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Tempo fa ero in camera e tra le altre cose stavo riflettendo sull’amore, o meglio su come ci aspettiamo che sia l’amore romantico, su come ci hanno detto che dovrebbe essere e su come in realtà è.
Fin da quando siamo piccoli ci dicono più o meno implicitamente che l’amore coincide con l’innamoramento; l’attrazione fisica incontenibile, le pupille che si dilatano, la voglio che ci viene di fare cazzate su cazzate su cazzate per dimostrare il nostro sentimento alla persona di cui ci stiamo innamorando.
Tutte queste cose nell’immaginario collettivo sono l’amore, il tutto poi è condito dall’idea che nell’universo esiste una persona che ci completa e con cui le cose sono facile.
Eppure, più cresci e più non è vero un cazzo.
Il fatto è che dopo un certo numero di relazioni, più o meno adulte, più o meno durature, ti rendi conto che non funziona secondo quell’idea implicita che avevi di amore, che di fatto coincide con la passione, con l’infatuazione, e soprattutto che quel primo anno, quei primi anni in cui tutto viene facile, non durano; e quando quella sensazione di leggerezza e vaporosità spariscono, ci ritroviamo tutti spaesati tipo ‘ma davvero è finito tutto così?’.
Che capiti dopo un paio di mesi o dopo un paio di anni, il risultato è sempre lo stesso. Di punto in bianco tutta l’eccitazione che avvolgeva il rapporto con l’altro, scompare e al suo posto c’è un vuoto che lì per lì sembra anche preoccupante e che crediamo che sia anche per questo che quando pensiamo alle nostre relazioni passate, tante volte non riusciamo a spiegarcele. Quante persone si sono chieste ‘come ho fatto a stare con quella persona? Che cosa ci trovavo in quella persona?’
Il fatto è che siamo ancora spinti a buttarci nelle relazioni per inseguire quel sogno lì, quello per cui di punto in bianco tutte le cose smettono di essere monotone.
Ci innamoriamo e la routine non sembra più pesante, il mondo sembra avere dei segreti che prima non conoscevamo; ma è davvero quella cosa lì l’amore?
Non che sia sbagliato in assoluto cercare le farfalle nello stomaco, ma credo sia meglio con confondere le farfalle con ciò che in realtà è l’amore, che noi temiamo sia molto più simile ad un’amicizia profonda piuttosto che una situazione di perenne chimica celebrare alterata.
Diversi anni fa, quando avevo 16 anni stavo parlando con uno scrittore di 40 che si era appena lasciato con la sua compagna dopo una dozzina d’anni di fidanzamento, e io gli ho domandato se l’innamoramento fosse durato così a lungo; voglio dire, 12 anni sono un’eternità di tempo per essere innamorati.
E lui mi ha guardata un attimo e mi ha risposto ‘assolutamente no. Io ho incominciato ad amare questa persona nel momento in cui ho smesso di esserne innamorato. Per la prima volta nella mia vita dopo quel momento, mi sembrava di riuscire a vederla davvero, di passare del tempo con lei senza essere distratto dall’irrazionalità dell’innamoramento’.
Al tempo non l’avevo capito molto bene, anzi mi sembrava una frase della nonna, e dicevo ‘cazzo ma com’è possibile, qual è un altro motivo che può spingere due persone a stare insieme oltre all’urgenza romantica?’
Il fatto è che secondo me, dopo un po’ di esperienze, questo scrittore con cui avevo parlato aveva ragione.
L’infatuazione si può provare verso 1000 persone diverse, persone che ad un certo punto si riveleranno sbagliate, non perché lo siano in assoluto ma magari perché lo sono per noi. Magari la vita che vivono non è davvero quella che si sposa bene con la nostra. Magari con il tempo si scopre che le visioni del mondo sono troppo diverse e così via.
L’infatuazione in tutto questo, ha un tempo che può essere più o meno breve ma che sicuramente ad un certo punto, finisce.
Quindi quando ero in camera e stavo pensando a questa cosa, sono giunta alla conclusione che l’infatuazione è una figata, ma che ha anche molto poco a che fare con l’amore.
L’amore magari è solo quel sentimento che si prova anche verso gli amici o i famigliari, quella sorta di ronzio basso e amorevole che pervade il tempo che passi con qualcuno, la bellezza di essere in silenzio mentre si sta insieme, accompagnarsi mentre si fa la spesa, accompagnarsi a fare cose noiose senza aspettarti il divertimento, ma con il solo scopo di prendersi cura, qualche volta, anche con la capacità di annoiarsi insieme.
Ragionavo su quanto sarebbe importante e utile avere una visione dell’amore un po’ più profonda e quindi vedere la vita in maniera meno angosciante.
L’infatuazione è bellissima, ma con le aspettative e le promesse che si porta dietro diventa angosciante, premesse come l’idea che il desiderio duri per sempre, che l’altra persona sia sempre perfetta, che lo stare insieme non sarà mai deludente, fare progetti a lungo termine e così via.
Se si confonde l’infatuazione con l’amore, poi si vive male l’infatuazione stessa che per sua natura, dovrebbe essere mantenuta leggera e luccicante; ‘e se l’altro ci lascia, se di punto in bianco cambia idea, se ad un certo punto non ci vuole più bene?’. Il fatto è che l’infatuazione non implica per forza di cose il voler bene, un affetto incondizionato, un’accettazione completa: l’amore, la famigliarità e l’affetto invece si.
E se tra due persone si è sviluppato quel tipo di intimità, non lo si scoprirà sicuramente nei primi mesi, nei primi anni, e probabilmente ha ragione quello scrittore; si scopre che si ama e solo quando si smette di essere innamorati.
- @queitaglisuipolsisporchi
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Febbraio parla già di primavera

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“Scusate se riparlo di me. Oggi ‘festeggio’ quattordici giorni consecutivi a letto, insieme all’ospite ingrato che mi abita dentro. Gli ultimi cinque giorni li ho passati in terapia intensiva, collegato ai tubicini dell’ossigeno, ai sensori dei parametri vitali, al saturimetro, con un accesso arterioso al braccio sinistro e un accesso venoso a quello destro. Il Covid è infido, è silente, ma fa il suo lavoro: non si ferma mai, si insinua negli interstizi polmonari, e ha un solo scopo, riprodursi, riprodursi, riprodursi. Meglio se in organismi giovani, freschi, dinamici. Questa premessa non suoni da bollettino medico: mi racconto solo per spiegare quelle poche cose che vedo e capisco, da questa parte del fronte, dove la guerra si combatte sul serio. Perché la guerra c’è, se ne convincano i “panciafichisti di piazza e di tastiera”, e si combatte nei letti di ospedale e non nei talk show.
Quando sono entrato in questa terapia intensiva, cinque giorni fa, eravamo 16, per lo più ultrasessantenni. Oggi siamo 54, in prevalenza 50/55enni. A parte me, e un’altra decina di più fortunati, sono tutti in condizioni assai gravi: sedati, intubati, pronati. Bisognerebbe vedere, per capire cosa significa tutto questo. Ma la gente non vuole vedere, e spesso si rifiuta di capire. Così te lo fai raccontare dai medici, dagli anestesisti, dai rianimatori, dagli infermieri, che già ricominciano a fare i doppi turni perché sono in superlavoro, bardati come sappiamo dentro tute, guanti, maschere e occhiali. Non so come fanno. Ma lo fanno, con un sorriso amaro e gli occhi: ‘A marzo ci chiamavano eroi, oggi non ci si fila più nessuno. Si sono già dimenticati tutto…’ Ecco il punto: ci siamo dimenticati tutto.
Le bare di Bergamo, i vecchi morenti e soli nelle Rsa, le foto simbolo di quei guerrieri in corsia stravolti dal sacrificio, i murales con la dottoressa che tiene in braccio l’Italia ammalata, l’inno dai balconi. Possibile? Possibile. La vita continua, persino oltre il virus. E allora rieccoci qui, nella prima come nella seconda ondata, a litigare sulle colpe, a contestarci i ritardi. Come se la tragedia già vissuta non ci fosse servita. L’ho scritto da sano e lo ripeto da malato: le cose non stanno andando come avrebbero dovuto. Ripetiamo gli errori già fatti. Domenica, dopo il mio editoriale in cui lo ribadivo, mi ha chiamato il ministro Speranza per dirmi che è vero, ‘però guarda i numeri dei contagi negli altri Paesi’. Mi ha chiamato il governatore De Luca per protestare e dire che quelle sui disastri dei pronto soccorsi in Campania sono tutte “fake news”. E poi mi hanno chiamato da altre regioni per il caos tamponi, e dai medici di famiglia per dire che loro sono vittime, e poi dai Trasporti per obiettare che sugli affollamenti loro non c’entrano. E poi, e poi, e poi.
E poi il solito scaricabarile italiano. Dove tutti ci crediamo assolti, e invece siamo tutti coinvolti. Dopo il disastro di marzo-aprile dovevamo fare 3.443 nuovi posti letto di terapia intensiva e 4.200 di sub-intensiva, ma ne abbiamo fatti solo 1.300: di chi è la colpa? Mancano all’appello 1.600 ventilatori polmonari, dice il ministro Boccia: di chi è la colpa? Dovevamo assumere 81 mila tra medici infermieri e operatori sanitari, ma al 9 ottobre ne risultano 33.857, tutti contratti a termine: di chi è la colpa? L’odissea tamponi al drive in è una vergogna nazionale, in una regione come il Lazio dura da mesi e ancora non è chiaro quali strutture private siano abilitate a fare che cosa, tra antigienici e molecolari, e mentre famiglie con bambini fanno le file di notte in automobile, un assessore che Zingaretti farebbe bene a cacciare domattina stessa vaneggia di “psicosi”: di chi è la colpa? E scusate se vi riparlo di me: ho infettato anche mia madre, novantenne, malata oncologica, vive sola, come migliaia di anziani, eppure non c’è servizio domiciliare che possa supportarla né medico di base che vada a visitarla, ‘sa com’è, non abbiamo presidi, ci danno cinque mascherine chirurgiche a settimana’: di chi è la colpa? Ne parlo con i dottori dell’ospedale.
La risposta è durissima: noi siamo qui in trincea, ogni giorno, in questi mesi ci hanno dato l’una tantum Covid da 500 euro lordi e cari saluti, i nostri colleghi “sul territorio” chi li ha visti?
Non recrimino, non piango. Vorrei solo un po’ di serietà. Vorrei solo ricordare a tutti che anche la retorica del «non possiamo chiudere tutto» cozza contro il principio di realtà, se la realtà dice che i contagi esplodono. Se vogliamo contenere il virus, dobbiamo cedere quote di libertà. Non c’è altra soluzione. Chiudi i locali notturni? Fai il coprifuoco? Aumenti lo smartworking? Ci sarà un conto da pagare, è evidente. Il lockdown totale di inizio 2020 ci costò 47 miliardi al mese e un dimezzamento di fatturato, valore aggiunto e occupazione nazionale. Oggi non dobbiamo e non vogliamo arrivare fino a quel punto. Ma qualcosa in più di quanto abbiamo fatto con l’ultimo Dpcm è doveroso
. Chi subisce perdite ulteriori dovrà essere risarcito. Il governo ha risorse da reperire, se solo la piantasse di tergiversare sul Mes o non Mes. Aziende e sindacati hanno interessi da condividere, se solo la finissero di inseguire un assurdo conflitto sociale a bassa intensità. La pandemia sta accorciando ancora una volta il respiro della nostra democrazia. Provare a impedirglielo tocca solo a noi. Scambiando la rinuncia di oggi con il riscatto di domani. Ma per poterci riuscire abbiamo bisogno che governo, regioni, autorità sanitarie e scientifiche si muovano come un “corpo” unico e visibile, un dispositivo coerente e credibile di atti, norme, parole. Non lo stanno facendo. Anche per questo siamo confusi e impauriti.
‘Andrà tutto bene’ non può essere solo speranza. Deve essere soprattutto volontà.”
Massimo Giannini
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Qualche giorno fa mi sono preso del “classista” perché ho fatto notare che siamo il paese con meno laureati in Europa assieme alla Romania, il paese che guida la classifica europea per quanto riguarda l’analfabetismo funzionale assieme alla Spagna, il paese europeo nel quale, secondo uno studio dell’Ocse, la percezione dei cittadini è più distante dalla realtà dei fatti su una moltitudine di temi di attualità.
In pratica, secondo molte persone, far notare che siamo diventati un paese profondamente ignorante, è “classista”. E sapete perché? Perché da anni, ormai, la politica e buona parte dell’informazione fanno a gara a spiegarci che “la colpa non è del popolo”; che “il popolo ha sempre ragione”, che “il mondo l’hanno rovinato quelli in giacca e cravatta”, i famosi “professoroni” nemici giurati di ogni partito o movimento populista. La cultura, per buona parte del nostro paese, ormai è vista come un disvalore. Così fioccano i no mask, i no vax, i negazionisti, i no 5g e tutto quel campionario di idioti che ormai abbiamo imparato tristemente a conoscere bene. Perché la parola del tizio con la 3a media che si informa sui siti internet, per tutti loro, vale quanto quella dello scienziato, anzi, di più, perché il suddetto tizio informato non è pagato da chissà quale potere forte.
Tutto questo, probabilmente, è iniziato qualche anno fa, quando Beppe Grillo gridava sul palco che bisognava mettere una “massaia che sa far quadrare i conti a casa” a fare il ministro dell’economia. E molti hanno creduto che fosse un ragionamento sensato. Ad alcuni di noi, lì per lì, è sembrato di vivere dentro un film distopico, poi ci siamo abituati.
Fatto sta che oggi, anche a sinistra, far notare che è urgente innalzare il livello culturale medio del paese, risulta un discorso “snob”, “classista”. Forse in molti hanno dimenticato la lezione di Gramsci.
Non ci sarà mai modo di correggere gli errori sistemici nei quali siamo immersi, dal razzismo alla violenza, dal sessismo all’incapacità di distinguere chi si approfitta di loro politicamente, se non si parte dalla cultura. Perché, da sempre, un popolo ignorante è più facile da controllare, da raggirare. Basta agitargli un “nemico immaginario” davanti agli occhi per ottenere un consenso plebiscitario. L’aveva capito Goebbels (e prima di lui Le Bon) e di sicuro non lo hanno dimenticato gli attuali leader populisti e sovranisti.
La differenza tra l’egemonia culturale teorizzata da Gramsci e gli attuali, ridicoli, fan della “competenza” sta nel disprezzo per il popolo. Bisogna amare il popolo, per volere che sia migliore. E Gramsci amava il popolo. I “progressisti” attuali, nella stragrande maggioranza dei casi, lo disprezzano. Vedono l’ignorante come uno al quale togliere il diritto di voto, non come un compagno da aiutare, come una vittima inconsapevole di un sistema malato.
Ecco: il bug del sistema sta tutto lì. Così le destre populiste e sovraniste hanno buon gioco a dire alle masse di ignoranti che va tutto bene, che sono perfetti così, che hanno una marcia in più degli altri “perché sono italiani”, tanto, dall’altra parte, hanno quelli che, effettivamente, li disprezzano. E voi chi votereste? Per chi simpatizzereste? Per uno che vi dà del coglione e vi vuole togliere il diritto di voto o per uno che vi dice che siete dei gran fichi così come siete?
La sinistra ha abbandonato quelle persone e le ha lasciate nelle mani della destra populista, è un dato di fatto.
Parlare di “cultura” non è e non deve essere un modo per tracciare una riga tra “noi” e “loro”, chiedere cultura per tutti, rivoluzionare un sistema che la nega, dovrebbe essere il primo punto nell’agenda di qualsiasi partito che voglia dirsi “di sinistra”.
E ora, se volete, ripetetemi pure che sono classista.
Emiliano Rubbi
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“Non ricordo un presidente dell'Inps massacrato quanto l'attuale. L'ultima fake news è firmata Repubblica ed è subito smentita.
Tanto per cominciare Tridico non ha preso nessuno stipendio da 150 mila euro lordi e non prenderà alcun arretrato come confermato dal Ministero del Lavoro. L'adeguamento stipendiale era già previsto da un decreto del Governo Conte I (Lega - M5S) e vale sia per l'Inps, sia per l'Inail di cui chissà per quale ragione non parla nessuno…
Anzi dall'inizio del mandato Tridico ha percepito 90 mila euro in meno rispetto al suo predecessore Tito Boeri, il quale aveva diritto a ulteriori generosi rimborsi spese a differenza dell'attuale Presidente Inps.
Per fare un solo esempio su tanti, ad oggi il presidente Istat guadagna 4 volte tanto e di certo non gestisce il bilancio più grande d'Europa.
A Tridico quotidianamente dai media nazionali e quasi a reti unificate gli viene aizzata contro la peggiore rabbia sociale. Gli fanno appostamenti sotto casa inquadrando abitazione e indirizzo esponendo lui e la sua famiglia a enormi rischi.
Viaggia con un'utilitaria e nonostante le ingiurie e minacce quotidiane non ha mezza scorta, a differenza di molti altri che per molto meno si spostano su auto blindate.
La verità è che Tridico dà fastidio e deve essere eliminato per metter qualcun altro al suo posto.
Ma io mi chiedo, ce li ricordiamo i suoi predecessori? I disastri che hanno combinato?
So che non è semplice difendere un uomo che è sotto attacco di tutti, ma sono abituato ad agire con testa e cuore, non per convenienza e per questa ragione mi sento di esprimere tutta la mia solidarietà.
Il vero problema è un altro. Molte persone hanno la memoria corta e coloro i quali vorrebbero le dimissioni di Tridico, sono gli stessi che hanno permesso a un certo Antonio Mastrapasqua di presiedere per anni questo importantissimo istituto. Ve lo ricordate questo nome?
“Mastrapasqua nel 2008, passò dal cda alla presidenza, con nomina da parte del governo Berlusconi - Lega. Mastrapasqua fu inoltre il solo a ottenere, nelle Commissioni lavoro di Camera e Senato, il parere di competenza unanime quindi anche da parte del Pd che, allora, era all’opposizione.”
Ma andiamo ancora un pochino più a fondo… Mentre Pasquale Tridico lavora a tempo pieno per l'Inps, mettendo anima e corpo nella complessa gestione dell'Istituto; il “buon” Mastrapasqua gestiva una rete di potere impressionante:
Presidente – istituto Nazionale per la Previdenza Sociale Presidente – Equitalia Sud s.p.a. Presidente – IDeA FIMIT SGR s.p.a. Vice Presidente – Equitalia s.p.a. Vice Presidente – Equitalia Nord s.p.a. Vice Presidente – Equitalia Centro s.p.a. Amministratore Delegato – Italia Previdenza s.p.a. Direttore Generale – Ospedale Israelitico Presidente del Collegio Sindacale – Aeroporti di Roma Engineering s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Aquadrome s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Cons. Cert. Qualita’ Impianti Presidente del Collegio Sindacale – EMSA Servizi s.p.a. (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale – Eur Congressi Roma s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Eur Power s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Eur Tel s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Fondetir Fondo Pensione Complementare Dirigenti Presidente del Collegio Sindacale – Groma s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Italia Evolution s.p.a. (in liquidazione) Presidente del Collegio Sindacale – Mediterranean Nautilus Italy s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Quadrifoglio Immobiliare s.r.l. Presidente del Collegio Sindacale – Rete Autostrade Mediterranee s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Telecontact Center s.p.a. Presidente del Collegio Sindacale – Telenergia s.r.l. Sindaco Effettivo – Autostrade per l’Italia s.p.a. Sindaco Effettivo – Autostar Holdeing s.p.a. Sindaco Effettivo – CONI Servizi s.p.a. Sindaco Effettivo – Fandango s.r.l. Sindaco Effettivo – Loquenda s.p.a. Sindaco Effettivo – Pa.th.net s.p.a. Sindaco Effettivo – Terotec Sindaco Effettivo – Spiral Tools s.p.a. Sindaco Effettivo – Pastificio Bettini Zannetto s.p.a. Sindaco Effettivo – Consorzio Elis per la Formazione Professionale Superiore Sindaco Supplente – Telecom Italia Media s.p.a. Revisore – Almaviva s.p.a. Consigliere di Gestione – Centro Sanità s.p.a. Liquidatore – Office Automation Products s.r.l.
Introiti per 1.2 milioni di euro all'anno!
Ovviamente il curriculum non poteva non annoverare importanti procedimenti giudiziari:
- Per aver comprato due esami universitari (Diritto della Navigazione e Diritto Privato) con l'aiuto di un bidello che falsificava le firme dei docenti con cui li avrebbe sostenuti, viene condannato a 2 anni e 10 mesi, pena ridotta a 10 mesi in appello e confermata in cassazione con la laurea che viene annullata.
- Nel settembre 2014 viene iscritto nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Roma per il reato di concorso in falso e truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale nell'ambito di un filone d'indagine riguardante prestazioni sanitarie fantasma erogate dall'Ospedale Israelitico di Roma.
- Il 21 ottobre 2015 finisce agli arresti domiciliari. Il provvedimento cautelare viene emesso dalla Procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta per il reato di falso e truffa ai danni del SSN. L'ordinanza del GIP Maria Paola Tomaselli a carico di dirigenti, medici e operatori dell'Ospedale Israelitico di Roma cita un «collaudato sistema» incardinato su prestazioni sanitarie «illecitamente erogate a danno del SSN» tra il 2012 e il 2014, sottolinendo come Mastrapasqua, in qualità di dirigente generale del nosocomio abbia, in concorso con altri dirigenti, «con artifici e raggiri» messo a carico della sanità regionale «prestazioni che non erano accreditate», provocando così un «danno patrimoniale di rilevante entità» per il servizio pubblico.
In conclusione credo che questo Paese, mai come oggi, abbia bisogno di memoria storica e di corretta informazione. Perché un Paese senza memoria è un Paese senza futuro e un Paese senza futuro è un Paese finito” .
Claudio Cominardi
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In Inghilterra nemmeno se mi pagano.
Qualcuno pensa che la verginità perduta sia restituibile alla sua integrità originale, magari con qualche artificio di comodo? Deve crederlo il premier inglese Boris eccetera, quando sostiene che gli inglesi amano a tal punto la libertà, rispetto a tedeschi e italiani, da avere fatto registrare risultati peggiori -della Germania sicuro, per l’Italia ci sarebbe da calcolare il lieve scarto, non so se a vantaggio degli uni o degli altri- relativamente alla Covid-19. Forse dimentica il biondissimo premier che i suoi avi, e non solo, furono tra gli imperialisti più decisi a sottomettere il mondo, che alle scelte da Lorsignori operate in Medio ed Estremo Oriente, in Africa e altrove dobbiamo lo sconquasso che continua a ferire quei territori, errori fatti certo in compagnia di altri imperialisti celebri: francesi, spagnoli, portoghesi, olandesi, tedeschi, o no? Gli italiani devono ai Romani prima, a un Impero da operetta poi, una fama indebita. I Romani non fecero comunque la scia di danni che gli inglesi pretendono di scotomizzare. Si limitarono a civilizzare terre abitati da barbari, come i Britanni, portando anche lì la profonda cultura dei loro antecedenti, gli Etruschi; fecero un baffo al Nordafrica e al Medio Oriente, anche perché vi incontrarono la civiltà madre della cultura etrusca. L’Impero da operetta si affannò a costruire ponti, strade, scuole, acquedotti, quelli in cui ancora all’epoca eravamo maestri. Tenere insieme poi tedeschi e italiani è roba da far ridere i polli o forse è roba da polli! Bisognerebbe che si rispondesse a tono a simili interventi a gamba tesa sul profilo di un popolo. L’Italia è stata semmai terra di conquista e di approdo da tempo immemore, abituandosi a dominazioni insopportabili per il senso di libertà dei suoi abitanti.
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A volte mi ricordo che non sei più al mio fianco e le cicatrici sul mio cuore sanguinano
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