armoniaprivata
armoniaprivata
armoniaprivata
15 posts
raccolta di scritti sul web vietato ai minori
Don't wanna be here? Send us removal request.
armoniaprivata · 4 years ago
Text
L'onore
Fa freddo, molto freddo.
Il piccolo termosifone che ho alle spalle non riscalda abbastanza e non mi basta mettere le mani fra le gambe.
Fa freddo anche nel mio io più profondo; come se Roberto avesse aperto una enorme ghiacciaia e mi ci avesse scaraventata dentro.
Serro forte i pugni ma l’unico effetto che provoco è un piccolo dolore al palmo delle mani e il rossore dei miei polpastrelli.
A Roma è calata improvvisamente la temperatura, la gente che, fino a poco tempo fa, indossava ancora maglioncini leggeri di cotone, ora è avviluppata in grosse sciarpe di lana variopinte.
Il rosso, il giallo e il ruggine si confondono alla perfezione con le chiome degli alberi che riesco a vedere in strada.
L’autunno è agli antipodi della primavera dove tutto rinasce.
In autunno muore la natura, ma non per me.
E’ un ciclo vitale e questi colori pastello mi fanno tuffare in un mare di ricordi.
Mia nonna, Anna, era una matrona di vecchio stampo, fin troppo severa e austera, almeno cosi mi raccontava mia mamma; per me invece era la nonnina che elargiva consigli sottoforma di proverbi.
Ogni volta che l’andavo a trovare, le raccontavo le mie storie sentimentali e lei, ridendo, mi raccontava
delle scappatelle che aveva avuto in gioventù con un marine americano.
All’epoca lei e mio nonno non erano sposati e lei, bionda e prosperosa era la ragazza più corteggiata di tutta Anzio.
Mi raccontava di quando, ventenne, si era concessa per la prima volta a quello straniero, dall’animo burbero e con braccia possenti che ogni volta che la stringeva a se, sembrava volesse stritolarla.
Amavo sentire le storie di mia nonna mentre ero da lei a bere un thè tutti i giovedì pomeriggio.
È passato un anno da quando è morta e ora i miei giorni sono più vuoti.
Chissà cosa mi direbbe ora, chissà quale consiglio mi darebbe.
Quando parlavamo della sua scappatella le chiedevo se aveva avuto paura delle reazioni di nonno, quando
capì che lei non era vergine.
Mi rispose fiera di se
“Un uomo, quando fa l’amore con una donna, la onora!”
Sono quasi otto mesi che non vengo onorata; sono distrutta e, in cuor mio, so già cosa mi avrebbe consigliato.
“Se l’onore non è di casa, sarà uccel di bosco” e mi avrebbe strizzato l’occhio attraverso il grosso specchio della sua camera da letto.
Ma quanto fa freddo? Raccolgo le mani a cucchiaio e me le porto alla bocca. Soffio un pò di aria tra i palmi e me le sfrego. Cerco disperatamente di riscaldarle, ma non riesco nell’intento.
Stamattina mi sono anche coperta abbastanza; ho messo dei collant pesantissimi, e un paio di jeans attillati e altrettanto pesanti, sopra il più caldo dei miei maglioni di lana.
Ma nulla.
Il freddo lo sento entrare dentro di me fin dentro le ossa provocandomi dei brividi terribili, come se avessi la febbre.
Appena arriva il Professore penso che gli chiederò un permesso per il pomeriggio. Andrò a casa, mi berrò un bel thè caldo all’arancia e cannella e mi metterò sul divano con il mio plaid preferito.
Intanto che aspetterò Roberto, leggerò quel libro di racconti.
Me l’ha regalato mio cognato Vittorio e ne parla tanto bene; dice che è tratto da un NewsGroup su internet, dove lui passa tutto il suo tempo libero a rimorchiare giovani donzelle.
Poi sarà il momento di parlare…
Non è possibile che non facciamo l’amore da mesi.
Sono alta, bionda e bella e a lavoro il mio capo, ogni volta, mi fa le solite battutine stupide.
Si vede lontano un miglio che vorrebbe portarmi a letto.
Un giorno forse gli dirò anche di si, non solo per vedere l’espressione inebetita nel suo volto, ma per vedere, anche, se avrà il coraggio delle sue intenzioni.
Ma è lui che non deve aver remore o sono io?
Mi sento una ragazzina alle prime armi e non capisco più nulla; eppure ho trentacinque anni e non so ancora cosa fare della mia vita.
Paolo, il professore, di anni ne ha cinquantatré, e se li porta anche bene.
Fisico asciutto e capelli brizzolati sempre ben curati. Sul volto quelle rughe d’espressione lo fanno essere affascinante.
E’ un chirurgo molto stimato, porta sempre la giacca ed è sempre ben vestito con completi griffati.
Roberto al suo confronto è sciatto e insipido, però lo amo.
Lo amo dal primo giorno che l’ho visto, ben tre anni fa.
Per lui ho dimenticato il mio ex-marito e sono partita subito in vacanza, senza pensarci un attimo.
L’ho conosciuto a casa di amici durante una festa in pieno luglio. Faceva molto caldo quel giorno tanto che  non avevo messo il reggiseno e dalla camicetta facevano bella figura i miei seni rotondi.
Mi ero separata da poco e volevo godermi la vita; volevo ridere e divertirmi e non pensare a nulla.
Niente uomini, nessuna famiglia e niente sesso. Almeno questo è quello che pensavo all’epoca.
Quella sera tutti fecero gli stupidi cercando di rimorchiarmi. L’unico che non si avvicinò mai fu lui.
Era nell’angolo intento a parlare con alcuni ragazzi e non mi aveva degnato neanche di uno sguardo.
Appena l’ho visto parlare con il festeggiato ho sfruttato l’occasione per avvicinarmi e il nostro amico in comune fece le debite presentazioni.
Lo guardavo fisso negli occhi, verdi come due splendidi smeraldi. Rimasi incantata e forse è stata proprio
l’espressione di quello sguardo che mi ha fatto innamorare.
Mi ha lasciato subito a parlare con il mio amico, per tornare a discutere con gli altri per affrontare gli ultimi dettagli del viaggio che avevano in mente di fare da lì a poco.
Quindici giorni attraversando l’ Irlanda da sud a nord.
Mi sono gettata subito nei loro discorsi chiedendo altre informazioni.
Erano in quattro: Roberto, Vittorio, il fratello, Marco e Mario, due loro amici.
“Se una donna non vi imbarazza e non vi è di peso, mi piacerebbe unirmi alla compagnia”
Ricordo benissimo ancora la loro faccia sbalordita. Non conoscevo nessuno di quei ragazzi e vedere le loro
espressioni mi aveva fatto sorridere e sbeffeggiarli un po’.
Roberto aveva cominciato a fare delle battute e a farmi ridere. Si, i suoi occhi e la capacità di farmi ridere
avevano perfettamente centrato il bersaglio del mio cuore.
Mi ricordo il terzo giorno di vacanza, quando eravamo usciti prestissimo dal nostro B&B alle porte di Limerick per andare all’aeroporto di Shannon a bere il vero Irish Coffee. Avevamo riso per tutta la mattina e, poi, alla fine, il bacio.
Le sue mani, grandi e calde, sembravano esperte e riuscirono in un attimo a sbottonarmi camicia e gonna e già erano intente a sbirciare tra le mie antiche resistenze di donna separata.
In quell’attimo avevo capito che senza sesso e senza amore non potevo vivere. Mi sentivo desiderata e al centro delle attenzioni di quell' uomo con lo sguardo magnetico e penetrante.
Non pensavo di essere in un’ auto noleggiata e abbiamo fatto l’amore in maniera forte e prepotente.
Mi voleva e lo sentivo dal cuore che gli batteva forte nel petto, lo sentivo da come mi stringeva le braccia mentre mi baciava, e lo sentivo quando, caldo, è entrato in me in maniera forte e dolce allo stesso tempo.
In quel momento non ho pensato nè a preservativi nè ad anticoncezionali. Solo noi due in mezzo ad un verde sconfinato ed io ero persa nei suoi occhi; sapevo benissimo che da quel viaggio non avrei mai voluto più tornare.
Io non mi ricordo quanti orgasmi ho avuto, so solo che era stato così inaspettato e bello.
Continua a far freddo…
Forse ho davvero qualche linea di febbre.
Ma Paolo dove è?
Quando arriverà?
Sono già le dieci passate e tra poco ha il primo appuntamento.
Perché sono otto mesi che Roberto non mi si avvicina? Avrà un’altra?
“Pronto? Paolo ma dove sei? Sei in ritardo. Fra poco arriveranno i primi clienti. Come? Devo disdire tutto? Ma come faccio? Chi arriva dalla Svizzera? Per quattro, cinque giorni? Ah ok. Va bene. Ma a che ora sarà qui? Va bene ci penso io però sbrigati.”
Stefano, il figlio del professore, è arrivato un minuto dopo che ho chiuso la telefonata.
Sapevo che era un ventottenne e che assomigliava alla ex moglie del mio capo.
Alto, chioma fluente castana chiara incastonata in un fisico asciutto.
Dal fisico e dal portamento sembrava un principe e aveva degli occhi cerulei, grandi ed espressivi. Un piccolo accenno di barba incolta ornava le mascelle pronunciate; lo vedevo fisso, davanti a me, con i suoi occhi che mi scrutavano da cima a piedi.
Allungo la mano
“Piacere io sono..”
“Martina…Papà mi ha parlato molto di te.”
Arrossisco… Cerco di cambiare discorso.
“Tuo padre sarà qui tra poco. E’ imbottigliato nel traffico. Tutti a fare regali” sorrido.
“Di tutte le cose che mi ha detto, però, devo dire che su una ha profondamente ragione, su un’altra ha torto in pieno”
Balbetto un cioè, anzi più precisamente biascico un cioè
“Papà ha detto che sei una donna bellissima, e sono d’accordo, ma ha anche detto che saresti una mamma
perfetta. Ecco. Io come mamma non riesco a vederti”
Mi parla con aria altezzosa e con il sopracciglio inquisitore.
Insolente. Ma come ti permetti di parlarmi così? Cafone e maleducato. Alzo anch’io il sopracciglio a mo’ di sfida e per fargli capire che è stato scortese. Molto probabilmente in Svizzera non sono così bravi ad insegnare bon ton.
Comincia a ridere di gusto e, cominciando a prendermi in giro, si avvia verso lo studio del padre.
Lo seguo mentre il livore divampa in me.
Vorrei tanto dirgliene quattro ma non posso, ho paura di perdere il posto di lavoro e, in questo periodo, mi servono soldi per cercare di comprare casa con Roberto.
Già Roberto.
Anche lui ha il potere di farmi incazzare come pochi. A volte mi fa delle battute così idiote che mi fanno imbestialire e più sa che mi infastidiscono, più ne fa.
Stefano si sfila la giacca color piombo e la posa delicatamente su una delle due poltrone poste di fronte alla scrivania del padre. Il sole di quella fredda mattina filtra pigro fra le tende color crema riempiendo di tepore quella stanza, di solito cosi fredda.
Mentre chiedo se vuole del caffè o del thè sento il trillo del mio telefonino che mi annuncia dell’arrivo di un
messaggio.
Mi congedo dalla sua vista con un pizzico di rammarico, perchè quel piacevole sole che mi stava lentamente abbracciando, stava sciogliendo anche quella morsa di freddo interiore che mi aveva avvolta.
Sms di Roberto.
“Stasera tardo. Non mi aspettare sveglia”
Cazzo. Bastardo.
Ma come tardi? Bastardo. Allora è vero ne sono sicura, ne ha un’altra. Bastardo.
E sicuramente si scoperà lei stanotte e chissà da quanto tempo va avanti questa storia.
Bastardo.
Il leggero tepore che prima scorreva in me, ora è un torrente in piena e il rancore avvampa ogni centimetro
del mio corpo.
Due mani mi prendono alla base del collo dietro la testa.
Stefano con voce calma mi sta chiedendo cosa succede; forse ha sentito qualche mia imprecazione o forse
ci sta provando con me.
Mi vorrei voltare ma le sue mani mi stanno conducendo in un altro mondo.
Troppo sbrigativo!!
Forse dovrei tradirlo e farlo col primo che capita e, Stefano, potrebbe far al caso mio.
No, no che scema che sono… non posso farlo con un tipo che neanche conosco e che, fisico a parte, non è il mio ideale di uomo.
No, no non posso.
Ora mi volto e gli dico che non è nulla… Però che mani calde che ha…
Potrei aspettare qualche minuto e lasciarlo fare… D’altronde è un piccolo massaggio sul collo.
No, no ma che penso. Ora mi volto e lo faccio smettere.
Un lungo bacio.
Ma mi sta baciando.
Che belle labbra che ha e sembra anche saperci fare. Dai è solo un bacio Martina, ora che smette ci faremo tutti e due una grossa risata e poi basta.
Lontani un chilometro l’uno dall’altra.
Ma che sta facendo con quella mano? Mi sta cingendo la vita, lo sento entrare sotto il maglione e si fa ancora più audace…
Ora è sotto la maglietta.
Staccati Martina, staccati. Non è il tuo compagno…
Si, ma cavolo bacia bene, e sembra proprio saperci fare…
Con l’altra mano mi sfiora i fianchi e, risalendo, arriva fino al seno destro.
Lo palpa con decisione mentre la sua lingua continua a rincorrere la mia.
Finalmente si stacca dalle mie labbra, ma non da me e, continuando la sua corsa, finisce a baciarmi e a
mordermi leggermente il collo.
So che potrei parlare, so che potrei fermarlo, ma sono immersa nel suo profumo e mi sento naufraga in un oceano di sensazioni perse nella notte dei tempi.
Ho paura di lasciarmi trasportare da questo uragano, ma forse non è paura, ma la voglia di voler cavalcare quest’ onda di emozioni e risentirmi io, donna.
Basta incartamenti, giornali con annunci di case, basta lenzuola mai troppo disordinate.
Voglio sentirmi donna e non puttana e, anche se lo fossi, non me ne frega niente.
Anzi no, voglio essere
puttana e donna.
Afferro con forza le sue braccia all’altezza dei bicipiti. Il corpo che prima pensavo asciutto è, invece, ben modellato. Questa volta sono io a baciarlo, sono io a infilargli la lingua in bocca.
Sono una donna e sono una puttana.
Lo mordo forte sul collo provocandogli un po’ di dolore. Le mie mani sono senza freni e corrono
all’impazzata sul suo corpo. Dapprima sul collo, fra i capelli e poi ripercorrendo la strada al contrario, finiscono la loro corsa sulla patta dei pantaloni.
Vorrei chinarmi e assaggiarlo.
Non riesco a fare in tempo. Mi solleva il maglione e la maglietta con un sol gesto. Il freddo e l’eccitazione
fanno risaltare lo stato dei miei capezzoli. Ne prende uno tra le dita, lo tira a se e comincia a morderlo e
succhiarlo. Il primo impatto di dolore è ora sostituito dal piacere.
Con l’altra mano sbottona i miei jeans e delicatamente comincia ad abbassarli.
Lo aiuto e, con un paio di movimenti di anca, li faccio scivolare fino alle caviglie.
Abbasso anche i collant e lo sento scivolare in basso; le sue mani ora stringono i miei glutei e il suo volto è
sul mio pube. Mi bacia sul leggero perizoma che indosso e lo sento sempre più vicino.
Il freddo mi fa rabbrividire o almeno è il mio pensiero. Forse è la situazione, forse è l’essere qui nuda davanti uno sconosciuto o forse sono semplicemente eccitata e non mi importa di avere il pelo pubico non in ordine… D’altronde non facevo sesso con nessuno.
È lì, che si muove sotto di me, sento il suo respiro aumentare.
Piccole scosse mi percorrono lo stomaco e lo imploro di continuare; non provavo queste emozioni da tempo, troppo tempo.
Mi appoggio alla scrivania e le mie mani stringono forte il bordo. Allargo leggermente le gambe e sento il suo respiro sempre più forte sulla figa e un nuovo tremore mi scuote nuovamente la pelle.
Lo sento abbassare le mutandine e separare le labbra con le dita.
Sprofonda la sua bocca dentro di me, mentre, istintivamente, sollevo i glutei appoggiandoli sulla scrivania e divarico ancora di più le gambe.
Sembra che mi stia divorando e lentamente si dirige verso il clitoride mentre con un dito mi esplora intimamente.
Si ferma un secondo per respirare e un ombra di panico cala nei miei occhi.
Se ne accorge perché mi chiede se va tutto bene.
Si va bene ma non fermarti più, non riuscirei più a gestirlo.
Cazzo sono troppo eccitata e non puoi lasciarmi cosi.
La mia mente risponde per me, la bocca, invece, sibila un si.
Il mio viso paonazzo dal desiderio non è bugiardo, sono eccitata e voglio che continui il suo accurato lavoro.
Sprofonda di nuovo tra le pieghe del mio sesso e, finalmente, la sua lingua raggiunge la punta tremolante e gonfia del mio clitoride.
Primo elettroshock di sollievo e piacere. Stringo più forte le mani.
Prende quella piccola escrescenza turgida tra i denti e lo succhia delicatamente…
Il mio corpo risponde
contorcendo e sussultando.
È ancora quasi del tutto vestito e vedevo la sua erezione spingere contro i pantaloni.
Lo sento azzardare un
delicato morso al clitoride mentre sto venendo per la prima volta…
Un forte sospiro mi esce dal petto, il corpo si scuote mentre con le mani lo sposto dai miei genitali.
Appena il tremore si sta affievolendo lo vedo ritornare su di me e leccare solo il profilo della figa per
permettere di calmarmi.
I muscoli si stanno rilassando e un “E’ stato bello” esce dalla mia bocca.
Si alza, toglie camicia e slaccia la cintura.
È pronto per il resto del lavoro…
Boxer, vedo il cazzo che si solleva liberandosi rapido dalla costrizione che lo tratteneva.
Scendo dalla scrivania, ferma di fronte a lui
“Lascia che io…”
Dlin dlon
“Cazzo la porta… deve essere tuo padre, vai tu ad aprire io vado in bagno”
Prendo i miei vestiti e scappo in bagno.
Sorrido…
Stefano sarà in città per alcuni giorni...
6 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Text
Gelosia
Era nell'aria da tempo.
Da quando stiamo insieme, circa sei mesi, qualche volta nei nostri giochi e nelle nostre fantasie sono entrate altre coppie, o uomini o
donne non ben identificati, storie fatte un po' per ridere e un po' per eccitarci e, la visita ad un club privé, è stata sempre messa in preventivo.
Cosi questa mattina gliel'ho detto candidamente:
"Elena stasera andiamo al privé?"
Lei, divertita e un po' ironica come al solito, mi risponde: "Mi farai scopare da dieci maschiacci?"
"Perché no? Se ti piace l'idea..."
"Idiota"
Ridiamo insieme e, mentre mi abbraccia, con una mano arriva a toccare il mio sesso, a voler capire se fosse una scusa per far l'amore, un
pretesto.
Ci è sempre piaciuto fantasticare su una donna che la stuzzichi, ed a me piacerebbe da morire vederle e magari, mentre "giocano",  io farei sesso con Elena.
Una fantasia ben radicata nella mia mente. Il discorso cade lì, ma mi ripropongo di riprenderlo nel pomeriggio. Sono le sette di sera quando e ci stiamo preparando per uscire a cena. È il momento giusto e le ripeto la domanda. Questa volta capisce che sono serio, e che stamattina non stavo scherzando.
E' perplessa ma, appena avute tutte le raccomandazioni del caso, accetta.
Cambio di programma allora. Cena veloce a casa con un silenzio molto rumoroso, ma anche eccitazione per una trasgressione mai fatta prima.
Arrivano le dieci e mi chiede come vestirsi.
"Devi essere la più figa di tutte, come sempre"
Sorride, le piace essere al centro delle mie attenzioni.
"Che ne dici del completo in latex? Quello cortissimo? E sopra, l'impermeabile nero, quello che usiamo per andare in giro quando sotto sei completamente nuda! Che ne pensi?"
"Si. Si può fare"
La osservo mentre si veste.
Scelta perizoma.
Apre il primo cassetto del mobile della camera da letto. Decine e decine di perizoma che spuntano.
Il forziere del mio tesoro. E lei è il mio gioiello più prezioso. Comincia a scegliere e a provare.
"Non metterlo. Ti voglio stramaledettamente porca, per la gioia dei miei occhi"
Mi guarda fisso negli occhi, e un misto di amore esensualità mi colpiscono.
Si avvicina e mi stampa un bacio sulle labbra sussurrando:
"Allora sarò porca come piace a te."
Si siede sul letto.
Scelta autoreggenti.
Calze a rete leggere, con
grosso elastico decorato che rimarrà in bella vista sotto il
miniabito.
Arrapante.
Apre l'armadio e prende la scatola in basso a sinistra, la scatola dei nostri giochi, la scatola delle nostre perversioni.
L'apre ed ecco apparire il micro abito in latex. L'abbiamo usato solo una volta, appena comprato, circa tre mesi fa.
Via un po' di polvere ed ecco che lo indossa.
Le calza a pennello e le fa delle curve spettacolari: vita stretta, fianchi precisi, rotondi. Scollatura davanti chiusa da lacci che le stringono il seno e lo comprimono.
Eccitantissimo.
La aiuto a chiudere la lampo posteriore e noto con stupore che è veramente
cortissimo.
Non lo ricordavo minimamente.
Praticamente sopra c'è scritto
"Scopami".
Prende l'altra scatola, quella con gli stivali. Comincia ad
indossarli, non senza difficoltà, ma le calzano come fossero una seconda pelle.
Da leccare.
Passa agli accessori: come ornamento per il collo mette una fascettina di raso nera, mentre, come orecchini, usa due piccoli fili argentati.
Di classe.
Si lega i capelli dietro, con una coda lunga e molto sexy. Selvaggia. La copia sensuale di Eva Kant.
Ora è pronta, si alza e, già sapendo la risposta, mi domanda:
"Sono abbastanza figa così?"
"Quasi quasi non usciamo più, ci ho ripensato e ti butto sul lettone!"
Ridiamo.
Indossiamo i nostri soprabiti e usciamo.
Entriamo nell'ascensore e mi avvicino per baciarla, ma si scosta, usando come
pretesto che le si sarebbe tolto il rossetto appena messo. Colore rosso deciso!
Accetto controvoglia e proseguiamo.
Saliamo in auto e ci avviamo.
"Ci vorranno circa trenta minuti per arrivare".
Dopo una decina di minuti si sbottona il soprabito, come se mi volesse invitare a fare qualcosa, mi fissa e sorride. L'invito è troppo goloso e comincio ad accarezzarle le cosce. Divento sempre più ardito e comincio ad avvicinarmi al pube. Il suo miniabito mi permette di "giocare" senza problemi e, per aiutarmi, allarga un po' di più le gambe e scivola un pochino più in basso sul sedile; è più comoda nel sentire il suo piacere.
Ora posso toccarle senza problemi il clitoride e infilarle anche un paio di dita senza problemi.
Il suo sesso liquido la contorce e, per il piacere, si morde il labbro superiore.
"Ma non è che andiamo a finire fuori strada?"
Mi domanda con voce rotta dal godere.
"Speriamo di non andare addosso a nessuno, altrimenti come faremo a spiegargli come sei vestita?"
Ridiamo insieme.
Siamo giunti a destinazione. Imbocco il cancello segnalato dalle fiaccole e percorro il viale selciato fino al parcheggio.
Non ci sono molte auto, ma in compenso sono tutte di grossa cilindrata. La nostra, in confronto, sembra pronta per la demolizione. Parcheggio, scendo dall'auto e da buon cavaliere le vado ad aprire la portiera. Rimane meravigliata e stupita e mi ringrazia in francese: "Mercì beaucoup".
Le rispondo a modo mio: "Enchantè mademoiselle"
Ridiamo di nuovo insieme.
C'è un misto di allegria e complicità tra noi. Le è sempre piaciuto ridere e questo è un motivo per cui stiamo insieme.
La faccio ridere e la faccio sentire bene.
Entriamo e comincio a scrutare l'ambiente. L'ingresso è luminoso e ci avviciniamo alla reception. Ci chiedono di mostrar loro la tessera di soci e, appena
scoperto che siamo "novizi", ci fanno compilare dei moduli e ci danno tutte le notizie e ci istruiscono sui comportamenti.
Dopo mezz'ora di nenia e dopo che si è formata una fila alla cassa, tra cui quattro ragazzi e due coppie che già allegramente si baciano tutti insieme, passiamo al guardaroba.
Appena Elena si toglie l'impermeabile un misto di
gelosia e di piacere si danno battaglia in me. Vedo gli occhi dei ragazzi dietro noi che la stanno spogliando con lo sguardo e stanno abusando della sua bellezza. Ora ho paura che se la portino via, sento il freddo della gelosia e della paura che mi attanaglia. Dentro me penso che, forse, venire qui è stato un errore...
Proseguiamo.
L'ingresso della sala è ampio e scuro, un sordo rumore di musica nell'aria ma, appena un inserviente ci apre la porta della sala discoteca, siamo avvolti e inghiottiti dalle note musicali ad alto volume. Entriamo sorridenti e affascinati dallo sfarzo del posto. Molte persone ballano ed alcune donne che si esibiscono in eccitanti lap-dance.
La fisso negli occhi, la prendo per mano e la porto in mezzo alla sala. E' bellissima e voglio ballare con lei, voglio che la vedano tutti.
E' eccitante vederla ballare con quel vestito, e vedo che anche gli altri la guardano e commentano fra di loro.
Dopo alcuni tentativi di approccio, anche di cattivo gusto, ci andiamo ad accomodare su un divanetto rosso. Ci sediamo e noto che, appesi ai muri, ci sono centinaia di quadri di natura erotica e che, in ogni posto e in ogni dove, è pieno di kleenex.. Sorridiamo, facendo un paio di battute sulla mania della pulizia. Ci si avvicina una coppia all'apparenza nostra coetanea e chiede se possono accomodarsi vicino a noi.
"Naturalmente" è la mia risposta.
Si presentano e noi facciamo altrettanto, e cominciamo a parlare del più e del meno, per rompere il ghiaccio. Lei è una ragazza molto bella: bionda, occhi azzurri, labbra carnose e peccaminose. Il suo vestito è molto scollato e si nota che è senza reggiseno come Elena.
Porta una quarta, è molto abbondante di seno ed Elena sa che una donna cosi mi piace molto. Avrà una trentina d'anni, li porta bene ma non è molto alta, al massimo arriverà al metro e settanta grazie ai dieci
centimetri di tacco che le guarniscono una caviglia sottile; nulla a che vedere con la però.
In piedi Elena è alta come me. i suoi piedi e le sue gambe sono inguainate da stivali col tacco alto undici centimetri.
Da vertigini.
Lui, invece, è un uomo sulla quarantina, rasato a zero come la moda impone, con una giacca e una camicia firmate e con un paio di mocassini di pelle che, nell'insieme, mi fanno pensare che sia un imprenditore o qualcosa del genere.
Faccio un confronto con
me stesso. Io jeans e camicia fuori. Al massimo sembro un impiegato di quarto livello. Mentre chiacchieriamo vedo le occhiate dell'uomo
insinuarsi tra le gambe di Elena; cerco di intromettermi, mi alzo, faccio un po' di confusione per distoglierlo dal suo fare.
Ancora gelosia.
Ancora stupore in me.
Niente, continua a guardarla lì e lei non sembra affatto indispettita, anzi allarga leggermente le gambe affinché Fulvio, mi pare quello il suo nome, possa sbirciare meglio.
Gelosia, ma anche piacere nel constatare che Elena è desiderata da altri. Fulvio e Gloria ci spiegano come funziona il locale, e ci fanno notare che ci sono delle camere preposte a fare
sesso, dove i singoli possono solo guardare attraverso delle grate e possono entrare solo se invitati da una coppia. Gloria si alza dal divanetto, si avvicina a me e mettendomi una mano sulla gamba mi chiede se vogliamo andare a provare una di quelle stanze tutti e quattro insieme.
Le rispondo affermativamente ma che, al momento, non vogliamo fare assolutamente uno scambio di coppia. Mi sale l'idea di fare sesso con Elena, mentre gli altri ci guardano e mentre noi guardiamo altri che scopano. Siamo al centro del mondo. Ci guardano e desiderano, ma solo noi decidiamo il gioco. Sento uno strano potere in me.
Ci alziamo e ci avviamo al piano superiore. La musica dietro di noi si fa più debole. Ora sento solo il mio cuore battere e domando a Elena
cosa ne pensa.
"Ti scoperò come non ho mai fatto!"
Mi fulmina con i suoi occhi verdi.
Diabolica espressione.
Mai vista cosi, sembra eccitata come non mai, forse solo quella volta che ci
siamo messi a fare sesso al terrazzo del Gianicolo con la gente che passava e che non capiva se quello che vedeva fosse realtà o immaginazione. Ora la mia sensazione di potere si trasforma in paura.
Mi volto e vedo una decina di uomini seguirci, alcuni con le mani sopra la patta dei pantaloni, i più sfacciati addirittura dentro. Arriviamo in un corridoio dove ci sono molte stanze. Ognuna ha il suo nome e il suo tema: Kamasutra, Etrusca, Olimpo, Antica Roma, S/M, Medioevo,
Inferno.
Ognuna, sicuramente, ha la sua storia da raccontare.
Ci dirigiamo, o meglio Fulvio ci conduce in quella che per lui è la sua preferita: Kamasutra.
Una porta rossa, grande, contornata da colonne
romane o greche. Non le riesco a distinguere perché l'architettura non è mai stata il mio forte.
Poco più in là le famose grate. Fulvio fa entrare prima le donne e poi fa passare me, entra e chiude la porta.
Appena entrato il blu mi acceca, la luce è soffusa, ma si riflette nei miei occhi attraverso il grande specchio che ho di fronte. Alle altre
due pareti quadri di Manara mi fanno capire il perché del nome della stanza. Ora mi sento un po' in imbarazzo mentre i nostri due "amici"
cominciano a scambiarsi effusioni. Le mani di Gloria cominciano a sbottonare la camicia e slacciare la cravatta di Fulvio. Lui invece comincia a levarsi la giacca. Io guardo Elena, i suoi occhi sono sempre diabolici e mi si avvicina all'orecchio e mi dice:
"Spogliati amore che stanotte ti faccio rinascere!" e, mentre lo fa, mi da un piccolo morso al lobo dell'orecchio destro. La mia mente è confusa ed eccitata; le salterei addosso e me la scoperei, ma penso
anche alla grossa quantità di sperma che quel letto e quel divanetto hanno dovuto subire.
Cazzo sono confuso.
Mi volto di nuovo e ora vedo
anche i sei uomini di prima che si masturbano allegramente bofonchiando
qualcosa.
Mi gira la testa mentre mi si avvicina Elena e mi da un bacio passionale spingendomi la lingua in bocca. Gloria è rimasta in perizoma e sbottona i pantaloni al suo partner mentre lui bacia e morde il suo seno e i suoi capezzoli ambrati. Le sue areole sono scure e grosse come quelle di una ragazza mulatta e il suo capezzolo largo ma non lungo. Ora che ha finito il suo lavoro si inginocchia davanti a Fulvio e gli sfila il cazzo dalle mutande.
Comincia a prenderlo in
bocca mentre mi guarda fisso negli occhi. Elena non si spoglia, d'altronde quel vestito è stato indossato per quel motivo. Mi prende
per mano e mi conduce vicino al divanetto. Si siede e comincia a slacciarmi i jeans. Gloria continua a muoversi sul cazzo del suo compagno, ma i suoi occhi sono fissi su di me, per farmi eccitare, per
farmi forse andare da lei affinché le faccia leccare anche il mio.
Elena imita la sua nuova amica, e mi guarda negli occhi. Vede che il mio sguardo è fisso sull'altra e, mentre continua a masturbarmi, mi chiede se voglio che Gloria la aiuti nel suo lavoro. Mi volto e guardandola fissa nel suo verde, le confermo che non la cambierei con nessuna donna al mondo.
Gloria intanto si stacca da Fulvio e si avvicina a me, come se telepaticamente avesse colto l'invito.
Ora lei è dietro di me, in piedi, e mi passa una mano sul sedere scoperto; passa un dito nel solco e con la punta delle dita arriva a toccare i
miei testicoli: "Posso giocare con voi?" chiede guardando Elena.
Il diavolo che si è impossessato di lei risponde affermativamente. Mi fanno sedere sul divanetto e cominciano a leccarmi in due; vedo le loro lingue toccarsi più volte, e forse non solo per caso. Elena lo riprende in bocca, mentre l'altra si dedica con minuziosità assoluta ai miei testicoli.
Fulvio è nell'angolo che si masturba da solo, e ci osserva divertito.
La mia mente comincia a pensare, troppo per quel momento.
Già immagino che lui chieda di fare la stessa cosa a Elena, e mentre vedo che Gloria
sprofonda tutto il mio cazzo nella sua gola, la vedo alzarsi e dirigersi verso l'altro. Gli altri al di fuori della stanza continuano a masturbarsi, chiedendo di poter partecipare a scopare "queste due gran troie".
Così le chiamano.
Un no si alza flebile dalla mia bocca, ma è troppo basso il mio tono, o forse è stato detto soltanto dalla mia mente. Vedo Elena che si inginocchia davanti a lui e che comincia a toccarlo, comincia a leccargli la cappella e poi tutta l'asta. La mia eccitazione cresce, incredibile.
Non pensavo che vederla spompinare un altro provocasse tanto piacere in me. Gloria continua a lavorare sul mio cazzo, se lo passa sulle areole e sui capezzoli. Mi chiede se voglio scoparla. Non so cosa le ho risposto, so solo che si è alzata e mi si è seduta sopra. Il suo culo ha inghiottito il mio cazzo senza problemi; comincia a cavalcarmi, ma il mio sguardo è solo per Elena,
che continua a spompinare quel bastardo.
So che fra un po' anche lui se
la scoperà, ma non riesco a fermarli. Non riesco e non voglio.
I nostri sguardi si incrociano e vedo che le sue labbra mi sussurrano "Ti amo".
Si alza, appoggia le mani alla testa del divano, alza una gamba e mi fa godere del suo spettacolo. Il bastardo è dietro di lei e comincia a leccarla. Ora Elena mi guarda attraverso lo specchio e
controlla che ancora mi stia inculando la porca. Vedo Fulvio alzarsi e infilarsi un preservativo e affondare il suo cazzo dentro di lei. Geme, e ogni gemito è una spada che mi trafigge lo stomaco.
Mi sento trafitto, ferito, e intanto mi inculo questa tizia che non conosco e che vorrei non aver mai conosciuto. Un paio di minuti e non ce la faccio più, faccio alzare Gloria, che mi guarda sbigottita, vado verso Fulvio che continua a spingere il suo sesso dentro di lei.
"Lascia! Ora abbiamo finito di giocare"
Lei si volta, e ancora il suo
volto diabolico mi guarda e mi sfida.
"Inculami".
Non me lo faccio ripetere e in quella posizione, una volta scansato il "bastardo", la penetro con forza, quasi con rabbia. Sento il piacere
crescere in lei, ad ogni spinta violenta inarca sempre di più la schiena, abbassa il culo per goderne appieno.
La scopo e dallo specchio vedo la coppia che ora tromba allegramente dall'altra parte della stanza, mentre i masturbatori incalliti fuori della stanza sono ancora lì, nel pieno della loro attività, nel pieno delle loro godute e sborrate. Io ora non penso a niente, voglio solo Elena, e scopiamo. Si masturba mentre cede sotto i miei colpi, sento che sta per venire e anch'io sto per farlo. Il suo urlo di piacere si diffonde nella stanza mentre il mio seme le inonda completamente lo sfintere.
Ci rilassiamo per un paio di secondi, sfilo il mio cazzo e un rivolo di sperma le esce dal buchino. Mi inginocchio dietro di lei e la pulisco con la lingua; le lecco anche la fica per assaporare i suoi umori, mentre i suoi occhi sognanti mi ripetono in silenzio l'affermazione fatta poco prima.
"Ti amo anch'io Elena."
9 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Attenzione. Leggere attentamente le avvertenze a fine pagina. armoniaprivata non è responsabile per eventuali attacchi di bile Oggi è una giornata no, ma di quelle con il NO scritto a caratteri cubitali. Ieri pure, però, come giornata, non scherzava. Ho scoperto, sempre ieri, che, nel mondo, c'è qualcosa di più forte del gruppo Bilderberg e della Chiesa messe insieme e che decide le sorti del mondo. Questa misteriosa forza occulta è la società patriarcale (di seguito chiamata SP) Pensate che ogni cosa deve prima passare sotto la propria cappella (si ho scritto cappella proprio perché patrigna). Pensate a quello che mi è successo oggi. Già mi rodeva il culo perché mi sono dovuto svegliare alle 5.30 perché la SP e patrigna ha deciso di darmi un appuntamento alle 7.30. Una volta arrivato al luogo che mi era stato detto da una donna (scusate se dico donna perché potrebbe trattarsi di abilismo) ho scoperto dopo ben 18 minuti che quello non era il posto esatto e mi reco al nuovo punto. Una volta giunto lì e constatato che c'erano più di 15 persone innanzi a me, un uomo di nome Benito (scusate se dico Benito perché potrebbe essere apologia al Fascismo) messo lì sempre dalla SP, ha comunicato che tutti dovevano essere in possesso di fotocopie del documento di riconoscimento e della tessera sanitaria. Io, da buon figlio di questa SP, ho maledetto quella donna (scusate se ridico donna sempre per quello di cui sopra) perché non mi aveva detto di portare tale documentazione. Ma riflettendo è sempre colpa di questa SP che quella persona (non scrivo nuovamente donna perché dopo prendo la laurea Abilismus Causa) che è stata messa lì per fare tutto ciò. Il Benito, con fare categorico e teutonico (scusate se dico categorico e teutonico contemporaneamente perché potrebbe essere apologia alla rottura di cazzo in rima), mi ha cacciato dalla fila e inviato a produrre la documentazione richiesta. Dopo mille peripezie (scusate se scrivo peripezie però è una parola che mi piace e non uso da tanto), sono riuscito ad entrare ed a fare un po’ di controlli. Ora sono in attesa del risultato del tampone perché, se fosse positivo, lo aggiungo alla lista di cose che ho scoperto tra ieri e oggi. Sono un catcaller (per dirla alla Draghi sono un molestatore) perché dico a una donna che è bella e non vi dico se posso fare un apprezzamento sulle sue labbra… Oggi per paura di qualche denuncia non ho salutato nessuna persona di sesso opposto al mio (avete visto che bravo non ho usato quella parola) e quindi nessun Buongiorno e, neanche Grazie ad alcuna. Ho addirittura avuto paura di pagare la cassiera al Bar perché non volevo sembrasse sfruttamento di qualsiasi servizio… Lì, però, niente da fare. Mi ha chiesto.di pagare porca SP. E meno male che sono vietate le strette di mano altrimenti già so che Regina Coeli mi accoglierebbe a braccia aperte. Bene. Sta arrivando la infermiera con le risposte. Spero che non mi chieda nulla perché sarò muto come un pesce. E spero che ‘sto risultato sia negativo (e spero che mi scuserete se ho scritto) Tenere lontano dalla lettura i bambini sotto i 12 anni e le persone prive di ironia. Grazie
0 notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Stronza! Stramaledettissima stronza! Impreco, ripensando all'ennesimo litigio di domenica scorsa, dopo il quale ho buttato fuori di casa Martina. E non me ne frega niente se sarà andata a dormire da un'amica o sotto i ponti: qui, a casa mia, non ci mette più piede, fine! Eh no non sono stronzo, ho detto che la stronza è lei, ma forse a ben pensarci lo stronzo sono io, ad esser rimasto con lei tre anni. Cavolo, tre anni! Anche se, prima di questi ultimi tre mesi, mi sembrava andasse più o meno tutto bene: ci vedevamo regolarmente sì, ma senza smania, una relazione stabile ma libera... cioè, non libero di andarlo ad infilare in ogni buco a disposizione, sia chiaro: sono monogamo io, ci tengo che si sappia. Poi, qualche mese fa la sua coinquilina si è sposata e Martina ha cominciato ad avere difficoltà a pagare per intero l'affitto, non avendo tempo di scegliere un'altra ragazza con cui dividere le spese. E io ingenuamente, altruisticamente, spontaneamente le dissi che, se le avesse fatto piacere, avrebbe potuto trasferirsi da me. Ero pure contento, quasi felice; sì, insomma, l'avevo buttata lì, ma l'idea della convivenza non mi sarebbe dispiaciuto sperimentarla. Me la immaginavo già al rientro a casa la sera, ad aspettarmi, magari indossando una mia camicia su quel suo meraviglioso corpo scolpito da insegnante di pole dance, cucinare per lei, fare la doccia insieme, sentire il suo profumo per la casa, scopare tutte le notti. E anche lei era entusiasta della mia proposta, infatti nel giro di una settimana aveva già traslocato qui da me, impossessandosi di tre quarti di armadio in camera, di tre quarti di armadietto del bagno, e di tutti gli spazi disponibili sul piano del lavabo, riempito con creme e flaconi, balsami e intrugli vari. Per non parlare della cucina: Martina è vegana, quindi quasi niente di quello che avrei potuto cucinarle sarebbe stato di suo gradimento. Così aveva stipato la cucina di ogni tipo di surrogato vegetale alternativo a carne, latte, uova. Anzi, già che ci sono: domani faccio pulizia di tutte quelle schifezze e mi faccio una bella bistecca al sangue alla griglia in onore di Martina; in onore di Martina che si è levata dai piedi, ovviamente. Eh sì, perché la convivenza che avevo tanto spontaneamente, altruisticamente, ingenuamente e, aggiungerei, amorevolmente proposto, si è rivelata un autentico disastro! Martina è pigra, disordinata, viziata, egoista ed egocentrica, tutte cose di cui mi sono accorto solo standoci a stretto contatto giorno dopo giorno. Lo ammetto, sarei passato sopra a tutte queste cose, sono più che accomodante e capisco che la convivenza comporti un venirsi incontro, essere tolleranti, scendere a compromessi. E li avrei fatti, giuro li avrei fatti. E allora? E allora mi ha tradito! Si, tradito, messo le corna, giusto per esser chiari. Con il suo ex ovviamente, che ovviamente aveva ricominciato a vedere, e che praticamente ho trovato quasi a boxer abbassati nel mio salotto mentre... "AAhhhh" impreco di nuovo sferrando un calcio al divano. Basta, non ci voglio più pensare: è sabato, sono libero, totalmente libero e stasera festeggio a modo mio questa libertà ritrovata. Stasera non ho nemmeno voglia di uscire: ho fatto scorta di birre, ho due bottiglie di ottimo rum agricole e ho appena finito di guardare tre puntate di fila di una serie tv fantascientifica che mi sta prendendo molto. Svaccato sul divano, la stanza al buio, faccio zapping distrattamente e mi ritrovo davanti, a tutto schermo, le curve giunoniche di Elettra Lamborghini che canta (insomma, canta) la sua ultima canzone. Mi alzo in piedi, con il bicchiere di rum in mano, alzo il volume a palla e ballo al ritmo latino scimmiottando il movimento dei fianchi di Elettra "musica e il resto scompare...seeee" grido a voce alta, forse sono un po' brillo ma chi se ne frega, non devo rendere conto a nessuno. A nessuno! BLIN ! BLIN ! Il cellulare vibra, si illumina ed emette il suo fastidiosissimo suono proprio mentre le ballerine stanno twerkando come se non ci fosse un domani. Sbuffo per l'arrivo di un messaggio, ma vado a vedere di cosa si tratta, certo che non possa trattarsi di Martina: l'ho, semplicemente, bloccata. Il messaggio dice: "Buonasera signor Manfredi, sono l'amministratore di condominio, nonché sua vicina di casa del piano di sotto, sono le 23,30 e giungono rumori molesti dalla sua abitazione. La invito a spegnere la TV e a rispettare le ore di riposo notturno. Cordialità" Guardo ancora le parole scritte sullo schermo: io ho una vicina di casa del piano di sotto? Boh e chi l'ha mai vista? Beh sì, certo, non abito mica da solo nel palazzo, lo so bene, ma esco la mattina presto e rientro la sera tardi, tutti si fanno i fatti loro e nei due anni che abito in questo appartamento praticamente ho conosciuto solo la mia vicina di casa di pianerottolo, che tra l'altro ci abita solo da un anno, una vecchina con micro cane a seguito, un chiwawa incarognito che ogni volta che mi vede ringhia con la cattiveria di un rottweiler. La cara vecchina secondo me passa le giornate a guardare dallo spioncino, perché la becco spesso sul pianerottolo sia quando esco che quando rientro, mi sorride e mi abbaglia con una sfilza di denti fintissimi, neanche la pagassero per fare la reclame dell'adesivo per dentiere. Poi, quando il cane comincia a ringhiarmi contro, lei esce dalla paresi facciale e mi guarda in cagnesco, come il cane. Uguale! Mah, ognuno ha le sue manie. Comunque, io l'amministratore di condominio non l'ho mai visto e nemmeno sapevo che abitasse in questo stesso palazzo, anche perché alle riunioni di condominio non ci sono mai andato. Sarà un'altra megera con cane abbinato! Rileggo ancora il messaggio: "riposo notturno?" Ma è sabato sera cazzo, ringrazia che non ho dato una festa! E riprendo a ballare come nulla fosse, mentre la musica remixata si fonde con un'altra, dal ritmo più scatenato. La canzone non giunge neanche al termine che un altro suono arriva a infastidire le mie orecchie: questa volta non è il cellulare, ma proprio il campanello di casa. E ho come il brutto presentimento che non sia qualcuno che si voglia unire al mio festino. Sbuffo sonoramente, accendo la luce del salotto e vado a vedere chi cavolo bussa a quest'ora a casa delle persone civili. Afferro la maniglia con decisione, apro e... Davanti a me c'è uno strano esemplare femminile: una donna, all'apparenza giovane, con un cappotto lungo quasi fino alle caviglie, da dove spunta una specie di pigiama....un momento ma sono unicorni rosa quelli? Strabuzzo gli occhi e continuo la mia ispezione, certo che il rum mi stia distorcendo la vista. Dunque, dicevamo? Cappotto marrone oversize, pigiama con unicorni rosa e...ok è uno scherzo: la donna unicorno indossa delle decollété rosa shocking tacco dodici! Sbatto gli occhi inebetito e sollevo lo sguardo, ma il suo non lo incrocio, perché indossa degli occhiali da sole scuri e dalle lenti grandi, i capelli ribelli raccolti malamente sulla nuca. Questa tipa non sta bene, poco ma sicuro, e ha certamente delle strane intenzioni, perché incrocia le braccia al petto sbuffando e battendo ritmicamente un piede sul pavimento del pianerottolo. Ci manca solo che esca la vecchina con il chiwarottweiler e il circo è al completo. Ma siccome sono una persona educata faccio l'educato: "Buonasera, si è persa?" "Persa? Perché mai dovrei perdermi?" risponde la donna unicorno continuando nel suo ticchettio spazientito. "Non so, forse ha smarrito la strada di casa e cerca indicazioni?" "Ma io sono già a casa, signor Manfredi" sbuffa, sarcastica. "A casa di chi, prego?" ora sono io a mettere la mani sui fianchi preparandomi a sentire un'altra cazzata. "Sì, insomma" spiega la tipa "non nel senso che casa mia è casa sua; intendevo che abitiamo nello stesso palazzo. Le ho mandato un messaggio poco fa: sono la sua vicina del piano di sotto" "Eehh?" Ok, questa non me l'aspettavo, la osservo di nuovo e poi sbotto: "ma lei non è vecchia!" Come in risposta a un magico richiamo l'altra porta sul pianerottolo si spalanca e appare la vecchina in vestaglia e chiwawa in braccio che ci osserva torva ed esclama: "Che succede qui?'" La donna unicorno si volta, si avvicina alla vecchina e di nuovo mi stupisce rispondendole, amabile: "Non è nulla zia Priscilla, sono io, Susanna. Devo scambiare due parole con il signor Manfredi, che mi stava gentilmente facendo accomodare. Vai pure a letto, zia" Zia Priscilla, rincuorata dalla nipote, le sorride smagliante, poi però a voce bassissima, ma non abbastanza perché non possa sentirla dalla mia posizione le mormora, riservandomi a distanza uno sguardo torvo: "Va bene Susannina, vado a letto, ma fai attenzione a quel tipo, è da un po' che lo tengo d'occhio e mi sembra poco raccomandabile. Non è che vuoi portare con te Roxi per difesa?" e fa per porgerle il chiwawa, e un brivido mi percorre la schiena all'idea che la bestiolina possa entrare in casa mia. "No, zia Priscilla, è tutto ok. Buonanotte" risponde Susannina spingendo zia Priscilla dentro il suo appartamento e si volta solo dopo che è sicura che la porta si sia richiusa per bene. "Le consiglio di farmi entrare" si rivolge a me sussurrando vagamente minacciosa "perché zia Priscilla è senza ombra di dubbio dietro lo spioncino a vedere cosa ci facciamo ancora qui sul pianerottolo, e se entro dieci secondi non mi fa entrare sicuramente riapparirà". E comincia a fare un countdown con il labiale, e un altro con le mani aperte davanti al petto, dove ad ogni secondo inesorabilmente le dita, dalle unghie perfettamente laccate nello stesso rosa shocking delle scarpe, si chiudono sul palmo. Otto, sette sei: che faccio? Cinque, quattro, tre...ok non so quale sia il rischio peggiore ma spalanco la porta di casa mia e, a voce più alta del normale esclamo: "Ma prego si accomodi, Susanna" accompagnando le parole con un gesto plateale di benvenuto e la suddetta, con tutti i suoi unicorni rosa annessi supera la soglia di casa, che prontamente chiudo alle sue spalle, togliendo a zia Priscilla l'ultimo spettacolo serale prima della nanna. "Bene, a cosa devo il..." "Signor Manfredi" Susanna mi interrompe prontamente rovesciandomi la sua paternale come un fiume in piena e agitandomi davanti al naso un ditino smaltato "le ho inviato un messaggio pregandola di abbassare il volume del televisore: ho avuto una settimana che definire pesante è poco, è quasi mezzanotte e, soprattutto, il regolamento condominiale vieta rumori molesti dopo le ore 23" Io, investito da una tale raffica di parole, taccio, sorpreso ma... lo ammetto, questo fare da maestrina mi provoca pure uno strano sussulto ormonale, che buffo! Quindi è davvero l'amministratore di condominio, senti senti: altro che vecchia megera! Però la tipa rimane comunque strana e infatti, rimasto temporaneamente a corto di parole, abbasso lo sguardo, massaggiandomi pensieroso la nuca, e incrocio di nuovo le decollété rosa shocking che indossa sopra al pigiama e davvero questa cosa è così curiosa che sto per chiederle... "Non uso pantofole" "Eh?" rispondo io, stupito "Si starà chiedendo perché indosso le scarpe sopra al pigiama" mi spiega, pragmatica e professionale come stesse descrivendo i risultati trimestrali dell'ufficio marketing "A casa ho il riscaldamento a pavimento, quindi mi piace camminare a piedi nudi e non uso pantofole. Ero già a letto ma non riuscivo a dormire per via dei rumori che provenivano dal suo appartamento, perciò ho infilato il primo paio di scarpe che mi sono capitate a tiro e sono salita da lei" Il ragionamento non fa una piega, e di nuovo sento uno strano caldo formicolio lungo la colonna vertebrale, e più giù, dove il mio "amico" dà segni di interesse. "Sta' buono" gli ordino "tu che c'entri adesso?" Ma Susanna ha ripreso a ticchettare spazientita la scarpa sul pavimento, ed è chiaro che sta aspettando la mia spiegazione e le mie scuse per non aver rispettato il famigerato regolamento condominiale. Ce l'ho una scusa plausibile - considerato che volevo farmi i fatti miei in santa pace e passare una serata finalmente da solo? Ho un'illuminazione e decido di giocarmi, teatralmente, la carta della sincerità. Assumo quindi la faccia da cucciolo bastonato (sono un bastardo, lo so - stronzo no ma bastardo sì) e le dico, con tono di voce dimesso: "Sono desolato Susanna, non era mia intenzione ma vede..." e comincio a trasformare i lineamenti del mio viso in una maschera tragica "sto attraversando un brutto momento, la mia relazione sentimentale è stata interrotta, in poche parole la mia ragazza mi ha lasciato e..." e sto quasi per singhiozzare se non fosse che le spalle di Susanna cominciano a sussultare vistosamente, ed è lei che comincia a singhiozzare, prima sommessamente, poi in modo sempre più scomposto, fino a quando con una mano solleva gli occhiali, per portare l'altra mano agli occhi e svelare il motivo delle lenti scure: santo cielo, un panda rosa! Susanna ha gli occhi truccati di rosa, colore che sposerebbe benissimo con gli occhi nocciola che ho intravisto, se non fosse che l'eyeliner e il mascara sono tutti sbavati come in due grandi occhiaie nere tipo panda, segno che le lacrime di ora non sono le prime della serata: ha già pianto, e copiosamente! Se c'è una cosa che mi smuove nel profondo è vedere una donna che piange; il pensiero poi che sia io a farla piange mi è intollerabile, però non credo davvero di aver fatto qualcosa per provocare queste lacrime. E ora che faccio? Susanna piange scompostamente e tra le lacrime dice: "Anche tu? E' terribile, terribileeee" biascica tra i singhiozzi, tanto che mi decido di tentare di darle un minimo di conforto appoggiandole una mano sulla spalla e invitandola ad accomodarsi sul divano, per poi porgerle la scatola dei kleenex poggiata sul tavolino di fronte. Mi siedo accanto a lei, a debita distanza, mentre Susanna afferra i fazzoletti e si soffia sonoramente il naso, poi con un altro prova a tamponare il lago che esonda dai suoi occhi (tra l'altro, che belli, cavolo!). Tra un singhiozzo e l'altro mi rivolge gli occhi lucidi, dicendomi: "Anche tu sei stato lasciato dalla tua ragazza? Oh, è una cosa terribile, ti capisco, ti capiscooooo...." e torna a inzuppare il fazzoletto. Quindi sta piangendo perché è stata lasciata dal suo uomo, beh mi dispiace. Pensare che io, per lo stesso motivo, stavo festeggiando! Ma a lei non posso dirlo, anzi devo reggere la parte, così magari non tornerà più sull'argomento regolamento condominiale. Assumo di nuovo la faccia da cucciolo smarrito e mi accosto un po', rincuorandola "Beh, si, è stato un duro colpo, dopo tre anni, e avevamo appena cominciato a convivere che..." ma questa notizia scatena un nuovo diluvio di lacrime. "Anche noi avevamo cominciato a convivere da poco e poi..." poi spalanca gli occhioni e mi guarda, seria "ce l'ha qualcosa di forte?" Capisco che voglia qualcosa di alcolico e, senza pensarci, le porgo il bicchiere di rum che stavo gustando fino a poco fa. Susanna afferra il bicchiere e lo porta alle labbra (che belle labbra, piccole e carnose come un bocciolo). Però dopo averlo assaggiato fa subito una smorfia e mi restituisce il bicchiere. "Ma a lei piace questa roba?" commenta accompagnando il tutto da una smorfia deliziosa. "Beh si, è un ottimo rum agricole invecchiato dodici anni, lascia un sapore caldo e avvolgente in bocca" e così dicendo ne bevo un sorso. "Caldo e avvolgente in bocca?" mormora Susanna e, un istante dopo, senza nemmeno darmi il tempo di capire perché e per come, si slancia verso di me, appoggia entrambe le mani sul mio viso e mi travolge con un bacio. Ma non un bacio e basta: Susanna si è letteralmente tuffata sulla mia bocca e la sua lingua prontamente si sta facendo spazio a cercare la mia, la trova, la circuisce, la intreccia alla sua, esplorando tutta la mia bocca come fosse assetata e affamata. E io, benché stupito da questa assurda mossa poso d'istinto il bicchiere, immergo le mani nei suoi capelli e rispondo al bacio saziando la sete della sua lingua e la fame della mia, lasciandomi travolgere da una sensazione di piacere indecente, considerando che sto baciando una perfetta sconosciuta. Ma mi accorgo in questo momento che era da tanto che non baciavo in questo modo, ovvero non con la sola bocca ma con tutto me stesso, in uno slancio dei sensi che mi sta ubriacando più dei 38 gradi del rum. Lentamente l'intensità del bacio si ammorbidisce, ma Susanna non sembra affatto pentita del suo piccolo assalto, si stacca dolcemente e mi sorride con delicata malizia. "E' vero, ha un gusto caldo e avvolgente" ammette, quasi timidamente, e poi si mette a ridere di gusto (quanto è bella quando ride, anche con gli occhi cerchiati dal pianto recente) "pensare che il mio ragazzo ha sempre detto che non gradiva questo tipo di baci, diceva che baciavo "troppo" intensamente...tu trovi che io baci troppo intensamente?" e mi spalanca di nuovo gli occhioni da panda. "Oh no, ti assicuro che l'intensità è quella giusta, anzi...." e mi avvicino per ripetere subito l'esperimento, se non che lo sguardo di Susanna si è spostato su qualcosa alle mie spalle. "E quello cos'è?" mi giro e vedo che indica dietro di me un palo di acciaio che va dal soffitto al pavimento "Quello è un palo da pole dance. La mia ex è un'insegnante e lo usava per..." Susanna incuriosita si alza dal divano, lascia cadere il cappotto e, in pigiama e tacchi a spillo, si avvicina al palo, lo guarda, lo tocca, lo studia, ci gira intorno accarezzandolo con la mano. E' paradossale vederla indossare quel pigiama a piccoli unicorni, eppure la trovo estremamente sensuale. "Non ne avevo mai visto uno da vicino" ammette "è curioso, molto curioso. Ho fatto danza classica per quattordici anni, sono ancora abbastanza elastica" e così dicendo, tenendosi al palo con una mano, esegue una serie di figure che normalmente le ballerine eseguono alla sbarra per riscaldarsi. E per la verità sto cominciando a scaldarmi anch'io, mentre il mio amico là sotto nei pantaloni sta diventando un'ingombrante presenza. Poi, dopo una serie di piegamenti, Susanna afferra il palo con un mano, slancia all'indietro una gamba e poi su, sopra la testa, quasi in una spaccata, solo che anziché essere sulle punte è sui tacchi a spillo. E poi, all'improvviso, si blocca in posa, mi fissa e la sua voce stentorea intona: "Creole Lady Marmaladeeeee" come Christina Aguilera, ma è solo l'inizio perché, sotto i miei occhi increduli, continua a cantare "voulez vous coucher avec moi, ce soir" ancheggiando sinuosamente i fianchi intorno al palo, mentre comincia ad aprire i bottoni del pigiama. Sto assistendo a un vero e proprio spettacolo, e i miei ormoni stanno per raggiungere picchi altissimi, ho caldo e, se non mi controllo, tra poco sbaverò sul tappeto come un sambernardo. Susanna intanto ha sbottonato l'ultimo bottone e, come una ballerina burlesque professionista, apre di scatto la giacca del pigiama, rivelando un reggiseno di pizzo nel solito rosa shocking abbinato, e che da stasera è diventato il mio colore preferito. Con una mano estrae due forcine dai capelli scuri, che le cascano liberi in onde sulle spalle. Due strusciamenti contro il palo, sempre cantando la canzone, e la giacca è già tra le sue mani, la fa roteare in aria e me la lancia, come fossi il suo pubblico, e io approvo fischiando sonoramente. Afferro la giacca al volo e non posso fare a meno di portarla al viso, annusando il suo profumo di donna. Pessima mossa: drogato all'istante, come se già non lo fossi da questa scena pazzesca che sto gustando come un bambino di fronte ai fuochi artificiali. La canzone è quasi al termine, come calamitato mi alzo dal divano ridendo per avvicinarmi a Susanna, che sta ancora danzando eroticamente intorno al palo, e farle un applauso per la performance. Ma appena mi avvicino Susanna si esibisce in una rotazione più veloce intorno al palo e, in un momento di distrazione, perde la presa e il braccio si trova senza appiglio. Istintivamente mi precipito su di lei, la afferro, ma non solo non le evito la caduta, ma mi trascina con sé. Fortunatamente cadiamo entrambi sul tappeto, sbatto una spalla ma riesco a proteggerle la testa chiudendola in un abbraccio. Due secondi di silenzio assoluto, poi le spalle di Susanna cominciano a sussultare piano, mentre il suo viso è nascosto dai capelli. Tremo al pensiero che stia per piangere di nuovo, mi sento stringere il cuore. Il movimento delle spalle si accentua, ora trema tutta ma, incredibilmente, erompe in una risata fragorosa, radiosa, pazzesca e contagiosa, e non posso fare a meno di ridere con lei, di gusto. Allento la presa su di lei (ho accarezzato i suoi fianchi morbidi, che meraviglia) e ora lei giace supina sul tappeto e io la guardo dall'alto, sorretto dalle braccia. Ridiamo ancora, come due deficienti, il suo petto ansima per la fatica del balletto appena eseguito, e quel reggiseno rosa mi attira come fosse una scritta al neon. Non resisto e con una mano le scosto i capelli appiccicati al viso dal sudore, guardandola intensamente negli occhi. "Complimenti, dovresti farti pagare il biglietto..." le sussurro mentre continuo a guardarla e ad accarezzarle i capelli. "Naaa" si schernisce sorridendo "mi esibisco solo privatamente, e solo se mi va" "Ummm, allora devo ritenermi fortunato" ammetto "Fortunata anch'io, visto che era un po' che non mi divertivo così tanto" E dopo queste parole non resisto più, mi chino su di lei, e la bacio con indicibile dolcezza, gustandomi il contatto con le sue labbra morbide, abbassandomi leggermente per percepire il calore del suo corpo contro il mio, mentre Susanna risponde portando le mani sulla mia camicia, prima sul petto, e poi sulle spalle e infine sulla nuca, che mi solletica con le unghie. Ci assaporiamo lentamente, e mi scopro invaso da una riscoperta passione, che da troppo tempo con Martina non provavo più. Questo senso di rinascita mi sconvolge e mi rallegra allo stesso tempo, e credo sia lo stesso per Susanna, che in fondo sta vivendo la mia stessa esperienza. Le nostre labbra si staccano dolcemente e Susanna, pensierosa, mormora: "pensare che il mio ex non gradiva affatto che io ballassi per lui, eppure ci siamo lasciati perché lui è tornato con la sua ex e..." un lampo le attraversa gli occhi, fissi in un punto indistinto "ora che ci penso, la sua ex faceva l'insegnante di pole dance!" A quelle parole ci guardiamo stupiti ed esclamiamo simultaneamente: "Stramaledettissimo stronzo!" "Stramaledettissima stronza!" Ci fissiamo ancora e poi esplodiamo in una fragorosa risata, per poi riprendere a baciarci, con più gusto di prima. ... Da dietro la porta di casa sua Zia Priscilla osserva ancora le scale dallo spioncino, chiedendosi come mai Susanna non sia ancora uscita dall'appartamento di Filippo Manfredi. Però il sonno ormai vince sulla curiosità e, rassegnata, si trascina stancamente verso la camera da letto, mentre Roxi dorme tranquillo nella sua cuccetta. https://www.instagram.com/p/CMt6Sv0rIxwRtHfb8ANPgJibl03aKjEjzOhgDM0/?igshid=56391cssuu2g
0 notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Non mi aspettavo grandi cose da questo nuovo anno, a giudicare da come si è concluso quello passato, avevo portato il livello delle mie aspettative ai minimi storici, ciononostante, non ero preparata. L'unica stabilità degli ultimi 3 anni se n'è andata esattamente 7 giorni fa portando via con sé il nostro cane, un set di piatti e le mie tenui speranze per il futuro. Ho versato tutte le lacrime che mi sono permessa di lasciar uscire, urlando, ho rotto il portafoto con la polaroid scattata durante la vacanza in Sicilia e maledicendo tutte le sue stramaledette paure ad impegnarsi. Ho lavorato tutte le ore possibili per non tornare al silenzio di questa casa, passando le restanti a pulire per cancellare ogni traccia lasciata da lui e ora, in questa domenica sera, mi aggiro per la casa vuota, con il sottofondo di Elettra Lamborghini che mi ricorda che la musica salva da ogni male. O almeno dovrebbe, perché stasera mi sento triste ad ogni nota, disperata e inconsolabile. Mi domando dove sono finita io? Quella donna forte e indipendente che sono sempre stata, quella che ha aperto il suo negozio di abbigliamento affidandosi solo alle proprie forze, quella che ha comprato questo delizioso appartamento con giardino, quella che ha vissuto sola all'estero realizzando il suo grande sogno. Dov'è tutta quella forza? È annegata nel cesto della biancheria da lavare, quello che il sabato svuotavi tu quando io lavoravo tutto il giorno. È finita nel trovare la cena pronta quando ero troppo stanca anche solo per alzare la forchetta, si è sciolta in quel piede bollente sotto le coperte che mi faceva sentire protetta nelle sere d'inverno. Lì, nella sicurezza quotidiana di condividere i problemi, è finita la mia indipendenza. Mi sono rilassata per la prima volta in vita mia, è stato inaspettato e bellissimo ma adesso, ho nostalgia di tutto. Soprattutto, mi manca sapere di poter crollare in qualunque momento, perché ci sarai tu a raccogliere tutti i miei pezzi disgregati e a strapparmi un sorriso con la tua pungente ironia. Invece, questo è esattamente quello che ti ha portato via di me. Troppa sicurezza si è trasformata in noia per te, troppo rilassamento è diventato banalità e la stabilità ha preso la forma di una gabbia. Così te ne sei andato. Hai detto, come fanno tutti, che si tratta solo di una pausa ma sappiamo entrambi che non tornerai. La libertà ha un sapore troppo dolce per te e dopo 7 giorni, io ho deciso di rimettere insieme i miei cocci da sola. Ne uscirò più forte di prima e rinascerò come solo una donna sa fare. Prometto ora che non lascerò più che un uomo mi allontani da me stessa, resterò fedele a ciò che mi fa brillare gli occhi in qualsiasi condizione. Sto prendendo nota dei miei nuovi propositi, quando sento lo squillo di una notifica sul cellulare, il cuore inizia a battere all'impazzata e la mente sta già galoppando, so chi vuole che sia, so che voglio che sia lui. Afferro il telefono con le mani tremanti e leggo il messaggio sul display, un largo sorriso si apre sul mio volto. "Sto arrivando" e mentre leggo il messaggio, rido e piango insieme. Solo cinque minuti dopo sento il suono del campanello. Apro la porta e mi vedo piazzare una bottiglia di vino in mano, investita da un uragano di capelli ricci. Davanti a me c'è la persona che ogni volta mi tira fuori dai miei abissi senza chiedere niente in cambio, che mi guarda andare con il culo per terra e con pazienza mi aiuta a rialzarmi. Lei è Anna, semplicemente la mia migliore amica. "Hai una pessima cera, lascia che te lo dica!" mi dice con un tono di rimprovero e con uno sguardo di disapprovazione, prima di aggiungere: "Tu adesso vai di là, ti dai una bella ripulita e ti metti uno dei tuoi vestiti da gara. Io nel frattempo stappo questo vino e preparo qualcosa da mangiare, perché tu non hai cenato vero?". Lei è così, autoritaria, sicura e con il cuore più grande che io abbia mai visto. Dopo aver finito di impartire ordini con finta rigidità, mi stringe forte in un abbraccio e lascia che io mi sciolga in quello che, decido, dovrà essere l'ultimo pianto liberatorio di questa sera. Anna mi lascia sfogare, so che è venuta per questo poi con un gesto materno mi asciuga gli occhi e mi sorride. La sua sola presenza mi ricarica, le do un bacio sulla guancia e vado in camera mia, come mi ha ordinato. "Cosa hai in mente?" le grido dalla mia camera mentre passo in rassegna il mio guardaroba. Ha ragione, ho una collezione di abiti da capogiro che non indosso da almeno 3 anni perché lui diceva che mi preferiva semplice. Coglione! Mi aveva convinto che la mia semplicità lo eccitava e poi ha finito per annoiarsi. Stupida io, che ho spento il mio fuoco per adeguarmi alla sua temperatura tiepida. Finalmente sento questa rabbia che sta affiorando e ho intenzione di trasformarla in grinta per riemergere. Torno di là e trovo due bicchieri colmi di vino ad aspettarmi. "Non dovevi preparare da mangiare? "le dico con una nota acida che non si merita. "Prima di tutto sei uno schianto! E poi, tesoro, è difficile inventare una cena con la dispensa vuota! Me lo dici da quando non ti fai un pasto decente?" mi guarda con preoccupazione ma non attende la mia risposta, con un dito fa partire la nostra playlist preferita e si avvicina con il bicchiere. "Brindiamo a un futuro pieno di orgasmi!" e con la mano fa il gesto del dito medio. Riesce sempre a farmi ridere, sboccata e sopra le righe mi travolge ogni volta con la sua filosofia genuina. Una single per scelta, ma io so che è ha solo troppa paura di soffrire ancora dopo l'ennesima storia andata male. Noi ci compensiamo, riflessiva io, istintiva lei, alterniamo folli serate passate a bere e ridere, a momenti di interminabili chiacchiere su quanto siamo fragili e inguaribili romantiche. Semplicemente ci siamo l'una per l'altra. Sempre, come stavolta. So già come andrà a finire, dopo il primo bicchiere non avremo più voglia di uscire e lei finirà con il dormire sul mio divano, per questo ho scelto questo abito decisamente troppo corto. È il mio tubino delle grandi occasioni, nero e stretto che fascia le curve, l'ho indossato l'ultima volta per una festa di Capodanno in cui volevo rimorchiare il cameriere, anche se le cose non sono andate come previsto, quella stessa sera ho conosciuto Giovanni. Tre anni fa. Abbiamo parlato tutta la sera, mi ha affascinato con la sua cultura e all'alba del primo giorno dell'anno, con la scusa più vecchia del mondo, mi ha proposto di vedere la sua collezione di libri. Ovviamente, non abbiamo letto nemmeno una pagina. Ecco, questa sarà la serata giusta per sovrapporre un nuovo ricordo a questo vestito. Il brindisi l'ha fatto lei e io non ho nulla da aggiungere, mi godo la sensazione inebriante delle bollicine fresche che scorrono lungo la mia gola e dopo il primo sorso già sento che mi sto rilassando. La musica riempie la mia cucina e la colora di suoni. Anna ha portato con sé tutta la sua l'energia esplosiva. Iniziamo a ballare sulle note di un Vasco d'annata che urla "Rewind" e noi giriamo nella stanza come la ragazza del videoclip, quella con il walkman. Sono passati tanti anni ma certe canzoni mi riportano sempre indietro nel tempo, a quando i problemi li scrivevi sul diario e il giorno dopo scomparivano dentro alla pagina dei consigli di Cioè. Ridiamo e saltiamo per la stanza fino all'attacco di Cindy Lauper e della sua "Girls just wanna have fun", scusa Elettra ma proprio non ci siamo, ora va decisamente meglio! Abbiamo tra le mani i miei cucchiai di legno da usare come microfoni, la bottiglia è finita e la musica è tanto alta da non sentire il suono del campanello alla porta. Al secondo tentativo riconosco il rumore e mi blocco di colpo, guardo Anna, chi può essere a quest'ora? Lei mi sorride di rimando, strizzandomi l'occhio "Vado io!". La seguo sospettosa, non mi sono mai piaciute le sue sorprese! Sulla soglia trovo il fattorino che regge in mano il cartone di una pizza gigante, il fattorino più sexy che io abbia mai visto. Non so se sono più interessata alla pizza o alle mani che reggono la scatola. È giovane, come è ovvio che sia, ma ha un velo di barba che lo fa sembrare più adulto e molto maschio. Occhi intensi, scuri e un sorriso dolce e imbarazzato che mi stimola non poco. Anna lo invita ad entrare e io mi precipito a cercare la borsa per pagarlo. Vago per la casa annebbiata dall'alcool senza ricordare dove cavolo l'ho buttata. Nel frattempo, sento la voce lontana di Anna tempestare di domande il ragazzo e lui balbettare delle risposte confuse. Finalmente mi ricordo di aver lasciato la borsa sulla sedia della cucina e quando torno di là trovo la mia amica che cerca di sfilare con insistenza la giacca del nostro ignaro ospite. Mi viene da ridere, so che sta giocando ma l'imbarazzo sul viso del fattorino è davvero buffo. Mi avvicino con i soldi con l'intento di salvarlo da questo attacco ma quando incrocio il suo sguardo, leggo un certo interesse che mi sorprende e mi lusinga molto. I suoi occhi scendono alla scollatura sfacciata del mio vestito e percorrono tutta la linea del mio corpo. Gli sorrido e penso tra me che non c'è niente di male a giocare un po'. "Puoi tenere il resto, ma solo se ti fermi a farci un po' di compagnia..." nella mia testa è scoppiato il caos, ho davvero detto questa frase ad alta voce?! Anna si avvicina per darmi sostegno: "E' quasi mezzanotte e il tuo turno ormai sarà finito no? sono certa che non ci saranno altre consegne da fare questa sera..." Gli occhi del ragazzo si spostano da me alla mia amica e quel velo di timidezza che prima ostentava a protezione, cala improvvisamente. "In effetti, Signore, come potrei rifiutare una compagnia così interessante?" e senza preavviso, con un movimento sensuale, sfila la divisa che tanto saldamente stava cercando di salvare poco fa. "Come possiamo chiamarti...ragazzo?" Anna ha iniziato il suo gioco di seduzione mentre sta togliendo dal congelatore una bottiglia di Vodka gelata e tre bicchierini da shot. "Mi chiamo Michael" risponde lui e con rinnovata sicurezza si avvicina al tavolo per buttare giù lo shot in un lampo. Le sue braccia piegate lasciano intravedere un fisico giovane ed allenato, con muscoli forti che evocano in me la voglia di essere presa con decisione. Dopotutto, non sono poi così spenta. La musica sta partecipando a questo nostro gioco perché dalla playlist parte la canzone sensuale per eccellenza, sulle note di Bailando, di Enrique Iglesias, io e Anna ci guardiamo con uno sguardo complice e scoppiamo in una risata brilla. Michael sorride e inizia un ballo per noi che fa aumentare la temperatura non di poco. Lo guardiamo mentre muove sensualmente il bacino in pure stile cubano, a pensarci bene potrebbe avere origini sudamericane considerato il nome e la pelle leggermente ambrata. Si muove in un modo dannatamente sensuale e io non resisto, mi avvicino e lascio che le nostre gambe si incrocino. Con una mano all'incavo della mia schiena mi tiene salda e insieme iniziamo una danza lussuriosa dei nostri bacini. Mi abbandono alla sensualità di questa gioventù e lascio cadere il collo all'indietro, sorretta dalle braccia forti di questa distrazione pazzesca e inaspettata. Anna ha buttato giù gli altri due shot e si sta avvicinando alla scena. Si posiziona dietro Michael e ancheggiando segue il movimento dei suoi fianchi. Siamo tre sinuosi corpi rapiti dal ritmo della musica, Le mani di Anna stanno diventando audaci e si spostano a tastare i pettorali del nostro fattorino, mentre io godo del calore delle sue mani che dalla schiena sono scese a riempirsi dei miei glutei. Lo sento, Dio come lo sento! Il suo sesso è pronto e sta spingendo sulla mia gamba, così il mio corpo risponde con il fuoco che brucia tra le mie cosce. La curiosità di Anna si fa sempre più intraprendente e la guardo mentre le sue mani scendono fino a infilarsi nei pantaloni del ragazzo. Michal si volta verso di lei e con impeto la sua lingua prende possesso della sua bocca. Io sono eccitata come non mi capitava da tempo ma osservo la scena da fuori come se non ne fossi davvero una protagonista e mi accorgo che non lo sono. Non è quello che voglio. Mi allontano dalla cucina, improvvisamente sento il bisogno di aria, esco di casa, diretta verso il mio piccolo giardino segreto. Anna è troppo impegnata per accorgersene e va bene così, la ringrazio per questa distrazione, anche se ho realizzato che non sono ancora pronta. Abbracciata al giovane corpo di un ragazzo, ho chiuso gli occhi un solo istante e la mia testa si è riempita dell'immagine di un altro uomo, un uomo che non è più il mio. Mi avvio distratta verso il piccolo portico e trasalisco quando mi accorgo che sul dondolo nell'angolo c'è qualcuno, sto per urlare quando dalla sagoma lo riconosco, è Giovanni, il mio Giovanni. Lo choc si trasforma in rabbia: "Che cazzo ci fai qui? Mi è quasi preso un infarto!" "Elisa! Oddio scusa, non dovevo venire qui ma volevo vederti poi ho capito che non eri sola e non sapevo cosa fare..." " Esatto, non sono sola e mi sto anche divertendo molto! Senza di te ho imparato di nuovo come si fa. Ma poi tu cosa vuoi eh? Ti sei accorto che senza di me ti annoi?" finalmente l'onda della frustrazione sale dalla mia pancia e non ho intenzione di mettere a tacere questa voglia di urlare che ho! "Oppure ti senti solo senza la tua cara quasi-mogliettina che ti fa trovare tutto al suo posto, anzi, lasciami indovinare, sei solo il solito stronzo che..." non mi lasci finire la frase e ti avventi su di me chiudendomi la bocca con un bacio famelico. Non riesco a porre nessuna resistenza, il mio corpo aveva già iniziato a reagire quando ha riconosciuto la curva delle tue braccia stese sul dondolo. È un bacio avido, affamato che sa di rabbia e nostalgia. Le tue mani mi tengono il viso e ora le tue labbra sono scese al mio collo, tracciano la scia della loro voglia che risale fino a succhiare il lobo del mio orecchio, perché lo sai quanto mi fa impazzire. Ci conosciamo, i nostri corpi si sono amati ed esplorati in questi tre anni e insieme siamo cresciuti. Le mie mani sono scese automaticamente ai tuoi fianchi, afferrandosi al quel tuo punto vicino alla cintura che so farti perdere il controllo. Carichi tutto il mio peso e mi fai scivolare sull'erba umida e mentre le tue mani armeggiano con il mio vestito, avverto il freddo della terra sulle mie gambe nude eccitandomi ancora di più. Il tubino è già volato via mentre le tue mani cercano tra le mie gambe il consenso a proseguire. La rabbia si è trasformata in passione animale e io ti sto mordendo ovunque riesco a raggiungerti, collo, spalle e braccia sono marchiati dai miei denti mentre le unghie stanno lasciando solchi sulla tua schiena. Hai liberato quel tuo membro duro e gonfio che mille volte mi ha fatto godere e con un colpo scivoli dentro di me. Di nuovo, come se fosse la prima volta, sento un universo di piacere esplodere dentro me. Stiamo ansimando, gemendo e ringhiando in questo amplesso di passione e dolore che ci sta riportando a casa. I nostri corpi di stanno divorando dalla voglia. Tu spingi e io grido, il mio orgasmo soffiato è soffocato dal mio braccio tra i denti, altre due spinte profonde e sento il tuo seme caldo colarmi dentro, in una sensazione che mi rende confusa e felice. Stiamo ansimando e negli spasmi del piacere appena provato si aggiungono i miei singhiozzi di smarrimento. Mi abbracci forte e una goccia salata cade sul mio viso, stai piangendo anche tu ed è la prima volta che ti vedo così vulnerabile. Alzi la testa per guardarmi negli occhi e io rivedo quella luce della prima volta che ci hanno presentati, quello sguardo che mi ha fatto sentire la donna più bella del mondo. "Questo mi mancava, questo fuoco ardente nei tuoi occhi!" mi dici con una voce graffiata, prima di proseguire "Mi dispiace, io ho avuto paura..." inizi a parlare e la tua solita spacconeria ha lasciato il posto a una dolcezza disarmante che io proprio non mi aspettavo, tu che abbassi tanto le difese da chiedere scusa. Stai per continuare ma ti fermo posandoti un dito sulle labbra. "Va bene, dopo ne parliamo" ti dico. Dopo sì, adesso voglio ascoltare il suono dei nostri corpi rinati nella passione, voglio mettere attenzione su chi sono io quando lascio che la mia energia bruci e non voglio più dimenticarlo. Mi sono adattata a una situazione ma ora so di non volerlo più fare, ora mi ricordo chi sono. Non so come andrà ma adesso sento che ci meritiamo una seconda possibilità. Il freddo della terra sotto di noi inizia a farsi sentire, dovremmo entrare in casa ma mi ricordo di Anna e del fattorino e una grassa risata mi esce dalla gola, se conosco bene la mia amica, la casa non sarà agibile almeno per tutta la notte. "Ciao, io mi chiamo Elisa, ti va di portarmi a casa tua, avrei voglia di leggere un buon libro..." https://www.instagram.com/p/CMt5WhArChGQOwIp3-qdMHX9_UILN9EoJk8gjU0/?igshid=15m9og577cya1
0 notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
È uno stronzo. Mi ha lasciato per quella troia di Marisa. Ma come ho fatto a non capirlo prima. Poi Marisa. Un nome osceno anni cinquanta. Chi chiama Marisa una figlia. Accendo la televisione per cercare di distrarmi perché questa casa mi ricorda tutto di lui. Là c'è "Il bacio" di Klimt comprato a Vienna oppure, di fronte a me c'è "La persistenza della memoria" di Dalì. E, sotto, c'è quell'orribile mobiletto comprato da IKEA dove ci ho sbattuto mille volte il mignolo maledicendo lui e le sue voglie di bricolage. Ci sono le nostre foto appese in salone. Dal divano guardo quelle sopra la libreria. Le foto dei nostri viaggi. Quella scattata davanti al Tesoro di Petra. Il nostro primo viaggio insieme. Sono passati cinque anni. Tra i libri di Coelho, invece, c'è il nostro sorriso a Oia, a Santorini due anni fa. Proprio mentre il sole infuocato si tuffava nel blu dell'Egeo, lui, mi disse a bruciapelo: "Mio zio parte per lavoro e starà sette anni in Messico a lavorare all'ambasciata. Mi ha detto se voglio il suo appartamento a via Turati. Vuoi venire a viverci con me?" Sorrisi come non avevo mai fatto in vita mia. Il cuore in petto batteva all'impazzata per la felicità. Gli buttai le braccia al collo e strillai L E T T E R A L M E N T E  il mio si. Mi sembrava un sogno: abitare in un appartamento vicino al centro di Milano, con un affitto ridicolo e tutto questo dividerlo con Samuele. Suggellammo il momento con un calice di champagne, un bacio e la foto del tramonto più bello del mondo. "Ed ora il momento dell'ultimo Big in gara. Ecco a voi Bugo." No dai Bugo no. Spengo la tv e, mentre mi dirigo al frigorifero, chiedo ad Alexa della musica dance italiana. Apro il reparto congelatore ed estraggo un vasetto di Haagen-Dazs al cioccolato belga e nocciola. "Questa notte dormo sul divano Altro che pensare a te Tanto qui resta la Musica e il resto scompare" Sorrido, ironicamente, due volte. La prima perché, Elettra Lamborghini che Alexa mi propone, è peggio di Bugo, la seconda perché odio questi vasetti di gelato. Sono dolcissimi e piccoli ed io, in questo momento, ho voglia di coccole al cioccolato, possibilmente fondente e soprattutto una confezione gigante di gelato così che mi si congeli il cervello in modo da non pensare più a nulla. Prendo il cucchiaino dal cassetto della cucina e l'affondo prendendone un po'. Lo metto in bocca lo riscaldo tra la lingua e il palato e lo mando giù. Sarà anche dolcissimo, però, è fottutamente buono. Mi riavvicino al divano, mi siedo incrociando le gambe e, nonostante i primi caldi di marzo, mi copro col plaid a tinte scozzesi. Il "nostro" plaid che sa ancora di te. Sento ancora il tuo stramaledetto profumo che mi pervade il cervello e mi penetra fino in fondo. Quante volte ci siamo accoccolati qui sotto mentre vedavamo un film e, prima della fine dello stesso, sempre la solita storia. Fine del film no, far l'amore si. Tu dentro di me e io dentro la tua testa. Ecco. Meglio prendere un'altra cucchiaiata di gelato e cercare di non pensare alle arrabbiature di questi ultimi tre mesi. Di quando tu mi passavi vicino e di quanto sembrassi trasparente ai tuoi occhi. Nelle ultime settimane ero così arrabbiata che ti avrei tradita con chiunque. Anche con Andrea, il tuo migliore amico, anche se non l'ho mai sopportato. Chissà quante volte ti avrà coperto per andare da quella. Sospiro. Mi passo i capelli dietro l'orecchio e riaccendo la TV. Ho voglia di vedere uno di quei film melensi, strappalacrime. Perché noi donne quando stiamo male facciamo di tutto per stare ancora più male? Deve essere colpa del nostro DNA oppure, Dio, dopo la cacciata dall'Eden, ci ha riservato anche questa prerogativa. Se rinasco, voglio essere un uomo. Meno pensieri, meno responsabilità e, soprattutto, loro, il cuore riescono a gettarlo oltre l'ostacolo. Noi, invece, lo teniamo sempre con noi. Lo accudiamo e lo coccoliamo come un tenero gattino appena nato. Loro invece pensano solo con quello che si trovano in mezzo alle gambe. Sono senza spina dorsale. Io sarei capace di esserlo? Altro cucchiaino di cioccolato e, dopo aver collegato il mio smartphone alla televisione apro l'applicazione Netflix. Scorro le commedie romantiche. Ce ne sarebbero da guardare... Vediamo. "Notting Hill" no. Visto troppe volte e non fa piangere. "La verità è che non gli piaci abbastanza" potrebbe andare se non fosse che è troppo scontato ed io non ho un Alex che mi aiuti a capire quanto siano stronzi gli uomini. Ecco "L'amore non va in vacanza" è il film giusto visto che il mio cuore non va in ferie da ben cinque lunghissimi anni. E poi diciamola tutta... Quanto è sexy Jude Law? Quegli occhi cerulei che ti penetrano. Mamma mia. Jude è veramente tanta roba. Blocco Alexa che mi stava proponendo una canzone di Fedez ed, un attimo prima di schiacciare il tasto play di Netflix, vedo il simbolo delle notifiche di Instagram. Apro l'app e vedo che ci sono tanti messaggi direct. Prima di aprirli, però, seguo il consiglio della mia amica Valentina. Apro l'applicazione SpyIG e vado sul profilo di Samboy89, il profilo di Samuele. Vedo le sue storie in perfetto anonimato così non vede che lo sto stalkerando. La rabbia mi pervade fin dentro le narici appena lo vedo sorridere sottobraccio con quella zoccola. Marisol99. Zoccola proprio. Pure il suo profilo. Con le foto in costume e col culo di fuori. Cosa ha più di me? Forse dieci anni di meno aiutano. Certo se una persona aprisse il mio profilo vedrebbe solo citazioni di Coelho e Allende. Oppure qualche frase d'amore di Baricco e Caramagna. Certo i miei quasi quattrocento followers non sono nulla contro i diciottomila di "M a r i s o l 89" tutto culo e tette. Certo, se rimanessi lucida, lei è bella ma, una foto col culo in bella mostra e sotto la didascalia "Noi donne, oltre i glutei c'è di più" cosa vuol scatenare? Gli ormoni di qualche mortodifiga solamente. Samuele non lo è mai stato. Perché è stato attratto da lei? Perché sta con lei e non con me? Io non ho le sue forme, o più precisamente, le mie forme sono diverse dalle sue e non in meglio... Raffaellaconsoli89. Anche il mio nome utente è anonimo. Forse è per questo che mi ha lasciata. Sono anonima e passo inosservata. Chiamata in arrivo. Numero sconosciuto. Chi è che mi chiama alle undici e mezzo di sera? "La signora Raffaella Consoli?" "Si. Chi parla?" "Buonasera sono Enea di Eni gas e luce e ho da proporle una super offerta gas per Lei che è già cliente del nostro ramo elettricità" Scoppio a piangere a dirotto e premo il tasto per chiudere la chiamata e lascio cadere il telefono accanto a me sul divano. Avrei voluto che fosse stato lui, Samuele. Che mi chiamasse da un nuovo numero. Che mi dicesse di avere sbagliato tutto e che solo io posso essere la donna della sua vita. L'avrei perdonato e accettato nuovamente. Allungo le mani sul tavolino di fronte al divano per prendere i fazzoletti. Asciugo le lacrime e mi soffio il naso. Mi volto verso lo specchio alla mia destra e il mio volto mi fa quasi paura. Sono struccata, gli occhi rossi di pianto ed, i miei favolosi capelli ricci color vermiglio, mi fanno sembrare Medusa invece che Julia Roberts. Ecco forse avrei dovuto scegliere "Pretty Woman" come film. E vorrei anche io il mio Richard Gere che mi viene a prendere e portare via. Il telefono trilla nuovamente. Altro numero sconosciuto. Se è di nuovo pubblicità questa volta li insulto. "Pronto?" "Raffaella?" "Si. Sono io. Chi sei?" "Scusami se ti sto chiamando. Di solito non faccio mai queste cose a lavoro ma l'ho sentita piangere e mi sono preoccupato per te. Tutto a posto?" Era di nuovo il ragazzo di prima. Mi asciugo nuovamente occhi e naso e lo rincuoro anche se la voce è singhiozzante. "Si grazie. Tutto a posto. Sei stato gentile a richiamare" "Scusami se te lo chiedo. Ma tu sei Raffaella Consorti di Rho e andavi al liceo scientifico Majorana in via Ratti? Sezione C?" "Si sono io perché?" "Sono Enea Raimondi. Non ti ricordi di me vero? Tu eri la più bella della classe e io ero il più brutto e secchione..." "Enea. Quanto tempo. Come stai?" "Tutto bene o quasi. Senti devo tornare a lavoro. Posso chiamarti in settimana e ci andiamo a prendere un caffè in Galleria?" "Va bene. È stato un piacere risentirti. Ciao." Chiudo la comunicazione e un piccolo sorriso fa capolino dallo specchio. Enea Raimondi. Primo banco a sinistra. Lo prendevamo tutti in giro perché stava sempre a testa china a studiare. Enea Lowhead Raimondi. Che stronzi che eravamo a scuola a prenderlo in giro. Mi trilla il telefonino. Notifica IG. "Lowhead93 ha chiesto di seguirti" Ha tenuto quel soprannome come nick. Ironico. Confermo il segui e faccio altrettanto. Entro nel suo profilo. Ci sono citazioni di Marquez, Coelho e tanti altri. Anche scritti suoi. E delle sue foto. È diventato anche carino Enea. Scorro i suoi post a ritroso. E questa? "Rossi vermigli capricci, mossi da gentil vento come fronde di salici piangenti. Abbracciami con le tue foglie ondeggianti, cullami d'amor perduto sicché il cuor tuo batta meco" Clicco sul cuore facendolo diventare rosso. E in un battibaleno un uno mi appare sull'aeroplanino in alto a destra. Apro i direct. È Enea. "Grazie Rossa Vermiglio. Ti va di prenderci quel caffè domani alle 15 da Camparino in Galleria?" "Si, certo che mi va." https://www.instagram.com/p/CMt4VDYLWj2iTMitOdrhqWPXsfWok1kTgRdfeY0/?igshid=1frdbwnvw7x21
0 notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Aprile. È da una settimana ormai che non sento la tua voce. Mi manchi e tu lo sai benissimo. Ci eravamo sempre promessi che anche da arrabbiati ci saremo sempre scambiati la buonanotte. Non si può dormire arrabbiati mi dicevi. Metto via la tesina a cui sto lavorando, tanto non riesco a concentrarmi e accendo la tv. Non ho nessun interesse per la tv ma ho bisogno di sentire voci diversi da quelle nella mia testa. Accendo anche la radio. No Elettra Lamborghini no. Cambio stazione e trovo Ligabue che sta cantando​ "Tieniti su Le altre stelle son disposte Solo che tu A volte credi non ti basti Forse capiterà Che ti si chiuderanno gli occhi ancora O soltanto sarà Una parentesi di una mezz'ora"​ Sono giorni, una settimana per l'esattezza, che sento il bisogno di fermare ciò che mi corre dietro. Esami, presenze, tirocinio. Sono solo le 23:30 di un sabato sera e dovrei essere in giro a divertirmi, invece sto tutta scompigliata sul divano pensando a te, a lunedi, all'esame e a quel brutto professore che tanto mi odia, e poi ancora ed ancora a te. Ora penso a quel odioso baffuto. Il professore. Se non partecipo vengo richiamata sulla terra, come ama chiamarmi - Terra chiama Lu. Se partecipo, sbuffa sotto i baffi e mi liquida con un -più precisa, togli quei ghirigori intricati. Non dimenticherò mai quel tema segnata sulla lavagna come compito - come abbinare il colore delle ciglia ai lacci delle converse. Riferito alle mie ciglie blu e lacci...blu ovviamente. Per mesi son diventata lo zimbello dell'istituto. Chi mi faceva le caricature nell'armadietto, chi mi svolazzava aeroplanini blu di carta e chi mi incoraggiava a provare il verde come segno di speranza. Fatto sta che presi un bel + a quel tema e chi invece lo dovette rifare. Pur di non pensare a lui penso a qualsiasi altro episodio triste della mia esistenza. Giusto per ricordarmi quanto son stupida e cretina. Mentre facevo tutti questi pensieri sento il beep del cellulare. Il cuore mi arriva alla gola. A momenti la sputo fuori se non mi alzo a vedere chi è a quest'ora anche se dentro di me spero di leggere solo e non più di due parole. "Buonanotte piccola"​ Quand'è che si diventa scemi così? La nostra è stata una storia bellissima. Abbiamo deciso insieme che eravamo arrivati in un punto dove ognuno doveva pensare al proprio futuro. A lui è stato assegnato (o per scelta) un tirocinio in un'altra città. Meglio lasciarsi da amici, mi ha detto, che cercare di tenere in piedi una storia a distanza che sappiamo come andrà a finire.​ - Si si, meglio così.​ Ha parlato il mio orgoglio. Dentro di me son sprofondata. Come le sabbie mobili ho sentito risucchiarsi dentro le lacrime per non farle uscire, le urla per non dare la matta. Ci siamo baciati e fatto l'amore per l'ultima volta. Era tutto così bello. Come si fa a dimenticare da un giorno all'altro così?​ Afferro il cellulare e leggo il messaggio.​ Ovviamente non è lui.​ Uussignur, me ne ero completamente dimenticata, c'è la festa da Silvia domani.​ -"Tu, topo da biblioteca non devi mancare. Ci saranno anche gli amici di Tom e Luca. Non farmi venire a tirarti fuori da quel buco per i capelli." Tra pensieri, dolori e autocommiserazione passa la notte e arriva mattino.​ Mi guardo allo specchio e vedo i miei ricci impazziti, il sole di questi giorni ha accentuato anche tutti questi puntini sul naso, le guance, la fronte. Sparse ovunque sul mio viso. Ci passo sopra col dito come faceva mio papà quando ero piccola e ripeto allo specchio le sue parole - su su stupidina, la gente per dimenticare sto bel visino lo deve fare una lentiggine alla volta.​ Niente jeans e camicia oggi, niente converse.​ Farò a meno del mio fedelissimo Moncler e opto per un completino blu, scelto da Silvia per l'occasione. Gonnellina e giacchino, un body in pizzo tortora che mette in risalto le mie forme. Mi sento come una al suo primo volo charter. Mi manca solo il cappellino e sciarpina al collo. Ma secondo lei sto' una favola.​ Prendo il mantello e mi dirigo alla ricerca del mio nuovo comandante.​ Alla festa trovo veramente un sacco di gente, gente che cominciano a farmi odiare il mio completino. Avrei dovuta mettere i miei jeans così sarei stata in pace a scrutare i presenti e creare i personaggi che solo io conosco. Appena mi libero dalla presa dei stupidi complimenti vengo catturata da due cristallini verdi che mi fissano in lontananza. Abbassa gli occhi e si gira di scatto davanti ai vinili buttati sopra una mensola di legno senza nessuna cura. Solo in quel momento presto attenzione alla musica. Niente meno che Janis Joplin con "a peace of my heart" - Piace anche a te Joplin?​ - "Oh, decisamente si. La conosci allora? Beh, ovviamente se l'hai chiamata per nome."​ - Sono tuoi tutti questi vinili? comincio a prenderli in mano uno ad uno e leggo : The Doors, Pink Floyd, Tori Amos, Led Zeppelin, Depeche Mode e altri. Per ognuno di loro canticchio poche note. Lui è fermo, rosso in viso ma due occhi splendenti che mi fissano con stupore.​ - Che ne dici di questa dopo? indicando Patti Smith con Dancing barefoot.​ - "Oh è bellissima, ma mi hanno ordinato questi" e mi mostra Take That, Backstreet Boys, 883 e altri.​ - Buon divertimento!!! Sorrido e mi allontano lasciandolo in piedi con ancora i vinili tra le mani.​ Torno alla ricerca di Silvia e di bere. Mi è venuta una sete da paura. Sento un fuoco dentro che devo spegnere. Quegli occhi verdi mi hanno turbata. Prendo una birra ghiacciata e tiro per il braccio Silvia. Appena faccio per parlare sento la voce di Patti Smith inondare tutta la sala. Sento i brividi percorre tutta la schiena.​ She is benediction She is addicted to thee She is the root connection She is connecting with he...​ - Silvia chi è quello che canta con Patti?​ - "Chi è Patti? Nessuno sta cantando... Ma te sei già ubriaca?!!​ - No no, quello che ha messo la canzone di Patti scusa? - " Oh, non so di qualle Patti parli ma quello ai giradischi è Gabriel, il fratello di Tom. Sta con quella dell'altra sezione, la bionda, Susie.​ Quante informazioni in poco più di 10secondi. Dopo scopro che stanno insieme da 3anni. Forse una volta laureata come regalo si troverà un bel diamante al dito. Quegli occhi verdi non sono liberi.​ Avete presente quella macchinetta per pescare i pupazzi, dove, pilotandone il braccio meccanico, tenti di vincerne uno, afferrandolo precariamente. E non succederà mai: pare quasi che a queste prede, piaccia starsene lì in bella vista, a giocare immobili, sotto gli occhi speranzosi di bambini ingenui. Si chiama Ragno, oppure Specchi per allodole, mi pare.​ Credo che, di risposta a tanta illusione, quei fanciulli crescano tali da divenire, a loro volta, uomini imprendibili. Come se volessero essere pescati, afferrati, per poi scivolarsene via dalle dita sottili di chi li impugna e tenta di portarli a sé, per il piacere puro di restituire ciò che han vissuto da piccoli. - Ironia: volevi proprio quel prodotto non in vendita, esposto nella vetrina del negozio.​ All'acquisto mancato sull'attrattiva lusinghiera, la triste consolazione di queste donne, sta nell'aver risparmiato dei soldi, che terranno nell'avido portafogli dei sentimenti.​ Con questi pensieri scrollavo una birra dietro l'altra. Non prestavo più attenzione alla musica. Non guardavo più che fine avessero fatto gli occhi verdi. Decisi che era ora di rientrare nel mio buco di scartoffie, pennarelli e postit, pensare alle smorfie del professore e all'esame da superare, a tutti i costi e... a lui.​ Andai via senza salutare nessuno ma giù al portone, trovai quegli occhi verdi che mi stavano aspettando. Sotto braccio diversi vinili.​ - "Che ne dici se andiamo a sentire un po' di buona musica?"​ Mi viene incontro, mi appoggia al muro e mi bacia con passione. Tanta passione che non riuscivo a staccarmi.​ O forse non volevo?!​ Sento profumo di muschio bianco. La naturalezza completa del nostro bacio, è così caldo e intenso, afrodisiaco... pulito... puro...dolce.​ Dopo tanti anni ripenso a quel meraviglioso pomeriggio che ha datto il via a tanti altri.​ Quando avevo nominato Susie mi aveva solo detto: "Capirà se in 3 anni non mi sono mai sentito vivo come in questi 3 minuti". Pure io in quei 3 minuti avevo smesso di pensare a lui. Pensavo all'odore del muschio bianco.​ Mi sentivo vigliacca, felicemente vigliacca.​ https://www.instagram.com/p/CMt3L2cLGFM2nkml3VkV8R77qD0ehiH5BLGn2Y0/?igshid=1qdpcn0ihmxqc
0 notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Mi chiedo come può far successo una come la Lamborghini. Vabbè, io non faccio testo praticamente non mi piace nessuno. Sorrido della mia ruvidezza e, guardandomi allo specchio faccio spallucce. L'immagine riflessa mi riporta a una realtà che non amo affatto, a questa me che, da quel noi, non è mai completamente uscita. "Un po' di assenzio potrebbe servire." Penso, mentre mi dirigo in cucina. Il rito è quello che mi piace di più, forse, anche più del bere. Bicchiere, cucchiaio a foglia, zolletta. Il liquido verde cola sullo zucchero, attraverso il vetro controllo di riempire per metà. Accendo il fuoco, prende vita subito nutrito da zucchero e alcool. La zolletta si caramella colando tra le fessure del cucchiaio. La fata verde s'infiamma. Lascio bruciare per un po', poi spengo la fiamma con acqua gelata . Ne esce una bevanda di un colore opaco, dal forte profumo di anice. Gusto il primo sorso a occhi chiusi. Il rumore della notifica dei messaggi, mi distoglie dai miei pensieri. Guardo l'ora 23.30. "Che palle." Sono le parole che mi escono di bocca. Lascio lì, non ho voglia di perdere tempo. Mi siedo sullo sgabello alto, continuo a bere a piccoli sorsi. Il tijuone sta facendo il suo effetto, i muscoli si rilassano, le spalle si decomprimono... fisso la fiamma della candela e la vedo sfocata. Il led del cellulare lampeggia. Cedo alla curiosità. "Arrivo tra 10 minuti." Cazzo, cazzo, cazzo mi sono completamente scordata che Enrico sarebbe passato stasera. Ho ancora il dispositivo in mano ed ecco, nuovamente una notifica. "Apri, sono qui." Passo veloce davanti allo specchio, il kimono nero di seta mi dona, i capelli sono arruffati ma non indecenti. "Ciao." "Ciao." "Entra, ti aspettavo." "Bugiarda, ti eri completamente scordata. Ti conosco." "Dai, non stiamo a puntualizzare su queste sciocchezze. Ti ho aperto no?" "Sì, però mi piacerebbe se tu fossi un po' più affettuosa." "Perché mai dovrei essere affettuosa? Mica siamo fidanzati." "No, non siamo fidanzati però ci vogliamo bene." "Sì, te lo concedo, ma non per questo sto qui ad aspettare il tuo arrivo." "Perché non cerchi almeno, di fingere di tenerci a me?" "Perché fingere non mi piace e, comunque, non ho mai negato di tenere a te." "Hai un modo strano di dimostrare il tuo affetto." "Non è strano, è il mio." L'effetto dell'alcol si inizia a far sentire e ora, aver qui Enrico non mi spiace affatto. Mi dirigo nuovamente in cucina e lo prendo per mano perché mi segua. Il bicchiere è praticamente vuoto. Ripeto una a una le operazioni per la preparazione. "Vuoi?" "Sì, grazie." Passandogli l'assenzio ci sfioriamo. Ha mani grandi, curate, dita belle e affusolate. Sposto lo sguardo e incontro quelle labbra morbide, carnose, invitanti. Ha fatto la barba. I suoi enormi occhi nocciola gli addolciscono i lineamenti. Il fisico strutturato ma non muscoloso, mi appare leggermente fuori fuoco. Sono brilla. Lo guardo appoggiare la bocca e sorseggiare. Non ho voglia di lasciargli il tempo di ubriacarsi. Mi sporgo e, le mie labbra, suggellano le sue. L'odore dell'anice, si mischia con quello del l'alcool e del suo dopobarba. Non essere completamente sobria altera le mie percezioni. Sento crescere il desiderio ed espongo spudoratamente le mie voglie, lasciando cadere a terra quel velo di seta che copriva la pelle nuda. I seni sfiorano il tavolo. Sposto maldestramente il bicchiere che, rovesciandosi, fa colare l'assenzio sulla sua camicia. "Monella, hai fatto un guaio, ora sono tutto imbrattato." "Togli la camicia, quel che resta sulla pelle, se vuoi, lo pulisco io." Lo guardo slacciare i bottoni uno a uno, togliere i gemelli. Il petto, così esposto, enfatizza le forme di un corpo che adoro da sempre. La lingua passa lì, dove il brillare della candela, mostra tracce di liquido. Piccoli tocchi di punta, delicati, solleticano la sua pelle dal collo ai capezzoli, che prendo completamente tra le labbra, che succhio, che mordo. Scendo. Con le mani aggrappate ai suoi fianchi mi tengo in equilibrio. Accovacciata all'altezza della vita sollevo lo sguardo. "Tu mi fai impazzire." "Lo so." "Sai troppe cose." "Quelle che servono." E mentre pronuncio queste parole sfilo la cinta. Lascio scorrere il cuoio tra i passanti e poi sbottono i jeans. L'erezione si lascia a fatica contenere. Appoggio la guancia alla stoffa dei boxer. Sfugge un gemito sommesso dalla sua bocca. Una piccola chiazza di liquido s'intravede quando d'improvviso s'accende la luce nella stanza. Non mi scompongo. Elena si avvicina a noi, indossa un Kimono simile al mio, color crema. Si abbassa, mi bacia, mi guarda. "Posso unirmi?" "Per me sì." Sorrido nel darle il consenso. Non credo si debba chiedere a Enrico l'approvazione. I pantaloni alle caviglie sono presto raggiunti dai boxer, che sfiliamo contemporaneamente da ambo i lati, senza smettere per un solo attimo di far danzare le nostre lingue l'una nella bocca dell'altra. Via le scarpe, via tutto. A verga esposta, l'attenzione si concentra su quel membro turgido, che divide le nostre labbra, che si cercano abbracciandolo dalla punta alla base, massaggiandolo lungo tutta la sua lunghezza. Un sapore leggermente salato si mischia con le nostre salive. Lui, l'oggetto cui ogni gesto è rivolto, in realtà, è solo un giocattolo. La nostra voracità è fame insaziabile di noi stesse. Mi specchio negli occhi di Elena. Lascio libero il cazzo per prendermi la sua bocca, le slaccio la cintura e la denudo per poterla ammirare, toccare, gustare. Ha forme morbide come le mie, ben proporzionate. Il culo pieno, il seno florido. Con la mano alla nuca la attiro a me, salda nella mia certezza di sapere che è creta nelle mie mani. L'altra mano le fruga tra le gambe. Si dischiude calda quell'umida fessura, che accoglie le mie dita subito irruente. Le sfilo da lei, gliele infilo in bocca senza staccarmi e la bacio ancora. È gustoso il suo sapore, sa di buono lo sento attaccarsi al palato, sale l'odore dei suoi umori e riempie le narici. Mi libero dalla morsa che io stessa ho creato, per tornare al nostro gioco. L'eccitazione non è scemata e, mentre prendo Elena per i capelli avvicinandola al glande di Enrico, a mano piena sostengo i testicoli, che porto alla mia bocca insieme. "Apri bene. Fammi vedere quanto sei brava." Lei mi sorride compiaciuta e poi spalanca le fauci. La spingo con decisione. Il cazzo la riempie fino a raggiungerle la gola. Non le lascio spazio. La tengo lì così e inizio a dettare il ritmo. Non smetto, nemmeno quando i conati si fanno più vicini, non smetto, nemmeno quando le lacrime le rigano il viso. Enrico è in estasi. Quando la lascio respirare la saliva le cola lungo il mento, le lacrime scendono lungo le guance. Le caccio due dita in bocca, le lecca con dovizia, le bagna copiosamente. Ora sono seduta a gambe spalancate davanti a lei, mi masturbo fino a un attimo prima dell'orgasmo. Di nuovo le afferro la nuca, la prendo e le spingo la faccia contro il mio sesso, mentre prendo in bocca quello di Enrico. Mi succhia il clitoride come fosse un piccolo cazzo, solletica la parte esposta con la punta della lingua. Riproduco ogni suo movimento, con dovizia di particolari, sul pene che accolgo. Allo stesso ritmo, con la stessa intensità. Succhio, lecco assaporo e quando le sue dita si fanno spazio dentro di me le mie entrano in lui spingendo a uncino verso la prostata. Sento le sue gambe che si irrigidiscono, l'ano si chiude sulle falangi. Un gemito sordo, di piacere, esce dalla sua bocca esattamente quando il mio piacere, esplode in quella di Elena. Servizievole e compiacente, lei accoglie i miei umori non lesinando nella cura del raccogliere quanto è rimasto tra le cosce. Sfilo le dita, gliele porgo così che non smette di fare il suo dovere. La spingo piano con la schiena a terra, mi metto su di lei. Pelle a pelle, mi gusto un lungo, dolcissimo bacio. Scivolo dal suo corpo. Sono carponi, la schiena a C, le terga esposte. Lei aperta davanti a me, completamente offerta. Sento la saliva di Enrico colare lungo la fessura tra le natiche, il pollice la indirizza all'ano. Mi abbasso piegando le braccia per dargli maggiore spazio, per ridurre il mio da quella succulenta pietanza che mi si pone davanti agli occhi. La lingua, passa dal basso verso l'alto, fermandosi per insinuarsi tra le labbra di quella vulva calda, accogliente, profumata. Quella di Enrico scorre, seguendo su di me il percorso inverso, rotea attorno all'orifizio, lo viola delicatamente. Restituisco il piacere che mi è stato donato prendendomi cura di lei, della sua intimità. Sento il glande appoggiato all'ano, trattengo un attimo il fiato. Inarco ulteriormente la schiena. Mi focalizzo sulla fica di Elena mentre sento la carne che si dilata. Spingo verso l'esterno, per agevolare l'ingresso, lo sento entrare centimetro dopo centimetro, fino a essermi completamente dentro. Sospiro e allontano la sensazione di bruciore che sento. Lui è immobile, in attesa che il mio corpo si rilassi, che accetti quell'intrusione. Riparte la mia lingua a titillare il clitoride, mentre la mano di Enrico si sposta sul mio. Si allarga lo sfintere nella masturbazione e inizia il gioco. Ancora una volta si armonizzano i ritmi. Sodomizzata da lui, immersa in lei, danzo nella lussuria con sinuosi movimenti e, godo di tanta pienezza. L'orgasmo arriva impetuoso, incontrollabile all'unisono coi loro. Una meravigliosa sincronia di piaceri che vibrano. Ci accasciamo così, ammassati a terra l'uno sull'altra. Enrico è ancora dentro di me, lo sento pulsare. Elena inerme distesa, la mia testa appoggiata al suo ventre. Restiamo lì, così, in silenzio per un po'. Lui si sfila, lo vedo dirigersi verso il bagno. Rotolo sulla schiena. Elena si alza. Mi da un bacio a fior di labbra. "Dorme qui?" "Non lo so, glielo chiedo quando esce dalla doccia." "Okay, io vado a letto. Se resta qui, digli di far piano domani che ho preso ferie e vorrei riposare." "Va bene, tranquilla , chiuditi la porta comunque." "Sarà fatto. Notte." "Notte." Mi alzo, pulisco dove ho fatto cadere l'assenzio. Mi infilo il kimono. "Eva." "Dimmi." "Ti scoccia se resto a dormire? S'è fatto tardi." "Resta pure, basta che domattina non fai rumore uscendo, che Elena è in ferie." "Saró silenziosissimo." "Bravo, Mi faccio la doccia anch'io, poi ti raggiungo a letto." Entro in bagno con il cellulare in tasca, apro la doccia. Il vapore riempie la stanza. Appendo il kimono al portabiti, lo guardo. È stato il tuo ultimo regalo. Mi infilo sotto l'acqua calda, lascio che si insinui ovunque. Con il doccia schiuma massaggio bene tutto il corpo. Ti penso. Non riesco a lavarmiti si dosso. Tolgo dalla pelle il suo odore, quasi volessi far riaffiorare il tuo. Mi avvolgo nell'accappatoio di spugna. Prendo il telefono. La Lucina delle notifiche lampeggia. Apro telegram, leggo. "Mi manchi." Spengo il cellulare, lo metto in carica. Mi infilo sotto alle coperte. "Enrico, sei sveglio?" "Sì, dimmi." "Io ho ancora voglia." "Ogni tuo desiderio è un ordine." Mi perdo in quell'abbraccio vuoto, in quegli orgasmi di solo corpo perché, non riesco a trovare altra cura al mio volere solo te.
0 notes
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
12 settembre 2014. Ore venti e venticinque. Ciao amore. Ci hanno detto che la festa del papà è il 19 marzo ma, per me, la data reale è quella sopra. È quella quando l'ho vista per la prima volta. Quando l'ho vista sorridere e gemere per la prima volta. Quando avevo paura di tagliare il cordone ombelicare  perché l'emozione poteva farmi fare danni. Quando l'ho presa in braccio ed avevo paura che mi cadesse o che potessi farle del male. Quando mi ha guardato fisso negli occhi e con un piccolo sorriso ha sciolto tutta quella durezza che avevo nel cuore. Quando ha preso il mio indice stretto stretto nella sua mano. Per me non c'è altra data da festeggiare. Io festeggio tutti i giorni quando ci guardiamo, giochiamo e sorridiamo. Quando lei mi dice “Papà voglio stare con te” oppure “Papà voglio darti un bacio”. Anche quando mi dice “Mostro” o “Non ti voglio più bene” perché nessuno mi ha insegnato il lavoro più difficile del mondo, ed io, spero di farlo nel miglior modo possibile e perché, Lei, è la persona più importante della mia vita e niente e nessuno potrà mai dividerci. E anche se un domani Lei non giocherà più con me, non mi dirà più “papà voglio stare con te”, io, invece, con lei ci starò sempre. In un cantuccio, in disparte ma, io, ci sarò sempre. Ed ora, anche se sto piangendo a guardarla prepararsi per la DAD, sono il papà più felice del mondo e questo lo devo solo a Lei. Ti amo
https://www.instagram.com/p/CMl-1sULvFHXuI91X75sva8qNp7x5uyn5D_dYA0/?igshid=hjxuczaiwn7n
1 note · View note
armoniaprivata · 4 years ago
Photo
Tumblr media
Perché ha voluto fare sesso con me? Io non sono bello anzi…. “L'arnese” ce l'ho pure normale tendente pure al piccolo forse…. Io, se fossi stato in lei, appena visto me nudo, avrei inventato una scusa… Tipo quello che si inventano le donne quando sanno di aver fatto una cavolata. “Ci ho ripensato. Stiamo andando troppo veloci”. Si rivestono e via come la Primula Rossa. Invece no… È voluta venire con me. Forse si sentiva fragile ed io, che le ho dato sempre quelle certezze che le mancavano, è caduta tra le mie braccia… Si pietà. Deve averlo fatto per pietà. Poi, che le sia piaciuto è un altro discorso, ma certo fa strano. Lei così figa, una numero uno con un culo spettacolare che viene con me. Roba da non crederci. Roba da parlarne con gli amici e vantarsene pure. Certo, a letto, ci so fare ma, prima che ci arrivino, è una battaglia. Non pensavo, poi, che lei fosse così a letto. Così attiva. Sembrava quasi che non facesse sesso da una vita. A farlo si, non lo faceva da un bel po’, e quando ha accettato di uscire con me non credevo a ciò che le mie orecchie avessero udito. Sono andato a prenderla a casa sua con la mia sgangherata Opel Corsa di dieci anni fa. Quella diesel che, ogni volta che acceleri, sembra sputare fuori tutto il carbone nero delle miniere in Belgio. L'altro giorno, quando ci siamo sentiti e quando, tra una battuta e una risata, mi ha chiesto “Ma quando mi porti in quel locale di cui mi parli sempre? Che ne dici di Venerdì questo?” Ho balbettato “Mamamama dopodomani?” “Mamamama sisisisi” ha ribattuto ridendo. “Stronza malefica….” Ti odio. Ma ti amo quando fai così. Avrei dovuto dirglielo, invece, mi sono fermato alla “Stronza e malefica….” L'indomani, la prima cosa che ho fatto, è stato chiamare l'assistenza Opel per levare quelle odiose e maleodoranti sbuffate di fumo nero ma, il meccanico, mi aveva dato appuntamento dopo una settimana… Niente da fare. Ho provato a sentire una decina di meccanici ma nessuno poteva aiutarmi in tempo e quindi nulla. Dovevo solo sperare che non si accorgesse che fosse un catorcio… Ho sorriso guardando l'auto pensando al titolo del film “Pensavo fosse amore invece era un calesse”. In questo caso un catorcio.  L'unica cosa che potevo fare era, il venerdì mattina, portare la vettura a fare un lavaggio super accurato. Ore ventiduepuntozerozero sotto casa sua ma come Max Pezzali ero sotto casa sua già da un'ora… La vedo aprire il cancello vestita con quell'abito nero aperto sul davanti con disegni fantasia colorati ovunque. Scarpe tacco alto color corda che ricordano le andaluse della Feria Sevillana. È bella troppo bella. Però ha deciso di uscire con me. Questo 16 marzo lo ricorderò per sempre…
profilo armoniaprivata https://www.instagram.com/p/CMfCI60L2Ywmz6UgENe1kYcnM4471Cr6qi6ipY0/?igshid=1try1xo9k9n5c
3 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Text
1987 "Tear down this wall"
Peter.zeta mi ha dato uno spunto per parlare di Sanremo e dell'ultimo anno in cui lo guardai. Era il 1987.
Quell'anno avrei compiuto sedici anni e l'estate precedente avevo lavorato in una carrozzeria per fare qualche soldo. Facevo il terzo anno all'istituto tecnico industriale Albert Einstein. All'epoca era una scuola d'elite a Roma. Passai dalla sezione G alla sezione A a inizio anno scolastico perché, i migliori delle sezioni dalla D alla H sarebbero passati nella classe dove sarebbero stati riuniti quelli con i voti più alti. Ero in "Serie   A". I primi due anni avevo ottenuto una media superiore all'otto ma, quell'anno, sarebbe iniziata la vera scuola. Quella che tutti temevano. Avevo una media di poco superiore all'otto e grazie a questi risultati la befana del 1986 mi portò uno hi-fi nuovo di zecca. Un Technics color argento con giradischi, amplificatore, sintonizzatore e doppia piastra per le registrazioni da cassetta a cassetta. Ero felice come una Pasqua e cominciai a comprare le mitiche Basf da 90minuti per registrare dalla radio. Il mio primo vinile fu un regalo di mia sorella anche se, per la verità, era più un regalo per se stessa visto che era, ed è tutt'ora, una sorcina sfegatata. "Soggetti smarriti". Un bel disco di merda lontano anni luce da quel genio che vidi per la prima volta nel 1977 a Zerolandia.
Un giorno vi racconterò come a sei anni assistetti a un concerto di Renato Zero.
Il mio primo vinile fu il mitico "The wall" dei Pink Floyd e poi a seguire ne acquistai molti altri. L'ottantasette fu l'anno in cui Sanremo fece il boom. Come gli anni precedenti, davanti al mio Telefunken, ci riunimmo a vedere Pippo Baudo e i cantanti. Io, con le mie cuffiette, ero pronto a registrare le canzoni dalla radio. Quell'edizione la vinse il trio Morandi-Ruggeri-Tozzi con quella "Si può dare di più" che ancora oggi si fischietta e canticchia quando qualcuno vuole arrendersi davanti a qualcosa. C'erano altre due canzoni che ricordo perfettamente. Quella "Io amo" di Leali e una splendida canzone scritta da Enrico Ruggeri per la Mannoia. Una frase della canzone anche oggi viene sempre ricordata. Quel "Siamo così dolcemente complicate" che è diventato un inno delle donne. Già, "Quello che le donne non dicono" è una delle più belle canzoni della musica italiana. E la musica straniera? Gli ospiti? Vogliamo parlare del bis della splendida Whitney Houston con "All at once"? Quell'anno gli ospiti erano mitici. Duran Duran, Spandau Ballet, Level42, Bangles, Frankie Goes to Hollywood, Europe, Pet Shop Boys, Simply Red, Nick Kamen, Cutting Crew e, soprattutto, Patsy Kensit e la sua spallina scesa al momento giusto per mostrare a tutta Italia il suo seno. Si era una Eighth Wonder perfetta. Per farci ridere c'era il mitico trio Solenghi, Lopez e Marchesini ed un giovane ma già grande Faletti. E secondo voi dopo quel Sanremo io ne posso aver visto un altro? Anche no. Grazie
Ps quel 1987 è stato un anno musicale con i controfiocchi e comprai decine di LP.
Pps la frase titolo è il discorso di Reagan davanti la Porta di Brandeburgo
2 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Text
Campioni del Mondo (s)
Sono passate due settimane e solo adesso riesco a ripensare a quella sera, a rivederla con occhi più distaccati, e riesco anche a scriverne.
E' la sera della finale dei mondiali di calcio. Domenica sera. Tutti gli amici a casa propria, a vedere la finale insieme alla propria
ragazza, al proprio ragazzo, marito, compagno.
Perché? Per condividere la gioia o l'eventuale dolore durante e dopo la partita, abbracciandosi, baciandosi, gridando insieme, facendo
l'amore. Si, sono convinta che il motivo sia soprattutto questo.
Domenica sera, serata di finale. E Susy con chi la guarda la partita?
Come per altre partite, ci ritroviamo a casa di Stefano. Tutti "singles" (odio questa parola) come me. Io sono l'unica donna. Chiaro, lle altre o sono col partner oppure odiano il calcio.
Non che io sia una esperta, anzi. Tengo per l'Inter, e questo la dice lunga.... Ma quando gioca la nazionale mi prende qualcosa dentro, non
riesco nemmeno a pensare di non gioire o soffrire al fianco della mia squadra, della nostra squadra, della nostra Italia. E poi mi piacciono
i giocatori, anche se hanno dei look assurdi, come Gattuso e Camoranesi. Ma a parte chi si atteggia a prima donna (leggi Totti-DelPiero) gli altri ci mettono il cuore e l'anima e io li adoro tutti.
Domenica sera, a casa di Stefano. Da lui perché ha una TV fantastica, è un maniaco della tecnologia, rinuncia a tutto ma non all' "home
theatre". Sicuramente lo sta pagando a rate. E sicuramente ci guarda i porno. Tra l'immagine e il suono sembra di essere in campo. Iimmagina quando sullo schermo scopano....
Domenica sera, io da sola con quattro ragazzi, Stefano, Marco, Luca e Massimo. Nessun problema. Siamo amici da una vita, ci frequentiamo spesso ma nessuno di loro ha qualche interesse verso di me, né io
verso di loro. Quidi non ci sarà mai nulla tra di noi. Forse anche perché c'è giā stato... in varie occasioni mi è capitato di andare a letto con ognuno di loro. Non proprio tutti, Massimo è il fratello
di Luca, e ha 18 anni appena compiuti. Secondo Luca non è mai stato con una ragazza. A me non interessa, non ho nessuna intenzione di fargli da scuola.
RIpensandoci è curioso che io abbia fatto sesso con tutti e tre... È un caso, non è che mi sono fatta tutti i ragazzi che frequento! Anzi no, non è affatto un caso: probabilmente è il motivo per cui riusciamo a stare insieme cosė bene in gruppo: ci conosciamo bene, non ci sono invidie, desideri nascosti, secondi fini... Abbiamo provato a fare coppia, non è andata, bene, adesso siamo amici.
Forse riesco ad avere con loro una amicizia quasi maschile, una complicità, la cosa risulta lampante quando parliamo di donne... o quando mi invitano per le partite.
Domenica sera, finale della Coppa de Mondo. Una pizza mangiata in fretta e con lo stomaco quasi chiuso, per come stavamo soffrendo, e per il rigore subito. Pizza e birra. Non ci è venuto in mente niente di meglio per una finale di coppa del mondo. Pizza per l'Italia. Birra alla salute dei tedeschi, padroni di casa ma castigati con un due a zero senza appello.
Secondo tempo, di male in peggio. Siamo uno a uno, ma i francesi attaccano, ci pressano nella nostra area per minuti che sembrano ore.
Non può finire così, non deve finire con un gol dei francesi.
I miei amici soffrono. Soffrono nello spirito e nel fisico, è incredibile, si legge sui loro volti la tensione, è come se stessero giocando loro la partita. Doveva essere una bellissima serata, e invece sembra la notte prima degli esami di maturità. Mi guardano con occhi tristi e imploranti, come se io potessi fare qualcosa, come se potessi
cambiare le sorti della partita. In realtà mi rendo conto che sono il loro unico pensiero possibile per non pensare al fatto che stiamo per perdere un'altra finale, e ancora una volta con la Francia.
Un po' per questo, un po' perché il caldo con la tensione è diventato ancora più insopportabile, mi sbottono la camicetta facendo in modo che mi buttino un'occhiata almeno quando la palla va in rimessa laterale o il gioco si ferma per un fallo.
Vedo dei sorrisi, dei timidi accenni di sorriso sui loro volti, e allora mi faccio coraggio e lascio cadere a terra la camicetta, come una consumata spogliarellista.
Sono soddisfatta di quello che sto facendo, la partita resta durissima, sono ancora tesi ma molto meno abbacchiati di prima. Mi sembra che si
siano ricaricati, lo sento dalle grida con cui incitano i nostri
giocatori, sentono che ce la possiamo fare, anche se oggettivamente il possesso di palla è quasi sempre francese. E vediamo ancora molti
passaggi intercettati dai francesi a centrocampo, che ci fanno incazzare da morire.
Senza pensarci tanto su, lascio cadere a terra anche i pantaloncini. In realtà ci ho pensato. Ho pensato che vedermi in reggiseno e slip non è poi tanto diverso dal vedermi in costume. Ed ho un bel completino, colorato, allegro e per niente volgare. Certo, il perizoma lascia il
mio culetto quasi completamente nudo, ma non è una novità per nessuno, ripeto.
Quasi nessuno. Massimo, il diciottenne, è visibilmente distratto dalla partita, ed anche visibilmente eccitato.
Ma non me ne curo, il mio scopo è solo tirare un po' su il morale a questo gruppetto di tifosi sofferenti.
E funziona. Passo in mezzo a loro seminuda e lascio che mi appoggino la mano sul culo: sono diventata il loro portafortuna. Mi siedo sulle
ginocchia di qualcuno, quando il gioco necessita attenzione. Tutti tranne Massimo... solo a guardarmi sembra talmente eccitato che temo che se mi sedessi su di lui non riuscirebbe a trattenere un orgasmo, e
non voglio metterlo in imbarazzo di fronte a suo fratello e ai suoi amici.
Sono la loro mascotte ormai... e la cosa non mi dispiace affatto. So di avere bisogno di attenzioni, e di essere un po' esibizionista, e mi sto
godendo questo momento sperando di poterlo ricordare per sempre insieme alla vittoria.
Ma la vittoria è sempre più lontana... nei tempi supplementari
continuiamo a soffrire, e sembra che basti un niente, una minima distrazione di Cannavaro, perché la Francia chiuda la partita.
Sto soffrendo anch'io, non solo loro. Non se ne rendono conto perché mi vedono fare la cretina, ma ho un'ansia che mi distrugge.
I miei amici cominciano a disperare... se si va ai rigori si sa che ce la prendiamo nel culo ancora una volta, è matematico... iniziano a
girare frasi del tipo "beh, se vinciamo io faccio...", " se vinciamo io smetto... ", "darei tutto per questa vittoria"
Non so da quale parte del mio cervello sia uscita, ma sento la mia voce che dice: "Ragazzi, se vinciamo faccio tutto quello che volete per
un'ora!"
Un attimo di improvviso silenzio, quattro sguardi su di me, ma nessun commento. Un secondo dopo tutti a urlare verso lo schermo. Un fallo,
poi l'espulsione di Zidane portano via definitivamente l'attenzione da quello che ho detto.
Mi ritrovo a pensare che con la Francia in dieci potremmo chiudere la partita, e ho un brivido misto di piacere e di timore per la vittoria e per quello che ho promesso. Ma se vinciamo avranno ben altri pensieri per la testa, posso stare tranquilla, non mi hanno presa sul serio.
Finiscono anche i supplementari, si va ai rigori. Sono rassegnata alla sconfitta, ma contemporaneamente sollevata.
E invece è andata come sapete. Cinque tiri, cinque gol. Come se l'avessero fatto apposta. Per farmi dispetto. Così imparo a uscirmene con certe promesse!
I miei amici comunque pensano a tutto tranne che a me. Nessun accenno alla mia frase.
Siamo Campioni del Mondo!!! Esultiamo, saltiamo, ci abbracciamo, ci baciamo sulla bocca ma in questo momento di gioia nessun altro bacio
sarebbe possibile. Per Massimo è una festa doppia. Sento che per lui questo bacio, questo abbraccio hanno un gusto diverso. Non so se io sono davvero la prima ragazza che tocca, ma sicuramente ricorderà a
lungo questo contatto.
Continuiamo a fare casino per tutto il tempo della cerimonia, stappando bottiglie e riguardando i filmati della partita. Ad un certo punto Marco propone di prendere la macchina e a andare in centro a festeggiare per le strade, e fare il bagno nella fontana di piazza Brà. Sembrano tutti entusiasti dell'idea, ma Stefano li frena:
"primo, ci sono in giro migliaia di persone che guidano ubriache e secondo me in centro non ci arriviamo senza qualche ammaccatura"
"secondo, la Susy deve mantenere la sua promessa. Magari tra un'ora possiamo ripensare di uscire. Ma adesso, chi ce lo fa fare?
L'importante è fare festa, e noi la faremo qui."
Quasi non lo riconosco. Non può aver parlato così, non può essere lo Stefano che conosco...
Invece fa sul serio, e ha convinto tutti, non ha dovuto insistere molto. Luca e Marco cercano di difendermi; penso che non lo faranno, per la nostra amicizia e per la presenza di Massimo. E invece lo faranno proprio per Massimo.
Stefano insiste e ne fa una questione di rispetto delle regole e della parola data. E lascia a me la decisione finale: rispettare la promessa
o sottrarmi perdendo la faccia di fronte a tutti.
Sa quanto sono orgogliosa e sa che sfidandomi accetterò.
E infatti dico "va bene."
Stefano è un leader. In questi momenti tira fuori la sua autorità e comanda tutti a bacchetta:
"le regole sono semplici: abbiamo quindici minuti a testa da passare con Susy e chiederle tutto quello che vogliamo. Siccome nessuno ha piacere che le sue cose si sappiano in giro, useremo quella stanza, e nessuno spierà né origlierà. In questo modo chi vuole potrà anche
passare il suo quarto d'ora a chiacchierare senza essere sputtanato per tutta la vita. E anche Susy immagino sia più felice così"
Annuisco. In fondo gli voglio bene.
"Non ho finito. Abbiamo 15 minuti a testa, ma se qualcuno ha piacere di
condividerli con un amico, i minuti diventano 30. Susy non dovrebbe avere problemi... e comunque la sua promessa non le lascia possibilità di opporsi. I limiti ovviamente ce li poniamo noi, siamo persone civili, siamo suoi amici e le vogliamo tutti bene."
Sono pronta. Faccio solo una richiesta: "voglio scegliere io il primo, e voglio che sia Massimo"
Accettano. Lo prendo per mano, mi sembra quasi che tremi. Ci avviamo verso la porta della camera e la chiudo a chiave alle nostre spalle.
Quello che è successo dopo è un'altra storia....
Ho voluto raccontarvi questa storia perché adesso sapete chi dovete ringraziare se siamo
CAMPIONI DEL MONDO
5 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Text
Arcam Terrae 1
"Thema metti Brave dei Marillion anno 1994"
<<Un attimo che cerco nel database.
File trovato. Marillion. Album Brave data 7 febbraio 1994. Composto da 11 tracce. Avvio riproduzione >>
Eccomi di fronte alla mia finestra digitale con veduta su una Piazza San Marco piena di sole. Un ricordo solamente perché, ora, una delle città più belle del mondo è sott'acqua.
Assaggio il mio whisky di puro malto scozzese invecchiato 200 anni. Ancora ricordo quando lo comprai in quel supermercato nella mia amata città. Anche lei ora non c'è più.
"Thema metti sulla finestra digitale Roma, veduta di Via dei Fori Imperiali anni 2000"
<<Trovato filmato di via dei Fori Imperiali di maggio 2036. Avvio riproduzione su finestra digitale"
Sorrisi e pensai che l'anno successivo a quel filmato sarei morto. Già. Quell'incidente in auto ha cambiato la mia vita e per fortuna che, prima di entrare in coma, riuscii a mandare un messaggio al mio amico Lucio. Quel pazzo figlio di puttana stava lavorando ad un sistema di salvataggio della memoria dal cervello. Come una sorta di Hard Drive. Lui riteneva che si poteva salvare tutta la nostra memoria, la nostra cognizione e tenerla da parte finché non sarebbe stato possibile di impiantarlo nuovamente. Quel sistema sarebbe diventato il modo per non perdere le migliori menti del mondo da lì a qualche decennio.
Sono morto nel 2037 a sessantasei anni e sono rinato nel 2110. Settantatre anni dopo. Mi hanno trovato in uno scatolone del laboratorio che dividevo con Lucio e hanno provato a inserirmi in un androide umano. Il back up dei dati andò a buon fine. Ero stato impiantato in un corpo di circa trenta anni e non potevo più invecchiare.
I miei cari e mia figlia non c'erano più. Feci una ricerca in segreto e scoprii di avere dei pronipoti ma non volevo recar loro disturbo e, comunque, ero diventato un esperimento dell'esercito. Ora, invece, sono un ammiraglio della Federazione Unita Terra e sono al comando della Arcam Terrae 1.
Il mio amato pianeta era morente, un dead man walking e dovevamo emigrare su altri pianeti prima del collasso definitivo della Terra e dell'estinzione di tutta la razza umana.
Ingollai un sorso del liquido color ambra e sorrisi.
Forse questa estinzione ce la saremmo anche meritati. Stavamo già distruggendo da soli il nostro pianeta. Non bastò neanche il trattato Berlusconi III fimato nel 2054 per cessare l'utilizzo di petrolio e di abbassare le emissioni di CO2. C'è voluto il distaccamento di mezza Antartide ed il conseguente annientamento di milioni di persone. Per non parlare delle città sommerse.
Roma.
La città più bella del mondo capitale culturale della Terra è sommersa dal 2124.
Il Colosseo ora si visita in idromobile.
Il trillo dell'interfono interrompe quella malinconia che si stava impossessando dei miei momenti di riposo.
"Avanti"
"Comandante"
"Mi dica Guardiamarina Bissoli"
"Stiamo arrivando alla cintura di asteroidi intorno a quello che resta di Saturno. Tra circa 1 ora ci passeremo in mezzo"
Erano passate dieci ore dal decollo dalla base di New Philadephia e, ina volta superato Saturno o quello che ne restava, potevamo usare il motore a Iperfusione Termonucleare Quantistica che ci avrebbe fatto arrivare su Roma 1, insieme alle dodicimila persone che viaggiavano sulla mia astronave. In circa un anno saremmo arrivati a destinazione.
Roma 1 si trova nella costellazione di Gemini a metà strada tra le due stelle Castore e Polluce a circa 316 anni luce dalla Terra.
Un anno è lungo. Molti sarebbero morti e molti sarebbero nati su quest'astronave ma, noi, eravamo la speranza di tutto il genere umano.
"Bene. Comunica al primo ufficiale che tra dieci minuti salirò sul ponte di Comando"
"Agli ordini Comandante"
Il messaggero aveva lasciato il mio alloggio. Bevo il mio ultimo sorso di whisky e, facendo nell'aria il gesto di aprire la mano, accendo il palmare.
"Fascicolo Melissa e Vittoria"
Do un'occhiata al fascicolo delle mie pronipoti che sono riuscito a far salire a bordo chiedendo dei favori alle alte sfere politiche. So che dovrò ricambiare ma non importa. Non ora. Ora la massima priorità era di averle a bordo a qualunque costo.
E c'ero riuscito.
Entrambe sono bellissime.
Melissa assomiglia molto a mia figlia. Prima di entrare in coma riuscii a parlare anche con lei. L'amore vero della mia vita.
Purtroppo ero sempre a lavoro su quel programma di cibernetica ed, a casa, non c'ero quasi mai.
Mia moglie mi tradiva, ne ero sicuro, ma volevo stare con mia figlia e la parvenza di una famiglia valeva la candela.
Melissa e Vittoria. Anche per loro avrei fatto qualsiasi cosa. Chiamai la plancia e gli comunicai che sarei salito più tardi. L'ufficiale in seconda, il capitano Pepsi, mi redarguì. Mi ricordò l'importanza di essere sul ponte di comando e l'importanza della missione stessa.
"Capitano arriverò sul ponte dopo aver fatto una cosa"
"Ma Ammiraglio...."
"Capitano. Le devo ricordare chi comanda sull' Arcam? Arriverò quando ho fatto"
"Si Signore. Mi scusi"
Gloria Pepsi. Capitano della Marina Federazione Terra. Un genio militare e non solo. È stata la prima donna al comando del distaccamento su Luna. Il suo trattato "Antiche passioni di Guerra e Pace" è studiato in tutte le scuole ufficiali del pianeta e l'ho voluta fortemente al mio fianco in questa missione.
Abbiamo avuto una storia anche se io ero "solamente" un androide ed, il sesso, per me, non era più come quello di una volta. Posso provare emozioni ma non posso esternare nulla. Per me, il sesso, ora, è solo un effimero atto di movimento.
Siamo stati "insieme" due mesi, poi, quando la Federazione mi diede il comando della missione Roma 1 ci siamo lasciati anzi, più precisamente, la lasciai io. Non volevo sentimentalismi per una missione così delicata. Poi, sei mesi dopo le chiesi di essere il mio numero due e, lei, dapprima rifiutò ma, qualche giorno dopo, accettò il mio invito. Lei non voleva essere una numero due. Lei si sentiva una numero UNO e, questa situazione, la faceva sentire frustrata. Le promisi che avrebbe fatto più il capo lei che io e, quindi, decise di accettare.
Uscii dalla mia cabina e mi diressi verso l'ascensore del settore L. Una volta arrivato entrai e pronunciai "Piano 34L1"
Mi stavo dirigendo all'area City dove c'era tutto un settore riconvertito a città. C'era una piazza con al centro una fontana, riproduzione fedele della Barca di Acqua di Valencia in Spagna. Ai quattro punti cardinali c'erano i luoghi di culto. Anch' esse copie perfette. Per i cristiani la chiesa di Santa Prassede in Roma; per i musulmani la moschea di Abu Dhabi; per gli ebrei il tempio di Gerusalemme e, per i buddisti, il tempio Mahabodhi in India. Tutte intorno alla piazza, invece, vi erano le costruzioni adibite a cabine del popolo. Nel settore M c'era un un'altra cittadella identica. I nomi che vennero dati alle due city erano Europa per il settore L ed America per l'altro settore. Sull' Arcam ero il capo supremo e potevo decidere tutto. Una sorta di monarca assoluto. Ero quasi giunto al lotto 642 palazzina 2 quando alle spalle mi sentii salutare.
Mi voltai. Era Vittoria. Splendida. I lunghi capelli castani si adagiavano morbidi sulle spalle. I suoi occhi verdi, profondi, mi scrutavano.
"Comandante Miller?"
John Miller è il nome che mi fu dato dall'esercito.
"Salve. Si sono io. Ma mi chiami John. Signora?"
"Mi chiamo Vittoria Flavi. E volevo ringraziarla. Il tenente Richardson ci ha comunicato che è stato lei a volere fortemente me e mia sorella Melissa con i suoi due figli a bordo. È vero?"
"Guardi signora Flavi. Ora non posso fermarmi a parlare. Le spiegherò più tardi. Stavo giustappunto cercando il tenente. Lo ha visto?"
"Prima era davanti al generatore di abiti vicino alla nostra palazzina. Lì dove è stata assegnata mia sorella Melissa. Ognuno di noi ha un compito su questa nave. Io non ne ho nessuno."
"Lo avrà signora. Non si preoccupi. Ora devo andare. Con permesso."
Girai le spalle e proseguii per il generatore. Lì c'erano il tenente Richardson e Melissa che stavano parlando. Amichevolmente direi, viste le risate tra loro. Ora prendo il tenente e gliene dico quattro.
"Tenente Richardson" ammonii severo.
"Si Ammiraglio" scattò immediatamente sull'attenti.
"Signora mi scusi ma devo prendere il mio tenente"
Melissa mi sorrise spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ed un'emozione d'altri tempi mi attraversò la mente. È identica a mia figlia Clarissa.
Stessi capelli color miele e stessi occhi nocciola. Un sorriso contagioso che ti fa perdere la testa.
Ecco... Amavo quelle due donne.
Presi per un braccio il tenente e in un angolo gli rimproverai l'accaduto.
"Tenente lei deve starle vicino e controllarle. Non deve comunicare con loro e soprattutto non deve dire che sono qui per merito mio. Anche lei, tenente, è qui per intercessione del ministro della difesa Brunì. Lei è qui perché ho dovuto contraccambiare il favore ma non mi sfidi perché la metto a lavare le latrine degli animali. Inteso?"
"Signorsi ammiraglio"
"Bene. E ora mi dica. Che lavoro possiamo dare a Vittoria Flavi?"
"Potremmo metterla all'approvvigionamento dei viveri. Li c'è sempre caos"
"Perfetto. Si occupi lei di tutto. E mi ragguagli su situazioni strane"
Mi allontanai salutando da lontano le due donne e mi diressi verso l'ascensore per il percorso inverso. Durante il tragitto ripensai ad ogni attimo avuto con loro. Era la prima volta che le vedevo così da vicino. È stato come un tuffo nel passato. I ricordi e i profumi di mia figlia. I suoi sorrisi e i suoi "Ti amo papà" o i suoi capricci e i suoi "Sei il papà più brutto del mondo. Sei un mostro" che mi facevano stringere il cuore.
E loro stavano prendendo il posto di quella figlia che mi mancava terribilmente più del mio corpo, più della mia pelle.
"Capitano Pepsi. Quanto manca alla cintura di Saturno?"
"Ammiraglio siamo in prossimità dei primi asteroidi"
"Bene. Sto arrivando"
In pochi minuti giunsi al ponte di comando.
Il capitano Pepsi si alzò dalla poltrona di comando e si mise alla destra di essa e pronunciò: "Ammiraglio in plancia di comando"
"Bene ragazzi ora voglio il massimo da tutti voi. Vi ho scelto uno ad uno e so quanto valete. Non mi deludete. Tenente Romanov alzi gli scudi al massimo e accenda l'allarme rosso. Tenente Jenkins diminuisca la velocità di cinque mach e ci porti dentro la cintura. Con calma."
"Agli ordini Ammiraglio"
Il tenente Jenkins era un eccellente pilota di aerei da corsa. Lo reclutai io personalmente più di dieci anni fa per portare gli Shuttle su Luna. Era perfetto per questo tipo di manovre.
La tensione stava cominciando a salire.
"Thema. Pink Floyd. Another Brick on the wall part two. Album The Wall. Riprodurre"
Il capitano Pepsi mi guardò ed io le sorrisi dicendole:
"Un po' di buona musica è quello che ci vuole in questo momento no? Se moriremo lo faremo cantando. Jenkins la conosce questa canzone?"
"Ammiraglio è quella che mise il giorno del mio esame da ufficiale. La conosco perfettamente"
"Bravo ragazzo. So che posso fidarmi di te"
Il tenente stava facendo del suo meglio aiutato egregiamente dagli scudi difensivi. Ci sarebbero voluti una decina di minuti e saremmo stati fuori dalla cintura di asteroidi e poi avremmo potuto azionare il motore principale per un salto di circa 300 anni luce.
"Bene. Capitano Pepsi lascio a lei la plancia. Vado nella mia cabina"
"Ma Ammiraglio ancora non siamo fuori pericolo"
"Capitano. Si calmi. Jenkins sta facendo il suo lavoro egregiamente e lei è una ottimo numero UNO. Io sono un vecchio di più di cento anni e devo riposare"
"Ammiraglio lei non può invecchiare..."
"Il mio corpo Capitano. Solo il mio corpo non può invecchiare. Per quanto riguarda l'anima, invece..."
Lasciai il ponte di comando con un lungo sospiro e le occhiate stupite degli ufficiali.
Solo Jenkins non mi guardò. Lui era occupato in ben altro.
"Ponte ufficiali. Piano 78A1"
In pochi secondi arrivai a destinazione. Entrai nella mia cabina e chiesi a Thema di proiettarmi sullo schermo ciò che vedeva Jenkins.
Era perfetto nell'evitare quegli asteroidi grandi quanto l'Australia. Gli scudi avrebbero retto a due o tre colpi. Il quarto sarebbe stato meglio evitarlo. Misi due dita di whisky nel bicchiere e ne assaggiai un sorso. Strano sentire il sapore dell'alcol sulla lingua. Era come se fossi ancora umano. Mi accomodai nella poltrona e chiesi a Thema la stessa musica che stavano ascoltando in plancia.
<<Nessuna musica in plancia>>
Sicuramente Gloria aveva levato la musica e messo alla frusta l'equipaggio. La mia capitano con le palle. Ehi Jenkins attento a quell'asteroide a ore cinque.
Un forte scossone si sentì per tutta la nave. Il whisky si rovesciò in terra. Maledizione Jenkins fai attenzione.
"Ammiraglio a Plancia. Mi sentite?"
"Si Ammiraglio. Siamo stati colpiti da un asteroide."
"Davvero? Io pensavo che stessimo a fare quattro salti in discoteca.... Danni Capitano?"
"No signore. Nessun danno e gli scudi sono ancora al 90%. "Controlli se ci siano dei feriti e, nel caso, portarli immediatamente in infermeria. Inoltre devii tutte le energie ausiliari agli scudi."
"Ammiraglio così facendo, nelle cittadelle, i passeggeri saranno quasi al buio"
"Meglio quasi al buio che certamente morti. È un ordine capitano."
"Signorsi comandante"
Chiusi il contatto con la plancia e provai a chiamare col trasmettitore il tenente Richardson.
"Tenente dove si trova? In Europa o in America?"
"Comandante sono in Europa."
"Bene. La situazione lì come è?"
"Tutti i passeggeri sono nelle loro cabine come da protocollo"
"Perfetto. Faccia un giro con i suoi uomini perché ora le due cittadelle passeranno alle luci di emergenza. Rassicuri la gente"
"Signorsi Comandante".
Ancora un paio di minuti e tutto finirà.
Un altro scossone fece sobbalzare l'Arcam.
Forza Jenkins. Tiraci fuori da qui.
Trascorsi i due minuti eravamo, finalmente, fuori da quella situazione e per un momento sprofondai nella poltrona senza pensieri.
Ce l'avevamo fatta. Ora sarebbe bastato fare il salto e aspettare un anno.
"Bravissimi ragazzi. Sono fiero di voi e sono fiero di lei Capitano Pepsi. Mi apra un canale con la Federazione su Terra e invii il collegamento sullo schermo del mio alloggio."
"Si Comandante lo facciamo subito"
Mi versai altre due dita di whisky con la speranza di poterlo gustare senza distrazioni.
"Ammiraglio Miller. Ci dica"
"Buonasera a lei Primo Ministro ed a tutti gli altri ministri presenti. Vi comunico che abbiamo oltrepassato la cintura di Saturno senza problemi e tra un'ora circa attiveremo il motore principale ed effettueremo il salto cosmico. Una volta fatto i messaggi con la Terra impiegheranno un anno ad arrivare e, quindi, spero che non ci siano problemi. Probabilmente faremo prima noi ad arrivare su Roma 1 che voi ad ascoltare il messaggio."
"Ammiraglio volevamo comunicarle due cose. La prima è che si ricordi esattamente la procedura in caso di pericolo dell'integrità di Arcam 1. La seconda è che la partenza di Arcam 2 avverrà esattamente tra 10 giorni. In bocca al lupo Ammiraglio"
"Viva il lupo Signori. Ci vedremo su Roma 1 tra qualche anno"
Finisco il mio whisky e mi dirigo nuovamente in plancia.
"Ammiraglio in plancia di comando"
"Bravi ragazzi. La federazione mi ha fatto i complimenti per il passaggio indenne nella cintura di Saturno. Ovviamente è merito vostro non mio e, soprattutto, merito di Jenkins. Complimenti Tenente e complimenti al capitano Pepsi che ha diretto tutta la manovra"
Gli applausi si levarono in aria.
"Jenkins mi deve due dita di whisky invecchiato 200 anni e consideri che l'unica bottiglia in giro è quella che è nella mia cabina e che era vicino al mio hard drive nel mio laboratorio."
Gli applausi si tramutarono in sorrisi e parole di scherno ai danni di Jenkins.
"Ragazzi che ne dite, siete pronti ad accendere il motore principale? Tenente Dakini. Il motore principale è a posto?"
"Si Ammiraglio. Ho effettuato io personalmente il check del computer di bordo del motore. Tutto in ordine"
"Benissimo. Passiamo ad allarme giallo e iniziamo il conto alla rovescia per l'accensione del motore principale"
Per attivarlo occorrevano circa trenta minuti.
"Capitano a Lei il comando. Vado in infermeria a vedere come stanno i contusi."
Dopo pochi minuti in infermeria il Capitano medico Kay mi comunicò che nessuno aveva riportato ferite gravi. I più preoccupanti erano due signore che si erano rotte un'unghia. Ridemmo di gusto.
"Eva. Ho un favore da chiederti. Ci sono due donne. Melissa e Vittoria Flavi. Vorrei che tu le controllassi nuovamente"
"John ti conosco da tanto tempo. Perché tieni tanto a loro? Sai che potresti giocarti la carriera? Potresti perdere tutto il potere che avresti su Roma 1 e per che cosa? Sono le tue amanti? Hai un'infatuazione per loro?"
"Sono la mia famiglia Eva"
Il capitano medico rimase sbigottita.
"Come sono la tua famiglia? Quando le ho visitate prima di salire a bordo ho letto accuratamente il loro fascicolo e non ho trovato tracce di parentela con te"
"Eva il mio nome da umano era Flavio Iulia e loro sono le mie pronipoti. Controlla se non hanno avuto incidenti"
"John se avessero avuto un incidente sarebbero state condotte qui e curate. Calmati"
"Ok. Grazie Eva. Mi raccomando discrezione"
Me ne andai dall'infermeria e arrivai al mio alloggio.
Mi fissai nello specchio e non vedevo più un androide. Non vedevo più neanche un alto ufficiale della Marina della Federazione Terra.
Davanti a me c'era solo il volto di un uomo stanco di vivere. Stanco di non avere nessun cordone ombelicale col passato. Affranto perché gli amori della sua vita non c'erano più da molto tempo. Troppo.
Il trillo dell'interfono interruppe i miei pensieri.
"Comandante tra due minuti il motore principale si accenderà"
"Bene Capitano Pepsi. Aspetterò qui in poltrona. A lei il comando. Lasci l'interfono aperto così sentirò il tutto.
"Signorsi Ammiraglio"
Sprofondo nella mia poltrona e guardo sullo schermo. Tra pochi secondi diventerà tutto bianco e faremo un salto di 300 anni in 30 secondi.
Non mi va neanche di bere.
"Mancano dieci secondi. Nove, otto,sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno. Tenente Dakini accenda il motore"
"Accensione effettuata Capitano"
Le schermo diventò di un bianco accecante. Trenta secondi che sembravano non finire mai ed, ad un tratto, un'esplosione potente.
Così forte che venni quasi scaraventato sul pavimento.
"Capitano cosa sta succedendo"
"Non lo so Ammiraglio. Siamo usciti dallo spazio tempo e l'esplosione ci ha investito"
"Tenente Romanov che danni ci sono?"
"Abbiamo gravi danni strutturali ai settori H, J e L"
"Come L? Europa? È intatta?'
"Si Ammiraglio ma dobbiamo procedere all'evacuazione d'emergenza del settore L perché lo scafo ha dei danni strutturali gravi. Sembra che un asteroide sia stato risucchiato nel salto e che sia poi entrato in collisione con noi quando ci siamo fermati."
"Capitano Pepsi cosa ne pensa?"
"Ammiraglio se Romanov dice di evacuare io inizierei il protocollo Alpha1"
Il protocollo Alpha1 consisteva nel prendere nelle famiglie le persone valide alla sopravvivenza e inviarle nel settore M e le rimanenti trasferirle nelle capsule di salvataggio che si trovavano nel settore emergenza W. Una volta lì sarebbero salite  poi ibernate e, se fossero sopravvissute, sarebbero state prese dall'Arcam 2 o da altre navi.
Di seimila persone che vivevano su Europa ne sarebbero restate tremila.
Già sapevamo chi sarebbe restato e chi no. E nella lista di chi doveva andare nelle capsule c'era anche Vittoria.
Non ci voleva. Non doveva andare così. Ordinai a Pepsi di comandare ad una squadra di controllare sul posto lo stato dello scafo. Intanto che mi dirigevo al settore L, chiamai Richardson comunicandogli di controllare lo stato dei passeggeri e di aiutare allo smistamento delle persone.
Giunto sul posto erano accese solo le luci di emergenza. L'allarme rosso echeggiava in tutta Europa e la gente piangeva. Raccolsi un giocattolo caduto dalle mani di un bambino e glielo riconsegnai con un sorriso. La mamma piangeva e la rassicurai con parole di circostanza. In lontananza vidi Richardson fare ciò che gli era stato ordinato.
Gli feci cenno di avvicinarsi.
"Eccomi Ammiraglio"
"Com'è la situazione tenente?"
"Abbiamo dodici feriti gravi che sono stati trasferiti in infermeria. Ventuno lievi. I Guardiamarina O'Leary e Banff stanno provvedendo all'indirizzamento delle persone alle capsule di salvataggio"
"Vittoria e Melissa Flavi?"
"Melissa Flavi e i suoi due figli sono stati già trasferiti ad America. Lì il tenente Perez sta smistando le persone come da protocollo negli alloggi di emergenza. Vittoria è diretta al settore W. Lei è assegnata alla capsula numero 1039."
"Avverta il tenente Paxos di non far partire la capsula 1039 senza un mio ordine diretto. Inteso?"
"Signorsi Ammiraglio"
Corsi verso il settore W e nel mentre, chiamai su una linea privata Gloria.
"Gloria?"
"John dimmi"
"Devo farti una rivelazione. Quando siamo stati insieme ho provato davvero qualcosa per te e me ne sto accorgendo solo ora. Ma non sono stato del tutto sincero con te. Io ho ancora dei familiari in vita e sono sull'Arcam. E sceglierti è stato per due motivi. Il primo è perché ti volevo vicino e che sei un grandioso capitano. Il secondo è perché potevi darmi più tempo libero per conoscere la mia famiglia"
Gloria sorrise e disse
"Sono tre i motivi allora scemo"
"La solita perfettina... Nel protocollo Alpha1 una mia nipote è prevista in capsula di salvataggio. Sto andando da lei."
"E poi? "
"E poi non lo so. Paxos è inappuntabile e incorruttibile. L'ho messo apposta lì. Ci sentiamo dopo"
Ancora una manciata di secondi e sarò arrivato.
1031, 1032 eccola là Vittoria.
"Signora Flavi. Tenente Paxos ci penso io ora. Vada pure"
"Signore non posso andare. Me l'ha ordinato lei. E mi ha detto categoricamente di avviare le operazioni di lancio."
"Ok tenente. Intanto lanci le altre 2999 capsule. Poi rivenga qui"
"Comandante Miller. Ora che succederà?" Vittoria aveva il volto impaurito ed io non sapevo come rassicurarla.
"Non lo so Vittoria. Posso chiamarla Vittoria vero? In teoria una volta sganciata, la capsula passa in ibernazione per far sprecare meno energia vitale possibile per durare più di un anno. Ma è tutto teorico."
"Qualcuno verrà a recuperarci?"
"Se l'Arcam 2 farà la nostra stessa rotta e non avrà problemi tra una decina di giorni sarete recuperati e portati su Roma 1"
"E se non ci trovasse?"
"Non ci pensi ora Vittoria. Volevo dirle una cosa. Ha presente sua nonno Milo? La nonna di Milo era Clarissa. La mia amata figlia. Lei, Vittoria e sua sorella Melissa siete le mie pronipoti."
Un segno di stupore fece breccia nel suo volto.
"Ma è impossibile Ammiraglio"
"John. Vittoria chiamami John o se vuoi Flavio, il mio vero nome"
Vittoria esplose in un pianto abbracciandomi forte.
Il tenente Paxos arrivò spezzando il momento carico di emozioni.
"Un attimo Vittoria"
Mi avvicinai e parlai con il tenente che annui, controvoglia, a ciò che gli stavo dicendo.
"Vittoria. Il tenente Paxos ora la scorterà nel mio alloggio e lascerà un messaggio al Capitano Pepsi."
Il tenente fece cenno a Vittoria di seguirlo e lei così fece. Si allontanarono.
Quando entrarono nell'ascensore Vittoria chiese al tenente perché non fosse più salita sulla capsula. Questi le comunicò che io avrei preso il suo posto.
Lei rincuorata chiese: "Una volta giunti nell'alloggio dell'ammiraglio cosa succederà? E per fortuna che l'ammiraglio è un androide e quindi durerà più a lungo nella capsula"
"Il capitano Pepsi la farà rimanere nell'alloggio del comandante per tutto il viaggio. Per l'altra questione, invece, la capsula non ha una batteria per la ricarica di un androide e, quindi, dopo settantadue ore o qualcosa in più si spegnerà per sempre. L'ammiraglio le voleva molto bene signora Flavi".
Vittoria guardò nello specchio dell'ascensore mentre le lacrime le scendevano copiose dagli occhi verdi smeraldo. Quelle gemme che sono state l'ultimo ricordo di Flavio Iulia alias John Miller Ammiraglio della Marina di Federazione Terra e comandante dell' Arcam Terrae 1, padre innamorato di sua figlia.
Fine
3 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Text
Il lato umano
Guardo fuori dal vetro oscurato e osservo quello che rimane della mia città. Palazzi, solo palazzi, tutti con le finestre temperate per schermare la luce, per tentare di arginare questo calore insostenibile per la nostra fragile razza. Immobile. Nessuno passeggia per le strade, le persone non si incontrano più nella realtà, rimangono solo le olochiamate, effimere immagini che ci danno l'illusione di essere ancora vivi. Biologicamente viviamo ma nella realtà siamo come ibernati in queste case che ci proteggono in un'aria condizionata necessaria a sopravvivere.
C'è ancora una speranza per il futuro di mia figlia e mia nipote. Stiamo per lasciare questo pianeta condannato a morte in cerca di una nuova vita, ma io la mia l'ho già vissuta e ho scelto di lasciarla qui. Quando la mia famiglia ha lasciato l'Italia per venire nella capitale ero piena di sogni e di entusiasmo e ho vissuto anni felici. Ricordo quando ancora si passeggiava senza caschi per l'ossigeno, quando Central Park era un polmone di alberi con foglie vere e non solo tremule immagini 3D come ora. Io ricordo i profumi. Ho vissuto su questa terra sofferente i miei anni migliori e non credo di volerla lasciare, sono vecchia e la spietata tecnologia lascia indietro umani di 112 anni come me.
Io me lo ricordo ancora il brivido di guardarsi negli occhi, mi ricordo la sensazione del calore del sole sulla pelle, l'emozione di tenersi per mano.
Immersa nella mia malinconia mi sento ancora più vecchia tanto da non accorgermi di non essere più sola. Vivo in un'abitazione che condivido con mia figlia e Giorgiana, la mia bellissima nipote adolescente che è appena entrata nella mia asettica sala. È un fiore che sta sbocciando, ha l'età in cui gli sbalzi ormonali prendono il sopravvento, o almeno così è stato per tutti prima che le cose cambiassero. Il siero regolatore viene iniettato fin da giovanissimi, aiuta a limitare tutti i bisogni e tutti gli istinti inclusi la fame, la sete, la socialità e perfino l'amore.
La osservo e riconosco nel suo atteggiamento una forma di agitazione. " C'è qualcosa che non va? " chiedo invitandola con un gesto a sedersi accanto a me, non troppo vicina, il contatto non è più di moda in questo mondo.
"Madre mi ha informato che tra due settimane partiremo con la prima piattaforma in partenza per il sistema solare di Trappist-1..." interrompe la frase deglutendo e io riconosco i sintomi di un'emozione che sta lottando dentro di lei.
"Percepisco un turbamento in te, mi sembra una notizia positiva, molti vorrebbero essere al tuo posto ora e questa è la dimostrazione che il tuo nucleo di appartenenza è tenuto in altissima considerazione dal Consiglio. Vuoi condividere i tuoi pensieri?" la mia domanda è cauta, le generazioni moderne non hanno confidenza con la confusione mentale.
"Io...non trovo chiarezza nonna. Il mio organismo comunica un senso di mancanza, non ho mai provato questo stato emotivo e non lo comprendo."
I suoi grandi occhi verdi spalancati su di me mi stanno chiedendo aiuto, la corazza di controllo algido che la sua educazione le ha impartito si sta crepando ed è una sensazione tremendamente familiare. Io me lo ricordo ancora cosa significa sgretolarsi in un'emozione ma come posso spiegarlo a chi è stato addestrato al calcolo, alla freddezza e all'autocontrollo totale.
"Cosa pensi che ti mancherà di questo pianeta?" domando con delicatezza, cercando di introdurla al concetto di nostalgia che lei non conosce.
"Mancare nonna? Come quando hai bisogno di qualcosa e non è disponibile nell'immediato?" mi chiede dubbiosa.
"Sì, il tuo turbamento potrebbe essere legato al fatto di dover lasciare qualcosa di utile in questo mondo" spiego con cura e mi colpisce vedere la sua confusione dipanarsi e diventare lucida.
"Nonna" mi chiede con un tremolio nella voce "Può accadere che sia un altro essere umano a mancare?" inclina la testa e guarda il pavimento come se si vergognasse di questa ammissione. Avverto un pugno nello stomaco riconoscendo questa emozione che è stata bandita e riappare il ricordo dell'amore che ho solo potuto intravedere più o meno quando avevo la sua età.
"E' questo che ti è accaduto?" la invito a continuare con delicatezza.
"Sì" tiene di nuovo lo sguardo basso e guardandosi i piedi inizia timidamente il suo racconto: "Ero al centro addestramento per imparare il regolamento e le procedure da seguire quando saremo sulla navicella. L' istruttore, Mr. Scott è un cadetto dell'Accademia interspaziale. Non è cresciuto nella capitale, è stato erudito ai segreti dell'umanità insieme a pochi eletti affinché portino avanti le conoscenze del nostro popolo dopo la colonizzazione. Nonna, lui è così diverso..." e i suoi grandi occhi si aprono di nuovo sciogliendosi in un'emozione forte.
"Quando parla con me, i suoi occhi mi guardano con attenzione, è come se parlassero e quando accade io mi sento strana, avverto una sensazione simile a quando il mio corpo si ammala, come quando da piccola mi hanno iniettato il vaccino. Io sento la volontà di stare in sua presenza e questo è contro le regole, siamo tutti uguali non è corretto avere preferenze tra esseri umani. Ma non posso evitare di pensare che quando partirò, non lo vedrò più e questo pensiero mi confonde. Mr. Scott mi ha chiesto un colloquio privato nella sua abitazione. So che il regolamento lo vieta ed è mio dovere rifiutare ma io voglio dire di sì. Nonna, perché questa volta è così difficile fare ciò che è corretto rispettando le regole dell'isolamento sociale, perché sento la voglia di stare da sola con lui?" La sua voce razionale si interrompe e riesco a percepire in ogni parte di me la sua battaglia per ritrovare il controllo.
"Mia cara, credo sia arrivato il momento che io ti passi un'eredità che è nella nostra famiglia da più di 150 anni. Non ero sicura che tu fossi pronta ad accettarlo, scoprirai che le cose sono cambiate molto nel mondo, ma ora comprendo che per te è arrivato il momento di sapere ", con un gesto premo il comando sulla tastiera a destra del divano, appare dopo poco il robot domestico sorreggendo una valigia in titanio. Mi volto verso i grandi occhi timorosi della mia bellissima nipote e le dico:
"Giorgiana, ti racconto la storia di mia nonna." e digitando il codice faccio scattare la serratura della valigia. Un odore stantio di polvere e storia invade la stanza asettica e la ragazzina starnutisce guardandomi con terrore.
"Tranquilla, si chiama polvere, è una sostanza molto sottile che si infila nelle narici e può causare starnuto, non ha nulla a che fare con le malattie che conosci" cerco di rassicurarla, ad oggi uno starnuto è visto come un allarme, dopo che una pandemia di influenza ha distrutto metà popolazione un secolo fa. Da un vano estraggo un paio di guanti in materiale antistatico e glieli porgo.
"Indossali prima di estrarre il contenuto" mi raccomando. La osservo nell'operazione e il suo stupore mi commuove quando tra le mani saggia un materiale di cui è scomparsa l'esistenza.
"Che cos'è nonna? "mi chiede ammaliata.
"Questo materiale si chiama velluto, è un tessuto con il quale i nostri antenati si coprivano nei giorni di freddo. È morbido e caldo, mentre questo tipo di indumento veniva chiamato "mantello" ed è appartenuto a mia nonna. Veniva indossato per passeggiare per le strade durante l'inverno, la stagione fredda che durava 3 mesi quando la Terra ancora girava intorno al sole sulla sua orbita. Tua nonna aveva una grazia innata e quando camminava per le strade di Venezia, la città dove anche io sono nata, generava attorno a sé un interesse magnetico. La città viene ricordata ancora nei libri di storia per il carnevale, una festa imposta dalla cultura religiosa del passato. Era un momento in cui le persone indossavano delle maschere colorate per coprirsi il volto e si divertivano negli eccessi di cibo, danze e risate. Dicono fosse una festa molto folle. Ora guarda sotto il mantello" la invito a proseguire la sua scoperta e la osservo mentre le sue mani ammirano con curiosità la maschera veneziana laccata che tante volte ho guardato da ragazzina, sognando un mondo in cui le emozioni potevano ancora essere espresse in maniera sfacciata.
La valigia cela ancora due oggetti e mi sforzo di ricordare tutti i dettagli che mia madre ha raccontato a me così da poterli a mia volta tramandare al mio futuro.
"Questa teca protegge un'immagine di Venezia, è una fotografia. È una tecnologia antiquata, è come uno dei nostri ologrammi ma è fissa, la fotografia poteva solo fissare un preciso momento. Vedi, Venezia era bellissima, una città circondata da acqua"
"Dall'acqua nonna? Come la capitale..." mi interrompe la curiosità di Giorgiana.
"Non come la Capitale, no. C'è stato un tempo in cui il mare era una risorsa, circondava le città e veniva utilizzato per generare energia, cibo e anche per viaggiare. Venezia aveva strade fatte di acqua che la attraversavano e le persone venivano condotte su imbarcazioni chiamate Gondole, vedi nell'immagine? Queste barche dalla forma strana portavano le persone. C'erano anche strade a Venezia, piccole e strette, ma non ricordo come le chiamavano..."
"Nonna ma le persone potevano uscire di casa?" e mentre Giorgiana si appassiona alla storia io mi sento scaldare dai ricordi di un passato tanto lontano di cui non è rimasta traccia.
"Certo, si camminava per le strade, anche in gruppi di persone sai? E si correva e si ballava, soprattutto nei giorni del Carnevale. C'è ancora un oggetto nella valigia, è il più importante "e aspetto che Giorgiana lo estragga con questa curiosità che le arrossa le guance.
"Questo è un libro fatto in carta, di quando sulla Terra c'era abbondanza di alberi e la carta veniva utilizzata in molti modi. Mia nonna, cara Giorgiana, era una scrittrice e in questo libro ha messo tutta la sapienza dell'amore. Si tratta di un diario, una raccolta di storie di passione e amori proibiti che raccontano una parte di vita che alle generazioni moderne è stata negata. Il corpo parla, esattamente come la mente. Usa parole fatte di sensi, odori, gusti e fantasie. È una magia che accade quando due corpi si uniscono, si fondono fino ad arrivare a un'estasi di emozioni che fanno perdere completamente il controllo ed insieme ad esso il senso del tempo e dello spazio. Per questo motivo è stato proibito, gli istinti sono pericolosi in un mondo di scarsità come quello in cui viviamo. Ogni cosa va misurata, contenuta, limitata e non ci si può permettere il lusso di perdere l'autocontrollo. Forse la nuova colonizzazione ci permetterà di vivere in un nuovo mondo di abbondanza dove potere tornare ad essere umani, con tutte le nostre eccesive emozioni, con gli entusiasmi e le voglie incontrollate, forse potremo tornare ad usare i nostri sensi così come siamo nati per farlo. Mr. Scott è un privilegiato, è stato formato a queste informazioni affinché possa educare una nuova umanità quando le condizioni saranno sicure. E devi sapere Giorgiana che esistono connessioni speciali, uniche e istintive che non possono essere contenute e io credo che questo sia quello che sta accadendo a te ora. La fiamma delle tue origini si è risvegliata e così i tuoi sensi sopiti. Questo diario descrive nei dettagli le sfumature di ogni emozione e io credo che ti farà bene saperne di più, dopo averlo letto sceglierai chi vorrai essere."
Un senso di completezza mi pervade, è come se finalmente dopo tanto tempo sentissi di aver avuto un ruolo in questa esistenza, ora che ho potuto consegnare un lascito fondamentale affinché l'umanità non si perda del tutto nella mia genealogia.
Non sono mai stata una ribelle ma avrei tanto voluto, così come lo era stata mia nonna a suo tempo, così come lo vedo accadere in mia nipote. Lascio la stanza mentre lei sfoglia con delicatezza estrema le pagine della nostra storia di famiglia, un bagaglio scomodo per questo mondo. Noi donne, portatrici della scintilla di vita, fuoco di creazione ma anche di empatia, dolcezza e fantasie. Tutto questo ci è stato rubato e io ho avuto il privilegio di restituire un pezzo del tesoro perduto.
Lascio a Giorgiana il tempo di assorbire questo linguaggio così distante dalla sua quotidianità e cerco qualcosa per passare il tempo, mi immergo nei miei pensieri di vecchia fino a quando mi accorgo della presenza della mia nipotina. Sta piangendo, lacrime vere, copiose e amare. Anni di emozioni represse sgorgano come un fiume e io piango insieme a lei, grata per averle potuto fare un regalo così importante.
"Nonna" mi dice tra i singhiozzi "io lo voglio provare, io lo voglio vedere" e vedo l'emozione trasformarsi in lucidità e determinazione, mi guarda e si avvicina in un gesto di tenerezza che non mi aspetto dandomi un bacio sulla guancia: "Io vado" e con un passo sicuro esce dalla porta di questa asettica gabbia.
Non sarà più la stessa quando rientrerà, non sarà mai più la stessa.
Ora che il dado è tratto emergono le mie preoccupazioni di nonna, mi chiedo se davvero fosse pronta e abbastanza forte per affrontare questa ribellione interiore che la cambierà per sempre.
Rimango in compagnia dei miei pensieri ansiogeni fino a quando riesco ad assopirmi molto tempo dopo, mi sveglia il suono di una olochiamata, il ricevitore fluttua nell'aria e nell'etere appare il volto di Giorgiana.
Anche attraverso il tremolio dell'ologramma percepisco la sua luce.
"Ciao nonna, volevo ringraziarti, il mio corpo vuole ringraziarti. Ho assimilato quello che ho letto trasformando ogni parola in azione, facendola penetrare nei tessuti e sottopelle, ho lasciato che il fuoco bruciasse le regole, i limiti e l'autocontrollo e finalmente mi sono sentita viva! Ho scoperto che siamo ricettori di emozioni e siamo fatti per godere, così si dice giusto? Sto ancora prendendo confidenza con la terminologia. Le mani possono disegnare sul corpo spirali che provocano calore e benessere e anche scompiglio in ogni cellula. Il respiro può cambiare e diventare profondo, scendere nelle viscere. Si può respirare con la pancia, con la schiena e si può respirare anche con il sesso. Sì, adesso la conosco questa parola. Cinque lettere e cinquemila emozioni.
Nonna, siamo fatti per essere scompigliati, disordinati, caotici e impulsivi. Siamo nati per essere creativi, per risolvere il caos che la natura ha messo dentro di noi in milioni di modi diversi. Siamo istinto e se ascoltiamo le vibrazioni del nostro essere allora diventiamo immensi creatori. Scott lo sapeva e mi ha aiutato a ricordare un'eredità che è scritta nel nostro DNA. La tecnologia è solo a nostra immagine e somiglianza ma la meraviglia è che questo organismo così imperfetto che è l'uomo possa funzionare in una maniera tanto perfetta. Io ho aperto la percezione attraverso i sensi, l'eredità della razza umana, e non posso permettermi che tutto questo rimanga solo con me.
Nonna grazie per avermi guidato in questo risveglio ma io sento che il mio dovere sia cambiato ora, io devo diffondere questa verità e lo voglio fare attraverso il libro della nostra antenata, tutti sapranno e tutti vivranno.
Ora devo andare, ho finalmente una vita da vivere!
Ciao nonna"
Su queste ultime parole l'ologramma svanisce e io rimango così, con questa utopia che aleggia nell'aria.
Un misto di orgoglio e malinconia mi invade, voglio credere che ci riuscirà, che il coraggio e la forza saranno al suo fianco in questa lotta per restituire il lato umano alle persone ma la mia parte disillusa teme che più probabilmente la fermeranno prima.
Ma ora che so che si è sentita viva anche solo per un giorno, sento di nuovo affiorare quella sensazione di appagamento sereno, uno stato di compimento e con esso una stanchezza atavica mi avvolge.
Questa è la Terra in cui ho vissuto e qui ho deciso di lasciare che il mio corpo rimanga.
2 notes · View notes
armoniaprivata · 4 years ago
Text
Quando mi vuoi sono qui.... Così ci siamo lasciati stamane dopo l'ennesima nostra litigata. Ti aspetterò sulla nostra poltrona nera di pelle. Starò come al solito con una gamba sul bracciolo e con un bicchiere di whiskey in mano a guardare annoiato una serie tv su Netflix. Il bicchiere lo farò danzare nell'aria cosicché il ghiaccio stemperi l'alto grado alcolico prima di berne un sorso.
L'alcol ti stappa la mente.
Ti lascia andare in un mondo onirico nel quale sogni qualsiasi cosa. Sento la chiave nella serratura, la porta aprirsi e le chiavi gettate nella mensola di fianco l'entrata. Sento la tua voce che mi chiama chiedendo dove fossi. Già so che imprecherai perché mi troverai nella stessa posizione che mi hai lasciato stamattina e con la bottiglia di Jameson vuota rovesciata sul parquet. Imprecherai, ti inchinerai a raccogliere la bottiglia maledicendo il giorno che mi hai incontrato. Mi dirai che sono la peggiore persona al mondo che hai mai conosciuto e che tutti gli altri tuoi ex erano meglio di me. Mi dirai che hai rinunciato a una carriera per me e che hai rinunciato a tutti quelli che ti hanno corteggiato mentre eri con me...
Mi brucerai con gli occhi ....
"Ti amo" le mie uniche parole.
Mi dirai che sono un bastardo, mi dirai che sono uno stronzo ma ti avvicinerai a me, solleverai il sotto del tuo tailleur nero piombo e mi salirai sopra.
"Ora scopami stronzo. Fammi vedere il motivo per cui sto ancora con te"....
On air Personal Jesus by Depeche Mode
3 notes · View notes