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Ti ho incontrata in un’aula di economia, in un giorno buio, e da allora tutto ha ricominciato a sorridermi. Il mondo che vedevo grigio, cupo, con te accanto sembra più lieve, più facile da attraversare. Almeno non devo soffrire d’amore, se posso portare con me il tuo profumo sulla pelle e sulla maglietta… come se un pezzetto di te restasse con me, anche quando sei lontana e io sarò lontano.
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Attraverseresti con me un mare in tempesta, fino a oltrepassare ogni confine, là dove l’infinito si fonde con il colore del mare?
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Dispendioso l’ossequio, se al prezzo d’un’anima china si ottiene il sorriso d’un trono.
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Dato che la natura ci lascia condividere il possesso di ogni tempo, perché non elevarci con tutto l’animo da questo esiguo ed effimero volgere di tempo a quei pensieri che sono immensi, sono eterni , sono comuni a chi è migliore di noi?
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Ognuno brucia la sua vita e soffre per il desiderio del futuro , per il disgusto del presente. Ma chi sfrutta per sé ogni ora, chi gestisce tutti i giorni come una vita, non desidera il domani né lo teme.
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Ho chiesto sempre e solo una cosa, essere onesti.
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Quello che cercavo di fare, nel silenzio dei miei gesti e nella fragilità delle parole, era soltanto questo: custodirti.
Liberarti da ogni preoccupazione, da ogni ombra che potesse velarti lo sguardo, e lasciarti qualcosa di più forte dell’assenza: la certezza dell’amore.
Volevo che il tuo cuore, anche lontano dal mio, potesse continuare a battere in armonia con il mio, senza tremare, senza smarrirsi.
Ho provato a seminare fiducia in ogni piccola azione, perché tu potessi, domani, credere in me anche quando il mio corpo non sarà accanto al tuo. Perché tu potessi guardare un gesto, un messaggio, un silenzio… e riconoscermi.
E mentre ti proteggevo dall’ansia dell’addio, io stesso ne ero travolto. Conoscevo le paure, le possibilità più dure, gli scenari che non vorrei mai affrontare — ma ho scelto comunque di amarti con tutta la mia anima, perché sento che questo amore vale ogni rischio.
Sono pronto.
Pronto a darti ogni parte di me, anche quelle che ho sempre nascosto al mondo.
Pronto a rimanere, anche nell’assenza.
E dentro di me prego, con la voce dell’anima, che tu sappia custodire ciò che ti affido: il mio amore, fragile e infinito, sperando che questa volta non venga ferito, non venga disperso, non venga dimenticato.
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La verità, silenziosa viandante del mio cuore, aveva smesso di nascondersi tra le pieghe del tempo: si era fatta luce, si era fatta carne, si era fatta sete ardente della tua anima, calda come un focolare acceso nel gelo dell’inquietudine.
I tuoi capelli — fili d’ombra e seta — erano l’unica bussola che le mie dita riconoscevano anche nella cecità del sogno. Le tue labbra, quando parlavano, non erano solo voce: erano canto, erano vento, erano aroma. Un profumo senza patria, senza eguali, che la natura non osa nemmeno sognare di riprodurre. Nessun fiore, nessun bosco, nessuna pioggia aveva il tuo odore. Tu eri la primavera che non sboccia nei calendari.
E fu allora, nel silenzio che seguì il tuo nome sussurrato nel mio petto, che compresi:
che eri tu.
Tu, e nessun’altra.
Tu, che non eri un incontro, ma un destino.
Tu, che non eri un amore, ma l’eternità fatta donna.
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Se fossi cieco, una delle poche certezze che avrei in questa vita sarebbe il riconoscere l’odore della tua pelle.
La vita spesso non è altro che una corsa affannosa verso una felicità illusoria, fatta di cose e non di persone, di apparenze e non di emozioni vere. Ma quella felicità non scalda, non consola, non resta.
Da anni ormai mi dimentico di sorridere davvero, di fermarmi ad apprezzare i piccoli momenti, le sfumature leggere dell’esistenza. E nemmeno qui, tra nuove conoscenze e volti sconosciuti, trovo qualcosa che mi faccia vibrare dentro: le conversazioni sono vuote, ripetitive, e in quei sorrisi forzati non vedo luce.
Ma poi mi sveglio accanto a te. Ti osservo mentre cucini, mentre mi porti il çay in camera con quei biscotti che conoscono già il mio umore. In quei gesti semplici e dolci c'è tutta la verità che cerco: ogni bacio, ogni carezza prima di addormentarmi tra le tue braccia è un atto d’amore autentico. E io, lì con te, tocco la felicità. Quella vera. Tutto il resto è solo rumore di fondo, è noia.
Non riesco a comprendere come altri trovino gioia in gesti vuoti, in percorsi che non portano a nulla, in sorrisi che non durano. La loro felicità si spegne in fretta, lasciandoli con la solita malinconia.
Io invece, accanto a te, torno a sorridere davvero. E in quei momenti mi sento l’uomo più fortunato del mondo. Perché non ho trovato un piacere passeggero, ma un amore profondo. E reale.
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Oui j'suis plus le même.
Tu ne m’as pas brisé, au contraire.
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Galbi meskin. Il mio cuore è triste.
Wa nari. Oh mio Dio!.
Ach jabek 3andi? Cosa ti ha riportata a me?
O ma tgouli ndamti. E non venitmi a dire che ti sei pentita.
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"Anche se un giorno non mi amerai più, io ti penserò aprendo il mio ristorante italiano a Baku."
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Il seme germoglia ma la rosa fiorisce e appassisse
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Guardo le tue lacrime,
un piccolo fiume che scivola sul tuo viso,
tracciando sentieri segreti nel tuo cuore.
E poi guardo il mio —
e cerco di lasciar socchiusa una porta,
solo per te,
solo per il tuo passo lieve.
Ogni parola che ti rivolgo
è una ferita che brucia,
ma che il tempo,
come un vento gentile, saprà curare.
Sfioro i tuoi capelli —
li respiro, li accarezzo.
Il profumo che lasci
è una promessa sussurrata alla pelle.
Poi guardo la tua schiena,
la bacio piano, la stringo.
E in quel gesto capisco:
nella vita non avevo bisogno d’altro,
se non di te.
Solo di te.
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"Boschi interiori"
Provo a perdermi, ogni giorno, tra i sentieri che ormai conosco a memoria — le campagne stanche, i boschi muti, come un attore che recita a sipario chiuso.
Cammino, ma è la mente a vagare, in cerca di un altrove più vero, dove le parole non mentono, dove la solitudine non pesa ma purifica, come pioggia d’inverno sulla pelle nuda.
Siamo soli — lo eravamo già prima di nascere, nel grembo che ci proteggeva ma non parlava. E questa solitudine non mi spaventa, non è il vuoto che temo.
Ciò che davvero mi atterrisce è il vortice: quell’inseguire cieco di qualcosa che sfugge, che promette senso e invece si dissolve, come fumo d’incenso nella notte.
Io sono così. Io inseguo. Continuo a perseguitare il miraggio di una certezza — una sola — che pesi più dell’aria rarefatta del mondo, che si imponga, solida, come pietra nell'acqua, mentre tutto intorno galleggia e va alla deriva.
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Almeno in questo momento, ti sto confidando un’altra delle mie paure — una di quelle verità silenziose che porto dentro, che riguardano noi. Non è tanto il fatto che una persona possa cambiare idea: quello è umano. È il modo in cui lo fa, ciò che mi tormenta. Ci sono ancora piccoli gesti che fai, forse insignificanti per te, talmente abituali da sembrarti normali… eppure io, in quei momenti, rimango sospeso. Intrappolato in un limbo di pensieri che non riesco a scacciare.
Tutto ciò che mi circonda spesso mi appare come una forma di sofferenza, tranne la natura. Perché è l’unica che resta fedele a se stessa. E quando cambia, lo fa per una ragione chiara, per un equilibrio che si rompe, mai per caso.
Ecco perché, dentro di me, spero di essermi perso nella natura con te. Perché con te, sogno che tutto possa restare intatto. E anche se i tuoi sentimenti un giorno dovessero cambiare, io farò di tutto per mostrarti che i miei no, non cambieranno. Perché sei tu, il mio punto fermo nel mondo che muta.
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