felice. Ti racconterò della mia vita, che finalmente ho comprato casa, e che il viaggio che avevamo in programma da giovani, sono riuscita a farlo. Tu mi dirai che non sono cambiata in niente: ho sempre quella faccia buffa , sempre quei vizi che tu in tutti i modi hai cercato di togliermi e che nonostante siano passati anni continuo a trovarmi quei milioni di quei difetti che tu in tutti i modi cercavi di farmi capire che erano bellissimi. Capiremo, guardandoci negli occhi, che è tutto passato, e che senza nessun rimorso continueremo la nostra vita. Ma io, solo in quel momento, ti sussurrerò che a mio figlio, ho dato il tuo nome.”
-TheGirlOfMilkshake
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A te, che sei disposto a leggere
Ho 20.... Uno in più a giugno. Vivo a Roma.
Sembro una ragazza normale, come tutte quelle della mia età. Studio normalmente all'università, ho un famiglia normale, ho poche amiche normali, vivo una vita normale e monotona, ho una casa normale, una macchina normale, dei vestiti normali.
Sembra tutto nella norma, no?! Sembra tutto in ordine. Il letto fatto, la stanza ordinata, i libri messi in ordine, il pavimento lucido, un buon profumo di pulito.
In realtà è tutto tranne che normale. E vuoi sapere perché penso sia così? Perché quelle della mia età se ne fottono di avere una stanza in ordine. I panni piegati e messi in ordine, la finestra aperta e un po' di sole che entra.
Tutto secondo la norma. La regola. Sai perché è tutto così in ordine fuori? Per fare credere che sia tutto in ordine anche dentro. Per fare credere che dentro sia tutto pulito, luminoso, profumato. In realtà non è così.
Dentro è tutto il contrario: il sole non c'è, non c'è ordine, non c'è qualcosa di luminoso. C'è solo la parte più piccola di me, che si nasconde. Sta lì, seduta, con le ginocchia al petto, le braccia attorno alle gambe, la testa che poggia per vedere solo verso il basso. Qualche volta mi metto lì, ad osservarla: stremata, si accascia a terra, nella speranza di riuscire a dormire, forse per non pensare. Ma la vedo che mantiene gli occhi aperti, forse per cercare qualcosa, forse per vedere la luce. La luce non c'è, lei lo sa. Sta lì a pensare a ciò che, in questi 20anni, ha visto anche lei. Qualche volta riusciamo a parlare, naturalmente senza invitare nessun'altro alla nostra conversazione. Solitamente il tutto inizia con la mia domanda "come mai anche questa volta?". A questa mia domanda lei alza solo un po' le spalle. È ancora troppo piccola per parlare, però, a gesti, riusciamo a comunicare benissimo. Molto spesso mi fa capire che vorrebbe invitare qualcuno a parlare con noi, poi però cambia idea. Prima mi dà l'incarico di cercare qualcuno, pronto a partecipare a questa nostra riunione. Poi, appena lo trovo, si sente come ad un esame davanti a milioni di persone: sai come mi fa capire che non d'accordo? A volte si alza e si dimena, altre volte si rannicchia ancora di più, quasi a voler sparire.
Io conosco poco di lei, ma lei conosce tutto di me. Lei ha visto me quando avevo poco più di un giorno. Ha visto la mia infanzia felice e spensierata. Ha visto l'affetto dei miei genitori. Ha visto la gioia delle piccole cose. Penso che in quel periodo non stava così.
Penso che abbia iniziato a stare così solo quando, all'età di 10 anni, ho iniziato a fare una crescita esponenziale e troppo veloce per una ragazzina. In quel periodo ho dovuto prendere la mia vita in mano, quella del mio fratellino, quella della mia mamma malata e del mio papà disoccupato. Forse la mia è quella che ho afferrato con meno forza. Mi sono trascinata questo sacco con tutte le forze... Dopo tutto ero abbastanza robusta da farlo.
Dopo anni sembra vada meglio, ma per tutto questo tempo non ho mai fatto caso a lei.
Ho iniziato a fare caso a lei quando ormai avevo già preso me. Mi sono persa e ancora non mi sono ritrovata. Ho iniziato a stare male per i voti a scuola, per le amicizie, per gli amori mai e poi mai corrisposti, per il mio fisico, per i vestiti, per gli specchi, per l'ansia, per la gente che guarda e giudica, per il mio stesso giudizio, per gli obbiettivi mai raggiunti, per la bilancia, per i parenti, per le delusioni, per le mie distrazioni, per i miei errori, per le misure, per le calorie, per i pianti di mia madre, per il cibo e ore mille altre cose.
Mi sono accorta di lei quando dentro ormai non c'era più luce. Quando ormai le bollette erano scadute da tempo e soldi non ne avevo.
Sembro e sembravo una persona normale, capace di organizzarsi la vita e andate sempre a tremila. Una di quelle che si divide in mille per fare mille cose diverse. Pronta ad ascoltare il prossimo... Ma mai pronta ad ascoltare lei.
Mi sentivo così bene quando avevo solo pelle e ossa. Mi sentivo così bene senza la mia femminilità. Mi sentivo capace di fare qualsiasi cosa. Mi sentivo potente nel trovare la mia taglia. Mi sentivo invincibile quando riuscito a resistere alla tentazione.
Ho 20 e ho dato il mio primo bacio a 19. Per la prima volta un ragazzo mi osserva. Non mi vergono a dire che ho 20 e sono dovuta diventare pelle e ossa per essere notata dalla gente. Ho 20 e adesso nessuno più mi nota e tu, che stai stai leggendo, lo sai perché?
Perché non mi sento più potente. Perché ho perso. Perché mi hanno distrutto. Perché ho ripreso peso e non sono mai stata bella o discretamente carina.
20 anni fuori, forse solo per la carta d'identità. Ho 40 anni dentro, per le cose che ho vissuto e per quello che vivo ogni giorno. Ho 20 anni e ho paura di andare avanti. Ho 20 e ho paura di innamorarmi, di rimanerci male. Ho 20 anni e ho l'ansia ogni giorno che ha fatto Dio. Ho 20 e non ho paura di morire. Ho 20 anni ma mai ho trovato il coraggio di farlo da sola.
Io ho 20. Lei non lo so... Non sa parlare ancora
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