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vorticimagazine · 16 hours
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La Fondazione Alma Dal Co
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Questa volta, vogliamo farvi conoscere la Fondazione Alma Dal Co, grazie ad AIDR.Il presente articolo a cura di Mauro Nicastri, ci aiuta a conoscerla più da vicino incuriosendo abbastanza noi di Vortici.it, per via di  un'interessante iniziativa.Contribuire alla cultura e alla scienza: un impegno condiviso con la Fondazione Alma Dal Co di Mauro Nicastri*
Quest'anno la Fondazione Aidr (www.aidr.it) ha scelto di sostenere la Fondazione Alma Dal Co invitando tutti coloro che fanno parte del proprio network a destinare il 5 per mille dell'IRPEF ad un ente che celebra la memoria e il lascito culturale di Alma Dal Co attraverso il sostegno ai talenti emergenti nel campo della musica e della scienza.
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Alma con colleghi e ricercatori del suo gruppo nel 2022 La Fondazione Alma Dal Co è nota per il suo impegno nell'incoraggiare e sostenere i giovani eccellenti, e quest'anno, durante il concerto dei vincitori che si terrà sabato 30 novembre 2024 presso il Conservatorio di Venezia Benedetto Marcello, avremo l'opportunità di assistere alle esibizioni dei giovani talenti premiati. Il concerto, che inizierà alle ore 17:00, vedrà esibizioni nelle categorie di pianoforte, canto solista, composizione corale e direzione di coro. La composizione corale, cuore pulsante di questo evento, verrà selezionata attraverso un bando specifico, disponibile sul sito almadalcofondazione.org, e l'esecuzione della composizione vincente sarà diretta dal vincitore del premio di direzione. Contribuire al 5 per mille a favore della Fondazione significa investire nell'eredità intellettuale di una grande promotrice della cultura e della scienza. È un gesto di sostegno che non comporta costi aggiuntivi per il donatore, ma che può fare la differenza nella vita di giovani promettenti. Per partecipare, è sufficiente indicare il codice fiscale della Alma Dal Co, 94105370277, nell’apposita sezione dei modelli fiscali. Anche coloro che non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi possono contribuire, utilizzando la scheda per il 5 per mille disponibile nelle Certificazioni Uniche o nel Modello 730, e consegnarla in un ufficio postale o a un intermediario abilitato. Siamo profondamente grati per ogni contributo, poiché ogni donazione ci permette di portare avanti e di espandere le iniziative di grande valore sociale e culturale promosse dalla Fondazione. Questa collaborazione continua a onorare l'eredità intellettuale di Alma Dal Co, una figura emblematica nel suo impegno verso la scienza e la musica. Per coloro interessati a scoprire di più sull'impatto scientifico di Alma Dal Co e sulle attività della Fondazione, consigliamo di visitare i seguenti link: • obituary di Alma sulla rivista Nature: https://www.nature.com/articles/ • sito della Fondazione Alma Dal Co alla pagina Science dove è disponibile la Lecture in onore di Alma tenuta ad Harvard qualche settimana fa: https://almadalcofondazione.org/science/ • Il link al Twitter del suo gruppo di ricerca, dalcolab, all'Università di Losanna, dove in un anno aveva vinto finanziamenti per 7 ricercatori: https://twitter.com/DalCo_Lab*Presidente Fondazione Aidr (www.aidr.it)Immagine di copertina: AIDRSegui la rubrica Scienze di Vortici Magazine Read the full article
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vorticimagazine · 8 days
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"Ciuffi Cocò", opera teatrale in lingua greca
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Cari lettori di Vortici.it con questo articolo vogliamo farvi fare un viaggio nella Grecia della seconda metà del '900, grazie a un’opera teatrale dal titolo Ciuffi Cocò: il nomignolo che una nonna, Cleri Piniou Saracini, scomparsa nel 2022, dà al suo nipotino mentre gli racconta della sua infanzia, attraverso parole, musica e fotografie.
L'opera teatrale è tratta dal libro bilingue Cleri, la vita che mi hai regalato! di Angelo Saracini, marito della protagonista, insegnante presso la Scuola Italiana di Atene, pittore, scenografo, impegnato in movimenti politici italiani e greci. È stato presidente del Comites in Grecia ed è Cavaliere del lavoro della Repubblica Italiana.
Lo scenario, invece, è di Irini Hiratou, che riesce a trasformare il testo in poesia, spettacolo, teatro musicale grazie al suo raro e raffinato talento artistico, con cui dà una voce e un respiro particolare ad un'anima che rimarrà viva ed eterna, che viaggia oltre il testo scritto. Una particolarità di questo spettacolo è anche il dialogo continuo fra musica e parole, dove gli strumenti collaborano al racconto partecipando alla recitazione. Nella drammatizzazione scenica musicale, questo soprannome diventa il pretesto, per dare spazio ad un monologo - dialogo carico di emozioni e ricordi di Cleri Piniou, in un contesto esistenziale, ideologico e politico, attraverso la conversazione con l'amato nipote Angelo, soprannominato proprio Ciuffi Cocò: personaggio cardine di un volto allusivo che rimanda simbolicamente a ogni bambino innocente e alle nuove generazioni sofferenti, che vacillano tra conflitti e comportamenti esistenziali. La sinossi dell'opera teatrale: L'opera teatrale racconta attraverso la vita una donna influenzata dalla politica ancor prima della nascita, in un momento di intensa agitazione politica e sociale in Grecia – quello della guerra civile –, che osservando il cielo stellato, si chiedeva cosa significasse quel seno sorridente e rigoglioso, che mentre grondava quel meraviglioso "liquido" bianco, diceva: "Il mondo è pieno di gente cattiva".La turbolenta vita di Cleri Piniou Saracini, in fuga dalle persecuzioni politiche, inizia proprio su una barca, che assurge a simbolo di una vita burrascosa e pericolosa: Scappammo dall’isola di Thassos,  Ciuffi Cocò…su una barca… di corsa e frettolosi… la barca così leggera e veloce sembrava cheavesse le ali e volasse sulle ond ecco perché la chiamai... "LIKNISTI”(snodata)…e così navigavamo su acque limpide e fluide…per salvarci!mio padre, mia madre, mia sorella di due anni ed io…emozionata e confusa nel ventre di mia madre sentivo le vibrazioni del suo grembo,le lacrime di tristezza, i deboli battiti del suo cuore!Il ventre rotondo di una donna sdraiatae la vita e la morte su un’altalenasesto giorno …caldo insopportabile!(È colpa del sole?) Un sole allucinantee Caronte... pronto a traghettare! (…) La storia: Angelo e Cleri si conoscono a Roma, fra i banchi dell'Università, dopo che la giovane Cleri era arrivata in Italia per studiare architettura e laurearsi: è il 1965 quando affronta un viaggio di due giorni e due notti su un treno a vapore che parte da Atene, attraversa la Jugoslavia e la porta dritta in Italia, prima a Trieste e poi nella capitale. I due giovani studenti iniziano a frequentarsi sempre più assiduamente e Angelo porta Cleri a visitare le bellezze naturalistiche e monumentali nei dintorni di Roma, ma ben presto le loro giornate si legano ad un'intensa attività politica. Recepiscono la richiesta di aiuto dei compatrioti di Cleri e insieme ad altri studenti provenienti dalla Grecia stabilitisi in Italia, chiedono solidarietà per il popolo democratico per eccellenza, che ora veniva invaso dai carri armati e piegato alla dittatura. Contesti difficili: Nel frattempo il contesto politico si inasprisce anche in Italia, si avvicina il 1968 ed esplodono le contestazioni studentesche, che rendono più difficile battersi per la libertà della Grecia, soprattutto quando Cleri viene privata della cittadinanza greca proprio a causa del suo attivismo. Un impedimento non da poco per l'imminente matrimonio, che viene però arginato grazie a un permesso speciale del Vaticano, firmato dall'allora cardinale Montini, il futuro Papa Paolo VI. Dopo la laurea in architettura e un breve soggiorno a Venezia, i due partono alla volta della Grecia ma non riescono a consolidare la permanenza e affrontano un burrascoso viaggio di ritorno, con tutte le complicazioni del caso. Tornano in Italia, dove resistono poco tempo senza un'occupazione, da qui la decisione di ripiegare ancora verso la Grecia. Finalmente trovano entrambi la stabilità e la serenità familiare e professionale, Angelo come insegnante presso la Scuola Italiana di Atene, e Cleri come dirigente della Società Immobiliare pubblica K.E.D. per la ricostruzione statale ed economica della Grecia, e non solo, mentre nel 1975 nasce Raffaello Saracini.Proprio in Grecia, Cleri può dare sfogo al suo idealismo politico sostenendo vari leader della sinistra greca da Alexis Tsipras a Luca Katzeli. Dopo quattro anni di lotta, Cleri si spegne a causa di una malattia ma viene costantemente ricordata proprio grazie alle parole del marito Angelo, contenute nel memoriale della loro storia, Cleri, la vita che mi hai regalato! Una riflessione di Annapaola Di Ienno: Conosco molto bene l'autore Angelo Saracini e suo figlio Raffaello (il papà del piccolo Angelo) per motivi importanti che hanno segnato la mia esistenza. Cleri invece l'ho conosciuta da vicino in due occasioni. Sapevo poco della sua vita, ma istintivamente riconoscevo in lei una forza, un coraggio e una determinazione incredibili. L'incontro con il libro bilingue "Cleri la vita che mi hai regalato!"(Edizione bilingue 24 grammata) che ho letto con estrema attenzione ma, soprattutto, con particolare emozione, ha contribuito a farmela conoscere profondamente, scoprendo una persona ricca sotto ogni aspetto. La trasposizione teatrale di Irinis Hiratou “CIUFFI COCÒ" proposta a voi lettori di Vortici.it, è ovviamente in lingua greca e non ha sottotitoli in italiano, ma fidatevi di chi vi scrive e conosce perfettamente la lingua, essendosi integrata perfettamente con il popolo, avendo avuto la possibilità di viverci per 41 anni. Lasciatevi trasportare da tutto mentre ascoltate... parla un'anima che, attraverso la sua esistenza, ripercorre la storia moderna e contemporanea, di una Nazione, la Grecia che è la culla della Democrazia e che giustamente la preserva lottando strenuamente per conservarla, come ha dimostrato Cleri con la sua vita! Guardare lo spettacolo: https://www.youtube.com/watch?v=E3zCQjdlCBY Composizione musicale - Testi - Regia: Irini Hiratou.Montaggio del materiale di proiezione: Nikos Gravaris.Cleri Piniou Saracini è interpretata dall'attrice Marianna Geka.I musicisti suonano: Spyros Kostis-fisarmonica / Solis Barki-percussioni / Irini Hiratou-violino / Dimitris Kostis-corno.Per altri articoli di cultura sul nostro sito, fai clic qui. Annapaola Di Ienno e Benedetta Pisano    Read the full article
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vorticimagazine · 15 days
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Digitalizzare la Pubblica Amministrazione...
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Sappiamo benissimo come il processo di digitalizzazione negli ultimi anni abbia subito una forte accelerazione, in maniera evidentissima nella Pubblica Amministrazione.
Come sempre avviene, ogni cambiamento radicale, come la scelta di digitalizzare il lavoro, porta con sé aspetti positivi e negativi, a questi, si aggiungono carenze notevoli a cui occorre necessariamente porre rimedio, se il nostro paese non vuole indietreggiare…
Il presente articolo a firma di Mauro Nicastri, Presidente della Fondazione AIDR, non solo ci illustra la situazione attuale, fornendoci una riflessione ad ampio spettro, ma fornisce possibili soluzioni adottabili. Una fondazione per la digital revolution indipendente da interessi politici ed economici, per digitalizzare, e quindi snellire e semplificare le procedure amministrative e concretamente più vicina ai giovani *di Mauro Nicastri Sin dal 2001, con il primo Piano Nazionale di e-government del Governo Berlusconi, digitalizzare le attività ha rappresentato e rappresenta ancora una grande opportunità per l’Italia, ma per coglierla appieno è necessario affrontare alcune sfide cruciali. La frammentazione delle responsabilità e delle competenze sull’innovazione italiana è uno dei principali ostacoli che rallentano questo processo di trasformazione digitale. Attualmente, si discute molto in ambienti pubblici e privati, in Italia e in Europa, su diverse questioni che riguardano l’intelligenza artificiale, la cybersecurity, l’identità digitale e altre tecnologie abilitanti come la blockchain, il metaverso e la realtà virtuale, settori cruciali per lo sviluppo economico e sociale. Una fondazione dedicata potrebbe concentrarsi su questi ed altri ambiti del digitale, promuovendo la ricerca, lo sviluppo e l’adozione di soluzioni innovative. Tuttavia, queste deleghe sono affidate a vari enti pubblici, che creano da oltre 20 anni una dispersione di risorse e una mancanza di coordinamento che non possiamo più permetterci. Come Fondazione Aidr (www.aidr.it) abbiamo sempre sostenuto che è necessario un approccio più integrato, allo scopo di “governare” i vari effetti sull'economia e la società italiana, della scelta di digitalizzare il lavoro, le imprese, la Pubblica Amministrazione, e per anticipare e gestire i cambiamenti in atto. La creazione di una fondazione per l’innovazione potrebbe essere la soluzione per superare questa frammentazione, snellire e semplificare le procedure amministrative e promuovere una digital revolution più efficace e vicina ai cittadini. Secondo il rapporto DESI (Indice europeo dell’economia e della società digitali) l’Italia si posiziona al quartultimo posto a livello europeo per diffusione di competenze digitali e nonostante il nostro Paese parta da una posizione di svantaggio le nuove tecnologie sono comunque entrate repentinamente in tutti i settori pubblici e privati e nessuno potrà esimersi dall’utilizzo di tecnologie abilitanti. In tale contesto la nascente fondazione dovrebbe avere il compito principale di fare sistema per coordinare gli sforzi e le risorse, lavorando in sinergia con tutti gli enti pubblici e i loro enti strumentali, per promuovere e diffondere la cultura e l’economia digitale in settori chiave come la sanità, la giustizia, l’istruzione, la mobilità, l’ambiente, etc. Inoltre, una fondazione indipendente da interessi politici ed economici sarebbe in grado di prendere decisioni basate sull'interesse pubblico e sulle necessità dell’innovazione italiana. Questo garantirebbe una maggiore agilità e flessibilità nel promuovere l’adozione delle tecnologie digitali e nell’affrontare le sfide emergenti. La recente edizione dell’Eurobarometro ha rilevato che sette cittadini europei su dieci considerano l’Unione europea un luogo di stabilità in un mondo in difficoltà. Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno saranno un momento importante per il futuro della nostra Nazione e per la buona riuscita dei progetti ancora in corso come l’attuazione del programma Next generation Eu, di cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano fa parte. L’attuale legislatura Europea lascia a quella di prossima elezione alcuni successi ma anche nuove sfide, alcune delle quali decisive. L’evoluzione della tecnologia è continua e il nostro augurio è che la nascita della fondazione per la digital revolution possa avvenire prima dell’insediamento del nuovo Parlamento e della Commissione europea per contribuire, finalmente e in modo significativo, a superare la frammentazione della digitalizzazione tra i vari poteri dello Stato e sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie digitali per il progresso della Nazione, con il contributo concreto delle cosiddette generazioni Z. *Presidente Fondazione AIDR (www.aidr.it) Per conoscere altri approfondimenti vi rimandiamo alla nostra rubrica AIDR Foto: AIDR Read the full article
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vorticimagazine · 22 days
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Circonomia 2024, festival dell'economia circolare
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Economia circolare significa produrre beni e servizi reintegrando negli ecosistemi o rivalorizzando economicamente i materiali che residuano dal processo produttivo, materiali che nell’economia lineare diventano rifiuti. Una svolta concettuale che sta alla base di Circonomia (+ info qui), un evento di cui Vortici.it, intende parlarvi.Il festival dell’economia circolare, Circonomia, è nato nel 2016 per parlare di circolarità quando ancora tale paradigma economico era tutto da scoprire.
ERICA e Greening Marketing Italia, ideatori dell’iniziativa, hanno avvertito la necessità di organizzare un appuntamento che contribuisse al dibattito sull’economia circolare, rivolgendosi a un pubblico largo e non solo di addetti ai lavori, per mettere in mostra idee, discussioni e buone pratiche che avessero in comune l’attenzione al paradigma ecologico, unito al tema del rapporto tra l’agire umano e la salute degli ecosistemi.
Per farlo hanno scelto di organizzarlo in Piemonte e nelle Langhe, dove sono nate e hanno avuto successo significative esperienze di economia circolare e dove si manifesta da anni una vocazione a coniugare sostenibilità ambientale e dinamismo socioeconomico. Circonomia ha ospitato numerosi eventi di varia natura: convegni, dibattiti, presentazioni di libri, corsi di formazione, concerti e personaggi del calibro di Jacques Attali, Jean-Paul Fitoussi, Kerry Kennedy, Tim Jackson, Walter Veltroni, Alessandro Gassmann, Gianni Mura, Gianrico Carofiglio, Oscar Farinetti, Marcello Masi, Giovanna Melandri, Filippo Solibello, Elly Schlein, Carlo Petrini e altri. Nelle prime otto edizioni tutti i protagonisti hanno contribuito a fare di Circonomia una casa comune in cui incontrarsi e confrontarsi, dove impegnarsi con proposte, progetti, creazione di network informativi per diffondere questa buona economia e farne il principale traino della transizione ecologica. L'edizione di Circonomia, il festival dell’economia circolare e della transizione ecologica, quest’anno si è svolto a Fano dal 7 al 10 marzo.È stata l’occasione per conoscere le ultime novità in materia di sostenibilità e per partecipare a un dibattito aperto sul futuro del pianeta. Il festival, con un ricco programma di eventi, ha visto coinvolti artisti, giornalisti, attivisti, imprenditori, rappresentanti delle istituzioni e studenti. Un appuntamento imperdibile rivolto come sempre a tutti coloro che intendono contribuire a costruire insieme un futuro migliore per il pianeta e per le persone. Occorre ricordare, che, il quarto rapporto di Circonomia “retrocede” l’Italia dal primo posto nel cammino “green” in Europa.  In proposito la Fondazione Symbola certifica che: Secondo il ranking, costruito su 17 diversi indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto (impatto pro-capite delle attività economiche e civili su ambiente e clima), l’efficienza d’uso delle risorse e la capacità di risposta ai problemi ambientali, non siamo più primi in economia circolare com’eravamo fino all’anno scorso e fatichiamo molto più degli altri grandi Paesi europei nella transizione verso un’energia pulita libera dai combustibili fossili e amica del clima. Nonostante la grande perdita di velocità nella transizione ecologica, restiamo primi assoluti in uno dei 17 indicatori, il tasso di riciclo totale dei rifiuti: indicatore nel quale doppiamo la media dell’Unione europea – oltre l’80% contro meno del 40%. Questo primato italiano non si distribuisce in modo omogeneo tra le macroregioni: il Nord è sensibilmente più avanti rispetto al resto del Paese, e “assorbe” quanto meno nei numeri la condizione critica di grandi città – a cominciare da Roma – con interi territori soprattutto nel Sud dove la gestione dei rifiuti urbani è in uno stato di profonda e cronica inefficienza. Ma la crisi del nostro cammino “green” fotografata dal Rapporto di Circonomia è profonda e strutturale, soprattutto nel campo della transizione energetica dalle fonti fossili – carbone, petrolio, gas – alle nuove rinnovabili, che crescono meno della metà rispetto alla media UE. L’azzeramento in tempi rapidi dell’uso delle energie fossili come fonte di energia è come si sa decisivo per fronteggiare con efficacia la crisi climatica in atto, che vede proprio il nostro Paese come bersaglio privilegiato. L’Italia, in effetti, è uno degli epicentri della crisi climatica globale, con una temperatura media nel 2022 di 14 °C – cresciuta di quasi 3 °C rispetto al periodo pre-industriale: un aumento quasi triplo rispetto al dato globale. A Circonomìa festival è stato presentato anche un Rapporto Nazionale e Regionale sulla transizione ecologica curato da Duccio Bianchi, fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, come gli annuali Rapporti Circonomìa, che mette in classifica le regioni italiane sulla base delle prestazioni di sostenibilità ambientale, evidenzia che Trentino-Alto Adige, Marche e, distanziate, Lombardia, Veneto e Toscana sono le migliori. “Circonomìa a Fano è il segno tangibile del successo della nostra rassegna giunta quest’anno alla sua nona edizione – ha dichiarato Francesco Ferrante, Vicepresidente di Kyoto Club tra i promotore del Festival – Abbiamo scelto Fano per raddoppiare Circonomìa perché qui abbiamo trovato grande interesse per l’obiettivo che da sempre è l’anima del nostro Festival: raccontare i contenuti e le ragioni della transizione ecologica a un pubblico, il più vasto possibile, con rigore e al tempo stesso con semplicità, e poi mettere in mostra le tante buone pratiche che vedono imprese, associazioni, istituzioni territoriali praticare già, nei fatti e con efficacia, il nuovo paradigma di uno sviluppo fondato sulla qualità ambientale”. In una fase cruciale di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è posta al 2030, a cominciare dai target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica, correlati all’impegno per fronteggiare la crisi climatica, la corsa verso la transizione ecologica diventa come una maratona tra le regioni e macroregioni italiane, il rapporto le mette in classifica sulla base di un set di 25 diversi indicatori green, suddivisi in 3 categorie: – impatto sull’uso delle risorse (6 indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto, considerato come impatto pro – capite, delle attività economiche e civili su ambiente e clima); – efficienza d’uso delle risorse (6 indicatori che misurano l’efficienza e la produttività di uso delle risorse, generalmente considerata rispetto al Prodotto Interno Lordo a parità di potere d’acquisto); – azioni di risposta e mitigazione (13 indicatori che misurano la capacità di risposta, sia pubblica sia privata, alla crisi energetica e climatica attraverso azioni di riduzione o mitigazione degli impatti). Questi in sintesi i dati che emergono dal Rapporto: – Trentino-Alto Adige, Marche e, distanziate Lombardia, Veneto e Toscana sono nell’ordine le regioni italiane con le migliori prestazioni di sostenibilità ambientale. – Sono 7 le regioni – Trentino-Alto Adige, Marche, Lombardia, Veneto, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria – che presentano un indice di circolarità superiore alla media nazionale.– In fondo alla classifica vi sono tutte regioni meridionali: ultima la Puglia, preceduta da Sicilia, Sardegna, Basilicata, Campania e Calabria.– Le regioni meridionali presentano un indice di sostenibilità ambientale sensibilmente più basso rispetto alle regioni del nord e del centro. Ciò evidenzia che livelli più bassi di pressione sulle risorse naturali in termini di consumo di materia e di energia – come sono nel Sud per effetto di un’economia più debole e dunque di minori consumi di materie prime – non rappresentano un vantaggio in termini ambientali. L’indice di sostenibilità, infatti, dipende da fattori di pressione, ma anche da fattori di efficienza e di risposta, che al contrario dei primi tendenzialmente crescono al crescere delle performance di sviluppo economico: lo sviluppo economico di per sé non è “insostenibile”, tutt’altro. – La macro – regione del Centro è l’unica che fa meglio della media nazionale in tutte e tre le categorie degli indicatori (impatto, efficienza, risposta). – Il “caso Marche”: Le Marche, che pure sono una delle regioni più manifatturiere d’Italia e dunque con la presenza più rilevante di attività economiche che producendo beni fisici consumano più risorse e più energia rispetto alle attività economiche “terziarie”, svettano in testa alla classifica, superate solo dal Trentino – Alto Adige che vanta un’antica e consolidata “primazia” in fatto di attenzione all’ambiente. Il risultato delle Marche è migliore di quello medio dell’Italia in 20 indicatori su 25. – Alle spalle delle Marche, la classifica green vede Lombardia e Veneto, regioni anch’esse con un elevato tasso manifatturiero del PIL: ciò rafforza la conclusione che sistemi economici a forte impronta manifatturiera, se caratterizzati da standard elevati di efficienza non sono necessariamente “divoratori” di energia e di materia. “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano – ha commentato il Direttore del Festival Roberto Della Seta, presentando il Rapporto – Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal e che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, convertire all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”.   Immagine di copertina: Regioni e Ambiente Read the full article
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vorticimagazine · 1 month
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Troppa luce fa male, di Patrizia Caraveo
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L’illuminazione artificiale è una delle più grandi conquiste della nostra società, ma anche uno degli interventi più pervasivi degli esseri umani sull’intero pianeta.
Patrizia Caraveo ci illustra e approfondisce il tema nel suo ultimo libro di recente uscita intitolato: "Troppa luce fa male - I pericoli dell’illuminazione artificiale" (Edizioni Dedalo).
Oltre a impedirci di godere dello spettacolo del cielo stellato, la presenza delle luci artificiali modifica l’habitat di piante e animali. Luci eccessive, e del colore sbagliato, hanno effetti negativi su tutti gli esseri viventi, costretti a vivere in un ambiente radicalmente diverso da quello naturale, da sempre governato dall’alternanza tra il giorno e la notte. Le luci disturbano le rotte migratorie, la riproduzione, il rapporto predatore - preda, causando morti accidentali in quantità tale da far temere l’estinzione di alcune specie di uccelli. Negli esseri umani, l’illuminazione artificiale inibisce la produzione della melatonina alterando il nostro ritmo circadiano, disturbando il ciclo del sonno e contribuendo all’insorgere di patologie. Occorre prendere coscienza di questi problemi e imparare a rispettare la notte utilizzando un’illuminazione del colore giusto, non eccessiva, direzionale e intelligente, accesa solo quando serve. Così facendo, contribuiremo a difendere la biodiversità, ma avremo anche un beneficio economico grazie al risparmio di energia. Qui potete leggere un estratto del testo… Troppa luce fa male, di Patrizia Caraveo: acquista il libro...  
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Patrizia Caraveo è Dirigente di Ricerca all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Scienziata di fama mondiale, ha collaborato a diverse missioni spaziali internazionali e ha ricevuto numerosi riconoscimenti in Italia e all'estero. È Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana e autrice di numerosi libri, tra cui, per la nostra casa editrice, Il cielo è di tutti (2020). Al di là del libro appena consigliato, noi di Vortici.it lo sapete benissimo, siamo particolarmente attenti ai temi ambientali ai quali cerchiamo di dare sempre il gusto spazio… A questo proposito la nostra rubrica Ambiente vi aspetta. Immagine di copertina: Edizioni DedaloFoto: Edizioni Dedalo Read the full article
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vorticimagazine · 1 month
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La retorica di Aristotele: Ethos, pathos, logos
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Questa volta, Vortici.it vuole compiere con voi lettori un viaggio curioso nel mondo della comunicazione, spronati anche dalla confusione che regna ultimamente in questo campo per diverse ragioni. Ci siamo chiesti: quali sono gli ingredienti di un buon discorso? Quando esponiamo le nostre idee, per iscritto o a voce, tendiamo a voler persuadere gli altri. Chi ci ascolta deve capire il nostro punto di vista e persino accettare le nostre argomentazioni. La retorica consiste proprio in questo, indurre gli altri ad adottare il nostro punto di vista. Dunque chi meglio di Aristotele (Stagira 384-83 a. C. - Calcide 322 a. C.), può spiegarci cos'è la retorica?
La retorica di Aristotele consiste in tre categorie: pathos, ethos e logos. Il filosofo greco è a tutti noto, fu uno dei più grandi pensatori dell’antichità e di tutti i tempi. Aristotele può essere considerato il primo Scienziato nelle Scienze della Comunicazione, grazie all’individuazione delle tre grandi categorie di variabili (pathos, ethos e logos) che rendono un messaggio persuasivo ed efficace.
Il pathos, l’ethos e il logos sono i tre pilastri fondamentali della sua retorica. Oggi queste tre categorie sono considerate le tre diverse modalità per convincere un audience su un argomento, su una credenza a cui aderire o su una conclusione in particolare. Sebbene ogni categoria sia unica, padroneggiarle tutte e tre aiuta a coinvolgere il pubblico a cui ci stiamo rivolgendo. La Retorica di Aristotele Scritto nell’ultima parte della sua vita il suo trattato sulla Retorica, raccoglie le riflessioni concernenti la retorica da lui sviluppate nel corso della propria esistenza. Pervenutoci in tre libri, è il testo di riferimento principale, data la sua peculiare capacità di intrecciare temi di natura politica, giuridica, etica, psicologica e linguistica. Noi ovviamente ci interessiamo di quest’ultima, poiché ci occupiamo di comunicazione. Pathos (πάθος) Pathos significa “sofferenza ed esperienza”. Secondo la retorica aristotelica, questo concetto si traduce nell’abilità dell’oratore o dello scrittore di evocare emozioni e sentimenti nel pubblico. Il pathos è associato all’emozione e mira a simpatizzare con il pubblico, facendo appello all’immaginazione di quest’ultimo. Infine, il pathos punta a entrare in empatia con il pubblico. Quando si fa leva sul pathos, i valori, le credenze e la comprensione dell’oratore si mescolano e sono comunicati ai destinatari per mezzo di una storia. Il pathos è molto utilizzato quando gli argomenti da esporre sono oggetto di controversia. Dato che gli argomenti trattati sono solitamente privi di logica, il loro successo risiede nella capacità dell’oratore di riuscire a entrare in empatia con il pubblico. Per esempio, se la discussione riguarda l’illegalità dell’aborto, l’oratore utilizzerà parole “vivide” per descrivere i neonati e l’innocenza della nuova vita, in modo da evocare tristezza e preoccupazione nel pubblico. L’ethos (ἦθος) La seconda categoria, ethos, significa “carattere, comportamento” e proviene dalla parola greca ethikos, che significa morale e la capacità di mostrare la propria personalità che si basa sulla morale. Per oratori e scrittori, l’ethos è costituito dalla credibilità e dalla similitudine con il pubblico. L’oratore deve essere degno di fiducia e deve essere rispettato in quanto esperto della tematica trattata. Affinché gli argomenti siano efficaci, non basta fare un ragionamento logico. Per poter diventare credibile, il contenuto deve essere anch’esso presentato in modo da trasmettere fiducia. Secondo la retorica di Aristotele, l’ethos è particolarmente importante per stimolare l’interesse di chi ascolta (o di chi legge). Il tono e lo stile del messaggio diventano la chiave dell’interesse. Inoltre, il carattere è influenzato dalla reputazione dell’oratore, che dipende dal messaggio. Ad esempio, parlare al pubblico come un pari, invece di trattarlo come personaggio passivo, incrementa le probabilità che le persone si sentano parte attiva degli argomenti trattati. Il logos (λόγος) Logos significa parola, discorso o ragione. Nell’arte della persuasione, il logos è il ragionamento logico che si cela dietro le argomentazioni dell’oratore. Fa riferimento a qualunque tentativo di fare appello all’intelletto, ad argomentazioni logiche. In questo senso, il ragionamento logico è di due tipi: deduttivo e induttivo. In sintesi l’ethos è la credibilità che ogni oratore dovrebbe possedere. Il pathos è la componente che fa emozionare il pubblico. Il logos è il mezzo di persuasione basato sui contenuti e sugli argomenti. La caratteristica fondamentale del comunicatore di oggi è (o dovrebbe essere aggiungiamo noi) l'imparzialità. Essere consapevoli di queste tre strategie della retorica aristotelica può esserci utile per comunicare in maniera efficace da un lato e dall’altro individuare meglio i messaggi che mirano alla persuasione mediante l’inganno … Sarebbe proprio bello se potessimo utilizzare al meglio queste tre strategie antiche certamente, ma a pensarci bene modernissime, poiché ci aiuterebbe a ritrovare uno spirito critico ahimè in noi sbiadito, smarrito, o peggio a volte ignoto… con le dovute eccezioni. Scoprite la nostra rubrica Storia Vuoi approfondire il nostro saggio? La retorica di Aristotele, Ethos pathos logos: leggi un articolo de "La Discussione"... Immagine di copertina: Wikipedia Read the full article
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vorticimagazine · 2 months
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Il museo della felicità di Copenaghen
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Tra le città europee più visitate da turisti di tutto il mondo, la capitale danese offre un’attrazione particolare in più.
Il museo della felicità di Copenaghen, che ha aperto i battenti nell’estate 2020, é la nuova e curiosissima istituzione danese dedicata alla gioia di vivere, al benessere e alla cura dell’anima.
Si tratta di una piccola esposizione permanente nel centro storico, che illustra e spiega come gli individui e una società possano raggiungere la felicità e perché la Danimarca, la Finlandia e gli altri Paesi nordici siano classificati regolarmente ogni anno come i più felici del mondo dal World happiness report delle Nazioni Unite. Creatore e direttore del museo è Meik Wiking, un giovane studioso ritenuto forse il massimo esperto di felicità nel piccolo regno. Felicità tanto per precisare si dice lykke in danese. Meik Wiking ha dedicato al tema un libro dal titolo che suona quasi allusivo e ironico: “La via danese alla felicità”. Sembra quasi offrire alternative a utopie di ieri, come le cosiddette vie nazionali al socialismo. È infaticabile, il giovane esperto: dirige anche l'Istituto danese di ricerche sulla felicità. E lavora di continuo come consulente per comuni, provincie, istituzioni di ogni genere e aziende aiutando a fare di tutto per rendere più felici e soddisfatti della vita i loro cittadini, membri o dipendenti. Situato nel seminterrato di un edificio settecentesco della Città Vecchia, il museo è stato creato dall’Happiness Research Institute, ente indipendente incentrato sul benessere e sulla qualità della vita, per «dimostrare come la felicità sia coinvolta in ogni ambito della vita» e «ricordare ai visitatori cos'è che dà loro valore e li fa sentire bene». «La nostra speranza è che gli ospiti usciranno dal museo un po' più saggi, un pò più felici e un po’ più motivati a rendere il mondo un posto migliore», ha spiegato il direttore Meik Wiking. L’Happiness Museum, il museo della felicità di Copenaghen, è uno spazio educativo e interattivo nel quale riflettere sul tema del benessere e sulla ricerca del proprio equilibrio interiore. Che cos’è la felicità? Quest’annosa domanda attanaglia l’umanità sin dalla notte dei tempi, ponendosi come uno dei quesiti per antonomasia della filosofia esistenzialista. Mai prima d'ora, tuttavia, era accaduto che un museo si facesse carico del tema, proponendosi come una sorta di “mecca” per chiunque voglia provare a cercare la propria risposta a questo cavilloso dilemma. A questo proposito analizza, per esempio, le caratteristiche dei paesi nordeuropei: a partire dal famoso *hygge*, quel sentimento di benessere dello stare a casa con le persone care. Suddiviso in otto stanze dedicate ad altrettante tematiche, l’Happiness Museum propone esperienze ludiche e interattive, esperimenti di sociologia e momenti di riflessione sui limiti della nostra conoscenza, sulle illusioni del reale e sulla strada da intraprendere per sentirci bene con noi stessi. Una serie di mappe visuali, statistiche e informazioni scientifiche completano il percorso espositivo, offrendo ai visitatori dati concreti per osservare quanto la politica, le imposizioni sociali e il nostro stile di vita limitino la nostra crescita interiore ostacolando il traguardo di una vita serena. A molti potrà sembrare un luogo bizzarro, ma farci un “salto” potrebbe aiutarci non poco a ritrovare l’equilibrio e il buonumore messi a dura prova dalla pandemia. Scoprite la nostra rubrica dedicata all'Arte Immagine di copertina: Image by wirestock on Freepik Read the full article
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vorticimagazine · 2 months
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"Percorsi...": la rivista della sezione "Scogna" di Aism
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Amici di Vortici.it, oggi vogliamo presentarvi un progetto tutto da sfogliare! Si tratta di "Percorsi...": la rivista della sezione "Scogna" di Aism a cura degli utenti del Centro Diurno della Sezione Provinciale "Giuseppina Scogna" dell'AISM, con sede nel parco di Villa Sabucchi a Pescara. La collaborazione fra utenti, volontari e operatori del centro diurno, che accoglie persone affette da Sclerosi Multipla, ha portato alla realizzazione di una rivista che pubblica un numero ogni anno dal 2013, dietro la direzione della giornalista Annapaola Di Ienno. Fra le pagine dei numeri di Percorsi... gli utenti del centro si cimentano in attività di scrittura giornalistica e non, dando libero sfogo alla loro creatività e ai loro interessi. Noi, incuriositi da questa produzione, abbiamo voluto intervistare la direttrice della rivista, Annapaola Di Ienno, che ci ha svelato tutto ciò che accade nella redazione di Percorsi... e anche di più! Buona lettura.   Percorsi... è una rivista “speciale”. Come è nata e cosa ti ha spinto a realizzarla? Percorsi... è nata 11 anni fa del tutto casualmente: io ho incontrato il centro diurno per un servizio associativo che dovevano fare a me, ho visto dei ragazzi impegnati in diverse attività e sono stati gli operatori stessi a chiedermi di cosa mi occupassi. Io gli ho detto mi occupavo di giornalismo, ero già iscritta all'Ordine dei Giornalisti, e loro mi hanno proposto di realizzare la rivista come esperimento. Io in realtà, all'inizio, ero un po' restia perché non sapevo nulla della Sclerosi Multipla e delle conseguenze che potesse portare, poi c'era anche il fatto che non sapevo se gli utenti avrebbero gradito un'attività del genere. Da lì abbiamo fatto delle settimane di sperimentazione, ci siamo conosciuti e poi tutto è proseguito. Da quale ispirazione viene questo titolo? L'ispirazione per il titolo mi è arrivata dal percorso stesso che avevo proposto agli utenti del centro. Dissi proprio: "Perché non non la chiamiamo Percorsi questa rivista?". Loro mi hanno chiesto il perché volessi intitolarla così e io ho risposto che secondo me avremmo fatto un vero percorso. Non avrei mai pensato che sarebbe durato 11 anni, quindi figuriamoci come potevo stare quando, dopo averlo proposto, ho avuto la loro fiducia e loro hanno accettato ad occhi chiusi! Lavorare a questa rivista significa collaborare con gli utenti del centro diurno e con i volontari. Che apporto da Percorsi alla vita dei suoi collaboratori? Partecipano in maniera felice a questa iniziativa? Utenti, collaboratori e operatori lavorano in perfetta sinergia e l'apporto che dà la rivista, a detta degli operatori, è molto positivo perché è un'attività che gli utenti ritengono interessante e stimolante. Sì, stimolante, perché dà la possibilità di esprimersi nella maniera più completa possibile, tenendo conto delle loro possibilità. Ricordo che le prime volte diversi utenti mi dicevano "non sono in grado di scrivere" oppure "non ho l'istruzione adatta, sei sicura che ce la faccio?", io ho sempre risposto loro che chiunque ha delle potenzialità e che potevano essere espresse in questa rivista. Ognuno di loro viene aiutato dai volontari del servizio civile e dagli operatori a tirar fuori le sue potenzialità, mentre io mi limito a coordinare il loro lavoro e a seguirli in tutto il percorso che fanno. Vi svelo una cosa: tutte le bozze che mi vengono proposte io le revisiono insieme all'autore dell'articolo stesso, e questo crea un rapporto di maggiore complicità, perché la revisione viene fatta a quattro mani. Non è sempre facile capire cosa l'autore del pezzo voglia dire, per cui bisogna lavorarci sopra; a volte subentra anche la stanchezza fisica e quindi bisogna prima tirarli un po' su e poi proseguire. Tempo fa avevo espresso la volontà di assentarmi per un periodo di tempo e per questo la rivista ha rischiato di essere esclusa dalle attività del centro. La loro reazione è stata una sorta di ribellione: se non ci fosse più stata la rivista, loro non avrebbero più frequentato il centro di lunedì! E questo ha messo in allarme un pochino tutti, me compresa, che allora mi sono dovuta rimboccare le maniche e continuare a trovare del tempo per loro. Poi, piano piano, siamo cresciuti in maniera esponenziale, quindi posso dire che loro sono estremamente felici di quello che fanno. Cosa ha portato questa rivista nella tua di vita? Che dire, io sono contenta di questa attività, perché per me è arricchente. Mi dà la possibilità di dimostrare a me stessa che, nonostante le difficoltà, se si hanno delle potenzialità queste possono essere sfruttate al massimo. Per me è una lezione di vita per tanti motivi. Si può dire che la lettura dei numeri di Percorsi... è un vero e proprio viaggio attraverso articoli e sezioni diversi fra loro: come vengono decisi i temi da affrontare? Che spirito c’è nelle riunioni di redazione? In ogni numero di Percorsi... c'è un viaggio che noi affrontiamo, e il bello è che non sappiamo fin dall'inizio come sarà questo viaggio. Gli argomenti vengono proposti innanzitutto con la massima libertà di espressione. Ognuno di loro, rimanendo colpito da una data cosa, scrive un suo pensiero al riguardo e insieme a tutta la redazione si approva oppure si danno degli spunti ulteriori per approfondire. Non avrei mai pensato di approfondire dei temi scientifici, eppure nel numero 11 è successo. Allo stesso modo non avrei pensato minimamente che sarebbe nato uno spazio riservato alla poesia con relativo commento. Per esempio c'è un utente che mi dice sempre di essere arrabbiato e mi propone degli argomenti che lo toccano particolarmente: ultimamente si è dedicato al cambiamento climatico, portando un pezzo che lui stesso ha definito "un papiro di considerazioni e di osservazioni", che lo hanno portato anche a ricercare delle notizie scientifiche. Chi se lo sarebbe mai aspettato? Molto spesso davanti alle patologie che ci sono non si parla mai delle potenzialità. Lo spirito che c'è nelle riunioni di redazione è di alta collaborazione, tanto è vero che per il numero che stiamo preparando – il dodicesimo – stiamo cercando di creare un'ulteriore sinergia tra chi scrive e gli utenti che ascoltano, così se chi scrive si trova in difficoltà gli altri cercano di fargliela superare. La scorsa settimana un utente non riusciva a individuare il titolo per il suo pezzo, invece di suggerirglielo io, come nei numeri precedenti, sono stati gli altri utenti a fornire un ventaglio di proposte e, tra quelle, io mi sono occupata di scegliere la più consona. Anche questo ha portato ad avere una sinergia maggiore tra tutti noi, operatori compresi, perché, tra l'altro, senza di loro la rivista non si realizzerebbe, diciamoci la verità. Tanto spazio viene dato alla scrittura creativa. Perché questa scelta? La scrittura creativa è un'attività nata in maniera indipendente dalla rivista, ma mi sono resa conto che i lavori che gli utenti presentavano durante questa attività erano talmente validi, che alcuni ho deciso di pubblicarli con il permesso delle operatrici ovviamente perché mi sembrava giusto far emergere un altro lato degli utenti stessi. Mentre nel giornalismo ci sono delle regole che vanno rispettate, la scrittura creativa è un pochino più libera, ciò che conta sono le idee ed eventualmente i sogni, che uno ha dentro di sé ed esprime su un foglio. Potete trovare nelle pagine dedicate alla scrittura creativa, per esempio, anche un viaggio in mongolfiera ben descritto, cosa che in un giornalino di sezione non si dovrebbe proporre, però io l'ho proposto. Mi sembrava un'attività che in qualche modo doveva essere pubblicizzata anche nella rivista di sezione, perché fa parte delle attività del Centro Diurno. Annapaola, puoi dare ai lettori di Vortici.it un’anticipazione di ciò che sarà nel prossimo numero? Il dodicesimo numero è in lavorazione da un po' di tempo. Di solito appena esce il nuovo numero a dicembre – dallo scorso anno abbiamo scelto di pubblicare a Natale –, subito dopo gli utenti pensano già al numero successivo, perché sono talmente entusiasti del lavoro che hanno fatto che, giustamente, mi chiedono di pensare già al successivo. Anche se abbiamo un anno davanti non è semplice organizzare tutto e spesso i temi non sono così facili da trovare. Quest'anno però stiamo andando più spediti, nel senso che abbiamo già un'idea di come impostare il numero, ma non posso dare nessuna anticipazione concreta perché non so ancora come lo realizzeremo. Attualmente, ai lettori di Vortici.it posso solo dire che si parlerà di attualità, di autonomia e di disabilità, che riguarda l'utente in primis, e soprattutto si parlerà del ruolo che hanno i anche i volontari, che aiutano queste persone nelle attività che svolgono quotidianamente. Read the full article
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vorticimagazine · 2 months
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Villa del Bono, un autentico gioiello
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Questa volta, noi di Vortici.it vi portiamo in Brianza più precisamente a Cremella(Lecco) dove sorge una dimora unica nello stile sul nostro amato territorio: Villa del Bono.
Vogliamo illustrarvi Villa del Bono, questo autentico gioiello artistico residenziale che ci ricorda la ricchezza del nostro patrimonio culturale che non ha eguali al mondo.
Villa del Bono si trova su una collina all’interno di un parco secolare di circa sei ettari, raggiungibile lungo un viale di tigli di oltre duecento metri. Il panorama gode di una vista sulle Grigne e il monte Resegone. In una zona strategica, la villa si trova a 15 km da Como e da Lecco, e a 35 km da Milano. Progettata dall’architetto Cecilio Arpesani, che s’ispirò alle forme del Rinascimento fiorentino. Le sale interne sono ricche di raffinate decorazioni con pavimenti marmorei a mosaico. Il grande parco all’inglese è dotato di stupendi esemplari arborei. Dal 1934 la villa è proprietà dei Conti del Bono. Ci sono anche le antiche scuderie ristrutturate. È una dimora eclettica circondata da un magnifico parco con terrazzo panoramico da cui si gode una vista mirabile sulle Prealpi comasche e bergamasche e sui laghetti dell’alta Brianza. Ideale per organizzare ricevimenti, matrimoni, sfilate e riprese fotografiche e cinematografiche nell’arco dell’intero anno è anche una dimora per tutta la famiglia: può ospitare fino a 24 persone in camere doppie, per una vacanza da sogno o un weekend fuori porta. E per un’azienda, un “Buen Retiro” ove accogliere i propri collaboratori per momenti di immersione e relax. Scopriamone la storia… LA VILLA: DAI SESSA AI DEL BONO Lo stile neorinascimentale lo si può riconoscere a prima vista. Rodolfo Sessa la costruì tra la fine dell’Ottocento e la prima decade del Novecento. La famiglia dei Sessa era divenuta importante grazie all’attività propria di un setificio dalla metà del Diciannovesimo secolo, acquistando tutta la collina su cui oggi sorge la chiesa di San Sisino, Martirio e Alessandro. Lo stesso convento in cui oggi è stata ricavata questa chiesa era in origine la villa di Francesco Sessa, fratello di Rodolfo; sull’altra riva della collina, simmetricamente a villa Del Bono rispetto a via Luigi Cadorna, si può trovare l’originaria casa di famiglia, divenuta di proprietà del terzo fratello dei Sessa, Giuseppe, dopo la morte del padre comune. Il motivo per cui Rodolfo costruì questa villa fu per distaccarsi dal resto della famiglia; infatti, dopo essersi sposato con Anna Fumagalli, era rimasto a vivere nella casa paterna sino a quando decise di costruire una villa dove vivere con lei, non andando via da Cremella. Per l’edificazione della struttura fu necessario sbancare la collina su cui oggi trova posto da cui si può godere di una meravigliosa vista sulla vicina vallata ma, nelle giornate più limpide, anche delle vette del Cervino e del Monte Rosa. Rodolfo acquistò anche i terreni circostanti con l’opzione di inedificabilità, creando una zona franca che dividesse la propria villa dal futuro sviluppo urbanistico che probabilmente si aspettava. Il pensiero con cui fu costruita questa villa era diretto in due direzioni opposte: all’indietro, verso il rinascimento fiorentino, per quanto riguarda il gusto architettonico, ma guardando avanti per quanto riguarda la tecnologia presente nell’edificio: questo era l’unico edificio con l’impianto elettrico di tutta la zona perché i Sessa avevano trovato il modo per connettere la villa di Rodolfo con la rete elettrica di Merate, a circa tredici chilometri di distanza. Ma l’avanguardia tecnica la si può osservare nella presenza di un riscaldamento centralizzato, oppure in alcune manopole poste a fianco di ogni finestra della casa: con queste ultime è possibile aprire e chiudere le imposte dall'interno, senza che sia necessario aprire la finestra. È comunque da sottolineare che questa, come tante altre analoghe strutture, erano dimore che venivano vissute nel periodo di villeggiatura, quindi solo nei mesi più caldi dell’anno. Nel 1912 Rodolfo muore in villa, ma la moglie continua a vivere la villeggiatura a Cremella sino alla sua dipartita nel 1932. La villa passa in eredità alle nipoti femmine di Rodolfo sino all’attuale proprietario. Il titolo di conti è riconosciuto alla famiglia cremellese nel 1720, ma in realtà l’appartenenza alla nobiltà cittadina risale al 1300. “Lo stemma di famiglia conferma questo fatto: con il trascorrere dei secoli l’araldica divenne molto complessa e ricca per potersi distinguere da tutti gli altri. Sul nostro si può riconoscere una montagna al cui culmine si trova la luna. Con questi due simboli di vuole indicare il desiderio di puntare alla luna, ovvero alla perfezione” afferma il proprietario, il Conte Pietro del Bono. Durante gli anni della guerra la villa divenne un luogo sicuro per tutta la famiglia, permettendo anche di nascondere il padre di Pietro del Bono dalla leva militare nella Decima Mas a cui era destinato: “Si rifiutò perché non gli piaceva, quindi si nascose qui e si accorse che il fatto che tutta la casa fosse affrescata la rendeva davvero pesante, quindi decise di imbiancarla. Oggi si possono ancora trovare alcuni affreschi vicino alle finestre, ma l’unica camera rimasta completamente affrescata è quella che poi divenne sua e di mia madre quando si sposarono” afferma Pietro del Bono. GLI SPAZI DI VILLA DEL BONO L’ingresso è molto importante, addirittura imponente. Gli elementi neorinascimentali sono ovunque: dal soffitto a cassettoni, alle porte di legno, sino alle sovrapporte in marmo: “Nella casa sono sparse tante iscrizioni, alcune serie altre delle vere e proprie prese per i fondelli: ‘non vanitate sed studio’, ovvero ‘Non per vanità ma per passione’ sopra la porta della biblioteca; di fronte ad essa ‘frons prima decipit multos’, ‘la prima porta ingannò molti’, perché si pensa che ci sia il salotto, invece cela il bagno”. LA BIBLIOTECA I mobili che si possono trovare in villa sono in parte originali, in parte provenienti dalle altre residenze di famiglia, ma i lampadari sono originali, elettrici e oggi ancora funzionanti. Questa biblioteca chiusa è una caratteristica rinascimentale, con le porte che riprendono le ante degli scaffali, creando nella sala con le porte chiuse, una grande uniformità di stile. Nella biblioteca si può trovare un camino finto su cui è posto lo stemma della famiglia. IL SALOTTINO ROSSO Questa piccola camera ospita il soffitto a cassettoni più bello di tutta la casa. Originariamente era tappezzata di rosso ma oggi di questa decorazione rimane solo una fascia più alta. Sul resto delle pareti il rivestimento si era logorato, quindi il proprietario ha deciso di sostituirla con una nuova che ne riprende il disegno originale con vasi di rose. SALA MUSICA Il nome di questa sala non deriva dal fatto che si suonasse della musica qui, ma dalle decorazioni sul soffitto ovvero due angeli che cantano e un pentagramma. Questa sala ospita busto che assomiglia al bisnonno di Pietro, ammiraglio che rivestì il ruolo di ministro della marina alla fine della Prima Guerra mondiale: venne acquistato dal padre di Pietro proprio perché assomigliava al bisnonno. SALA DELLE COLONNE Il salone principale della villa è arredato finemente e con un grande camino finto sopra al quale si può riconoscere lo stemma dei Sessa scolpito nella pietra serena. Rodolfo era erede di una famiglia di setaioli che vollero riportare nel loro emblema gli elementi del filo e del fuso, ma è uno stemma inventato dato che non avevano alcuna nobile origine. La stessa invenzione venne fatta anche per la moglie di Rodolfo, Anna Fumagalli, il cui araldo si può trovare sopra la porta del refettorio: uno stemma con un castello sopra cui è posto un gallo che canta. SALA DA PRANZO O DEGLI ANTENATI Questa sala è posta a fianco delle cucine, ma viene anche chiamata degli antenati perché si hanno vari ritratti di probabili antenati. Sulla decorazione in legno posta su tutte le pareti della sala, si trova una decorazione che riporta un’ode al cibo in latino scritta da Orazio. Questo scritto è stato analizzato da uno degli avi dell’attuale proprietario, il quale ha posto una bruciante critica a colui che decise di redarla in quel modo: “Questa iscrizione non è troppo felice, né chiara. Il latino non è ottimo giacché è tolto dalla seconda satira di Orazio Flacco, ma a pezzettini presi un pò qua un pò là Talché nell’iscrizione perdono in parte il significato che hanno nella satira. Latino assai difficile”. Nella sala da pranzo, aguzzando la vista si può trovare una porta nascosta che conduce alla scala di servizio, che permette di raggiungere tutti i piani della villa e che, al piano rialzato, permette di giungere alla cucina. Quest’ultima è stata realizzata negli anni Sessanta dal padre di Pietro del Bono poiché quelle originali si trovano nel seminterrato: “Ai tempi dei Sessa, in quella che oggi è la cucina, giungevano solo i piatti con un montacarichi e, attraverso un passa piatti, le pietanze raggiungevano la sala da pranzo ed i commensali grazie all’opera di eleganti camerieri in livrea” ci ha spiegato il proprietario. Ovviamente tutto questo nel dopoguerra non era più necessario. “Da sottolineare è il fatto che gli arredi che si hanno in questa cucina anni Sessanta e nei bagni degli anni Trenta, sono di pregevole fattura, cosa che si può riconoscere dalle piastrelle di ceramica Bisazza, oppure le lampade nei bagni di Venini: quindi gli ammodernamenti che si sono fatti hanno comunque uno stile comunque ricercato, come è sempre stato per la storia di questa villa” secondo le precisazioni del dottor Lorenzo Colombo, giovane storico dell’arte che ha svolto degli approfonditi studi sull’edificio residenziale cremellese. LO SCALONE Lo scalone è il fulcro della casa che vuole richiamare lo stile rinascimentale fiorentino, motivo per cui questa dimora è soprannominata “La Fiorentina”. “Da fuori la villa richiama palazzo Strozzi, un grande esempio di architettura rinascimentale fiorentina; mentre lo scalone vuole si ispira chiaramente allo scalone del Bargello: questo di evince dai tanti stemmi murati sulle pareti e dalla fontana che si trova alla base delle scale, elemento immancabile nei cortili fiorentini del rinascimento. Sulle pareti dello scalone di hanno elementi veri e finti, che vanno dagli stemmi di varie famiglie, ad elementi portati per richiamare infelicemente gli stilemi fiorentini, ma incastonando un leone di San Marco oppure un sovrapporta della biblioteca di Sant’Agostino di Bergamo” sottolinea il dottor Colombo. Giungendo al primo piano si trova una finta balaustra che riprende lo stile del rinascimentale. Poco sopra, poggiata sui merli, si poggiava un tempo, la vetrata che oggi si trova due piani più in alto su cui si riconosce lo stemma dei Sessa che si alterna ai Gigli di Firenze. Il motivo per cui venne spostata lo spiega il conte stesso: “Negli anni '60 mio padre volle ricavare varie camere da letto con bagno in cui dormivano i figli e gli ospiti e lui voleva in un certo senso poterli controllare dal piano nobile, per evitare scorribande notturne”. LA CAMERA PADRONALE Si può comprendere che si tratta della camera padronale sia dalle dimensioni del letto, sia dell’affresco posto dietro di esso. Letto in stile rinascimentale sulla cui testiera si riprende uno dei due soggetti dell’affresco lombardo di fine Quattrocento appeso sopra di esso: l’Annunciazione; tra l’Arcangelo Gabriele e la Madonna, posti agli estremi della rappresentazione, si trova una Maestà. La presenza ripetuta della figura dell’Annunciazione probabilmente sottolinea la ricerca di una progenie da parte di Rodolfo e Anna che ebbero una unica figlia che morì prima dei genitori nel 1902. Questo segnò molto la coppia. La tecnologia ritorna in questa camera nel letto matrimoniale che permette di dividere in due singoli il grande letto, per rendere più semplice rifarlo alle cameriere. IL BAGNO PADRONALE In stile anni Trenta ha un meraviglioso arredo in marmo con una vasca da bagno. Tutto è ancora funzionante. IL GIARDINO Il giardino si estende su sessanta mila metri quadrati in cui vige la più grande quiete. Sono ospitati svariati esemplari secolari che contrappongono la loro grande storia alla più recente piscina costruita negli anni Sessanta dall’architetto Antonio Clerici. Un trucco che venne utilizzato dai Sessa fu quello di piantumare svariati alberi sui confini della proprietà, facendo quindi confondere il giardino con il resto della vegetazione intorno, dando l’impressione che fosse più grande. Dal giardino si possono osservare anche un'iscrizione sul lato ovest: “FAMILIAE AMICISQUE DICATA ET LUDIS IVCVNDIS”. In questo modo la villa viene dedicata alla famiglia agli amici e agli svaghi:, riconoscendo nella Brianza il luogo dell’otium e Milano è il luogo del negotium. “Le dimore storiche sono vive, cambiano con il trascorrere del tempo. Quindi come si fecero e rifecero i bagni, come si realizzò la cucina negli anni Sessanta, tale è in tutte le case dell’epoca. Fissarle in un momento significa ucciderle: mantenerle immobili non avrebbe senso....le renderebbe difficili da vivere” sostiene Pietro del Bono, Presidente della sezione lombarda dell’Associazione Dimore Storiche Italiane. Vi abbiamo fatto vivere un’esperienza a tutto campo in quello che si può considerare un grandioso esempio di architettura rinascimentale fiorentina, unico nel suo genere. Scopri la nostra rubrica Arte Immagine di copertina: https://ledimoredelquartetto.eu/ Read the full article
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vorticimagazine · 2 months
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L'IRIB - CNR di Messina...
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La Sicilia sta sperimentando un modello virtuoso di assistenza gratuita per le famiglie con bambini autistici. «La tecnologia che importeremo dal metaverso permetterà di riabilitare più bambini alla volta, ognuno immerso nello stesso scenario in cui un ruolo nevralgico avrà la creazione dell’avatar digitale del bambino stesso», così si esprime Antonio Cerasa, neuroscienziato e ricercatore dell’Istituto per la Ricerca e l’Innovazione Biomedica IRIB - CNR di Messina, nel campo delle Neuroscienze Traslazionali. L’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio Nazionale delle ricerche (IRIB - CNR) si dedica da anni a progetti sperimentali che, utilizzano le più moderne tecnologie, in grado di aiutare i bambini colpiti da questo disturbo e sostenere i loro genitori nell’impegnativa assistenza quotidiana ai figli. Continua Antonio Cerasa: «Useremo la realtà virtuale anche con i genitori. La mission del nostro istituto è proprio quella di estendere in tutta la Sicilia il modello virtuoso di assistenza gratuita per le famiglie con bambini affetti da autismo basato su tecnologie innovative». “La condizione autistica non solo mette a dura prova le dinamiche relazionali affettive del contesto familiare ma genera una serie di sfide difficili da gestire per i genitori, nella loro quotidianità. Per questo con l’aiuto della Realtà Virtuale abbiamo creato un percorso che li aiuti a gestire le emozioni”. Questo dichiara Flavia Marino, psicologa dell’Istituto IRIB-CNR di Messina, “Negli ultimi anni - prosegue Marino - la Realtà Virtuale ha assunto un ruolo importante negli ambulatori di intervento psicologico per incrementare l’effetto dei protocolli tradizionali, facilitando l’esposizione graduale a stimoli che registrano stress, ansia o emozioni spiacevoli in generale. L’IRIB-CNR di Messina è uno dei pochi centri in Italia che ha a disposizione questa tecnologia integrata a biosensori che registrano i cambiamenti legati alle emozioni sul corpo”. È partita una nuova sperimentazione clinica su un gruppo di genitori di bambini con condizione autistica, per dimostrare gli effetti benefici di questa tecnologia innovativa. Lo scopo di questa ricerca è applicare le tecniche psicologiche che orientano la focalizzazione dell’attenzione sul momento presente (mindfulness) evitando che i pensieri ed emozioni spiacevoli siano invasivi. Queste tecniche saranno potenziate da percorsi virtuali che i genitori faranno attraverso visori di ultima generazione. “Aumentare le nostre capacità percettive tramite le tecniche di mindfulness e la potenza degli stimoli virtuali permette alla mente umana di creare nuove tracce neuronali utili per regolare le emozioni spiacevoli” – sottolinea nuovamente Antonio Cerasa. Giovanni Pioggia, responsabile della sede IRIB-CNR, spiega l’unicità del progetto rispetto ad altre tipologie di intervento che sono presenti nel panorama sanitario. “IRIB-CNR si propone di attivare un nuovo servizio per i genitori dei bambini con autismo, grazie all’applicazione di nuove tecnologie provenienti da settori innovativi delle neuroscienze e robotica per il benessere e la salute mentale. I percorsi psicologici collegati alle applicazioni tecnologiche di questa ricerca sono originali e frutto del lavoro dei ricercatori e degli informatici del Centro Irib di Messina”. Noi di Vortici.it vi ribadiamo spesso che Scienza e Tecnologia vanno a braccetto e il loro sodalizio è imprescindibile nel campo della ricerca e della sperimentazione. Scoprite anche le nostre due rubriche Scienze e Tecnologia Immagine di copertina: https://www.irib.cnr.it(sede di Messina) Read the full article
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vorticimagazine · 3 months
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Rhet: torna il romanzo fantascientifico
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Era il 2021, quando noi di Vortici.it, abbiamo incontrato e portato alla vostra attenzione un romanzo molto particolare intitolato Elbrus, uscito a Ottobre 2020 per Armando Curcio Editore.
I due autori Marco Capocasa e Giuseppe Di Clemente riprendono ciò che noi definiamo sodalizio creativo e pubblicano la loro ultima fatica letteraria intitolata: Rhet, uscito recentemente per Edizioni Dialoghi – Gruppo Editoriale Utterson.
Rhet è il prequel(racconto, il cui contenuto intende proporre gli antefatti di una storia facente parte di un ciclo), di Elbrus. Parliamo di una nuova avventura fantascientifica ambientata prevalentemente sul pianeta extrasolare che dà il titolo al romanzo, dove prospera una civiltà aliena costituita da tre popoli: i , esploratori dello spazio, i , operosi e dediti all’economia di sussistenza e alle infrastrutture, e i , reietti esiliati in un’isola – continente dove vivono in condizioni tecnologiche e culturali arretrate. Il lettore di Rhet si troverà a seguire vicende che si sviluppano in un futuro remoto, scoprendo pagina dopo pagina le vite di tre personaggi, ciascuno appartenente ad uno dei tre popoli. Le loro vicissitudini un poco alla volta finiscono per intrecciarsi, divenendo indissolubilmente legate nel corso di un viaggio nello spazio profondo che li porterà in un sistema solare a loro ignoto, verso un destino comune, verso l’origine stessa della loro civiltà. Scegliamo di pubblicare la sinossi degli autori in versione integrale, per farvi scoprire quanto sia avvincente la trama: Al tempo della narrazione (Scisat) è una femmina appartenente alla comunità che, insofferente alle rigide tradizioni del suo popolo, vive un difficile rapporto con la sua famiglia. Più di tutto soffre a causa di , la persistente connessione empatica-telepatica fra gli individui e l’inevitabile controllo sulla propria esistenza che ne deriva. Per questo, dopo essere stata sanzionata per l’ennesimo episodio di insubordinazione sociale, sceglie di aderire ai programmi di esplorazione spaziale, grande caposaldo della tradizione finalizzato alla ricerca dei Fondatori, cioè coloro che provenendo da un altro mondo avrebbero fondato, secondo il mito, la civiltà sul pianeta . (Kazikaa) è una femmina , l’altro popolo di fortemente caratterizzato per l’operosità e la capacità organizzativa, ma retrocesso in ambito politico e compresso in quello sociale e culturale. Questi limiti hanno storicamente avuto ricadute pratiche sulla formazione culturale, sulle parziali restrizioni civili e sulle possibilità di carriera. (Kazikaa) è un’esobiologa ed un’esperta di intelligenza artificiale in attività su , una delle lune di , consapevole di aver conquistato un ruolo prestigioso e improbabile da ottenere per una femmina . Tuttavia è frustrata nel vedere periodicamente gruppi di giovani e aspiranti esploratori partire da alla volta di nuovi mondi da scoprire e colonizzare, una possibilità a lei negata, così come a tutti gli altri membri della sua comunità. (Gailmora) è un maschio , un popolo le cui origini affondano le radici in un remoto passato nel quale gli individui privi della capacità di comunicazione empatica-telepatica venivano esiliati dai e dai sul continente , oltreoceano. Qui i discendenti dei , che non ebbero in eredità alcuna traccia storica della deportazione e della quale non hanno serbato alcuna memoria, sopravvissero dando vita ad un mondo tecnologicamente e culturalmente arretrato e fondato sul potere, sul commercio, sulla religione e sulla superstizione. I ignorano l’esistenza del continente , loro ancestrale luogo di origine dove, invece, prosperano attualmente e . (Gailmora), dopo aver condotto un’esistenza itinerante e fatta d’espedienti, s’innamora di una femmina nomade. Nel tentativo di fuggire con lui dalla propria oppressiva e conservatrice famiglia nomade, la giovane perde la vita precipitando in mare da una scogliera. (Gailmora), invece, sopravvive alla caduta e viene recuperato in mare e venduto come schiavo ad una ricca matrona. Mentre è al suo servizio come maschio di piacere conosce un ministro del culto del Creatore, un , il quale lo indirizza verso le Porte del Cosmo, un luogo di frontiera immaginifico attraverso il quale è possibile oltrepassare i limiti del mondo conosciuto. (Gailmora), spinto dal dolore dell’amore perduto e dall’attuale condizione di schiavo, intraprende il viaggio e supera le Porte del Cosmo fino a raggiungere un’isola dove vede cose incomprensibili, ai suoi occhi un luogo dimora degli dèi: vede un mostro di metallo volteggiare e toccare il suolo vicino a una torre di vetro. Il mostro di metallo non è altro che l’astronave che ha fatto porto sull’isola di prima di dirigersi verso la luna di . (Gailmora) sale a bordo dell’astronave prima del suo decollo. Allo sbarco sulla luna (Gailmora) viene scoperto e trattenuto. È talmente sconcertante che un reietto (ovvero un discendente dei deportati) sia riuscito a lasciare , il continente oltre l’oceano, che la notizia della sua fuga e della sua presenza su viene tenuta segreta, anche e soprattutto perché solo una ristretta élite dei popoli di è a conoscenza che su esista tuttora una discendenza dei deportati ere or sono, poiché è pubblicamente noto che i deportati morirono tutti nel giro di poche generazioni. Invece la discendenza dei deportati si è articolata in popoli dalle variegate culture dimoranti in regni, città e porti. Ma la barbarie è stata tuttavia perpetrata dalle élite impedendo ad ogni nave, sempre grazie a quella rete di satelliti, di allontanarsi oltre un certo limite da . Nel frattempo, sulla luna , l’equipaggio che salirà sull’astronave è stato arricchito di nuovi membri provenienti da in vista di una missione che ha come scopo l’esplorazione, la scoperta di forme aliene intelligenti e, se possibile, il rintraccio dei Fondatori. Fra loro c’è (Scisat) che, fra le varie attività di formazione svolte sulla luna prima della partenza, entra in contatto empatico-telepatico con uno degli esseri alieni ospiti nella struttura lunare, appartenente ad una specie, i , scoperta molto tempo prima su un esopianeta, che per mutua utilità ha lasciato che alcuni suoi membri dimorassero sulla luna rhetiana per approfondire la reciproca conoscenza. Su nuove dinamiche politiche e spinte sociali stanno destabilizzando i tradizionali equilibri fra i popoli e . In uno storico incontro, infine, vengono rimossi vecchi limiti permettendo ai l’accesso a professioni e ruoli istituzionali fin ad allora preclusi. Così, si apre per la   (Kazikaa) uno scenario nuovo che le permette di sottoporre la propria candidatura per la missione prossima alla partenza. Viene selezionata ed entra a far parte dell’equipaggio. La permanenza del reietto su è un problema che viene superato facilmente. Viene deciso dai vertici che (Gailmora) sia imbarcato per la spedizione e sia oggetto di studio durante il lungo viaggio. A (Scisat) e (Kazikaa) viene affidato dal comandante l’incarico di studiare segretamente il sotto ogni punto di vista. Durante il viaggio (Gailmora) apprende la lingua di e riceve rudimenti di scienze e tecnologia. Quando diviene “utilizzabile”, il comandante non esita ad aggregarlo a missioni esterne quale pedina sacrificabile. Le due scienziate apprendono tutto ciò che è possibile dal profugo sul suo mondo di provenienza. In ogni caso lavorano moltissimo sull’aspetto fondamentale che lo distingue dalla gente di , cioè l’incapacità di comunicare per mezzo di . Ma questo aspetto rivela novità sorprendenti. Si manifestano segni di cambiamento in lui, qualcosa lascia credere che il abbia iniziato a percepire qualcosa, con debolezza e in modo confuso. E, forse, proprio questa primordiale sensibilità a , ripercorrendo le allucinazioni e le situazioni che già lo avevano stimolato a lasciare la propria patria, lo ha messo nelle condizioni di fuggire. Insomma, qualcosa già serpeggiava ed ora, durante il confronto serrato e quotidiano con le scienziate, sta maturando e rivelandosi progressivamente. Si tratta di una scoperta sensazionale. Durante la navigazione, già quando si è prossimi ai sistemi di stelle obiettivo della missione perché potenzialmente ritenuti capaci di ospitare la vita intelligente, un segnale scuote il comandante e segna il destino della missione. Proveniente da uno di quei sistemi di stelle, un segnale senza alcun dubbio artificiale viene captato da . Il Comandante assegna la nuova rotta verso il pianeta in orbita della modesta stella . Durante la navigazione, nella fascia esterna di quel sistema, un ennesimo e nuovo segnale artificiale alimenta ulteriore fermento nell’equipaggio. Proviene da un punto situato nello spazio profondo ed è sprigionato da una fessurazione spazio-temporale, cioè una singolarità che crea un ponte capace di collegare istantaneamente due punti lontanissimi nell’universo. Nel tentativo di non tralasciare nulla, il Comandante, mantenendo la rotta verso , invia una navetta esplorativa verso la sorgente del nuovo segnale. Dell’equipaggio della missione fanno parte anche le due scienziate e (Gailmora). Soprattutto, ne è stata messa a capo proprio la femmina (Kazikaa) che, durante il viaggio, ha saputo emergere e farsi apprezzare dal Comandante. Ma quando la navetta è prossima alla fessurazione, l’astronave viene colpita irrimediabilmente da uno sciame di asteroidi che ne perforano lo scafo e la danneggiano gravemente. L’equipaggio della navetta esplorativa è impotente di fronte al disastro che si consuma pochi istanti prima che la fessurazione sia attraversata. Una volta oltre, l’equipaggio della navetta è irrimediabilmente solo e non riesce a spiegarsi come mai, pur avendo attraversato quella che è stata identificata come una fessurazione spazio-temporale, la navetta è rimasta nello stesso luogo. è scomparsa ma tutti gli astri di riferimento sono là, a significare che non è stato effettuato alcun balzo verso qualche zona remota. È questo è inspiegabile. Ma ancora più scioccante è l’avvistamento di strutture enormi che, incrociando nello spazio, intercettano la navetta e, lentamente, la catturano. È chiaro fin da subito all’equipaggio di essere venuti a contatto con una popolazione aliena. La navetta viene condotta all’interno di una di quelle gigantesche navi. Convinta che gli alieni vogliano stabilire un contatto, (Kazikaa) dispone che assieme a lei scendano anche (Scisat) e (Gailmora), in rappresentanza dei tre popoli di . Scendendo dalla navetta nessuno di loro poteva immaginare di trovarsi di fronte a esseri viventi con fattezze tali e quali alle loro. Finalmente, i rhetiani hanno trovato i Fondatori. Gli autori: Marco Capocasa biologo e antropologo. Svolge attività di ricerca scientifica in qualità di vice-segretario dell'Istituto Italiano di Antropologia e la libera professione di biologo nutrizionista. Si occupa dello studio delle relazioni fra strutture sociali e diversità genetica delle popolazioni umane e della condivisione del sapere scientifico in ambito antropologico e biomedico. È autore di decine di articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali. Ha pubblicato tre libri di divulgazione scientifica: Italiani. Come il DNA ci aiuta a capire chi siamo (Carocci, 2016), Intervista impossibile al DNA. Storie di scienza e umanità (il Mulino, 2018) e Assurdità alimentari – Dalle fake news alla scienza della nutrizione (Castelvecchi, 2023). È inoltre autore, insieme a Giuseppe Di Clemente, del romanzo di fantascienza Elbrus, edito nel 2020 per Armando Curcio Editore.Giuseppe Di Clemente laureato in Economia aziendale, è autore dei romanzi di fantascienza: Oltre il domani. Un varco per l'universo (L'Erudita, 2019) ed Elbrus (Armando Curcio Editore, 2020). Immagine di copertina: Image By stockgiu - freepik.com   Read the full article
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vorticimagazine · 3 months
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Codice dell'innovazione tecnologica
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Nelle scorse settimane noi di Vortici.it, vi abbiamo parlato in maniera approfondita di Intelligenza Artificiale, dal punto di vista tecnologico. Occorre però riflettere, su alcuni aspetti legislativi e/o burocratici. Quest’articolo a firma di Mauro Nicastri (Presidente Fondazione Aidr), ci orienta a riguardo, grazie ad alcune osservazioni e riflessioni. L’utilizzo speculare della burocrazia e la digitalizzazione in Italia che anche questa volta non parte di Mauro Nicastri*Mentre la politica discute sulla scelta dell’Autorità a cui affidare la supervisione del settore dell'intelligenza artificiale, c’è la percezione dei cittadini che seguono il settore della digital trasformation che malgrado tutti gli sforzi politici e gli incentivi statali, l’innovazione in Italia anche questa volta non parte. Tante possono essere le ragioni ma una di queste è sicuramente l’utilizzo speculare della burocrazia interna per ottenere sempre più potere; in un mondo sempre più veloce la burocrazia ingiustificata è una zavorra che frena lo spirito d’iniziativa, schiaccia la creatività e inibisce l’assunzione di rischi. Viviamo in un'epoca di trasformazione digitale senza precedenti, in cui le tecnologie stanno rivoluzionando ogni aspetto della nostra vita. Queste trasformazioni portano con sé grandi opportunità, ma anche sfide complesse e rischi che necessitano di una riflessione politica approfondita e di una regolamentazione generale adeguata ai tempi.
Crediamo sia arrivato il momento di varare un “Codice dell'Innovazione Tecnologica” snello, operativo, sempre pronto ad essere aggiornato rispetto all’evoluzioni della tecnologia e che individui un unico soggetto pubblico-privato al quale affidare tutta la governance dell’innovazione tecnologica italiana, come formula vincente per sconfiggere l’utilizzo speculare della burocrazia. 
Per fortuna viviamo in una Nazione che è già dotata di aziende di Stato tra le prime nel settore dell’innovazione tecnologica a livello europeo ed internazionale, come Poste Italiane, Sogei, Leonardo, IPZS, PagoPA, etc. Per fare tutto ciò diventa indispensabile l'istituzione di una commissione parlamentare unica, che si faccia supportare da esperti di tecnologie, comunicazione, diritto, medici e altri professionisti di settori chiave, con il compito di analizzare a 360 gradi l'impatto dell'innovazione tecnologica sulla nostra società e di varare, in tempi brevi, un Codice dell'Innovazione Tecnologica. Il Codice dell'Innovazione Tecnologica dovrebbe essere un documento completo e articolato, in grado di contenere disposizioni di diritto civile, penale e amministrativo, nonché norme giuridiche di diritto processuale di rilievo generale e norme incriminatrici. Dovrebbe essere uno strumento agile e flessibile, in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici, ma allo stesso tempo solido e capace di fornire un quadro normativo chiaro e sicuro per cittadini, imprese e istituzioni. L’istituzione della commissione parlamentare e l’individuazione di un’azienda di Stato rappresenterebbe un segnale forte e concreto del Governo italiano e dei due rami del Parlamento a favore dell'innovazione responsabile e della trasformazione digitale della Nazione. Sarebbe un passo avanti decisivo per garantire che l'Italia possa cogliere appieno le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale, proteggendo al contempo i diritti e la sicurezza dei cittadini.*Presidente Fondazione AidrImmagine di copertina: - Premio Fondazione Aidr trasparenza ed etica nella PA (AIDR) Read the full article
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vorticimagazine · 3 months
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Il museo: vita, carriera e canzoni di Lucio Battisti
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Ci sono eventi che noi di Vortici.it definiamo chicche non a caso ed è proprio di una di queste che vogliamo parlarvi.
Il primo museo dedicato alle canzoni di Lucio Battisti ha aperto i battenti, il 20 Gennaio 2024 a Poggio Bustone(Rieti), sua città natale.
Il museo offre ai visitatori un viaggio affascinante attraverso la vita, la carriera e le canzoni di Lucio Battisti. La casa natale di Battisti è diventata un luogo di memoria e celebrazione per il gigante della musica italiana. Questa iniziativa è un modo per preservare il patrimonio culturale e artistico di Lucio e per permettere ai suoi fan e agli amanti della musica italiana di conoscere meglio la sua storia e il suo contributo alla cultura popolare. Voluto dal padre Alfiero, raccoglie oggetti unici e non solo appartenenti al cantautore. Il direttore Giuseppe Bonomo ha spiegato: “Un piccolo luogo di 30 metri quadri, gratuito, per raccontare l’uomo che non era affatto schivo, freddo e musone come è stato sempre descritto”. L’ingresso è libero, dalle 15.00 alle 17.00 Non vi aspettate di trovare reperti archeologici. Troverete degli oggetti appartenuti al grande cantautore, respirerete l’aria del Paese in cui ha vissuto per tantissimi anni. Situato in via Roma 26, al centro del paese, si potranno ammirare le sue prime chitarre, insieme alle lettere spedite alla madre, a una collezione di foto inedite oltre a quadri e altro materiale inedito. L’idea nasce qualche anno fa, dalla conoscenza con Andrea Barbacane, figlio dell’unica sorella del musicista, Albarita, che presenta così l'evento: “Mi sono appassionato alla storia di Lucio – dichiara il direttore del museo Giuseppe Bonomo – ho chiesto se ci fossero ancora suoi materiali in giro, così mi hanno presentato Andrea. Alfiero, il padre di Lucio, aveva lasciato un compito ai nipoti Andrea e Viviana, perché gli oggetti presenti nella casa romana della famiglia venissero fatti conoscere e svelassero l’anima autentica di un cantautore". Nato a Poggio Bustone il 5 marzo 1943, l’autore di Emozioni è morto a Milano il 9 settembre 1998.Scoprite anche la nostra sezione Musica Immagine di copertina: Monumento a Lucio Battisti, Wikipedia Read the full article
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vorticimagazine · 3 months
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Il fascismo non è mai morto, di Luciano Canfora
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Dopo gli ultimi, incresciosi eventi di cui si parla tanto in questi giorni, il libro "il fascismo non é mai morto", di Luciano Canfora (Edizioni Dedalo), è particolarmente attuale.
La novità editoriale é in prossima uscita il 26 Gennaio.L’episodio del saluto romano alle commemorazioni di Acca Larentia, il silenzio della premier, le accuse di apologia del fascismo sono solo alcuni esempi. Leggi estratto del testo... "Il fascismo non è mai morto" é un libro fondamentale per tutti quelli che sono impegnati a convincere soprattutto se stessi che il fascismo “è finito nell’aprile 1945”. Ciclicamente rispunta una teoria autoconsolatoria che sentenzia: il fascismo è finito in un preciso giorno di 79 anni fa. E basterebbe del resto la cronaca del settantennio che abbiamo alle spalle per convincersi della vacuità di una tale teoria. Lo riprova inoltre quotidianamente la cronaca, che certo non ci rallegra: tanto più che – come un secolo fa – non si tratta di una questione solo italiana. Del resto, tutte le principali forze politiche del Novecento, dai cattolici ai neoliberali, passando per i socialisti, vivono, uguali e diverse, e variamente denominate, nel nuovo secolo. La partita, a quanto pare, è ancora aperta.
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Luciano Canfora è professore emerito dell'Università di Bari, dirige la rivista «Quaderni di storia» e collabora con il «Corriere della Sera». I suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. Tra quelli pubblicati per Dedalo: La crisi dell’Est e il Pci (1990), Marx vive a Calcutta (1992), Europa gigante incatenato (2020). Scopri la nostra sezione Libri Consigliati Immagine di copertina e foto: flickr.com Read the full article
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vorticimagazine · 4 months
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Museo della Radio e della Televisione RAI
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La mattina del 3 Gennaio 1954, Fulvia Colombo annunciava l’avvio delle trasmissioni della Rai, da quel giorno, sono passati settant’anni e noi di Vortici.it non potevamo essere indifferenti a quest’importante Anniversario.
Il Museo della Radio e della Televisione, dedicato alla Storia della radio e della televisione in Italia, ha sede a Torino, nel Centro di produzione Rai.
Il primo progetto di un museo della radio risale al 1939: all’epoca, l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche aveva la Direzione Generale e il Laboratorio Ricerche a Torino. La guerra interruppe il progetto; esso fu recuperato nella seconda metà degli anni '60 da un gruppo di esperti, tra cui l’ingegner Banfi (già direttore tecnico dell’EIAR). Il materiale raccolto, che inizialmente doveva essere ospitato nello storico palazzo aziendale di Via dell’Arsenale 21, trovò una sistemazione provvisoria presso il Centro di produzione Rai; nel 1980 una parte dei cimeli venne collocata in alcune vetrine dell’atrio. Nel 1984, in occasione della mostra La Radio, storia di sessant’anni: 1924-1984, la collezione fu presentata per la prima volta al pubblico. L’inaugurazione vera e propria del Museo risale al 1993: la raccolta venne ordinata, restaurata e ampliata, e si stabilì permanentemente nella Sala Enrico Marchesi del Centro di produzione Rai. A inizio 2020, sotto la nuova direzione di Alberto Allegranza, “Da Museo tecnico per collezionisti di oggetti, si trasforma in spazio esperienziale e multimediale che accoglie la diversità di gusti del pubblico in un’atmosfera da studio televisivo”.
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Il “nuovo” Museo della Radio e Televisione Rai, inaugurato il 26 settembre 2020, dopo nove mesi di lavoro, è uno spazio pensato per vivere a 360° le emozioni della storia della comunicazione, in un’atmosfera che richiama la magia della televisione. La sua anima è nel pubblico che si emoziona davanti ai costumi di Raffaella Carrà, balla al ritmo dei Måneskin e canta nel microfono di F. Sinatra. "Abbracciamo il presente, Valorizziamo il passato, Ci apriamo al futuro" sono le parole con cui il museo si presenta. La sua mission è di condurre gli ospiti in un viaggio nel tempo, in cui passato, presente e futuro diventano una cosa sola e la cura dei particolari trasmette bellezza e armonia.
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La collezione del Museo si compone rispettivamente di: apparati tecnologici che abbracciano duecento anni di storia, costumi e arredi televisivi, di video divulgativi, emozionali e al servizio dell’accessibilità. Un costume di scena innovativo del ‘68 di Adriano Celentano accoglie il visitatore, che si trova subito dopo avvolto dall’amorevole ricordo di Raffaella Carrà, raccontata in un video inedito che dà vita ai costumi di Canzonissima ’71 e ’74 presenti nella collezione del Museo. L’ingresso nella sala museale è scandito dal mitico “Uccellino della Radio”, affiancato dal racconto dei suoi antenati: il telegrafo di Morse, la radio a galena e il detector Marconi, attraversati dalle onde hertziane. Si assapora l’atmosfera degli anni Trenta attraverso l’eleganza dei primi apparati radiofonici, veri e propri oggetti d’arredo creati dai designer dell’epoca. Una ricca collezione di storici microfoni dalle forme più originali è inserita in geometrie di fiori posizionati sui classici tavoli esagonali della radiofonia. Queste postazioni sono animate da audioguide che consentono esperienze tattili.
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La storia della televisione è raccontata partendo dal suo primo prototipo elettromeccanico: la TV di John L. Baird seguita dai primi esemplari di tv a scansione elettronica fino ad arrivare al passaggio epocale dall’analogico al digitale.
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TV vintage Il percorso è impreziosito dalla presenza di arredi di storici programmi Rai, tra i quali la cabina di Rischiatutto, le poltrone di Quelli che il calcio e de I Migliori anni, inseriti in una scenografia basata su foto inedite di una delle prime trasmissioni della storia della Rai, Arrivi e Partenze condotta tra il 1953 e il 1955 da un giovane Mike Bongiorno. L’unicità del Museo della Radio e della Televisione RAI sta nel fatto che la collezione convive insieme a un vero e proprio studio televisivo: dal Museo On Air, i visitatori possono assistere alla diretta di alcuni programmi Rai e interagire con gli ospiti. Si tratta di un museo accessibile a tutti, davvero coinvolgente per ogni età e per giunta gratuito!   Per informazioni consultare il sito: https://www.rai.it/museoradiotv/ Consulta la rubrica Cultura di Vortici Magazine... Con queste immagini, crediamo di aver stuzzicato abbastanza la vostra curiosità.Immagine di copertina: - Museo della Radio e della Tv( Tripadvisor) Altre immagini: Pixabay Read the full article
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vorticimagazine · 4 months
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Valutazioni su Chat IA e cyber sicurezza
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Siamo entrati da pochi giorni nel 2024 e i repentini cambiamenti tecnologici e informatici sono sempre più evidenti.
Questo induce noi di Vortici.it a fare chiarezza su alcune questioni tecnologiche non di poco conto ed ormai sulla bocca di tanti analisti: in particolare Chat IA e cyber sicurezza....
Articolo disponibile in formato audio:https://s5.ttsmaker-file.com/file/2024-01-08-173328_174709.mp3 Si evidenziano diversi fenomeni in costante espansione e ricchi di trappole. Tra questi si annoverano: un aumento degli attacchi hacker sponsorizzati da uno Stato o legati all’attivismo politico, l’interferenza nelle elezioni politiche o nei grandi eventi con l’intelligenza artificiale, diminuzione del phishing(un tipo di truffa effettuata su Internet attraverso la quale un malintenzionato cerca di ottenere informazioni personali, dati finanziari o codici di accesso, fingendosi un ente affidabile in una comunicazione digitale) e più siti fasulli in cui attirare gli utenti. Queste sono alcune delle previsioni per il 2024 nel settore della cyber sicurezza, che di anno in anno ha visto impennare gli attacchi: solo in Italia, secondo l’ultimo rapporto Clusit, questi ultimi sono aumentati di ben quattro volte. C’è poi un’altra emergenza ovvero la formazione sulla sicurezza che fattivamente non tiene il passo alle insidie sempre e comunque dietro l’angolo.
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A fronte delle crescenti tensioni geopolitiche, aumentate a seguito del conflitto in Medio Oriente e dal protrarsi della guerra in Ucraina, il numero degli attacchi informatici promossi da uno Stato potrebbe aumentare nel corso del 2024, osservano gli esperti di sicurezza di Kaspersky. Questi attacchi saranno probabilmente la causa di furti o crittografia dei dati, violazione delle infrastrutture tecnologiche, spionaggio a lungo termine e sabotaggi informatici. E poiché i principali conflitti globali continueranno ci sarà “un aumento dirompente” del fenomeno dell’hackerativismo, come rilevano le previsioni 2024 di Google - Mandiant. L’attivismo online dal canto suo può prendere di mira obiettivi militari e istituzionali ma anche puntare alla diffusione di fake news(false notizie). Nell’anno in corso ci saranno tanti eventi politici, come le elezioni statunitensi a Novembre mentre a Giugno si voterà per le Europee, ma ci saranno anche grandi manifestazioni sportive, tra queste le Olimpiadi che si terranno a Parigi dal mese di Luglio. Occasioni, secondo gli esperti sicurezza di Fortinet, per mettere in atto attacchi informatici.
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In particolare, in ambito politico, crescono i timori per l’uso sempre più diffuso dell’IA(Intelligenza Artificiale) generativa.
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“Probabilmente vedremo l’intelligenza artificiale potenziare l’interferenza elettorale nel 2024 - ha spiegato a Forbes Shivajee Samdarshi, chief product officer di Venafi - Dalla creazione di deepfake convincenti all’aumento della disinformazione mirata, il concetto stesso di fiducia, identità e democrazia saranno sotto la lente”. “L’IA ha creato nuove strade per la criminalità informatica e la vigilanza proattiva contro gli attacchi diventerà una priorità sempre più importante - ha osservato Rob Price, della società Snow Software - Ciò sarà particolarmente difficile perché continueremo a vedere una carenza di persone formate per svolgere alcune delle funzioni di gestione della sicurezza informatica”.
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Infine, gli utenti saranno tratti in inganno sempre meno dal phishing e sempre più dai siti fasulli. Un modo per attaccare meno sfruttato, poiché le e-mail e gli allegati che diffondono malware sono diventati molto diffusi e più individuabili da un sistema anti-spam o dalla maggiore consapevolezza degli utenti. L’obiettivo dei criminali informatici è sempre quello di rubare informazioni alle vittime. La tecnica (subdola aggiungiamo noi) consiste nel trarre in inganno gli utenti attraverso repliche di siti più famosi il cui indirizzo internet varia però di una o due lettere rispetto al dominio più popolare. “Ci sono milioni di collegamenti pericolosi su Internet portano le persone a siti falsi, dove vengono indotte con l’inganno a scaricare virus malevoli che si traducono in attacchi ransomware”, ha affermato il ricercatore di eSentire Keegan Keplinger al sito canadese Record. Anche per l’analista l’altra emergenza nel settore cyber è la formazione, che non tiene il passo all’aumento degli attacchi. Un'ultima considerazione importante: l'intelligenza artificiale è la nuova frontiera tecnologica dalle molteplici sfaccettature. Ci sono aspetti positivi e negativi. Per approfondire questo tema vi invitiamo a seguire l'interessante puntata di Presa Diretta cliccando qui: Intelligenza artificiale del 30/10/2023. Con il presente articolo riteniamo di avervi fornito molti spunti su cui riflettere in generale.Non ci rimane che augurarvi un Buon 2024. Ulteriori approfondimenti della nostra sezione Tecnologia: - L’intelligenza artificiale   Immagine di copertina e altre immagini: Pixabay Read the full article
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vorticimagazine · 4 months
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Digitalizzazione: il fascicolo sanitario elettronico
Questa volta Vortici.it decide di occuparsi del fascicolo sanitario elettronico, un tema importante e contemporaneamente curioso in campo della digitalizzazione, consapevoli di un fatto certo: quest’ultima è divenuta un obiettivo imprescindibile da raggiungere in tutti i settori. Per questa ragione, abbiamo deciso di pubblicare un contributo di Andrea Bisciglia (Cardiologo e responsabile Osservatorio sanità digitale AIDR) che in questo caso, si occupa specificatamente del fascicolo sanitario elettronico.
Fascicolo sanitario elettronico: i dati Agid (Agenzia per l'Italia Digitale) confermano la necessità di dematerializzare tutte le cartelle cliniche cartacee e il 100% di interoperabilità a livello nazionale
di Andrea Bisciglia Roma, 4 dicembre – I dati dell'Osservatorio dell'Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) confermano l’importanza del fascicolo sanitario elettronico (FSE) che rappresenta un tassello fondamentale nella digitalizzazione del settore sanitario. Tuttavia, il suo impiego effettivo rimane limitato a causa di diversi ostacoli. Uno dei problemi principali è la persistenza delle tradizionali cartelle cliniche cartacee. Queste ultime, non essendo integrate nel sistema elettronico, rendono difficile avere una visione completa e aggiornata delle condizioni di salute di ogni assistito. L’Osservatorio sanità digitale della fondazione Aidr (vai al link qui...) ha sempre sostenuto, in diverse occasioni pubbliche, che per rendere il FSE uno strumento realmente utile e funzionale è necessario ed urgente “dematerializzare” tutte le cartelle cliniche cartacee, trasferendone i dati nel fascicolo elettronico. Questo processo non solo garantirebbe una rappresentazione più accurata e puntuale dello stato di salute di ogni cittadino, ma faciliterebbe anche la condivisione di informazioni tra le diverse strutture sanitarie, migliorando l'interoperabilità a livello nazionale. Inoltre, il pieno sviluppo del FSE contribuirebbe significativamente alla personalizzazione dei piani di cura, permettendo ai professionisti sanitari di accedere a una storia clinica completa e aggiornata per ogni paziente. Questo migliorerebbe la qualità delle cure e l’efficienza del sistema sanitario nel suo complesso, garantendo la massima protezione delle informazioni sensibili contenute nel fascicolo sanitario elettronico. Pertanto, il nostro costante appello continuiamo a rivolgerlo sia agli enti governativi e regionali, per accelerare il processo di digitalizzazione, sia ai manager del settore sanitario, per adottare e promuovere attivamente l’uso del FSE, superando la tradizionale resistenza al cambiamento nel settore.Le ricerche vi incuriosiscono? Scoprite la nostra sezione dedicata.Immagine di copertina: AIDR - Da six. Dott. Andrea Bisciglia – Dott. Francesco Rocca – On. Chiara Colosimo – Dott. Matteo Bassetti. Read the full article
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