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Carmen Vicinanza
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Carmen Vicinanza nasce a Salerno nel 1970 sotto il segno dello Scorpione, che per l’astrologia indiana è la peggiore disgrazia astrale che possa capitare ad un essere vivente… Si è laureata in “Lingue e letterature straniere moderne”, con indirizzo orientale, studiando le lingue hindi e urdu. Vive a Napoli dal 1989, tradendola solo per periodi relativamente brevi con altre città in Italia e all’estero. Con la laurea ben riposta nel cassetto, ha sempre lavorato in altri settori. Ha iniziato col teatro, come attrice, regista, autrice. Ha fatto traduzioni e lavorato come interprete. Ha poi trovato il lavoro che più sembra appartenerle le pubbliche relazioni per manifestazioni culturali. Ha una passione smodata per l’India e in generale per l’Asia tutta. L’esperienza come ufficio stampa per manifestazioni culturali comincia nel settembre 1999 quando viene assunta full-time presso lo Studio Roberto Begnini di Roma col quale ancora oggi ha collaborazioni occasionali. Firmando insieme l’ufficio stampa sono arrivati ad un totale di circa 40 tra mostre e festival tenutisi nei più prestigiosi luoghi di cultura della capitale. (Palazzo delle Esposizioni, Mercati di Traiano, Chiostro del Bramante, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Palazzo Venezia, giusto per citarne qualcuno). Dal 2001, tornata a Napoli, ha proseguito questa attività come free lance oltre che di ufficio stampa e pubbliche relazioni anche di organizzazione eventi culturali. Tra le manifestazioni di maggior rilievo di cui ha curato l’ufficio stampa c’è stata la mostra contenitore sugli anni ’70 dal titolo Memoria Ribelle organizzata dal Nuovo Teatro Nuovo di Napoli alla Mostra d’Oltremare nel 2003. Segue la galleria “Il Ritrovo Di Rob Shazar” di S. Agata de’ Goti (BN) dal 2002 al 2012. Dal febbraio 2005 ha iniziato a seguire “ARCHEO DOC FEST, Rassegna/Concorso Internazionale di film e documentari sull’archeologia, l’arte antica e le nuove tecnologie di simulazione digitale” organizzato dal DOC FEST di Roma ...
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carmenvicinanza · 8 days ago
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Angélique Kidjo
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Angélique Kidjo, cantautrice, compositrice e attivista, è la prima artista africana nera ad aver ricevuto una stella sulla celebre Hollywood Walk of Fame. 
Cinque volte vincitrice del Grammy Award, con sedici album al suo attivo, è una delle più grandi artiste della world music.
Time Magazine l’ha definita la prima diva africana. La BBC l’ha inclusa nella sua lista delle 50 figure più iconiche del continente e nel 2011 The Guardian l’ha inserita tra le prime 100 donne più stimolanti del mondo. Forbes l’ha posta come prima donna nella lista delle celebrità più potenti in Africa.
Nel 2015 ha vinto il Crystal Award assegnato dal World Economic Forum di Davos, in Svizzera, l’Amnesty International Ambassador of Conscience Award nel 2016 e il German Sustainability Award nel 2018.
La sua voce, la presenza scenica e la fluidità in cui spazia tra più culture e lingue le hanno dato fama internazionale. Fonde le tradizioni dell’Africa occidentale con elementi di R&B, funk e jazz americani, mescolate alle influenze provenienti da Europa e America Latina.
Nata col nome di Angélique Kpasseloko Hinto Hounsinou Kandjo Manta Zogbin Kidjo a Ouidah, in Benin, il 14 giugno 1960, a sei anni già si esibiva negli spettacoli della madre, coreografia e regista teatrale.
Poliglotta, ha cominciato giovanissima a farsi notare al grande pubblico cantando nella sua lingua madre, il fon, in yoruba, in francese e in inglese. Il successo del suo primo album le ha procurato una tournée in tutta l’Africa Occidentale.
Nel 1983 per fuggire dalla repressione del regime in Benin si è trasferita a Parigi, dove ha svolto vari lavori per pagarsi un’importante scuola di jazz. Presto è entrata in contatto con vari musicisti famosi della world music iniziando come cantante di supporto per varie band. Con il suo primo gruppo Pili Pili, ha inciso due album e partecipato al Festival jazz di Montreux, in Svizzera. Il grande successo del suo album da solista, Paraku, del 1990, l’ha lanciata nel panorama musicale franco-africano.
Dopo aver esplorato le strade della diaspora africana, attraverso il Brasile, Cuba e gli Stati Uniti, ha reinterpretato, con ritmi elettrizzanti, chitarre africane e cori a strati Remain in Light, album dei Talking Heads del 1980.
Nel gennaio 2014 è uscita la sua autobiobrafia Spirit Rising: My Life, My Music. 
Ha suonato anche con diverse orchestre internazionali e, nel settembre 2015 ha cantato per l’apertura dell’Assemblea delle Nazioni Unite.
Negli ultimi anni c’è stata anche una fortunata collaborazione con Philip Glass.
I suoi concerti, tenuti durante tour mondiali, sono famosi per la sua grande energia e raffinatezza musicale.
Ambasciatrice di buona volontà per UNICEF e OXFAM, è stata portavoce di AFAWA (Azione finanziaria affermativa per le donne in Africa) al G7 del 2019. La sua fondazione, Batonga, sostiene e incoraggia l’educazione femminile.
Negli anni, ha collaborato con musicisti e musiciste del calibro di Carlos Santana, Alicia Keys, Peter Gabriel, Ziggy Marley, Sting, John Legend, Carmen Consoli, Youssou N’Dour e molte altre/i.
L’università di Harvard le ha conferito un master in Jazz nel 2018.
Alcune sue canzoni sono state incluse nelle colonne sonore di film, tra cui Ace Ventura – Missione Africa, Street Fighter – Sfida finale e Caro diario.
Il 13 luglio 2021 ha cantato alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo.
La BBC l’ha inclusa nella lista delle 100 donne più stimolanti e influenti di tutto il mondo per il 2020. Nello stesso anno, il 13 luglio, è comparsa in prima pagina sul New York Times per celebrare il suo compleanno e l’anniversario dell’indipendenza del Benin.  
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carmenvicinanza · 9 days ago
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Alice Ball e il rimedio contro la lebbra
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Alice Ball, chimica statunitense, è stata la prima donna e prima afroamericana a ottenere una laurea specialistica all’Università delle Hawaii.
Ha scoperto un estratto iniettabile che ha rappresentato il più efficace trattamento contro la lebbra fino agli anni Quaranta ma è morta improvvisamente a soli 24 anni senza aver ancora pubblicato i risultati dei suoi studi. Come spesso è accaduto nella storia, il suo supervisore Arthur Dean, proseguendo il suo lavoro, se ne è attribuito il merito, senza nemmeno menzionarla, tanto che l’innovativa metodologia è stata battezzata “metodo Dean” e al suo sedicente creatore venne anche intitolato il campus dell’università.
Alice Augusta Ball nacque il 24 luglio 1892, a Seattle. I suoi genitori condividevano la passione per la fotografia, il padre era avvocato e direttore del giornale Colored Citizen. Il nonno materno era un famoso fotografo e uno dei primi afroamericani a utilizzare la tecnica della dagherrotipia, la stampa della foto tramite lastre di metallo. Il contatto con questa tecnica l’aveva avvicinata e fatta appassionare al mondo della chimica.
Diplomata alla Seattle High School nel 1910, ottenendo i massimi voti nelle materie scientifiche, ottenne una laurea in chimica farmaceutica all’Università di Washington nel 1912 e due anni dopo una laurea in scienza della farmacia. Successivamente, ha svolto un master in chimica all’Università delle Hawaii, studiando le proprietà della specie vegetale di Kava.
Durante la sua ricerca ha isolato i principi attivi dell’olio di Chaulmoogra  studiandone le proprietà e constatato che poteva essere utilizzato per curare la lebbra, o morbo di Hansen. Era però molto amaro e i pazienti non riuscivano ad assumerlo a lungo e non si poteva iniettare perché troppo viscoso.
Alice Ball è riuscita a isolare e modificare chimicamente i composti esteri dell’olio mantenendone l’effetto terapeutico. 
Morta prematuramente per una malattia fulminante, forse tubercolosi, il 31 dicembre del 1916, il suo supervisore se ne era attribuito il merito senza nemmeno accennare a lei.
Se il suo nome non è scomparso dalla storia è stato grazie al suo ex collega Hollmann, che nel 1922 ha pubblicato un articolo in cui rivendicava il ruolo della giovane chimica nelle ricerche, descrivendo in maniera dettagliata «la grande quantità di lavoro sperimentale grazie alla quale  aveva risolto il problema» di isolare i principi attivi dell’olio di chaulmoogra,  ridimensionando i presunti miglioramenti apportati al metodo da Dean.
Ma, nonostante l’intervento dell’eminente collega, a dimostrazione di quanto il disconoscimento del lavoro scientifico femminile abbia un aspetto strutturale, ci sono voluti 90 anni perché l’università hawaiana riconoscesse a Alice Ball il giusto merito della scoperta.
Soltanto nel 2000, l’ateneo ha piantato in suo onore, nel campus, un albero di chaulmoogra sotto il quale ha posto una placca commemorativa e il governo delle Hawaii ha deciso di istituire un “Alice Ball Day”, per ricordare la ricercatrice e ridare la giusta centralità al ruolo della donna nella scienza (il 29 febbraio – una scelta dal sapore se non altro ironico).
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carmenvicinanza · 10 days ago
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Maria Antonietta Macciocchi
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Le domande più semplici suscitano un’eco, un riflesso spontaneo di risposta, mentre le più complesse restano per aria, irrisolte.
Maria Antonietta Macciocchi, intellettuale cosmopolita ed eretica, è stata tra le figure più interessanti della cultura italiana del dopoguerra.
Partigiana, giornalista, inviata, direttrice di testate, scrittrice, attivista femminista, docente universitaria, parlamentare italiana ed europea, ha vissuto tra Italia e Francia, snodatosi tra l’impegno politico, il lavoro giornalistico e la scrittura di numerosi libri.
Nata all’Isola del Liri il 23 luglio 1922, era cresciuta in una famiglia antifascista e aveva partecipato, giovanissima, alla Resistenza come partigiana combattente in una formazione della Capitale.
Nel 1942 aveva aderito al Partito Comunista e, dopo la Liberazione, si era laureata in Lettere e Filosofia alla Sapienza con Natalino Sapegno, dedicandosi alla politica e al giornalismo.
È stata direttrice del periodico Noi Donne dal 1950 al 1956, anno in cui ha assunto la direzione del settimanale del Partito Comunista Vie Nuove che, da pubblicazione prettamente propagandistica di partito, in nome della libertà di pensiero, aveva trasformato in un periodico con una matrice fortemente critica verso il partito stesso.
Nel 1961 è stata inviata ad Algeri, Bruxelles e Parigi per l’Unità e ha intervistato leader del mondo comunista e di Paesi non allineati come Tito, Ahmed Ben Bella, Indira Gandhi e Nikita Chruščёv.
Nel 1968 è stata eletta deputata del PCI, nel Collegio di Napoli dopo una campagna rivoluzionaria in cui si era inventata i comizi-intervista. Col microfono in mano, invitava le donne a scendere dai balconi o uscire dai bassi, le faceva sedere in circolo e parlare, rompendo le barriere, le riserve e i silenzi.
A seguito di insanabili contrasti ideologici con il partito apertisi dopo la denuncia delle violazioni dei diritti umani commesse dal regime in Cina esposta nel 1971 nel volume Dalla Cina, si era trasferita a Parigi nel 1972, dove aveva insegnato Scienze Politiche all’Università di Paris-Vincennes e alla Sorbonne, divenendo un’intellettuale di spicco della sinistra più inquieta e dissidente.
Radiata dal PCI nel 1977, due anni dopo, ha aderito al Partito Radicale, venendo eletta deputata in Italia ed europarlamentare a Strasburgo. Come componente della Commissione Giustizia si è battuta per l’abolizione della pena di morte in Francia.
Abbandonando la linea radicale, aveva aderito al Gruppo Socialista. Nel corso del suo mandato ha fatto parte della Commissione per la verifica dei poteri e della Commissione di inchiesta sulla situazione della donna in Europa.  
Alternando il lavoro di parlamentare europea a quello di giornalista, ha scritto di politica per quotidiani come il Corriere della Sera, Le Monde e El País, da diverse parti del mondo, Cambogia, Iran e Medio Oriente.
Nel 1992 le venne conferita la Legion d’Onore per meriti culturali, dal Presidente francese François Mitterand.
Gli anni Novanta furono dedicati in particolare alla produzione letteraria, pubblicando alcuni lavori dedicati alla storia di Napoli e alle vicende della Repubblica Partenopea. Tra questi, Cara Eleonora dedicato a Eleonora Fonseca Pimentel e L’amante della rivoluzione sulla figura di Luisa Sanfelice.
Immersa nello studio della storia d’Italia, ha scritto pagine appassionate sulle protagoniste di una grande stagione rivoluzionaria, quella del triennio giacobino italiano, in cui intravedeva il primo seme dell’unità nazionale e la forza di una parola femminile da riportare alla luce come esempio da imitare.
Duemila anni di felicità: diario di un’eretica è la sua autobiografia del 2000, la sua storia di donna libera che non si è piegata neppure alle direttive del partito e ha avuto il coraggio di cambiare idea.
Si è spenta a Roma il 15 aprile 2007 lasciandoci circa venti libri, centinaia di approfondimenti politici e un grande esempio di attivista indomita schierata sempre dalla parte delle persone più deboli e senza diritti, anche a costo di restare isolata e incompresa.
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carmenvicinanza · 11 days ago
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Bénita Anguinet 
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Bénita Anguinet è stata la prima grande illusionista della storia, prima a conquistare fama internazionale e a ottenere una sala di spettacolo tutta per lei, nel 1856.
Si è affacciata al mondo della magia in un periodo in cui era una forma di intrattenimento molto popolare ma di totale appannaggio maschile.
Con coraggio e ostinazione è riuscita a ritagliarsi il suo spazio, portando in scena numeri complessi, illusioni visive e inediti giochi di prestigio.
Nata a Bordeaux, il 22 luglio 1819, figlia di Madelaine Bory e Antoine Anguinet, attore e illusionista che le aveva fatto calcare il palcoscenico in tenera età. Aveva solo sette anni quando appariva negli spettacoli di Louis Comte, uno dei maghi più famosi dei tempi.
Nel giro di dieci anni, aveva oscurato il successo del padre e si era fatta un nome per il suo talento, tanto che, dal 1856 ha gestito un teatro, il Pré Catelan, nel Bois de Boulogne a Parigi, dove ha rappresentato i suoi spettacoli per diversi anni.
Vera e propria artista dell’illusione, padrona della scena, costruiva numeri accattivanti di grande impatto visivo.
Si è esibita in giro per l’Europa arrivando fino in Algeria prima di stabilirsi definitivamente in Spagna, nel 1863.
Si è spenta a Madrid, il 28 ottobre 1887, all’età di 68 anni.
In un’epoca in cui le donne sul palcoscenico erano malviste, è riuscita conquistare un pubblico internazionale vasto e variegato, facendosi ammirare per le sue abilità tecniche e per la capacità di raccontare storie e creare un’atmosfera di mistero e fascino.
Indossava costumi eleganti, talvolta eccentrici, giocando con l’immagine di sé per confondere e affascinare, anticipando molti aspetti dello spettacolo moderno.
In un mondo che ammetteva solo uomini come protagonisti, ha avuto il coraggio di uscire dagli schemi, dominare le scene e trasformare la magia in uno strumento di affermazione personale.
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carmenvicinanza · 12 days ago
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Suso Cecchi D’Amico. La signora del cinema italiano
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Suso Cecchi D’Amico, scrittrice e sceneggiatrice, è stata una grande protagonista del cinema italiano, dall’immediato dopoguerra fino ai primi anni Duemila.
Ha scritto più di centoventi sceneggiature per registi come De Sica, Visconti, Antonioni, Comencini, Monicelli e tanti altri, contribuendo alla nascita di capolavori che hanno segnato la storia della settima arte.
In un ambiente dominato dagli uomini, si è imposta con intelligenza, cultura e una sensibilità fuori dal comune.
Capace di passare dalla stesura di una commedia a quella di un dramma o di far coesistere i due generi nella stessa opera, immetteva nella scrittura di un film una vasta cultura letteraria e teatrale, accompagnata da un personale e acuto senso di osservazione della realtà.
Ha ricevuto numerosi premi, dal Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1994 ai molti Nastri d’argento e David di Donatello, fino al Premio Internazionale Nonino nel 2001.
Nata Giovanna Cecchi a Roma il 21 luglio 1914, figlia dello scrittore e critico Emilio Cecchi e della pittrice Leonetta Pieraccini, dopo il liceo aveva vissuto molto all’estero imparando diverse lingue straniere grazie alle quali aveva lavorato, per diversi anni, come segretaria personale del direttore generale del Commercio Estero al Ministero delle Corporazioni.
Nel 1938 ha sposato il musicologo Fedele D’Amico, figlio del grande critico teatrale Silvio, dal quale ha avuto tre figli: Masolino, Silvia e Caterina.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, si era rifugiata in Toscana mentre il marito, membro dei cattolici comunisti che ai tempi dirigeva il giornale Voce Operaia, conduceva una vita clandestina per sfuggire alle persecuzioni fasciste.
Si è avvicinata alla sceneggiatura cominciando con traduzioni teatrali dal francese e dall’inglese grazie a suo padre, anglista quotato che ebbe tra l’altro il merito di aver portato in Italia i libri di James Joyce.
Il suo ingresso nel mondo del cinema, e il conseguente abbandono dell’attività di traduttrice, è avvenuto nel 1945 attraverso la scrittura di una sceneggiatura per un film che non ha mai visto la luce: Avatar, tratto da un racconto di Théophile Gautier, a cui aveva lavorato insieme a Moravia, Flaiano e Castellani.
Nel 1947, per il soggetto del film Vivere in pace, ha vinto il Nastro d’argento per il miglior soggetto.
Insieme a Federico Fellini ha scritto la sceneggiatura del film di Alberto Lattuada Il delitto di Giovanni Episcopo e con Ennio Flaiano quella di Roma città libera. Ha collaborato con Cesare Zavattini al soggetto di Ladri di biciclette e Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, contribuendo alla definizione del neorealismo con uno sguardo umano, partecipe e mai retorico.
Insieme a Ennio Flaiano ha scritto le sceneggiature di Peccato che sia una canaglia e La fortuna di essere donna, in cui aveva fortemente voluto Sophia Loren per la parte della protagonista.
Per Francesco Rosi ha scritto le sceneggiature di La sfida (1957), I Magliari (1959) e Salvatore Giuliano (1962).
Con Michelangelo Antonioni ha dato vita a I vinti, La signora senza camelie e Le amiche che ha vinto il Leone d’argento al Festival di Venezia 1955.
Soprannominata la sceneggiatrice di Luchino Visconti, la loro intensa collaborazione ha portato capolavori come Bellissima, Senso, Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo, Vaghe stelle dell’Orsa, Lo straniero, Ludwig, Gruppo di famiglia in un interno e L’innocente. Era seduta alla moviola del montaggio accanto al grande regista quando, nel 1972 è stato colpito dall’ictus che lo ha lasciato invalido fino alla sua morte, quattro anni dopo.
Indimenticabile anche il suo lavoro con Mario Monicelli per I soliti ignoti che ha sancito la nascita della commedia all’italiana, genere che ha saputo interpretare con ironia sottile e attenzione per le sfumature sociali.
Indimenticabili anche le sceneggiature per il piccolo schermo, come Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini, Cuore, La storia e Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli.
Ha continuato a lavorare fino a tarda età, con lucidità e passione.
Si è spenta a Roma il 31 luglio 2010, a 96 anni, dopo una lunga malattia.
Con una grande capacità di comprendere l’animo umano e tradurlo in dialoghi vivi, verosimili e profondi, ha saputo adattarsi alla visione del regista senza perdere la propria impronta, fatta di discrezione, intelligenza narrativa e profondo rispetto per i personaggi.
Non amava le sovrastrutture: preferiva che la storia emergesse in modo naturale, attraverso piccoli dettagli, gesti quotidiani, silenzi.
Suso Cecchi D’Amico ha aperto la strada a molte donne nel mondo del cinema ed è stata amica di attrici che hanno fatto la storia come Anna Magnani e Silvana Mangano.
Ha lasciato un’eredità enorme, un cinema fatto di storie vere, profonde, spesso struggenti ma sempre oneste. Le sue sceneggiature continuano a essere studiate e ammirate per la loro finezza e modernità.
Ha saputo raccontare l’Italia con uno sguardo acuto e partecipe, mettendo al centro le persone, le emozioni e le contraddizioni di un paese in trasformazione.
È stata e resterà, la grande signora della sceneggiatura.
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carmenvicinanza · 15 days ago
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Ginevra Di Marco
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Ginevra Di Marco è una delle voci più intense e significative della musica italiana.
Interprete raffinata, ricercatrice instancabile e artista profondamente legata alle radici popolari, ha saputo coniugare la sperimentazione con la tradizione, in un percorso musicale che è partito dalla scena rock alternativa degli anni Novanta per arrivare al recupero delle musiche del mondo avvalendosi di prestigiose collaborazioni.
Nata a Firenze il 15 luglio 1970, nel 1993 ha partecipato a Ko de mondo, il primo disco dei CSI Consorzio Suonatori Indipendenti, evoluzione dei leggendari CCCP creatori di un suono innovativo e assolutamente inedito nel panorama nostrano che ha unito rock, poesia e impegno politico.
Per dieci anni, con la sua voce evocativa, potente e profonda, ha condiviso con la band tutti gli album in studio e i tour.
Dal 1999 ha iniziato una carriera parallela da solista con la collaborazione di Francesco Magnelli, anch’egli membro dei CSI diventato suo marito l’anno successivo che ha co-firmato tutti i suoi progetti musicali e teatrali.
Il suo primo disco da solista è stato Trama tenue, grazie al quale ha vinto la Targa Tenco e il Premio Ciampi come miglior disco di esordio.
Tra il 2001 e il 2002 ha condiviso un intero tour teatrale con Max Gazzè e Cristiano Godano dei Marlene Kuntz.
Allo scioglimento dei CSI, ha continuato la collaborazione con alcuni componenti del gruppo attraverso il nuovo progetto PGR, dove ha curato molte delle linee melodiche dei testi scritti da Giovanni Lindo Ferretti nell’omonimo disco.
Nel 2004, assieme a Magnelli, ha lasciato i PGR per seguire altre direzioni e l’anno successivo ha pubblicato Disincanto.
Nei due anni successivi si è dedicata alla grande esperienza musicale e di vita intrapresa con lo spettacolo Stazioni Lunari. Un progetto itinerante che, in ogni concerto, ospitava artiste e artisti differenti in una condivisione reale e compartecipata di musica.
Nel corso degli anni, ha scelto di portare alla luce il patrimonio della musica popolare e delle tradizioni orali, con un viaggio musicale partito dalla tradizione della sua Toscana che si ferma nel Mediterraneo, tocca i Balcani e arriva fino al Messico e al Cile nell’album Stazioni Lunari prende terra a Puerto Libre, uscito nel 2006.
Nel 2009 ha vinto la sua seconda Targa Tenco per la migliore interpretazione con Donna Ginevra, ancora un viaggio nel profondo delle tradizioni e dei margini che passa da Napoli a Cuba, dalla Bretagna al Lazio, dalla Toscana al Cilento e di nuovo ai Balcani.
Nel 2011 ha creato uno spettacolo tra musica e parole che ha girato la penisola con la scienziata Margherita Hack dal titolo L’Anima della terra vista dalle Stelle che ha raccontato il Novecento, il fascismo, la rinascita del dopoguerra, la fine del secondo millennio, affrontando tematiche come l’immigrazione, l’emigrazione, nuove energie, lavoro, corruzione. Dallo spettacolo è stato tratto un libro corredato da un DVD contenente un film documentario con la regia di Andrea Salvadori.
Nel 2015 ha dato vita al reading poetico-musicale, Poesie senza patria con lo scrittore Luis Sepulveda e la poetessa Carmen Yanez.
A maggio del 2017 è uscito La Rubia canta la Negra, disco dedicato a Mercedes Sosa, la più grande cantora dell’America Latina e simbolo della lotta per i diritti civili in Argentina, col quale si è aggiudicata un altro Premio Tenco come miglior interprete.
Del 2019 è il disco Ginevra Di Marco e Cristina Donà, realizzato con l’amica cantautrice grazie a una campagna di crowdfunding che contiene brani inediti e altri scelti dai rispettivi repertori, che ha portato loro il Premio Speciale del M.E.I. (Meeting delle Etichette Indipendenti).
Ginevra Di Marco non è solo una cantante, è una voce che dà corpo alle cause in cui crede. Nei suoi concerti, nei dischi, nelle collaborazioni, è sempre presente un forte senso di responsabilità sociale. Ha cantato per i diritti delle donne, per la memoria della Resistenza, per la giustizia ambientale e sociale. Ogni suo progetto è attraversato da una tensione etica che si riflette nella cura dei suoni, delle parole, delle scelte artistiche.
In Quello che conta ha riletto il repertorio di Luigi Tenco con uno sguardo trasversale tra musica classica e moderna. la sua ultima fatica è Kaleidoscope, del 2025.
Lontana dalle luci della televisione e dal mercato di massa, Ginevra Di Marco ha costruito una carriera solida, autentica, alimentata dalla fiducia di un pubblico affezionato e attento. La sua discografia è un viaggio dentro la musica come racconto del mondo, strumento di connessione e resistenza.
Continuando a portare in scena spettacoli che uniscono teatro, musica e impegno civile con la sua intensa voce, continua a parlare a generazioni diverse, ricordandoci che la musica può essere un gesto politico, un atto d’amore, una memoria condivisa.
Ginevra Di Marco è molto più di una cantante: è un ponte tra le culture, una custode della tradizione e un’artista capace di reinventare il passato per raccontare il presente. Chi l’ascolta non ascolta solo una voce: ascolta una storia, un popolo, un’anima.
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carmenvicinanza · 16 days ago
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Berenice Abbott
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Mi avvicinai alla fotografia come un’anatra si avvicina all’acqua. Non ho mai voluto fare niente altro.
Berenice Abbott, importante esponente della straight photography, ha raccontato senza filtri le trasformazioni del Ventesimo secolo.
Ha vissuto con grande libertà e anticonformismo, nel suo lavoro, in maniera innovativa, è partita dalla ritrattistica per documentare invenzioni scientifiche e industriali e l’architettura urbana, si è specializzata in paesaggistica e fatto reportage on the road in una società statunitense in piena crisi economica.
Nata a Springfield, Ohio, il 17 luglio 1898, ha studiato giornalismo alla Ohio State University prima di trasferirsi a New York, nel Greenwich Village, dove è entrata in contatto con il mondo artistico, anarchico e intellettuale.
Ha abitato con la scrittrice Djuna Barnes, avuto Man Ray come insegnante e il filosofo Kenneth Burke come amico.
Nel 1921 si è trasferita a Berlino e poi a Parigi dove, dal 1923 al 1925, è stata assistente nello studio di Man Ray, specializzandosi soprattutto nei ritratti. Dopo poco tempo ha aperto il suo studio e immortalato personaggi famosi come James Joyce, Marcel Duchamp, Jean Cocteau, Sylvia Beach, André Gide e Max Ernst.
Eugène Atget l’aveva introdotta al mondo del documentario fotografico e aperto nuove prospettive di ricerca. Affascinata da questo artista che non aveva un enorme seguito, aveva comprato gran parte della sua produzione da cui ha tratto un volume che lo ha fatto conoscere a livello internazionale.
La sua prima personale si è tenuta nel 1926 a Le Sacre du Printemps due anni dopo era già affermata quando ha partecipato alla collettiva Premier Salon Independant de la Photographie.
Tornata a New York, ne ha documentato il cambiamento dopo la grande crisi,  le sue architetture, le scene di vita urbana, materiale che è andato a comporre il volume Changing New York (1935-1939), uno dei progetti più importanti della sua carriera lavorativa che testimonia in maniera precisa e puntuale la trasformazione di una città, fornendoci informazioni che altrimenti non avremmo mai avuto modo di conoscere.
Negli anni Quaranta e Cinquanta si è dedicata alla fotografia scientifica, adattando strumenti e tecnica.
Tra il 1958 e il 1961 ha lavorato per il Physical Science Study Committee of Educational Services, realizzando foto che illustrano le leggi della fisica, poi pubblicate in tre volumi.
Ha mostrato l’aumento dello sviluppo nella tecnologia e nella società ed è stata artefice di diversi brevetti di attrezzature e supporti per camere.
Nel 1966 si è trasferita nel Maine, dove ha continuato a realizzare foto documentaristiche pubblicate in A Portrait of Maine del 1968 e si è occupata di organizzare la ristampa dei suoi primi lavori in diversi volumi.
Berenice Abbott ha sempre svolto il suo lavoro con grande libertà, spaziando dalle architetture metropolitane alle piccole cittadine industriali, fino ai ritratti di personaggi famosi. Come affermò la celebre libraia Sylvia Beach “Essere fotografati da Berenice Abbott significava che eri qualcuno“.
I suoi lavori sono stati esposti in luoghi prestigiosi come lo Smithsonian, il MoMA e la New York Public Library.
Anche la sua vita sentimentale è stata discreta ma non ha mai nascosto la sua omosessualità.
Si è spenta a Monson, Maine, il 9 dicembre 1991.
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carmenvicinanza · 17 days ago
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Aruna Asaf Ali
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Aruna Asaf Ali, importante attivista politica e combattente per la libertà, ha svolto un ruolo fondamentale nel movimento “Quit India“.
È stata lei a issare il tricolore del Congresso a Bombay, durante la riunione dell’agosto 1942 in cui Gandhi chiese agli inglesi di fare i bagagli e partire.
Conosciuta come la Grande Signora dell’Indipendenza Indiana, è stata educatrice, attivista, editrice, leader comunista e icona femminista.
Pioniera dell’emancipazione femminile e del benessere sociale nell’India indipendente, è stata la prima sindaca di New Delhi.
Nata col nome di Aruna Ganguly il 16 luglio 1909 a Kalka, nel Punjab, in una famiglia di bramini, dopo la laurea aveva lavorato come insegnante a Calcutta. 
Nel 1928, contraddicendo le regole sociali e il volere della sua famiglia, aveva sposato Asaf Ali, leader musulmano del partito del Congresso e svolto un ruolo importante nel movimento indipendentista.
Ha partecipato alla Marcia del Sale, la campagna di disobbedienza civile non violenta condotta da Gandhi contro la tassa sul sale imposta dal governo britannico, ed è stata più volte arrestata e messa in isolamento, era una donna pericolosa, le cui idee facevano troppi proseliti. In carcere aveva organizzato proteste e scioperi della fame contro il trattamento riservato ai prigionieri politici.
Ha presieduto la sessione del Congresso che aveva approvato la risoluzione Quit India e issato la bandiera al Gowalia Tank Maidan che ha segnato l’inizio del movimento che ha visto la polizia sparare sulla folla. Un nuovo mandato di arresto venne emesso a suo nome ma riuscì a darsi alla clandestinità. I suoi beni vennero sequestrati e venduti e il governo aveva promesso una ricompensa per la sua cattura.
Da Inquilab, la rivista mensile del Partito del Congresso che dirigeva, aveva esortato a unirsi alla rivoluzione.
Nel 1946, quando la fine del Raj britannico era già iniziata, Gandhi le chiese di uscire allo scoperto perché la sua missione era ormai compiuta, quel biglietto scritto a mano e debitamente incorniciato, è stato sempre esposto nel soggiorno di casa.
Nel 1948 aveva contribuito a fondare il Partito Socialista prima di andare a Londra e poi a Mosca insieme al compagno, il giornalista Edatata Narayanan. Rientrata in patria, nel 1954 aveva contribuito a fondare la Federazione Nazionale delle Donne Indiane nel Partito Comunista Indiano, lasciato due anni dopo in seguito al disconoscimento di Stalin da parte di Nikita Krusciov.
Nel 1958 divenne la prima sindaca di Delhi e tanto si è adoperata per il benessere sociale e lo sviluppo della città.
Ha fatto parte di una delegazione che chiedeva al governo l’indipendenza di Goa.
Insieme a Narayanan ha fondato la casa editrice Link che godeva del sostegno dell’Unione Sovietica e del blocco socialista e che pubblicava il quotidiano Patriot e il settimanale Link.  Sempre coerente con i suoi ideali, ha abbandonato la sua creatura perché contraria all’avidità che stava prendendo il sopravvento sugli ideali dei suoi compagni.
Nonostante una certa disillusione nei confronti di Indira Gandhi le è rimasta vicina così come, in seguito, a Rajiv Gandhi.
Si è spenta a New Delhi il 29 luglio 1996, all’età di 87 anni. 
Fonte d’ispirazione per diverse generazioni, l’indomita e coraggiosa combattente per la libertà è stata insignita di prestigiose onorificenze come il Premio Internazionale Lenin per la Pace nel 1964, il Premio Nehru per la Comprensione Internazionale nel 1991 e il Padma Vibhushan, la seconda più alta onorificenza civile indiana nel 1992. La più alta onorificenza civile, il Bharat Ratna, le è stata dedicata postuma, nel 1997.
È stata effigiata su un francobollo e diverse strade, un ospedale, un premio, istituzioni e parchi in diverse città dell’India portano il suo nome.
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carmenvicinanza · 18 days ago
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Jocelyn Bell
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La scoperta di una nuova classe di stelle è stato un istante meraviglioso, l’autentica dolcezza, il momento di dire Eureka!
Jocelyn Bell è l’astrofisica che ha scoperto la prima pulsar, ma il Premio Nobel è andato al relatore della sua tesi, Antony Hewish, senza che venisse nemmeno menzionata durante la cerimonia.
Io ero una studentessa di dottorato, e in quei tempi si credeva, si percepiva, si dava per assodato, che la scienza fosse fatta e guidata soltanto da grandi uomini in camici bianchi. E che questi uomini avessero una pattuglia di servi che facevano ogni cosa su indicazione, senza pensare.
Nata a Belfast, Irlanda del Nord, il 15 luglio 1943, si è laureata in fisica all’Università di Glasgow nel 1965 e svolto il dottorato di ricerca in radioastronomia presso l’Università di Cambridge, terminato nel 1968.
Durante il dottorato lavorava nell’equipe di Hewish e aveva contribuito a costruire un radiotelescopio per studiare i quasar. Era il 6 agosto 1967 e aveva solo 24 anni quando, sentendo il rumore di fondo della registrazione compiuta sul cielo, ha individuato un segnale che pulsava regolarmente, era la prima pulsar, una nuova classe di stelle composte di neutroni che ruotando su se stesse a velocità elevatissime, generano campi magnetici che emettono onde radio.
Una scoperta talmente importante che, nel 1974, ha portato il premio Nobel per la fisica al responsabile del laboratorio che non l’ha neppure citata.
Deprivata del più importante riconoscimento, Jocelyn Bell ha proseguito con successo la sua carriera scientifica in altri settori dell’astrofisica, è stata all’Università di Southampton, poi presso l’University College di Londra, al Royal Observatory di Edimburgo, per poi diventare professoressa di Fisica alla Open University e professoressa in visita a Princeton, Preside di Scienze della Università di Bath e poi ancora professoressa in visita all’Università di Oxford.
Questa donna generosa che ha dovuto abbattere muri e districarsi in un mondo maschile, per prima ha chiesto il congedo di maternità, ad esempio, si è sempre profusa per divulgare la cultura scientifica e avvicinarla alle persone comuni.
Ha ricevuto molte medaglie, onori e riconoscimenti per il suo lavoro, è stata insignita con diverse lauree honoris causa ed è stata nominata Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico, per i servizi resi all’astronomia.
Nel 2007 le è stato dedicato l’asteroide 25275 Jocelynbell, nel 2013 è stata citata tra le 100 donne più potenti del Regno Unito dalla BBC Radio e l’anno seguente è stata la prima donna a ricoprire la carica di Presidente della Royal Society.
Insieme ad altre scienziate, ha istituito il premio Athena Swan Awards e, quando nel 2018 ha ricevuto lo Special Breakthrough Prize di tre milioni di euro, ha usato tutto l’ammontare per istituire un fondo che finanzia borse di studio per giovani scienziate e persone che fanno parte di minoranze. 
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carmenvicinanza · 22 days ago
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La Niña
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La Niña è il progetto musicale della cantautrice e polistrumentista napoletana Carola Moccia che si è aggiudicata la Targa Tenco 2025 per il Migliore Album in Dialetto.
Tra sperimentazione e ibridazione, utilizzando come tramite la lingua napoletana estremamente evocativa e potente, la sua ricerca spazia dal canto alla scrittura, dal teatro al cinema, dalla danza alle arti figurative mettendo in dialogo tradizione e musica del presente che proietta nel futuro.
Il suo brano Figlia d’ ‘a Tempesta, diventato un fenomeno virale, è la colonna sonora di tutte le manifestazioni femministe.
Nata a Napoli il 10 luglio 1991, è cresciuta a San Giorgio a Cremano. Figlia di un’artista e un musicista, ha iniziato a suonare la chitarra e scrivere canzoni sin da bambina.
Laureata in filosofia e storia all’Università Federico II e conseguito il master in comunicazione musicale presso l’Università Cattolica di Milano.
Nel 2014 ha collaborato al progetto della band Fitness Forever come chitarra e voce e ha incontrato il produttore e musicista Alfredo Maddaluno, in arte KWSK NINJA, a sua volta coinvolto nello stesso progetto, che è diventato il suo produttore esecutivo e compagno di vita. Insieme, nel 2015 hanno formato il duo Yombe che ha debuttato col singolo Vulkaan che ha anticipato l’omonimo EP uscito il 7 aprile 2016 a cui è seguito l’album GOOOD nel 2017.
Ha vissuto tra Milano e Londra, studiando e lavorando e, dopo la chiusura del progetto Yombe, è tornata a vivere a Napoli dove ha messo da parte la scrittura di brani in inglese riconnettendosi alla cultura e alla musica della  terra natia sperimentando nuove sonorità e ha dato vita, nel 2019, a La Niña.
Ha ritrovato le radici, la lingua, il Sud d’Italia e i Sud del mondo, nella loro complessità, le dominazioni, le contaminazioni.
Il primo singolo Croce è uscito il 28 giugno e in settembre è uscito Niente cchiù. Il 18 ottobre ha fatto un cameo nel video Le ragazze di Porta Venezia – The Manifesto di Myss Keta.
Dopo diversi singoli, EP e prestigiose collaborazioni, il 24 marzo 2023 è uscito il suo album di debutto dal titolo Vanitas, sempre con la direzione artistica e produzione di KWSK NINJA, acclamato positivamente dalla critica.
In quell’anno ha esordito come attrice nella serie televisiva La voce che hai dentro, di Massimo Ranieri, in cui ha interpretato il ruolo dell’aspirante cantante Regina e per la stessa serie ha scritto e composto la colonna sonora.
Il 9 febbraio 2024 ha partecipato alla serata delle cover del 74º Festival di Sanremo dove si è esibita BigMama, Gaia e Sissi nella cover di Lady Marmalade.
Nel 2025 è uscito il suo secondo album, Furèsta che mescola sonorità moderne e ancestrali e apre nuove intriganti prospettive sulla world music, trascinato dal successo di una piccola grande perla come Figlia d’ ‘a Tempesta, brano femminista che ha avuto un successo insperato.
Furèsta che significa esprime indomabile, dalla villanella tradizionale arriva a sonorità mediterranee ospitando Kukii, cantante, compositrice e produttrice egiziana-iraniana e Abdullah Miniawy, poliedrico artista di origini egiziane.
La Niña, talentuosa, potente, colta, primitiva eppure contemporanea, ha creato un nuovo genere incontrando il consenso della critica e di un pubblico assolutamente trasversale.
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carmenvicinanza · 23 days ago
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Maria Isabel Barreno
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Quando abbiamo scritto le Nuove Lettere Portoghesi, sapevamo che l’opera in sé era già un’impresa audace, a prescindere dal vocabolario che avremmo usato, ma era ciò che ci interessava fare in quel momento e siamo andate avanti.
Maria Isabel Barreno scrittrice, saggista, giornalista e accademica è stata una importante esponente del Movimento Femminista del Portogallo.
È una delle autrici del libro Novas Cartas Portuguesas (Nuove lettere portoghesi), scritto insieme a Maria Teresa Horta e Maria Velho da Costa (erano chiamate le Três Marias), un attacco alla morale dominante negli anni Settanta che ha causato loro l’arresto, l’incarcerazione e il processo durante gli ultimi anni della dittatura dell’Estado Novo.
Una vicenda che aveva provocato proteste nel paese e attirato l’attenzione internazionale dei gruppi di liberazione femminile negli anni precedenti alla Rivoluzione dei Garofani.
Nata a Lisbona il 10 luglio 1939, da bambina aveva studiato dalle suore e coltivato presto la passione della lettura e della poesia anche a causa di una malattia che l’aveva tenuta a lungo a letto. 
Laureata in Scienze Storico Filosofiche all‘Università di Lisbona, il suo primo lavoro era stato presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca Industriale. Ha scritto su diverse riviste ed è stata caporedattrice dell’edizione portoghese di Marie Claire.
Coinvolta attivamente nei movimenti femministi lusitani, le lettere, le poesie e i saggi scritti da lei e dalle sue compagne di lotta, vennero riuniti nell’opera Le nuove lettere portoghesi, pubblicata faticosamente il 12 dicembre 1972 e confiscata dalla polizia solo tre giorni dopo l’uscita. 
Per la prima volta si denunciava l’oppressione e la violenza ai danni delle donne, criticando guerre e domini coloniali e reclamando attenzione per la sfera della propria sessualità. Per questo vennero denunciate per oltraggio alla morale pubblica e pornografia.
Messe alla pubblica gogna, le tre fondatrici del Movimento de Libertação das Mulheres, subirono un forte attacco dalle istituzioni e dall’opinione pubblica.
Nonostante la censura, il libro aveva raggiunto la Francia e trovato appoggio e sostegno dai movimenti femministi e da scrittrici come Simone de Beauvoir e Marguerite Duras.
Il lungo processo, iniziato nel 1973 e protratto fino alla caduta del regime, l’anno successivo, è stato un evento pubblico. Per tutta la sua durata le ambasciate portoghesi di mezzo mondo vennero prese d’assalto e presidiate da gruppi di rivoltose.
Considerata la prima causa femminista internazionale, secondo la statunitense National Organization for Women, la solidarietà a favore delle Tre Marie aveva mobilitato donne europee, statunitensi e sudamericane.
Articoli e lettere di protesta di scrittori e scrittrici di chiara fama vennero pubblicati su quotidiani di mezzo mondo.
Giornali come Times, New York Times, Le Monde e Libération, raccontarono l’indignazione per un simile trattamento che raggiunse anche la Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite.
In breve tempo il testo divenne così popolare che la Prima Conferenza Internazionale delle Donne a Boston del 1973 ne fece un tema centrale dell’incontro e, nel giro di un paio d’anni, venne tradotto in francese, inglese, tedesco e italiano.
Il 7 maggio del 1974, due settimane dopo l’abolizione della dittatura portoghese, le Tre Marie vennero assolte con formula piena.
L’opera ha anche contribuito a diffondere il malcontento contro il regime di Marcelo Caetano, portandolo alla caduta nel 1974.
Il femminismo è stato una costante dell’opera letteraria di Maria Isabel Barreno, A Morte da Mãe (La morte della madre), del 1979, è un importante studio sociologico e filosofico sull’evoluzione storica della condizione femminile nella società.
Ha scritto oltre venti libri che spaziano da saggi di sociologia a romanzi e racconti. Con la raccolta Os Sensos Incomuns (1993) è stata insignita con il Gran Premio Camilo Castelo Branco e con il Premio Pen Club; due anni prima, il suo romanzo Crónica do Tempo aveva vinto il Premio Fernando Namora.
Oltre all’impegno accademico all’Università di Lisbona, ha ricoperto la carica di consigliera culturale presso l’ambasciata portoghese a Parigi.
L’otto marzo 2004 è stata nominata Grande Ufficiale dell’Ordem do Infante D. Henrique.
Quando le parole non le sono più bastate per dare forma al pensiero ed esplorare il mondo e l’intimo, ha iniziato a disegnare e ha esposto in diversi contesti lavorando sull’idea delle parole come forma plastica. Lettere, sia disegnate che digitate e linee grafiche che emergono tra frasi e paragrafi rafforzano l’idea di un pensiero in continuo flusso, dove scrittura e immagine si fondono.
Come ella stessa ha affermato, la sua esperienza di scrittura era così profonda e complessa da percepire il linguaggio visivamente. Il disegno è nato quindi come un’estensione involontaria e organica della scrittura, il suo naturale prolungamento. Dalla coesistenza di molteplici simboli, dall’interazione tra linguaggio e immagine, discorso e materialità, i disegni di Maria Isabel Barreno aprono uno spazio di libertà.
Si è spenta a Lisbona il 3 settembre 2016, aveva 77 anni.
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carmenvicinanza · 25 days ago
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May Picqueray 85 anni d’anarchia
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Marie Jeanne Picqueray, attivista anarchica, sindacalista e giornalista, viene ricordata come May Picqueray o May la Réfractaire dal nome della rivista pacifista e antimilitarista che aveva fondato, Le Réfractaire – Organo libertario per la difesa della pace e delle libertà individuali.
La sua è stata lunga vita di militanza in cui ha attraversato gli eventi più importanti della storia del Novecento.
Ha inviato un pacco bomba all’ambasciatore statunitense a Parigi per protestare contro la condanna a morte di Sacco e Vanzetti. Al Congresso Internazionale dei Sindacati Rossi a Mosca, in piedi su un tavolo, ha denunciato i partecipanti per aver banchettato mentre gli operai morivano di fame. Si è rifiutata di stringere la mano a Lev Trotsky a cui aveva chiesto la grazia per i prigionieri politici anarchici. Ha partecipato alla Resistenza ed è stata coinvolta nei movimenti del Maggio 1968. Indomita, anche quando era ormai molto avanti con gli anni, ha partecipato alla Lotta per il Larzac contro l’estensione di un campo militare e l’espropriazione delle terre dei contadini e si è schierata contro il nucleare. Ha contrastato ogni sopruso fino alla fine dei suoi giorni.
Nata in una modesta famiglia, l’8 luglio 1898 a Savenay, nella regione dei Paesi della Loira, in Francia, ha trascorso l’infanzia in Bretagna. Durante l’adolescenza ha vissuto a Montreal, in Canada, nella casa della sua istitutrice, dove si prendeva cura del figlio malato.
Rientrata a Parigi nel 1918, impiegata come interprete e dattilografa bilingue all’Istituto di Storia e Geografia, si è avvicinata agli ambienti anarchici e sindacali giovanili.
Nel 1922 è entrata nella Federazione dei Metalmeccanici per la quale è stata delegata a Mosca al secondo congresso dell’Internazionale Sindacale Rossa a Mosca dove ha avuto modo di incontrare Lenin, ormai in fin di vita, e ottenuto da Trotsky la liberazione delle attiviste anarchiche Mollie Steimer e Senya Flechine imprigionate dai bolscevichi.
Al ritorno dalla Russia venne arrestata per aver viaggiato con documenti falsi e condannata a 45 giorni di carcere.
Ha lasciato la Federazione Metallurgica quando i comunisti ne hanno preso il controllo e si è trasferita in provincia, dove ha lavorato per un giornale regionale. Nel 1926 è stata la segretaria particolare di Emma Goldman, che ai tempi viveva a Saint-Tropez.
Per l’Ufficio Francese per l’Infanzia e il Comitato per l’Aiuto all’Infanzia Spagnola si è occupata di distribuire viveri e sostegno nei campi profughi, mettendo in salvo bambine e bambini e incentivando la fuga dei detenuti antinazisti.
Ha prodotto documenti falsi e cercato nascondigli per prigionieri e ricercati dalla Gestapo.
Dopo la Liberazione è stata redattrice del quotidiano Libre Soir Express ed è stata una delle pochissime donne a entrare nel sindacato dei giornalisti. È stata la prima donna della storia francese a cui il tribunale del lavoro ha concesso un’indennità di buonuscita di un mese quando il giornale venne chiuso. La sentenza ha costituito un precedente. Ha scritto anche per il Canard Enchaîné.
È stata segretaria del comitato sindacale della Federazione Anarchica e responsabile delle relazioni esterne. Ha partecipato ai movimenti di rivolta degli anni Settanta e Ottanta e collaborato regolarmente al giornale Liberté.
Nel 1974 ha fondato e diretto Le Réfractaire, periodico che ha fornito sostegno ai renitenti alla leva, insubordinati, disertori e obiettori di coscienza.
Ha partecipato alla resistenza delle donne di Plogoff e manifestato in piazza contro il nucleare all’età di 79 anni.
Si è spenta a Parigi il 3 novembre 1983, aveva 85 anni, tutti vissuti all’insegna del dissenso e della tutela degli ultimi e le ultime della terra. Da donna libera e avanti nei tempi, ha cresciuto da sola due figlie e un figlio, nati da diverse relazioni.
Gran parte dei suoi archivi sono depositati presso il CIRA di Marsiglia.
A Parigi un giardino porta il suo nome, le è stato dedicato un film, diversi libri ed è celebre la sua autobiografia May la réfractaire: pour mes 81 ans d’anarchie.
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carmenvicinanza · 29 days ago
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Noora Noor
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Noora Noor, regina norvegese del soul, è un’artista che conta oltre 31 milioni di visualizzazioni su YouTube per il suo successo Forget what I said.
Attraversando blues, jazz e neo soul, ha pubblicato tre album Curious, All I Am e Soul Deep grazie al quale ha vinto lo Spellemannsprisen, il Grammy norvegese e si è esibita all’Eurovision Song Contest del 2011.
Il suo nome completo è Noora Yasmin Mohammed Noor ed è nata a Dubai, l’8 luglio 1979 da padre somalo e madre yemenita. È cresciuta tra gli Emirati Arabi Uniti e la Norvegia.
Aveva otto anni quando ha iniziato a esibirsi e a quindici ha firmato il suo primo contratto con la Warner, dopo essere stata notata a un festival giovanile.
Ha collaborato con artisti e artiste internazionali e interpretato il ruolo di Maria Maddalena in Jesus Christ Superstar.
Attiva per molte cause sui diritti umani e, nonostante non produca album da un bel po’ di tempo, continua a suonare in giro per il mondo occupando un ruolo non marginale nella musica soul contemporanea.
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carmenvicinanza · 1 month ago
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Argentina Bonetti Altobelli
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Il fuoco sacro ardeva sempre in me contro i pregiudizi e le superstizioni che incatenavano il cuore e la mente della donna, e cercavo il mezzo di manifestare il mio pensiero e fare qualcosa che poteva essere utile alla partecipazione delle donne alle opere civili, oltre a quelle familiari.
Argentina Bonetti Altobelli è stata la prima italiana a diventare dirigente sindacale.
Nata il 2 luglio 1866 a Imola, in una famiglia di idee liberali e patriottiche, suo padre aveva combattuto con Garibaldi per l’unità d’Italia nelle battaglie risorgimentali e sua madre ne condivideva gli ideali.
All’età di sette anni era stata affidata agli zii paterni che vivevano a Bologna e che la crebbero come una figlia. Interessata molto più alla lettura che ai giochi, appena riceveva qualche soldo andava a comprare un libro e aveva creato una sua piccola biblioteca che venne distrutta dai tutori che temevano che diventasse troppo intelligente e ribelle e che la sua salute venisse deteriorata, soprattutto dalle letture notturne. Erano tempi in cui non si incoraggiava l’istruzione femminile, soprattutto nei piccoli centri.
Ma tale era il suo desiderio di conoscenza che, sebbene le fosse impedito di seguire studi regolari, aveva acquisito da autodidatta una notevole cultura, sviluppando, negli anni, il bisogno di impegnarsi a favore delle persone più disagiate e soprattutto delle donne.
A Parma, dove si era trasferita per studiare giurisprudenza, era entrata in contatto con un gruppo mazziniano e aveva iniziato la sua opera di propaganda. Nel 1884 ha tenuto la sua prima conferenza pubblica sul tema dell’emancipazione femminile.
Allontanatasi dai circoli repubblicani, aveva trovato ispirazione nelle idee socialiste con tutto il fervore ardente e l’entusiasmo giovanile di fare qualcosa di utile e proficuo ad una classe diseredata, e specialmente per le donne, che erano maggiormente avvilite e sfruttate.
La sua attività propagandistica era continuata al suo ritorno a Bologna dove aveva ricevuto incarichi importanti nonostante le maestranze maschili ne scoraggiassero l’impegno.
In breve tempo la sua attività politica venne segnalata dalla pubblica sicurezza come persona pericolosa che aveva un autorevole ascendente sulle masse ignoranti che l’ascoltano e ne seguono gli ordini e i consigli.
Nel 1889 aveva sposato Abdon Altobelli, scrittore e uomo di vasta cultura che ne incoraggiava l’impegno e l’anno seguente venne eletta Presidente della Società Operaia di Bologna.
Entrata a far parte della Commissione esecutiva della Camera del lavoro di Bologna nel 1893, la sua attività di propaganda travalicava i confini regionali.
Ha fatto parte del Consiglio Direttivo della Cgdl (Confederazione Generale del Lavoro) fin dalla fondazione e, nel 1901, in occasione del Congresso di Bologna, ha contribuito alla nascita della Federazione nazionale dei lavoratori della terra, una delle più importanti categorie organizzate dal sindacato, di cui è stata ininterrottamente segretaria fino al suo scioglimento ad opera del fascismo. In qualità di delegata dell’Alleanza femminile italiana ha partecipato alla IIª Conferenza internazionale femminile di Amsterdam ed è stata la rappresentante socialista al Congresso internazionale delle donne di Berlino, dove ha conosciuto personalità come Rosa Luxemburg e Clara Zetkin.
Nel 1906 è entrata nel consiglio direttivo Confederazione Generale del Lavoro e due anni dopo, nella Direzione del partito.
Ha contribuito alla fondazione del Comitato Nazionale dell’Unione Femminile Socialista nel 1912 e venne nominata dal governo Giolitti come rappresentante dei contadini nel Consiglio Superiore del Lavoro presso il Ministero dell’Agricoltura e Commercio, incarico confermato dopo il mandato di tre anni.
Tra il 1915 e il 1917 ha presentato quattro memoriali al ministro dell’agricoltura per avviare il processo di socializzazione della terra.
Al termine della prima guerra mondiale era entrata nella commissione incaricata di riorganizzare la produzione agricola postbellica.
È stata nel Consiglio di amministrazione e nel comitato esecutivo della Cassa Nazionale Infortuni fino al 1920, anno in cui ha partecipato, ad Amsterdam, al Congresso Internazionale dei Lavoratori della Terra, presentando un ampio resoconto sull’attività ventennale della Federterra.
Fautrice di molte battaglie per l’emancipazione femminile, compresa quella per il divorzio, ha dedicato buona parte del suo impegno al miglioramento delle condizioni delle persone più umili, primi tra tutti i lavoratori e le lavoratrici della terra, battendosi sul terreno dei diritti, delle normative e dei miglioramenti salariali, con particolare attenzione all’universo bracciantile e a quello mezzadrile.
Convinta che una giusta posizione della donna nella società fosse direttamente collegabile alla più vasta lotta per la trasformazione dei rapporti sociali che rendevano possibile lo sfruttamento, si era impegnata in sostegno del progetto di Anna Kuliscioff per una legge del lavoro femminile.
Nel 1922 ha partecipato alla fondazione del Partito Socialista Unitario prima di essere costretta a lasciare le attività politiche e sindacali dal regime fascista.
Sul giornale La Terra, aveva sferzato un attacco diretto a Mussolini che aveva definito fascista proletario, rivolgendosi a lui come “sicario pagato dagli agrari… tiranno della reazione… flagellatore dei deboli… assassino dei tuoi fratelli“.
Nel 1924, dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, il duce, in un tentativo di pacificazione con i socialisti, le aveva offerto di fare la Sottosegretaria all’Agricoltura ma lei aveva aveva rifiutato dichiarando che “la vera rappacificazione era il ripristino della libertà“. Attestandosi su una posizione di esiliata in patria, si era schierata tra coloro che esprimevano l’opposizione al fascismo attraverso il rifiuto e il silenzio.
Ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita a Roma, a casa della figlia, mantenendosi con umili lavori, senza poter beneficiare di alcun contributo pensionistico, lei che si era battuta per tutta la vita affinché i lavoratori e le lavoratrici avessero assicurata la vecchiaia.
Si è spenta il 26 settembre 1942 ed è sepolta al Cimitero del Verano.
Il suo archivio è raccolto presso la Fondazione Argentina Altobelli e presso la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati.
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carmenvicinanza · 1 month ago
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Amy Johnson
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Amy Johnson, mitica aviatrice britannica è stata la prima donna a volare in solitaria dall’Inghilterra all’Australia in un viaggio avventuroso, costellato da numerosi imprevisti. Ha stabilito diversi record di velocità e lavorato per la Royal Air Force.
È morta in circostante misteriose durante la Seconda guerra Mondiale, probabilmente colpita dal fuoco amico, il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Nata il 1º luglio 1903 a Kingston upon Hull, nello Yorkshire, dopo la laurea in economia all’Università di Sheffield aveva trovato lavoro in uno studio legale di Londra. Faceva la segretaria ma sognava di volare e con ostinazione e impegno ci è riuscita.
Nel 1929 ha compiuto il primo volo in solitaria e nello stesso anno è diventata la prima donna britannica a ottenere un brevetto da ingegnera di terra.
Grazie all’aiuto del padre e di un mecenate, era riuscita a comprare un aeroplano di seconda mano, un de Havilland DH.60 Moth, chiamato Jason, con il quale ha compiuto la sua più grande impresa.
Il 5 maggio 1930, l’ardita ventisettenne è partita da Londra e, tra tempeste di sabbia, atterraggi di fortuna, perdite di rotta e incidenti di vario genere, in 19 giorni è arrivata in Australia, a Darwin, accolta con grandissimo entusiasmo.
Le avversità e il coraggio della giovane pilota avevano attirato l’attenzione della stampa, il Daily Mail aveva pubblicato un’esclusiva sull’avventura. Tornata a Londra, venne accolta da un milione di persone ricevendo le congratulazioni dai reali inglesi e del Belgio, da Charles Lindbergh e numerose altre personalità. Per la storica impresa venne insignita del titolo di Commendatrice dell’Ordine dell’Impero Britannico.
Nel 1931 è stata la prima pilota a volare da Londra a Mosca in un solo giorno, percorrendo la distanza in sole 21 ore e ha detenuto diversi altri record.
La sua ultima trasvolata a lungo raggio in solitaria è stata da Londra a Città del Capo e ritorno, nel 1936, in cui ha stabilito un nuovo record battendo il primato del pilota scozzese Jim Mollison, che aveva sposato nel luglio del 1932 e con cui ha compiuto diverse altre imprese.
Premiata diverse volte, aveva ricevuto la medaglia d’oro al valore dell’Egitto, il premio dell’International League of Aviators (1930), la medaglia d’oro presidenziale della Society of Engineers (1931), il premio Segrave, la medaglia d’oro d’onore della League of Youth (1933) e la medaglia d’oro del Royal Aero Club (1936).
Dopo il divorzio da Mollison, nel 1938, si era ritirata a vita privata ma, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, aveva ripreso a volare su aerei a motore e si era arruolata nell’Air Transport Auxiliary, trasportando gli aerei che uscivano dalle fabbriche alle basi militari.
Durante uno di questi trasferimenti, il 5 gennaio 1941, ha perso la vita in circostanze non del tutto chiare. Le condizioni meteorologiche erano sfavorevoli e probabilmente aveva esaurito il carburante dopo aver perso la rotta. Il suo aereo è stato avvistato per l’ultima volta sulla verticale dell’estuario del Tamigi, ampiamente fuori rotta. Pare si sia lanciata col paracadute e, finita in mare, non sia stato possibile salvarla. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Sulla sua morte sono state formulate diverse teorie, la vera ragione del volo è tenuta segreta dal governo britannico e alcune prove suggeriscono che portasse qualcuno a bordo e che fosse implicata in un’operazione sotto copertura.
Nel 1999, un ex pilota della RAF ha sostenuto di aver abbattuto l’aereo scambiandolo per un velivolo nemico.
La sua fine resta ancora avvolta nel mistero mentre le sua gesta sono state ricordate in canzoni, premi e film.
Le sono state intitolate strade in Inghilterra e in Australia, un aereo di linea  porta il suo nome e le è stata dedicata una statua di fronte al luogo dove è scomparsa. Il suo aereo è esposto al Museo delle Scienze di Londra mentre alcuni cimeli legati alla sua vita e alle sue imprese sono esposti al museo di Sewerby Hall. Un festival in suo onore si tiene ancora ogni anno.
La disegnatrice Lizzy Hobbs ha realizzato un corto animato interamente composto da caratteri stampa realizzato con una Underwood 315, una macchina da scrivere dell’epoca.
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carmenvicinanza · 1 month ago
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Lydia Roberts
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Lydia Jane Roberts, accademica ed educatrice, per tutta la sua carriera ha approfondito la relazione tra dieta e salute.
Pioniera della ricerca sulla nutrizione infantile, ha creato la RDA (Recommended Dietary Allowances) dose giornaliera consigliata negli standard nutrizionali di minerali e vitamine.
È stata autrice di diversi libri tra i quali si ricordano Nutrition Work with Children (1928), The Road to Good Nutrition (1942), Patterns of Living in Puerto Rican Families (1949) e The Dona Elena Project: Better Living Program in an Isolated Rural Community (1963).
È stata direttrice del dipartimento di economia domestica all’Università di Chicago dal 1930 al 1944, ha condotto un’indagine sull’alimentazione a Porto Rico e guidato un progetto di educazione alimentare che ha aumentato l’assistenza economica alle comunità più isolate, diventando un modello da seguire.
Nata il 30 giugno 1879 a Hope Township, in Michigan, in una famiglia modesta, dopo la laurea in economia domestica conseguita nel 1917 all’Università di Chicago, era diventata ricercatrice, dalla sua tesi incentrata sui bisogni nutrizionali di bambine e bambini è stato tratto il suo primo libro.
Insegnante e poi presidente del dipartimento, ha fatto parte del Comitato per la creazione delle dosi giornaliere raccomandate, ossia l’assunzione giornaliera consigliata di sostanze nutritive.
Ricordata come una dirigente con un approccio democratico, è stata nel Comitato per l’alimentazione e la nutrizione del Consiglio Nazionale di Ricerca e preso parte a tre comitati della Conferenza della Casa Bianca sulla salute e la protezione dei bambini. Ha anche fatto parte del Council on Foods and Nutrition dell’American Medical Association.
Ha volto tutti i suoi sforzi al miglioramento dell’alimentazione di bambini e famiglie bisognose.
Dal 1946 al 1952 ha insegnato all’Università di Porto Rico e lì è rimasta fino alla fine dei suoi giorni, occupandosi di nutrizione e tutela delle popolazioni svantaggiate.
Il suo lavoro è stato più volte premiato, nel 1938 col premio Borden da parte della Home Economics Association, nel 1952 con il Marjorie Hulsizer Copher Award dall’American Dietetic Association e nel 1957 col Premio Marshall Field.
Si è spenta il 28 maggio 1965 a Río Piedras ed è sepolta nel cimitero di East Martin, nel Michigan.
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carmenvicinanza · 1 month ago
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Lisa Germano
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Lisa Germano, raffinata cantautrice e polistrumentista, riservata e intimista, antidiva per antonomasia, ha una formazione classica specializzata nel suonare gli archi, in particolare il violino.
I testi autobiografici, le sue storie, all’apparenza quiete e minimali, nascondono sempre una tensione drammatica. Musicalmente coniuga folk tradizionale, alternative rock, blues nero e classica.
Nata a Mishawaka, Indiana, il 27 giugno 1958, a sette anni già suonava il violino per poi specializzarsi in diversi strumenti a corda.
La sua carriera è iniziata nel 1987, come violinista nei tour di John Mellencamp, il primo a comprendere tutto il suo talento, con cui ha collaborato per sette anni. In seguito si è esibita come supporter dei concerti di Bob Seger e dei Simple Minds e collaborato con David Bowie, Sheryl Crow e Iggy Pop.
Del 1991 è il suo album d’esordio come solista, On the Way Down From the Moon Palace, autoprodotto, in cui ha scritto tutti i brani e suonato tutti gli strumenti e che ha attirato l’attenzione della Capitol Records, con cui ha pubblicato il suo secondo disco, Happiness, del 1993, il più rock, quello in cui, nel pieno dell’epopea grunge, ha cercato di agganciare i suoi malesseri ad architetture sonore più piene, aspre e dissonanti.
Per la sua riservatezza, la natura introversa e intricata delle sue canzoni, sempre lontane da facili appeal commerciali, ha rotto con la major per mantenere la sua libertà artistica con l’indipendente 4AD prima e con la sua etichetta Ineffable poi, per approdare infine alla YoungGod.
Nel 1994 è uscito Geek the Girl, uno dei grandi capolavori degli anni Novanta, concept-album sull’infelicità pervaso da un cupo esistenzialismo. Un calvario di donna ritratto in piccoli pannelli sonori, che abbracciano i temi della solitudine, l’alienazione, l’incapacità di rapportarsi con il prossimo, i sentimenti feriti, la violenza sessuale come nel brano … A Psychopath, che contiene la registrazione della telefonata di una donna, vittima di abusi.
Il quarto album, Excerpts From A Love Circus, racconta l’infanzia tormentata, tra tessiture psichedeliche, tenere ninnananne ed emozionanti blues, con il suo violino ossessivo in sottofondo, a infondere sempre una vena d’inquietudine.
Slide, del 1998, che chiude un decennio di fasti artistici per la cantautrice che non ha mai raggiunto un vero e proprio successo, ha affiancato al lavoro di musicista quello di bibliotecaria a Los Angeles.
Lullaby For A Liquid Pig del 2003 è un lavoro complesso e ambizioso tra sogni inquieti, fragili ballate e atmosfere tenebrose. Trasfigurazioni di sogni, dove il surreale diventa la regola, dove la grammatica è quella istintiva delle libere associazioni e i suoni compaiono e scompaiono.
Nel 2006 è uscito In the Maybe World, per la Young God Records e, al termine di un tour mondiale, nell’autunno del 2009, ha pubblicato Magic Neighbour.
No Elephants del 2013 è un concept sulla relazione tra natura e tecnologia,  una raccolta di  ballate per pianoforte che a volte utilizzano suoni della natura e talvolta suoni della tecnologia con risultati contrastanti.
C’è chi decide di fare musica nel suo modo, nel suo mondo, nel suo stile, senza sottostare alle regole dello show business e Lisa Germano è esattamente così.
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