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Violenze contro gli ebrei, attentati e pogrom: dall’8 ottobre a oggi, un’escalation globale alimentata dalla propaganda di Hamas. Le intelligence avvertono: è solo l’inizio.
DAGHESTAN, BERLINO, MELBOURNE, WASHINGTON – In meno di due anni, l’antisemitismo ha smesso di essere un fenomeno carsico e si è trasformato in una rete internazionale di violenza attiva. Dall’assalto all’aeroporto di Machačkala alle molotov contro le sinagoghe australiane, dagli accoltellamenti a Berlino fino alla sparatoria davanti al museo ebraico di Washington, gli attacchi contro gli ebrei – fisici, incendiari, mortali – si moltiplicano.
E non sono isolati. Non sono casuali. Sono il sintomo evidente di un’avanzata strategica dell’estremismo filo-Hamas, che ha imparato a parlare il linguaggio dell’Occidente: propaganda digitale, vittimismo selettivo, disinformazione visiva e radicalizzazione di nuova generazione.
Chi pensava che la strage del 7 ottobre segnasse la fine di qualcosa, non ha capito che in realtà ha aperto un ciclo.
Il bollettino
Russia, 28 ottobre 2023: centinaia di uomini assaltano l’aeroporto di Machačkala in cerca di “ebrei da punire”. Scene da pogrom ottocentesco trasmesse in diretta social.
Russia, 23 giugno 2024: un commando attacca due sinagoghe nel Dagestan. Il Kele-Numaz Synagogue viene distrutto. I morti sono 27.
Germania, 21 febbraio 2025: un diciannovenne siriano accoltella un turista al Memoriale dell’Olocausto. Motivo dichiarato: «Volevo uccidere un ebreo».
USA, 21 maggio 2025: a Washington, davanti al Capital Jewish Museum, due funzionari israeliani vengono uccisi da un uomo che urla “Free Palestine!”.
Australia, dicembre 2024 – luglio 2025: sinagoghe incendiate a Melbourne, ristoranti israeliani assaltati, simboli ebraici vandalizzati.
Il tutto avviene mentre nei campus americani si moltiplicano le aggressioni e le intimidazioni verso studenti ebrei, mentre a Londra e Parigi i rabbini viaggiano scortati, e mentre i centri di preghiera ebraici in Europa rafforzano i sistemi antintrusione come se fosse tornato l’anno 1938.
Il contagio digitale
Secondo l’ADL, negli Stati Uniti gli atti antisemiti sono aumentati del 140% in un solo anno. In Francia, si sono moltiplicati stupro e aggressioni con chiari moventi antiebraici. In Australia, gli episodi sono cresciuti del 316% da ottobre 2023 a oggi.
La miccia? La narrazione palestinese veicolata da Hamas. Video, post, meme, TikTok e canali Telegram: tutti strumenti capaci di trasformare l’odio in identità, e la violenza in un atto “giustificato”.
La strategia è chiara:
presentare la popolazione ebraica come “collettivo responsabile” delle azioni di Israele;
diffondere contenuti visivi e slogan decontestualizzati;
sfruttare la debolezza mediatica delle democrazie, dove la libertà di espressione viene manipolata per legittimare l’odio.
In altre parole: Hamas ha trovato le crepe. E ci si è infilata.
Le cellule che dormono
Non si tratta solo di lupi solitari.
Secondo l’intelligence britannica (MI5), le minacce provenienti da gruppi islamisti legati alla propaganda palestinese sono in espansione. Alcuni report parlano apertamente di “cellule dormienti” in Europa e Nord America, con soggetti già radicalizzati in attesa di istruzioni.
Il meccanismo è semplice: odio virale → emulazione → attacco. A volte non serve nemmeno un ordine diretto. Basta un video, una celebrazione jihadista, una “giornata di rabbia”. E la rabbia si trasforma in armi, coltelli, molotov.
L’allarme ignorato
Perché nessuno ne parla?
Perché si teme di “alimentare l’islamofobia”, dicono.
Perché “non tutti i pro-palestinesi sono violenti”, si ripete.
Ma intanto, nei numeri, nei nomi e nelle vittime, l’odio cresce. E cresce contro un solo bersaglio: l’ebreo, dentro e fuori da Israele.
E adesso?
Questo è solo l’inizio.
Lo dicono i numeri. Lo dicono le intelligence. Lo dicono le famiglie che oggi devono mandare i figli a scuola sotto scorta.
La narrazione di Hamas – amplificata, occidentalizzata, digitalizzata – ha trovato alleati inconsapevoli in chi chiama “resistenza” il terrorismo e “apartheid” la democrazia israeliana.
Il rischio, ora, è che l’Occidente si ritrovi ostaggio delle sue stesse ambiguità.
La prossima sinagoga incendiata potrebbe essere a Milano.
La prossima aggressione potrebbe avvenire in metropolitana a Londra.
Il prossimo morto, ancora una volta, potrebbe essere ebreo.
Non per caso. Non per sbaglio.
Ma perché così è stato programmato.
• Luigi Giliberti
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Solidarietà a Roberto Giordanelli: l'aggressione non rimanga impunita. Rita Rossa (PD): “Ora e sempre Resistenza!”
Alessandria: Non può rimanere impunita la vergognosa aggressione subita da Roberto Giordanelli. Un atto di violenza vile e inaccettabile, che va condannato senza esitazioni. La giustizia farà certamente il suo corso, ma è fondamentale sottolineare con forza che questi comportamenti criminali devono essere perseguiti e puniti severamente. Non possiamo accettare che soggetti violenti circolino…
#aggressione politica#Alessandria today#Alessandro Giordanelli#antifascismo#antifascismo militante#atti criminali#Bella Ciao#canto della Resistenza#canto partigiano#Costituzione Italiana#democrazia italiana#dichiarazioni politiche#difesa dei valori#Diritti civili#diritto penale#episodio violento#Fascismo#Giustizia#Google News#impunità#italianewsmedia.com#Lava#Legalità#Libertà di espressione#libertà individuale#Memoria storica#ora e sempre Resistenza#Partito Democratico#PD Alessandria#Pier Carlo
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EMISFERO DESTRO CHIAMA

“La profonda sofferenza rende nobili.”
Friedrich Nietzsche, Al di la del bene e del male

Non sono d'accordo. La sofferenza è, di per sé, profondamente involutiva. Il mondo è STRAPIENO di profonda sofferenza. Da millenni. A quest'ora dovremmo essere tutti consapevoli ed evoluti, invece ci portiamo appresso le sofferenze nostre, dell'albero genealogico e delle vite passate, coi risultati che vediamo in maniera molto chiara. Chi ancora crede a questa storia si è perso davvero qualche pezzo.
Che poi esistano Esseri che, per loro Natura, posseggono la capacità innata di rispondere alla sofferenza in maniera proattiva, è un altro paio di maniche. Chi o cosa genera una risposta adattiva a una situazione stressogena?

Le peculiarità innate di quei soggetti. Di chi è il merito? Della loro Natura. Avrebbero ugualmente quelle qualità in assenza di situazioni dolorose? Ovviamente, sì. Non si può sviluppare qualcosa che non si possiede, si può solo scoprire qualcosa che si ha già. E se l'abbiamo già, la funzione del dolore decade completamente. È assurdo pensare che la Coscienza violenti se stessa per manifestare qualità essenziali che sono già in suo possesso. Basta con questi vecchi paradigmi. Basta, basta, basta.
recintipercettiviplanetari
recintipercettiviextraplanetari
Telegram (https://t.me/Transformational_Experience) Elisa Renaldin Emisfero destro chiama 🌌 Intuizioni, suggestioni ed eventi creativi per uscire dai recinti percettivi ed esplorare la vita con occhi nuovi
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Cadavere carbonizzato in auto nel vibonese, due arresti
I carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia e del reparto Crimini violenti del Raggruppamento operativo speciale, coordinati dalla Procura di Vibo hanno fatto luce su un caso fallito di lupara bianca risalente al 2021 ed hanno arrestato, a Rosarno e Siracusa, due soggetti in esecuzione di un’ordinanza cautelare in carcere del gip per omicidio. A uno dei due, il provvedimento è…
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PROGETTO DI MAIL ART :’’STOP BORDER VIOLENCE-ART. 4: STOP ALLA TORTURA E AI TRATTAMENTI DEGRADANTI ALLE FRONTIERE D’EUROPA’’
L’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea afferma: “Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Negli ultimi anni si assiste nei confronti dei migranti a un’escalation di violenza intollerabile per le coscienze europee, in aperto contrasto con i principi fondamentali della UE. I rapporti delle organizzazioni quali UNHCR, Amnesty International e Human Rights Watch, le inchieste giornalistiche, le numerose testimonianze delle vittime raccontano di torture, stupri e minacce nei centri di detenzione della Libia, paese con il quale l’Italia ha stretto accordi per controllo delle partenze; di condizioni di estremo degrado nei campi in Grecia e in Bosnia, dove sovraffollamento, assenza di sevizi igienici e di assistenza mettono a rischio la vita dei soggetti più vulnerabili; dell’uso spropositato della forza e di episodi ripetuti di vera e propria tortura da parte della polizia croata nei confronti di richiedenti asilo alla frontiera con la Serbia e la Bosnia; di situazioni di detenzione illegale di migranti in diversi paesi della UE o finanziati dalla UE, di respingimenti violenti lungo tutte le frontiere d’Europa, di sospensione di fatto del diritto a richiedere asilo.
Tema: ’’STOP BORDER VIOLENCE-ART. 4: STOP ALLA TORTURA E AI TRATTAMENTI DEGRADANTI ALLE FRONTIERE D’EUROPA’’
Tecnica :Libera(Grafica,Collage,Disegno,Fotografia,Pittura)
Dimensioni:A4(21cm x 30 cm)-A5(15cm x 21cm)su Carta e Cartoncino.
Poesia e Poesia Visiva o Brevi Testi(da poter essere stampati ed esposti)
Scadenza:24 APRILE 2024
Tutte le opere devono essere originali e firmate sul retro con Nome,Cognome,Paese dell’Artista.
APERTO A TUTTI GLI ARTISTI DI TUTTE LE ETA’ E DI TUTTO IL MONDO.
Nessuna giuria ,nessuna vendita,non si accettano opere pornografiche,razziste,sessiste,ecc.
I LAVORI NON SARANNO RESTITUITI E FARANNO PARTE DI UNA MOSTRA ITINERANTE IN CONCOMITANZA CON LA RACCOLTA FIRME PER L’ICE(INIZIATIVA DEI CITTADINI EUROPEI) A SOSTEGNO DELL’ART.4
Le opere devono essere spedite esclusivamente per posta ordinaria,senza valore commerciale,o come piego di libro.Le spese di spedizione sono a carico dell’artista.
Inviare a :SILVIA GALIANO-VIA FRANCESCO CRISPI 79-88100 CATANZARO
LA MOSTRA SI TERRA’ IL PRIMO MAGGIO A RIACE(RC)-ITALIA
DOCUMENTAZIONE DELLA MOSTRA E DI TUTTI I PARTECIPANTI SARA’ PUBBLICATA ONLINE
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MAIL ART PROJECT:’’ ’’STOP BORDER VIOLENCE-ART. 4: STOP TORTURE AND DEGRADING TREATMENT AT EUROPE’S BORDER’’
Article 4 of the Charter of Fundamental Rights of the European Union states: ‘No one shall be subjected to torture or to inhuman or degrading treatment or punishment’. In recent years, there has been an escalation of violence against migrants that is intolerable to European consciences, in open contrast to the fundamental principles of the EU. Reports from organisations such as UNHCR, Amnesty International and Human Rights Watch, journalistic investigations, and numerous testimonies from the victims themselves tell of torture, rape and threats in the detention centres of Libya, a country with which Italy has made agreements to control departures; extremely degrading conditions in camps in Greece and Bosnia, where overcrowding, lack of medical care and assistance put the lives of the most vulnerable at risk; the disproportionate use of force and repeated incidents of actual torture by the Croatian police against asylum seekers at the borders with Serbia and Bosnia; situations of illegal detention of migrants in several EU or EU-funded countries, violent rejections along all borders of Europe, and de facto suspension of the right to seek asylum.
Theme: ’’STOP BORDER VIOLENCE-ART. 4: STOP TORTURE AND DEGRADING TREATMENT AT EUROPE’S BORDER’’
Technique: Free (Graphics, Collage, Drawing, Photography, Painting)
Size:A4(21cm x 30 cm)-A5(15cm x 21cm)on Paper or Cardboard.
Poetry or Visual Poetry or Short Texts (can be printed and displayed).
Deadline: 24 APRIL 2024
All works must be original and signed on the back with the Artist's Name, Surname and Country.
OPEN TO ALL ARTISTS OF ALL AGES AND FROM ALL OVER THE WORLD.
No jury, no sales, pornographic, racist, sexist, etc. works are not accepted.
THE WORKS WILL NOT BE RETURNED AND WILL BE PART OF A TRAVELING EXHIBITION IN CONCOMITENCE WITH THE COLLECTION OF SIGNATURES FOR THE ICE (EUROPEAN CITIZENS' INITIATIVE) IN SUPPORT OF ART.4
The works must be sent exclusively by ordinary mail, without commercial value, or as a booklet. Shipping costs are the responsibility of the artist.
Send to:SILVIA GALIANO-VIA FRANCESCO CRISPI 79-88100 CATANZARO-ITALY
THE EXHIBITION WILL BE HELD ON MAY 1ST 2024 IN RIACE (RC)-ITALY
DOCUMENTATION OF THE EXHIBITION AND OF ALL PARTICIPANTS WILL BE PUBLISHED ONLINE
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[...]
Tutto bello se non fosse che nella vita reale le donne restano quasi sempre sole come prima, e nel caso di molte vittime con le denunce inabissate nelle scartoffie dei tribunali. I fondi per i centri antiviolenza sono aumentati – secondo l’ultimo rapporto di ActioAid del 156% dal 2013 – ma in concreto le strutture sono senza mezzi, e i soldi sono impegnati quasi tutti per la protezione di soggetti a rischio e non per la prevenzione.
Eppure, è solo qui che si fa la differenza, offrendo segnali chiari sin dalla scuola, per poi continuare sempre, sui social, al lavoro, nella politica. Tutte battaglie cominciate solo a parole. Sui social per un caso perseguito ce ne sono migliaia archiviati all’istante per carenza di personale giudiziario. Nel lavoro restiamo al Medioevo, con le donne che guadagnano inspiegabilmente meno degli uomini, e nella politica le stesse donne usano i metodi più violenti contro altre donne, consolidando il convincimento che sono la forza, la sopraffazione, l’insulto che funzionano.
L’ultimo episodio è di pochi giorni fa. Arianna Meloni, sorella della premier, col carbone inzuppato per il familismo che la circonda, ha aggredito la deputata Vittoria Baldino – che semplicemente denunciava questo schifo – con una violenza da codice nero. Ecco, è in questi atti che si fa sul serio la differenza tra patriarcato e società moderna. E con questa destra la differenza la stiamo facendo drammaticamente in peggio.
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LE 4 PARAFILIE PIÙ DIFFUSE: CAUSE SINTOMI E TRATTAMENTI
Oggi esploreremo le parafilie, che sono disturbi sessuali veri e propri ma con criteri specifici per la loro diagnosi. Questi disturbi sono descritti nel DSM-5, il Manuale Statistico Diagnostico dei Disordini Mentali, come intensi e persistenti interessi sessuali diversi dalla stimolazione genitale o dai preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consenzienti.
Al centro di questi disturbi si trovano fantasie e desideri ricorrenti, diversi da quelli presenti nelle situazioni normali, rivolti a persone non consenzienti, ovvero persone che non acconsentono. La particolarità di queste fantasie risiede nell'oggetto coinvolto.
Ma chi è più suscettibile di essere colpito da queste parafilie❓ Apparentemente, interessano principalmente individui di sesso maschile, con l'eccezione del masochismo, che sembra essere più comune nelle donne che negli uomini.
Tra le parafilie più comuni ci sono il feticismo, l'esibizionismo, il sadismo e il frotteurismo.
IL FETICISMO
Il feticismo, coniato alla fine del 1800, induce un individuo a sperimentare piacere sessuale attraverso oggetti o situazioni non convenzionali, come fantasie, desideri o comportamenti legati all'uso di oggetti inanimati o a parti del corpo non genitali. Al centro del feticismo c'è il "feticcio", un oggetto o una parte specifica del corpo che provoca eccitazione.
I feticci comuni includono camici, scarpe, oggetti in pelle o lattice, calze in nylon, biancheria intima femminile e piedi. Se l'eccitazione sessuale si verifica indossando abbigliamento del sesso opposto, si tratta di travestitismo, un'altra forma di parafilia.
L'ESIBIZIONISMO
L'esibizionismo comporta l'esibizione dei genitali o degli organi sessuali a persone non consenzienti in situazioni inappropriatamente pubbliche, con l'unico scopo di eccitazione sessuale. Gli esibizionisti di solito non cercano alcun contatto fisico o sessuale con la vittima, ma oggettivizzano la vittima, che può percepire tali comportamenti come violenti.
IL SADISMO
Il sadismo coinvolge l'inflizione di sofferenze psicofisiche agli altri per provare piacere ed eccitazione. Le fantasie sadiche possono includere imprigionamento, bendaggio, fustigazione, percosse o torture, indipendentemente dal consenso della vittima.
IL FROTTEURISMO
La quarta parafilia più comune è il frotteurismo, che comporta il desiderio di toccare e sfregare contro persone non consenzienti per raggiungere l'eccitazione, spesso in situazioni affollate come file o concerti, dove è più facile nascondere tali comportamenti sotto la scusa della confusione.
Nonostante le differenze tra queste parafilie, i sintomi manifestati dai soggetti affetti sono simili, con pulsioni e fantasie erotiche persistenti che causano disagio significativo in diverse aree della loro vita. Per una diagnosi di parafilia, queste fantasie devono durare almeno 6 mesi e compromettere il funzionamento sociale e lavorativo del soggetto. Inoltre, spesso i soggetti affetti provano sentimenti di colpa e vergogna a causa della natura proibita delle loro fantasie.
Le cause di queste parafilie sono spesso legate all'infanzia o all'adolescenza, con fattori di rischio che includono conflitti genitoriali, deprivazioni affettive e traumi infantili.
Per gestire queste parafilie, è consigliabile cercare l'aiuto di uno psicologo o psicoterapeuta, specialmente se le fantasie sono persistenti e causano notevoli disagi. La psicoterapia breve è uno dei trattamenti più appropriati, poiché può aiutare a identificare e modificare le credenze e i pensieri del paziente.
Tito Bisson
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L’assunzione d'una sostanza psicoattiva, come l'etanolo, non modifica aspetti della personalità, ma inibisce o attiva atteggiamenti già presenti in un soggetto, come la tendenza alla violenza.
Non possiamo attenderci che chi assumi alcool o cocaina commetta, a causa del suo stato mentale alterato, atti criminosi; ciò accade solo se c'è una preesistente disposizione a compiere reati in un soggetto - che può dipendere dal suo passato in famiglia, dalla sua educazione.
Molte persone si ubriacano, ma non tutte diventano violente, perché l'etanolo non modifica il loro carattere gioviale, festaiolo anche da sobri; il problema è che esistono, purtroppo, anche molti soggetti violenti con trascorsi infelici e l'alcool per loro diventa un incentivo.
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Permesso, Parolisi.
L'intervista a Chi l'ha visto dell'assassino di Melania Rea
Il Caffè di Gramellini

Ecco, se oggi c'è in Italia una persona in grado di riassumere in tutti i propri comportamenti e discorsi la mentalità tipica del MASCHIO ITALIANO MASCHILISTA frutto di secoli di becero Patriarcato, questo è Salvatore Parolisi.
Un losco individuo, capace di mentire su tutto, perfino su se stesso fino ad autoconvincersi delle menzogne che dice.
È un FEMMINICIDA IRRIDUCIBILE.
Un individuo ignobile, prototipo di tutti gli uomini violenti e bugiardi del nostro Bel Paese, che continua ad avere il tristissimo record di Femminicidi nell'Europa Occidentale.
Se volete studiare il fenomeno "Femminicidi" in Italia, partite dallo studio di personalità come quella di Salvatore Parolisi.
C'è molto da imparare da una persona di questo tipo.
Lo dico soprattutto alle ragazze!
Studiatevi questo tipo di uomo,
(è una iperbole la mia - una parola davvero grossa per un verme del genere e me ne rendo ben conto! )
e poi quando incontrate un ragazzo con caratteristiche simili a questo soggetto, scappate a gambe levate.
Ne va della vostra incolumità fisica e mentale!
Io da uomo, lo confesso; provo un'enorme imbarazzo e vergogna ogni volta che ascolto parlare questi soggetti.
Perchè capisco che finchè nell'universo maschile non avverrà un cambio di paradigma e di modelli culturali, la piaga dei femminicidi continuerà a mietere centinaia e centinaia di altre vittime innocenti.

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Ci sono uomini i quali, quando vanno in collera e offendono gli altri, pretendono per di più, innanzitutto, che uno non si abbia a male di niente, e secondariamente, che si abbia compassione di loro, perché sono soggetti a così violenti parossismi. A tal punto giunge l'arroganza dell'uomo. La collera svuota l'anima, portandone alla luce ogni sedimento. Perciò, quando non ci si sa procurare chiarezza in altro modo, bisogna saper fare andare in collera quelli che ci attorniano, i nostri sostenitori e avversari, per venire a sapere tutto ciò che nel loro fondo accade e viene pensato contro di noi.
#Umano troppo umano#Umano troppo umano citazioni#filosofia#filosofo#friedrich nietzsche#friedrich nietzsche citazioni#1878#citazioni#citazione#riflessioni#riflessione#collera#rabbia
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– Lussazioni, fratture, ematomi, ferite alla testa, ragazzi svenuti.
– Si sa qualcosa dei responsabili?
– La polizia finora non ha individuato i soggetti violenti e pericolosi che hanno causato tutto ciò.
– Come mai?
– Gli agenti hanno evitato di guardarsi allo specchio.
FINE
[L’Ideota]
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Il memorabile intervento del senatore Roberto Scarpinato al Senato. Lo riportiamo integralmente. Da incorniciare
"Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare"
"Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale.
Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita."
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23.08.2021
Nei primi venti anni del ventesimo secolo si affacciò, nel mondo artistico, il bisogno di contrapporre alla trasposizione oggettiva del mondo e delle cose (pure nell'Impressionismo, di qualche decennio prima) un afflato soggettivo: spesso talmente tanto esasperato che i vari movimenti nascenti verranno, poi accomunati ed etichettati come "Espressionismo".
La tentazione di infilare il tutto nel calderone post-impressionista è sicuramente forte (da un lato quasi tutti gli esponenti del movimento furono influenzati da post-impressionisti come Gauguin e, in particolare, Kirchner ammise di aver sempre amato in modo particolare l'arte di matrice polinesiana) ma tutte le oggettività storiche danno all'Espressionismo un aspetto così primigenio da meritare un posto a sè.
Qui si potrebbero perdere ore a citare le varie querelle del tempo ("Der Sturm", la rivista che nel ventennio inaugurale del secolo rappresentò ufficialmente l'Espressionismo tedesco, non mancò di critiche feroci alla "frivolezza" dei Modernisti o dell'Art Nouveau) o a riportare fatti della storia e del luogo: la Germania nel periodo prima della Grande Guerra, pure in quello tra i due conflitti mondiali, che diede un carico minaccioso pieno di contraddizioni, politiche e sociali, deformazioni civili e di classe (etc) ma si allargherebbe troppo il topic.
Per restarci "dentro" e per, mal volentieri, etichettare il tutto l'Espressionismo vide emergere, pur condividendo caratteristiche formali come l'uso di tonalità aggressive, colori al limite del aberrante, tratteggi in linee decise ma non continue ed un rifiuto per le leggi della prospettiva, due entità distinte: "Die Brücke", figurativo e decadente, e "Der Blaue Reiter": astratto e spiritualistico.
In particolare "Die Brücke" fu fondato a Dresda nel 1905: nel suo decennio di vita passò dalle violenze urbane ad una prospettiva "intima", fatta anche di ritratti, sempre mantenendo i tipici impulsi cromatici violenti e primitivi.
Il nome del movimento, "Il Ponte", stava a indicare la volontà di transizione da una forma artistica, vista come desueta (l'Ottocento tedesco) ad una nuova e di avanguardia: probabilmente toccata da vicino dall'influenza filosofica di Nietzsche.
Ernst Ludwig Kirchner ne fu il fondatore e, probabilmente, il maggior interprete: la sua travagliata esistenza (le sue opere furono indicate come degenerate dal Nazismo provocandogli un forte shock mentale in un animo già provato dal disagio psichico e dall'abuso di droghe) lo portò a comportamenti borderline ma, importante notare, i maggiori risultati artistici li ottenne nel periodo di soggiorno a Berlino nei primi anni della seconda decade ("Die Brücke" stava quindi già per "collassare").
All'epoca i suoi soggetti preferiti erano scene di strada colte nella confusione e nel delirio mondano della grande metropoli: eleganti signori, prostitute "espressi/e" su tela con rapidi flash a esaltare la violenza convulsa di quel vivere solo apparentemente "leggero": spinta espressionista al suo massimo anche in senso sensuale ed erotico.
Uomini eleganti e signore vestite alla moda passeggiano lungo Friedrichstraße ("Die Straße"): forme appuntite, visi colti nella ricerca del divertimento ma sotto, sotto una atroce consapevolezza che il vivere frivolo sarà da lì a pochi mesi destinato alla fine.
E si coglie dai colori, i toni convulsi in voluto contrasto, dalla prospettiva distorta (così da esaltare il senso drammatico di una decadenza ormai inevitabile): Kirchner vedeva la metropoli come esempio di civiltà morente e aberrante e gli abitanti destinati ad affrontare tempeste oramai imminenti.
Uno sguardo lontano ma così vicino.
"Die Straße", 1913
Olio su tela, 121x92 cm.
MoMA, New York (U.S.A.)
Mood: Al di sopra

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Ricordo una volta un amico mi raccontò di avere avuto un litigio con una persona sotto casa mentre portava fuori il cane. Questa persona aveva un pastore tedesco molto feroce, che lasciava libero. Il mio amico aveva un bassotto, e quando vide quel cane avvicinarsi, chiese giustamente al padrone di legarlo.
In tutta risposta, l’uomo si avvicinò, lo insultò e gli sferrò un pugno al volto. E poi se ne andò via impettito.
Il mio amico voleva correre dai carabinieri a denunciarlo, ma mi raccontò che il portiere di uno stabile lì vicino che aveva assistito alla scena si permise di dargli un suggerimento: lascia correre, lascia fare. Conosceva quell’uomo e sapeva di cosa era in grado. Non era un assassino, era solo un violento coatto, uno stupido, con diversi precedenti penali. Uno di quelli che ti sfreccia accanto con la macchina in corsia d’emergenza. E il suo essere uno stupido e violento coatto lo rendeva un intoccabile: anche se avevi ragione tu, non ti conveniva andare oltre. Perché nella sua stupidità lui ti avrebbe trascinato chissà dove. Te lo saresti ritrovato sotto casa, ti avrebbe spaccato la macchina, ti avrebbe fatto un agguato sotto casa con gli altri amici coatti, violenti e stupidi come lui. Avrebbe peggiorato la sua situazione, certo. Ma la sua stupidità non gli avrebbe consentito di capirlo, e quindi lo avrebbe fatto.
Risultato? Il mio amico non denunciò. Finì lì, finì con un’ingiustizia.
Ecco, guardando questi due soggetti che l’altra notte hanno ammazzato un ragazzino spaccandogli la testa ho pensato a quella storia. E anche a un’altra cosa: questi due, come tanti altri, sono l’emblema della vera, unica, grande dittatura che spesso viviamo nei nostri centri urbani: quella degli stupidi coatti violenti che affollano le nostre città. Gente che non ha paura perché è stupida, gente che è violenta perché è stupida. Che spadroneggia e mette sotto ricatto le persone perbene che non possono difendersi perché avranno sempre qualcosa in più rispetto a loro: qualcosa da perdere.
Stavolta il prezzo di questa dittatura lo ha pagato un ragazzo innocente. E quanti lo pagano ogni giorno.
E sempre sarà così fino a quando, oltre a molte altre cose, non creeremo un sistema più efficiente per la sicurezza delle persone, togliendo a questa gentaglia la cosa di cui campano: il senso di impunità. - Leonardo Cecchi, fb
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Ddl Zan, ovvero il lupo travestito da agnello
Tra garanzie apparenti e pericoli reali
Pietro Dubolino, presidente di sezione emerito della Corte di Cassazione, interviene sul ddl Zan, riprendendo in parte il contenuto di due suoi precedenti articoli comparsi sul quotidiano La Verità del 25 luglio e dell��11 novembre 2020, per farne emergere la carica liberticida, in ossequio alla massima del Digesto giustinianeo secondo cui “conoscere le leggi non è tenerne a mente le parole, ma lo spirito e la forza”.
1. Scire leges non est verba earum tenere, sed vim ac potestatem. A quest’antico brocardo latino, presente nel Digesto giustinianeo ed attribuito al giureconsulto Celso, ci si dovrebbe ispirare non solo quando si tratti di interpretare ed applicare leggi vigenti ma anche quando occorra valutare in anticipo quale possa essere la sfera di effettiva operatività e, più in generale, l’impatto sociale di una legge di cui si proponga l’introduzione nell’ordinamento, come, al presente, si verifica con il disegno di legge Zan contro la c.d. “omotransfobia”.
Stando soltanto al testuale tenore di tale disegno, quale approvato dalla Camera dei deputati ed attualmente all’esame del Senato, potrebbe riconoscersi una qualche validità all’assunto dei suoi promotori e sostenitori secondo il quale esso non inciderebbe sulla libertà di espressione di quanti non condividessero le loro visioni in materia di sessualità e famiglia, ma comporterebbe unicamente l’estensione del già esistente divieto di “atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” all’ipotesi che gli stessi atti siano “fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. E per “atti di discriminazione” debbono intendersi, secondo la definizione datane dalla Convenzione di New York del 7 marzo 1966, recepita in Italia con la legge n. 654 del 1975, quelli costituiti da “ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento , il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica”.
Deve trattarsi, quindi, in altri termini e più sinteticamente, di un “comportamento” materiale che non solo sia mosso da determinate motivazioni ma abbia anche, come risultato pratico o almeno come riconoscibile finalità, la effettiva compromissione o la concreta possibilità di effettiva compromissione, in danno di taluni soggetti, delle condizioni di parità con gli altri nel godimento o nell’esercizio di diritti spettanti, per definizione, a tutti indistintamente. Di qui la deduzione che semplici espressioni verbali di dissenso, anche radicale, rispetto alla riconoscibilità, ad esempio, del diritto di omosessuali all’adozione di minori o alla pratica della c.d. “maternità surrogata” non potrebbero essere penalmente perseguite, non avendo esse “lo scopo o l’effetto” di distruggere o compromettere il godimento o l’esercizio di “diritti umani” o “libertà fondamentali” dei quali ciascun consociato debba ritenersi automaticamente ed incondizionatamente titolare. E ciò tanto più in quanto l’art. 4 dello stesso disegno di legge stabilisce espressamente che : “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
2. Ma una tale deduzione (a parte quanto si dirà più oltre a proposito del citato art. 4), ancorché plausibile sotto il profilo della mera interpretazione letterale del testo in questione, non potrebbe in alcun modo dirsi esaustiva delle pratiche conseguenze che esso avrebbe, una volta entrato in vigore, sulle scelte comportamentali della generalità dei consociati. Questi infatti, nella stragrande maggioranza, non sono, ovviamente, esperti di diritto e si regolano, quindi, secondo cognizioni generiche ed approssimative di quanto sia da ritenersi consentito o vietato dalla legge, all’insegna, quasi sempre, del principio per cui, nel dubbio, è meglio astenersi da condotte che, per quanto si sa o se ne sente dire, potrebbero dar luogo a denunce, processi o, più genericamente, a conseguenze giudiziarie o a fastidi di qualsivoglia natura.
Ed è appunto su questo meccanismo che i fautori del disegno di legge Zan fanno, in realtà, senza confessarlo, il maggiore affidamento ai fini della realizzazione di quello che, per essi, è il risultato più importante, e cioè che la materia della sessualità e della famiglia diventi, nella comune percezione, una sorta di terreno minato nel quale la più elementare prudenza consigli quindi di non avventurarsi, se non osservando scrupolosamente le precauzioni dettate dagli stessi soggetti dai quali le mine sono state collocate.
3. Si tratterebbe, del resto, dello stesso risultato al quale si è già pervenuti sotto la vigenza dell’attuale art. 604 bis del codice penale (riproduttivo dell’art. 3 della legge n. 654/1975), dal momento che, nel timore di essere anche solo denunciati per vere o presunte violazioni dei divieti da esso previsti, o, comunque, di subire veementi e rabbiosi attacchi mediatici (e, talvolta, anche fisici), non si osa più parlare o scrivere pubblicamente di rapporti tra razze (la parola stessa è, anzi, secondo alcuni, da considerare bandita), etnie, nazionalità o credenze religiose se non in termini rigorosamente in linea con i dogmi del “politicamente corretto”; vale a dire attenendosi ai luoghi comuni secondo cui la storia, le tradizioni, i costumi, la religione dell’Italia e dell’intera Europa non potrebbero mai essere oggetto di legittimo orgoglio e di adeguata difesa, ma dovrebbero essere trattati in chiave di perpetua autocolpevolizzazione nel raffronto con quelli di altre parti del mondo e, in particolare, con quelli del mondo di tradizione islamica.
Basti per tutti, a dimostrarlo, il caso di Oriana Fallaci, a suo tempo sottoposta a procedimento penale (poi conclusosi senza pronuncia di merito a causa della sua morte), solo per aver pubblicamente sostenuto (poco importa se a torto o a ragione) che la religione islamica, soprattutto per la considerazione che in essa si ha della donna, era incompatibile con i principii della nostra civiltà, senza mai affermare o lasciar intendere, peraltro, che i musulmani dovessero per questo subire pregiudizio alcuno nel godimento o nell’esercizio dei diritti a tutti riconosciuti dalla legge.
4. Né a diversa conclusione potrebbe pervenirsi facendo affidamento sul già ricordato art. 4 del disegno di legge in questione. In base ad esso, infatti, come si è visto, “la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte” sarebbero salvaguardate solo a condizione che non diano luogo neppure al “concreto pericolo” (e, a maggior ragione, alla effettiva commissione) di atti che, pur senza essere “violenti”, siano tuttavia almeno “discriminatori”. In pratica è come dire che l’esercizio di determinati diritti non potrebbe comportare responsabilità per discriminazione a condizione, però, che non costituisse… ”discriminazione”. Le due proposizioni si annullano a vicenda e rendono, quindi, del tutto inoperante l’apparente garanzia contenuta nella previsione in questione.
5. Sotto questo profilo, l’attuale disegno di legge rappresenta, anzi, addirittura un peggioramento rispetto all’originaria proposta a firma Scalfarotto ed altri, nel testo approvato dalla Camera nel corso della precedente legislatura e, precisamente, il 19 settembre 2013. In esso, infatti, all’art. 1, comma 1, lett. c), si stabiliva che: “Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente ovvero anche se assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei princìpi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”.
Appare evidente, nel raffronto tra questo testo e quello dell’art. 4 del progetto attualmente all’esame del Senato, che il primo, a differenza del secondo, pur lasciando aperti molti ed inquietanti interrogativi circa l’individuazione, in concreto, delle condizioni previste per la sua operatività, garantiva però che, una volta riscontrata comunque l’esistenza di tali condizioni, sarebbe stata automaticamente esclusa la configurabilità di una “discriminazione” o di una “istigazione alla discriminazione” e, quindi, anche la possibilità che si fosse in presenza di una condotta costituente reato.
Tanto per fare un esempio, stando alla formulazione del testo approvato nel 2013, il direttore di una scuola privata avrebbe potuto nutrire il ragionevole convincimento di non commettere reato nel rifiutare l’assunzione, come insegnante, di un soggetto dichiaratamente ed ostentatamente dedito a pratiche omosessuali, ove avesse ritenuto che una tale scelta di vita fosse in contrasto con gli indirizzi educativi della stessa scuola, quali individuati nell’ambito del diritto che l’art. 33, comma terzo, della Costituzione, attribuisce ad enti e privati di “istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato”. Lo stesso non potrebbe dirsi, però, sulla base di quanto ora prevede l’art. 4 del testo licenziato dalla Camera, dal momento che quell’eventuale rifiuto di assunzione, siccome effettivamente costituente, sotto un profilo meramente oggettivo, una “discriminazione”, potrebbe comunque dar luogo, per ciò solo, a responsabilità penale.
6. Rimane solo da dire, a questo punto, che quella che si è in precedenza indicata come la presumibile, principale finalità perseguita dai promotori del disegno di legge Zan rimarrebbe in larga parte frustrata ove, al posto di esso, venisse approvato il disegno di legge alternativo che, stando alle ultime notizie di cronaca, è stato o starebbe per essere presentato da alcuni senatori dei gruppi di centro destra e la cui caratteristica essenziale sarebbe quella di prevedere soltanto come aggravante per i comuni reati di violenza il fatto che questi siano motivati, tra l’altro, dagli orientamenti sessuali delle vittime. Ciò rappresenterebbe senz’altro un vantaggio, a fronte dei segnalati pericoli per la effettiva libertà di manifestazione del pensiero che di fatto inevitabilmente deriverebbero dall’approvazione del disegno di legge Zan. Vi è però da osservare che si tratterebbe comunque dell’implicito riconoscimento di una situazione di allarme prodotta da un abnorme incremento, in realtà inesistente (come sempre sostenuto anche da tutto lo schieramento di centro destra), di atti di violenza in danno di appartenenti al mondo c.d. LGBT.
Ma si tratterebbe anche e soprattutto di un ennesimo passo avanti sulla via della creazione di sempre nuove categorie di persone da considerare in qualche modo “privilegiate” rispetto alla generalità dei consociati, sotto il profilo, in particolare, del livello al quale deve collocarsi il loro diritto alla protezione da parte dello Stato. Un processo, questo, che porta, in ultima analisi, alla sostituzione del moderno concetto di “Stato di diritto” con quello, ad esso antecedente, di “Stato dei diritti”; di uno Stato, cioè, nel quale non esistevano diritti ritenuti in partenza uguali per tutti ma ciascuna categoria (nobili, mercanti, artigiani, contadini, ecclesiastici, etc.) e, frequentemente, anche taluna delle infinite sottocategorie, doveva adoperarsi per acquisire dal titolare della sovranità e poi difendere contro di lui e contro le altre categorie o sottocategorie i propri particolari diritti.
Non a caso, ad esempio, la “magna charta libertatum” ebbe questa denominazione e non quella di “magna charta libertatis”, proprio perché essa non garantiva un generale diritto di libertà per i sudditi del re d’Inghilterra ma garantiva, essenzialmente, soltanto le singole libertà, specificatamente indicate, dei signori feudali nei confronti della corona. Si è generalmente ritenuto, nel corso degli ultimi tre secoli, che il superamento di tale situazione, anche se talvolta realizzato con metodi a dir poco discutibili, costituisse comunque un progresso. Nulla impedisce, però, di pensarla diversamente e di regolarsi di conseguenza, a condizione che si abbia almeno il coraggio e l’onestà intellettuale di ammetterlo.
Pietro Dubolino
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