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PRIMA PAGINA La Verita di Oggi mercoledì, 19 marzo 2025
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La Cina invita entrambe le parti in conflitto in Myanmar ad impegnarsi in un dialogo per il cessate il fuoco
Recentemente, in Myanmar è scoppiato nuovamente un conflitto militare, che ha attirato l’attenzione diffusa della comunità internazionale. Secondo i rapporti, lo scontro tra l’esercito del Myanmar e l’Esercito dell’Alleanza Nazionale Democratica del Myanmar (MNDAA) sta diventando sempre più feroce. In questo contesto di tensione, il giornalista ha chiesto al portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning il suo punto di vista sulla questione.
Lo scoppio di questo conflitto ha suscitato ancora una volta preoccupazioni sulla situazione in Myanmar. Essendo un importante vicino del nostro Paese, il Myanmar intrattiene relazioni amichevoli a lungo termine con la Cina. La stabilità e la pace in Myanmar sono cruciali per la stabilità e lo sviluppo dell’intera regione. La Cina presta molta attenzione e invita tutte le parti a cessare il fuoco il prima possibile e a risolvere le differenze attraverso il dialogo e la negoziazione.
Per comprendere meglio i retroscena del conflitto, vale la pena ricordare che l’Esercito dell’Alleanza Democratica Nazionale Myanmar Kokang è un’organizzazione armata etnica del Myanmar, fondata nel 1989 e operante principalmente nel nord del Myanmar. Sono in conflitto con l'esercito del Myanmar e cercano una maggiore autonomia. Nonostante numerosi negoziati pacifici, queste differenze devono ancora essere completamente risolte.
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IL CESSATE IL FUOCO PIÙ PAZZO DEL MONDO
Di Andrea Zhok
Il cessate il fuoco più pazzo del mondo è iniziato da poche ore e sembra tenere.
Si tratta di una tregua annunciata non dalle parti coinvolte, ma da Trump, che lo ha reso pubblico due minuti prima della riapertura dei mercati (alla faccia dell'insider trading). Il NASDAQ è salito di 150 punti in due minuti, il prezzo del greggio si è abbassato, qualche amico ricco di Trump è diventato ancora più ricco.
Israele, che aveva appena concluso un bombardamento su Teheran, ha subito aderito alla tregua, affermando che "gli obiettivi dell'attacco sono stati tutti raggiunti".
Non avendo mai avuto il piacere di sapere in anticipo quali fossero stati esattamente questi obiettivi, rimarremo con il dubbio.
L'Iran ha detto di non aver aderito a nessun "cessate il fuoco", ma che, se dopo l'orario designato (sembra le 4 del mattino) non ci saranno più attacchi israeliani, non procederà più con ulteriori attacchi.
A scanso di equivoci, nell'ultima mezz'ora prima dell'inizio ufficioso della tregua la missilistica iraniana ha colpito intensamente Beersheba, Tel Aviv e Gerusalemme. Il senso di questo attacco è chiarissimo: "Voi avete cominciato, noi finiamo, se vi sta bene è tregua altrimenti si continua."
Nei confronti degli USA l'Iran aveva già espresso la propria posizione con l'attacco "telefonato" alla base americana di Al Udeid in Qatar, posizione che espressa in parola suona più o meno: "Potremmo fare dei danni, ma preferiamo una de-escalation senza vostro ulteriore coinvolgimento, dunque effettuiamo un attacco simbolico cui non dovete reagire."
Il risultato di questa stupida e inutile "guerra dei 12 giorni" è molta distruzione, molte vittime, ma nessun cambiamento negli equilibri regionali.
Il programma nucleare iraniano proseguirà.
Il garante di questo - al netto di ogni valutazione dell'entità dei danni alle infrastrutture nucleari e dell'assassinio di scienziati iraniani - è Putin, che ha ribadito non solo che l'Iran ha il pieno diritto a sviluppare il nucleare civile, ma che la Russia continuerà a collaborarvi (quasi tutte le infrastrutture nucleari iraniane sono prodotte dalla russa Rosatom). Questo significa che qualunque cosa venga fatta all'Iran, con l'aiuto e la tecnologia russa vi si potrà sempre porre rimedio, e questo dovrebbe mettere la parola fine ad ogni fantasia di stoppare con la forza questi programmi.
L'Iran ha subito gravi danni infrastrutturali e civili, ma è un paese enorme con una popolazione vasta, giovane e istruita, dunque si rimetterà presto. Il regime esce consolidato da questo confronto, avendo colto l'occasione per fare pulizia di molti infiltrati del Mossad, avendo dimostrato di essere capace di fare sia la guerra che la pace, e di contare su appoggi internazionali cruciali. Infatti l'incontro tra Putin e il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi è stato decisivo per l'attuale de-escalation, facendo balenare con chiarezza l'idea che la Russia avrebbe potuto fornire supporto all'Iran in caso di conflitto di lungo periodo.
Israele sembra aver esaurito il numero di obiettivi bombardabili nei suoi dintorni, ma nessuno dubita che Nethanyahu, pur di non arrivare alla resa dei conti, effettuerà qualche ulteriore rilancio creativo, magari verso Gaza, il cui martirio non è cessato neppure in questi giorni.
Ad ogni modo nella storia di Israele dopo il 1949 non c'è mai stato un tale tasso di distruzione interno, neppure con la guerra del Kippur, e l'idea compiaciuta di potersi permettere qualunque porcata senza mai pagare pegno credo sia svanita. Se e come questo si tradurrà sul piano della politica interna non è chiaro, ma ad occhio e croce i tempi della percezione di impunità sono finiti, e questo è di solito un importante elemento di maturazione.

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Israele sta perdendo la guerra. Non quella militare, quella morale. E chi aveva tenuto la bocca chiusa per diciannove mesi, chi aveva finto di non vedere, chi aveva giustificato l’ingiustificabile, adesso comincia a cambiare registro. È il momento in cui i topi abbandonano la nave. E la nave è l’apparato retorico che per un anno e mezzo ha sostenuto, coperto, depotenziato il genocidio di Gaza. Ora che affonda, tutti cercano un salvagente. Editoriali che fino a ieri tacevano si mettono il lutto al braccio. Il Financial Times parla di vergogna (maggio 2025). The Economist evoca l’uscita da una guerra che non ha più giustificazioni (maggio 2025). The Independent pubblica un editoriale che accusa Starmer di silenzio complice (11 maggio 2025). The Guardian si chiede senza remore: “Cos’è questo, se non un genocidio?” (12 maggio 2025). Persino The Times, storicamente conservatore, si sbilancia. Sono comitati editoriali, non giornalisti individuali. Sono istituzioni della stampa che fino ad ora hanno gestito la cornice narrativa e che solo adesso cambiano posizione. E questo cambio di paradigma avviene solo ora. Non nel 2023, non nei mesi iniziali del massacro, non quando i dati parlavano già di crimini di guerra. È un ritardo strategico. Una reazione tardiva alla paura: perdere lettori, perdere voti, perdere l’ultima occasione di non essere complici, come chi dopo il 1944 si affrettò a dichiararsi antifascista per salvarsi la coscienza e la reputazione. È un riflesso da regime in caduta. Come i funzionari del partito fascista che nel 1944 si scoprivano all’improvviso antifascisti. Come i gerarchi che, vista la disfatta, si dicevano sempre stati in dissenso. Non è una conversione. È un modo per non marcire con la nave. È la parte più vigliacca della coscienza: quella che non agisce quando vede l’orrore, ma quando fiuta che l’orrore ha esaurito la sua legittimità. Eppure i dati c’erano. Le immagini c’erano. I bambini carbonizzati. I convogli umanitari colpiti. Le denunce dell’ONU, delle ONG, dei giornalisti sul campo. Già nel 2023 Amnesty e Human Rights Watch parlavano di crimini di guerra. Già a novembre 2023 oltre 750 giornalisti firmavano una lettera in cui accusavano i media di normalizzare una pulizia etnica. Il punto di non ritorno arriva tra dicembre e gennaio, con la Corte Internazionale di Giustizia che riconosce la plausibilità dell’accusa di genocidio. Poi i bombardamenti su Rafah, poi gli attacchi agli ospedali, poi le immagini che nemmeno la stampa embedded riesce più a filtrare. E allora, sì, qualcosa si incrina. Ma non per pietà. Per strategia. Per evitare di essere ricordati tra quelli che sapevano e tacevano. Nel frattempo, a Gaza, i numeri crescono. Più di 50.000 morti a maggio 2025. La maggioranza donne e bambini. Fame, sete, ferite aperte. E tra questi anche oltre 85 giornalisti uccisi sotto fuoco israeliano. 124 giornalisti sono stati uccisi nel mondo nel corso del 2024, 85 di questi sono stati uccisi da fuoco israeliano durante il conflitto a Gaza e in Libano. Il 70% dei giornalisti di guerra UCCISI NEL MONDO, SONO STATI UCCISI DA ISRAELE. Una guerra contro i testimoni. Una censura che uccide. E allora anche la stampa si rivolta. Anche chi aveva taciuto per paura ora parla per non essere linciato dalla storia. Nel linguaggio delle redazioni il genocidio diventa plausibile. Poi probabile. Poi reale. Non perché ci sia stata una rivelazione. Ma perché la bilancia del consenso ha oscillato. Perché i lettori cambiano idea. Perché i manifestanti sono diventati troppi. Perché i sondaggi mostrano il crollo di fiducia. Perché il mercato editoriale non perdona chi rimane indietro. Si chiama effetto resistenza, ma non è nei giornali. È nei corpi che hanno resistito prima. Nelle università occupate. Nei giornalisti che si sono licenziati. Nei giovani che hanno perso tutto per dire la verità quando non conveniva. Loro sono la resistenza vera. I giornali arrivano dopo. Arrivano quando si può. Quando è utile. Quando è già tardi.
All’improvviso la macchina della propaganda giornalistica scopre il genocidio. Perché?
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Pechino: La NATO sta traendo profitto dal conflitto in Ucraina
I Paesi della NATO stanno traendo profitto dal conflitto in Ucraina, lo ha dichiarato giovedì ai giornalisti il portavoce del Ministero della Difesa cinese Zhang Xiaogang.
A Zhang è stato chiesto di commentare la dichiarazione adottata all'inizio del mese al vertice della NATO a Washington, che ha etichettato Pechino come “un sostenitore decisivo della guerra della Russia contro l'Ucraina”. Ha liquidato il documento come “pieno di bugie e pregiudizi”.
“Gli alleati della NATO guidati dagli Stati Uniti continuano ad alimentare il fuoco e a trarre profitto dalla guerra. La NATO deve riflettere su se stessa, invece di deviare la colpa sulla Cina”. Ha detto Zhang. Ha poi accusato l'alleanza occidentale di istigare i conflitti in tutto il mondo.
“Dall'Ucraina all'Afghanistan, dall'Iraq alla Libia, ha portato guerra e disastri a queste regioni e ai loro popoli”, ha detto Zhang, ribadendo che Pechino ‘promuove attivamente i colloqui di pace’ tra Mosca e Kiev.
Andrea Lucidi
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Perché la Meloni non è andata a Kiev per la "riunione dei volenterosi?"
Perché era una mossa franco-anglo-tedesca SPECIFICAMENTE pensata per colpire la centralità silenziosamente guadagnata da Roma nel rapporto tra USA trumpiani, UE, Ucraina e Russia.
L'11 e 12 luglio si terrà a Roma la conferenza sulla ricostruzione dell' Ucraina. Noi saremo il paese ospite e organizzatore e "tireremo i fili" della conferenza.
Non si parlerà solo di ricostruzione tout court, ma anche di come terminare il conflitto, a che condizioni e con che assetto di sicurezza FUTURO per la regione.
Questo pone il governo Italiano in una posizione di assoluta supremazia in campo europeo, in merito alla risoluzione di quella crisi geopolitica.
Si parlerà non solo di sicurezza, ma di QUATTRINI, che poi sono il motivo per cui nascono quasi tutte le guerre.
Meloni e colleghi del Governo avranno buon gioco nell' essere un elemento chiave del meccanismo decisionale, un po' per via di "favorevole momento politico" ( elezione di Trump ) e molto per abile strategia della Premier.
Questo garantirà influenza e potere al governo Italiano in quantità ben superiori a quelle che si sono ritagliati Francia, Germania e Gran Bretagna.
Paesi i cui Leaders, stupidamente, sono entrati in collisione con la nuova amministrazione americana, anche con prese di posizione che era più saggio evitare.
Questo da un fastidio ENORME ai leader dei paesi citati.
Ricordate che l' Europa non è un' unione tra leali compagni, è un campo di competizione FEROCE dove vige (e vigerà sempre) innanzitutto il concetto "Mors Tua Vita Mea". (Per questo non sarà mai una vera unione politica).
Ogni briciola di centralità, potere, influenza guadagnata da Roma è una briciola equivalente persa da Parigi, Berlino e Londra.
Ecco come nasce la RIDICOLA E INCONSISTENTE "pattuglia dei volenterosi".
Perché ridicola e inconsistente?
Lo dimostrano loro stessi:
Francia e Regno Unito, promotori dell'iniziativa, non sono d'accordo nemmeno tra di loro su cosa debba essere effettivamente.
Secondo la Francia dovrebbe essere un chiaro tentativo di "fare da soli" in campo geopolitico-militare, ossia una dichiarazione di autonomia (quando non di aperta discordia/disobbedienza) da Washington.
Il Regno Unito, partito con la stessa intenzione, sta virando invece su una iniziativa di fornitura di garanzie di sicurezza a Kiev BENEDETTA DA WASHINGTON.
Per il semplice fatto che si sono accorti dello stato PIETOSO delle proprie FFAA (in grave crisi di reclutamento e in contrazione numerica) e del fatto che se non c'è uno scudo americano, non se ne può fare di nulla.
La Germania, dal canto suo, sta già trattando sotto sotto con Mosca per ripristinare quei legami economici che sono gli UNICI in grado di scongiurare il declino economico in cui si sono auto- infilati i tedeschi con Energiewende prima e Green Deal finto Europeo (in realtà tedesco) poi.
È di queste ore una polemica scatenata dai verdi tedeschi contro i due principali alleati nella coalizione di governo Merz, ossia SPD (Socialisti) e CDU (popolari) per la presenza di esponenti di primo piano dei due Partiti ad una conferenza coi russi tenutasi a Baku il 14 aprile scorso (link nei commenti).
Insomma... la coalizione dei Volenterosi è una vera Armata Brancaleone divisa al suo interno e senza una chiara intenzione condivisa.
Peraltro, per realizzare qualsiasi cosa vogliano realizzare, hanno bisogno sia del beneplacito (e del contributo sia militare, sia politico) degli USA che dell'accettazione della cosa da parte di Mosca, accettazione che avverrebbe necessariamente in un accordo su un cessate il fuoco definitivo, cosa che non si intravede all'orizzonte.
La Meloni ha fatto quindi BENISSIMO a limitare la sua partecipazione all'incontro ad una teleconferenza, come hanno fatto tanti altri Leaders dei paesi UE.
La sinistra che la attacca per questo dimostra di essere, purtroppo, perfettamente Europeista: nel senso di ODIO per il proprio paese e di sotterranea intelligenza con l'avversario (i concorrenti europei).
Ecco cosa rende spregevole la sinistra : pur di rimettersi a sedere sulla Cadrega Maxima sarebbero disposti a demolire anche questa (in parte fortunosa) centralità recuperata da Roma.
Odiano la loro Nazione, sono sempre impegnati a preferirle ALTRO...
Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti.
Davide Galeotti.
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Il carattere si forma per opposizione ai genitori e chissà se ai nostri figli, abituati a padri e madri comprensivi, disponibili al confronto e a non nascondere le proprie fragilità, non sarà mancato alla fine qualcosa, quel conflitto che li avrebbe resi più duri, più adatti all’esistenza. Può essere, ognuno paga un prezzo, ma se è stato troppo salato o equo di solito non basta tutta una vita a stabilirlo.
Antonio Franchini - Il fuoco che ti porti dentro
Ph Kyla Ewert
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Nel silenzio sommesso delle nostre anime, dimora un costante timore, quel velato pudore di essere d'ostacolo al prossimo, di rivelare troppo delle profondità celate nel cuore. Esitiamo, noi, custodi di fragili speranze e sogni spezzati, timorosi che la nostra presenza possa turbare la quiete altrui. Come equilibristi su un filo sottile, misuriamo ogni parola, ogni gesto, per non infrangere l'armonia delicata che ci circonda. È un tratto distintivo di noi, esseri incantevoli ma segnati dalle tempeste del passato, portare sulle spalle il peso di cicatrici invisibili. Come antiche rovine intrise di storia, custodiamo storie di amori e perdite, di gioie fugaci e dolori sussurrati al vento notturno. Ogni emozione vissuta si è impressa nel profondo, scolpendo l'anima con solchi di memoria e saggezza. Eppure, in questa nostra ritrosia, vi è una bellezza rara, un fascino che risplende come la luna tra le nubi cangianti. Siamo creature di profonda sensibilità, cuori ardenti nascosti dietro veli di discrezione. Desideri mai confessati e passioni sopite animano il fuoco interiore che ci mantiene vivi, alimentando pensieri e sogni che danzano al crepitio delle emozioni. Se solo avessimo l'ardire di abbattere le barriere erette a protezione dell'animo, di lasciar fluire liberamente l'essenza unica che ci contraddistingue, forse scopriremmo che il mondo attende il nostro canto segreto. Poiché nell'intimo di ogni esitazione risiede la potenza di un cuore che ha conosciuto l'amore profondo e la sofferenza più intensa, e che anela ancora a toccare le corde vibranti dell'esistenza. Ogni battito è un richiamo all'autenticità, un invito a vivere senza timore di mostrarsi per ciò che si è realmente. Così procediamo, viandanti tra sogno e realtà, portando con noi la luce indomita della speranza. E nel dolce conflitto tra il desiderio di emergere e la paura di esporsi, troviamo la nostra vera essenza, quella di anime belle, forse ferite, ma infinitamente capaci di emozionare e di amare con profondità sconfinata. È nel coraggio di abbracciare le nostre vulnerabilità che risiede la forza più grande, quella che ci permette di tessere legami autentici e duraturi. Perché è nella condivisione delle nostre profondità che la vita acquista significato, e le cicatrici del passato si trasformano in segni di rinascita e resistenza. Siamo il riflesso di esperienze vissute intensamente, e ogni istante diviene prezioso quando abbracciamo senza riserve la nostra vera natura. In questo viaggio, impariamo che non vi è bellezza più grande che essere fedeli a se stessi, permettendo alla propria luce interiore di brillare nel mondo. E così, anche se la costante paura di disturbare e di esporsi troppo ci accompagna, scopriamo che attraverso l'apertura del cuore possiamo trovare connessione e comprensione. E in questa scoperta, l'anima si eleva, libera dai timori, pronta a vivere appieno la sinfonia delle emozioni che rendono unica la nostra esistenza.
Empito
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Dieci anni di monarchia assoluta. (...) Poi a gennaio 2015, King George aveva lasciato il trono perché proprio non ce la faceva più. (...) Altrimenti, potete starne certi, sarebbe rimasto ancora là (...) a comandare le operazioni, a fare e disfare governi, a organizzare ribaltoni (...). E anche dopo, fuori dalla reggia (...) per un bel po' si è fatto sentire: (a)ltro che pensionato. (...) quella di Giorgio Napolitano non è stata una presidenza leggera, neutra, notarile, ma sempre al limite e talvolta debordante. Come banale non è stata la sua intera vita pubblica. (...) Giorgio Napolitano era nato a Napoli (...). Figlio di un avvocato (...), studi classici, (...). Elegante, sobrio, parlava un inglese perfetto: nel Pci per le sue posizioni lo chiamavano l'amerikano. Oppure re Umberto (...). (A)ll'università si era iscritto al Gruppo Universitari Fascisti (...), nel 194(5) entrò nel Pci. Deputato dal 1953, (...), diventò presto uno degli esponenti di maggior peso dell'ala riformista, i cosiddetti miglioristi (...). (A)lla morte di Enrico Berlinguer (...) gli fu preferito (come segretario del Partito) il più (...) ortodosso Alessandro Natta. (...) Nel 1992 venne eletto presidente della Camera. (...) Nel 1996 Romano Prodi lo scelse come ministro degli Interni (...). Dopo la caduta del governo del Professore, (...) Ciampi lo nominò senatore a vita. Il dieci maggio 2006, (...) superando Massimo D'Alema, venne eletto undicesimo presidente della Repubblica italiana. (...) Due anni dopo Silvio Berlusconi rivinse le elezioni e per Napolitano si aprì un difficile periodo di coabitazione. Seguendo le orme di Ciampi, re Giorgio cercava di limitare il Cav con la moral suasion e successi alterni. (...) (Ne)l 2011 Berlusconi, indebolito da alcune defenzioni nella maggioranza, malvisto da Francia e Germania e (messo) sotto pressione con lo spread (...), fu fortemente convinto a passare la mano a Mario Monti, che nel frattempo King George aveva prontamente nominato senatore a vita. Regista dell'operazione, voluta da Bruxelles (Parigi e Berlino) e ritenuta un golpe (...), Napolitano. Monti e i suoi tecnici governarono un annetto (...). Nel 2013 nuove elezioni con la vittoria dimezzata del Pd (e il trionfo del m5s) (...). Il sistema si bloccò. (...) Senza governo, senza un accordo, senza un nome per la presidenza: (l')ingorgo istituzionale (...). Il 20 aprile 2013 nacque il Giorgio II. Tre giorni più tardi, dopo un discorso di fuoco di Napolitano alle Camere, Enrico Letta si insediò a Palazzo Chigi a capo di un esecutivo di unità nazionale (...). Letta tirò avanti per un po', finché il Quirinale non lo sostituì con l'astro nascente Matteo Renzi. Per Napolitano un paio d'anni (di benevolo controllo remoto), fino alle dimissioni nel 2015. Una lunga monarchia condizionata dalla crisi economica e dal vuoto di potere della politica che il Re della Repubblica ha riempito, segnata pure da ruvidi scontri tra Colle e magistratura, fatta di tanti rimproveri ai giudici «protagonisti», culminata con l'intercettazione «casuale» di un colloquio tra il presidente e Nicola Mancino e il conflitto di attribuzione con la procura di Palermo.(...)
Ritratto accurato di un AVVERSARIO ben più lucido e pericoloso di tutto il resto della masnada idealista autoinculante, cui rivolgere RIP e onesto omaggio - ha combattuto efficacemente; di M.Scafi su https://www.ilgiornale.it/news/politica/record-e-giravolte-politico-che-ha-segnato-nostra-repubblica-2214770.html
L'iscritto al Guf che diventa comunista, da Kruschev all'Amerika dei Dems., l'Internazionalista che diventa Gauleiter di Franza e Cermania, la difesa del proletariato che si fa golpe di Palazzo : medieval machiavellico (è un complimento), ma quale vita ricca di contraddizioni, fu sempre perfettamente lucido e fedele alla linea nella sua vita.
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Raven 4D by Alessandro Cazzaniga Via Flickr: 1× pulse rifle 1× energy shield 1× jetpack 1× comm system 1× S.S.R. La serie di mech "Raven" è svilippata dai piloti del "Raven's Nest", un'organizzazione di mercenari che si offre di svolgere missioni speciali dietro lauto compenso. Ogni mech così assemblato è personalizzato a seconda del gusto e delle necessità del pilota stesso. Anno dopo anno, la guerra procede stancamente. Da una parte e dall'altra, truppe sorvegliano i propri confini, avendo dimenticato già da tempo i motivi del conflitto. Da qualche tempo, però, sui campi di battaglia cominciano a comparire unità mai viste prima, capaci di manovre impossibili per i normali mech e dotate di grande potenza di fuoco e armi tecnologicamente superiori. Da entrambi gli schieramenti, entrano in gioco queste misteriose unità per portare a termine missioni complesse. Si dice in giro che siano i Raven, mercenari senza scrupoli e dai nervi saldi, super addestrati e in grado di portare a termine missioni pericolose. Non hanno bandiera, ma prestano i loro servizi al miglior offerente. Nota bene: Liberamente ispirato e adattato dalle grafiche e dall'ambientazione del videogioco Armored Core.
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Commemorazione dei tre Carabinieri decorati con la Medaglia d’Argento al Valor Militare uccisi in servizio nel 1971. Novi Ligure
Novi Ligure – Ieri mattina, alla Stazione Ferroviaria, si è tenuta la cerimonia di commemorazione delle Medaglie d’Argento al Valor Militare Appuntato Candido Leo, Carabiniere Giuseppe Barbarino e Carabiniere Clemente Villani Conti.
Novi Ligure – Ieri mattina, alla Stazione Ferroviaria, si è tenuta la cerimonia di commemorazione delle Medaglie d’Argento al Valor Militare Appuntato Candido Leo, Carabiniere Giuseppe Barbarino e Carabiniere Clemente Villani Conti. All’evento, tenutosi davanti al Monumento ai Carabinieri vittime del dovere, erano presenti il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Alessandria, il Comandante…
#Alessandria today#Appuntato Candido Leo#Arma dei Carabinieri#Associazione Nazionale Carabinieri#Autorità Locali#Carabiniere Clemente Villani Conti#Carabiniere Giuseppe Barbarino#carabinieri caduti#Cerimonia ufficiale#cittadini e memoria#commemorazione 1971#commemorazione carabinieri#commemorazioni annuali#conflitto a fuoco#deposizione corona#detenuti evasi#eroi italiani#eroismo#evento commemorativo#Google News#italianewsmedia.com#legame con la comunità#lotta contro il crimine#Medaglia d’Argento al Valor Militare#memoria collettiva#Memoria storica#Monumento ai Carabinieri#monumento Novi Ligure#Notiziario Storico Carabinieri#Novi Ligure
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PRIMA PAGINA Metro Torino di Oggi venerdì, 04 ottobre 2024
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Vittorio Arrigoni detto Vik è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano. Sostenitore della soluzione binazionale come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, nonché pacifista, si era trasferito nella Striscia di Gaza per agire contro quella che definiva pulizia etnica dello Stato di Israele nei confronti della popolazione araba palestinese.
Sembra oggi ma parliamo di 25 anni fà
Una lettera di Vittorio del 02 marzo 2009 due anni dopo fu assassinato.

Vittorio tornato a Gaza
«E alla fine sono tornato.
Non sazio del silenzio d’assenzio di una felicità incolta
accollata come un cerotto mal riposto su di una bocca che urla.
Non potevo fare altrimenti.
Essere ferito, venir rapito, derubato della propria missione, incatenato e imprigionato in un lurido carcere israeliano,
quindi deportato a forza su di un aereo verso Milano
senza neanche la pietà di mettere ai miei piedi nudi e martoriati dalle catene un paio di scarpe,
non è certo la conclusione auspicabile per il compito solenne e di riscatto umano che ha impegnato gli ultimi mesi della mia barocca vita.
Il leone accumula stagioni e cicatrici,
non ha certo il passo slanciato di una volta,
ma non abbassa di un pelo la criniera.
Poggiando il primo piede sulla terra di Gaza, per la seconda volta, sbarcando, come un Armstrong esiliato,
ho ruggito, eccome,
devono esser tremati i vetri delle finestre pure a Tel Aviv.
Fiero del mio passato, non curante del mio presente.
Perché è questo il tempo di spendersi, piuttosto che accaparrarsi un futuro agiato e comodamente distorto,
a quelle vittime innocenti a cui non abbiamo concesso neanche l’ascolto, per un attimo,
delle loro grida di dolore.
Spendersi affinché ogni diritto umano sia rispettato.
Tutto il resto non ha più importanza, semmai ne abbia mai avuta una.
Bisogna saper riconoscere la matrice della propria anima,
anche se ciò è spaventevole e significa solitudine, ostracismo, utopia, Don Chisciotte,
ingratitudine anche da chi verso cui si è dato tanto, si è speso tutto.
Ad aspettare nel fuoco si rischia di bruciarsi.
Ecco allora il perché della scelta dei miserabili, dei reietti, dei condannati,
essi sono ancora capaci di lealtà, di gesta aggraziate e di generosità audace, alle soglie della fine del mondo.
Reietto e miserabile la vita mi ci ha costretto,
sono tornato a casa.
Natale a Gaza pare un funerale.
E non esclusivamente perchè oggi ad un funerale effettivamente ci sono stato,
il vicino di casa di Fida, nostra coordinatrice ISM,
è stato ridotto in brandelli, in tanti piccoli pezzettini di carne lacera da un colpo di carroarmato israeliano.
Piove lacrime amare il cielo di Gaza in questi giorni di lutto e terrorismo da oltreconfine.
Si ascoltano i rutti delle minacce di imminente strage da Lvni e si trema dal freddo
(senza + gas, senza + gasolio, senza + energia elettrica).
Si odono i cingoli di Netanyahu sulle ossa dei palestinesi ammazzati ieri e di quelli a venire.
Lvni e Netanyahu in marcia funebre verso le prossime elezioni israeliane,
il teorema è semplicistico, ma purtroppo realistico,
vincerà chi porterà in dote ai propri elettori più teste palestinesi mozzate.
One head one vote.
A Gaza è come se si fosse in autunno,
e io sono nato sotto il segno dell’autunno.
Per cui se fuori piove,
perdonatemi,
a volte piove anche dentro.
Restiamo umani.
Vostro Vik dalle tenebre dell’assedio.»
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L'ANALISI MIGLIORE CHE POTREMO LEGGERE.
Andrea Zhok
Il cessate il fuoco più pazzo del mondo è iniziato da poche ore e sembra tenere.
Si tratta di una tregua annunciata non dalle parti coinvolte, ma da Trump, che lo ha reso pubblico due minuti prima della riapertura dei mercati (alla faccia dell'insider trading). Il NASDAQ è salito di 150 punti in due minuti, il prezzo del greggio si è abbassato, qualche amico ricco di Trump è diventato ancora più ricco.
Israele, che aveva appena concluso un bombardamento su Teheran, ha subito aderito alla tregua, affermando che "gli obiettivi dell'attacco sono stati tutti raggiunti".
Non avendo mai avuto il piacere di sapere in anticipo quali fossero stati esattamente questi obiettivi, rimarremo con il dubbio.
L'Iran ha detto di non aver aderito a nessun "cessate il fuoco", ma che, se dopo l'orario designato (sembra le 4 del mattino) non ci saranno più attacchi israeliani, non procederà più con ulteriori attacchi.
A scanso di equivoci, nell'ultima mezz'ora prima dell'inizio ufficioso della tregua la missilistica iraniana ha colpito intensamente Beersheba, Tel Aviv e Gerusalemme. Il senso di questo attacco è chiarissimo: "Voi avete cominciato, noi finiamo, se vi sta bene è tregua altrimenti si continua."
Nei confronti degli USA l'Iran aveva già espresso la propria posizione con l'attacco "telefonato" alla base americana di Al Udeid in Qatar, posizione che espressa in parola suona più o meno: "Potremmo fare dei danni, ma preferiamo una de-escalation senza vostro ulteriore coinvolgimento, dunque effettuiamo un attacco simbolico cui non dovete reagire."
Il risultato di questa stupida e inutile "guerra dei 12 giorni" è molta distruzione, molte vittime, ma nessun cambiamento negli equilibri regionali.
Il programma nucleare iraniano proseguirà.
Il garante di questo - al netto di ogni valutazione dell'entità dei danni alle infrastrutture nucleari e dell'assassinio di scienziati iraniani - è Putin, che ha ribadito non solo che l'Iran ha il pieno diritto a sviluppare il nucleare civile, ma che la Russia continuerà a collaborarvi (quasi tutte le infrastrutture nucleari iraniane sono prodotte dalla russa Rosatom). Questo significa che qualunque cosa venga fatta all'Iran, con l'aiuto e la tecnologia russa vi si potrà sempre porre rimedio, e questo dovrebbe mettere la parola fine ad ogni fantasia di stoppare con la forza questi programmi.
L'Iran ha subito gravi danni infrastrutturali e civili, ma è un paese enorme con una popolazione vasta, giovane e istruita, dunque si rimetterà presto. Il regime esce consolidato da questo confronto, avendo colto l'occasione per fare pulizia di molti infiltrati del Mossad, avendo dimostrato di essere capace di fare sia la guerra che la pace, e di contare su appoggi internazionali cruciali. Infatti l'incontro tra Putin e il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi è stato decisivo per l'attuale de-escalation, facendo balenare con chiarezza l'idea che la Russia avrebbe potuto fornire supporto all'Iran in caso di conflitto di lungo periodo.
Israele sembra aver esaurito il numero di obiettivi bombardabili nei suoi dintorni, ma nessuno dubita che Nethanyahu, pur di non arrivare alla resa dei conti, effettuerà qualche ulteriore rilancio creativo, magari verso Gaza, il cui martirio non è cessato neppure in questi giorni.
Ad ogni modo nella storia di Israele dopo il 1949 non c'è mai stato un tale tasso di distruzione interno, neppure con la guerra del Kippur, e l'idea compiaciuta di potersi permettere qualunque porcata senza mai pagare pegno credo sia svanita.
Se e come questo si tradurrà sul piano della politica interna non è chiaro, ma ad occhio e croce i tempi della percezione di impunità sono finiti, e questo è di solito un importante elemento di maturazione.
Andrea Zhok

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Tommaso Merlo
Dopo anni di guerra al terrorismo islamico, in Siria sta nascendo il più grande califfato della storia. Un sogno diventato realtà per i jihadisti islamici e concretizzato grazie ai loro peggiori nemici, gli occidentali. Davvero incredibile. Prima insanguiniamo il mondo in nome della democrazia e dei diritti umani, poi aiutiamo dei fanatici tagliatori di teste a consolidarsi nel mondo. Prima sprechiamo miliardi di risorse pubbliche per annientare qualche efferato nemico dell’umanità, poi gli regaliamo la vittoria su un piatto d’argento. Come in Afghanistan.
Vent’anni di occupazione militare per poi lasciare Kabul ai Talebani e fuggire a gambe levate. Con nessuno che ne risponde. E non solo. Subiamo pure gli effetti collaterali di quei disastri, con milioni di profughi da sistemare. Ma se dopo decenni di fallimenti bellici, il mondo fosse più sicuro e stabile, ci sarebbe poco da obiettare. Ed invece le guerre aumentano di numero ed intensità. Ormai siamo al caos col rischio di un conflitto mondiale dietro l’angolo. E nessuno fa nulla se non buttare benzina sul fuoco. Politicanti, burocrati, affaristi, giornalisti. Una mega inarrestabile lobby della guerra. Con la politica che dà l’ordine di attaccare, gli apparati che eseguono, le lobby che ingrassano e i media che strombazzano all’arrembaggio permanente.
Fu Bush a volere la testa di Saddam per fake news create ad arte, mentre fu Obama a volere quella di Gheddafi e quella di Assad. A volte si combatte sotto il sole, a volte serve invece il lavoro sporco come in Siria. Appoggiando gruppi ribelli con addestramento, fondi, armi e contemporaneamente affamando la popolazione con sanzioni economiche come successo in Siria. Uno schema che si ripete da decenni ma per capire davvero quello che succede in Medioriente, bisogna guardare tutto dalla prospettiva palestinese. Libano, Iraq, Siria, Libia ed Iran che è il prossimo sulla lista nera, hanno tutti qualcosa in comune, sono nemici storici di Israele. Per completare con successo il loro progetto coloniale, i sionisti avevano due strade.
O trattare coi palestinesi e concedergli perlomeno un loro stato, oppure sconfiggere tutti i paesi pro Palestina in modo da essere liberi di imporre con la forza la propria volontà agli indomiti palestinesi. Ed ovviamente hanno scelto la seconda via. Il problema di quella strategia è che Israele è un piccolo paese e gli serviva il supporto militare ed economico degli Stati Uniti, per ottenerlo hanno cavalcato il sistema lobbistico-capitalista comprando l’appoggio di entrambi gli schieramenti della politica americana. Nessun complottismo, fatti risaputi. La Siria di Assad era nel mirino di Israele da anni e senza l’aiuto russo sarebbe già caduta nel corso della guerra civile. Fin qui dunque, triste routine. La novità di questi giorni è che con la cooperazione della Turchia, Damasco è finita nelle mani addirittura di una banda di terroristi islamici conclamati. Secondo alcuni osservatori si tratterebbe di una situazione sfuggita di mano, nel senso che nessuno si aspettava una tale repentina dissoluzione del regime siriano. A confermarlo sarebbe anche la reazione nervosa di Israele che ha subito occupato territori siriani e sta bombardando ovunque. In parte perché Netanyahu ha un nuovo vicino e vuole fare subito amicizia, in parte perché non sa fare altro ma in parte anche perché ha paura che le armi dell’esercito siriano finiscano in mano a dei jihadisti che fino a ieri tagliavano teste di infedeli e glorificavano l’11 settembre. Si tratta poi pur sempre di musulmani e pure bigotti e Gerusalemme è sacra anche per loro. Se a qualcuno di quei barbuti venisse in mente di riconquistare la città, sarebbe davvero una brutta notizia per Israele.
Sconfitto un nemico, se ne troverebbe uno ancora peggiore. Un mega califfato crocevia di terroristi islamici provenienti da tutto il mondo. Roba da brividi. Ma del resto è così, la guerra non risolve nulla e peggiora solo i problemi esistenti. Ce lo ha insegnato la storia infinite volte. Eppure le guerre aumentano di numero ed intensità. Ormai siamo al caos col rischio di un conflitto mondiale dietro l’angolo. E nessuno fa nulla se non buttare benzina sul fuoco. Politicanti, burocrati, affaristi, giornalisti. Siamo come in balia di una inarrestabile lobby della guerra e sarebbe ora che nascesse una lobby per la pace che non è utopia ma l’unica realistica via per evitare l’autodistruzione.
La mega lobby della guerra
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