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Carmen Vicinanza
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Carmen Vicinanza nasce a Salerno nel 1970 sotto il segno dello Scorpione, che per l’astrologia indiana è la peggiore disgrazia astrale che possa capitare ad un essere vivente… Si è laureata in “Lingue e letterature straniere moderne”, con indirizzo orientale, studiando le lingue hindi e urdu. Vive a Napoli dal 1989, tradendola solo per periodi relativamente brevi con altre città in Italia e all’estero. Con la laurea ben riposta nel cassetto, ha sempre lavorato in altri settori. Ha iniziato col teatro, come attrice, regista, autrice. Ha fatto traduzioni e lavorato come interprete. Ha poi trovato il lavoro che più sembra appartenerle le pubbliche relazioni per manifestazioni culturali. Ha una passione smodata per l’India e in generale per l’Asia tutta. L’esperienza come ufficio stampa per manifestazioni culturali comincia nel settembre 1999 quando viene assunta full-time presso lo Studio Roberto Begnini di Roma col quale ancora oggi ha collaborazioni occasionali. Firmando insieme l’ufficio stampa sono arrivati ad un totale di circa 40 tra mostre e festival tenutisi nei più prestigiosi luoghi di cultura della capitale. (Palazzo delle Esposizioni, Mercati di Traiano, Chiostro del Bramante, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Palazzo Venezia, giusto per citarne qualcuno). Dal 2001, tornata a Napoli, ha proseguito questa attività come free lance oltre che di ufficio stampa e pubbliche relazioni anche di organizzazione eventi culturali. Tra le manifestazioni di maggior rilievo di cui ha curato l’ufficio stampa c’è stata la mostra contenitore sugli anni ’70 dal titolo Memoria Ribelle organizzata dal Nuovo Teatro Nuovo di Napoli alla Mostra d’Oltremare nel 2003. Segue la galleria “Il Ritrovo Di Rob Shazar” di S. Agata de’ Goti (BN) dal 2002 al 2012. Dal febbraio 2005 ha iniziato a seguire “ARCHEO DOC FEST, Rassegna/Concorso Internazionale di film e documentari sull’archeologia, l’arte antica e le nuove tecnologie di simulazione digitale” organizzato dal DOC FEST di Roma ...
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carmenvicinanza · 18 hours ago
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Cristina Fogazzi
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Quando ho pensato di creare una mia linea mi sono sentita dire che non ce l’avrei fatta. Ma sono testarda e ho continuato per la mia strada, ad abbattere i muri.
Cristina Fogazzi è la fondatrice di VeraLab, una delle realtà cosmetiche di maggior successo in Italia.
Imprenditrice visionaria, divulgatrice e interprete di un nuovo messaggio sul potere della bellezza inclusiva, ha creato la sua start-up nel 2015 dando vita, in pochi anni, a un marchio da oltre settanta milioni di euro di fatturato, con oltre 60 dipendenti e 1 milione di follower su Instagram.
Nel 2019 è stata inserita da Forbes Italia nella lista delle 100 donne più influenti per la sua capacità di innovare.
Nata a Sarezzo, Brescia il 25 giugno 1974, ha recentemente raccontato di avere avuto un’infanzia complicata. È cresciuta tra i litigi dei genitori separati e poi tornati insieme, provando ad arginare la depressione della madre che ha tentato il suicidio davanti ai suoi occhi quando aveva soltanto otto anni.
Nel 2009, a 35 anni, dopo essere stata licenziata dal centro estetico dove lavorava come venditrice, ha deciso di aprirne uno suo a Milano che ha chiamato Bellavera.
Per promuoverlo si è servita del web e dei social e aperto il blog dell’Estetista Cinica in cui, con stile graffiante e auto-ironico, ha iniziato a dare consigli e abbattere una serie di miti e credenze sui trattamenti di bellezza, invitando le donne a piacersi e accettarsi.
Diventata in breve tempo una divertente e iconica celebrità, nel 2015 ha lanciato una linea di prodotti per la cura del viso e del corpo col brand VeraLab. Negli anni successivi la sua popolarità è cresciuta grazie anche al programma tv di Rai2 Detto Fatto.
Nel 2016 ha pubblicato un libro scritto a quattro mani con il chirurgo estetico Enrico Motta, dal titolo Guida cinica alla cellulite (finito nella classifica dei 100 libri best seller in Italia).
Intuendo fin da subito le potenzialità del web, agli inizi della sua impresa caratterizzata da prodotti provenienti da una filiera controllata e realizzati in Italia, le vendite avvenivano soltanto con l‘e-commerce. Col tempo ha aperto due negozi a Milano e Roma e centinaia di punti vendita in grandi magazzini e profumerie.
Con grande talento manageriale ha attuato una rivoluzione dell’approccio alla beauty experience, facendo leva su progetti inediti, sulla social responsibility e sul welfare.
Per questa crescita costante ed esponenziale, dal 2020 per tre anni consecutivi, la sua società si è aggiudicata il Premio Pambianco le Quotabili, un attestato di merito per le imprese capaci di produrre valore candidabili per essere quotate in Borsa.
Impegnata nel sociale è Ambasciatrice della prevenzione per l’associazione no profit Komen Italia che si occupa di lotta contro il tumore al seno e fa anche parte dei Capitani Famosi, personalità del mondo della cultura, dello spettacolo e dello sport che, attraverso il loro seguito mediatico e di pubblico, diffondono l’importanza di una continua vigilanza sulla salute.
Amante della bellezza in tutte le sue forme, ha ideato dei progetti itineranti per coinvolgere il suo vasto pubblico in esperienze totalizzanti e immersive condividendo la sua passione per l’arte.
Con l’iniziativa Bellezze al museo, simboleggiata dall’eco-truck rosa, il suo marchio ha fatto il giro della penisola affiancando il proprio nome a diverse istituzioni culturali, supportando i musei e le loro collezioni e veicolando, tappa dopo tappa, il suo messaggio di body positivity.
Questa esperienza, nel 2022, è sfociata nella pubblicazione del libro Il mio Grand Tour. Storie di luoghi, di arte e di ansia in cui ha raccontato il suo viaggio personale nell’arte e nei luoghi del cuore italiani. Un racconto appassionato sul potere salvifico della bellezza.
Questa donna comune e insieme straordinaria, partita da un semplice studio di estetista, che in dieci anni è riuscita a costruire un piccolo impero specializzato nella skin care, ha riformulato lo storytelling legato alla cosmetica, definendo un nuovo dialogo con la clientela e una rinnovata consapevolezza del proprio corpo, delle potenzialità di una consulenza personalizzata e di una routine di bellezza.
Sono sicura che se fossi un uomo, con i numeri che fa la mia azienda, sarei considerato un genio dell’imprenditoria. Invece resto l’Estetista Cinica.
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carmenvicinanza · 2 days ago
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Rebecca Solnit
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Rebecca Solnit, scrittrice, storica, attivista e autorevole intellettuale, è autrice di oltre venti libri incentrati su femminismo, storia occidentale e indigena, cambiamento sociale e insurrezione, ricerca e cammino, speranza e catastrofe.
Scrive regolarmente per il Guardian, fa parte del consiglio direttivo del gruppo per il clima Oil Change International e ha recentemente lanciato il progetto sul clima Not Too Late.
Nata a Bridgeport, Connecticut, il 24 giugno 1961, si è laureata in giornalismo presso l’Università di Berkeley e lavora come scrittrice indipendente dal 1988.
A partire dagli anni Ottanta, ha sostenuto campagne ambientaliste, per i diritti umani e contro la violenza di genere.
Per Harper’s Magazine è stata la prima donna a scrivere regolarmente la rubrica Easy Chair.
Nel 2014 ha pubblicato Gli uomini mi spiegano le cose (Men Explain Things to Me), una collezione di saggi brevi che riguardano episodi di mansplaining, termine che descrive una modalità di linguaggio paternalistica, tipicamente adottata dagli uomini nei confronti delle donne, di cui è stata la prima ad articolarne il concetto.
In questa selezione dei suoi scritti femministi più noti spiega perché questo accade, sottolineandone il lato grottesco. Con la sua prosa elegante e incisiva, invita a riflettere mettendo a nudo alcuni degli aspetti più imbarazzanti, crudi e folli della società maschilista.
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carmenvicinanza · 3 days ago
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Livia De Stefani
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Ciò che conta è di averle possedute, le cose smarrite, conosciute e amate…perse, o sottratte, o andate in polvere, niente e nessuno ce le potrà togliere mai…mai strapparle dall’anima, dalla mente, dal sangue. Nessun ladro, nessun prepotente…nessun terremoto
Livia De Stefani è stata la prima scrittrice in Italia a descrivere il potere mafioso, mettendo nero su bianco nomi e cognomi, svelandone i meccanismi.
Si è fatta portavoce della drammatica condizione delle donne siciliane, il cui destino era deciso, già in partenza, da uomini rozzi e violenti.
Ha raccontato la sua terra in tutta la sua drammatica e meravigliosa bellezza.
Nata a Palermo il 23 giugno 1913 in un’antica famiglia di ricchi proprietari terrieri, è cresciuta negli agi di un ambiente patriarcale fatto di regole e consuetudini che scoraggiava la sua propensione letteraria.
A soli 17 anni, invitata a Roma dagli zii, aveva conosciuto e subito sposato lo scultore Renato Signorini grazie al quale era entrata in un ambiente culturale stimolante in cui sentiva di potersi esprimere.
Nonostante abbia vissuto tutta la sua vita nella capitale, si recava spesso in Sicilia per gli impegni legati alle terre che aveva ereditato.
Nel 1940 ha pubblicato una raccolta di poesie dal titolo Preludio.
Il suo primo romanzo e anche il più famoso, La vigna dalle uve nere, pubblicato nel 1953, è una vera e propria denuncia alla mafia e dei meccanismi. Ambientato in una cittadina siciliana, ritrae in maniera cruda e coraggiosa, quell’arcaico mondo maschile dispotico e feroce.
Racconta della giovanissima Rosaria Badalamenti, gettata sotto un treno da Casimiro, padre-padrone, uomo infido e senza rimorsi, nutrito del culto della propria onnipotenza, perché la ragazza si è innamorata di un fratello fino a quel momento tenuto nascosto e poi ritrovato.
Il romanzo è stato tradotto in vari Paesi tra cui Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Argentina.
Ha scritto ancora una raccolta di racconti Gli affatturati, e altri romanzi tra cui Passione di Rosa del 1938, Viaggio di una sconosciuta del 1963 e La signora di Cariddi del 1971.
La Sicilia nella sua scrittura è stata una presenza costante, uno stato d’animo più che il luogo dove dipanare le narrazioni.
Su tutti i suoi protagonisti, incombe un tragico destino, anche quando ha cercato di alleggerire il tessuto narrativo affidandosi all’ironia, la tensione drammatica si risolve in un ghigno, più che in un sorriso.
Nel 1991, un mese prima della sua morte, è stato pubblicato il suo ultimo libro, La mafia alle mie spalle una condanna netta e coraggiosa a quel mondo violento, chiuso, autoritario e protettivo, con il culto del proprio potere e della sottomissione degli altri. Ha raccontato la sua esperienza personale, gli incontri con i boss, l’omertà, i codici d’onore, la campagna, la Sicilia assolata senza mare, il suo appezzamento di terra con il suo casamento borbonico, quanto era stato difficile iniziare a piantare vigneti al posto del grano e come i contadini la guardavano diffidenti quando aveva deciso di piantare alberi ornamentali che non producevano frutti, nella sua ricerca di novità e bellezza.
Il libro si chiude con la descrizione del terremoto del Belice del 14 gennaio 1968 di cui è stata testimone. Di fronte a questo mondo sgretolato aveva deciso di vendere la sua proprietà, ex feudo Virzì.
La popolazione siciliana non aveva apprezzato i suoi racconti implacabili, offesa dalle descrizioni della propria terra vista con la luce impietosa del degrado e dell’ignoranza, per il ritratto spietato di un mondo maschile, patriarcale, autoritario e feroce.
Si è spenta a Roma, il 28 Marzo del 1991.
Ci sono tanti modi per esporsi, per denunciare i mali sociali, per condannare la violenza e la chiusura di un mondo maschilista fossilizzato, Livia De Stefani, per farlo, ha utilizzato la scrittura, con tenacia e tanto coraggio.
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carmenvicinanza · 6 days ago
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boygenius
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boygenius è una band orgogliosamente queer diventata il riferimento di una generazione che si crogiola nella tristezza.
Formata da Julien Baker, Phoebe Bridgers e Lucy Dacus, il nome nasce come una provocazione al culto che circonda le band formate da soli maschi nato mentre si raccontavano delle esperienze spiacevoli con uomini che sostenevano di essere geni, persone estremamente talentuose e brillanti.
Tutte professioniste che lavoravano da sole, erano state chiamate a suonare insieme in alcuni concerti e, nel 2018, hanno formato un gruppo, unite dalla stessa sensibilità artistica e personale.
Il primo EP omonimo è stato inserito nelle classifiche dei migliori progetti discografici dell’anno da svariate riviste musicali.
Dopo aver fatto incetta di premi, aver posato in maniera irriverente e antagonista sulle copertine delle maggiori riviste internazionali, hanno annunciato una pausa in cui si sono tutte dedicate alla loro musica.
Tornate insieme hanno prodotto diversi EP e, nel 2023, hanno pubblicato il loro primo album, The Record, acclamato dalla critica e apprezzato dal pubblico che ha raggiunto subito le vette delle classifica britanniche e statunitensi e ha ricevuto sei nomination ai Grammy, vincendone tre nelle categorie Miglior album di musica alternativa, Miglior canzone rock (con Not Strong Enough) e Miglior interpretazione rock.
Talentuose e determinate, rappresentative di una nuova generazione fluida e impegnata, sono riuscite a diventare uno di quei modelli di riferimento che avrebbero voluto avere quando erano piccole e sognavano di fare musica.
«Se avessi avuto più idoli queer o transgender quando ero piccola, sarebbe stato più normale per me impegnarmi in queste cose», ha raccontato Lucy Dacus in un’intervista «Noi siamo arrivate al punto di sembrare quasi ridicole, con tutte le nostre buffonate sul palco e i baci, ma avrei voluto vedere rappresentazioni giocose e gioiose della queerness».
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carmenvicinanza · 7 days ago
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Loredana Rotondo
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Approdare alla differenza sessuale è stato liberatorio e molto bello, perché ha costituito un punto di svolta che dava risposta a tutta una serie di problemi rimasti come arenati, sospesi. È servito anche per vivere in chiave non personale ma politica la complessità di quel tempo. Non ho mai accettato l’idea che se lavori in un’istituzione non sei utile al femminismo o non puoi essere femminista lì dove stai. Allora da dove puoi esserlo, da dove agisci? Sei esule, sei un’estranea, sei priva di un contesto? Personalmente non ho potuto che essere femminista nell’istituzione.
Loredana Rotondo, autrice di docufilm e programmi radio e tv, militante femminista e sperimentatrice appassionata, è stata l’ideatrice del film-documentario d’inchiesta Processo per stupro, mandato in onda dalla RAI nel 1979 che ebbe una vastissima eco nell’opinione pubblica relativamente al dibattito sulla legge contro la violenza sessuale.
Per la prima volta si evidenziava come gli avvocati che difendevano gli accusati di stupro potevano essere altrettanto violenti nei confronti delle donne: inquisendo sui dettagli della violenza e sulla vita privata della parte lesa, puntando a screditarne la credibilità e finendo per trasformarla in imputata.
L’opera, che ha segnato la storia del movimento delle donne in Italia, conservata oggi negli archivi del MOMA di New York, presentata in diversi festival del cinema, come Berlino e Nuova Delhi, aveva vinto il Prix Italia e ottenuto una nomination agli Emmy Award.
Il suo interesse per le nuove tecnologie e le modalità della comunicazione è stato la scommessa e l’occasione per misurarsi con le condizioni della professione e i limiti posti dalle politiche aziendali e dalla censura.
Nata a Bari il 19 giugno 1942, si è laureata con lode in Scienze Politiche nel 1965. L’anno successivo ha vinto una borsa di studio alla State University of New York che le ha dato la possibilità di vivere quel periodo di grande fermento socio-politico che ne ha influenzato profondamente la vita e il modo di vedere il mondo.
Nel 1968 ha vinto il Concorso per titoli ed esami in RAI, dove è entrata con la qualifica di sceneggiatrice e programmista. Sin dal suo arrivo nell’emittente nazionale, ha indagato il rinnovamento dei format e l’uso possibile delle nuove tecnologie dal punto di vista della libertà femminile da liberare, convinta che la cultura della comunicazione di massa chieda maggiore attenzione e riflessione condivisa sul portato simbolico e politico delle immagini.
È stata ideatrice e responsabile di Chiamate Roma 3131, il primo programma radiofonico con telefonate in diretta, che ha avuto uno straordinario successo a discapito delle previsioni. A chiamare erano soprattutto donne che raccontavano di profondi malesseri ai quali la trasmissione rispondeva con persone esperte come avvocati e psicologi. Col tempo e con fatica, le figure professionali di riferimento furono sempre più donne.
Nel famosissimo Processo per stupro realizzato in modo collettivo con Maria Grazia Belmonti, Anna Carini, Paola de Martiis, Rony Daopulo e Annabella Miscuglio, guardato in tutto il mondo, ha fatto la scelta provocatoria di andare in tribunale per documentare come durante i processi per stupro è la vittima a diventare imputata costretta a rendere conto dei suoi comportamenti.
Nel 1981 lo stesso rodato gruppo femminista ha dato vita a AAA Offresi docufilm sulla prostituzione che, in maniera assolutamente inedita e rivoluzionaria per i tempi, era focalizzato sul punto di vista del cliente. Bloccato dalla censura e mai andato in onda, le autrici, insieme al direttore responsabile Massimo Fichera, vennero accusate di violazione della privacy e sfruttamento della prostituzione. Nel 1994 ci fu l’assoluzione con formula piena. Ai vari processi avevano testimoniato intellettuali come Franca Ongaro Basaglia, Dacia Maraini e Alberto Moravia, che presero pubblicamente posizione contro questa vertenza dai toni surreali.
Apportando un contributo rivoluzionario ai palinsesti RAI, sia nei contenuti che nei linguaggi, nel corso della sua carriera professionale, Loredana Rotondo è stata Capostruttura di RAI International e poi di RAI Educational.
È stata autrice di programmi che hanno fatto scuola e segnato la storia della televisione italiana come La Storia siamo noi, Progetto Donna e Riprendiamoci la Vita, in cui ha raccontato, in un viaggio attraverso la penisola, la condizione femminile in una pluralità di situazioni, partendo dalle condizioni di sfruttamento e subordinazione delle campagne, per arrivare alle industrie e alle città.
Sulle tappe della sua carriera è stato tratto il documentario Quasi ineffabile. Una femminista alla Rai del 2004.
La serie Vuoti di Memoria, andata in onda fino al 2007 è costituita da venti docufilm dedicati a figure luminose e misconosciute della nostra cultura.
Il suo impegno professionale e di ricerca l’ha portata a realizzare un gruppo di lavoro molto speciale, segnato dall’intreccio di relazioni femminili con un’attenzione particolare alle storie passate e presenti delle donne, il primo esteso progetto di simbolico femminile realizzato in Rai.
È una necessità che mi ha spinto, non posso negarlo. Non avrei potuto vivere diversamente questa esperienza, anche nei momenti peggiori. La mia fortuna è stata che in quel momento c’erano tante donne coinvolte, tante donne appassionate e pensanti. Pensiero che circola, elaborazione incessante, ricchezza da spendere qui ed ora.
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carmenvicinanza · 8 days ago
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Madonna Thunder Hawk
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Madonna Thunder Hawk, matriarca della resistenza indigena, da oltre 55 anni promuove e partecipa a tutte le battaglie per l’autodeterminazione delle popolazioni native e dei loro territori.
Instancabile, continua a portare avanti, sul campo e in consessi internazionali, la tutela dei diritti delle comunità indigene, per conservarne la cultura, lo sviluppo economico, la giustizia ambientale e il recupero sociale.
Fondatrice dell’American Indian Movement e co-fondatrice di Women of All Red Nations è la principale organizzatrice e referente tribale del Lakota People’s Law Project.
Ha fondato il Wasagiya Najin Grandmothers’ Group sul fiume Cheyenne per aiutare a costruire reti di parentela e sviluppato il Simply Smiles Children Village che tutela i diritti dell’infanzia. È direttrice del Red Road Institute.
È stata delegata del Consiglio Internazionale del Trattato Indiano presso la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, alla Conferenza per il Decennio delle Donne a Città del Messico e, nel 2001, alla Conferenza Mondiale contro il Razzismo a Durban, in Sudafrica.
Nel 2019 ha ricevuto una laurea honoris causa dalla Simmons University di Boston per il suo impegno durato una vita a favore della sopravvivenza culturale delle nazioni native.
Nata nel 1940 col nome di Madonna Phillips nella riserva Sioux di Yankton, si è laureata in scienze sociali. Il suo attivismo è iniziato militando nell’American Indian Movement.
È stata una delle prime sostenitrici del Red Power Movement e ha preso parte all’occupazione di Alcatraz dal 1969 al 1971 per persuadere il governo federale a porre fine alla sua strategia di eliminazione delle popolazioni native e adottare una politica ufficiale di autodeterminazione indiana.
Nei primi anni Settanta ha partecipato alle due occupazioni del Monte Rushmore, nelle Black Hills, area sequestrata dal governo degli Stati Uniti, protestando contro le continue violazioni del Trattato di Fort Laramie del 1868.
Ha fondato la We Will Remember Survival School per giovani i cui genitori erano stati accusati di reati federali o che avevano abbandonato il sistema scolastico. 
Nel 1974 ha contribuito a fondare Women of All Red Nations come risposta alle altre organizzazioni a predominanza maschile, attiva contro gli abusi durante le sterilizzazioni, i diritti dell’infanzia e delle famiglie e per contrastare le minacce alle basi territoriali indigene.
È stata co-fondatrice e portavoce della Black Hills Alliance che ha contrastato l’estrazione di uranio sulla terra sacra dei Lakota. Ha dimostrato l’esistenza di livelli pericolosamente elevati di radiazioni nelle riserve idriche delle sacre Black Hills, ottenendo l’implementazione di un nuovo sistema idrico. 
Nel 2004 si è unita al Romero Institute per formare il Lakota People’s Law Project con l’obiettivo di incoraggiare un’applicazione federale più vigile e una riforma dell’Indian Child Welfare Act per consentire a più bambini e bambine Lakota di continuare a vivere con le loro famiglie o, almeno, nelle loro terre ancestrali nella riserva. 
Si è unita al movimento contro l’oleodotto Dakota Access rappresentando una presenza ispiratrice di resistenza nel Dakota del Nord.
Continua a onorare le matriarche del Red Power Movement attraverso il Warrior Woman Project, una collaborazione di narratrici e archiviste che “portano alla luce l’impatto radicale delle donne indigene” nel corso della storia.
Madonna Thunder Hawk è una grande guerriera a cui sono stati dedicati diversi documentari e che ha ispirato la resistenza di diverse generazioni di donne e uomini.
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carmenvicinanza · 9 days ago
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Elizabeth Diller
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Elizabeth Diller importante architetta statunitense d’origine polacca è la vincitrice del Leone d’Oro alla Biennale d’Architettura 2025.
Divenuta celebre per la realizzazione della High Line a New York, è stata inclusa nella lista delle 100 personalità più influenti secondo Time Magazine nel 2009 e nel 2018.
Docente di architettura all’Università di Princeton, nel 2019 ha vinto il Jane Drew Prize e il premio annuale Women in Architecture.
Nata il 17 giugno 1954 a Łódź, in Polonia, da genitori ebraici, aveva sei anni quando la famiglia è emigrata negli Stati Uniti.
Nel 1979 si è laureata in architettura e nel 1981 ha fondato, insieme al marito Ricardo Scofidio, lo studio associato poi diventato Diller Scofidio + Renfro che si distingue per l’approccio interdisciplinare che include, oltre a opere di architettura e urbanistica, progetti d’arte concettuale, installazioni, sculture, scenografie, performance multimediali, commissionate ed esposte nelle principali istituzioni d’arte del mondo.
Oltre alla High Line, lo splendido parco sopraelevato tra i più esclusivi di Manhattan nato dalla omonima ferrovia in disuso, insieme ai suoi partner ha progettato numerosi edifici importanti come il Berkeley Art Museum, l’Institute of Contemporary Art di Boston, ristrutturato il Lincoln Center, edifici della Brown e della Stanford University e il Broad Museum di Los Angeles, ha curato l’importante ampliamento del MoMA e The Shed, centro culturale presso l’Hudson Yards di Manhattan.
La società è stata insignita del premio Architecture Innovator of the Year 2017 del Wall Street Journal Magazine e ha ricevuto lo Smithsonian Institution National Design Award.
Elizabeth Diller nel 2025 ha vinto la Biennale di Architettura di Venezia con un progetto che punta a realizzare un meccanismo in grado di depurare le acque lagunari rendendole quasi potabili al punto da poter essere adoperate per fare il caffè.
Ha curato la grande mostra al Maxxi di Roma Architettura instabile, che ha presentato opere architettoniche dagli anni Trenta a oggi legate all’edilizia e alla mobilità con elementi cinetici che riconfigurano lo spazio.
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carmenvicinanza · 10 days ago
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Elisa Salerno
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Diedi la mia preferenza alla Causa della Donna, perché fra tutte è la più bisognosa di difesa, la più trascurata e disamata.
Elisa Salerno, femminista cattolica che la chiesa ha avversato e scomunicato, è stata scrittrice, giornalista, teologa, pensatrice e attivista.
Agli inizi del Novecento ha agito per promuovere i diritti delle donne nel mondo del lavoro, nella Chiesa e nella società.
Più volte censurata dalla chiesa e dal regime fascista, si è occupata di parità salariale e tutela della maternità, di violenza e abusi sulle donne, ha sostenuto l’istruzione femminile e la presenza in ruoli di responsabilità.
È stata la prima donna in Italia a fondare un giornale per le lavoratrici, La Donna e il Lavoro, stampato dal 1909 al 1918 e che ha continuato a essere pubblicato fino al 1927 con il titolo Problemi Femminili.
Nata a Vicenza il 16 giugno 1873 era figlia la seconda dei nove figlie e figli di Antonio e Giulia Menegazzi, di cui erano sopravvissute soltanto lei e la sorella maggiore, Maria.
Cattolici devoti e praticanti, entrambi i genitori mostrarono una certa apertura al mondo della cultura: la madre era assistente nelle scuole elementari femminili e insegnante di catechismo; il padre aveva in più occasioni appoggiato gli interessi e le imprese culturali della figlia.
Per problemi di salute, aveva dovuto lasciare la scuola ma da autodidatta aveva studiato latino, storia, filosofia, francese e tedesco.
Dedita all’associazionismo religioso femminile, dal 1891 aveva aderito al ramo femminile del Terz’ordine francescano, voleva diventare una suora ma venne rifiutata per le sue precarie condizioni di salute.
Nel 1896 era entrata nella Società cattolica femminile di mutuo soccorso e conosciuto diversi esponenti del movimento di orientamento democratico-cristiano che si occupava di attivismo sociale.
Nel 1905, interessata all’attività giornalistica, aveva iniziato a collaborare con il periodico vicentino di orientamento democratico-cristiano Il Vessillo bianco e poi per un breve periodo col più conservatore Il Berico, che ne aveva censurato parecchi articoli ritenuti troppo femministi e sovversivi.
L’esperienza dei contrasti interni al mondo cattolico, il comportamento degli ambienti conservatori e i diffusi pregiudizi sulle donne al loro interno trovarono spazio nel suo primo romanzo, pubblicato sotto lo pseudonimo di Lucilla Ardens, Un piccolo mondo cattolico del 1908, attaccato dalla diocesi di Vicenza che l’aveva indotta a fare atto di pentimento e ad accettare la sistematica azione di controllo e censura.
Nel 1909, aiutata economicamente dal padre, da diverse sottoscrizioni di esponenti laici ed ecclesiastici del movimento cattolico sociale di tutta Italia,  con alcuni contributi di Antonio Fogazzaro, aveva fondato il giornale La donna e il Lavoro (prima settimanale, poi quindicinale) di cui assunse la direzione.
Sulla rivista aveva pubblicato a puntate la Trattazione della donna, sulla condizione della donna in famiglia e nella società, su lavoro e  emancipazione, sottolineando il suo diritto di partecipare ad un movimento sindacale cattolico, dichiarazioni osteggiate dalla gerarchia cattolica che hanno dato inizio alla sua lunga lotta femminista.
Una svolta fondamentale nella sua spiritualità e nel suo pensiero avvenne nel 1915, dopo aver letto la Summa theologica di San Tommaso d’Aquino vi aveva trovato una serie di affermazioni che denigravano la figura femminile.
In reazione a quella lettura, nel 1917, aveva redatto l’opuscolo Per la riabilitazione della donna sotto forma di un esposto-lettera indirizzato a papa Benedetto XV.
La pubblicazione aveva suscitato una violenta reazione da parte degli ambienti ecclesiastici e soprattutto del vescovo Ferdinando Rodolfi che aveva rimosso il giornale dalla stampa cattolica e l’aveva costretta a presentare “un regolare e completo atto di sottomissione“.
Ma le sue idee nella sostanza non cambiarono e vennero riproposte negli anni successivi sulle pagine del nuovo periodico Problemi femminili, che nacque alla fine del 1918.
Tra il 1920 e il 1927 ha dato alle stampe vari scritti in cui attaccava l’anti-femminismo cattolico, mettendo anche in dubbio l’autorità dei vescovi e del papa quando prendevano posizioni antifemministe. Una delle polemiche più pesanti riguardò il catechismo scritto e pubblicato dal vescovo di Vicenza. Tanto che, nel marzo 1925 Rodolfi proibì con apposito decreto la stampa, la lettura e la vendita del suo giornale.
Questa volta, rifiutandosi di sottoscrivere l’atto di sottomissione, venne  privata dei sacramenti.
La sua battaglia giornalistica sui problemi del lavoro femminile e sulla promozione della donna divenne sempre più difficile. Al divieto ecclesiastico relativo alla pubblicazione del giornale si aggiunse l’azione censoria del regime fascista e i problemi economici.
Dopo la morte del padre, nel 1923, si ritrovò con rendite insufficienti al mantenimento proprio e delle due nipoti che vivevano con lei e la rivista, nel marzo 1927, aveva smesso di essere pubblicata.
Costretta al silenzio fino al 1945, i suoi testi Due sorelle – due nature – due sistemi, Il neoantifemminismo, Storia della musica sacra in rapporto al diritto della donna e Le tradite, scrissi nel ventennio fascista, vennero pubblicati soltanto nel secondo dopoguerra.
Molti altri suoi manoscritti non sono mai stati dati alle stampe.
Elisa Salerno è stata una femminista profondamente religiosa, ha provato a operare una presa di coscienza all’interno dell’istituzione ecclesiastica, ha tenuto fitte corrispondenze con alti esponenti del clero ed è stata più volte scomunicata e costretta a fare ammenda, pur di continuare a ricevere i sacramenti, non è riuscita a scardinare nemmeno di una virgola un sistema patriarcale che ancora oggi non tiene nella giusta considerazione la figura della donna.
Si è spenta a Vicenza, ormai povera e consumata dalle malattie, il 15 febbraio 1957.
“Far del femminismo a Vicenza è lo stesso come voler a forza di unghie scavar terra e terra onde trovare una vena d’acqua per dissetarsi”.
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carmenvicinanza · 13 days ago
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Jessie Reyez
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Forse questa generazione può essere quella che cambierà le cose in modo radicale, così tra dieci anni i nostri figli non dovranno più portare il peso di una società costruita sulla disuguaglianza.
Jessie Reyez è la cantautrice canadese che si è fatta conoscere in tutto il mondo nel 2016 con il brano Figures, certificato triplo disco di platino.
Le sue canzoni parlano di emancipazione, libertà, violenza e sentimenti che conducono sull’orlo del baratro.
Il suo linguaggio è crudo, diretto e la sua voce muta a seconda della musica, passando da parole dolci e quasi sussurrate a invettive rap. Mescola hip-hop con R&B, pop e song writing.
Ama definire il suo genere “Quentin Tarantino music” perché passa da essere vulnerabile e triste per diventare graffiante ed esplosiva.
Nata a Toronto il 12 giugno 1991 da genitori colombiani, ha imparato a suonare la chitarra da bambina e al liceo già componeva canzoni.
Nel 2014 è stata ammessa all’Academy of Recording Arts del Remix Project e l’incontro con il rapper King Louie che le ha chiesto di cantare su un pezzo da titolo Living in the Sky ha dato inizio alla sua carriera da professionista.
Il suo EP di debutto Kiddo che le ha portato una vittoria su quattro nomination ai Juno Awards, conteneva Figures il brano che l’ha resa celebre in tutto il mondo e che, attualmente, conta 126 milioni di visualizzazioni su YouTube.
In concomitanza, è uscito il suo cortometraggio Gatekeeper che affronta sessismo e sfruttamento nell’industria musicale, basandosi sulla sua traumatica esperienza con il produttore musicale Noel “Detail” Fisher, accusato di molestie sessuali da diverse donne.
Nel 2018 è uscito il secondo EP Being Human in Public che ha vinto il premio R&B/Soul Recording of the Year ai Juno Awards 2019 ed è stato nominato ai Grammy Awards per il miglior album Urban Contemporary.
Il suo album di debutto in studio, Before Love Came to Kill Us del 2020, è stato accolto con ampi consensi dalla critica e un successo commerciale, raggiungendo il numero 13 nella Billboard 200 degli Stati Uniti.
Ha collaborato con Eminem e scritto brani per diverse star della musica, ha collaborato alla colonna sonora di Cinquanta sfumature di rosso.
Come attrice ha partecipato al film Someone Great, The Lion King: The Gift di cui ha contribuito a scrivere la canzone Scar, inThe Suicide Squad – Missione suicida e nel film musicale di Beyoncé Black Is King del 2020. 
Il suo secondo album in studio, Yessie, è uscito nel 2022.
Sfrontata, potente, energica, utilizza i social per sensibilizzare i suoi quasi cinque milioni di follower su Instagram su ingiustizie sociali e privazione dei diritti umani.
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carmenvicinanza · 14 days ago
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Djuna Barnes
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Djuna Barnes, artista, giornalista, drammaturga e scrittrice, è l’autrice di Nightwood, capolavoro narrativo del Modernismo, considerato dalla critica letteraria come uno dei romanzi più influenti del XX secolo.
Protagonista della vita culturale del Greenwich Village e della Parigi bohémienne, ha avuto una vita intensa e non convenzionale. Ha viaggiato, scritto, amato donne e uomini, praticato il poliamore, fatto esperienze di ogni sorta, frequentato i maggiori intellettuali del Novecento, è stata osannata dalla critica e più volte ha toccato il fondo.
Nata il 12 giugno 1892 a Storm King Mountain, nello stato di New York, in una famiglia assolutamente anticonformista, sua nonna paterna, Zadel Turner Barnes, era stata una scrittrice e giornalista militante suffragista, il padre, Wald Barnes, un artista di scarso valore, mantenuto dalla madre che sosteneva la poligamia e che, sebbene avesse sposato la madre Elizabeth Chappell nel 1889, aveva avuto diversi figli e figlie da donne diverse che aveva fatto crescere insieme, portando a vivere a casa loro anche la sua amante, Fanny Clark.
Djuna era la secondogenita di quella numerosa prole di cui si era occupata sin da bambina. Educata in casa, durante l’adolescenza aveva subito uno stupro di cui ha fatto riferimento in Ryder, il suo primo romanzo del 1928 e nella sua ultima commedia teatrale, The Antiphon del 1958.
Per pochi mesi, prima dei 18 anni, era stata sposata con Percy Faulkner, il  fratello cinquantaduenne di Fanny Clark.
Quando, nel 1912, i suoi genitori divorziarono, aveva seguito la madre e tre fratelli a New York dove ebbe l’opportunità di studiare arte formalmente per la prima volta al Pratt Institute e all’Art Student’s League, ma le necessità economiche l’avevano costretta a lasciare gli studi per cominciare a lavorare. Il suo primo impiego come giornalista era stato al Brooklyn Daily Eagle dove appena arrivata aveva dichiarato: “So disegnare e scrivere, e saresti uno sciocco a non assumermi“, parole che sono state incise all’interno del Brooklyn Museum.
Agli esordi si occupava di cronaca e recensioni teatrali per diverse riviste e quotidiani e pubblicava racconti brevi.
Il suo approccio alla narrazione mostrava sempre un taglio soggettivo e una chiara voglia di sperimentare controcorrente.
Simpatizzando per la schiera più progressista del movimento suffragista, ha subito in prima persona la tortura dell’alimentazione forzata imposta alle donne in sciopero e si è occupata di boxe, sport tradizionalmente maschile che vedeva come una metafora attraverso cui riflettere sulla figura della donna nella sua epoca. Da questo spirito di osservazione, nel 1914, ha scritto il saggio My Sisters and I at a New York Prizefight in cui pone la domanda provocatoria: “What do women want at a fight?”. In questa frase è concentrato tutto il suo intento di scardinare una cultura che vedeva la donna come schiacciata e oppressa dal peso del maschilismo della società..
Ha vissuto nel Greenwich Village, nella fiorente comunità artistica nota per la sua atmosfera di libertà sessuale e intellettuale, ha fatto parte del collettivo teatrale amatoriale Provincetown Players, che puntava al risultato artistico piuttosto che al successo commerciale e ha avuto ruolo significativo nella carriera di Eugene O’Neill.
Cresciuta con modelli relazionali non convenzionali, non poteva che trovarsi a suo agio in quel clima di fermento. Nei circoli fu impegnata a criticare la gravidanza e a difendere la libertà sessuale che praticava con uomini e donne. Aveva manifestato la sua bisessualità alla famiglia quando aveva 21 anni.
Inviata a Parigi nel 1921 dal McCall’s Magazine per intervistare gli scrittori americani espatriati, divenne ben presto un nome chiacchierato nella scena bohémienne. L’amicizia con James Joyce aveva determinato il suo nuovo approccio modernista alla scrittura, lo stile che l’ha resa celebre preferendo dare spazio all’insolito e al grottesco. 
Il suo primo romanzo autobiografico Ryder portava traccia della difficile impresa di tenere insieme tutti i pezzi di una relazione poliamorosa, fuori dalle convenzioni sociali. Quasi ogni capitolo del libro è composto in uno stile diverso, dal poetico alla prosa amorosa.
In quanto esperimento narrativo sulla vita della scrittrice e della sua famiglia (dietro nomi fittizi), il romanzo che aveva anche illustrato, non si presenta con una trama lineare, quasi a voler sottintendere la particolare instabilità delle relazioni e dei dialoghi, degli equilibri e delle convenzioni sociali. Alcune parti furono censurate al momento della pubblicazione e sostituite dall’autrice con degli asterischi che, per sua intenzione, dovevano far percepire quanto la censura statunitense in quegli anni avesse contribuito a deturpare la bellezza e l’armonia letteraria del libro.
Le difficoltà non impedirono al testo di diventare presto un bestseller per il New York Times.
Durante gli anni parigini visse una intensa relazione con la scultrice Thelma Wood, l’unica donna che abbia veramente amato, come ha dichiarato in fin di vita.
Ha fatto parte al salotto letterario di Natalie Clifford Barney diventata presto una delle sue più care amiche e uno dei personaggi centrali della sua raccolta di testi sulla vita delle artiste lesbiche a Parigi, Ladies Almanack del 1928.
Il suo più celebre romanzo Nightwood, ha visto la luce nel 1936 grazie a T.S. Eliot che ne aveva scritto anche la prefazione.
La pubblicazione, che contiene la descrizione esplicita di relazioni lesbiche, venne molto apprezzato molto dalla critica ma le vendite non furono altee per sopravvivere veniva aiutata finanziariamente dall’amica e mecenate Peggy Guggenheim, che la ospitava nella sua dimora frequentata da artisti e personaggi di spicco dell’epoca.
La fine della relazione con Thelma Wood insieme alle precarie condizioni economiche l’aveva portata alla depressione e all’abuso di alcool. Nel 1939 aveva anche tentato il suicidio in un hotel londinese.
Rispedita a New York, venne ricoverata in una struttura ospedaliera, il difficile rapporto con la madre era andato sempre più peggiorando tanto che l’aveva cacciata di casa ed era stata costretta ad andare ospite a casa di amici e conoscenti.
Dopo diversi anni bui e molte delusioni lavorative aveva trovato la forza di liberarsi dalla dipendenza da alcolici e aveva ripreso a scrivere la commedia in versi The Antiphon che ripercorreva la sua vita familiare scritta con rabbia e voglia di giustizia.
Negli ultimi anni della sua vita, reclusa volontariamente nel suo piccolo appartamento al Village, dopo aver perso ogni occasione lavorativa per il suo caratteraccio, ha continuato a comporre poesie, rimaneggiando i componimenti più volte fino a ottenerne ben 500 bozze di cui davvero poche vennero pubblicate. Nonostante l’artrite, scriveva otto ore al giorno, rifiutando ostinatamente inviti e visite di persone amiche e ammiratori e ammiratrici che desideravano incontrarla.
È stata inclusa nel National Institute of Arts and Letters nel 1961.
La più celebre sconosciuta al mondo come amava definirsi, protagonista del fermento culturale del Village e della Rive Gauche, che ha vissuto sempre assecondando i suoi desideri, che non ha mai nascosto i suoi impulsi e le sue idee, che ha finito per isolarsi completamente dalla realtà, si è spenta a New York, il 18 giugno nel 1982 e con lei è finita la generazione del modernismo anglo-americano.
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carmenvicinanza · 15 days ago
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Millicent Garrett Fawcett
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Millicent Garrett Fawcett scrittrice e attivista, è stata la più importante leader del movimento per il suffragio femminile in Inghilterra.
Ponendo grande importanza all’istruzione superiore ha contribuito a fondare il Newnham College di Cambridge, una delle prime università aperte alle  donne.
È stata per diversi anni presidente dell’Unione Nazionale delle Società per il Suffragio Femminile e ha guidato la commissione del governo britannico in Sud Africa per indagare le condizioni nei campi di concentramento creati durante la seconda guerra boera.
In prima linea nella lotta per i diritti politici delle donne, è entrata spesso in contrasto con l’altra celebre attivista Emmeline Pankhurst, di cui non condivideva i metodi violenti.
Nata col nome di Millicent Garrett l’11 giugno 1847 a Aldeburgh, nella regione del Suffolk, era l’ottava dei dieci figli e figlie di Louise Dunnell e Newson Garrett che li avevano cresciuti con spirito liberale e interesse per la cultura.
Adodici anni si era trasferita a Londra per studiare in una scuola privata, con la sorella Elizabeth Garrett, diventata la prima medica della Gran Bretagna.
Il suo coinvolgimento attivo per la tutela dei diritti delle donne era avvenuto con l’incontro con John Stuart Mill, uno dei primi sostenitori del suffragio femminile, che l’aveva colpita per il supporto pratico, sulla base dell’utilitarismo piuttosto che dei principi astratti. A soli 19 anni, era diventata segretaria della London Society for Women’s Suffrage.
Nel 1867 aveva sposato Henry Fawcett membro liberale del Parlamento, dalla loro unione, basata sulla perfetta simpatia intellettuale, era nata, nel 1868, la loro unica figlia Philippa Fawcett.
Parallelamente alla sua attività di scrittrice, il primo articolo sull’istruzione femminile era stato pubblicato quando aveva solo vent’anni, teneva discorsi pubblici per sensibilizzare alla causa, il primo è stato nel 1869 in occasione della prima riunione a favore del suffragio pubblico femminile di Londra.
Nel 1870 ha pubblicato Economia Politica per i Principianti, che ha avuto dieci ristampe. Due anni dopo è uscito  Saggi e Conferenze sul Sociale e Materie Politiche, scritto col marito che conteneva otto suoi saggi.
Il suo interesse per l’istruzione superiore per le donne l’aveva portata, nel 1871, a fondare, con Anne Clough, la Newnham Hall, poi diventata Newnham College. Ha fatto parte del consiglio fino al 1909.
Dopo la morte del marito, nel 1884, si era dedicata essenzialmente alla politica, entrata nella Women’s Local Government Society aveva portato avanti numerose battaglie contro gli abusi sui minori aumentando l’età del consenso, per criminalizzare l’incesto, porre fine alla pratica di escludere le donne dalle aule di un tribunale quando si dibattevano i reati sessuali e per prevenire i matrimoni precoci.
È stata insignita con varie lauree honoris causa dall’Università di St Andrews e quella di Birmingham.
Nel 1901 è stata la leader della commissione delle donne inviate in Sudafrica per indagare sulle condizioni nei campi di concentramento dove erano internate le famiglie dei soldati boeri. Nessuna donna britannica aveva ricevuto un simile incarico in tempo di guerra.
Fino al 1919 è stata la leader della National Union of Women’s Suffrage Societies, la principale organizzazione suffragista in Gran Bretagna che contava oltre 50.000 membri, prendendo le distanze dalle attività militanti e violente della Women’s Social and Political Union, poiché credeva che le loro azioni danneggiassero la possibilità di conquistare il voto.
Nel 1925 venne insignita del titolo di Dama di Gran Croce dell’Ordine dell’Impero Britannico.
Oltre a scrivere saggi e romanzi, è stata oratrice e docente presso scuole e collegi femminili e nei centri d’istruzione per persone adulte.
Si è spenta il 5 agosto 1929 nella sua casa di Londra, dopo essere riuscita a vedere il raggiungimento del diritto di voto paritario, l’anno precedente.
Nel 1932 è stata onorata con un monumento commemorativo nell’Abbazia di Westminster che reca la scritta: Una donna inglese saggia, costante e coraggiosa. Ha ottenuto la cittadinanza per le donne.
Nel 1953 la London and National Society for Women’s Service in suo onore ha cambiato il nome in Fawcett Society.
I suoi archivi sono conservati presso la Women’s Library della London School of Economics, che, per omaggiarla, nel 2018 ha ribattezzato uno dei suoi edifici del campus Fawcett House. 
Il suo prezioso contributo non è stato mai dimenticato, nel febbraio 2018 ha vinto un sondaggio della BBC Radio 4 che chiedeva alla popolazione inglese di nominare la donna più influente degli ultimi 100 anni.
Nello stesso anno è stata inaugurata la Millicent Fawcett Mile, una corsa annuale di un miglio e, nel centenario del suffragio femminile in Gran Bretagna è diventata la prima donna commemorata con una statua in Parliament Square.
La scultura regge uno striscione che cita un discorso da lei pronunciato nel 1920 “Il coraggio chiama coraggio ovunque“.  Alla sua inaugurazione Theresa May ha dichiarato: “Non sarei qui oggi come Prima Ministra, nessuna politica avrebbe preso posto in Parlamento, nessuna di noi avrebbe i diritti di cui godiamo ora, se non fosse stato per una donna veramente grande: Dame Millicent Garrett Fawcett”.
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carmenvicinanza · 16 days ago
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Isabella Andreini
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“E come nei teatri or donna e ora 
uom fei rappresentando in vario stile 
quanto volle insegnar Natura ed Arte, 
così la stella mia seguendo ancora 
di fuggitiva età nel verde aprile, 
vergai con vario stil ben mille carte”
Isabella Andreini, attrice, scrittrice e poeta, ammiratissima artista del Sedicesimo Secolo, ha calcato le scene dei più grandi teatri europei in un’epoca in cui era un privilegio riservato agli uomini.
Ha dato vita al tipo d’Isabella, carattere preciso della Commedia dell’Arte, l’Innamorata o l’Amorosa, frutto della sua eccezionale bravura e della sua straordinaria capacità di dare spessore e credibilità al personaggio che ha meglio interpretato.
Vita, arte e mito (che ha contribuito ad alimentare) si intrecciano nel profilo affascinante di questa donna coraggiosa e modernissima per il tempo in cui ha vissuto che è stata una vera letterata in scena.
Con determinazione e grande cultura, ha contribuito a migliorare l’immagine delle attrici, sino ad allora considerate meretrici oneste.
Nata col nome di Isabella Canali a Padova, intorno al 1562, suo padre Paolo, di origine veneziana e di modeste condizioni, le aveva impartito un’ottima educazione e una fame di conoscenza che non l’ha mai abbandonata.
Degli anni della giovinezza e della formazione si conosce molto poco, si sa che aveva debuttato giovanissima, nella Compagnia dei Gelosi come Prima Donna Innamorata e lì aveva incontrato il marito, l’attore Francesco Andreini, da cui aveva preso il cognome.
Dimostrando curiosità, versatilità e ambizione, ha recitato in pastorali, si è calata in parti comiche e talvolta, cosa assolutamente inedita per i tempi, ha interpretato ruoli maschili come quello di Aminta nell’opera di Tasso.
Si è esibita in occasione delle nozze di Ferdinando de’ Medici e Cristina di Lorena, recitando La Pazzia, interpretazione passata alla storia del teatro e definita “commedia d’Isabella commediante” non perché ne fosse l’autrice ma per la sua eccezionale padronanza del testo.
È stata amica e protetta di Maria de’ Medici, consorte di Enrico IV, davanti a cui si era esibita, per la prima volta nel 1603, alla sua terza tournée in Francia.
Nonostante la vita girovaga dei teatranti, aveva avuto otto figli e figlie, di cui soltanto Giovan Battista aveva seguito le orme dei genitori, entrando a far parte dei Gelosi con il nome d’arte di Lelio per poi diventare uno dei più importanti drammaturghi del secolo.
In qualità di letterata, è stata una delle pochissime donne ammesse all’Accademia degli Intenti, con il nome di l’Accesa.
Viene ricordata soprattutto per la favola pastorale Mirtilla, scritta in giovane età. Nel 1603 ha pubblicato Le Rime e postuma è stata la pubblicazione delle sue Lettere e dei Ragionamenti piacevoli.
Amata e celebrata, è stata dipinta da Paolo Veronese in Ritratto di dama con cagnolino, conservato al Museo Thyssen di Madrid.
Isabella, bella di nome, bella di corpo e bellissima d’animo, usando le parole dell’amato marito, si è spenta a Lione, il 10 giugno 1604, a causa di un aborto, era incinta per la nona volta e aveva solo quarantadue anni.
Onorata con funerali solenni come una regina, per lei venne coniata una medaglia col motto “aeterna fama”.
Per la storia del teatro rappresenta un caso di studi esemplare. La sua figura racchiude temi che riguardano l’eccezionale novità della presenza femminile in scena, la rivendicazione del riconoscimento della professione dello spettacolo al pari dell’arte e della poesia e il valore di testimone della Commedia dell’Arte, fenomeno complesso che mescola tante e diverse componenti, liquidando il fraintendimento rispetto a un suo carattere popolare.
Isabella Andreini è stata la prima grande attrice italiana. Ha dato il nome a un carattere e portato in scena il suo corpo di donna vincendo il pregiudizio, ha preferito intingere la penna nell’inchiostro per creare rime invece di spingere l’ago nel telaio e assecondato il suo talento e i suoi desideri, spianando la strada alla rispettabilità del mestiere dell’attrice.
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carmenvicinanza · 17 days ago
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Elinor Ostrom
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Elinor Ostrom, politologa ed ecologista statunitense, è stata la prima donna al mondo a ricevere il Premio Nobel per l’Economia, nel 2009, per aver dimostrato come i beni collettivi non siano necessariamente destinati alla rovina, ma possano essere gestiti efficacemente dalle associazioni di utenti.
La sua innovativa teoria economica ha dimostrato che una gestione collettiva e responsabile è possibile se si ripensano i modelli economici tradizionali.
Le sue ricerche hanno aperto prospettive fondamentali per affrontare le crisi ambientali e sociali contemporanee.
In uno stile eclettico, che combinava la teoria dei giochi, la geografia, la sperimentazione psicologica in laboratorio e gli studi sul campo, ha illustrato la varietà di regole che le società umane escogitano per proteggere l’ambiente naturale o sociale in cui vivono.
Nata a Los Angeles il 7 agosto 1933, laureata con lode all’Università della California nel 1954, ha conseguito il dottorato di ricerca nel 1965.
È stata docente di Scienze Politiche e co-direttrice del Workshop in Teoria politica e analisi politica all’Università dell’Indiana e fondato e diretto il Center for the Study of Institutional Diversity all’Università statale dell’Arizona.
Nel 1973 ha fondato, insieme al marito, il Workshop in Political Theory and Policy Analysis presso l’Università dell’Indiana.
È stata Presidente dell’American Political Science Association.
Esperta in cause collettive, trust e beni comuni, il suo approccio istituzionale alla politica pubblica è considerato talmente originale che è andato a costituire una branca separata della teoria della scelta pubblica.
Ha pubblicato numerosi libri nel campo della teoria dell’organizzazione, della politica economica e della pubblica amministrazione.
La sua ricerca ha evidenziato come gli esseri umani e gli ecosistemi interagiscano per provvedere a raccolti sostenibili nel lungo tempo.
Ha enfatizzato come gli umani abbiano creato diversi accordi istituzionali sopra le risorse naturali per migliaia di anni, che hanno permesso agli ecosistemi di non collassare. Allo stesso modo, ha spiegato che, nonostante i successi siano importanti, gli esseri umani sono responsabili anche di innumerevoli collassi.
Nell’ultima parte della sua vita, il suo impegno accademico ha sottolineato la complessità della natura dell’interazione fra umani ed ecosistemi, mettendo in guardia contro ogni possibile “regola aurea” per risolvere problemi sistemici socio-ecologici.
Nel 2009 ha vinto il Nobel per l’Economia insieme all’economista Oliver Williamson, per i suoi studi sul governo delle risorse senza proprietari (i common), come i pascoli, le foreste, le acque, le aree di pesca, l’atmosfera o il web.
Alla cerimonia di premiazione aveva indossato un abito dal simbolico significato, espressione dello stile multiculturale che incarnava i suoi ideali di cooperazione e rispetto per ogni forma di diversità.
I suoi studi sono tuttora rilevanti per il controllo del cambiamento climatico, tragedia derivante dallo sfruttamento dell’atmosfera e dimostrano che la privatizzazione e la gestione pubblica sono impraticabili in assenza di autorità sovranazionali legittimate.
Ha suggerito di affrontare il problema con una varietà di regole a diversi livelli di decentramento, ricorrendo a deliberazioni inclusive che coinvolgessero scienziati, utilizzatori e osservatori interessati, in modo da costruire il capitale di relazioni necessario per gestire i conflitti e assicurare l’applicazione efficace delle soluzioni proposte.
Nell’ottobre 2011 le è stato diagnosticato un cancro al pancreas, ma ha continuato a scrivere e tenere conferenze, tenendo la Hayek Lecture presso l’Institute of Economic Affairs appena undici settimane prima della sua morte.
Ha lasciato la terra il 12 giugno 2012, a Bloomington, nell’Indiana, aveva 78 anni.
Il giorno del suo decesso aveva pubblicato il suo ultimo articolo dal titolo Green from the Grassroots.
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carmenvicinanza · 20 days ago
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Orin O’Brien
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Orin O’Brien, straordinaria contrabbassista, è stata la prima donna a entrare a far parte a tempo pieno della New York Philharmonic, nel 1966, sotto la direzione di Leonard Bernstein.
È rimasta nelle celebre orchestra per 55 anni, fino al 2021.
Si è esibita con il New York City Ballet, la Metropolitan Opera, l’American Symphony Orchestra e in numerosi festival internazionali.
Nata a Hollywood il 7 giugno 1935 da Marguerite Churchill e George O’Brien, entrambi attori cinematografici di successo, ha studiato con celebri musicisti e poi frequentato la Juilliard allieva del grande Frederick Zimmermann, primo contrabbasso della New York Philharmonic per 36 anni. 
Il mondo musicale in cui ha mosso i primi passi, era intriso di pregiudizi razziali e sessuali e sebbene brillasse per il suo talento, non ha avuto vita facile in un ambito precluso alle donne.
La sua entrata nella più importante orchestra statunitense aveva fatto clamore, mentre lei desiderava soltanto suonare e fare parte di un grande ensemble, non brillare di luce propria. Un articolo del Times Magazine dell’epoca l’aveva definita famosa come il contrabbasso che suona perché la sua figura non passava certo inosservata in un contesto tutto maschile.
Erano anni difficili e le critiche furono tante, anche il celebre direttore d’orchestra Zubin Metha aveva fatto dichiarazioni sgradevoli a suo riguardo sul New York Times, ma appena Bernstein l’aveva sentita suonare l’aveva voluta in squadra.
Parallelamente ha svolto una carriera accademica e ha insegnato alla Juilliard, alla Manhattan School of Music e alla Mannes School for Music e tenuto masterclass in festival e istituzioni internazionali.
Nel 2010 è stata insignita con la Medaglia Presidenziale per i servizi resi alla musica.
La sua storia è stata raccontata nel film The Only Girl in the Orchestra, diretto dalla nipote Molly O’Brien, che ha vinto l’Oscar 2025 per il miglior documentario.
Un’opera intima che segue il percorso di una donna che riflette sui momenti salienti della sua vita professionale, una musicista umile che non ha mai aspirato alla fama, ma ha nutrito un profondo amore per il suo strumento che ha trattato come un’entità vivente.
Ancora oggi, Orin O’Brien è dedita all’insegnamento, trasmettendo la sua passione e incoraggiando le nuove generazioni.
Attraverso la musica ha compiuto la sua battaglia, ha aperto porte sbarrate alle donne e segnato una nuova strada percorribile. 
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carmenvicinanza · 21 days ago
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Fred Vargas
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Fouiller, gratter, étudier l’empreinte.
Fred Vargas è la scrittrice che ha inventato il romanzo poliziesco-poetico, che non è noir ma nocturne e immerge chi legge nel mondo onirico delle notti dell’infanzia, quando si gioca a farsi paura.
È stata la prima donna a vincere per tre romanzi consecutivi il prestigioso  International Dagger Awards della Crime Writers’ Association.
Il suo vero nome è Frédérique Audoin-Rouzeau ed è nata a Parigi il 7 giugno 1957, figlia di una chimica e di uno scrittore surrealista. Sua sorella Joe è una pittrice che si firma semplicemente Vargas.
Ricercatrice di archeozoologia presso il Centro nazionale francese per le ricerche scientifiche (Cnrs), è specializzata in medievistica. Per cinque anni ha lavorato sui meccanismi di trasmissione della peste dagli animali all’uomo producendo l’importante compendio Les chemins de la peste del 2003.
Tradotta in numerose lingue, scrive romanzi dal 1985. Ha iniziato per rilassarsi dal lavoro accademico durante le vacanze, impiega, infatti, ventuno giorni per scrivere la prima bozza e nelle vacanze di Natale e Pasqua rivede il tutto e, dopo una severa lettura da parte della sorella, il Rom’pol, come lei lo chiama, viene pubblicato, quasi regolarmente uno all’anno.
Definisce i suoi thriller polizieschi semplicemente come “enigmi”.
Ambientati a Parigi, raccontano le avventure dell’ispettore capo Adamsberg e della sua squadra con originalità d’intreccio e uno stile ironico e incisivo.
Le sue narrazioni, che contengono pochissime pagine di sangue e di sesso e dalle quali sono stati tratti alcuni film per la televisione, si caratterizzano da una straordinaria visionarietà, capacità di indagine psicologica e una grande passione per meticolose ricostruzioni ambientali.
Ricerca innanzi tutto la precisione e la “sonorità” delle parole, poi sviluppa i suoi personaggi che sono atipici, logorati dalla vita, ma sempre pronti a battersi per la ricerca della verità.
Ha scritto anche numerosi saggi, raccolte di racconti, pubblicazioni scientifiche e sceneggiature.
Nel 2018 ha vinto il prestigioso premio Principessa delle Asturie.
Mescolando spirito di osservazione dei dettagli e sagacia, innesta la rara capacità di seguire senza remore il flusso dei suoi pensieri. Le sue associazioni di idee, giochi linguistici, sogni e intuizioni lanciate nel testo con autocoscienza junghiana ne fanno uno dei personaggi internazionalmente più amati della letteratura noir.
Fred Vargas è una figura poliedrica e affascinante che si è sempre espressa pubblicamente su diverse questioni, spesso prendendo posizioni critiche nei confronti del potere e del sistema, in difesa dei diritti umani.
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carmenvicinanza · 22 days ago
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Giulia Maria Crespi
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Giulia Maria Crespi, imprenditrice visionaria, è stata la fondatrice del FAI, Fondo Ambiente Italiano.
Ha dedicato tutta la sua vita alla cultura e alla tutela dell’ambiente, ritenendo fondamentale il diritto di respirare bene, di vedere un luogo pulito, di godere della natura, della bellezza e dell’educazione. 
Per diversi anni è stata a guida del Corriere della Sera, di proprietà della sua famiglia.
Nata a Merate, in provincia di Lecco, 6 giugno 1923, figlia, nipote e unica erede di una grande famiglia della storica borghesia milanese, era stata educata da precettori privati. Sua insegnante è stata Fernanda Wittgens, la Soprintendente che ha salvato e fatto rinascere Brera dopo la guerra e da cui aveva appreso l’amore per l’arte, a cui univa la sua predilezione per la natura come fonte di rigenerazione spirituale.
Estranea idealmente al mondo a cui apparteneva, il suo temperamento ribelle le ha sempre fatto compiere scelte non convenzionali.
Il suo primo marito è stato Marco Parravicini, comandante partigiano, da cui aveva avuto due gemelli, morto in un incidente stradale dopo quattro anni di matrimonio.
Dal 1962 al 1974 ha guidato il più importante giornale italiano, il Corriere della Sera. Responsabile della linea e dei bilanci, ha operato una netta virata a sinistra, inimicandosi personaggi come Indro Montanelli. Ha chiamato Antonio Cederna a occuparsi, per la prima volta, di temi ambientali e accolto intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Goffredo Parise.
Ha portato il quotidiano dalle sue posizioni filogovernative a diventare la punta avanzata dell’opinione pubblica nei primi anni Settanta. 
Nel 1975, insieme a Renato Bazzoni, Alberto Predieri e al soprintendente di Brera Franco Russoli, entrambi partigiani nelle formazioni di Giustizia e Libertà, ha dato vita al Fondo Ambiente Italiano, la più grande impresa culturale no-profit nazionale.
Ha fornito i 500 milioni iniziali e consentito di acquistare il monastero di Torba nel 1976, il primo bene importante del Fondo dimostrando concretamente che non solo in Inghilterra un’associazione di privati poteva gestire un bene storico-artistico e aprirlo al pubblico.
Punto di riferimento nelle grandi battaglie ambientaliste del nostro Paese, ha diffuso l’agricoltura biodinamica, appresa studiando Rudolf Steiner, dimostrando concretamente che si può coltivare senza veleni. Per farlo ha messo in gioco il suo patrimonio, dilapidandolo in parte per costruire un futuro migliore.
Le idee, le emozioni, lo stile e i fatti che hanno segnato la sua lunga e operosa vita sono contenuti nell’autobiografia Il mio filo rosso pubblicata da Einaudi nel 2015.
Nel 2003 ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana per il notevole impegno civile, sociale e culturale a favore della collettività.
Imprenditrice sociale che ha sempre creduto nella necessità di contribuire a un mondo migliore, dopo il terremoto del Friuli ha chiesto al secondo marito, l’architetto Guglielmo Mozzoni, di progettare un paese antisismico che ha fatto costruire e regalato. Non ha mandato denaro ai paesi terremotati, ha costruito un paese intero.
Essendo stata educata secondo i sani e severi principi della borghesia lombarda in base ai quali «chi ha avuto molto, deve dare molto», frase che amava ripetere, stimolava il ruolo che il volontariato svolge nella Società civile.
Nonostante il suo carattere forte e imperativo, ha sempre creduto nel lavoro di squadra come unica possibilità per ottenere risultati seri e duraturi.
Possedeva una creatività inesauribile, riluttanza per i compromessi, passione per il dialogo, la capacità di coniugare ideali e concretezza e una grande perseveranza che ne hanno fatto una figura impegnativa per chiunque avesse a che fare con lei, ma al tempo stesso un esempio inimitabile di ideali civici e di passione per la vita, per la cultura e per l’ambiente.
La cura e la salute della Terra come fondamento per la salute dell’essere umano, lo strenuo impegno per una agricoltura senza veleni, insegnata e praticata nella sua grande azienda agricola (ha contribuito a fondare l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica) e la passione per la tutela dell’Ambiente, inteso nel suo inscindibile legame con la storia, sono stati i temi che, insieme alla grande attenzione per il mondo della scuola, hanno guidato la sua attività, instancabile e generosa, fino all’ultimo istante della sua vita.
Si è spenta a Milano il 19 luglio 2020, aveva 97 anni.
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carmenvicinanza · 23 days ago
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Egle Renata Trincanato
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Egle Renata Trincanato è stata la prima donna laureata in architettura a Venezia, nel 1938.
Affrontando le difficoltà di farsi largo in un mondo professionale completamente maschile, è arrivata a dirigere la divisione tecnico artistica del Comune di Venezia ed è stata direttrice di Palazzo Ducale.
Per tutta la vita si è dedicata alla tutela e salvaguardia della città della Serenissima e dei centri storici.
Utilizzando sistemi di costruzione all’avanguardia, ha progettato case, complessi popolari, ospedali, università, redatto piani regolatori e progetti di restauro e risanamento. Ha curato e ideato mostre che hanno fatto la storia.
Ha scritto articoli e di saggi sulla storia dell’architettura e dell’urbanistica.
La sua opera più famosa è Venezia minore, del 1948, uno studio accurato sulla morfologia e il tessuto edilizio residenziale dal Trecento al Settecento.
È stata capace di inventare un nuovo linguaggio architettonico che ha coniugato elementi vernacolari col movimento moderno.
Nata a Roma il 3 giugno 1910, città in cui i genitori si trovavano per lavoro, dopo aver vissuto in diverse città, nel 1926 si era trasferita a Venezia.
Si è dedicata allo studio di nuovi tipi di edilizia residenziale mirati a risolvere i problemi della città contemporanea e importante è stato il sodalizio professionale e accademico con l’architetto palermitano Giuseppe Samonà.
Si è occupata del restauro di Palazzo Ducale che ha diretto dal 1954 al 1964.
Insieme a Samonà, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, ha curato progetti di concorso per la Sacca del Tronchetto a Venezia, i complessi universitari di Cagliari e della Calabria, per il Centro direzionale di Firenze e l’arco trionfale della Tête Défense a Parigi.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua attività di studiosa, tra i quali, il Premio nazionale Olivetti di architettura e di urbanistica per i meriti scientifici di “Venezia Minore” (1955); il Premio Pietro Torta per il Restauro di Venezia (1982); la Medaglia d’oro ai Benemeriti della cultura dal Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana (1987); l’Onorificenza ai Benemeriti della Scienza e della Cultura da parte del Presidente della Repubblica (1997).
Ha rivestito con tenacia e caparbietà i vari importanti incarichi ricoperti in un’epoca in cui donne e architettura erano un binomio tutto da costruire con muri di pregiudizio da sfondare.
Basti pensare che, per poter partecipare al Concorso per la Direzione dell’Ufficio Tecnico-artistico del Comune di Venezia, venne costretta ad imporre la modifica del bando che era precluso a eventuali partecipanti di sesso femminile.
Si è spenta a Mestre il 5 marzo 1998.
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