Tumgik
controbreak · 3 years
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8
Sono qui da lei. E’ uscita, dal dentista. Mi sento fuori luogo, freddo, triste, spaesato. Mi sento già all’ultimo atto, al lungo addio, il pranzo sta finedo, è tempo di pagare il conto e andare. Abbiamo mangiato bene, ma oramai è tempo di altro. Prima stava davanti al lavello, e inavvertitamente le mandato sulla tempia lo spigolo dello sportello di un pensile. Ha urlato, imprecato, bestemmiato per 50 secondi, come se avesse subito un torto senza pari. Le avrà fartto male sul momento, certamente, ma mentre strillava, ho pensato che ecco, this is it, sono veramente patetico. Fuori posto. Cosa sto facendo qui, in questo momento? A crogiolarmi di dolore, mentre vedo nea ogni cosa. Non c’è più entusiasmo, quell’entusiamo di 3 mesi fa che mi aveva probabilmente accecato, con la sua forza, con, pateticamente la forza dell’amore, che aveva fatto da filtro sulla realtà. Il mio entusiasmo, il mio ottimismo perenne, che mi avevano indotto a mal valutare la situazione, la situazione di fatto. Ho pensato, stupidamente, che ci fossimo così, persi per strada lei da una parte io dall’altra, ma che fosse giusto perché non concessimo queste vie, queste piazze, e che appena ritrovati tutto sarebbe tornato come sempre. Ho pensato male. Mentre io cercavo la via, lei aveva già preso un altro treno. Era a perdersi forse, ma in un’altra città e con qualcun’altro. Mentre guardavo la bussola, sperando tornasse a funzionare, lei se ne stava in week end con il suo Grandio Genio, di cui ora per colpa sua conosco anche il nome. Stronza. E mentre urlava, e malediceva la vita, io mi chiedevo ancora: perché. Ma che ci fai qui, esci, vattene. Non sono una persona da gesti eclatanti. Più le cose sono eclatanti più sono fatte a beneficio di un pubblico, sia anche immaginario. Quindi resterò qui oggi. Sperando torni il più tardi possibile dal sul dentista, sperando io abbia da lavorare, sperando ci sia un film da vedere per coprire tutto, sperando poi possa dormire, svegliarmi ed andare via. Sono fuori posto. Sono una fgura triste.  Passo le notti non più a sognare di vederla a fare piani su viaggi o cosa da fare, ma solamente meditando su un testo di addio che scrivo e riscrivo, cucio e taglio, scriverò questo e dirò questo, citerò questo e questo no, sarò elegante o sarò diretto. Quando si passano le notti a pensare su come dirsi addio, il fatto è già avvenuto, anche se non è stato formalizzato. E’ la prima volta in vita mia, in tutti questi lunghi anni, che penso non la rivedrò più. C’è il compleanno, prenderemo una cosa forse, e poi boh. Inizierà il lungo inverno del detto non detto, delle mancate rincorse.  E’ dura pensare che dopotutto è stato scelto un altro, non episodicamente, ma strutturalmente, ma prima o poi bisogna farci i conti. Cosa ti credevi, ciccio?
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controbreak · 3 years
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7
Ho passato di nuovo 3 giorni da lei. A metà del primo ero esaltato, felice di essere lì, di averle riparato il giradischi, messo a posto due tre cose in soggiorno ed incartato bene i suoi regali. Felice la mattina mi avesse accompagnato a fare il vaccino (si è alzata alle 7 per te, wow!). Felice della prospettiva della giornata, qualunque fosse. Nel pomeriggio camminavo soddisfatto, dicendomi di accettare tutto e basta, era dopotutto un equilibrio che andava trovato e amen. A ciascuno il suo.
Al pomeriggio del terzo giorno letteralmente non sopportavo più di sentir vibrare quel cazzo di cellulare, non sopportavo più vederle rispondere immediatamente, come fosse la cosa più importante del mondo, mandare bacetti, cuoricini o il cazzo che faceva, non sopportavo stare sul divano col suo WA aperto sul desktop, imponendomi così di conoscere pure in eterno il nome del Grande Genio: per quanto una possa distogliere SEMPRE lo sguardo, diventa complicato farlo se ovunque ti giri c’è lui che scrive. A quel punto veramente s’è fatto tutto nero. Cos’è, dare un nome ad Hitler cambia qualcosa di lui, si fosse chiamato Giancleto sarebbe stato più buono? No, ma la personificazione, il nome, una foto, rendono sempre più reale qualcosa che infantilmente per mesi ho cercato di nasconderemi, qualcosa che mi sono ostinato a considerare un’ombra sullo sfondo destinata a sparire a breve.
Le altre ora sono passate, non volevo rovinarle, quindi mi sono tenuto dentro un astio sempre più vivido e crescente, che sapevo sarebbe poi esploso silenzionsamente una volta uscito di casa sua.  Uscire di casa sua è SEMPRE drammatico, mi mancano le forze, mi sembra di star facendo un torto a me stesso e alla vita. Poi mi ricordo che non c’è altro modo, almeno ora, e che letteralmente non posso fare altrimenti.
Una volta che la breccia è scoccata su muri che parevano inabbattibili basta un fiammifero per far avvampare di nuovo ogni materiale: non c’è più linea di difesa, il cemento è marcio, il legno è vecchio, l’armatura è logora. L’altra volta era stato vedere le camicie, stavolta è stato vederne il nome, la prossima chissà cosa sarà.
La verità è sempre e solo una sola: io sono un fantasma oramai, sono un caricatura grottesca di un partner, la storia è andata avanti e non si sa perché (per amore! ah, che nobili ed idiote parole) io mi sono ostinato a voler cercare di ridare vita a qualcosa di morto. Ho creato solo uno stupido Frankenstein sentimentale: sembra sia vivo, ma in realtà è solo una massa senza volontà che si aggira minacciosamente per i corridoi dell’esistenza, senza nessuna prospettiva che non sia l’attesa della ghigliottina.
Così mi sento, in attesa del patibolo, poco importa se mi ci porterà lei o farò il nobile gesto di tagliarmi da solo la testa. In tono miniore ricordo perfettamente la sensazione, sarà stato luglio 2010, uscivo con quell’altra e oramai avevo in me la stessa consapevolezza di chi si dice Ma che fai? Basta su. E infatti al dissidio successivo, 10 15 giorni dopo, stavolta non accennai la minima resistenza. Così farò anche stavolta, sono stanco. La dirò solo OK, come vuoi. Poi magari ci sarà il momento per una lunga mail triste, piene di amore e di un po’ di risentimento e poi finalmente Mordor calerà il velo su questi mesi, su questi anni. Lei intanto starà scrivendosi col suo nuovo grande amore: cazzi suoi.
Domani devo andare da lei ed è la prima volta che non ne ho voglia. Poi una volta lì sarò contento, eventually, ma comincio a risentire quelle sensazioni di primavera ed inverno 2021: non sei davvero gradito, accettalo e basta. Lei gestisce bene la cosa perché in fondo, è brutto da dirsi, ma ha scelto, mi ha lasciato indietro tanto tempo fa. Certo è contenta di rivedermi, di avere un rapporto, ma è come quando perdi un vestito che mettevi sempre, era il tuo preferito, e lo ritrovi dopo 3 anni: che bella sensazione, ora lo metterai di certo ogni tanto, ti farà ripensare a tante cose, ma sei andata avanti, la moda è cambiata, ti vesti diversamente adesso.
Lei veste diversamente adesso. Io mi sento così cretino per aver pensato di cambiare il mio enorme guardaroba per lei, di aver anche solo iniziato a pensarci con tutto l’enorme carico che avrebbe comportato per tutti, e l’ho pensato per amore, mentre lei manco può evitare di mandare i suoi bacetti al Grande Genio. Non si finisce mai di imparare: dare il minimo per ottenere il minimo.
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controbreak · 3 years
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6
Sono da lei lei da 3 giorni, ne rimane un quarto. Oscillo da momenti in cui mi chiedo perché non rimanga qui per sempre, ad altri in cui mi chiedo, perché? Io ho impegni precisi (che sto disattendendo), lei oramai ha la sua vita (nel senso: sta con uno. Che orrore), quindi cosa faccio qui? Non capisco come lei riesca ad avere questo distacco perfetto con le cose, come riesca a gestire queste situazioni senza problemi. Si dirà: perché te come facevi prima? Come facevo? Non lo so come facevo, forse mi mancava questa passione travolgente (no, non mi mancava), forse avevo semplicemente la barra più dritta e quindi era tutto più semplice.
Sto al telefono e faccio i 100 passi così, tra corridoio e la sua stanza, senza guaradre nulla di preciso. Poi lo sguardo, per caso, mi va a finire su due camicie si lavanderia, con le stampelle e quella orrida patina di plastica a proteggerle. Dalla Povere e dalla vita. Ecco sono qua che cammino e ho davanti le camicie del Grande Genio. Gliele ha lasciate, se le è fatte lavare. Come si fa in una coppia consolidata. Dovrei avere un sentimento di goliardia, di adrelina: in casa sua a guardare le sue camicie mentre dormo con lei. E invece no: sono io quello di troppo. Sono io che primo venivo qui ed a cui era offerto di lavarmi le camicie sudate (no, grazie), sono io che avevo il tavolo sempre riservato. Ora invece tocca avvisare, chiedere, prenotare: me lo trova uno spazio? Massì, si mangia talmente bene qui, anche contro la porta del bagno, andrà bene uguale. Sono oramai un personaggio grottesco, che vive di episodi umilianti e grotteschi e si sta solo gonfiando di dolore, come un cadavere buttato dentro il Mar Nero, che imbarca acqua, rifiuti, scarti, pezzi di plastica, come una vecchia balena incapace oramai di virare e senza più neanche la forza di sfidare Acab: si affonda, tra ultimi guzzi astiosi e silenzi ormai inutili. Ogni volta che sto sul suo grembo e sento quell’orrido cellulare rosa vibrare, un messaggio del Grande Genio, mi ricordo quanto io sia stupido. Non c’è una via di uscita, non c’è più. Non c’è mai stata. Non c’è nulla da auspicare, nulla da fare. Vedo che sta bene con me, come sempre, ma vedo anche che sono un bell’oggetto del passato al quale non si vuole più rinunciare. Non per un vezzo, c’è attaccamento reale. Ma anche io ho una vecchia maglietta a cui tengo tanto, un libro di anni fa, una vecchia cinta della quale non mi disfarei mai. Ma è qualcosa che oramai ha dato, ha esaurito ogni spinta propulsiva, è lì come un grande generale che guarda i suoi trionfi passati sapendo che ora può vivere solo di medaglie ed orpelli, celebrazioni e onireficenze. Non più di brividi ed auspici reali per il futuro.
Sono per lei la grande conquista del passato, l’Arco di Trionfo del quale non ci si può disfare, per ora, perché dopotutto è stato così grandioso. Ma al massimo di manutiene, si rinfresca il marmo: non c’è più spazio per nuovi orpelli, colonne aggiuntive e sculture aggiuntive. Si lotta contro l’avanzare del tempo e della muffa. E basta.
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controbreak · 3 years
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5
I can’t cope it anymore. I can’t bare it anymore. I’can’t stand it anymore.
Mi sveglio di notte pensando che sto soffocando. Che non riesco più a reggere le cose come stanno. E’ giusto, non è giusto, non me ne frega un cazzo. E poi di base è giusto. Gliel’ho scritto giorni fa: mi hai declassato, lei non ha replicato. Non so se per mancanza - opportuna - di voglia di far polemica, oppure solo perché alla fine sa che ho ragione. 
Mi sento emotivamente provato. Questo continuo sali scendi non mi fa bene. Ho bisogno di stabilità, anche emotiva. Ho bisogno di certezze. Si dirà: lei hai le certezze, lei sta con uno e ogni tanto vede te, cosa vuoi? Si dirà: tu fai lo steso, no? Si dirà: è la situazione ideale, nessuna rottura di palle per nessuno. Si diranno un sacco di cose, ma poi non funziona. Non funziona. MI sto pentendo di aver provato a riportare in vita una cosa che motivi logici ed illogici avevano cominciato a seppellire. Mi sto iniziando a pentire della mia debolezza autunnale, quando avrei dovuto solo accettare che dopo quasi 5 anni fosse finita e basta, ‘perché non sopportavo l’immobilismo della nostra relazione’. Bella merda invece adesso: relazione sempre immobile, perché lo sarà sempre, ma in più anche Il Grande Genio in mezzo ai coglioni.
Delle volte mi sento così patetico. Così sciocco. Così vigliacco a non aver accettato e basta volesse uscire con un altro e affanculo. Lei, il passato, il presente, il futuro. Così avrei dovuto reagire: affanculo, tieniti il tuo genio, te ne pentirai o anche se non te ne pentirai sarà peggio per te e basta. E se sarà meglio sarà comunque peggio. Non so più che fare. Sono il rimpiazzo. Lei non vuole capire in quella cazzo di testa come mi sento io. Declassato a boh, qualcuno da vedere così, quando non ha altro.
Non le ho mai detto, né potrei dirle di mollare Il Grande Genio, ma in fondo se avesse voluto capire avrebbe colto. Non posso dire nulla, non ne ho il diritto, ma ogni mio messaggio trasuda questo: basta, ma non vedi come mi fai stare, chiudi cazzo, molla Il Grande Genio e basta. Lei invece ora ha il culo al caldo, il suo felice fidanzamento e poi quando può il diversivo. Sono ingiusto, probabilmente è più di così. Sono ingiusto perché potrei stoppare tutto dicendole solo Ok molla tutto e vieni con me. Non posso farlo, lei si è adeguata. Si è adeguata troppo bene, perché alla fine lei vede sempre e molto i cazzi suoi. Finché ha fatto comodo così (sì ha fatto comodo anche a lei uno in più che non rompesse le palle, bene, quando ha visto che tutto sommato non faceva comodo ha innestato Il Grande Genio).
Sono astioso, un po’ ingiusto, ma non ce la faccio, non ce la faccio più, non so più che cazzo fare, questa situazione mi corrode. O meglio so perfettamente cosa serve, quello che ha lei: il distacco, il compartimento stagno, quella roba da amanti, sì, sto con uno, poi ho uno. Si prende quel che c’è. Ma questo distacco per me non esiste, non sono in grado di gestirlo a livello di sentimenti e viscere. Se sono distaccato, sono distaccato, stop.
I can’t cope it anymore. I can’t bare it anymore. I’can’t stand it anymore.
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controbreak · 3 years
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4
E così ci siamo rivisti. Prima un giorno (una notte) e poi incredibilmente due notti di fila, in un weekend. Non accadeva da anni. Non dirò era meglio se non fosse successo, ma insomma ora sono qui e provo solo la sensazione mi abbiano staccato un arto o mi stia crescendo un tumore in pancia. E’ normale, ci si abituerà alla nuova mancanza, all’ennesima lontananza. E’ normale, bisogna normalizzare di nuovo la relazione, fare finta vada tutto bene, fare finta sia perfetto in questo modo. Lei dice che ha appreso a farsi scivolare addosso le cose che non può controllare. Sarà vero, brava. Io al momento non ci riesco. C’è ancora l’incredulità per essere stato buttato via mesi fa. C’è ancora la sensazione indescrivibile di marcio, di orrore, di disagio, di schifo nel pensarla con un’altra persona, di pensare che parla con qualcun altro, che ride, che progetta, che discute. Che ci va a letto? Forse è la cosa meno importante tutto sommato, ma è pur vero che l’ho proprio cancellata dalla mente questa. Non esiste neanche.
Ci siamo rivisti, ovviamente è andato tutto bene, perché ovviamente stiamo sempre bene, perché ovviamente che sia vedere un film, parlare, ascoltare musica, andare a letto insieme, dormire o semplicemente lanciarci stilettate va sempre bene. E però ogni volta che sento quel suo cellulare vibrare (E TOGLI STA CAZZO DI VIBRAZIONE), ogni volta che lo vedo illuminarsi è un po’ come se mi venisse ricordato che oramai io sono l’intruso, io sono l’impostore, io sono quello che conta di meno, io sono quello che deve accettare.
Non è dato sapere quando ci rivedremo, non ho chiesto quando tornerà (o meglio gliel’ho chiesto, ha nicchiato, sono passato oltre), passerà evidentemente il capodanno con l’oscuro ed orribile Mr Puglia e vabbè, del resto non c’è margine di manovra per fare nulla, lo specchio della porta è sempre più ridotto.
Ho paura perché so che adesso comincerò a macinare astio, perché so benissimo che più passeranno i giorni e più mi dirò MA PERCHé; ORA SEI STATA UN MESE PER I CAZZI TUOI STACCI ALTRI VISTO CHE NON SONO ESATTAMENTE LA TUA PRIORITà, PERCHé VEDERCI OGGI SE DOMANI NON POTEVI. E’ sbagliato, non la sto rispettando, anche se ha torto. Ha ragione, ma ha anche torto. Come me.
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controbreak · 3 years
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3
Non riesco a gestire tutto con distacco, con quella patina di indifferenza che sarebbe necessaria a tutti, non ci riesco. Posso e riesco a pasarci su in condizioni normali (in realtà, no: evito giusto di pensare, di ricordare), ma poi non riesco a fare finta di nulla se so che sta con un’altra persona. Lei c’è riuscita per anni? Lei sapeva che quella era la situazione iniziale, la regola d’ingaggio. Come io conoscevo la sua situazione. Si dirà: e quindi? Il suo dolore non conta? Certo che conta. La vita ha modificato le aspettative, una serata divertente con lei è via via diventato un macigno sentimentale possibile da governare solo fino ad un certo punto.  Ma lei ha cambiato le sue regole d’ingaggio, lei ha deciso che io non bastavo più, lei ha deciso, come dice lei ‘che doveva farsi i cazzi tuoi’, ‘protegersi’. E’ giusto probabilmente, chi potrebbe darle torto? Non poteva restare in attesa di un lieto fine che non sarebbe arrivato mai. E quindi? Di cosa ti lamenti ciclista notturno? Mi lamento. Mi lamento che quela che lei chiama ‘illusione’ io lo chiamavo ‘equilibrio’, che al di là delle stronzate che racconta ora, andava bene ad entrambi. Forse non andava del tutto bene a lei, va bene, ma questo aveva sempre detto, almeno. Forse il fatto che alla fine se lo sia fatto andare bene senza fiatare è perché le andava bene alla fine. Forse sono uno stronzo. Sicuramente lo sono.
Una volta che ho conosciuto lei io non ho potuto fare uscire chi c’era, non ho voluto, non era possibile. Non lo è mai stato, e quando ci ho pensato mi sono vergognato di me stesso. Ho dovuto accettare una situazione che non potevo razionalizare del tutto. Però non ho fatto entrare nessun altro. L’ho tenuta stretta a me, al di là di quello che dice, ho provato a darle quello che potevo e che non era poco. Lei dice di no, ora. Nessuno è miglior giudice dei propri stati d’animo, chiaramente, quindi avrà ragione lei.
Lei invece ha fato entrare qualcun’altro, sporcando tutto il nostro rapporto, distruggendone le leggerezza quotidiana. Non c’era leggerezza in lei? Pativa? Ora dice così. E’ vero, senz’altro. Bene, infatti si è trovata una soluzione. Delle volte sono più cinico, penso che in fondo finché lei ha fatto comodo la nostra situazione se l’è tenuta così. Quando s’è annoiata se n’è presa un altro, ammantando tutto di drammi interiori. Sono ingiusto? Lo sono. Siamo sempre uno dei tanti della vita di qualcun altro, questo dicono vulgata e buon senso, no? Vedi solo il tuo dolore mi ha detto. Forse è vero, sì vedo solo il mio cazzo di dolore perché già quello è troppo. E perché qualcuno diceva che dal dolore altrui ci si rimette sempre. Lei dal mio non ha avuto neanche bisogno di rimettersi. Come probabilmente io dal suo. Ci tiene sempre a dire che il suo è passato, che ha sofferto tanto. Il passato è una terra straniera, a nessuno gliene fotte più un cazzo del passato quando hai la il fegato che sanguina e c’è il fottuto nam che ti sta riprendendo.
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controbreak · 3 years
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2
Abbiamo passato un mese sentendoci ogni giorno, come penso non fosse mai successo prima. Ho passato un mese a tornare innamorato di lei, con più forza rispetto a quelle settimane esaltanti del 2017. Con la stessa consapevolezza di non essere libero, che rende ogni istante ancora più doloroso. Con la nuova consapevolezza che lei non è più libera, che rende ogni attimo, anche il più bello, ammantato da una patina di dolore, una stilettata continua e sempre intrisa di ruggine. Abbiamo passato un mese vedendoci una volta a settimana, facendo l’amore con un trasporto che non avevo più avuto, impossibilitati a non scriverci ogni giorno. Abbiamo passato serate tranquilli, sul suo divano, a parlare, accarezzarci, come una coppia che si sta per formare e non una con quasi 5 anni alle spalle. Ogni volta che penso a lei la realtà mi ricorda che non posso averla, che non posso svegliarmi accanto a lei, che non posso frae viaggi con lei. Ci annoieremmo dopo un po’? Sì. Mi piacerebbero altre donne dopo un po’? Sì. Penserei che dopotutto esistono donne migliori? Sì. Penserei che nella vita alla fine troverei qualcuna con cui stare meglio, che esistano persone più in grado di renderemi felice? No. Non credo. Non so.
Ora ci risentiamo da un mese, in maniera un po’ ossessiva. Ho paura tutto sia una grande bolla, destinata ad esplodere silenziosamente alla prima vera incomprensione. Delle volte penso sia stato un errore riprovare da capo. Che è inutile tenere in vita qualcosa che la vita aveva già condannato all’oblio, che LEI aveva condannato all’oblio (sono uno stupido? mi sto facendo prendere la mano da una situazione che lei riesce a gestire bene, con la giusta lucidità ed io non più?), ha avuto senso tornare a spremersi le viscere? Non lo so. Dei momenti con lei la felicità è talmente tanta da diventare dolorosa. Quando so che sto per vederla il mio cuore torna ad accellerare, tutto improvvisamente sembra a portata di mano. 
Poi però ricordo che ora c’è qualcuno. Lei è la donna di. Lei presenta lui alle feste, agli amici, lei fa piani con lui, lei riceve messaggi da lui nella notte, lei organizza con lui le feste comandate. Ed io rimango solo uno sfondo minaccioso, un vecchio re decaduto che reclama un impero oramai spazzato dai fatti, un impero che mai è potuto sorgere davvero. Che forse per questo ha toccato ogni costa ed ogni stagione, perché nella prospettiva ogni cosa sembra infinita.
Voglio qualcosa che non posso avere, che non potrò mai avere, e che sta scadendo sotto ai miei occhi. E’ la prima volta in vita mia che mi sento impotente, confuso, incapace di prendere la giusta decisione - che non è prevista - ed in balia di forze più grandi delle mie.
E’ un mese che ci risentiamo, e sento che la parola amore aleggia come una minaccia su un futuro sempre più angusto.
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controbreak · 3 years
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1
E così ti ritrovi a scriverle, ti vien da scherzare dopo qualche giorno, ti scordi di tutto quello che ti hanno fatto mandare giù, di come ti hanno ingozzato di dolore e pietre taglienti come un’anatra destinata alla sacrificio. Stai lì che scherzi con lei, su una qualche scemenza, come facevamo una volta, ma senti che ogni frase è passibile di essere sentenza, ogni parola che lei possa scrivere senza che tu sappia collocarla in una certo entusiasmante sentiero fatto di vie che conosci e maneggi potrebbe essere quella del crollo della diga che stai mettendo su con materiali deboli ed impropri, devastati dalla Storia. Stai lì a scriverle scemenze, quelle scemenze che per 1 2 3 4 anni ti hanno aiutato sia a mandare avanti una vita banale e quindi dolorosa, piena di dolore da camuffare con ilarità, stai lì a scriverle e senti subito il campanello di allarme: non renderti ridicolo. Non riesumare ciò che altri, anche col tuo contributo, hanno sepolto. Accetta le ragioni della Storia, accetta di sbiadire, accetta di sentirti solo, più solo, accettalo.
Ti scrive che tra 2 settimane andrà ad una festa. Una informazione che un anno fa avresti processato facilmente ‘ah berrà 2 bicchieri, qualcuno proverà a rimorchiarla, poi mi scriverà, le dirò che ci vediamo presto e che penso a lei’. Invece ora sei lì col piede ferito e devi farti una maledetta cordigliera. Con chi ci va? Perché? Riderà guardando qualcun altro, pensando a quello che verrà dopo la festa, con quella scioltezza e quella leggerezza che l’ebrezza del frastuono e della vita che scorre sanno dare. Ci sarà un prefesta, una festa ed un dopo festa nel quale io non sarò contemplato, nel quale le vite seguiranno il loro corso che nessuno può fermare (nessuno?) e io starò lì, nel mio letto a leggere, desideroso di non sapere. La notte di Waterloo si beveva, e nessuno era davvero interessato all’esito.
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