boy-zero
boy-zero
Elian Crowe
5 posts
I don’t burn things. I remember them until they catch fire.
Don't wanna be here? Send us removal request.
boy-zero · 19 hours ago
Text
Eludere la sicurezza dell’istituto, che a quell’ora voleva tutti dormienti nelle proprie brande, diventava sempre più complicato. Elian aveva la sensazione che quei controllori gli stessero addosso, ombre silenziose che gli respiravano sul collo, e non possedeva mai la certezza di averli aggirati davvero.
Ma ora era fuori da quella gabbia fatta di pareti e questi era tutto ciò che importava, specie adesso che aveva smesso di essere da solo.
Le luci di emergenza dei corridoi, nel cuore della notte, avvampavano a scatti come vene pulsanti ed il buio che si alternava a quegli infarti cromatici, sembrava rendere le pareti più strette tra loro, piu soffocanti di quanto lo fossero di giorno.
Elian stringeva forte i pugni lungo il corpo, l’idea di non essere più solo e di avere qualcuno con cui condividere forzatamente i propri spazi, e il silenzio che era da sempre la sua unica proprietà, gli bruciava dentro...
Poi, d’un tratto il respiro gli si condensò. Il gelo arrivava sempre prima di lei, come una promessa.
Elian rallent�� l’incedere fino a fermarsi, poi si voltò piano e riconobbe la figura minuta di lei che aveva appena imboccato il corridoio.
Quel freddo lo irritava, lui era fuoco e lei era ghiaccio e persino il battito del proprio cuore rallentava il suo pulsare quando lei era nei paraggi, come se il gelo che Nieves portava con se fosse capace di annientare un po' le proprie difese.
Era un sentore del tutto innaturale che stringeva la gola e sembrava aumentare la sensazione opprimente che assaliva l’anima di Elian, di tanto in tanto, in quelle sue crisi claustrofobiche non dichiarate e nemmeno comprese.
Ed il silenzio aveva preso a respirare.
La sensazione di voler tornare indietro e non permettere che la presenza di lei lo toccasse, si sgretolava pezzo dopo pezzo… un po’ come se qualcosa, dentro di sé, qualcosa di sepolto e di sconosciuto, la stesse aspettando da sempre.
Eppure, quando lei era lì vicino, persino quei corridoi angusti si facevano meno ostili e tutto quel buio non feriva più.
«Credo di sì. Non mi piace dormire...»
«Dormire è solo un altro corridoio senza uscita»
Blocco 5 - Velmora
nieves&elian
"Whatever our souls are made of, his and mine are the same"
Quella maledetta parete era tornata al suo silenzio rigoroso.
Nieves sentiva di odiarla con ogni briciolo di sé stessa. Odiava ogni cosa intorno a sé, il muro bianco, l'altoparlante e la sua voce gracchiante, detestava quella stanza troppo piccola per due persone e sentiva di avere in odio persino Elian per essere andato via.
Era facile odiarlo quando non era vicino a lei. Odiarlo era persino naturale e non c'era bisogno di avere una vera e propria ragione. Era colpa di Elian se tornava sempre l'inverno, se faceva sempre freddo intorno a sé. Era colpa sua.
L'episodio della notte precedente aveva destabilizzato ogni sorta di equilibrio. Nieves era sicura di aver sentito il respiro di Elian, il battito del suo cuore ed era sicura che lui fosse stato davvero lì accanto a lei. E poi la voce dell'altoparlante aveva brutalmente dissolto quella sensazione di pace, l'aveva rigettata in pasto all'inverno e Nieves si era sentita distrutta.
Forse odiava di più quel maledetto altoparlante di quanto odiasse Elian. La verità, forse, era che Elian non lo odiava affatto, neanche un po', nemmeno per sbaglio.
Ad ogni modo, dopo quella notte, a Nieves era stata assegnata una compagna di stanza. Non le avevano ben spiegato le motivazioni della decisione, avevano solo detto che Nieves doveva imparare a condividere gli spazi e che avere una coetanea nei paraggi avrebbe favorito la socializzazione. Marla non aveva stimolato la simpatia di Nieves, magari avrebbe cambiato idea con il passare dei giorni, forse era troppo nervosa per il cambiamento improvviso per provare anche solo a dare una possibilità alla biondina. Però, aveva comunque l'impressione che anche Marla non nutrisse alcuna simpatia per lei, al contrario sembrava guardarla con disprezzo.
L'agitazione aveva fatto sì che il freddo si dipanasse con violenza nelle quattro mura della stanza, Marla aveva iniziato a battere i denti e Nieves se n'era sentita mortificata. Non riusciva a gestire quella parte di sé stessa. Non aveva mai imparato.
Così, per la gioia di Marla, Nieves finse un'impellente necessità di andare fuori nei corridoi diretta al piccolo cortile per prendere un po' d'aria, per mirare la luna e rifugiarsi in un piccolo angolo di solitudine che sarebbe appartenuto solo a lei. Tuttavia, mentre camminava per quei corridoi sterili e fin troppo silenziosi, Nieves arrestò di colpo il suo andare. La sensazione familiare di essere nel posto giusto le diede un sollievo inatteso.
-Stai uscendo a prendere una boccata d'aria Elian?
All'improvviso, l'inverno tornò al suo silenzio.
@boy-zero
Tumblr media
3 notes · View notes
boy-zero · 3 days ago
Text
[Pagina di diario senza intestazione. La scrittura è nervosa come graffiata sulla pagina ruvida]
Mi hanno tolto l’unica cosa che riuscivo ancora a chiamare “mia”: il silenzio.
Adesso c’è Dax. Respira forte, troppo forte. Ogni inspirazione è un graffio nell’aria. Ha quel modo di guardarmi come se stesse prendendo le misure.
Sorrido. Lui pensa sia un segno di apertura, ma in realtà è un avvertimento.
Ho contato i suoi passi: sei fino alla porta, tre fino al letto, quattro e mezzo fino alla scrivania. Ripete questi movimenti in loop, come un animale in gabbia. La differenza è che lui sembra pensare che la gabbia sia mia, e che lui sia l’ospite d’onore.
Il problema? Le sbarre non sono di ferro, sono fatte di pazienza. E la mia è corta.
La notte scorsa si è fermato davanti al mio lato della stanza, fissando qualcosa. Forse dormivo. Forse no. Mi piacerebbe dirgli che qui non c’è posto per due… ma forse lo capirà da solo, quando i muri cominceranno a stringere.
Non gli ho ancora detto niente del rumore che a volte sento provenire dalla crepa. Forse lo farò. O forse glielo lascerò scoprire da solo.
E a proposito di muri...
Quella notte è ancora vivida nella mia mente: nel silenzio, ho sentito lei dall’altra parte della crepa, un ritmo. Battiti, come se bussasse direttamente nel mio cranio. Ho risposto senza pensarci, e per un attimo ho creduto che la distanza fosse sparita, che il muro fosse solo un’ombra da attraversare.
Non so se la ragazza di neve abbia percepito l’eco di quello che non riesco mai a dire a voce alta.
Quella notte… era come respirare nello stesso spazio.
— EC.
Tumblr media
@subject-neve
2 notes · View notes
boy-zero · 6 days ago
Text
Elian sapeva di non appartenere a quel mondo ma di essere uno dei frutti malsani partoriti da Erebo, nessuno gli aveva mai detto nulla ed Elian non era riuscito ad avere tra le mani alcun documento che lo riguardasse… ma lo sapeva e lo aveva sempre saputo, fin dal primo istante che i suoi occhi neri e brucianti, come tizzoni che non smettevano mai di ardere, si erano schiusi su quelle pareti grigie e sui capelli rossi di Neve. Il fuoco sembrava aver trovato lenimento in presenza di lei, a volte, se troppo vicini, Erebo sapeva pulsare persino più forte ma non in quel momento. C’era il cemento a dividerli e quella sfaldatura che lasciava passare più luce di quanto avrebbe dovuto. L’inferno si era chetato. Elian sollevò di più lo sguardo, si sentì osservato e il suo animo riprese pian piano a sgretolarsi, pezzo dopo pezzo, proprio come quella crepa nel muro della propria stanza che ogni giorno diventava un po’ più grande. Il palmo guantato attraversò nuovamente la porzione di cemento, laddove immaginava dovesse essere lei, forse il suo capo o forse una delle sue mani… perché lì, in quel punto esatto, i tendini gli si raggelarono. «Sì»
Un sussurro pari a un soffio, Elian l’emise indistintamente per entrambe le domande di lei. No, non era mai stato bravo a restare… ma ci avrebbe provato perché quello era l’unico posto, l’unico angolo dimenticato del suo universo personale, dove restare non gli faceva poi così male. O almeno, non gliene avrebbe fatto per un po’. La sensazione di calore si fece più intensa, quando posò la sua fronte contro la parete scheggiata ed abbassò le palpebre per un momento: Fu come trovarsi sott’acqua, le orecchie smisero di percepire i suoni e ogni senso gli divenne più ovattato… lì, in sottofondo, probabilmente solo nella sua testa, il richiamo sottile di qualcosa di oscuro che gli permetteva a stento di respirare bene. Una voce lontana che emetteva soltanto lamenti, incostanti ma eterni. Le dita gli si contrassero appena, un ansito fuoriuscì dalle sue labbra non del tutto serrate… gli occhi gli si schiusero nuovamente e quel sentore di asfissia emotiva, dissipò appena. «Chiudi gli occhi, Neve, io sto qui» E nel buio, Nieves avrebbe potuto giurare di sentire il peso dello sguardo di lui, attraverso cemento e ombre, come se fosse lì, davvero lì, e non altrove. E, insieme a lui, oltre quel cemento, oltre quelle pareti sotterranee, qualcosa riprese a scuotersi piano, senza fretta. Non era in questo mondo ma non era neppure lontano. Erebo respirava. Odore di ferro arrugginito da pioggia mai caduta, gli riempì le narici.
BLOCCO 5B – ISTITUTO GELO NOTTE SIMULATA
Tumblr media
Le pareti erano bianche, e a ben guardarle… si sarebbe detto – forse – che più bianche di così non avrebbero potuto esistere.
Il ragazzo era sveglio, nonostante la voce dell’altoparlante, lì, nell’angolo in alto a destra della stanza, avesse già ripetuto un paio di volte di affrettarsi a dormire.
L’avrebbe ripetuto ancora, un’ultima volta, poi per Elian sarebbe cominciato il conto alla rovescia verso l’alba.
Elian odiava la notte, gli sembrava di soffocare ancor più che di giorno…
Cercavano di nasconderglielo, ma lì dentro nessuno aveva compreso davvero che lui aveva capito tutto: era tutta una finzione.
Nella camera aleggiava un ronzio basso e costante, forse il rumore proveniente dal tubo catodico del televisore spento.
Elian giaceva disteso di schiena, gli occhi puntati al soffitto scheggiato e alla luce più fioca del neon.
Andava riparato, ma tanto… a chi importava?
Poi, dal soffitto, l’altoparlante gracchiò ancora una volta:
“Ora di riposo obbligatorio. Luci spente tra 00:00 e 06:00.”
Ma gli occhi di Elian restarono, irrimediabilmente e indissolubilmente, aperti.
Per qualche momento, dentro di sé, tutto rimase fermo, calmo.
Non vi era sentore che potesse smuovergli l’anima assente… poi, però – come se la quietudine fosse per lui pura utopia – un rumore lieve, quasi pari a un sussurro trattenuto o a uno spostamento d’aria, giunse a turbare quella fragile pace.
Elian si irrigidì, le scapole si tesero ed emersero dall’epidermide sottile e pallida, ben visibili dal collo troppo largo di quella vecchia t-shirt.
Gli occhi neri ruotarono appena verso quel punto, là dove la parete appariva persino lievemente scalfita, uno dei pochi punti imperfetti di quella gabbia…
Si sollevò. Si mise a sedere, trascinandosi al limitare del letto, e si allungò adagio verso quel punto, verso quella crepa… forse non soltanto apparente.
— «L’aria è più fredda. Sei tu?» — sussurrò, ma la sua voce non sembrò neppure arrivare all’altra parte della stanza.
In quel momento, un rumore sordo e secco – come d’unghie che battono contro un vetro, o di fiori ghiacciati che si spezzano – lo scosse nel profondo.
Elian serrò con forza le palpebre e i denti. Era una delle sue allucinazioni… oppure c’era davvero lei, al di là della calce dipinta di bianco di quella parete?
Quasi con fatica, sollevò una delle braccia e adagiò il palmo contro la superficie ruvida.
Sfiorò la crepa.
Poi vi appoggiò anche l’orecchio, lentamente… mettendosi in ascolto. Qualcosa parve rispondergli, un po’ come un battito cardiaco invertito, un segno… un respiro appena accennato. Era dentro o fuori dal suo corpo? Come distinguere le due cose?
@subject-neve
8 notes · View notes
boy-zero · 8 days ago
Text
Il richiamo di Erebo non si affievoliva mai completamente, era sempre lì presente, uno spettro scuro perennemente in veglia… ma quando Nives era nei paraggi, anche il suo inferno pativa un po’ il freddo. E no, in quei momenti Elian era certo che questo non gli dispiacesse.
— «Non lo faccio mai. O almeno, ci provo» — abbandonarsi al sonno significava lasciarsi inghiottire dall’ombra senza opporre alcuna resistenza, e quando l’ombra chiamava ed Eliana rispondeva, tornare indietro era sempre un atto di puro terrore.
Il palmo rimase adagiato contro la parete lacerata, qualcosa pulsava sotto di essa ma il guanto nera che ne celava la carne gli impediva di vedere le ferite che avevano ricominciato a bruciare…
Elian strinse più forte i denti. Era avvezzo al dolore ma non gli riusciva mai di esserne completamente immune, l’aria intorno a sé si era fatta più densa e a tratti gli costava un enorme fatica persino respirare.
Ma lei era lì, dall’altra parte della parete e tra loro quella crepa che divideva il cemento senza discernimento alcuno, sembrava deturpare un po’ anche le loro anime. E si stava bene, nonostante tutto… si stava meglio addossati a quella parete, col freddo a invadergli la mente, che altrove.
Erebo sembrava, d’un tratto, così lontano.
Ed Elian aveva smesso di bruciare.
— «Anche il tuo letto è qui, vicino alla parete?» —
BLOCCO 5B – ISTITUTO GELO NOTTE SIMULATA
Tumblr media
Le pareti erano bianche, e a ben guardarle… si sarebbe detto – forse – che più bianche di così non avrebbero potuto esistere.
Il ragazzo era sveglio, nonostante la voce dell’altoparlante, lì, nell’angolo in alto a destra della stanza, avesse già ripetuto un paio di volte di affrettarsi a dormire.
L’avrebbe ripetuto ancora, un’ultima volta, poi per Elian sarebbe cominciato il conto alla rovescia verso l’alba.
Elian odiava la notte, gli sembrava di soffocare ancor più che di giorno…
Cercavano di nasconderglielo, ma lì dentro nessuno aveva compreso davvero che lui aveva capito tutto: era tutta una finzione.
Nella camera aleggiava un ronzio basso e costante, forse il rumore proveniente dal tubo catodico del televisore spento.
Elian giaceva disteso di schiena, gli occhi puntati al soffitto scheggiato e alla luce più fioca del neon.
Andava riparato, ma tanto… a chi importava?
Poi, dal soffitto, l’altoparlante gracchiò ancora una volta:
“Ora di riposo obbligatorio. Luci spente tra 00:00 e 06:00.”
Ma gli occhi di Elian restarono, irrimediabilmente e indissolubilmente, aperti.
Per qualche momento, dentro di sé, tutto rimase fermo, calmo.
Non vi era sentore che potesse smuovergli l’anima assente… poi, però – come se la quietudine fosse per lui pura utopia – un rumore lieve, quasi pari a un sussurro trattenuto o a uno spostamento d’aria, giunse a turbare quella fragile pace.
Elian si irrigidì, le scapole si tesero ed emersero dall’epidermide sottile e pallida, ben visibili dal collo troppo largo di quella vecchia t-shirt.
Gli occhi neri ruotarono appena verso quel punto, là dove la parete appariva persino lievemente scalfita, uno dei pochi punti imperfetti di quella gabbia…
Si sollevò. Si mise a sedere, trascinandosi al limitare del letto, e si allungò adagio verso quel punto, verso quella crepa… forse non soltanto apparente.
— «L’aria è più fredda. Sei tu?» — sussurrò, ma la sua voce non sembrò neppure arrivare all’altra parte della stanza.
In quel momento, un rumore sordo e secco – come d’unghie che battono contro un vetro, o di fiori ghiacciati che si spezzano – lo scosse nel profondo.
Elian serrò con forza le palpebre e i denti. Era una delle sue allucinazioni… oppure c’era davvero lei, al di là della calce dipinta di bianco di quella parete?
Quasi con fatica, sollevò una delle braccia e adagiò il palmo contro la superficie ruvida.
Sfiorò la crepa.
Poi vi appoggiò anche l’orecchio, lentamente… mettendosi in ascolto. Qualcosa parve rispondergli, un po’ come un battito cardiaco invertito, un segno… un respiro appena accennato. Era dentro o fuori dal suo corpo? Come distinguere le due cose?
@subject-neve
8 notes · View notes
boy-zero · 12 days ago
Text
BLOCCO 5B – ISTITUTO GELO NOTTE SIMULATA
Tumblr media
Le pareti erano bianche, e a ben guardarle… si sarebbe detto – forse – che più bianche di così non avrebbero potuto esistere.
Il ragazzo era sveglio, nonostante la voce dell’altoparlante, lì, nell’angolo in alto a destra della stanza, avesse già ripetuto un paio di volte di affrettarsi a dormire.
L’avrebbe ripetuto ancora, un’ultima volta, poi per Elian sarebbe cominciato il conto alla rovescia verso l’alba.
Elian odiava la notte, gli sembrava di soffocare ancor più che di giorno…
Cercavano di nasconderglielo, ma lì dentro nessuno aveva compreso davvero che lui aveva capito tutto: era tutta una finzione.
Nella camera aleggiava un ronzio basso e costante, forse il rumore proveniente dal tubo catodico del televisore spento.
Elian giaceva disteso di schiena, gli occhi puntati al soffitto scheggiato e alla luce più fioca del neon.
Andava riparato, ma tanto… a chi importava?
Poi, dal soffitto, l’altoparlante gracchiò ancora una volta:
“Ora di riposo obbligatorio. Luci spente tra 00:00 e 06:00.”
Ma gli occhi di Elian restarono, irrimediabilmente e indissolubilmente, aperti.
Per qualche momento, dentro di sé, tutto rimase fermo, calmo.
Non vi era sentore che potesse smuovergli l’anima assente… poi, però – come se la quietudine fosse per lui pura utopia – un rumore lieve, quasi pari a un sussurro trattenuto o a uno spostamento d’aria, giunse a turbare quella fragile pace.
Elian si irrigidì, le scapole si tesero ed emersero dall’epidermide sottile e pallida, ben visibili dal collo troppo largo di quella vecchia t-shirt.
Gli occhi neri ruotarono appena verso quel punto, là dove la parete appariva persino lievemente scalfita, uno dei pochi punti imperfetti di quella gabbia…
Si sollevò. Si mise a sedere, trascinandosi al limitare del letto, e si allungò adagio verso quel punto, verso quella crepa… forse non soltanto apparente.
— «L’aria è più fredda. Sei tu?» — sussurrò, ma la sua voce non sembrò neppure arrivare all’altra parte della stanza.
In quel momento, un rumore sordo e secco – come d’unghie che battono contro un vetro, o di fiori ghiacciati che si spezzano – lo scosse nel profondo.
Elian serrò con forza le palpebre e i denti. Era una delle sue allucinazioni… oppure c’era davvero lei, al di là della calce dipinta di bianco di quella parete?
Quasi con fatica, sollevò una delle braccia e adagiò il palmo contro la superficie ruvida.
Sfiorò la crepa.
Poi vi appoggiò anche l’orecchio, lentamente… mettendosi in ascolto. Qualcosa parve rispondergli, un po’ come un battito cardiaco invertito, un segno… un respiro appena accennato. Era dentro o fuori dal suo corpo? Come distinguere le due cose?
@subject-neve
8 notes · View notes