Text
e quindi?
Un testo sull’ ADHD: contesto; fatti; metafora.
contesto. Sono una persona che sta arrivando ai trenta attraverso gli alti e i bassi della vita, dapprima affrontati in autonomia e poi anche no. Per curiosità qualche mese fa ho prenotato un appuntamento allo sportello per la diagnosi dell’ADHD nell’adulto del mio comune. Non è una cosa che si fa su due piedi come andare a fare due passi, lo riconosco, ma mi interessava avere un verdetto. Ho presentato i fatti onestamente, ho portato esempi pro e contro, ho compilato i questionari facendo attenzione a non essere in stati alterati di sorta (anche se la curiosità di come risponderei a prefrontale disattivata è sempre molto forte). Dopo alcuni incontri tra cui un colloquio con i familiari per l’anamnesi remota, la psichiatra ha sottoscritto la sua opinione professionale: secondo gli attuali criteri diagnostici ho (more on this phrasing later, or never) l’ADHD. Se sembra di no è perché ho praticato masking e altre tecniche di compensazione inconsciamente sin dall’infanzia. La diagnosi non mi ha cambiato la vita, arrivare fino a qui non si può fare senza conoscere il contenuto del tuo barattolo; ma avere un’etichetta standard ha comunque delle conseguenze. Ad esempio, la mia università ha acquisito il certificato, permettendomi di richiedere certe accommodations, e ho potuto fare il punto della mia carriera accademica considerando i miei talloni d’Achille e i miei punti di forza. Per la terapia farmacologica bisogna aspettare le liste d’attesa della diagnostica per immagini; speravo fosse prima solo per spuntarla dalla lista delle cose da provare. Negli anni, il mio disagio (i non-abbastanza-sintomi che erano di disagio agli altri) era prima passato sotto ai radar (erano altri tempi) e poi considerato una conseguenza di certe vicissitudini — invece pare fosse vero il contrario: la mia condizione mi ha permesso di attraversare quelle vicissitudini relativamente incolume. Insomma, “è intelligente ma non si applica” avrebbe dovuto essere “sta processando e digerendo cose senza nemmeno rendersene conto, sarebbe giusto che ci mettesse perfino di più a imparare a leggere l’ora” e via discorrendo. La diagnosi non mi ha stravolto la vita come altre diagnosi cliniche invece potrebbero fare, ma insomma in realtà un poco me l’ha cambiata. Mi ha aperto diverse possibilità positive e negative; ne ho parlato con chi so che mi vuole bene; non ne faccio una malattia, anzi ne parlo tranquillamente, e mi osservo sotto nuove prospettive. fatti. Nel pomeriggio di oggi ci siamo trovati per un aperitivo, tra conoscenze ed amici. I rapporti tra di noi si sono tesi e rilassati per varie ragioni nei mesi scorsi; ora non c'erano, che io sappia, screzi attivi. Siamo in questo bar, tre coppie (etero) e io. La discussione parte e va e fa i soliti giri, tra mandare in vacca argomenti seri e prendere seriamente le vaccate - sempre mantenendo toni civili, mai mettendola davvero sul personale tranne che per esempi contingenti, eccetera. I chihuahua, i film della Dreamworks, il concetto di product target nel consumismo, le video reaction su youtube, very controversial opinion tipo "sono innaturali in modo diverso, ma l'omosessualità è più innaturale della pedofilia" (concetto che non condivido e su cui ho strabuzzato gli occhi abbastanza da far cadere il silenzio, argomento che ho affrontato sul momento e che non voglio affrontare qui), innato egoismo umano, egoismo funzionale e comunità e i miei strali contro l'assurda e falsa equivalenza "il tempo è danaro" — giusto per dare un'idea del botta e risposta tra me e due ragazzi. Il terzo e la sua fidanzata erano in disparte, provati dalla giornata; un'altra ragazza non partecipava attivamente alla conversazione ma ascoltava e reagiva; la terza, mia amica più dell'altra, interagiva a random - o mandando in vacca, o rimanendo nei binari, o ricordandomi che sono io che ragiono in modo strano. I due esausti ci hanno lasciati; la conversazione si è tranquillizzata mentre ci spostavamo in un altro locale; ad un certo punto, aspettando le ordinazioni, o dopo che erano arrivate, o non lo so [beshtia la memoria alla mercé delle emozioni] per qualche motivo logico che c'entrava con la conversazione, ho tirato fuori l'ADHD. E arriviamo al punto. Uno dei due ragazzi rimasti, non quello fidanzato con la mia amica, mi chiede: "E quindi? Cioè - cos'è che io posso fare e tu no?" Ho riposto "ma no ma niente, non è il cosa ma il come", la mia amica ha portato l'esempio di quando l'anno scorso a 10 minuti da una deadline e col documento pronto invece di inviarlo stavo mettendomi a fare le pulizie, l'altra, che penso ne studi, ha parlato delle attività neuronali atipiche, e poi ho continuato il discorso con lei sul mio masking precoce e sulle mie fortune al riguardo. Eppure ora, a ripensarci, sto fremendo. Ultimamente mi succede spesso: somatizzo con tremori agli intercostali. "Cos'è che io posso fare e tu no?" Non ho il dono della telepatia. Non posso sapere le sue intenzioni dietro alla domanda e ho imparato a non proiettare. Ma poi ho anche imparato che se ho delle sensazioni sulle situazioni, è perché effettivamente contesto e comunicazione non verbale mi hanno trasmesso certe cose. Quindi, consapevole di non poter sapere come è stata pensata, posso però dire che per come l'ho ricevuta io si poteva parafrasare così: "Voglio che tu mi dia un esempio concreto della tua condizione. Non ci sono cose che io posso fare e tu no, quindi la tua etichetta è insulsa." E questa cosa mi sta dando tantissimo fastidio. Ripeto: non è quello che ha detto. Ripeto: la conversazione è proseguita pacificamente. Tuttavia, ripeto: è stato un metaforico pugno nello stomaco che mi si è conficcato nel cervello. Anche perché poco dopo un altro commento è stato: "La gente non dovrebbe sapere se ha una malattia, se no poi si giustifica e basta." Sì, non ha specificato malattia mentale. Sì, perplessità a pacchi. Però non tanto quanto il fastidio che mi ha dato la prima domanda. Quindi ho cercato di capire. Non mi interessa capire perché lui l'abbia detta, perché in quel modo, perché non qualcos'altro. Ho cercato di capire come mai quella frase abbia dato fastidio a me. E credo di averlo capito: la metafora. nasci con una particolare combinazione di geni per cui i tuoi muscoli a parità di zuccheri consumati e acido lattico prodotto, sviluppano meno forza. per compensare bruciano più zuccheri e fanno più acido lattico — in soldoni, lo stesso movimento rende più affaticati durante e più indolenziti poi. per trent'anni vivi nel tuo corpo; sai che deve fare più attenzione al riscaldamento e allo stretching, devi per forza portarti dietro del cibo se vuoi fare una corsetta per scaricare lo stress, sei estremamente consapevole dei tuoi limiti e hai imparato delle modalità per aggirarli. per curiosità vai da un luminare dei muscoli, che dopo le dovute analisi e procedure diagnostiche ti dice che in effetti si tratta di una forma di X: l'esercizio fisico aiuta, e certi integratori, e si può valutare di passare col servizio sanitario nazionale un aiuto alla deambulazione, per evitare affaticamenti non necessari, e... fino ad ora è andato tutto bene, ora è meglio tenere d'occhio la situazione. E mentre corri per strada ma col pulsiossimetro sapendo che poi ti aspetta quel defaticamento lì perché oggi hai mangiato più questo che quello — tutta roba che facevi anche prima ma a sentimento, ora con più consapevolezza — mentre corri incontri un tizio che conosci. lo saluti, gli dici che ora non sgarri con i minuti eheh, avendo X le cose vanno fatte con criterio e lui ti dice "Ma tanto un oro nella corsa alle paralimpiadi lo puoi prendere esattamente come io posso prendere un oro nella corsa alle olimpiadi, no? e poi se non lo sapevi che era X magari salivi sul podio alle olimpiadi! forse era meglio non saperlo"
8 notes
·
View notes
Text
Un Pozzo urbano in attività. Ogni quartiere deve avere un pozzo; la legge però definisce un quartiere in termini di cubatura abitabile, e così molto spesso i grandi palazzi dei ricchi hanno un proprio pozzo, se non addirittura più d'uno. [da Cronache dei viaggi nelle Terre Incognite]
0 notes
Text
Perfavore
...Fermo lì a guardarlo, fermo lì a guardarmi/ Dinamite anche sotto il suo culo, dinamite dappertutto/ Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento/ Avresti detto che lo sapeva che sarei arrivato, come sapeva sempre le note che avresti suonato e... / Con quella faccia invecchiata, ma in un modo bello, senza stanchezza/ Niente luce, sulla nave, c'era solo quella che filtrava da fuori, chissà la notte, com'era/ Le mani bianche, la giacca ben abbottonata, le scarpe lucide/ Mica era sceso, lui/
Nella penombra, sembrava un principe/ Mica era sceso, sarebbe saltato insieme a tutto il resto, in mezzo al mare/ Gran finale, con tutti a guardare, dal molo, e da riva, il grande fuoco d'artificio, adieu, giù il sipario, fumo e fiamme, un'onda grande, alla fine/ Danny Boodmann T.D. Lemon/ Novecento/ In quella nave ingoiata dal buio, l'ultimo ricordo di lui è una voce, quasi soltanto, adagio, a parlare/ / / / / / (L'attore si trasforma in Novecento) / / / / Tutta quella città... non se ne vedeva la fine... / La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? / E il rumore/ Su quella maledettissima scaletta... era molto bello, tutto... e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c'era problema/ Col mio cappello blu/ Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino/ Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino/ Primo gradino, secondo/ Non è quel che vidi che mi fermò/ È quel che non vidi/ Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi... lo cercai ma non c'era, in tutta quella sterminata città c'era tutto tranne/ C'era tutto/ Ma non c'era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo/ Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu/ Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me/ Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi/ Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita/ Se quella tastiera è infinita, allora/ Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio/ Cristo, ma le vedevi le strade? / Anche solo le strade, ce n'era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una/ A scegliere una donna/ Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire/ Tutto quel mondo/ Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce/ E quanto ce n'è/ Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla... / Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò. Lasciatemi tornare indietro. Perfavore/ / / / / / Adesso cerca di capire, fratello. Cerca di capire, se puoi/ Tutto quel mondo negli occhi/ Terribile ma bello/ Troppo bello/ E la paura che mi riportava indietro/ La nave, di nuovo e per sempre/ Piccola nave/ Quel mondo negli occhi, tutte le notti, di nuovo/ Fantasmi/ Ci puoi morire se li lasci fare/ La voglia di scendere/ La paura di farlo/ Diventi matto, così/ Matto/ Qualcosa devi farlo e io l'ho fatto/ Prima l'ho immaginato/ Poi l'ho fatto/ Ogni giorno per anni/ Dodici anni/ Miliardi di momenti/ Un gesto invisibile e lentissimo. / Io, che non ero stato capace di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per
ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio. Non sono pazzo, fratello. Non siamo pazzi quando troviamo il sistema per salvarci. Siamo astuti come animali affamati. Non c'entra la pazzia. È genio, quello. È geometria. Perfezione. I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli, ma non ci son riuscito. Allora li ho incantati. E a uno a uno li ho lasciati dietro di me. Geometria. Un lavoro perfetto. Tutte le donne del mondo le ho incantate suonando una notte intera per una donna, una, la pelle trasparente, le mani senza un gioiello, le gambe sottili, ondeggiava la testa al suono della mia musica, senza un sorriso, senza piegare lo sguardo, mai, una notte intera, quando si alzò non fu lei che uscì dalla mia vita, furono tutte le donne del mondo. Il padre che non sarò mai l'ho incantato guardando un bambino morire, per giorni, seduto accanto a lui, senza perdere niente di quello spettacolo tremendo bellissimo, volevo essere l'ultima cosa che guardava al mondo, quando se ne andò, guardandomi negli occhi, non fu lui ad andarsene ma tutti i figli che mai ho avuto. La terra che era la mia terra, da qualche parte nel mondo, l'ho incantata sentendo cantare un uomo che veniva dal nord, e tu lo ascoltavi e vedevi, vedevi la valle, i monti intorno, il fiume che adagio scendeva, la neve d'inverno, i lupi la notte, quando quell'uomo finì di cantare finì la mia terra, per sempre, ovunque essa sia. Gli amici che ho desiderato li ho incantati suonando per te e con te quella sera, nella faccia che avevi, negli occhi, io li ho visti, tutti, miei amici amati, quando te ne sei andato, sono venuti via con te. Ho detto addio alla meraviglia quando ho visto gli immani iceberg del mare del Nord crollare vinti dal caldo, ho detto addio ai miracoli quando ho visto ridere gli uomini che la guerra aveva fatto a pezzi, ho detto addio alla rabbia quando ho visto riempire questa nave di dinamite, ho detto addio alla musica, alla mia musica, il giorno che sono riuscito a suonarla tutta in una sola nota di un istante, e ho detto addio alla gioia, incantandola, quando ti ho visto entrare qui. Non è pazzia, fratello. Geometria. È un lavoro di cesello. Ho disarmato l'infelicità. Ho sfilato via la mia vita dai miei desideri. Se tu potessi risalire il mio cammino, li troveresti uno dopo l'altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno mai ho raccontato se non a te/ / / (Novecento si allontana verso le quinte)
0 notes
Text
otto anni dopo, un incidente l'ho fatto davvero. nessun ferito, nessun familiare coinvolto, il tir non si è fermato, era di notte in autostrada. magari un giorno provo a scriverlo.
lucidità
Se serve che stia dritta puoi metterla qui dietro invece che in bagagliaio, aveva detto, sì, ma non ci sta, aveva risposto, prima che - trltrltrTAK - portasse avanti il sedile. Ora lo schienale del guidatore e il sedile posteriore erano separati da venticinque chili di valigia e da nemmeno un grammo d'aria. Se facciamo un incidente rido, aveva detto, rendendosi conto che l'istruzione superiore non ce la si scolla di dosso veramente mai, e chiedendosi se avere anche il filtro a masse e forze nelle opzioni dei suoi occhiali mentali fosse più un bene, o più un peggio. Ora al lato passeggero c'è sangue. Al lato guidatore forse anche. I finestrini dei sedili posteriori sono oscurati. La madre non si vede. La sorella non si sente. La moviola mentale si incallisce a ripetere il botto, dando torto all'autobus. Quale pensiero cosciente da torto a se stesso quand'è consapevole che la mortalità entro mezz'ora è di novantanove a uno? L'urto da sinistra, l'Aah! della sorella. La madre che lascia il volante a cui l'attimo prima si era tenacemente avvinghiata a distanza di sicurezza - bicipiti e tricipiti e grandi dorsali e quadricipiti e poplitei e glutei - e si gira - disapprovato da ogni tipo di logica, a posteriori - mentre da destra si avvicina un palo. Bellissimo. Fissa attentamente il palo. Tienilo d'occhio. L'airbag a tendina di destra non si gonfierà per almeno due motivi, il manuale dell'auto è chiaro. La centralina non si attiva per un urto secondario, la centralina non rileva un urto puntiforme. Come cazzo si fa a pensare che quello che ti sta per ammazzare è bellissimo. Chissà che ti sta passando, letteralmente, per il cervello. L'adrenalina la sanno tutti, ma non fa dire che un palo è bellissimo. Avresti dovuto passare quel'esame l'anno scorso. Se l'avessi passato, avresti saputo. Che differenza avrebbe fatto? Nessuna. Ma sul metallo si riflette il sole alle vostre spalle, e ti accorgi del silenzio. La sorella non si sente. Davvero l'urto aveva vinto del tutto gli attriti della valigia? Improbabile. Riflessi nella norma, forse il grido era la spalla sinistra slogata. Oppure una botta a ghigliottina sul ginocchio sinistro, magari il femore rotto, e poi era solo svenuta. Ecco perché il palo era bellissimo. Perché la traiettoria lo porta al tuo finestrino - trentacinquevariabile per cinquantavariabile, spessore duemillimetri e un tot, densità omogenea ai fini sperimentali, curvatura raggio boh, un metro e mezzo? tre metri? - che comincia a incrinarsi dal basso. Il braccio destro non c'è a salvare la testa, dove cazzo è finito, dove cazzo l'hai ficcato il braccio destro oggi che ti serve. Mesencefalo, turpiloquio, enkefaline. Sicura? Tanto quell'esame non lo dovrai più passare. C'è la mano sinistra, però, e il tutto diventa un facepalm goffo con capocciata su pilone. Centro, ospedale, tangenziale, stazione graziealcazzocisiamodavanti, tutte le direzioni. Inclusa la sua direzione attuale, dritta contro. La mano non basta, e dagli occhi strizzati e dal setto nasale arriva il freddo e arriva il male, e - sorpresa! - il niente, non senti più un cazzo. Vetro, fratture, botte, tagli, puoi solo indovinare. Però il braccio destro si rifà vivo con la sua parte di dolore, tra spalla e gomito, mentre la mano che c'è in fondo intercetta una testa che sembra ancora attaccata al suo collo ma è ciondoloni, e le impedisce di crepare il suo finestrino. Cosa che fanno dunque le tue nocche. Ecco dov'era il braccio destro. Come fai ad aver battuto così forte il braccio contro la colonna delle portiere, fa così male, mica avrai rotto anche l'omero - dai, va ben tutto purché non un nervo - ora l'ascella si appoggia al tuo sedile e il fatto stesso che tu sia riuscita a tuffarti tra la parete dell'abitacolo e il tuo poggiatesta senza slogarlo è un mezzo miracolo - ma no, davvero, quanto cazzo andava forte quel bus? Stava almeno frenando o era una cazzo di partita di flipper? Basta cazzi, risparmiateli per dopo. Per dopo. Quanta speranza, cazzo. Ora?! che cazzo succede!? Ora si torna indietro. A sinistra! Tutti insieme! No, non sei mai stata in
un camping, non inventarti le cose. E il ferro si piega, non rimbalza. Non siete ancora state schiacciate da un bus in carica, ergo ha frenato, ergo la botta al braccio è perché lì c'è un maniglione, e l'elasticità di questo secondo urto deve venire da qualcosa di elastico tucur. Le gomme. Le ruote. La mano destra ha ancora addosso molto peso della testa ciondoloni. Non è rotolata via quindi è certamente ancora attaccata dove dovrebbe. E vuol dire che il davanti sta tornando più indietro del dietro. Le ruote anteriori. Le ruote anteriori di taglio contro il cordolo. La madre non si vede. Quando ha fatto un controsterzo? Ricordati i rumori. Controsterzo uguale vigile, cosciente, attiva, reattiva. Anzi, non ricordarti i rumori. Non serve, perché un'inchiodata può essere ragionata o un'iperestensione sui pedali da lesione grave delle vie motorie. Merda. Siamo fermi. Siamo ferme, finalmente. Dal finestrino aperto entra aria fresca, e sembra arrivare solo adesso. Aperto? Non dirti bugie. Dal finestrino distrutto passa aria. Respiri e ti fa male. Un tuo mignolo sulla sua tempia e un tuo pollice sotto al suo orecchio non le serviranno a nulla, ora: puoi riprenderti il tuo braccio destro. Ci scappa anche una carezza in avvitamento, sai mai che. Braccio destro che a differenza della sua stessa mano non risponde, e che comunque non passa tra auto e sedile. Braccio sinistro? C'è. Dunque. Con ordine. Mano sinistra - leva sotto al sedile, per fortuna scorrono bene, basta fare forza con la mano destra per spingerti avanti. Tlak. Braccio destro di nuovo a rapporto. Con ordine. Maniglia, vaffanculo blocco del cazzo, contento adesso?, maniglia, e cazzo! la portiera è bloccata. Peso morto a destra? Peso morto. Tanto, peggio di così. E dai. Cazzo. Apriti. Le macchinette delle merendine bloccate. A. Pri. Andata. Aperta. Con ordine. Mano sinistra, cintura. Non ti lamentare, ora, un graffio sul collo è meglio che il cervello sul parabrezza. E smettila, fosse stata a quattro punti ora avresti il collo rotto. Perché, è intero? Scema, le braccia le muovi. Da quant'è che non respiri, cara? Dovresti provare, dicono che faccia bene. Oh, giusto, forse in effetti nel tuo caso no. La cintura scatta. Buongiorno, gambe! Ci siete? Boh. Esserci ci sono, ma boh. Merda. Poteva andare peggio, in fondo è solo asfalto. Cadi. Su, cadi.
La madre non si vede, la sorella non si sente.
Rialzati. Alzati. Su, alzati.
Rivolgo al cielo pezzi miei. Un gomito, il sinistro. Il culo, tutto. Che poesia. Il piede sinistro, che seppur ancora attaccato alla gamba ha deciso di restare in macchina. Rivolgo alla terra una mano, la sinistra. Una guancia, l'altra. Non ho forza abbastanza. Cazzo.
E nel silenzio delle quattro, una risata sghemba.
1 note
·
View note
Text
lucidità
Se serve che stia dritta puoi metterla qui dietro invece che in bagagliaio, aveva detto, sì, ma non ci sta, aveva risposto, prima che - trltrltrTAK - portasse avanti il sedile. Ora lo schienale del guidatore e il sedile posteriore erano separati da venticinque chili di valigia e da nemmeno un grammo d'aria. Se facciamo un incidente rido, aveva detto, rendendosi conto che l'istruzione superiore non ce la si scolla di dosso veramente mai, e chiedendosi se avere anche il filtro a masse e forze nelle opzioni dei suoi occhiali mentali fosse più un bene, o più un peggio.
Ora al lato passeggero c'è sangue. Al lato guidatore forse anche. I finestrini dei sedili posteriori sono oscurati. La madre non si vede. La sorella non si sente. La moviola mentale si incallisce a ripetere il botto, dando torto all'autobus. Quale pensiero cosciente da torto a se stesso quand'è consapevole che la mortalità entro mezz'ora è di novantanove a uno? L'urto da sinistra, l'Aah! della sorella. La madre che lascia il volante a cui l'attimo prima si era tenacemente avvinghiata a distanza di sicurezza - bicipiti e tricipiti e grandi dorsali e quadricipiti e poplitei e glutei - e si gira - disapprovato da ogni tipo di logica, a posteriori - mentre da destra si avvicina un palo. Bellissimo. Fissa attentamente il palo. Tienilo d'occhio. L'airbag a tendina di destra non si gonfierà per almeno due motivi, il manuale dell'auto è chiaro. La centralina non si attiva per un urto secondario, la centralina non rileva un urto puntiforme. Come cazzo si fa a pensare che quello che ti sta per ammazzare è bellissimo. Chissà che ti sta passando, letteralmente, per il cervello. L'adrenalina la sanno tutti, ma non fa dire che un palo è bellissimo. Avresti dovuto passare quel'esame l'anno scorso. Se l'avessi passato, avresti saputo. Che differenza avrebbe fatto? Nessuna. Ma sul metallo si riflette il sole alle vostre spalle, e ti accorgi del silenzio. La sorella non si sente. Davvero l'urto aveva vinto del tutto gli attriti della valigia? Improbabile. Riflessi nella norma, forse il grido era la spalla sinistra slogata. Oppure una botta a ghigliottina sul ginocchio sinistro, magari il femore rotto, e poi era solo svenuta. Ecco perché il palo era bellissimo. Perché la traiettoria lo porta al tuo finestrino - trentacinquevariabile per cinquantavariabile, spessore duemillimetri e un tot, densità omogenea ai fini sperimentali, curvatura raggio boh, un metro e mezzo? tre metri? - che comincia a incrinarsi dal basso. Il braccio destro non c'è a salvare la testa, dove cazzo è finito, dove cazzo l'hai ficcato il braccio destro oggi che ti serve. Mesencefalo, turpiloquio, enkefaline. Sicura? Tanto quell'esame non lo dovrai più passare. C'è la mano sinistra, però, e il tutto diventa un facepalm goffo con capocciata su pilone. Centro, ospedale, tangenziale, stazione graziealcazzocisiamodavanti, tutte le direzioni. Inclusa la sua direzione attuale, dritta contro. La mano non basta, e dagli occhi strizzati e dal setto nasale arriva il freddo e arriva il male, e - sorpresa! - il niente, non senti più un cazzo. Vetro, fratture, botte, tagli, puoi solo indovinare. Però il braccio destro si rifà vivo con la sua parte di dolore, tra spalla e gomito, mentre la mano che c'è in fondo intercetta una testa che sembra ancora attaccata al suo collo ma è ciondoloni, e le impedisce di crepare il suo finestrino. Cosa che fanno dunque le tue nocche. Ecco dov'era il braccio destro. Come fai ad aver battuto così forte il braccio contro la colonna delle portiere, fa così male, mica avrai rotto anche l'omero - dai, va ben tutto purché non un nervo - ora l'ascella si appoggia al tuo sedile e il fatto stesso che tu sia riuscita a tuffarti tra la parete dell'abitacolo e il tuo poggiatesta senza slogarlo è un mezzo miracolo - ma no, davvero, quanto cazzo andava forte quel bus? Stava almeno frenando o era una cazzo di partita di flipper? Basta cazzi, risparmiateli per dopo. Per dopo. Quanta speranza, cazzo. Ora?! che cazzo succede!? Ora si torna indietro. A sinistra! Tutti insieme! No, non sei mai stata in
un camping, non inventarti le cose. E il ferro si piega, non rimbalza. Non siete ancora state schiacciate da un bus in carica, ergo ha frenato, ergo la botta al braccio è perché lì c'è un maniglione, e l'elasticità di questo secondo urto deve venire da qualcosa di elastico tucur. Le gomme. Le ruote. La mano destra ha ancora addosso molto peso della testa ciondoloni. Non è rotolata via quindi è certamente ancora attaccata dove dovrebbe. E vuol dire che il davanti sta tornando più indietro del dietro. Le ruote anteriori. Le ruote anteriori di taglio contro il cordolo. La madre non si vede. Quando ha fatto un controsterzo? Ricordati i rumori. Controsterzo uguale vigile, cosciente, attiva, reattiva. Anzi, non ricordarti i rumori. Non serve, perché un'inchiodata può essere ragionata o un'iperestensione sui pedali da lesione grave delle vie motorie. Merda. Siamo fermi. Siamo ferme, finalmente. Dal finestrino aperto entra aria fresca, e sembra arrivare solo adesso. Aperto? Non dirti bugie. Dal finestrino distrutto passa aria. Respiri e ti fa male. Un tuo mignolo sulla sua tempia e un tuo pollice sotto al suo orecchio non le serviranno a nulla, ora: puoi riprenderti il tuo braccio destro. Ci scappa anche una carezza in avvitamento, sai mai che. Braccio destro che a differenza della sua stessa mano non risponde, e che comunque non passa tra auto e sedile. Braccio sinistro? C'è. Dunque. Con ordine. Mano sinistra - leva sotto al sedile, per fortuna scorrono bene, basta fare forza con la mano destra per spingerti avanti. Tlak. Braccio destro di nuovo a rapporto. Con ordine. Maniglia, vaffanculo blocco del cazzo, contento adesso?, maniglia, e cazzo! la portiera è bloccata. Peso morto a destra? Peso morto. Tanto, peggio di così. E dai. Cazzo. Apriti. Le macchinette delle merendine bloccate. A. Pri. Andata. Aperta. Con ordine. Mano sinistra, cintura. Non ti lamentare, ora, un graffio sul collo è meglio che il cervello sul parabrezza. E smettila, fosse stata a quattro punti ora avresti il collo rotto. Perché, è intero? Scema, le braccia le muovi. Da quant'è che non respiri, cara? Dovresti provare, dicono che faccia bene. Oh, giusto, forse in effetti nel tuo caso no. La cintura scatta. Buongiorno, gambe! Ci siete? Boh. Esserci ci sono, ma boh. Merda. Poteva andare peggio, in fondo è solo asfalto. Cadi. Su, cadi.
La madre non si vede, la sorella non si sente.
Rialzati. Alzati. Su, alzati.
Rivolgo al cielo pezzi miei. Un gomito, il sinistro. Il culo, tutto. Che poesia. Il piede sinistro, che seppur ancora attaccato alla gamba ha deciso di restare in macchina. Rivolgo alla terra una mano, la sinistra. Una guancia, l'altra. Non ho forza abbastanza. Cazzo.
E nel silenzio delle quattro, una risata sghemba.
1 note
·
View note
Text
Se bastano poche parole lette di sfuggita su un Com-pal per farmi perdere contatto con il presente – si chiese Mag – mi merito questo vento nei capelli? Se lascio che le interminabili ore passate in quella stiva si sovrappongano a queste sere di libertà e ne prendano il posto, non sto in qualche modo, io stessa, rendendo quella sofferenza eterna, capace di inseguirmi in ogni angolo dell'universo?
I suoi angoli di meraviglia ora erano cose semplici: sorvolavano una città più o meno una volta al giorno; meno spesso incrociavano un banco di dwok; e una volta uno dwo cucciolo si era soffermato sul ponte. Aveva avuto passatempi ben più divertenti che riconoscere gli strati rocciosi al tramonto! – si diceva – ma nessuno di essi aveva portato ad altro che sofferenza. Le acrobazie con le ali corte legata a poppa della vecchia Farrell le mancavano, certo, e ancora di più la risata di Selto che le giungeva dalla cabina di comando mentre le serviva angoli di vento sempre maggiori. Selto: e in un attimo vedeva di nuovo il suo sguardo vacuo di quella sera quando tutto era cambiato. Mag non avrebbe più cavalcato l'aria per molto, molto tempo. Quando aveva provato nella sua nuova vita il solo avvicinarsi alla balaustra indossando l'imbragatura l'aveva fatta stare male. I ragazzi l'avevano schernita, come spesso facevano prima della tormenta; ma il capitano l'aveva guardata preoccupato e le aveva concesso di passare il resto della giornata in cabina. Il capitano Gonzek le spiegava sempre le città dall'alto, e vederlo raccontare significava vivere in prima persona le leggende e le peggiori storie da avieri del quadrante. Un luccichìo abbagliante la riscosse dai ricordi, e rapidamente segnalò il codice di carico accendendo a intermittenza la lanterna di prua alla sentinella del faro che stavano superando. Era ormai sera, e l'aria addosso non era più piacevole, ma per scendere sottocoperta doveva aspettare di aver segnalato l'uscita al prossimo faro. Desiderò per un attimo che il capitano arrivasse a farle compagnia, come qualche altra volta, e che mettendole un braccio sulle spalle si chinasse ad indicarle con l'altra mano le direzioni di meraviglie che un giorno avrebbero sorvolato. Ma il capitano era al suo tavolo, ne vedeva la sagoma robusta attraverso il vetro frontale, probabilmente intento a rimuginare sui disordini di cui erano recentemente venuti a conoscenza. Un piccolo brivido le ricordò che anche Fowell le aveva fatto spesso compagnia. Si strinse nelle spalle e piantò gli occhi all'orizzonte. Quel dannato faro non poteva essere ancora distante. [da Cronache dei viaggi nelle Terre Incognite]
0 notes
Text
Albero fruttifero [Fruit bearing tree], costume per il balletto Il Vello d'Oro: una fantasia alchemica [The Golden Fleece: an alchemistic fantasy], Kurt Seligmann, 1940
Seligmann era così orgoglioso dei suoi costumi che essi vennero inclusi nella sua esibizione alla Nierendorf Gallery, nell'aprile del 1941. Purtroppo, nel suo desiderio di vedere il "significato mistico" della sua arte prendere vita nella danza, Seligmann sembra aver tralasciato ogni riguardo per la mobilità e la sicurezza dei ballerini, i quali vennero da lui avviluppati con stoffe e trafitti da puntine, limitando la loro visuale e smorzando l'espressività dei loro movimenti. Alcuni ballerini lasciarono la compagnia dopo il tour. [Seligmann was so proud of his costumes that they were included in his exhibition at the Nierendorf Gallery in April 1941. Alas, in his desire to see the “mystic meaning” of his art come to life in the dance, Seligmann seems to have set aside concerns about the mobility and safety of the dancers, whom he swathed in fabric and pierced with pins, limiting their visibility and dampening the expressivity of their movements. Some dancers even quit the company after the tour. source: http://rmc.library.cornell.edu/.../nineteenforties.html, last paragraph] ______________________ Immagina di essere un Giudice, obbligato a giudicare la situazione: due Artisti a confronto. Esagera chi spinge il limite una puntina alla volta? O chi una volta scelto il limite su cui danzare non si rende conto che tutti i confini dell'uomo sono lo stesso confine? Non se ne viene a capo. Due Uomini a confronto ne sarebbero venuti a capo da soli, in qualche modo. I titoli privi di significato rendevano il mondo un posto peggiore anche nel 1940. [da Cronache dei viaggi nelle Terre Incognite]
0 notes
Text
"Non c'è mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione" è una frase a quattro settori. Il primo di essi si riconosce dal perentorio 'non mai' e forse anche dalla metrica cantilenante: è lo strato semanticamente brillante, nitido, che ricorda come ogni errore sia per sempre — è un piccolo riflesso accecante dove non ti aspetti di trovarne. Il secondo settore si rivela dopo che si prende familiarità con le prime parole che la compongono. Si tratta di una verità banale, in buona sostanza lapalissiana: non c'è mai una seconda occasione, per nulla. A parte qualche considerazione sul tempo che lasciamo alla filosofia passata e futura, questa porzione lancia direttamente alla successiva — se il significato della prima parte è cambiato osservandola separatamente, facendolo con la seconda cosa si otterrà? Nulla. Semplicemente si concentra l'attenzione quel tanto che basta per rendersi conto che si parla di prima impressione, e cambiare la prospettiva svoltando l'angolo verso il quarto settore, che si può riassumere in: e la seconda impressione? e la terza? e i Marò? Davvero siete convinti che in un mondo in cui sappiamo che tutto è l'impressione che noi ne ricaviamo, e in cui una frase da dodici parole ha almeno tre strati sotto la superficie, alle persone debba essere concessa una sola esposizione allo sguardo da cui ricavare una singola fotografia - di cui ritenersi eternamente soddisfatti? [da Cronache dei viaggi nelle Terre Incognite]
0 notes
Text
Si stanno avvicinando. Il vecchio si volta: — Su, svelta. Non sta andando piano, era solo una scusa per girarsi e poter vedere come stava. Lei riabbassa lo sguardo sugli scarponi inzaccherati e continua a camminare. Fango su fango, da anni. Passo dopo passo, nel fango dall’alba. Sono arrivati, ora, un paio d’ore ancora e saranno ai primi capannoni. Il capo si ferma, si volta e prende per mano il bambino. Gli sorride, sospirando. Guarda il vecchio e la donna, non sorride più. — Arrivano. Da una parte il canale, profilati in cemento, nessuna roccia con cui confondere i rilevatori. Dall’altra campi, a perdita d’occhio. Tornano indietro.
0 notes
Text
le parole giuste
26 marzo 2020
SARS Severe Acute Respiratory Syndrome Sindrome Respiratoria Acuta Grave
COVID COronaVIrus Disease. Influenza; in casi più gravi, insorgenza di SARS (o MERS).
MERS Middle Eastern Respiratory Syndrome Sindrome Respiratoria Mediorientale. Sintomi: febbre, tosse, difficoltà a respirare. Meno frequenti: nausea, diarrea/vomito, insufficienza renale acuta, polmoniti. Si chiama MERS solo perché si è diffusa partendo dal Medioriente.
MERS-CoV Virus di tipo CoronaVirus responsabile della MERS. Probabile la sua provenienza da animali della Penisola Arabica. MERS-CoV è stato riscontrato in cammelli in diversi Paesi.
Aviaria (H5N1 / “HN51”) "Verosimilmente tutte le specie aviarie sono suscettibili di infezione e tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere gli uccelli il crogiolo evolutivo di origine di tutti i virus influenzali che si sarebbero adattati nel corso di milioni di anni. Gli uccelli selvatici sono i serbatoi naturali (reservoir) del virus, in particolare le specie acquatiche, nei quali circolano tutti i sottotipi conosciuti di Orthomyxovirus di tipo A." "Sebbene il virus influenzale umano derivi, filogeneticamente dal virus influenzale aviario, cioè ne sia una forma modificata abile all'infezione umana, fino al 1997 non erano mai stati descritti o dimostrati casi di trasmissione diretta da uccelli a umani. Il virus aviario può passare agli umani per cause principalmente professionali." [Se vi garba, è tutto preso dalla pagina di Wikipedia "Influenza Aviaria".] Oltre ad H5N1, hanno fatto il salto di specie anche H7N7 (Paesi Bassi, 2003), H9N2 (Hong Kong, 1998-99), e H7N2 e H7N3 (Nord America, 2002-04).
Suina (H1N1 / A-H1N1) A partire dal marzo del 2009 un virus di aviaria incubato da suini ha contagiato degli esseri umani ed è stata dimostrata inoltre la trasmissione da essere umano ad essere umano, diffondendosi in più di 80 paesi. Non vi sono ancora dati certi, ma è dal 1977 che il virus accompagna l'influenza stagionale. Sembra che i sintomi del 2009 siano stati diversi a seconda delle zone in cui il virus si è attivato. Mentre nella zona di probabile origine, in Messico, si è manifestata una sintomatologia con infezioni respiratorie, negli Stati Uniti si sono presentati vomito e problemi gastroenterici. [Sempre Wikipedia, stavolta “Influenza Suina”]
SARS-CoV-1 / SARS-Cov Virus di tipo CoronaVirus (che ha causato un contagio diffuso a più nazioni dal 2002 al 2003, "La Sars") Sintomi: febbre, stanchezza estrema, mal di testa, brividi, dolore muscolare, perdita di appetito, diarrea. Successivamente: tosse secca, difficoltà a respirare, ipossia (da qui il quadro di SARS).
SARS-CoV-2 Virus di tipo CoronaVirus responsabile della COVID-19, una SARS causata da CoronaVirus identificata nel 2019 e a marzo 2020 considearata pandemia globale. Sintomi: variabili. Al termine del periodo di incubazione, di durata variabile da 1 a 14 giorni, i sintomi possono essere: - nessun sintomo; - sintomi influenzali lievi; - febbre, tosse, difficoltà a respirare (SARS); - nei casi più gravi il virus attacca direttamente il tessuto polmonare, causando linfopenia e immagini diagnostiche pari a polmonite diffusa. Le principali differenze con SARS-CoV-1 sono la diversa infettività in rapporto ai sintomi (maggior causa di diffusione i vettori asntomatici) e qualche discrepanza nella resistenza sulle superfici.
0 notes
Text
Internazionale n°1098 17 aprile 2015
Uno dei capi di governo meno amati nella storia dall'Australia è stato recentemente accusato di aver comprato dei like su Facebook. È uscito fuori che nel giro di una notte 40.000 giovani indiani avevano cominciato a seguirlo. Il governo australiano spende ogni anno 4,3 milioni di dollari per analizzare come le sue politiche sono accolte sui social network. Il gabinetto di Tony Abbott assicura però che i like erano "spontanei", e dovuti a un selfie con il primo ministro indiano, il "divo" Narendra Modi. Dato che la tv e i giornali sono sempre più irrilevanti, i governi riescono a controllare di meno com'è raccontata la realtà. Per questo paesi come Israele, il Regno Unito e la Cina addestrano eserciti di divulgatori di propaganda online. Soldati che sul web si presentano come cittadini imparziali, e intanto cercano di orientare il dibattito a favore dello stato. Il governo israeliano offre borse di studio agli studenti che accettano di postare commenti filoisraeliani online; gli studenti sono invitati a non dire che sono pagati dallo Stato.
"Internet è un teatro, e noi dobbiamo essere attivi in questo teatro; altrimenti perderemo." - Ilan Shturman, responsabile del progetto.
Seguendo l'esempio, il Regno Unito ha formato 15.000 soldati: ognuno di loro deve pubblicare continuamente commenti dedicati all'Impero, usando il proprio profilo personale di "cittadino". Un portavoce dell'esercito britannico ha dichiarato di recente:
"Oggi le azioni belliche possono essere eseguite in modi non necessariamente violenti."
Queste tattiche sono chiamate "guerra non letale" o "operazioni psicologiche".
Il governo cinese è stato accusato di aver creato dei falsi profili twitter attribuiti ad oscure celebrità, alcune delle quali morte, per vantare i benefici umanitari della dominazione cinese sul popolo tibetano. Negli Stati Uniti la CIA ha creato un profilo Twitter nel giugno del 2014, per dare un volto più umano all'agenzia. Nel giro di un'ora l'agenzia ha attirato 50.000 follower. Spesso tentare di migliorare la propria immagine è controproducente. Per migliorare i rapporti con i cittadini, la polizia di New York li ha invitati a condividere su Twitter delle foto in cui sorridono accanto a dei poliziotti usando l'hashtag #myNYPD: c'è chi l'ha fatto. Ma molti altri hanno sabotato l'hashtag inondando Twitter di foto di abusi della polizia. Tornando all'Australia, quando la popolarità del premier Tony Abbott ha continuato a calare, i suoi 37 esperti in comunicazione hanno creato l'hashtag #iostoconTony. È diventato rapidamente l'hashtag più popolare del paese, ma per i motivi sbagliati.Sotto assedio, Abbott ha reagito:
"I social network sono come dei graffiti elettronici...voi giornalisti sbagliate a dare troppa importanza ai social network...non parlereste mica delle scritte sui muri."
Ma più passa il tempo e più viviamo in questa architettura digitale, e a quanto pare i cittadini non sono più gli unici a usare le bombolette.
0 notes
Text
Guida alla comicità per analfabeti funzionali
⑧ = COMICITÀ: È SOGGETTIVA E DIPENDE appunto da condizioni del soggetto in un dato momento, contesto, capacità analitica della comunicazione da parte di chi riceve la comunicazione stessa, verbale o non verbale che sia. La comicità fa fare “hahaha” di pancia, oppure fa solo sorridere se si riesce a dominarsi in situazioni in cui è meglio non mettersi a ridere come cretini. La reazione fisica dipende dal grado di comicità soggettivo che si riscontra nella comunicazione ricevuta.
Esempio: una torta in faccia fa ridere se è in un film di Stanlio e Ollio, se è in faccia tua un po’ meno, il solletico se sei sotto anestesia non ti fa ridere, a certe persone fanno ridere i Fichi d’India, ad altre Lillo e Greg, altre non ridono ascoltando Trump, eccetera.
Tutto il resto qui sotto spiega questa cosa, quindi se vi fermate qui l’ho scritto per niente.
① = Humour. Stile comunicativo che comprende frasi sagaci, ‘colpi di scena’ comunicativi, leggerezza nel trattare gli argomenti.
Esempio: Lloyd di Vita con Lloyd. O Jeeves di Jeeves and Wooster, insomma.
② = Sarcasmo / Ironia. Meccanismo comunicativo in cui si modifica il significato letterale della comunicazione tramite elementi non verbali – gesti, sguardi, tono della voce. Se connotato negativamente è sarcasmo, se connotato positivamente è ironia.
Esempio, sarcasmo: parlar bene di cose di cui si vorrebbe parlar male ma non si può parlare male, facendo capire che se ne sta parlando male. Uomo che odia la suocera, dice all’amico che sa che la odia, con una smorfia: “Domani arriva l’adorata suocera e starà solo una settimana, scoppio di gioia!” Esempio, ironia: parlar male di cose di cui si può parlar male, ma di cui in realtà non si ha veramente motivo di parlar male. Uomo che non è particolarmente affezionato alla suocera ma nemmeno la odia, dice alla moglie che si raccomanda di non litigarci per la settimana in cui sarà loro ospite, con un sorriso: “La farò scappare il primo giorno, vedrai!”
③ = Umorismo. Comunicazione fatta con l’intento di far ridere.
Esempio: le battute di un comico professionista, i discorsi di Salveenee. - - ANCHE SE SI TRATTA DI UMORISMO, c’è comunque la possibilità che non sia comico. Vedi "*".
④ = Cose non verbali. Cose, generiche cose.
Esempio: torta in faccia, scoreggia, solletico, imitazioni, incidenti, mimi, mestoli, videi di Sio, finestre, torte…COSE.
① + ② → ⑤ = Humour nero. Argomenti seri, “sui cui non si dovrebbe scherzare”, trattati con leggerezza e sarcasmo, appunto.
Esempio: scherzare su morti, sulle religioni, o su altri eventi tragici.
② + ③ → ⑥ = “…” ← non avendo una definizione precisa viene spesso giudicato in base alla comicità, che ricordo dipende, è soggettiva, e se è comico allora è umorismo, se non è comico allora è sarcasmo. Sovrapporre una categoria oggettiva “Ironia/Sarcasmo + Umorismo” con l’interpretazione soggettiva “Comico/Non comico” significa comunque fare un errore logico.
Essendo qui la definizione dipendente dalla valutazione soggettiva della comicità, se fa ridere allora è bellissimo, comico, woo, figo, bella zì, ahahah muoro; se non è comico allora è cattivo gusto, offensivo, ma che oh, dovreste vergognarvi, non fa ridere, chemmerda. Ogni reazione a questa categoria comunicativa “⑥” che non sia almeno consapevole di essere soggettiva è portatrice di errore in senso logico.
❶ = questo limite varia se sei inglese o ebreo, comunque dipende, è soggettivo.
❷ io mi azzardo a dire che questa linea non sussiste, vedi X
❸ = dipende da quanto sei il target comunicativo giusto per quel tipo di umorismo. Se partecipi come pubblico a una trasmissione di Crozza si suppone che finora Crozza ti abbia fatto ridere (causato dal fatto che lo reputi comico) e che quindi troverai comico anche l’umorismo di quella puntata. Se fai il pubblico alle Iene, stesso discorso. Se vai a vedere uno spettacolo di Grillo, stesso discorso. È questione di target.
❹ = MOOOLTO soggettiva. Soffri il solletico? Ridi se qualcuno inciampa e batte la testa in un filmato di Paperissima? E se la trasmissione non è Paperissima ma Takeshi’s Castle? E se inciampa davanti a te per la strada? E se inciampi tu?
❺ = Limite complesso. Semplificando? La spinta che tende a ridurre la sovrapposizione tra comicità e humour nero ha come paladini bigotti e benpensanti. La spinta che tende a far coincidere comicità e humour nero è capitanata da cinici e disillusi. Fuor di semplificazione si torna al buon vecchio dipende, è soggettivo.
❻ = Questo limite è dato da quanto si è in possesso degli elementi che permettono di identificare il vero messaggio e quanto si sia disposti a riderne, una volta individuato. Dipende, è soggettivo.
❽ = Pensieri tuoi che ti fanno (o farebbero, dipende, è soggettivo) ridere dal nulla. E, sorpresa sorpresa, anche qui dipende, è soggettivo.
X = In questo caso, cioè se cogli il vero messaggio di chi sta facendo ironia senza voler fare umorismo e lo trovi comico, allora sembra che tu stia prendendo in giro l’autore della comunicazione; se cogli il vero messaggio di chi sta facendo del sarcasmo senza voler fare umorismo e lo trovi comico, allora sei un po’ poco empatico, ma è n’altro discorso. E comunque dipende, è soggettivo.
Esempio, sarcasmo: se sei l’amico dell’uomo che odia la suocera e ti dice la frase sarcastica “Domani arriva l’adorata suocera e starà solo una settimana, scoppio di gioia!”, non gli rispondi sganasciandoti dalle risate, ma con un ‘mi dispiace, sai che puoi scappare da me ogni volta che vuoi’. Esempio, ironia: se sei la moglie dell’uomo che non odia la suocera e che ti dice la frase ironica “La farò scappare il primo giorno, vedrai!”, se ti metti a ridere il messaggio che passa è ‘non ti credo capace di fare questo’. E poi comunque dipende da ogni singolo caso, ed è soggettivo.
* = Spesso se sei qui sei l’unico che non trova comica (o che non capisce, più probabilmente) una battuta umoristica che invece viene trovata comica da altre persone nella tua stessa identica situazione comunicativa. In soldoni: sei quello che ride perché ridono tutti, o che non ride affatto, mentre per gli altri l’umorismo inspiegabilmente ha funzionato.
2 notes
·
View notes
Text
@disass ✨
Lei: Allora, chi lava i piatti?
Io: Io no.
Lei: Oggi è la giornata del contrario e quindi tu hai appena detto che lavi i piatti!
Io: Oggi è la giornata del contrario e quindi oggi *non è* la giornata del contrario. A te i piatti.
Lei: Oggi è la giornata del contrario e quindi a te piace lavare i piatti e lo farai.
Io: E *non lo farò* intendi dire.
Lei: La tua nemesi non lo farà. Tu sì.
Io: La mia nemesi ti dirà che non lava i piatti.
Lei: La tua nemesi non dirà alla mia nemesi che lei lava i piatti...le dirà che fuori piove.
Io: Magari piovesse!
Lei: Appunto!
Insieme: "Giornata del contrario - ti fotte orgogliosamente il cervello dal giorno in cui è nata"
2 notes
·
View notes
Text
@disass did someone say soup
reblog for a soup blessing in 2022
86K notes
·
View notes
Text
nye is such a fake concept. why are we so enamored with the fact that one digit of the date has changed
'one year has passed' yeah since what? since the day we decided is The First? come on
'oh but we party and celebrate life' ok and?? what's stopping you from doing it tonight? throw on a cute outfit, host a gala, do whatever the fuck you wish
and don't come at me with the personal improvement bullshit. you can make resolutions on jan 1? then what if I told you you can do that every day? that you can reflect and improve and change your life? what if I told you that you already do?
the concept of time is holding us back y'all
2 notes
·
View notes