Don't wanna be here? Send us removal request.
Text
Johnny Bleblenzio

Johnny Bleblenzio (Savona, 1972), al secolo Accordio Falsorigo Midibasio Tasticchi, è un pianista italiano, noto soprattutto per essere considerato il più grande esecutore di musiche da piano bar del mondo. Formatosi al Conservatorio di Ljubljiana con un percorso di studi tra il mandolino traverso e il banjo elettrico, decide ben presto che la sua vena artistica si esprime ai suoi massimi livelli all’interno della corrente artistica nota come “Intrattenimento musicale”. “Mi piace”, dichiarò il Bleblenzio in una intervista allo Slowly Rolling Stone, “che la gente parli mentre suono, specialmente al telefono, o che ordini ad alta voce delle birre dal proprio tavolo. Quando ho suonato all’Albert Hall, ho preteso che ci fossero dei camerieri in platea”.
Nel 1992, a soli vent’anni, ha già prodotto due album molto importanti nella storia della musica: “Chopin in 3 accordi” e “Rachmaninov in Do maggiore”. Il suo stile, semplice ma raffinato, consiste nel prendere un pezzo di una certa complessità e ridurlo alla sua essenza, poi prendere l’essenza e ridurla in quello che egli definisce “blen blen blen”, un tamburellare in 4/4 di accordi che si ripete ossessivamente fino ad indurre leggeri stati ipnotici, allucinazioni, e in rari casi, istinti omicidi. E’ del 1999 invece il suo celeberrimo album sperimentale “Due mani e dieci dita, non vi sembra un po’ troppo?”, che, pur senza raggiungere alte vette nelle classifiche, avrà un successo di critica senza precedenti.
Nel 2010, in piena maturità artistica, raggiunge l’apice della notorietà con l’album doppio “Ripassati questo”: nel video, piuttosto cruento, viene rappresentato l’artista mentre percuote a colpi di distorsore un chitarrista e poi simula di annegarlo in un barile di deiezioni suine. Sullo sfondo, la fabbrica della Roland viene data alla fiamme ponendo simbolicamente fine a tutti i suoni a “tappeto” della storia.
Attualmente, l’artista è impegnato anche a livello sociale nel recupero di musicisti con gravi complessi anali che hanno completamente perso la voglia di divertirsi. Famosi anche i suoi libri in merito dal titolo “Puoi suonarla anche se non l’hai provata 3000 volte, fidati di me”, “Improvvisare non è reato” e “Come smettere di rompere i coglioni agli altri membri di una band e vivere meglio”, oltre ad insegnare saltuariamente “Solfeggio e cazzeggio” al Conservatorio di Comacchio.
1 note
·
View note
Text
Johnny Bruttodee

Johnny Bruttodee, noto anche con gli pseudonimi di Ob Skifo, G di Gennaro e Ray Catarro, è stato un musicista e cantante punk della scena londinese negli anni ‘70. Nato in un quartiere poverissimo dello Shitshire, viene abbandonato dai genitori in tenera età, quando scoprono che non può brucare l’erba per sostenersi. Per qualche mese vive a casa di una zia ricca, Eleanor Bleblenz, di origine neozelandese, che è solita rincorrerlo con una testa di alpaca impagliata e un decespugliatore. Johhny serberà sempre un caro ricordo di questa figura materna, dedicandole alcuni pezzi come “Piss on your grave” e “I hope you rot”. Purtroppo Eleanor soffre di una rara malattia che le impedisce di distinguere le strisce pedonali dalle persone di etnia ispanica. Un tragico pomeriggio, mentre cammina su Pedro Ramirez, viene travolta da un camion pieno di incudini e muore sul colpo. Pedro Ramirez si salva e - per una curiosa coincidenza - diventa un abile pilota di aerei da diporto morendo poi tragicamente nello stesso punto in cui John Fitzgerald Kennedy aveva preso un gelato.
Rimasto solo al mondo Johnny inizia a scrivere canzoni per un uomo polacco dalla dubbia moralità, che lo ripaga in patate a forma di Margareth Tatcher, una signora di Shufford famosa per essere quasi omonima del Primo Ministro, ma con una “h” spostata. Johnny le vende al mercato nero per mezzo penny, con cui si compra delle patate normali. Alla domanda sul perché non mangiasse le patate a forma di Tatcher, Johnny rispose sempre che “gli facevano impressione”. Per questo motivo, e per una serie di ragioni legate ad allergie alimentari, Johnny diventa anarchico.
Un giorno, mentre vaga per la città in cerca di qualche lavoretto che gli consenta di sbarcare il lunario, Johnny incontra Vivenne Westwood, la quale gli chiede alcune indicazioni per raggiungere Grenthom Street. Johnny non conosce l’indirizzo, e ha buone ragioni per pensare che sia inventato, ma si offre comunque di cantare una canzone per scusarsi. Vivienne rifiuta e chiede al gestore di una polleria, che poi diventerà il leader dei “Mama Rana”, la celebre band di Disco Music degli anni ‘70. I due non si incontreranno mai più.
Quello stesso giorno, Johnny chiederà di usare il bagno di un locale alternativo di Soho a causa di una violenta necessità corporale dovuta all’abuso di patate, e lì conoscerà Ranzo “Kit” Boltrum, un bassista franco-bulgaro con un braccio più lungo dell’altro, alternativamente, che aveva già suonato con i Melissa Branz e i Parameo, un gruppo che si ispirava apertamente al rumore che fanno i tombini messi male quando ci passi sopra con la macchina.
Ranzo e Johnny decidono di fondare una nuova band, ma litigano furiosamente sul nome, che doveva contenere “Sex” e un’arma da fuoco, senza trovare un accordo. Decidono quindi di darsi il nome temporaneo di Sad Banana e scrivono subito un pezzo molto famoso, “Piscio Antigelo”, che attirerà le attenzioni del pubblico per il suo sound unico, simile a quello di un gruppo di picchi cocainomani rinchiusi in un barile di latta elettrificato.
Al gruppo si unisce Keith Rotella, batterista italo-londinese, tossicomane, alcolizzato, e con leggeri problemi nel calcolo dei volumi dei solidi. Keith, Ranzo e Johnny iniziano un tour nei locali londinesi al cuore della scena punk, tra cui: “La Cantina del Topo Morto”, “La Cantina del Topo Morto 2”, “Shame”, “Hepatitis”, “Rebellion”, “Da Joe Pizza & Pies”, “L’appartamento di Ronnie al 37B di Hill Street”, raggiungendo occasionalmente anche Liverpool, Birmingham, Lecce, e altre città inglesi.
Il primo album “Potatoes” arriva quasi per caso: Alicia, la fidanzata di Larry Smort, secondo chitarrista aggiuntosi per ragioni mai chiarite, registra un live e lo fa ascoltare ad un produttore di nome Guty Gross, il quale decide che “forse qualcuno potrebbe comprare persino questa robaccia in un periodo disperato come questo” e finanzia prima l’album e poi un singolo con “Piscio Antigelo” sul lato A e “Cacorane” sul lato B. E’ subito un successo incredibile e l’album vende 15 copie, mentre il singolo viene prodotto in 30 copie, quasi tutte vendute nel giro di qualche mese. Per la scena del punk sono numeri mai visti, e sanciscono l’uscita del genere dall’anonimato per affacciarsi al grande pubblico di ragazzetti stortignaccoli e insicuri di tutto il mondo.
La band inizia un tour inglese ufficiale, durante il quale i membri del gruppo si danno agli eccessi più estremi. In un hotel del Devonshire mangiano molto e poi vanno a dormire senza neanche fare due passi, in una stazione di servizio scozzese non si fanno fare lo scontrino e fuggono prima di essere riconosciuti, ma soprattutto iniziano a consumare moltissime pastiglie Valda. La loro salute e l’equilibrio mentale si affievoliscono. Tra i fumi del mentolo, Johnny diventa violento e picchia la sua compagna, Oretta, e la induce a consumare moltissima pasta con i ceci. Anche il loro abbigliamento, che diventerà un’icona di quei tempi, è molto particolare, fatto di spille, borchie, cavatappi, brugole e fermatovaglie su magliette strappate, calzini bucati e mutande con l’elastico molle.
Tutto inizia a precipitare quando Larry evade una tassa sul possesso di procioni domestici e viene arrestato dalla forestale. Durante l’arresto, Larry oppone resistenza e un colpo di pistola degli agenti ferisce Dumbo, il procione. Larry cade in depressione e inizia a drogarsi fino a pensare di essere Maria Luigia d’Austria. Quando Napoleone, dall’Elba, non risponde alle sue lettere, si suicida ingerendo propano nella sua casa di Camden.
La band decide di sciogliersi ma un ultimo evento funesterà la loro storia. Una notte Johnny, ormai demotivato e stanco, schiavo dei deodoranti per l’alito alla cannella, in una lite furibonda colpisce Oretta con un bongo lasciandola priva di sensi e producendo un suono piuttosto peculiare. Convinto di averla uccisa, sale sul tetto del palazzo di Lullaby Street dove la coppia risiede e si getta nel vuoto, atterrando su un enorme cumulo di materassi. Purtroppo Johnny è violentemente allergico ai materassi e muore prima dell’arrivo dei soccorsi, che, diciamocelo, se la stavano anche prendendo comoda, pronunciando ai pochi passanti le sue ultime, enigmatiche parole: “La vita mi ha insegnato molto sulle persone, ma non ho mai capito quelli che escono senza salvare”.
2 notes
·
View notes
Photo

Centauro Zumpappero Orso Maria Trentottosbarrato Sfracagni nasce a Lugano (CH) nella primavera del 2018, figlio della nota influencer Mia Fuffababbi e del suo compagno, il famosissimo rapper Odolino Sfracagni (in arte Gionni Treppalle).
Mia partorisce in una segretissima clinica elvetica, assistita dal ginecologo di fama mondiale Uretro Speculoni il quale, per eccesso di zelo, decide di praticare l’epidurale alla madre, al padre, agli infermieri e ad alcuni turisti tedeschi di Hannover casualmente di passaggio di fronte alla clinica.
Per non perdere l’emozione dei dolori e della sofferenza legati alla magica esperienza della maternità, viene assoldata una bracciante messicana di 52 anni, alla quale viene trasmesso tutto il processo neurale, tramite sofisticati meccanismi elettrochimici, in modo che possa raccontare in una toccante video-intervista cosa ha provato in realtà la celebre Mia mentre giaceva strafatta tra i fumi della morfina.
Appena nato, Centauro viene iscritto a tutti i Social Network esistenti, riceve moltissimi Like e alcune critiche a cui risponde prontamente cagandosi addosso. I critici della rete lo ritengono ad oggi il migliore comeback online della storia dei flame tra adulti e neonati sotto la settimana di età.
Si scatenano contemporaneamente anche alcune polemiche sul fatto che – a quanto pare – Centauro avesse ottenuto da Facebook un database di alcuni milioni di dati personali in modo da sapere in anticipo in quale giorno fosse meglio nascere – e con quale sesso – per ottenere migliori consensi. La sua prima tutina è il frutto di complesse analisi cromatiche costate al National Institute of Cazzi Vostri di Vibo Valentia 14 mesi di indagini e 36.000 ore macchina di elaborazione.
Rimangono come icone dei nostri tempi alcune potenti fotografie diffuse in esclusiva da Gattiny Images (il celebre istituto arricchitosi con la vendita online di ritratti felini giovanili). In una il padre sfinito, ormai sveglio da quasi 40 minuti rispetto all’ultima pennichella, crolla su una poltrona con in braccio il piccolo Centauro. In un’altra l’intera famiglia viene ritratta in un tenero e spontaneo abbraccio per la cui coreografia viene ingaggiato Garrison Rochelle in una delle sue più riuscite interpretazioni.
Centauro Zumpappero Orso Maria Trentottosbarrato, che la madre ha ribattezzato sul web “Simpaticamente Ugo”, ha già iniziato a 28 minuti dalla nascita la prima dieta verticale della sua vita: solo latte, una iperproteica appositamente studiata dal noto nutrizionista Pappo Nunpanzy. Ha inoltre già licenziato il suo agente Cacio Cavalli preferendogli la nota influencer-coach Brandella Ascitagghi, venduto i diritti d’immagine alla Disney e sposato il pupazzo Gugu, con il quale però le cose, nel pomeriggio, hanno iniziato a non andare molto bene, fino al definitivo lancio fuori dalla culla a cui sono prontamente susseguite le lettere degli avvocati.
La famiglia ha dichiarato: “Non lo vizieremo, sarà un figlio di gente normale, non vogliamo che si monti la testa ma che rimanga umile come noi: ora per favore uscendo potete dire ai pastorelli che il catering è in fondo a destra?”
5 notes
·
View notes
Photo

Jeremy (Jerry) Molestino (il terzo da sinistra nella foto che lo ritrae in compagnia degli altri membri del Corso di Upskirt Sperimentale alla Columbus), nato a Los Angeles nel 1955, è un celebre studioso e praticante molestatore, produttore di pellicole cinematografiche e scrittore americano. Nato da genitori poverissimi (il padre si esibiva come fenomeno da baraccone fingendo con un trucco di avere due orecchie sinistre), Jerry cresce nei sobborghi di L.A. applicandosi nei lavori più umili, tra cui: essere spintonato nei litigi stradali, fare da corriere per gli spacciatori di carta straccia, farsi venire le carie al posto dei bambini ricchi e altri impieghi saltuari, fino a che non ottiene il ruolo di caddy in un importante country club. Qui conosce Lobo Lobovitz, un ex produttore ebreo di 103 anni che lo prende in simpatia e cerca di insegnargli i fondamentali del mestiere di agente dello spettacolo e produttore cinematografico. Purtroppo l’età avanzata ed alcuni disturbi di memoria fanno sì che Lobo in realtà finisca per l’insegnare a Jerry, invece del mestiere, una variante particolarmente elaborata della canasta. Jerry però non si arrende e inizia a studiare per conto proprio diventando in pochi anni semi-professionista nell’arte della molestia sessuale da passeggio. Dotato di mani estremamente abili e di un lessico naturalmente offensivo per il sesso opposto, Jeremy vince una borsa di studio per il corso di “Intensive Misconduct in Sexual Behaviour” presso l’Università del Wisconsin, dove si distingue soprattutto nelle specialità di: Allusione diretta e indiretta; Giochi di parole sulla Ghiandola Mammaria; Analisi del polpaccio; Fisica delle Scollature; Salivazione 1 e 2; Epigrafia dei Genitali. Nei tardi anni '70 forse collabora ad un progetto della CIA per carpire informazioni sul colore delle mutandine delle spie russe in Centro America, informazione che - insieme allo studio di un attacco di battutacce sessiste su larga scala - secondo i vertici dell'Agenzia avrebbe potuto costituire un'arma importante nel complesso scenario della guerra fredda e della crisi in Nicaragua. Nel 1987 perfeziona la nuova tecnica della “Mano Morta per corrispondenza” che gli frutterà un award alla International Laidos Society, e soprattutto inventa e brevetta il “trucco del braccio ingessato per liberare una mano sotto la giacca”, che lo porterà, nell’autunno del 1989, ad essere candidato al Premio Nobel per la fi(si)ca. Fu invece contestatissima con Henry Pattaperta la paternità sull’invenzione del “buco nella tasca”: da tale controversia scaturì una causa legale durata più di vent’anni risoltasi poi in un rimborso miliardario per il Pattaperta a cui andarono anche i diritti per l’appoggino sul tram. Nella sua carriera si dividerà tra insegnamento (alla Columbus University), performance live memorabili, libri didattici, saggi e trattati sulla materia. E’ tutt’ora famoso per aver molestato in modo più o meno sessuale, ricevendone attestati e denunce circostanziate: • Madre Teresa di Calcutta • Nancy Reagan • La Regina Elisabetta II • Tutti i membri femminili della Royal Philharmonic Orchestra, durante un concerto, perfettamente a tempo con un adagio da Das Liebesverbot oder Die Novize von Palermo di Wagner • Tatum O’Neal • Lo Snorky Frizzina • Brigitta • Un sasso • La Galizia • La Statua della Libertà tramite un sistema di carrucole e leveraggi • Una giovanissima ipotenusa • Ania Pieroni • La RAI I racconti delle sue vittime sono ricchi di particolari che mettono in luce la sua straordinaria capacità di essere costantemente fuori luogo in materia sessuale. Un giorno, al posto di “un bicchier d’acqua”, chiese ad una giovane cameriera “un bicchier d’acqua”, ma con una inflessione tale, e tali striscianti sottintesi, che lei dovette correre in bagno e piangere dal 1999 al 2003, risultando psicologicamente devastata e incapace di usare normalmente un bicchiere per il resto della sua vita. Nel 2007, trovandosi nel letto una 17 enne nuda e cosparsa di melassa, per dimostrare la sua abilità molestò l’abat-jour. L’episodio è confermato da Woody Allen, che era presente ai fatti travestito da melassa, e da una giovanissima Kristen Stewart nella parte dell’abat-jour. Non tutte le vittime di Jerry Molestino ebbero il coraggio di denunciarlo, e di questo lui si dispiacque enormemente, dichiarando che “il talento non riconosciuto è il maggior rimpianto di un artista che ha dato tutto alla sua Arte”. Tuttavia, senza lasciarsi demoralizzare, Molestino sta continuando la sua attività ancora oggi, perfezionando antiche tecniche orientali come 手膝盖 (mano-ginocchio) o 乳房眼 (occhio-seno) di origine cinese o “Il fantasma dello stelo di giada al tramonto nella regione di Hokkaido” di origine giapponese. Tra le sue opere letterarie fondamentali, ricordiamo: “Cucù” (Bompiani, 1987) “Eddai” (Einaudi, 1990) “Se non capisci gli scherzi” (Adelphi, 1995) “L'inerzia come alibi” (Bompiani, 2006) “Allusioni d’amore” (Bompiani, 2009) “Il pene come intercalare” (Adelphi, 2011) “Meritocrazia e lingerie” (Adelphi, 2015)
0 notes
Photo

Opulenzio Piattini (Roma, 1903 – Portofino, 1995) è stato un famoso miliardario italiano noto per le sue eccentriche manifestazioni di ricchezza e il suo raffinato gusto nel lusso più sfrenato. Figlio di un magnate del pannolenci, venne partorito direttamente da una balia per evitare alla madre, la Contessa Sfaccenzia di Sbaracco, lo sforzo del parto. Già in tenera età dimostrò una propensione per gli oggetti lussuosi e un certo sfarzo. La sua carrozzina, progettata dalla Rolls-Royce e tempestata di diamanti, raggiungeva la velocità di 240 km/h con la propulsione di un motore da 500 tate/vapore e poteva ospitare 12 persone più l’equipaggio, nonché una piccola cucina da campo. Raggiunti i 12 anni, chiese ed ottenne un piccolo biplano privato con cui andare al campetto a giocare a pallone. In realtà non giocò mai veramente una partita, ma incaricava diversi giocatori professionisti di interpretare il suo ruolo in varie parti del campo. Questa attività segnò l’esordio di numerosi campioni dell’epoca tra cui József Horváth e Tom Miller. Innumerevoli furono i suoi eccessi durante l’età adulta, ed è impossibile ad oggi ricostruire quanto fu leggenda e quanto verità, anche perché la sua immensa fortuna nel settore delle parannanze lo rese capace di qualsiasi impresa. Pare possedesse una motonave così grande che al suo interno poteva ormeggiare un’altra motonave così grande che al suo interno poteva ormeggiare un’altra motonave così grande che al suo interno poteva ormeggiare la prima motonave; oppure si narra che possedesse una flotta di aerei privati il cui unico scopo era fargli ombra durante le sue lunghe passeggiate a dorso di un commercialista. Ma era nelle piccole cose quotidiane che il suo senso del lusso si esprimeva con più stupefacente creatività. In ciascuna delle sue 300 tenute sparse per l’Europa, ogni sera veniva preparata una cena di 12 portate: se egli non si presentava, la cena doveva essere mangiata dal maggiordomo, interamente, e un’altra cena da 12 portate doveva essere preparata per poter essere gettata nell’immondizia. Nell’abbigliamento, Opulenzio era assai stravagante ed esigente. Indossava solo camicie di seta bianca tratta non da bachi da seta, ma da una preziosa sostanza secreta da alcuni magistrati abruzzesi. Di tali camicie, il magnate tendeva a indossarne almeno 10 o 12 all’ora, attuando dei rapidi cambi dietro un siparietto che si faceva sempre portare appresso. Possedeva inoltre 131 cani di piccola taglia, per ciascuno dei quali aveva predisposto un set di abitini coordinati, un conto corrente e un avvocato a disposizione per qualsiasi evenienza. Tali cani avevano poi ciascuno 4 cani-maggiordomo per aiutarli nelle faccende quotidiane. Durante il caffè, Opulenzio si faceva servire la bevanda in una tazzina dentro un’altra tazzina, quest’ultima posata su una pila di piattini di 15-20 metri, motivo per cui soleva sorbire il liquido aromatico dalla plancia di un dirigibile ad elio di 90 metri. Pare che nella sua vita Opulenzio non abbia mai usato effettivamente le mani per alcunché, tanto che non comprese mai del tutto l’uso di queste curiose appendici che sporgevano dai suoi avambracci. Più volte si interrogò sull’opportunità di farsele asportare in quanto retaggio di una provenienza plebea, ma alla fine si fece convincere dal Re del Belgio (che egli aveva assunto come sgabello) a soprassedere. Nel 1985 Opulenzio si ritirò dalla scena pubblica andando a vivere sulla grande isola di Silegna, un tempo posta tra Sicilia e Sardegna, che egli provvide a far asportare e cancellare da ogni atlante e libro di storia “per evitare seccature”. L’isola, che era all’incirca grande come la Corsica, venne portata via da alcune navone e attualmente nessuno sa dove si trovi esattamente. Da allora si seppe poco delle sue attività, tranne alcuni episodi isolati, tra cui quello del 1987, in cui per un breve periodo si comprò il mondo, per poi stancarsene e rivenderlo ad alcuni banchieri tedeschi, quello del 1989 in cui prenotò tutte le camere d’albergo del Giappone per motivi tutt’ora misteriosi, e quello del 1990 in cui, trovatosi accusato di aver versato meno tasse del previsto, comprò la matematica e la fece leggermente modificare in modo che i conti tornassero a suo vantaggio. Morì nel 1995 in quanto si convinse che poteva demandare ad alcuni inservienti il compito di respirare, idea che si rivelò, con il senno di poi, non particolarmente azzeccata. Durante il suo funerale vennero recisi e sparsi 500 milioni di fiori di branzacco. Se vi stavate chiedendo perché oggi non si parla più del branzacco in floricultura, potete ora immaginare il perché. Nessuno conosce esattamente l’ubicazione della sua sepoltura, e c’è addirittura chi sospetta che tutta la faccenda sia una montatura, e che in realtà non solo Opulenzio non sia mai morto, ma che la Morte stessa si trovi attualmente sul suo libro paga alla voce: consulenti.
1 note
·
View note
Photo

Giovannenrico Maria di Cazzofratto (Recanati, 1810 – Roma, 1882) è stato un nobile decaduto e letterato italiano, ricordato per essere il personaggio con meno pazienza della storia italiana. Nato prematuro da una coppia di artigiani specializzati nella produzione di savoiardi per il tiramisù, Giovannenrico acquisirà la carica nobiliare da una sua zia ricca. Nel 1830 intraprende gli studi di economia, ma dopo 23 minuti abbandona la facoltà in quanto “tediato” dalle argomentazioni, secondo lui riconducibili tutte ad “un numero finito di cifre, comprese le quali null’altro vale il tempo dell’ascolto”. Nei 12 giorni seguenti si iscriverà a tutte le facoltà universitarie, incluse “Scienze Coloniali”, “Uncinetto romanzo” e “Papirografia lombarda”. In nessun caso rimarrà iscritto per più di tre ore, ed il mese successivo, ritenendo di aver esaurito lo scibile umano, partirà per un viaggio intorno al mondo. All’altezza di Recanati Nord, però, provato per le fatiche del viaggio iniziato due ore prima, si fermerà in un ostello e da qui rientrerà a casa scrivendo sul suo diario “ho visto quel che v’era da vedere”. Si cimenterà in diverse opere letterarie e teatrali, tutte con la caratteristica d’essere estremamente brevi, come nel caso della celebre “Omeo e Ulietta”, composta d’un solo atto e d’una sola battuta, una voce fuori campo che recita “S’amavano, ma non si volle: perirono”. Nel 1850 pubblica un romanzo maturo, in cui però decide di scrivere solo la prima riga d’ogni pagina, lasciando al lettore “spazio per l’inventiva”. Il romanzo doveva avere cento pagine così scritte, ma il Cazzofratto si fermò a pagina tredici, lasciando “ulteriore spazio per l’inventiva”. Il romanzo rimase come manoscritto sulla scrivania in quanto l’editore, distante ben due isolati, risultava “assai difficile da raggiungere”. E’ solo per un puro caso che tale opera giunse alle stampe, utilizzata impropriamente da una delle domestiche per incartare del pesce e poi ritrovata, sempre fortuitamente, da un linotipista belga di nome Blüppe. Durante il resto della sua esistenza, fondamentalmente il Cazzofratto non fece nulla, trastullandosi con piccoli piaceri domestici, una domestica diciottenne e alcune importanti riserve di Beaujolais. Giunto ai 70 anni decise “d’essersi stancato di questo intenso e prostrante mestiere del vivere”, e si abbandonò sul letto su cui, nel giro di qualche tempo, spirò. Oggi il suo corpo riposa in vari cimiteri in quanto le sue disposizioni (unite ad un cospicuo lascito) furono d’essere esumato ogni 2-3 mesi e traslato in un nuovo sacello. Sulla sua lapide sono riportate le sole iniziali G.M.C. in quanto nella nota testamentaria egli ritenne “d’eccessiva esasperazione riportare l’intero nome, quando tutti ben sanno come mi chiamo”. NB. Tutte le citazioni in virgolettato sono state riportate nel diario di Giannenrico dal biografo Emanuesto Scribacchi, assunto perché “la redazione d’un diario è una attività snervante per un uomo della mia tempra”, come ebbe a riportare lo Scribacchi stesso.
3 notes
·
View notes
Photo

Fistifacchio Sborroni (Napoli, 1959 - Las Vegas, 1998) è stato uno dei più celebri e pagati attori pornografici degli anni ‘70-’80. Nato a Napoli da genitori molto poveri, non conobbe mai il padre: nonostante vivesse con lui e la madre non si presentò mai e indossò per quasi tutta la vita una maschera con occhiali e baffi finti. Questo fatto, unito al trauma dell’estrema povertà (la madre era solita prostituirsi in cambio di applausi), lo portò ben presto ad allontanarsi dalla famiglia e a tentare la carriera militare. Rifiutato dall’Accademia militare in quanto “fuori standard per la dotazione bellica italiana”, prima provò ad entrare nella Legione Straniera, fallendo però il test di ammissione a causa di una risposta errata sulle regole di precedenza stradale tra cammelli, e quindi decise di emigrare negli Stati Uniti in cerca di maggior fortuna. Imbarcatosi da Salerno sul mercantile “Pataffio” con il ruolo di mozzo e albero di trinchetto di ricambio, arrivò a New York il 13 Settembre 1970 con qualche soldo frutto dell’eredità di una sua zia ricca e un carico di speranze giovanili ancora parzialmente inespresse. Nella Big City Fistifacchio svolge numerosi mestieri: barista, inserviente, giudice nelle gare di morra cinese, pedicure per opossum, assistente di volo, infermiere, tacchino del ringraziamento e redattore di cruciverba semi-professionista. Conosce anche una infermiera del Wisconsin, Fonda May Lewis, con la quale si sposerà nel ‘72, trascorrendo un periodo di relativa tranquillità tra la famiglia e il suo lavoro di manutentore dei meccanismi di rotazione dei copricapezzoli in un locale burlesque di Soho. Qui un giorno viene notato da un produttore di film per adulti, Jarry Fappo, il quale si accorge casualmente delle incredibili dimensioni del pene di Fistifacchio. L’episodio, narrato nella celebre biografia su Fistifacchio “CineAsta”, pare sia avvenuto nei bagni del locale, dove il giovane stava usando la toilette sedendo però nello stesso tempo al bancone del bar dall’altro lato dell'edificio. Impressionato dalle potenzialità di Fistifacchio, Jarry gli propone di entrare nel mondo del cinema pornografico, anche se inizialmente solo come comparsa. Il talento del giovane attore si rivela però notevole, e Fistifacchio, sotto numerosi pseudonimi, diventa in breve il re incontrastato del cinema erotico di quegli anni. All’epoca i film erotici avevano ancora una trama, a volte anche piuttosto complessa, e quindi le doti attoriali di Fistifacchio vengono particolarmente apprezzate, come nel caso di “Danish Weird Erotica”, ispirato all’Amleto di Shakespeare, dove il pene di Fistifacchio recita una indimenticabile versione del celebre monologo nel ruolo di Yorick. La fama e il successo, oltre ad una considerevole quantità di denaro, hanno però su Fistifacchio un effetto profondamente negativo. L’attore inizia a bere e ad assumere droghe molto potenti derivate dal sudore dei girini, diventando in breve tempo gravemente tossicodipendente. La sua vita va rapidamente letteralmente a rotoli: abbandonato dalla moglie, si ritrova a spacciare, prostituirsi, rubare, compiere truffe e persino dare ripetizioni di latino ad alcuni liceali ricchi pur di pagarsi le sempre crescenti dosi di droghe sintetiche di cui è schiavo. Nel 1998, mentre è a Los Angeles sul set di una pellicola pornografica dal titolo “Se mi lasci ti sfondo”, Fistifacchio - sotto l’effetto di alcool e droghe derivate dalla forfora dei pipistrelli venezuelani - commette un grave errore tecnico e viene colpito violentemente in testa dal suo stesso pene in erezione. Il trauma cranico che ne deriva lo fa cadere in un coma profondo dal quale l’attore - il cui fisico è già debilitato dalle sostanze stupefacenti e dall’alcol - non si riprenderà più. Secondo le sue volontà, verrà cremato e le sue ceneri verranno sparse sul mare vicino a San Diego. Il suo pene verrà cremato a parte e le ceneri, sparse sul Golfo del Messico, causeranno un oscuramento della luce solare con un calo delle temperature percepito in tutto l’emisfero boreale.
2 notes
·
View notes
Photo

Hentro Darretro (Siviglia, 1920 - Budapest, 1991) è stato un cosiddetto ladro-gentiluomo, poi collaboratore delle forze dell’ordine, spagnolo. Nato da una famiglia poverissima (i suoi genitori masticavano il cibo per le famiglie dei quartieri abbienti di Siviglia), cresce nei vicoli e sulle strade della città andalusa. Fin da giovanissimo apprende l’arte del borseggio e della truffa, specializzandosi nello svaligiare le ville dei ricchi borghesi e della decadente nobiltà. Nel 1933 ruba un piumino da cipria alla contessina Federica Infanta de la Sfuenda, e per questo viene arrestato e percosso ininterrottamente dalla polizia fino al 1936, anno in cui viene rilasciato per una amnistia concessa per l’anniversario dell’invenzione del gelato al gusto “Malaga”. Tornato sulla piazza, poverissimo e senza mezzi, circuisce una anziana ereditiera, Leonilda Pampero de la Grinza, fuggendo in Svizzera con una cospicua quantità di contante, due dalmata di peltro e un prezioso ritratto di Goya in cui è rappresentata una sua zia ricca. Qui si costruisce una nuova identità come Herzog Rubo, ebreo slovacco con ascendente capricorno. Tuttavia il suo stile di vita dispendioso, le numerose amanti e il suo vizio per la tosatura dei Collie, lo porteranno in breve a dover riprendere la strada del crimine. Vive di grosse truffe ai banchi dei pegni, dove finge di essere un nobile decaduto in cerca di liquidità e ottiene prestiti cospicui dando in garanzia tele di inestimabile valore che si riveleranno poi essere dei banali vassoi da portata macchiati di sugo. La sua dialettica, il suo charme, gli abiti elegantissimi, l’accento straniero, gli consentono di ingannare banchieri, finanzieri e ricchi imprenditori, convincendoli ora ad investire nel commercio di furetti con il Ghana, ora ad acquistare fantomatiche obbligazioni legate all’andamento del latte di cocco in Groenlandia, ora a cedergli importanti capitali per investimenti “sicuri” nel mercato dei vitalizi per polli. Arrestato dal tenace poliziotto francese Gérard Tattrape, che lo inseguirà per mezza Europa fino ad incastrarlo ad Istanbul mentre cerca di vendere il Mar Caspio ad un fabbricante di ombrelli fiorentino, confesserà tutti i suoi crimini venendo condannato a 237 anni di carcere, di cui gli ultimi 5 con il beneficio della libertà vigilata. Tra i due personaggi - guardia e ladro - è nata però una simpatia maturata nei lunghi mesi di costante rincorsa, e Tattrape comprende l’animo gentile del Darretro, mai incline ai gesti di violenza e sempre molto attento alla scelta delle proprie vittime tra i ricchi più opulenti, pigri, e con i peggiori difetti di pronuncia. Dopo sei mesi di carcere, infatti, Tattrape propone a Darretro di diventare un collaboratore dell’Interpol nella caccia ai ladri più spietati e ai truffatori più abili del vecchio continente. Dopo alcune perplessità, Darretro accetta e i due diventeranno una coppia inseparabile nella lotta al crimine. Tra i loro arresti più celebri ricordiamo il rapinatore di origini italiane Aldo Scappo, la coppia criminale composta da Adalaida Coigonzy e Danny Lenoni, che incastrava ricchi imprenditori e politici con foto compromettenti e poi li ricattava ferocemente, Vassilij Svaligi, rapinatore di banche ucraino e Boris Palo, complice in numerosissime azioni criminali, sia pure sempre in un ruolo secondario. Completamente riabilitato, Darretro otterrà anche dei riconoscimenti ufficiali per il servizio svolto e si ritirerà a vita privata nel 1979, anche in seguito della morte di Tattrape, colpito da una pallottola vagante durante un conflitto a fuoco con un noto stupratore seriale di tacchini. Sulla sua avventurosa vita sono basati alcuni personaggi del cinema e della letteratura, in particolare il protagonista del celebre romanzo "Menti sfuggenti”, scritto da Phil Lology nel 1982, vincitore di numerosi premi.
1 note
·
View note
Photo

Bruttòdio Tristerelli (Genova, 1912 - S. Giovanni Tumefatto, 1993) è stato un filosofo e pensatore italiano, maggiore esponente della corrente denominata del “Pessimismo esagerato”, altrove definita come “Infelicitismo crogiolante” o “Pansfighismo”. Orfano dei genitori, cresce e si forma in Liguria presso la casa di una zia povera, entrando nel gruppo giovanile “Gufi morti” e frequentando l’associazione accademica poi nota come “I Ragazzi di Staglieno”. Dirige una piccola rivista locale di necrologi, intitolata “Loro, almeno”, su cui vengono periodicamente inseriti editoriali su quanto un sasso sia mediamente più felice di un essere umano, per quanto nel suo piccolo anche il sasso i suoi bei problemi di famiglia se li porta sempre dietro. Diventato docente della cattedra di Chemioterapia dei Vermi Ciechi all’Università di Teramo, inizierà un lungo processo intellettuale che sfocerà nella fondazione dell’Infelicitismo come corrente di pensiero e filosofia morale. Stabilito il primo assunto metafisico che Dio esiste, gioca contro di noi in un girone della morte e gli servono i tre punti per passare il turno, il pensiero infelicitista sviluppa numerosi assiomi etici, tra cui quello secondo il quale ogni uomo non solo non sarebbe dovuto nascere, ma non avrebbe nemmeno dovuto compilare il modulo di iscrizione, e quello, detto del “primo escluso”, per cui tra due opzioni eticamente equivalenti, l’uomo tenderà a scegliere quella non più disponibile su Amazon. La vita, secondo il pensiero Infelicitista, è “una forma di invalidità permanente” in cui i brevi momenti di apparente felicità sono per lo più legati ad errori di valutazione “come quando pensi di avere il numero vincente della lotteria e invece non è quello giusto, non hai nemmeno il biglietto che in realtà è un pezzo di carta sporca, e tu non sei a casa davanti alla televisione ma in un angolo di strada vestito di stracci ed è tutta una illusione dovuta all’intossicazione da colla vinilica”. Come viene riportato nell’incipit di “Fa tutto schifo e ne ho le prove” (Sellerio, 1960): “La sola cosa bella che può capitare nella vita di un uomo è il tetano”. Intervistato da una giornalista negli anni ‘70, dichiarerà di essersi aperto ad una revisione più moderata del suo pensiero. “Alcuni momenti di gioia”, dichiarerà, “si possono effettivamente dare, per quanto effimeri. Ad esempio, sapere che nel corso delle tremende sconfitte della vita si possono comunque avere le carie, mi dà un certo senso di sollievo”. Le sue principali opere, pubblicate tra il 1955 e il 1981 sono: “Anarchia e caos: Neri per caso” (Sellerio) “Coliche in Armenia” (Adelphi) “Spararsi in bocca come simbolo delle tradizioni natalizie europee” (Giunti) “Cronache di un ascesso” (Adeplhi) “La menopausa tra gli adolescenti” (Mondadori) Prima di morire per le complicazioni di un banale incidente con un fucile Remington calibro .233 casualmente appoggiato alla tempia, lascerà un biglietto con una frase enigmatica, ancora allo studio dei biografi: “Non importa cosa pensi del bicchiere, mezzo vuoto o mezzo pieno. Conta quello che il bicchiere pensa di te. E i bicchieri, credetemi, sanno essere dei veri figli di puttana”.
1 note
·
View note
Text
Iolando Gerundi

Iolando Gerundi (Firenze, 1969) è un illustre semiologo ed esperto di linguistica italiano. Nasce terzo di quattro fratelli in una famiglia molto povera, che si sostiene grazie alle entrate del padre il quale fornisce indicazioni agli automobilisti di passaggio in cambio di piccole mance. Purtroppo però, essendo gravemente balbuziente, causa spesso ingorghi al traffico e viene per questo costretto ad abbandonare la professione. Troverà quindi lavoro come sgabello umano all’Accademia di Belle Arti, dove resterà fino alla pensione. Iolando, fin dalle prime classi di scuola, si dimostra incredibilmente dotato per la grammatica e la sintassi, correggendo tutto ciò che gli passa davanti con la sua inseparabile matita rossa. Corregge maestri, professori, libri, manifesti, giornali. In alcuni casi si mette anche nei guai, come quando cerca di inserire a forza una T a Giovannino Sopratutto, un adolescente di Molfetta da poco trasferitosi a Firenze, o quando tratteggia con una sottolineatura rossa la fronte di Epilino Poichè, un vigile urbano di Urbino in gita a Fiesole. Ottenuta una borsa di studio, Iolando si iscrive all’Università, eccellendo nei corsi di Apostrofìa Romanza, Filosofia degli Accenti e Modi di Dire. Laureatosi a pieni voti con una tesi sugli pneumatici, Iolando trova un impiego come correttore di bozze al giornale “La Nazione”, e intanto elabora alcune complesse teorie, poi raccolte nel libro “Metafisica dell’apostrofo”, secondo le quali Dio è in realtà una emanazione dell’individuo stesso e pertanto si scrive “D’io”. Di questo periodo è anche la sua discussa partecipazione alla società segreta “Correggi ed Impera”, in seno alla quale pare venne organizzato anche il celebre attentato dinamitardo alla sede della casa editrice “Bona La Prima”, colpevole di aver pubblicato un libro in cui gli errori ortografici superavano incredibilmente il numero di parole in esso contenute. Nel 2008 conosce la giovane Circonflessa Puntacazzi, alla quale resterà a lungo legato da un rapporto sentimentale e professionale. Circonflessa infatti è una infaticabile castigatrice dei costumi ortografici e accesa femminista, autrice di numerose pubblicazioni tra cui “La virgola come strumento di oppressione sessuale”, “Esclamativi repressi” e “Punto e virgola, o forse dovremmo dire: virgola e punto?”. Il rapporto tra i due si incrina però per le crescenti divergenze di opinioni, e anche perché Iolando nel frattempo si è invaghito di Anacoluta Adynaton, una giovanissima italo-americana dai costumi sintattici e sessuali molto aperti. Con Anacoluta, Iolando vivrà una intensa ma breve stagione di passione e avventura, sperimentando nuove posizioni degli aggettivi rispetto ai nomi, e iniziando numerose frasi con una congiunzione. Il tempestoso legame tra i due arriverà però presto alla inevitabile rottura: Anacoluta fuggirà con un batterista canadese con una forte dipendenza da lesso e mostarda, iniziando una tragica spirale che la porterà alla misteriosa morte, nel marzo del 2010, quando venne ritrovata in una camera d’albergo con un vasetto di salsa verde aperto sul comodino. Iolando faticherà a riprendersi da questi eventi della sua vita privata, ma alla fine troverà le energie per proseguire la sua carriera accademica diventando anche editore con la Casa “Trigramma”, in cui vengono raccolti alcuni testi fondamentali sull’uso corretto della lingua italiana e sulle ritorsioni applicabili in caso di reiterati abusi della stessa. Nel 2012 lancia il suo sito internet “Grammarbook”, un social network in cui si possono “taggare” nomi e fotografie di persone che hanno commesso degli errori di ortografia, evitando così che essi possano mettere in pericolo le conversazioni di altre persone. Utilizzando questo sito e l’apposita App per smartphone, viene garantita una riduzione di oltre il 60% delle probabilità di sentire frasi come “Vorrei tanto che tu sia felice” al primo appuntamento con uno sconosciuto. Oltre a queste attività, oggi Iolando Gerundi è caporedattore della rivista di moda e linguistica “OrtoGrazia”, membro del Collegio dell’Accademia della Farina Kamut e scrive regolarmente per la rivista giovanile di cultura e società “Tanto ho uno Zio Ricco”.
0 notes
Text
Bramo Mutande

Bramo Mutande (Sansobbia, 1944 - Nizza, 2012) è stato un attore italiano, divenuto famoso sulla scena mondana come playboy. Figlio adottivo di due mimi specializzati nel genere fantasy (celebre la loro versione gestuale de “Il Signore degli Anelli” in cui Bramo recitava spesso nella parte di un sasso), trascorre la propria gioventù sulla Riviera Ligure nella casa al mare di una zia ricca, alternando frequenti puntate in Costa Azzurra dove, con un gruppo di amici (Pippo Stupefacci, Franco Pucchiacca e Spanco Minori), costituisce una compagnia piuttosto nota negli ambienti della vita notturna nizzarda e monegasca. Insieme a Pippo, verso la fine degli anni ‘60, apre il “Bambù” una delle prime discoteche di Milano, poi chiusa dopo pochi anni a seguito del famoso “Scandalo del Bambù”, quando nel retro del locale, invece della consueta cocaina, venne ritrovata una intera teglia di melanzane alla parmigiana e un panda in stato comatoso. Nonostante la partecipazione ad alcuni film (soprattutto B-movies come “La suora” e “Vongole”), la sua notorietà sarà dovuta soprattutto dalle sue avventure amorose con donne bellissime. Nell’estate del 1968 ha un breve flirt con Daisy Duck, in Europa per una vacanza sulla Costa Azzurra, che gli porta una incredibile notorietà a livello mondiale. “A letto”, dichiererà il Mutande alla stampa francese, “Paperina (in italiano nel testo, ndr) era di una passione devastante. Quando la conobbi aveva appena rotto con Donald, e credo di averla aiutata a superare la depressione e le ipocrisie della cultura americana mostrandole il vero mondo e la vera trasgressione, proprio qui, tra i locali e le alcove della Riviera” Dedito al gioco d’azzardo e all’insana passione per i cavallucci a dondolo, Bramo finirà con il dilapidare rapidamente il proprio patrimonio e a trovarsi costretto a ricominciare da capo costruendosi una seconda vita come ostacolo nelle gare di dressage. Le vecchie abitudini sono però dure a morire, e a soli 68 anni viene colpito da un malore mentre è impegnato in un party a base di alcool e suffumigi balsamici con un gruppo di pentatlete ninfomani diciannovenni piuttosto sudate. Trasporato in ospedale, spirerà poco dopo, lasciando al mondo una delle sue più celebri frasi, che riassume la filosofia di una vita dissoluta e vissuta al massimo, tutta e solo nel presente: “La mia vita è stata condotta secondo un criterio molto semplice. Se ho fame, mangio. Se ho sete, bevo. Se voglio aspirare polvere di ghiandole surrenali di opossum miste a cocaina purissima dalla pancia di una contorsionista svedese di quindici anni bendata e legata al letto, aspiro coca e opossum da una acrobata scandinava minorenne legata al letto. La semplicità è la chiave felicità.”
1 note
·
View note
Text
Dàndola Socialetti

Dàndola Socialetti (Viareggio, 1986), più nota con lo pseudonimo o “nickname” di «Sbrocchia», è una celebre fashion blogger e scrittrice italiana. Come la maggior parte dei blogger inizia curando il sito internet di una sua zia ricca e pubblicando in rete dei brevi scritti corredati da fotografie, il cui tema spazia dall’astrofisica alla minestra di lenticchie. Le fotografie - grazie ad un sapiente uso del grandangolo - la ritraggono con un’aura di sensualità, fascino e mistero, in quanto non ne definiscono mai una precisa identità. In alcuni scatti del 2005, si fa ritrarre dal fotografo dilettante Pacopo Polpetti in pose sexy-chic travestita da facocero gamer professionista. A quei tempi il concetto di facocero-nerd-sexy era ancora poco sfruttato, e queste immagini conquistano il web in pochissimo tempo garantendole un certa popolarità. Il successo arriva nel 2006 quando, raccogliendo tutte le idee dai commenti del blog, molto popolare all’epoca, pubblica il suo primo libro dal titolo “*”. Il pubblico, sia pure di nicchia, apprezza molto la sua opera prima anche grazie al volano dei social network su cui diventa un vero e proprio fenomeno di costume, soprattutto tra i single stempiati con gravi problemi a livello di figura materna (che all’epoca costituivano il 99,8% del pubblico di internet). Motivata dal successo, Dàndola-Sbrocchia decide di lasciare la sua professione di presidentessa dell’emisfero boreale per intraprendere l’entusiasmante carriera di blogger a tempo pieno. Decide quindi di attivare una serie di attività imprenditoriali connesse con il ruolo di fashion blogger ormai affermata, tra cui: - brevettare la sua frase tipica “hey, ciao, ma io e te non ci siamo già visti alla festa di Ilaria?”, che costituirà l’elemento caratterizzante stampato su una serie di gadget, t-shirt e capi d’abbigliamento. - intraprendere una serie di corsi ed eventi on-the-road insegnando alle persone a mangiare la zuppa inglese senza fare rumori strani. - supportare alcune aziende di abachi e zufoli nel rafforzare la propria immagine online giocando sul fatto di essere in cima e in fondo agli elenchi alfabetici. Nel frattempo Dàndola partecipa alla sceneggiatura di alcuni film di successo come “Procioni contro Donnole”, “Ti vorrei convolvolo”, “Donne forti ma fragili. Ma forti. Ma fragili”, ed il recente “Ginocchia orrende”, del 2013. Attualmente ha lanciato una attività di crowdfounding per sostenere la sua iniziativa del più grande e-commerce di nasi finti d’europa, e partecipa stabilmente alla trasmissione radiofonica “Cloppiti” con una sua rubrica dal titolo “Trovare gonzi prima che ti molli il fisico”. Nel 2012 si è fidanzata con un produttore brasiliano di liquore al tapiro e vive a L.A. (Ladispoli Alta) dove scrive e collabora con la rivista di moda e cultura generale “Peni”. Il suo profilo Twitter @Sbrokka ha ottantremila miliardi di follower.
9 notes
·
View notes
Text
Centrodestro Sinistroni
Centrodestro Sinistroni (Roma, 1954), è uno scrittore, giornalista e uomo politico italiano, deputato e fondatore del PPI (Partito del Poverinismo Italiano), oggi attivamente impegnato nella battaglia per il diritto dei Draghi di Komodo alla partenogenesi legalmente riconosciuta. Nato da una famiglia borgatara romana (la madre sbarca il lunario con il gioco delle tre carte, mentre il padre partecipa nel ruolo di asso di coppe), cresce per lo più con una zia ricca che lo prende in simpatia in quanto di gracile costituzione e facile all’autocommiserazione. Terminato il liceo, inizia a partecipare alla redazione della rivista studentesca “Ops”, dove scrive articoli sull’attualità e sul panorama politico in cui, come dichiara il Sinistroni nel manifesto editoriale, “si realizza il ruolo di chi ha scoperto d’aver avuto torto senza aver ancora scoperto quale che sia la ragione”. Notato da alcuni esponenti del nascente Partito delle Scuse Facili (PdSF), nel 1979 viene coinvolto come redattore ed editorialista della testata politica “L’Alibi”. Rimangono memorabili alcuni suoi elzeviri che firmerà con lo pseudonimo “Giannenzo Paraculo” in cui prende una posizione di grande equilibrio sulla questione sociale (“Né coi poveri né coi ricchi”), l’aborto (“Né con le madri né con i feti”), la guerra (“Né col fucile né senza”) e la questione Chiesa-Stato (“Né breccia né Porta Pia”). Verso la metà degli anni Ottanta, Sinistroni entra in un conflitto sempre più profondo con la direzione del PdSF, fino a mostrare chiaramente l’intenzione di uscire dal Partito in uno storico discorso di cui citiamo uno stralcio particolarmente significativo: “Abbiamo sbagliato, sappiamo di avere sbagliato, ma ora ci caricheremo i nostri pesanti errori sulla schiena, e, schiacciati dal senso di colpa, partiremo all’alba, avanzeremo strisciando, sgusceremo lungo un pertugio, dolorosamente, con difficoltà, ma alla fine del travaglio - ve lo posso garantire - non troveremo assolutamente nulla.” Il “Discorso di Chiagni Castello”, come verrà chiamato in seguito dall’amena località del convegno in provincia di Macerata, è considerato di fatto l’atto fondante del nuovo movimento che nascerà proprio quella sera, al Ristorante Pizzeria Marechiaro, al momento di pagare il conto in cui erano chiaramente stati inclusi due dessert che nessuno ricordava di aver preso, e che assumerà il nome di Poverinismo Italiano (PI). Rappresentato dalla rivista politica “Il collo di bottiglia”, questo movimento diventerà un partito politico nel 1989, presentandosi alle elezioni con il simbolo del cane bastonato, sostituito poi nel 1992 dal simbolo ancora in uso del gattino bagnato (preferito dai Comitati Poverinisti alla rana triste in un sondaggio non privo di polemiche). Alla prima tornata elettorale, il PI prenderà lo 0,0000000001% dei voti, risultato giudicato dalla dirigenza “molto interessante e indiscutibilmente superiore allo zero”. Tuttavia il successo insperato, che consentirà al PI se non di avere rappresentanti in Parlamento almeno di poter “lasciare un messaggio per essere richiamati appena possibile”, porterà ad una crisi interna e ad uno scisma che dividerà il PI in Partito del Poverinismo Italiano (PPI) e Partito Vittime del Poverinismo Italiano (PVPI). Quest’ultima fazione incentrerà il proprio programma sul concetto di lamentela costante e nell’incolpare eventi ineluttabili del proprio fallimento, mentre il PPI punterà decisamente verso l’obbiettivo unico dell’autoflagellazione. Nel 1994, il PVPI si scioglie in quanto le proprie proiezioni elettorali iniziano ad indicare numeri irrazionali, mentre il PPI affronta la sfida delle Elezioni Europee. Sinistroni si candida, ma non ottiene abbastanza voti (“la Zia Eufrazia ha scelto un brutto momento per lasciarci” - dichiarerà il politico), riuscendo però a farsi eleggere nel Parlamento Puffoso dei Puffi, con sede a Bruxelles, sconfiggendo il nipote di Gargamella al ballottaggio. Nonostante il compenso gli venga corrisposto in Puffragole, Sinistroni riesce a costituire un team di volontari per affrontare la sfida delle elezioni politiche del 1996 in cui il PPI - grazie ad una sapiente alleanza con il Partito dei Gemelli Siamesi (PGS), i Pensionati Acrobatici Italiani (PAI) e i Democratici Brutti (DB) - otterrà 8 voti, sufficienti a garantire a Sinistroni un seggio in Parlamento grazie ad un cavillo della Legge Elettorale noto come “La Regola dell’Amico”. Sinistroni, all’apice del successo e della felicità dichiarerà alla stampa “Meno male che avevo tenuto lo scontrino”. Unico partito a scampare indenne il processo di Tangentopoli (unicamente perché i tentativi di corruzione ricevuti da Sinistroni erano stati tutti effettuati con bustarelle in cui non c’era denaro, ma bigliettini con alcuni disegnini e dei bottoni colorati) il PPI otterrà il 98% dei voti nelle Elezioni Amministrative del 1997. Sinistroni, ben avvezzo al successo e al potere, accoglierà il consenso con grande equità e rispetto delle minoranze, autodichiarandosi Imperatore del Mondo e reistituendo lo Ius Primae Noctis. Purtroppo, con il successo arriveranno anche le crisi interne, che frammenteranno la maggioranza bulgara del PPI in qualcosa di molto simile ad un frullato di meduse. Nel giro di due mesi e mezzo, infatti, nel PPI nasceranno 2453 correnti, 489 partiti, 1934 fazioni e 395 squadre di calcetto. Alle elezioni successive, il suo antagonista storico Sinistrello Centrodestri otterrà il 2400% dei consensi, venendo eletto anche da alcuni Inuit del Circolo Polare Artico. Purtroppo, la strategia di Sinistroni di incentrare tutta la campagna elettorale sui diritti politici e sociali dei Venusiani non ottenne un grande riscontro nell’elettorato, né aiutò la causa del PPI che si vide costretto ad una lunga fase di autocritica. In questo periodo Sinistroni, pur continuando a far parte del Parlamento come mascotte a vita, pubblicherà anche alcuni libri di analisi politica molto significativi, tra cui: “Scusate, colpa mia” (2002), “Che peccato” (2004), “Mannaggia” (2005), “Almeno ci siamo divertiti” (2005), “Così così, dai” (2008), “Pellagra” (2009) e “Ornella Vanoni” (2011). “In fondo” - ha dichiarato Sinistroni in una recente intervista - “la politica non è altro che una lunga serie di errori di cui pentirsi. Sbaglia chi fa, sbaglia chi non fa, sbaglia chi vota a votare chi non dovrebbe votare e sbaglia chi non vota a non votare chi dovrebbe votare. E’ colpa mia, certo, ma anche e soprattutto colpa vostra. Ed è colpa dei giornali, della società, della cultura, della scuola, del meteo, della crisi e delle macchinette che si mangiano i soldi e non ti danno le noccioline. L’unica strada che vedo per il futuro è un doloroso cammino di trasformazione, una lunga e penosa marcia, nudi, scalzi, su una tortuosa via cosparsa di ceci secchi e ricci di castagna. Solo espiando tutti i nostri errori, purificati, rinati, saremo pronti a rifarli tutti, tali e quali, qualcuno anche peggio. Perché è così che funziona, ed è questo il messaggio di speranza che voglio lasciare ai giovani che oggi si affacciano alla politica e alla vita sociale: questi sono gli errori dei vostri padri, che gravano su di voi come macigni, non ce la potete fare. Siete giganti sulle spalle di nani capovolti.”
1 note
·
View note
Text
Zummo Fisciai
Zummo Fisciai (Buones Aires, 1944) è un fotografo argentino di orgine italiana. Nato da una famiglia di emigranti molisani, coltivatori di tamarindo impiegato per scopi cosmetici, studia prima legge e poi chimica dei peperoni, laureandosi a pieni voti e trovando lavoro in una fabbrica conserviera. Inviato in Congo per una raffinata tecnica di mobbing, il Fisciai porta con sé una macchina fotografica regalatagli da uno zio ricco, ed inizia ad appassionarsi alla fotografia. I suoi primi scatti sono improntati ad una profonda cupezza e non vengono immediatamente apprezzati: poi nel 1972, Fisciai fa una importante scoperta, e toglie il tappo dall’obbiettivo. Da qui decide di abbandonare la sua promettente carriera di assaggiatore di peperonata scaduta per dedicarsi a tempo pieno alla fotografia di reportage. Inizialmente pensa, insieme alla moglie Manfrotta, di recarsi nelle zone più tormentate del mondo per denunciare la violenza, la fame e la sofferenza. Poi, considerato che tale impresa avrebbe richiesto “un certo sbattimento”, decide di fotogafare i gerani sul terrazzo di sua madre. Il suo primo lavoro, “Flora” (1974), ottiene un discreto successo e viene pubblicato da molte riviste specializzate nei fiori da balcone. Fisciai scriverà su di esso: “E’ un lavoro primordiale, in cui il significato politico - pur presente - non è immediatamente percepible. Tuttavia, già all’epoca, sentivo che dovevo impegnarmi per il bene dell’umanità” Dopo un breve periodo di riflessione, Fisciai decide di intraprendere un altro lavoro che lo porterà in giro per il mondo per ben 4 anni, alla ricerca di immagini che raccontino il profondo disagio delle persone in fila ai buffet. “In questi scatti” - scrive Fisciai - “troviamo tutta la storia dell’umanità, i suoi istinti primordiali, la lotta per la sopravvivenza. Io stesso sono rimasto per 23 ore in fila per un paio di gamberetti che si sono anche rivelati del tutto insapori. Qui, ogni traccia di umanità scompare e resta solo la componente di prevaricazione più brutale: conquistare il cibo, prima degli altri. Per chi non supera la prova rimangono solo due strade: la morte o la focaccia stantìa.” Al termine di questo lungo viaggio, Fisciai pubblicherà il suo secondo libro: “Permesso”, in cui vengono raccolti più di mille scatti in bianco e nero dai buffet più terrificanti del mondo: la mensa di una grande azienda svizzera, il matrimonio di una coppia ligure, un villaggio vacanze sul mar rosso nel mese di agosto, e molti altri ancora. Sono immagine tremende, a volte scioccanti. Fisciai le commenterà dicendo: “Il mondo doveva sapere, doveva vedere cosa sono costretti a subire questi popoli. Una volta, ero a La Spezia, dopo 3 ore di fila, tutte le acciughe impanate erano finite, e restavano solo taralli secchi e qualche scaglia di grana. E’ lì che ho visto piangere uomini adulti, alcuni impazzire, perdere la ragione, abbandonarsi alla disperazione. In qualche modo, in questi lunghi anni, ho perso tutta la fiducia nel genere umano.” Tornato in patria, Zummo Fisciai si prenderà un lungo periodo di pausa, nel quale si dedicherà alla famiglia e alla coltivazione del luppolo. Solo nel 1986 ritroverà la voglia di cimentarsi con una grande progetto fotografico, abbandonando però in parte il filone del reportage per dedicarsi maggiormente a quello naturalistico. Il suo lavoro, che prenderà il nome di “Bagoni”, gli richiederà quasi 10 anni, durante i quali fotograferà più di 12.000 specie di insetti politicamente e socialmente repressi. Nel 2003, Fisciai decide di lasciare all’umanità una grande opera che costituisca in qualche modo il suo testamento artistico e un profondo omaggio al pianeta. Dopo aver pianificato meticolosamente il suo progetto con la moglie che gli consiglia brillantemente di portarsi “una giacca pesante”, contributo senza il quale il grande fotografo probabilmente sarebbe morto di polomonite, Fisciai decide che si recherà nei luoghi più primordiali, più ancestrali della Terra, dove gli uomini - se ve ne sono - vivono ancora come all’età della pietra o all’alba dei tempi, senza cultura, senza infrastrutture, senza negozi, senza città, senza nulla. E’ l’ottobre del 2004 quando Fisciai parte per l’Abruzzo. Nei nove anni successivi, il grande fotografo argentino visiterà gli angoli più remoti e dimenticati del pianeta, riportando immagini che sembrano scattate al momento della creazione, o comunque nei venti minuti successivi. Sarà a Tortona, per due anni, vivendo con una tribù di Cassano Spinola, talmente arretrata da ignorare completamente l’avvento della fibra ottica, delle biciclette a scatto fisso e della cultura hipster in generale. Si sposterà poi con gli Inuit dell’Appennino Ligure, che abitano in valli in cui il sole è visibile solo per un brevissimo periodo e sopravvivono a condizioni di umidità e isolamento incredibili. Documenterà le colonie di pinguini del Varesotto e le grandi migrazioni invernali di Yak tra Voghera e Lomello, dormirà con le tribù dei Grebani di Borzonasca, che solo per approvvigionarsi di cibo devono percorrere decine di chilometri su piste di montagna quasi impraticabili, e documenterà le grandi masse migratorie tra l’hinterland e il centro di Milano, in cui solo una parte dei pendolari sopravvive alle durissime condizioni del viaggio. “Questi popoli - scrive Fisciai nel suo libro «Qui c’è l’aria buona» - vivono in pace con la terra. In alcune di queste tribù è normale che le donne vengano condivise e si accoppino con tutti i maschi della comunità. Sono regole di sopravvivenza, e poi devo dire che d’inverno ci si annoia parecchio” Oggi Fisciai è tornato a vivere in Argentina, nella fattoria dei suoi genitori nei pressi di Buenos Aires, dove con la moglie ha avviato un esperimento per l’allevamento di piccoli bradipini da mettere in piccole ceste con piccole copertine per la generazione di “awww” la cui energia viene impiegata per produrre elettricità ad impatto zero. Ad oggi, il suo progetto ha già generato 15 milioni di “awww”, convertiti in 200 gigawatt di energia elettrica, evitando emissioni nell’ambiente per 30 milioni di metri cubi di anidride carbonica.
1 note
·
View note
Text
San Calcaro da Ridracoli
San Calcaro da Ridracoli (Ridracoli, 1289 - Roma, 1360) è stato un religioso e filosofo italiano. Nato da due artigiani molto esperti nell’impagliare le anatre per essere utilizzate come birilli in un gioco di bocce allora molto in voga (la “Pallanserina”), trascorre la giovinezza imparando il mestiere di sartimbanco, una professione molto pericolosa in cui ci si trova spesso a correre con delle forbici in mano. Chiamato allo stato religioso per la seconda volta (alla prima volta era risultato occupato), entra nella Congregazione delle Beata Maria Vergine dei Calzini Spaiati, dove svolge le funzioni più umili: nettare le latrine, pulire le stalle e tenere aggiornato il blog del convento. Nel 1314, a causa di una calunnia (venne male interpretata la sua nomea di “Bocca di Paradiso”, che si rivelò poi riferita unicamente alla sua capacità oratoria) viene trasferito nel convento di San Penino Abate, dove svolge la funzione di scrivano e miniaturista con il compito di occultare sui grandi tomi illustrati classici gli organi genitali dei nudi con organi genitali più grandi. Qui, per la prima volta, ottiene una mirabile visione del Cristo in Gloria, mentre gli angeli in trionfo lo circondano festosi, “una grande luce emana d’ogni cosa, come se foss’in fiamme”, e in sottofondo parte la Sigla della Uefa Champions League. In seguito alle visioni, inizia una predicazione erratica nelle campagne toscane, radunando una incredibile quantità di persone, perché come si diceva all’epoca “Val più un affreschetto di Calcaro che un tiro di buoi”. La Grazia di Dio gli ha infatti infuso una incredibile abilità nel disegnare sui muri le storie del Vangelo e dei Santi, ambientate per lo più nelle periferie delle grandi città. Come scrivono gli storici del tempo: “… non potete immaginarvi la folla che seguiva Calcaro per la città. Il popolo non tralasciava di stargli vicino e di portarlo in trionfo… Non so come spiegarvelo, ma tutte le parole uscite dalle labbra di Calcaro andavano dritte al cuore. Mentre parlava tutti tacevano e si sentivano solo profondi sospiri. Nessuno possiede, come lui, il dono di intenerire e di toccare le anime. I villici attendono anche tredici giorni in digiuno e penitenza per un suo autografo sulla Bibbia” Come invece riporta il Ferrabuoi: “Dai primi anni della sua vita alla morte si succedono apparizioni di Gesù, della Madonna, degli Angeli, estasi, rapimenti, visioni, profezie, bilocazioni, scrutazioni di spiriti, riproduzione dei fenomeni della Passione del Signore, lotte coi demoni, esenzioni fiscali, vittorie al gratta e vinci, posteggi liberi, comitive di studentesse ungheresi sotto la pioggia in fuga da ostelli in fiamme, e altri miracoli d’ogni genere” «San Calcaro nutriva un’attenzione particolare anche verso la vita nascente e verso i giovani discenti, soprattutto quelli in difficoltà scolastiche e spirituali. Ecco perché anche oggi egli viene invocato come speciale Protettore dei Ripetenti” (Giovanni Paolo II). Infatti, già nella seconda metà del Seicento, san Calcaro era invocato come il patrono degli esami di riparazione. Nel 1960, in occasione del sesto centenario della morte, giunsero da ogni parte del mondo petizioni per ottenere che il Santo fosse proclamato Patrono delle Lezioni di Recupero, e in seguito Santo Protettore dei Crediti Scolastici”. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nell’agosto 2004, per l’occasione dell’Anno Calcarino, ha scritto una Lettera al Superiore Generale della Congregazione dei Redentoristi di Yellowstone, Padre Bubu; vi si legge questa frase, che abbiamo visto accogliere i pellegrini all’ingresso del Santuario di Materdomini Caligae Disparis accanto all’immagine del Santo: «Veramente Calcaro da Ridracoli è uno dei piccoli, in cui Dio ha fatto risplendere la potenza della sua misericordia!». San Calcaro, «una delle figure più singolari della vita millenaria della Chiesa», è stato veramente un piccolo grande Santo. Qualche mese prima di morire, malato e sofferente, all’esterno della sua cella fece appendere una tabella con la scritta: «Qui si sta facendo la volontà di Dio, come vuole Dio e per tutto il tempo che piace a Dio. Poi dopo fàmo tutto un conto»; al padre superiore diceva: «Padre mio, io mi figuro che questo letto con codesta infermità d’innominable sofferenza sia frutto della volontà e dell’amore di Dio. Certo, è un modo assai bizzarro di mostrare affetto, ma ognuno ha il proprio carattere»; alcune ultime parole ne documentano il miracolo cristiano: «Muoio contento, ma non vado oltre la seconda stellina per il servizio»
1 note
·
View note
Text
Kanguro Turafawa
Kanguro Turafawa (Tokyo, 1949) è uno scrittore e saggista giapponese. I suoi genitori si conoscono lavorando entrambi allo zoo di Tokyo, la madre con il compito di ridipingere periodicamente le occhiaie dei panda e il padre incaricato di somministrare antidepressivi agli armadilli. Dopo la sua nascita, i genitori si trasferiscono a Phankala, remota cittadina di provincia nella prefettura di Kambo-Baso. Successivamente si spostano a Kamojli, interessante località marittima citata anche nell’antica canzone popolare giapponese “Sabu aka Muji” del famoso poeta del periodo Komokura Pu-Chi Dejtli-Li. Qui il giovane Kanguro trova una ricca biblioteca con testi giapponesi e stranieri, e si appassiona profondamente alla lettura, soprattutto degli autori americani ed europei. Nel 1969 conosce Choko Sukando, una studentessa di musica tradizionale figlia di un ricco commerciante di barbabietole da fiuto di Hokkaido. I due si sposeranno contro il parere dei genitori di lei, che le avrebbero preferito un lottatore di sumo professionista, e andranno a vivere a casa di uno zio ricco. Facendo grandi sacrifici economici, la coppia riuscirà ad acquistare un piccolo appartamento proprio fatto di carta di riso e canna di bambù (uh, uh, uh, uh uuuuu) ed un locale in cui di giorno vengono somministrati piatti caldi a base di rana e la sera alcolici occidentali serviti in bicchieri a forma di Hemingway. E’ in questi anni, dal 1974 al 1979, che Turafawa scopre e sviluppa il proprio talento letterario, vincendo alcuni premi come il prestigioso Gonzodoro (con il romanzo breve “Pappardelle elettriche”), ed il Testicolo d’Argento (con il racconto fantascientifico-erotico “Crisalide di ragazzina minorenne”). Da qui in poi, Turafawa collezionerà una serie di successi letterari, tradotti in più di 50 lingue (alcune inventate), tra cui ricordiamo i più celebri: Il formichiere che parcheggiava in doppia fila (tit. orig. “Mokyamo Highisa”), 1984 Storia di un giovane impiegato (Yomenin Tendo) che un giorno scopre di avere un tinello in casa di cui non si era mai accorto. Scoprirà successivamente che questo tinello proviene da un’altra dimensione del tempo e dello spazio, in cui l’epoca Aiazzone non è mai esistita. Distrutto dalla rivelazione, tenterà di uccidersi, ma poi opterà per un viaggio intorno al mondo in cui conoscerà l’arte, la musica e ad allacciarsi le scarpe con la forza del pensiero. Tornato in Giappone, troverà la forza per ripercorrere a ritroso tutta la sua storia fino a ritrovarsi in un grande tinello cosmico dove un Formichiere Astrale gli rivelerà il significato di tutta la sua vicenda. Purtroppo però il giovane dimenticherà tutto nel suo ritorno alla realtà, e quindi non gli resterà che prepararsi un buon sandwich al pollo. Guarda i petali di cane (tit. orig. “Kosakazo Vaydi Gendo”), 1985 Il racconto inizia con il giovane Takeshi Fappo in una casa di cura per disturbi alle sopracciglia. La noia dei giorni sempre uguali viene interrotta da una visione, che Takeshi ha dopo aver mangiato del tonno avariato, in cui il mondo intero non è che un involucro all’interno del quale si nascondono delle presenze misteriose in grado di cambiare il corso del destino degli uomini attraverso piccoli indizi nascosti negli articoli delle riviste per soli uomini. Deciderà di scrivere un romanzo in cui descrive se stesso che pensa di scrivere un romanzo in cui descrive se stesso che non fa niente, ma non verrà creduto da nessuno. Ossessionato dalle riviste per soli uomini, finirà sull’orlo di una crisi nervosa e della cecità, da cui si risolleverà solo grazie all’aiuto di una giovanissima infermiera di Honsu, con cui farà sesso tantrico in uno stato di parziale catatonia mentre lei indossa un costume da Lola Bunny. 80F4M3 (tit. orig. “Nokarbo Stohastekketo”), 1990 Molluko Fiakko è un pigro insegnante di matematica, che durante una dieta scopre un universo parallelo in un barattolo di carciofini. Affascinato e spaventato da questo doppio mondo, deciderà di indagare perdendosi in un labirinto di piccole incongruenze, fino a non distinguere più il bene dal male e i carciofini dal barattolo. In questa avventura incontrerà una bellissima serial-killer che vive sotto la copertura di insegnante di zumba ed uccide i feticisti tramite una raffinata e misteriosa tecnica con i piedi. I due si innamoreranno e fuggiranno dalla realtà parallela ritrovandosi a Sestri Ponente. Piccoli omini magici che escono da buchi metafisici (tit. orig. “Ovedi-Kadroka Famale”), 2001 Romanzo della maturità, racconta di una setta di adoratori degli alluci dei nani che viene coinvolta in un misterioso scandalo a causa della improvvisa morte del leader Mashiro Katsunmano. La storia si intreccia coi racconti di un vecchio soldato dell’esercito che ricorda, attraverso una serie di lettere ritrovate dalla polizia in un pozzo, la terribile guerra del 1931 in cui il Giappone tentò di invadere se stesso. Un giovane poliziotto italo-giapponese, Derriko Scierlocchi, troverà un filo rosso che unisce le due storie, svelando il mistero della morte di Katsunmano e quello delle lettere nel pozzo. Purtroppo però dimenticherà tutto a seguito di una caduta dal velocipede e non gli resterà che prepararsi un buon sandwich al tonno. Brulicano i bruchi brum-brum (tit. orig. “Sosemo Jokato”), 2006 L’ultimo romanzo di Turafawa è interamente ambientato nel mondo del calciobalilla professionistico, in cui circolano nuove e potenti droghe ed episodi di inaudita violenza, soprattutto durante le partite clandestine in cui il rifrullo è ammesso. In questo mondo degradato fatto di emarginazione e violenza, Maruti e Suzuki si innamorano e riescono a trovare un passaggio dimensionale in un bar di Kyoto che sbuca in provincia di Padova. La coppia si stabilisce quindi ad Abano Terme, dove prende in gestione un locale da ballo per cani. Una notte però, in un lungo e strano sogno a Maruti viene rivelata una grande verità su tutto l’universo e sul significato della vita. Purtroppo al risveglio non si ricorda nulla, ed avendo finito il pane per sandwich, si suicida.
0 notes
Text
Euclido Cartongesso
Euclido Cartongesso (Weil am Rhein, 1945 - Piazza al Serchio, 2009) è stato un architetto e designer tedesco. Nato da una famiglia molto ricca della borghesia tedesca (i suoi genitori usavano degli esseri umani come mobilio e dei nani come soprammobili), studia architettura e design a Basilea, distinguendosi subito per le sue idee rivoluzionarie. Egli infatti sostiene con fermezza la teoria per cui “le case non devono essere asservite ai concetti tradizioni e ordinari come farci abitare le persone”, ma devono essere “ripensate come oggetto-cifra, simbolicamente rappresentative dell’Io creativo, emblema del pieno e del completo, senza altro scopo che il loro ingombro nello spazio”. La sua prima opera, la Casa-Blocco di Utrecht, è infatti un cubo di calcestruzzo pieno, sovrastata da un tetto simbolico a forma di triangolo isoscele di colore rosso, anch’esso in cemento pieno. Alla domanda “ma in questo modo dove andranno a vivere le persone?”, che gli muoveranno alcuni giornalisti e critici, Euclido risponderà gelidamente “non è un mio problema”, allontanandosi su una portantina a braccia in titanio dorato retta da alcuni stagisti del suo studio. Negli anni, Cartongesso diventerà una vera archistar e un maestro del design. Famosissima la sua “Sedia convertibile”, progettata nel 1975 per la Tisettanta, che può anche essere indossata come un cappello. “D’altronde” - come osserva acutamente Cartongesso - “cos’è una sedia se non un cappello per il culo?”. Vincerà inoltre il Compasso d’Oro nel 1979 per l’incredibile design della “Porta Liscia”, completamente priva di maniglie e perfettamente liscia, ma con cerniera concepita in modo che occorra tirare da entrambe le parti. Alle numerose critiche - mosse come sempre ai grandi geni per ragioni d’invidia o d’interesse - Cartongesso risponderà: “che gli uomini non abbiano ancora sviluppato delle ventose sulle mani è solo questione di tempo”, allontanandosi poi su una carrozza in titanio trainata da sei stagisti biondi con finimenti dorati. Nel 1981, il Comune di Massaciuccoli indice un bando per la costruzione di un ponte che scavalchi l’omonimo lago. Euclido Cartongesso decide di donare un progetto al Comune, a cui è particolarmente legato in quanto ghiotto di un particolare tipo di tinca in carpione prodotto unicamente in quei luoghi. Nell’aprile del 1982 perviene quindi all’Ufficio Lavori Pubblici del Comune di Massaciucoli una busta chiusa contenente un foglio A0 recante la scritta “GIRATECI INTORNO” e la firma del Grande Maestro Cartongesso. I tecnici del Comune, verificata l’effettiva fattibilità, decidono di appaltare il progetto allo Studio Cartongesso-Speer, ed è da qui che inizieranno i problemi realizzativi. Dapprima la società incaricata dei lavori, la Sbanca & Scappa S.p.a., sbaglia specchio d’acqua e tenta l’aggiramento del Lago di Ridracoli, in provincia di Forlì. In seguito, accortisi dell’errore, gli ingegneri scoprono dopo un sopralluogo geologico, che il lago è “un posto piuttosto umido, e per lo più composto di acqua”. Questo compromette gravemente alcune premesse del progetto originale di Cartongesso, che prevedeva una struttura in marzapane con riempimenti di cotone idrofilo e sabbietta per gatti. Infine, a metà dei lavori, emerge che sul posto esiste già una strada che aggira il lago, per cui si renderà necessario demolirla ed abbattere anche un paio di frazioni abitate con la motivazione tecnica “alcune case sono indubbiamente brutte”. A questo punto, il preventivo di spesa iniziale che era di 250.000 lire, due tinche in carpione e un pacchetto di Marlboro Ligh, lieviterà fino a raggiungere una cifra pari al prodotto interno lordo dell’intero Sudamerica, IVA esclusa. Il Comune di Massaciuccoli, messo chiaramente in difficoltà dalla situazione, denuncerà lo Studio Cartongesso-Speer per danni morali e materiali, oltre che per pesca abusiva di tinche durante il periodo riproduttivo. Cartongesso risponderà sdegnato rifiutando ogni addebito e incolpando a sua volta il Comune di “aver collocato il lago nel posto sbagliato, ed essersi sempre rifiutato di spostarlo”. La questione legale si protrarrà per più di 10 anni, finché, nel 1994, il TAR del Lazio darà ragione ad una studentessa di Livorno, condannando sia la Cartongesso-Speer che il Comune di Massaciuccoli a pagarle delle nuove extension. Nel frattempo, Cartongesso verrà incaricato di progettare alcune importanti opere tra cui le più innovative sono senz’altro l’Acquario di Norimberga (costruito in modo che i visitatori stiano dentro delle vasche piene d’acqua mentre i pesci passano con le famiglie nei corridoi), e la Stazione dei Pompieri di Besançon, con la peculiare caratteristica architettonica di prendere fuoco in caso d’incendio, allagarsi in caso di alluvioni, ecc. (caratteristica definita tecnicamente come “metafunzionalità allertante”). Verso la fine delle propria carriera, il Cartongesso si trasferirà in Garfagnana, regalando a quelle zone alcune opere del suo ingegno, come il Palazzetto della Lagna di Gallicano, in cui fino a 1.500 persone possono trovare un comodo punto di incontro per lamentarsi, e l’Anfibiodromo di Camporgiano, dedicato in particolare alle competizioni di velocità tra Axolotl. Scomparso nel 2009 per una crisi provocata da un caso di noia molto trascurato, lascerà una enorme eredità intellettuale e una profonda traccia nella storia del design e dell’architettura europei. Il suo ultimo lascito all’umanità sarà costituito da un tomo autobiografico dal titolo “Storia del mio incredibile talento, scritta in modo semplice per voi poveracci ignoranti”, da cui traspare tutta la potente umanità e la grande modestia che sempre hanno caratterizzato la carriera e la vita di Euclido Cartongesso. Verrà sepolto con alcuni stagisti sorteggiati nel cimitero di Piazza al Serchio, in una semplicissima e modesta tomba monumentale da lui stesso progettata a forma di cavallo rampante che sovrasta una corona recante il motto “DEMOLIRE PER DEMOLIRE”, cavalcato da Cartongesso nei panni di Carlo Magno con la feluca in testa e la spada di Daitarn III. Sulla lapide, come ultimo segno di umiltà, non volle nemmeno che fosse apposto il proprio nome, ma la semplice scritta “QUI GIACE UN FOTTUTO GENIO”.
2 notes
·
View notes