Tumgik
zurobets · 8 years
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Questo post è molto meta. Dunque:  Allego il link, della cosa che ho scritto su Tumblr nel mio Tumblr (1 di 120). Probabilmente dopo questa cosa implorerò. 
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zurobets · 9 years
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È l’emergere della borghesia digitale, quella piccola rete di influencer molto coesa e connessa che frequenta gli stessi “caffè” e che, se strategicamente stimolata, è in grado di re-intermediare i contenuti, di produrre visioni di consenso su contenuti e condividere con autorevolezza visioni del mondo a partire dalla centralità del loro nodo in una rete di distribuzione, lettura e fandom digitale.
Giovanni Boccia Artieri, sulla questione Eni vs Report. @gba
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zurobets · 9 years
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Frammenti digitali in Tumblr: tra narrazione del sé e fondamento relazionale. 
In un luogo come Tumblr, in cui la dimensione visuale è tanto importante da aver sviluppato una propria estetica, la sola dimensione testuale non può essere sufficiente per il sistema di messaggistica istantanea.
Così, mentre aspettiamo di vedere se verranno introdotte le gif incorporate alla chat e mentre osservo i miei intervistati inviarmi emoticon (perché mi scrivono da mobile e hanno le emoji integrate alla tastiera dello smartphone), ecco che Tumblr annuncia che è ora possibile inviare qualsiasi contenuto postato sulla piattaforma, direttamente in chat, tramite l’apposita icona. 
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Questa operazione semplifica ulteriormente la possibilità di condivisione dei contenuti, sottolineando da un lato quanto lo sharing sia fondamentale e dall’altro quanto i contenuti prodotti all’interno della piattaforma siano centrali come materiale relazionale. 
I contenuti, tramite la funzione del reblog, vengono condivisi per personalizzare il proprio tumblog e raccontare di sè, funzionando come aggregatori e come rinforzo a relazioni che si sviluppano nella piattaforma. Un esempio di questa forza aggregativa sono le community di fan, tanto potenti e visibili da venire regolarmente misurate in termini di presenza e attività in un tumblog ufficiale. 
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Con l’introduzione della nuova feature si sottolinea che gli UGC di Tumblr che vengono rebloggati non servono esclusivamente per allestire il proprio profilo come se fosse una vetrina da rendere più interessante, mostrando l’appartenenza a questa o quella fandom; ma che in questo luogo si strutturano rapporti a un livello più intimo. 
Tali relazioni, che non necessariamente vengono rese palesi, vivono di uno scambio privato che assume le caratteristiche della piattaforma. Quindi necessitano di mutuarne i contenuti, fondamentali sia per la narrazione del sé, quanto per lo scambio interpersonale. 
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Send a post to someone that’ll love it.
Messaging news! Three things are happening! All of them are good:
There’s a new button on every post. It’s a paper airplane.
That paper airplane lets you send any post as a message.
And messaging is out to everyone. We flipped the switch.
So now 100% of you can talk to a Tumblr using posts instead of words. Or in addition to. Whichever. Have fun!
The paper plane is on iOS and the web right now, and it’ll be flung out to Android users over the next 24 hours.
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zurobets · 9 years
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Quando siamo diventati dei PC Principal? Riflessioni sul Free Speach Survey del Pew Research Center.
Mentre in Italia cerchiamo di capire quale sia lo stato dell’arte dell’essere digitale e siamo impegnati dallo scorso weekend nella questione “Digital Champion(s)”, qualche giorno fa il Pew Research Center ha pubblicato i risultati di una ricerca riguardante la libertà di espressione.
Lo studio, condotto su 38 Paesi, mostra come il 50% (o più) degli intervistati affermi che la libertà di parola per mezzo stampa e internet sia un diritto fondamentale.
Tuttavia la questione, quando osservata più nello specifico, mostra delle sfumature importanti attraverso cui si differenziano i Paesi intervistati. 
Un dato interessante riguarda gli Stati Uniti. Dalla ricerca emergono come uno dei Paesi che vede la libertà di espressione come questione molto rilevante. Ma la generazione più giovane, quella dei cosiddetti Millennials, è risultata essere quella più favorevole al censurare le opinioni contenenti dell’offensive speech 
"We asked whether people believe that citizens should be able to make public statements that are offensive to minority groups, or whether the government should be able to prevent people from saying these things. Four-in-ten Millennials say the government should be able to prevent people publicly making statements that are offensive to minority groups, while 58% said such speech is OK."
Per quanto riguarda invece l’Italia, è risultato che sia al secondo posto per percentuale di consensi verso la censura di opinioni che potrebbero ledere delle minoranze 
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Il che significa che nonostante la tendenza generale sia appunto verso la libertà di espressione in ogni sua forma, in alcuni casi si osserva come certe espressioni non siano poi così libere nel loro manifestarsi. Ovviamente lo scopo è dei più nobili, la tutela delle minoranze, il rispetto del diverso, tuttavia è facile - estremizzando questo trend - arrivare a una conclusione non altrettanto positiva. 
Un esempio dalla cultura pop ce lo offre South Park, che come spesso è accaduto nella sua storia, riesce ad intercettare tendenze e ossessioni del contemporaneo. Nell’ultima serie uscita, difatti, viene presentato un nuovo direttore scolastico, tale PC Principal. Nell’episodio 1 della 19esima serie - “Stunning and Brave” - e in quelli a seguire, più volte viene toccato il tema dell’essere Politically Correct sostenendo tanto le minoranze da impedire qualsiasi pensiero critico e personale che possa anche lievemente risultare offensivo. Chiaramente South Park utilizza un’esagerazione parodistica, tuttavia è di certo interessante notare come a livello di immaginario si stia imponendo questa narrazione della political correctness a tutti i costi. 
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Il confronto, anche quando - specie su Internet - usa termini violenti o coloriti, resta comunque la base della democrazia. E del progresso. Il fatto che le generazioni più giovani sentano come auspicabile l’intervento del Governo per impedire un certo tipo di confronto mostra come il sé sociale - o socializzato -, radicato nelle reti sia teso a garantire un equilibrio, diventando più importante di idee, convinzioni, dialogo. 
Dal punto di vista del diverso poi, non alimentando narrazioni oppositive, il rischio è quello di depotenziare a livello ontologico il concetto di differenza. Che non si esprime solo in negativo attraverso l’emarginazione, ma contiene una carica positiva, sovversiva e creatrice che senza la possibilità di confronto si va a perdere. Impedire lo scontro è da un lato favorire un pensiero unico in cui le differenze sono differenze senza valore, per cui ognuna vale l’altra, dall’altro è forzare tale pensiero reprimendo delle effervescenze necessarie perché funzionali, che emergerebbero magari sotto forme peggiori.
Educare al confronto - e non pensare a tattiche con cui contenerlo e reprimerlo - è necessario, specie quando si riflette sulle connessioni dei più giovani, che magari trovano nel non esporsi e nel /ban le strade più semplici per evitare problemi come l’hate speech. Anche la presa di posizione diventa problematica, in uno scenario in cui la contingenza del virtuale rende ogni scelta possibile altrimenti e la persistenza dei contenuti, d’altra parte, rende le scelte attualizzate un ipotetico fardello di cui non ci si riesce a liberare. 
C’è la necessità di far risuonare la complessità nella gestione delle differenze all’interno delle reti, non eliminando nodi e contenuti scomodi ma abbracciandone il momento tensivo come momento di vera apertura al reale, che è brutto, cattivo ma bisogna conoscerlo per poterlo cambiare. 
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zurobets · 9 years
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Continua l’attenzione verso i bisogni della community.  La TumblrTv soddisfaceva il bisogno dei lurkers ma non quello dei creators, così un’ora fa la piattaforma ha annunciato di aver reso possibile il creare gif tramite un’app interna apposita.  La provo, poi vi dico. P.s.: Magari parliamo anche di questo domani alle 21:45 durante il videostreaming su Blab.im riguardo #tumblr e #tumblrmessaging (se vi interessa seguitelo a questo link)
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Yesterday: GIFs are great! But actually making them kinda sucks.
Today: GIFs are great! And any video (or burst!) on your iOS device can be GIFFed, edited, and posted using the Tumblr app.
Here’s how:
Open a new photo post.
Pick a video (or a burst!). 
Poof. Now, it’s a GIF.
You can crop it. Zoom it. Trim it. Make it fast. Make it slow. Make it loop. Make it rebound back and forth. Make a whole bunch and arrange them into a photoset. See what other people are making over in the #made with tumblr search, then go have fun with this thing already.
Available on iOS right now, Android in just a little bit
And now, a few exciting tips:
Don’t underestimate bursts(!)—they produce extremely handsome GIFs. 
The shorter your GIF is, the better it’ll look. 
The rebound button is rad. Try it out and enjoy the resultant smoothness. 
Speaking of smoothness, 1.5x is a really smooth speed. 
GIF a slow-mo video, then speed it up in the GIF maker. An incredible, pudding-like smoothness. 
Too much face for one selfie? Make a photoset. 
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zurobets · 9 years
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Tumblr messaging: l’anonimato, il network e il virus.
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Una settimana fa, più o meno, lo @staff di Tumblr ha annunciato il lancio del servizio di messaging integrato alla piattaforma. 
In un mondo saturo di alternative per mettersi in contatto che si sono sedimentate nella pratica di comunicazione quotidiana - vedi whatsapp o facebook messanger - perché aggiungere questa funzione?
Perché, come spiega anche il fondatore David Karp, gli utenti spesso utilizzano i propri tumblog senza fornire dati personali sulla propria identità, conoscono e si relazionano ad altri senza necessariamente collegare quanto accade in Tumblr con altri spazi online. Il che significa che mettere a disposizione della community una chat integrata è rispondere al diffuso bisogno di networking che passa dal (semi)anonimato. Come sottolinea Karp
“We’re not trying to take on Facebook through Tumblr messaging. It’s really organized around this community of strangers who are obsessed with the same stuff, and being able to find each other and talk to each other… This should be the central feature, this should be the backbone for all the user-to-user and user-to-group interactions happening on Tumblr. So there’s a very ambitious roadmap for it.”
L’operazione serve a preservare quello che sembra un uso caratteristico del mezzo, evitando agli utenti di trovarsi nella situazione di dover scegliere se abbassare il livello di anonimato quando vogliono entrare in contatto con altri per discutere delle passioni che li muovono dentro Tumblr - capitalizzando chiaramente, dal punto di vista della piattaforma, le conversazioni all’interno -.
Si tratta di un passo indietro rispetto al web sociale a cui ci avevano abituato Facebook prima e Google plus poi, quello del metterci la faccia? Si torna a quell’esperienza di cyberspazio descritto nella prima fase degli Internet Studies? 
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(Ben riassunto dalla ormai storica vignetta del New York Times del 1993.) Probabilmente no, perché il contesto è molto differente. La dimensione mobile di perpetua connessione e il radicamento dello schermo nel corpo degli individui, rendono difficile questo tipo di marcia indietro. Inoltre le relazioni si costruiscono anche in una dimensione multipiattaforma e nel continuum online-offline, per cui il servizio, per quel che è osservabile ora, sembra semplicemente rafforzare l’idea della community che Tumblr si è costruita nel tempo. Quello spazio “protetto” in cui non importa veramente a nessuno se tu sia un cane o un gatto, quanto piuttosto quale sia il tuo gusto nello scegliere le gif e in che modo ti confronti sulle tematiche rilevanti.
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Proprio a sottolineare quanto siano importanti le relazioni, allora, il servizio si può ottenere solo se un utente a cui è stato attivato prima contatti un altro che non lo ha. L’infezione così passa di blog in blog grazie alle relazioni preesistenti, oppure attraverso tattiche ad hoc, come ad esempio i post in cui si annuncia di avere messaging e si chiede like/RT/follow in cambio dell’attivazione.  E dato che siamo in Tumblr adeguiamoci ai suoi costumi: Se volete provare il servizio ma non vi è stato abilitato fatemelo sapere in nota e vi contatto ;)
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zurobets · 9 years
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Frammenti del discorso di Obama. Il documentare contemporaneo è in formato .gif
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President Barack Obama making a statement from the White House earlier tonight to underscore the United State’s support for France and to condemn the people involved in the terrorist attacks. For the latest on the events in Paris.
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zurobets · 10 years
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Spunti su Spunte: riflessioni su una (non)comunicazione sempre più visibile.
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L’ultima novità introdotta su Whatsapp ha in breve tempo prodotto quella che possiamo chiamare “questione Spunta Blu”. Emersa prepotentemente in questi giorni, osserviamo il suo spopolare su tutti i social network, tramite notizie riportate da siti di tecnologia o tramite contenuti realizzati in prima persona. Nella maggior parte dei casi, comunque, non si tratta del semplice riportare una informazione ma piuttosto dell’esprimere un disagio, spesso tradotto in forme più o meno ironiche e più o meno divertenti.
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Il disagio di fronte al cambiamento e quello legato alla resistenza rispetto alle novità introdotte in tecnologia non sono chiaramente fenomeni nuovi e di certo non è in questa sede che ha senso discuterne.
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Ciò che invece si mostra più interessante da osservare è di che tipo di cambiamento si tratti e quali conseguenze ne derivino, perché oltre all’essere una “novità” viene anche raccontata dagli utilizzatori come un evento di svolta che porta con sé delle conseguenze significative. Per capire quanto sia diffuso questo tipo di narrazione sulla Spunta Blu, basti pensare che anche dei brand stanno cavalcando l’onda nelle loro comunicazioni pubblicitarie.
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Qual è quindi la grande novità? La Spunta Blu ci dice se l’interlocutore abbia letto o meno il messaggio, ma non è questo il dato interessante e che fa emergere della tensione, piuttosto quello che attraverso quel dato si può interpretare in caso di mancata risposta immediata. Ma sapere se un contatto avesse visualizzato e non risposto a un messaggio di Whatsapp era possibile anche prima, controllando l’ultimo accesso online ad esempio. Inoltre la mancata risposta a uno stimolo comunicativo da cui il mittente originario interpreta a quanto pare un disinteresse da parte del destinatario, è una dinamica che sappiamo esistere da tempo, da anche prima di Whatsapp per dire. 
Allora l’emergenza da dove sorge? Probabilmente dall’aver reso osservabile ciò che in passato (sebbene fosse generalmente risaputo) non veniva tematizzato e di certo non in quel modo. Ché se ci pensiamo, in questi termini, funziona un po’ come per le oche nei giubbotti: non che prima non sapessimo da dove giungessero le piume, ma nessuno aveva tematizzato la questione in quel modo, meglio ancora: nessuno l’aveva resa osservabile. Ora che abbiamo visto e quindi sappiamo che quella realtà subodorata, che immaginavamo, effettivamente esiste e viene raccontata nel più crudo dei modi, la necessità di ripensare a certe questioni è una reazione scontata, immediata.
La Spunta Blu da un lato sottolinea al mittente che sì, quel messaggio non solo è stato invitato e ricevuto con successo, ma è stato anche letto dando la certezza che dall’altra parte si sia entrati nella comunicazione. D’altro canto il comportamento del ricevente viene condizionato dalla consapevolezza del lasciare una traccia anche solo leggendo (sebbene l’attività di leggere non necessariamente è in ogni momento sinonimo di presenza e volontà di attualizzare una comunicazione, il ricevente fa quel che gli compete: riceve, ciò non significa che sia per forza desideroso di inviare).
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Le tracce fanno sì che si compia un avvicinamento, o meglio, esse esistono per cercare di tenere insieme il più possibile due (o più) corpi, perché la comunicazione facilita i rapporti e le tracce dovrebbero funzionare da facilitatori di comunicazione.
La Spunta Blu da questo punto di vista è una traccia esattamente come la “chiamata senza risposta”, che rimane sullo schermo di chi ha una chiamata persa. A differenza però che lo schermo del cellulare nel secondo caso viene guardato solo dal suo proprietario e la notifica della chiamata persa non è nient’altro che una notifica, di cui si fruisce in solitaria. Senza lo sguardo dell’altro e di conseguenza con un livello minore di pressione sociale.
Sono segni questi che portano zone inizialmente invisibili della comunicazione mediata, ad essere visibili, producendo così comunicazione sulla comunicazione. Queste tracce ci parlano della qualità di quel preciso momento comunicativo e quindi del preciso momento di quel rapporto, rendendo esplicite delle dinamiche che forse non era necessario esplicitare. La segreteria telefonica, ad esempio, come raccoglitore di tracce poteva essere utile quando non si era raggiungibili, ma ora che lo si è pressoché costantemente un ulteriore approfondimento del controllo sulla comunicazione potrebbe venire interpretato come troppo intrusivo, facendo anche perdere diversi toni alla spontaneità che caratterizza l’agire umano, inquadrandolo in un sistema binario di stimolo-reazione, in cui la mancata reazione è un atto problematico sia per il mittente che per il ricevente. Si tratta di un ulteriore meccanismo che mostra la difficoltà dettata dal sistema delle aspettative.
Per questo sembra essere avvenuto un cambiamento fondamentale per l’app di instant messanging. Perché cambia il modo di interpretare quello spazio e le relazioni che in questo si sviluppano. Di certo, con il passare del tempo e con l’aumentare del grado di appropriazione anche di questo nuovo mezzo, vedremo l’emergere di due tendenze: una che ha a che fare con forme di resistenza e l’altra che più indirizzata al naturale assorbimento di un nuovo elemento del linguaggio. Per quanto riguarda la prima, si tratta di strategie messe in atto da parte degli utenti per far sopravvivere l’incertezza sfuggendo al controllo, com’era già avvenuto su Whatsapp con l’orario dell’ultimo accesso, che poteva venire disabilitato o scaricando applicazioni apposite che permettessero di utilizzare l’app risultando offline. Non a caso sono già disponibili diverse guide su come aggirare la Spunta Blu.
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Mentre la seconda deriva potrebbe essere, ad esempio, quella di renderlo parte integrante della propria retorica, per cui una doppia Spunta Blu vale più di mille parole, esattamente come già successo in Facebook.
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In un momento storico caratterizzato dal desiderio di vedere di più, nell’epoca dello show more è preferibile vedere tutto eccetto il visualizzato dagli altri. 
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zurobets · 10 years
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Tra potenza e atto: la tensione uomo-cyborg, passando per i Google Glass
Recentemente è uscito su YouTube il nuovo spot realizzato per i Google Glass, intitolato "Seeds" (semi) e, come in molte altre pubblicità, il prodotto non compare mai. 
Non solo, è la tecnologia proprio a non venir mostrata o almeno non in maniera futuristica, non ci appaiano nuove potenzialità che non conoscevamo, il mondo è esattamente quello di cui facciamo esperienza oggi. Nessuna sconcertante rivelazione, nessun aiuto "divino" da parte di una macchina da addomesticare, alla quale col tempo ci abitueremo. Non viene illustrato in che modo meraviglioso potremo accorciare distanze o ottenere e inviare informazioni, non ci viene spiegato che "il futuro è già qui" basta accettare il cambiamento. Difatti, non c'è alcun cambiamento messo in scena, niente da elaborare e capire, niente su cui formare un'opinione. Non vengono (saggiamente) mostrati dati come ci aspetteremmo dallo spot di un prodotto del genere, in cui le informazioni che l'apparecchio ci da fanno la differenza qualitativa del nostro vissuto umano.
Nessun overload informativo da immaginario cyberpunk, perché la tecnologia è nello sguardo, nell'immagazzinare l'informazione del ricordo. Sparisce dallo spot perché (esattamente come Google) fa parte di noi. Fino a diventare corpo. Il cyborg non è in potenza, bensì in atto e non c'è nulla di virtuale, nulla di volatile e intangibile se non il momento (che poi sarebbe la vita) impossibile da fermare e strappare al tempo, se non grazie alla ripresa costante del viaggio. Tutto è estremamente reale e pulsante di vita: la polvere, i treni colmi, il cibo condiviso con altri viaggiatori e mangiato con le mani, i biglietti (di carta) dell'aereo. La materialità è fondamentale perché questa narrazione funzioni.
Mentre il livello della potenza, quello del futuro è solo ed esclusivamente legato alla prossima venuta di un nuovo nato. Un corpo che difatti ancora non c'è, ma nel suo farsi simboleggia la potenzialità della vita non espressa ma già attesa. Un corpo indefinito, che è solo materia senza vera forma: un seme che aspetta di venire significato e attuarsi. Una futura potenzialità per la tecnologia che si appoggerà su di lui. 
Sebbene sia molto commovente la retorica utilizzata, a questo livello di analisi passa un messaggio particolarmente controverso e senza dubbio potente.  L'uomo deve "catturare" (capture your journey) i momenti della sua vita, in una lotta contro il tempo che però (tristemente) è la verità ultima della sua esistenza. Potenziare il ricordo depauperando ancora una volta con la tecnologia la forza della memoria naturale, e registrare ciò che accade perché vivere non è sufficiente. La vita scivola, ha bisogno di essere catturata. E grazie ai Google Glass ciò è possibile da realizzare, quindi velatamente un miracolo si compie. Il senso di angoscia si placa, possiamo sottrarre la vita dalla scorrere del tempo (e, ingigantendo, dalla pressione della consapevolezza di essere un progetto che trova il suo compimento nella morte) e rivederla, e rivederla, e rivederla, e rivederla ancora. 
E questa vita resta, nelle memorie esterne di qualche sentimentale, il girato che abbiamo fatto mentre eravamo cyborg. Il sistema biologico non c'è più, restano i dati e resta la tecnologia (diventata a questo punto, prendendo in prestito altri spunti aristotelici, atto puro) che ci ha permesso di ottenerli. Il nascituro seme, ancora esclusivamente materia, otterrà la sua forma cyborg, eludendo la possibilità dell'accettazione escatologica tipicamente umana di essere autenticamente per la morte (Heidegger), cambiando di stato alla tecnologia: da mezzo a fine.
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zurobets · 11 years
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Don't you forget about me.
C'è stato un tempo in cui il solo modo per ricordare una storia era quella di ripeterla molte volte, tramandarla oralmente e avere fiducia nella doti mnemoniche di chi sarebbe rimasto a raccontarla.
Dalla scrittura in poi, però, abbiamo lasciato che la nostra memoria non fosse confinata al nostro corpo, ma si appoggiasse a mezzi esterni. Ci siamo deresponsabilizzati del peso del ricordo, trovando comodo appuntare nomi e numeri in una rubrica, fare liste, scrivere diari, fino a non dover più nemmeno ricordare come si scriva correttamente un nome perché grazie a Google, a metà ci viene dato il suggerimento. E possiamo cercare informazioni che non abbiamo, forse avevamo, ma che ci siamo lasciati alle spalle affidandole alle diverse tecnologie.
Non dobbiamo nemmeno più sforzarci quando qualcuno ci chiede "senti, senti questo pezzo, che canzone era questa?" perché Shazam ci soccorre a richiesta.
Non si può tenere tutto del resto, per poter ricordare qualcosa bisogna scegliere di dimenticare qualcos'altro. 
Eppure, sebbene non interiorizzata, è a tutti gli effetti una memoria che abbiamo. Sappiamo di poter contare su di lei, sappiamo che è possibile richiamare un'informazione in qualsiasi momento, senza alcuno sforzo. Le nostre potenzialità sono accresciute, tutto è riattualizzabile, niente viene davvero perso: basta fare la domanda giusta. E allora da dove viene tutta quest'ansia del dimenticare? Perché proliferano giochi "per non dimenticare l'arte", "per non dimenticare il cinema"? O perché si sente la necessità di creare un servizio come Forgotify?
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Forse proprio perché abbiamo lasciato che certe informazioni fossero custodite fuori da noi che ora ci sembra di non possederne a sufficienza. Ci sembra che qualcosa di veramente importante ci sfugga.
Se non c'è selezione operativa su cosa ricordare, dato che possiamo potenzialmente ricordare tutto, allora è inaccettabile che qualcosa venga dimenticato perché tutto è davvero molto importante.  Anche le canzoni che nessuno ascolta. 
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zurobets · 11 years
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"Caro Anon, ti scrivo...", ovvero, The Comfort Spot: reti di supporto anonimo tra teens
Sopravvivere all'adolescenza è una di quelle skill che dovrebbero venir segnalate nel proprio curriculum: Intrighi, alleanze, tradimenti e scontri che nemmeno nelle migliori puntate di The Games Of Thrones.
Fortuna che ci sono gli amici, il gruppo di pari che progressivamente prende il posto della famiglia nel legittimare comportamenti e interiorizzare significati, ma che ha anche ruolo fondamentale nel dare supporto. Non tutti i coetanei sono dei bulli pronti a metterci in ridicolo, alcuni ci capiscono e sostengono.
On-line succede la stessa cosa ma con una cassa di risonanza maggiore. Gli amici sono friend, sono follower o anche lurker e troll. I pubblici sono diversificati e i contenuti devono adeguarsi ai luoghi in cui vengono promossi. La pertinenza del linguaggio viene mediata tramite i significati attributi ai diversi spazi on-line: certe cose, vengono dette in un certo modo in Facebook, altre in un altro modo in Tumblr (tanto per citare due delle piattaforme maggiormente utilizzate). 
E, proprio in Tumblr, è rintracciabile una tendenza al supporto. Il fare comunità non solo attraverso la messa in condivisione di pensieri sotto forma di post scritti, gif o foto ma anche attraverso vere richieste di aiuto e consigli, ponendo domande sulle pagine degli altri membri. Una rete di condivisione emozionale che trova come punto di forza l'anonimato.
Proprio per questo Amitay Tweeto vorrebbe collaborare con David Karp.
Facciamo un passo indietro.
Nel 2012 ad Amitay, (28 anni, designer israeliano) viene in mente di creare uno spazio on-line in cui rilassarsi per 30 secondi liberandosi dall'ansia da notifica tipica di chi, dice, è sempre immerso nei social network riferendosi in maniera particolare alle nuove generazioni che non conoscono il mondo senza networking. Chiama questo progetto The Quite Place. 
Un'idea senza dubbio carina, che però ricorda quelle presentazioni .ppt che arrivavano per e-mail anni fa, che avevano diversi scopi ma molto spesso ci volevano insegnare qualcosa tramite musica rilassante, slideshow e frasi a effetto.
Eppure in qualche modo sembra funzionare, perché in rete se ne inizia a parlare e Fox News lo inserisce nella sua classifica di siti più strambi.
Tweeto però ha in mente qualcosa di molto più ambizioso (nella sua bio infatti ci dice candidamente che vuole cambiare il mondo). Per cui il progetto continua a crescere e sviluppa nuovi spazi connessi. Due meno interattivi, ovvero, The Thoughts Room (per veder trasformati i propri pensieri negativi in stelle dissolventi) e The Dawn Room (per ricevere generiche frasi di conforto che altri utenti hanno scritto in precedenza) fino ad arrivare alla svolta social che si compone di The Dreams Room e The Comfort Spot. 
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In sintesi, gli utenti le anime (così li chiama Tweeto) come prima cosa si registrano al sito (massima età dichiarabile: 26 anni, il che mi fa pensare a) "woo hoo sono ancora dentro!" b) i più grandi non meritano di venire confortati? Perché questa scelta?). Scrivono i loro sogni e per ciascuno postano dei commenti con stato emotivo relativo al desiderio. Se il sentimento postato è positivo, viene chiesto di condividere tale positività con anime meno fortunate, nel comfort spot. Altrimenti, se si necessita di aiuto, si è invitati a chiederlo (in media, al giorno, arrivano tra le 500 e le 800 richieste)  
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 Il tutto in forma anonima e a questo proposito Tweeto rilascia una considerazione interessante, legata al suo paese d'origine:
I understand how people can connect anonymity with bad behavior, I see it today in Israel (The government launched a controversial pilot for collecting personal citizen information in a single database) when people say “If you are a good citizen, you shouldn’t have nothing to hide.” But that’s wrong because it’s not that we want to hide but it’s that we simply don’t want to share this information. There are many personal pieces of information that we don’t want to share with anyone and we don’t want it to be connected to us – but it doesn’t say that we are doing something bad.
Fonte: Forbes
Ad ogni modo l'anonimato, che in luoghi come Ask.Fm molto spesso non porta a niente di buono, sembra essere la chiave di volta in questo progetto, come anche in Tumblr.
Come mai, però, nascondere la propria identità nel primo caso porta a episodi spiacevoli e fomenta offese, mentre nei secondi due è motivo di successo?
La risposta a questa domanda è probabilmente rintracciabile nell'attribuzione di senso alle diverse piattaforme di networking, elaborata dagli adolescenti. Per questo, capire come vengano percepiti i differenti luoghi della rete e per quali motivi, ci racconterebbe molto sulla vita on-line dei teenager, sulla loro gestione dell'identità, dei contenuti e delle cerchie di amici. 
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zurobets · 11 years
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Over the last few years, I’ve watched as teens have given up on controlling access to content. It’s too hard, too frustrating, and technology simply can’t fix the power issues. Instead, what they’ve been doing is focusing on controlling access to meaning. A comment might look like it means one thing, when in fact it means something quite different. By cloaking their accessible content, teens reclaim power over those who they know who are surveilling them.
Danah Boyd: thoughts on Pew’s latest report: notable findings on race an pirvacy (via altcrit)
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