ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. l’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!
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i miei 17 e 18 anni li ho vissuti su un autobus che partiva alle 17:30 e si dirigeva in una città più grande, ignota. adesso palermo mi sta stretta e mi sembra meno poetica. in quel periodo eravamo in tre... o in quattro? non è importante; c'ero io. ero lì, poco prima di andarmene definitivamente. l'autobus lo raggiungevamo a stento e ci tiravamo dietro le ramanzine del conducente, la vita era frenetica e chiunque fosse intriso dalla mia essenza era perennemente sballottato, in ritardo, rinato. occupavamo i sedili in fondo, quelli del rumore, dell'esaltazione, eravamo trepidi di emozioni, belle e brutte. la scuola andava bene, i compagni componevano uno sfondo piacevole, passavamo le ore buca a cantare e giocare a poker, giovanni cominciava a perdersi in paradisi artificiali come un poeta maledetto e francesco strappava a tutti un sorriso, mi invitava alle feste in cui suonava. io, a loro insaputa, stavo in mezzo, in mezzo all'innocenza e la trasparenza di francesco e in mezzo alla caducità delle droghe come giovanni . i professori mi ritenevano esuberante ma affidabile, svogliata ma acuta. io non stavo molto bene, dentro di me qualcosa stava cambiando per sempre, forse proprio il mio entusiasmo. c'erano delle persone che erano dei porti sicuri e anche se nessuno lo diceva espressamente (nemmeno io), ero il punto di riferimento di tutta quella gente, in gruppo e singolarmente. mi chiedo, però, se mi volessero davvero bene. vittoria sì, vittoria che forse fa sociologia o forse è in francia. in psichiatria mi ha portato il tabacco e mi ha sorriso con sofferenza. alessio, invece, non mi ha mai voluto bene, mi ha sempre e solo voluta. ricordo le tinte rosse, le manic panic fatte contro il parere dei parrucchieri, le serate al cinema, le canne al bastione e gli skateboard sotto braccio. non eravamo ordinari, ma prendevamo la vita in mano. ora mi sembra di non farlo più e non solo palermo è diventata più piccola e austera, non solo io e il mio gruppo ci siamo allontanati, i nostri capelli sono tutti di colori normali e all'università non sono né esuberante né brava, ora tutto sa di languore e decadentismo, di fascismo. qualcosa si spegne irremediabilmente, non vedo che una fiaccola e mi chiedo se è abbastanza per ritornare ad ardere
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5.00 di mattina
ho pensato sbagliato,
per tutto il tempo e poi silenzio.
finalmente un pensiero veloce, puro, non sporco, non ossessivo, non distruttivo,
non mi era mai capitato di pensare giusto.
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il tabacco si è incastrato nella gola e ora non riesco a parlare, quindi scrivo.
il cibo non riesce ad essere relegato in quel luogo scuro e acido che è il mio stomaco. lo sento ribellarsi, dimenarsi.
mi gira la testa e ho gli occhi spalancati. un pittore curioso, un gaugin, ha intinto i polpastrelli nel nero della tavolozza e l'ha messo nelle mie pupille, si sollazza a deturparmi. anche io sto deturpando qualcosa: un libro, delle parole, le sto evidenziando di verde. lolita, mi ha delusa lolita, lo ricordavo meglio.
è tutto obnubilato, non vedo. il pittore deve aver deciso di affondare di nuovo le dita nei miei occhi cagionevoli e adesso è tutto rosso.
sangue, forse. chissà se il mio sangue è sempre uguale dappertutto, chissà se è dello stesso colore delle cadute flautate che avvenivano quando acceleravo in discesa con la bici o di quando cadevo dall'albero di nespole del nonno, chissà se è dello stesso colore dei primi tagli, delle rose, della penna che uso per annotare quello che penso in una copia della nausea di sartre, dello smalto sulle unghie.
odio dover mettere lo smalto, odio dover aspettare che si asciughi, non ho pazienza. odio che se non lo faccio mangio e spezzo strati di pelle lì attorno.
non ho mai avuto una cicatrice fino a 12 anni, in quegli anni ero convinta che nessuno avrebbe saputo, mai. ora non m'importa, non sono un segreto, sono l'opposto, una bara profanata.
ci sono e non ci sono, sto scrivendo. quello sì. senza sosta. però non ricordo di aver scritto il paragrafo precedente. gli uomini sono infelici, lo dice pure bernhard. perché un essere infelice continua a procreare?
non mi piace scrivere per rendere le persone felici, non mi piace scrivere per avere un senso, non mi piace scrivere bene. mi piace scrivere e dare fastidio. sei stato male leggendo post precedenti? bene così, quello volevo, devi provare fastidio. che senso ha leggere qualcosa che non infastidisce? se non ti buca il petto perché lo leggi?
ogni tanto penso di scrivere qualcosa che stupri la mente di chi legge. lo farei, ne fossi capace.
incapace, ecco qual è il problema. l'ha detto anche quel ragazzo, ha detto che non prendo seriamente né il bene né il male, né la droga né la terapia.
il pittore si è stufato.
anche gli alcamesi sono stufi, anche gli italiani. non c'è la boheme qui, siamo in un quadro di hopper e forse non ci sono nemmeno bernhard, gaugin e sartre. c'è solo verga. forse non ci sono nemmeno io e forse nemmeno a me frega un cazzo della piega dittatoriale che sta prendendo la rai.
e se la mia sensibilità fosse solo eccentrica ribellione? "ah sì è così che va? e io estremizzo a forza i tuoi sensi, finché non li percepisci tutti, devono essere una scarica elettrica per la tua mente dormiente"
e non importa se la scarica è
così forte da essere letale,
non m’importa se muori. sarebbe il sacrificio di uno zombie.
mentre lo penso il battito cardiaco comincia a fare una maratona, non dovrei fumare tanto ma sono stressata e ho promesso alla psichiatra di non bere e al dottore che non sarei finita di nuovo in overdose, ho l'ansia, se papà scoprisse che volevo se ne andasse?
ho fallito, ogni cosa che pubblico è un fallimento e voi nemmeno lo sapete, quindi va bene, la società non si accorge del fallimento ma acclama lo spettacolo. acclama l'ennesimo scritto disturbante senza chiedersi come una cosa simile sia potuta nascere. "che persona sana di mente concepirebbe una cosa del genere?" nessuna, nemmeno una.
la cosa che non capisco è: perché addolcisco la pillola? perché m'importa di non mettere a disagio sconosciuti con la mia psiche? voglio rimanerti indigesta.
non sono uscita di casa e non ho mangiato per due mesi la scorsa estate, andavo solo al mare e guardavo film, loro non mi fanno sentire plumbea.
"sei un libro aperto, con quel che dici e quel che fai" ne sei sicuro? e anche se lo fossi, non potresti e non vorresti leggerlo comunque
il cuore martella, non riesco a respirare, rivoglio i miei occhi in ordine. nausea. è colpa del tabacco? è colpa del ragnetto che non riesco ad uccidere? è colpa del caffè latte? è colpa di quella volta in cui le coinquiline hanno chiamato troppo presto i soccorsi?
è colpa mia?
ogni tanto ho lo stesso impulso del protagonista di fight club, quello di rovinare l'arte, distruggerla.
cancellare le poesie, coprire mondrian di nero, decapitare il david, giocare a calcio tra le rovine del tempio dorico di taranto, ricoprire di graffiti la loggia del lionello di udine.
scrivere dell'arte solo per ucciderla.
tutto è un gioco, io sto avendo un attacco di panico da cinque minuti e tu te lo sei pure letto, scusami, non volevo.
voglio una seconda chance, non voglio intimorire, voglio che mi capiscano. voglio che qualcuno si innamori delle mie parole, voglio ammaliare per la magnificenza che può portare il disastro.
sento il fumo in bocca, ho il fumo in bocca. voglio toglierlo, non lo voglio più.
voglio chiedere al pittore maldestro di non deturparmi, voglio smetterla di sentirmi di troppo, voglio che qualcosa mi stupisca invece di anticipare sempre tutto, non voglio che gli altri mi diano un'occhiata e abbassino subito lo sguardo. non voglio parlare e far sentire gli altri stupidi. voglio riuscire a studiare e parlare del perché ami così tanto il mio corso di università e voglio degli amici che amino qualcosa, che amino tutto, che riescano ad amare, voglio dare un'altra possibilità agli stoici e la loro pantomima sulla disciplina.
voglio voglio voglio,
voglio un'altra sigaretta
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non mi faceva scrivere qui, ma si trova sempre il modo di agire per vie traverse
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ogni tanto ho paura che la gente smetta di scrivere libri, ballare, cantare, creare e che il mondo si fermi, non per una sorta di morte termica del sole, ma per il nostro stesso spegnimento
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mamma mi vuole bene, ma non mi capisce. papà potrebbe capirmi, ma non mi vuole bene
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abitudini della mente e del corpo
ho perso aderenza con la realtà, con la vita in tutte le sue forme. con il mio corpo, con il corpo degli altri, con il suono delle parole, con il mio. con la mia casa, la mia stanza... vagabondo, oscillo a fatica fra le strade di una città anonima e aspetto che la tristezza lasci spazio alla rabbia, la rabbia alla solitudine, la solitudine ai silenzi, i silenzi alle urla, nascondendo quest'orchestra di emozioni nel mio sguardo stanco.
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chiese, tante.
pane appena sfornato e angurie su di una fiat bianca, colori esuberanti che confliggono con persone monocromatiche.
uomini anziani, giocano a briscola e borbottano qualcosa
uomini di mezz'età, anche loro borbottano qualcosa... cosa? politica, calcio? tanto è diventato tutto riconducibile a delle dannate tifoserie. hanno ideologie diverse, escono insieme per solidarietà: mario sta per divorziarsi, la moglie l'ha tradito e luca è divorziato da anni, ha tradito la moglie.
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abitudini della mente e del corpo
quand'è che la vita è diventata solo una serie di ridicoli tentativi di sentirmi viva? tutto questo verte unicamente a provare che ancora esisto? che sono qui, da qualche parte. e magari qualcuno passerà e mi troverà. chissà, forse mi troverò anch'io e questo nascondino disordinato avrà fine.
tabacco, alcool, erba, xan, coca, h, keta. e che importa se fa male, fumerei la mia stessa esistenza se i polmoni la reggessero. com'è che si chiamava quel libro di donald norman? la caffettiera del masochista, ecco, sto preparando il caffè.
è così opprimente questo vuoto, questo continuo sbalzo d'eccessi, queste giornate estremizzate, questa vita etilica che prosegue autonomamente come una macchina priva di freni. e sono così spossanti questi attacchi di panico che mi fanno morire per dieci secondi. mi fanno sentire come alle prove generali per prevenire gli incendi a scuola. che succederà quando l'incendio scoppierà sul serio?
da mesi non riesco a dormire, il soffitto bianco diventa una tela da riempire e il corpo fa una rivoluzione tutta sua, il fegato si contorce e le clavicole le sento come denti sul corpo che mordono lasciandomi esausta e spezzettata. le pillole a base di melatonina non fanno effetto e il sonirem mi lascia lo sguardo allucinato per tutto il giorno. ma d'altronde cos'è che fa effetto? cos'è che fa effetto se il dolore non ferisce e l'amore non guarisce?
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di persone e me, parte due. "it's always lonely being free"
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folla di sensazioni, di persone e me. “io voglio male a queste anime incerte”
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"I wish that you liked me"
"of course I love you"
"but do you like me?"

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città grigia
di notte e di giorno
persone grigie in palazzi grigi dormono pur muovendosi, ma non li puoi svegliare, hanno una cosa che si chiama sonnambulismo collettivo

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abitudini della mente e del corpo
ricordo il bastione
veridico e mendace
le notti passate lì a giocarci neuroni, vene, fegato, setti nasali
le tennents a 2.50, il crack dei palazzi rosa, le chesterfield rosse, le winston blu e i succhi di frutta per l'ansia, i tatuaggi fatti con ago e bic. che nietzsche mi disse di trovare la mia linea retta in questo mondo circolare e io ne ho disegnate tre sulla mia pelle e fra queste storie di triangoli e inchiostro sono rimasta solo io; ho intrappolato me stessa in una forma geometrica e adesso pensa di potermi trattenere lì, LUI. e mi tiene stretta, con le radici al posto delle braccia. mi dà un qualcosa in cui stendermi: il masso di cemento sotto il canneto, la panchina... quella accanto all'altalena, ma l'altalena forse non c'è più e ora dubito che sia mai esistita o il tavolo da picnic... chissà cosa direbbe se non fosse un oggetto inanimato, non c'è da stupirsi se ogni tanto lo si ritrova a terra, scomposto. e sì, lo so, lo so... probabilmente sono i soliti bambini che vandalizzano tutto o magari è a terra perché è solo stanco. mi dispiace di averci ballato sopra, di averci scopato, di averci dormito, non volevo sfinirlo. ma ora ho finito, pensavi sarebbe stato per sempre? ho finito, devi disabituarti.
che forse siamo duali come il bastione con il verde degli alberi rigogliosi e quello del vetro delle bottiglie di birra, con i bambini che si arrampicano per scendere giù e giocare e con le persone che si buttano di sotto per farla finita, con i ragazzi che si amano e con quelli che si drogano. e anche se li tagliano, gli alberi continuano a crescere, intorno a bottiglie e persone rotte.
e ricordo lo coniugo al presente, così, come se esistesse solo passato.
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CICLO DI VITA
la vita è un'avventura con un'inizio deciso da altri, una fine non voluta da noi, e tanti intermezzi scelti a caso dal caso.
Roberto Gervaso
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per ogni volta che me la racconto
c'è qualcuno che mi tiene sott'occhio
non voglio sentirmi controllato
perché da solo io mi sento un imbranato
e questo vuoto non mi fa pensare
benvenuti al mio funerale
e 'sto stronzo ce l'ha scritto in faccia
che anche oggi sarà una giornataccia
amo il mondo ma voglio bestemmiare
dentro di me non c'è niente di normale
un matto che vuole scappare
assecondo tutti solo per campare
per ogni volta che mi voglio rialzare
ho sviluppato un modo per non starci male
racconto i miei cazzi ad una donna
non c'è paura e nemmeno la vergogna
ma se ci penso è tanto quel che pa'
siamo diversi, è per questo che ci amiamo
e da tremila frasi fatte
e tremila rose spoglie
assecondi i miei discorsi
a seconda delle tue voglie ma
amo il mondo ma voglio bestemmiare
dentro di me non c'è niente di normale
un matto che vuole scappare
assecondo tutti solo per campare
amo il mondo ma mi fa bestemmiare
dentro di me non c'è nulla da salvare
un matto in un centro commerciale
vi assecondo tutti solo per campare
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