#writeoctober
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Write october 2020 — 3 ottobre, AU.
In ritardo, ma ci sono!
Day 2, alba.
Day 3, AU.
Day 4, inganno.
La luce filtrava da uno strappo nella tenda, illuminando il letto del giovane. Le lenzuola, che ad un certo punto della notte l’avevano coperto, ora erano a terra. Da qualche mese a quella parte gli incubi erano tornati a tormentarlo. Non c’era stata notte che non fosse disturbata. In estate, la soluzione era stata dormire di giorno, troppo esausto per tenersi in piedi o ricordare di aver sognato e cosa. Ora che la scuola aveva riaperto, infine, le porte e la legge lo obbligava a frequentarla ancora per un anno, se voleva ottenere il diploma, aveva dovuto fingere di prender sonno la sera prima. Si era dovuto sforzare di dormire e dopo essersi rivoltato, alzato e aver bevuto tre bicchieri d’acqua, aver passato un’ora avanti e indietro dal bagno perché aveva bevuto troppo e aver riguardato i primi, più noiosi episodi del suo anime preferito, era riuscito a sentir il peso delle ore passate in piedi. Più che dormire, però, Keith aveva riposato (vagamente). E più che svegliarsi, si tirò fuori da un fastidioso dormiveglia quando la luce raggiunse il suo volto – fu quasi contento di potersi alzare, infilare una felpa e scendere in cucina. Almeno lì avrebbe trovato conforto nella colazione.
Passando nel corridoio, si accertò di non guardarsi nello specchio: non era pronto a scoprire che avrebbe dovuto coprire le occhiaie, più viola del solito, con quel correttore che aveva comprato a poco prezzo. Stava risparmiando per potersi permettere un portatile decente e, purtroppo per la sua pelle, aveva dovuto rinunciare alla qualità in fatto di make up (che comunque usava solo quando riusciva a trovare la forza di metterlo per bene, quindi raramente),ma ciò voleva dire passar più di quindici minuti allo specchio nel tentativo di dare un senso a quei pessimi prodotti.
Si fece cadere sullo sgabello e poggiò i gomiti sul bancone, guardando in giù: pantaloncini grigi e felpa marrone. Non erano troppo male per il primo giorno di scuola, no? Non sarebbe stato mica costretto a togliersi il pigiama? Un’ingiustizia, la scuola pubblica.
Make up, vestiti puliti (possibilmente non strappati), libri, benzina...avrebbero dovuto ripagargli tutte quelle spese, se proprio ci tenevano a vederlo ogni mattina. Troppo tentato dall'abbandonare l’idea di prendersi il diploma e tornare a letto, magari cercare qualche annuncio di lavoro, fu fermato solo dalla consapevolezza che suo fratello (che ora era entrato in cucina con un ‘buongiorno’ rauco e un sorriso stanco, ma troppo sincero per quell’ora del mattino) non sarebbe stato contento. Magari gli avrebbe detto che era giusto seguisse la sua strada, ma ad un anno dal diploma sarebbe solo stata l’ennesima preoccupazione di cui non aveva bisogno.
Non voleva caricarlo d’altro. Lui, così responsabile. Lui, che quell'agenzia investigativa l’aveva tirata su grazie alla sola determinazione, pazienza e forza di volontà. A volte, non si capivano – ma si amavano profondamente e il più piccolo non poteva far a meno di cercare la sua approvazione.
Non aveva ancora compiuto sei anni, quando si erano conosciuti. I loro genitori si erano sposati e avevano iniziato a convivere. Prima in un piccolo appartamento, poi in una piccola casa. A malapena grande abbastanza per loro quattro, ma in un quartiere tranquillo in cui i ragazzi avevano potuto crescere, uscire, divertirsi senza preoccupazioni. Shiro e il padre erano presto diventati parte integrante della sua vita – il fratello, più del genitore, punto di riferimento e unico rifugio, quando le cose erano andate male.
Quando il più grande aveva perso il padre, Keith si era assicurato avesse abbastanza schifezze in camera da poter rimanerci chiuso dentro per settimane – Shiro aveva apprezzato. Gliel’aveva detto, qualche mese dopo.
Quando lui aveva perso la madre, Shiro si era assicurato che le ricerche sull’omicidio continuassero e e fossero efficienti. S’era impuntato con tanta forza da farsi cacciare dalla polizia, ma non si era fermato. Non si sarebbe mai fermato. Qualcosa gli puzzava e, se pure cercava di tenere il liceale fuori dall'investigazione, ci teneva a fargli sapere che non si sarebbe arreso. Keith aveva apprezzato.
- Hai qualcosa di delicato da lavare? Pensavo di passare in lavanderia oggi pomeriggio. Ho un paio di maglioni che sono sicuro rovinerei, nella nostra lavatrice.
Disse il più grande, dopo aver versato del succo di frutta in due bicchieri ed avergliene passato uno.
- Li porto giù quando esco. Sai, prima o poi…dovremmo imparare a lavare i delicati. Spendiamo una fortuna così.
Ed era vero – com’era vero le loro disponibilità economiche si limitassero allo stipendio da investigatore privato del maggiore e qualche soldo ottenuto da piccoli lavoretti del minore. Eppure, si concedevano piccole cose: una serata a settimana di take out o cinema, il lusso di portare i panni più complicati da lavare in lavanderia. Quest’ultimo, poi, più che lusso era una necessità sorta da quando avevano iniziato a vivere da soli. Il detersivo adatto era costoso, la loro capacità di non distruggere i capi scarsa e un maglione nuovo costava parecchio di più che qualche viaggio in lavanderia in quelle due volte all’anno che Keith decideva di indossarlo.
Era difficile, cavarsela da soli. Ma ci provavano – ci stavano provando. Era difficile non avere nessuno a cui appoggiarsi. Orfani (perché, come aveva prontamente detto Keith quando aveva ricominciato a parlare, mesi dopo la morte della madre: la vita faceva schifo), estromessi dalla comunità e dal vicinato per aver puntato il dito a chi era più in alto di loro...se pure avessero avuto bisogno di aiuto, non ne avrebbero trovato. Erano soli. Così s’arrangiavano.
Lasciò il bicchiere nel lavandino e percorse le scale lentamente, nella speranza di arrivare tanto tardi da dover saltare la prima ora o essere addirittura rimandato a casa. Tornare al liceo di Neptune, tra figli di papà e bulletti da quattro soldi, non era certo il suo sogno proibito. Era triste, quella città: o si era davvero ricchi o si viveva alla giornata. I più giovani, i suoi compagni, sembravano non esser disturbati da questa realtà, talvolta neanche si rendevano conto quanto li influenzasse. Fermi nelle loro convinzioni, nelle abitudini che li avevano portati a guardarsi con diffidenza, sguazzavano nell'indifferenza. Avevano fatta loro la profonda divisione economica e su questa avevano costruito la loro vita sociale. Si ci nasceva, quasi, in quelle cricche. Era triste e senza speranza. Keith lo sapeva, l’aveva visto da vicino. Non faceva parte di nessuna di queste. Non più, ormai. Una volta le cose erano state diverse – non migliori, ma più semplici. Anche lui, una volta, neanche sapeva perché faceva certe scelte e frequentava certe persone.
Rabbrividendo all’idea di dover incontrare i suoi vecchi compagni, si vestì con lentezza e, una volta in macchina, quasi venne fermato da una volante per quanto lentamente stesse guidando.
Purtroppo per lui, prima di quanto sperasse, un cartello rovinato e fin troppo colorato, gli annunciò di essere arrivato alla Neptune High. “Che bello tornare dove si è stati bene”, pensò, mentre il primo deficiente della giornata aveva la brillante idea di fargli lo sgambetto. Sarebbe stato un ultimo anno molto, troppo lungo.
#writeoctober#writeoctober2020#write october#italiano#writing#non so cosa ho scritto perdonatemi#era un po' che avevo in mente questa au ma non so scrivere ff#quindi ho pensato fosse l'occasione giusta per darle vita#anche se per pochissimo#ho quasi paura di mettere il tag di#voltron legendary defender#però here u go i guess#in ritardo ma here u go#ah già#veronica mars#veronica mars!au#Writeober
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I love this moodboard for a drarry fic that needs attention people!
Haunted by Vixens_thoughts
its a Halloween fic for Writeoctober 2019
for everyday there is a promt please check it out:
https://archiveofourown.org/works/20844284/chapters/49550207
#drarry#fic recommendation#halloween#hp#draco malfoy#harry potter#writeoctober 2019#prompt#creepy#haunting#gosts#happy ending#angst#dark magic#homour
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Day two of my writeoctober is up!! Link here if you want to read~~
A little preview for you too~

#writers on tumblr#writeober#idk if thats a good tag to use its probably a different challenge but#writing#original#mine
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Write october 2020 — 2 ottobre, alba.
Day 1, cinema
Day 2, alba
Quand'era vivo, preferiva il tramonto. Caldo e accogliente, lo faceva sentire a casa — e quando passava le giornate in spiaggia, non poteva che fermarsi fino alle ultime luci del giorno. C'era qualcosa di incredibilmente rilassante nel sentire quei raggi, carichi di eventi e testimoni di intere vite ed esperienze, sulla pelle. Quand'era in compagnia, chiudeva gli occhi così da poter assorbire quel momento senza che venisse intaccato dagli amici e li riapriva solo quando i raggi erano tanto colorati da sembrare dipinti, ma l'aria era ormai tanto fresca da lasciar quel tipo di pelle d'oca che raramente si sperimenta nella bella stagione. Era bello, il tramonto — ancora più belli erano i tramonti a casa sua e quelli prima di un falò e il rumore delle onde, che accompagnava il sole e lo metteva a dormire. Gli manca il tramonto, non è ancora riuscito a vederlo. È difficile calcolare il momento giusto, difficile sopportare il calore che si posa sulla pelle quando questa è fredda e dura come un cristallo — fragile, da guardare con cura perché non si spezzi. Il tramonto lo distruggerebbe. Pensarci gli spezza il cuore, lo lascia con un buco nello stomaco e la voglia di ribellarsi all'universo e a quel destino crudele. Si chiede spesso come sarebbe la sua esistenza, come sarebbe stata la sua vita se solo non avesse incontrato le persone sbagliate. Si chiede, ora, affacciato ad una finestra posta ad ovest, verso il tramonto, se quand'è scomparso i suoi hanno pensato a lui, guardando il tramonto. E chiude gli occhi, così come faceva in spiaggia, respira profondamente e lascia che l'aria fredda della mattina gli riempia i polmoni. Cristallina. Come lui.
Fredda, distaccata, come i suoi colori. Non aveva mai visto albe così belle, non fino alla trasformazione. Non aveva mai visto viola e rosa tanto intensi, non credeva neanche che la natura potesse esser capace di mischiare e far confondere così tante sfumature, non immaginava che alzando il capo avrebbe incontrato colori pastello e le impronte delle stelle, della luna ancora brillanti nel cielo. L'aurora era fredda e, da quel balcone, sapeva di casa e di un nuovo giorno. Di quelli che puoi sperare vadano bene, finché non cominciano. L'alba è potenzialità, è nascita e gli fa credere che anche quell'esistenza che con troppa fantasia ed immaginazione e volontà si potrebbe chiamare vita...anche quell'esistenza vale la pena d'esser vissuta. Così rimane fermo, ma apre gli occhi. Cerca di ricordare il momento, di portarlo con sé ora che l'alba è il suo nuovo tramonto — ora che non ha bisogno di dormire, ma vorrebbe coricarsi per non doversi nascondere da quel sole che tanto amava. L'arrivo della sera è crudele: può uscire, rinunciando alla luce e il tramonto gli ricorda con dolore cos'ha perso. L'aurora, invece, è una madre distaccata ma presente. È una fata che gli passa davanti, che non ha nessuna intenzione di regalargli un sorriso ma gli concede di osservare i suoi colori, le aue ali brillanti prima di voltargli le spalle e volare via. È grato all'alba, contento che almeno questa possa ricordargli com'è il mondo quando si sveglia, quando vive, quando sboccia accompagnato dai raggi solari.
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Writeoctober 2020 – 1 ottobre: cinema;
Hello! Sono tornata per il Writeoctober e una lista personalizzata scritta in collaborazione con un’amica. Abbiamo deciso di imbarcarci insieme in questo viaggio e...eccomi, col primo giorno!
Day 1, cinema
Day 2, alba
Nel paese in cui il giovane era cresciuto, non c’era un cinema.
Questo fatto, però, non aveva fermato suo padre dal portarlo ogni settimana al centro commerciale più vicino e, lì, infilarsi in una piccola sala per qualche ora. Erano le giornate migliori, quelle – passate in compagnia di quel padre che lo faceva sempre sentire protetto e di una storia proiettata sullo schermo.
Raramente gli era permesso comprare dei popcorn da accompagnare alla visione, ma quelle poche volte erano bastata perché l’odore del burro rimanesse indissolubilmente legato a quei ricordi. Ora percorre il corridoio buio di un multisala che non assomiglia per niente a quella piccola sala, ma l’odore è lo stesso e il giovane si sente a casa. Quand’era bambino, non aveva mai scelto cosa guardare e neanche gli era mai dispiaciuto. Talvolta non erano molte le proiezioni, talvolta i suoi gusti non si confacevano a quelli del genitore e decideva lui per entrambi. Del resto, il ragazzo non era mai stato particolarmente appassionato di cinema: non erano i film a prenderlo, ma pensare di passare del tempo con quell’uomo che si occupava di lui, preoccupava per lui e che, al contrario della maggior parte dei suoi compagni di scuola, rideva alle sue battute.
Gli manca suo padre – a questo pensa, mentre prende posto nella poltrona e poggia i popcorn sul bracciolo. Se l’uomo fosse al suo fianco, gli farebbe notare che possano cadere, che dovrebbe stare più attento, che a qualcuno toccherà pulirli, poi – ma non è lì e non si può vivere di “se”, quindi il ragazzo decide di lasciarli dove sono. Chiude gli occhi, solo per un attimo, solo per memorizzare i rumori e gli odori della sala, per portarli con sé anche nel lungo tragitto che lo riporterà a casa e ancor più lungo tragitto che lo porterà in tutt’altro continente, tra pochi giorni. Se suo padre fosse con lui, potrebbe rimanere ad occuparsi della casa di famiglia e a suo figlio non toccherebbe venderla. Se suo padre venisse a sapere del contratto ormai firmato, gli si spezzerebbe il cuore: l’aveva costruita lui, quella casa, prima di sposarsi. Ma il mondo corre sempre più veloce, le cose cambiano in fretta, d’improvviso e se tutto rimanesse uguale nessuno sarebbe curioso di vedere un nuovo giorno.
Il giovane è curioso, ma ha paura – quindi decide di concentrarsi sulla proiezione, che ormai è iniziata.
Sono i colori, a prenderlo; non è un fan dei film musicali, neanche quando non sono ufficialmente chiamati “musical”, ma trova che quelle esibizioni si incastrino bene e, inaspettatamente, quando una finisce non vede l’ora che inizi quella dopo. Così va avanti e, scena dopo scena i problemi personali sembrano svanire. Tutti quei “se” che, però, sono sorti negli ultimi mesi, che l’hanno accompagnato come un peso sul petto, rimangono. Irremovibili, quasi; fastidiosi, lo soffocano. Non si può vivere di “se”, ma non crede sia possibile ignorarli.
Se suo padre fosse lì, si sarebbe accorto della gomitata data per sbaglio a quei popcorn che ora si riversano sulle gambe della giovane che siede accanto a lui. Trattiene qualche termine poco educato che minaccia di lasciare le sue labbra e sussurra una scusa, indeciso sul da farsi. Qualcuno dovrà pulire, ma non può mica abbassarsi e iniziare a raccoglierli.
Così torna al film e se lo gode – peggio di quanto avrebbe fatto, qualche anno prima, ben più leggero e soddisfatto delle proprie giornate. Meglio di quanto avrebbe fatto, qualche settimana prima, ancora indeciso su quali scelte siano le migliori. Ha la vita davanti, ha un nuovo mondo da esplorare – e così come i due che ora si scambiano uno sguardo colmo di significato sullo schermo, così lui guarderà per l’ultima volta la casa in cui è cresciuto. Una casa che ama, che ricorderà sempre, che gli mancherà ogni giorno, che talvolta sognerà ed immaginerà di abitare ancora; una casa che gli ha dato tanto, che l’ha cresciuto e che porterà sempre i propri segni sui pilastri e sulle pareti.
Se la sua vita fosse diversa, potrebbe non lasciarla mai – ma non si vive di “se” e forse ha trovato la forza di andare avanti, di lasciare andare il passato. Così aspetta che i titoli di coda terminino, saluta la ragazza con un sorriso e si scusa di nuovo, per l’ennesima volta – e se non dovesse partire nei giorni successivi, le offrirebbe qualcosa per farsi perdonar, magari dar vita ad un’amicizia duratura, significativa; sembra simpatica. In un’altra situazione, potrebbe...ma così non è. La guarda lasciare la sala e, poi, si abbassa a raccogliere i popcorn, pronto a prendersi le proprie (nuove, spaventose) responsabilità.
Suo padre sarebbe fiero di lui.
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Oh heck I forgot to post this here yesterday
I’m doing writeoctober (on Twitter, link here) and I’ve decided to take on a new original project for it! I’ll be updating with the chapters each day (each based on the daily prompt, and however long feels right) on this doc!! Feel free to read, comment, whatever!
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