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eela on the road
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eelagreen · 4 years ago
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Magia: Chefchaouen
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Una cittadina che sembra uscita da una favola. Un borgo tutto azzurro e blu di varie tonalità che acceca e ti sorprende. Scorci perfetti per una fotografia a perdita d’occhio. Scalini e passaggi stretti anch’essi colorati.
Soggiorniamo all’hotel Koutoubia dove il gentilissimo proprietario ci spiega in francese dove è meglio parcheggiare la macchina, la moglie invece parla spagnolo, si è tutto normale qui! Il figlio invece parla un perfetto inglese e finiamo per parlare un mix di quattro lingue e capirci più che mai.
Un mix di culture diverse si integra perfettamente in questo paesino dove marocchini e discendenti di esiliati andalusi sia musulmani che ebrei vivono armoniosamente, riflettendosi nel paesaggio e nelle costruzioni.
In piazza, si suona la musica tradizionale, ci sono bancarelle e festeggiamenti. Decidiamo di mangiare una tajine (tanto per cambiare!) nel dehor di in un ristorante con luci tutte blu! Un simpatico gatto bianco e rosso ci fa compagnia facendo scherzetti e cercando di strapparci un po’ di cibo.
La sera raggiungiamo il picco della collina dove tantissima gente aspetta con pazienza un solo momento. Il tramonto.
Quando il sole cala qui è tutto magico: stesi sull’erba il chiacchericcio si affievolisce, i colori cambiano ed il cielo si tinge di rosa e viola. Le luci delle case si accendono a poco a poco e la preghiera del muezzin che fa eco dalla collina si ode in sottofondo come un canto, una magia.
La mattina ci svegliamo presto per goderci Chefchaouen senza turisti e scattare un po’ di foto da soli. Siamo solo noi, il blu e i gatti. E qualche cittadino mattiniero che sposta cose coi carretti. I primi bar aprono le porte.
E’ giunta l’ora di raggiungere la prossima tappa.
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eelagreen · 4 years ago
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Il Bianco e il Blu di Rabat
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Se dovessi descrivere Rabat con i colori sarebbero azzurro come il cielo e il mare, e bianco, come la pietra. Una città elegante, imponente, moderna, viva, gioiosa, fresca. Nulla a che vedere con le città imperiali, ma qui, si respira comunque aria di Marocco, un paese così variegato e sorprendente.
Alloggiamo appena fuori dalla medina, nel piccolo borghetto bianco e blu che da sul mare. Una ragazza estremamente giovane ci accoglie nel Riad che gestisce e si offre di farci gratuitamente l’henné. Veniamo nuovamente colpiti dalla gentilezza e l’altruismo dei locali.
Decidiamo di passeggiare sul mare per rinfrescarci dopo la calura del deserto e di Marrakech. Un enorme distesa di Blu tra mare e cielo ci accolgono, le palme si stagliano contro l’orizzonte regalandoci un tramonto mozzafiato con la brezza marina che ci accarezza il volto.
Ceniamo con una fantastica Tajine di pesce appena pescato per poi coricarci presto e risvegliarci nuovamente in questa cittĂ  dove stavolta predominerĂ  il Bianco.
Bianco luce, bianco pace, bianco roccia. E’ così che mi fa sentire il luogo dove si stagliano la torre Hassan e il Mausoleo di Mohammed V. Imponenti massi separati equalmente tra loro riempiono la piazza, giochi di luce e ombra si creano all’alzarsi del sole in cielo, eleganti e sicuri uomini in divisa sostano all’ingresso delle porte del monumento con un mantello drappeggiato dello stesso colore di qualsiasi altra cosa presente.
Un senso di serenità ci pervade. Usciamo nel verde del parco perfettamente curato e quasi ci viene voglia di correre a piedi nudi sull’erba. Sostiamo lungo il fiume Bou Regreg per una breve pausa ammirando l’acqua scorrere pacifica verso il mare in compagnia dei gabbiani.
Domani è un altro giorno. Domani sarà una nuova tappa.
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eelagreen · 5 years ago
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Ritorno all’essenza - Deserto
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Un’alzataccia notturna, una colazione gentilmente preparata da Ahmed, un saluto caloroso e siamo in marcia per il deserto. Arriviamo al tramonto, dei ragazzi in tunica blu e bianca ci accolgono coi loro cammelli. Saliamo in groppa e inizia il tragitto verso l’accampamento. I colori caldi della sabbia ci avvolgono, il caldo ancora afoso è contrastato dal primo vento della sera, i cammelli ci cullano su e giù e l’unico modo è lasciarsi andare al loro passo. Un sorriso smagliante sui nostri volti mostra il nostro stupore, felicità, entusiasmo ed eccitazione. Il paesaggio è mozzafiato e non stiamo nella pelle per ciò che verrà.
I nostri compagni di viaggio ridono e scherzano con noi dall’altra fila di cammelli. Si respira un aria rilassata e divertente, tra tecnologia all’avanguardia per immortalare il momento e un viaggio all’insegna del ritorno all’essenza, arriviamo finalmente all’accampamento con le gambe indolenzite dall’insolito mezzo di trasporto.
Una cena a base di cous cous, pollo e verdure e te alla menta viene servita nella tenda principale, dove conosciamo i nostri amici nomadi e un po’ meglio i nostri compagni di viaggio. Veniamo tutti da parti diverse del mondo. Italia, Portogallo, Spagna, Olanda, Argentina.. tutti uguali e interconnessi da un’energia comune: il viaggio. Ci spostiamo al centro dell’accampamento attorno ad un fuoco dove i local ci suonano con tamburi e qraqeb una canzone berbera e cantano parole e suoni in una lingua sconosciuta. Il rumore del tamburo rieccheggia sotto la pelle e nelle corde del cuore, il fuoco scoppietta a ritmo e noi, incantati come serpenti al suono del flauto.
I ragazzi ci insegnano con difficoltà a maneggiare gli strumenti ma alla fine io, Anne, Alex e altri due compagni di viaggio sotto la guida e i sorrisi di Aasim riusciamo a suonare un pezzo degno di nota e scoppiamo di felicità per la difficoltà superata, tra lingua e cultura diversa la musica ci ha uniti in un unico momento stupendo che ricorderemo per sempre.
I compagni di viaggio stanchi ritornano ai propri alloggi per la notte mentre Aasim ci accompagna sulla duna più vicina per guardare la costellazione di Cassiopea e le stelle cadenti che riusciamo a scorgere esprimendo i nostri desideri. L’emozione indescrivibile del deserto dall’alto di una duna è incredibile. Le stelle così inverosimilmente luminose, il nero blu del cielo così immenso e infinito. Il rumore del silenzio ci circonda, ci siamo solo noi e i cammelli dormienti circostanti. Da lontano si scorgono minuscole luci di altri accampamenti, il vento inizia a fischiettare tra le dune, la sabbia fine scorre come farina tra le mani e noi ci sentiamo piccoli piccoli in un mondo così grande e diverso. Comunichiamo facilmente tra qualche sprazzo di inglese, italiano, francese e gesti, e ci capiamo come fratelli. Là, in mezzo al deserto, siamo uniti e uguali, sentendoci nudi di fronte alla vastità e alla bellezza della natura incontaminata.
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eelagreen · 5 years ago
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I 5 sensi, Marrakech
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Nella giornata dell’esplorazione dei souk è facile perdersi; il gps non funziona, le indicazioni non sono sempre comprese, l’istinto è la salvezza, così come le mappe di carta. Ma una cosa ci è chiara: tutte le strade portano a Jemaa El Fna. L’esposizione a cielo aperto di tutto ciò che esiste a Marrakech: il bello e il brutto. Al centro della piazza un ammasso di bancarelle vende prodotti cinesi passati per artigianato locale. I primi venditori di cibo ulrlano in sei lingue i nomi delle loro specialità. Gli artisti di strada si avvicinano e provano a coinvolgerti nelle loro danze al suon di musica arabeggiante per spillarti abbondanti dirham. C’è chi riesce nell’intento e attorciglia intorno ad Alex un boa enorme e fa giocare me ed Anne con piccoli ma sempre inquientanti serpentelli. Le donne si ritrovano in cerchio dipingendo i corpi di ragazze con l’henna marrone e nero. C’è chi balla e suona le musiche tradizionali e chi passeggia tranquillamente.
Un ragazzo parla fluente l’italiano e cerca di venderci i suoi spedini, è presto per riempirci la pancia ma promettiamo di ritornare. E così a fine giornata ci fermiamo ad assaggiare un vasto assortimento di brochettes grigliate, accompagnati da un ringraziamento sentito dei ragazzi del banchetto, sotto un intonato coro di “waka waka” di Shakira in onore dei capelli biondi e ricci di Anne. Tra risate e chiacchere, uno spiedino e l’altro, scopriamo che Mohammed non ha mai viaggiato fuori dal Marocco ma conosce quasi perfettamente Italiano, Francese, Spagnolo e Tedesco grazie all’interazione continua e costante con i turisti della piazza. Sorpresi e increduli continuiamo a gustarci i nostri spiedini di carne, il tutto mandato giù da un gustoso tè alla menta, come da tradizione.
Cala la sera, il tramonto colora di rosa, rosso e viola il cielo della grande piazza e i cinque sensi gioiscono: le luci dei locali si accendono, le lampade intarsiate creano giochi di luce tremolante tra una bancarella e l’altra, gruppi di persone in cerchio intente a godersi la musica ballano a ritmo. Alcune telecamere accese sono seguite dal tintinnio delle monetine lasciate in mancia agli artisti. Il vociferare in sottofondo rieccheggia in piazza tra profumo di carne alla griglia e cumino, il sapore delle spezie ancora in bocca avvolge il palato.
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eelagreen · 5 years ago
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Risveglio, Marrakech
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Le tre sveglie suonano all’unisono, il rumore degli uccellini nel patio tiene compagnia dalle prime ore, appoggio i piedi per terra sul pavimento di terra cotta freddo dall’aria della notte. La colazione casereccia ci attende in cortile, la fredda brezza mattutina ci irrigidisce un poco, ma un caffè nero e i primi raggi di sole che fanno capolino ci scaldano per partire. Il vicolo ancora silenzioso è interrotto dai miagolii dei gattini troppo magri sul ciglio della strada e i primi carretti che passano trainati sui ciottoli irregolari. Uscendo dalla medina le automobili sfrecciano, i colori rosseggianti degli edifici e l’aria calda ci avvolgono, giardini pieni di palme ci portano in un luogo fuori dal tempo, sospeso tra un’antica cultura e lo sviluppo, ricchi monumenti affiancati da povertà, alta tecnologia e tradizioni secolari uniti in un unico luogo.
Qualche baracchino sul ciglio della strada vende sigarette una ad una, i turisti camminano confusi col naso all’insù, tra una porta chiusa e l’altra, una aperta mostra giardini e cortili pieni di maioliche e artigianato locale. Pelletteria di ogni genere, lampade forate, legno intagliato. Uomini in caftano e babouche sorvegliano le loro opere con orgoglio e non permettono di scattare fotografie. Con sguardo di ammirazione ed un sorriso torniamo sulla nostra strada per raggiungere il Jardin Majorelle, splendida ex residenza di Yves Saint Laurent.
Una coda apparentemente lunga si snoda sul viale che affianca i giardini, dei piccoli vaporizzatori tengono freschi i turisti nell’attesa. All’ingresso un’esplosione di verde, varie tonalità di blu e giallo ci accolgono e confondono la vista. Palme, alberi, bamboo e tantissime varietà di aloe, cactus e piante grasse sono disposte insieme disordinate ma con un senso logico. Vasi di fiori e piante colorati circondano alcuni gazebo, una fontana centrale dall’acqua limpida e scrosciante, la casa blu, e i laghetti di carpe koi e pesci rossi. Una manifestazione artistica che rende omaggio ed incarna perfettamente lo stilista, rendendo omaggio alla città. Ritornando nella medina ci rechiamo al Jardin Secret, un gazebo centrale arabeggiante e un pavimento mosaicato verde smeraldo ci accolgono con meraviglia degli occhi. Saliamo sui ripidi scalini fino al terrazzo del bar dove si può ammirare dall’alto il meraviglioso panorama sul giardino e la medina. Gustiamo un buonissimo thé à la menthe e ci godiamo l’ombra che ci protegge dal sole di metà giornata.
Vorremmo visitare i monumenti più importanti della città ma ci avvicina una guida ufficiale gratuita e ci spiega che è una giornata di festa e sono chiusi, perciò ci guida verso i mercati ufficiali su nostra richiesta, dove proprio quel giorno del mese vengono esposti prodotti artigianali approvati dal governo, e le signore riportano alla luce le antiche tradizioni creando a mano l’olio di argan. Veniamo fatti sedere su alcuni divanetti e ci vengono fatti provare gratuitamente tutti i prodotti particolari, da creme, saponi, rimedi, spezie e condimenti, olii; il tutto, ovviamente, accompagnato da un tè alla menta. Soddisfatte la nostra curiosità e voglia di shopping torniamo al Riad passeggiando tra i Souk dove ogni genere di prodotto viene venduto con un sorriso dagli uomini del posto; i carretti pieni di merci passano veloci trainati a mano, motorini sfrecciano suonando il clacson, turisti tramortiti dal caos si disperdono nelle viuzze e i locali corrono e camminano amalgamati nella vita incessante della medina. Entriamo al riad, felici di ritrovare un po’ di pace e silenzio. Un riposino sul divano nel patio bianco e lilla antecede la nostra cena e finalmente una Tajine di pollo e frutta ci accoglie nell’ala ristorante. Ahmed ci offre un vino bianco locale che tiene da parte apposta per i clienti, mangiamo e chiaccheriamo felici sui divanetti di velluto rosso e il fuoco crea giochi di luce negli intarsi di metallo delle candele accese. Cala la notte.
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eelagreen · 5 years ago
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Sogno, arrivo a Marrakech
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E’ mattina prestissimo, mi alzo di scatto con gli occhi già vispi attendendo da almeno un’ora il suono della sveglia. Mi lavo velocemente, mi metto un velo di trucco e mi vesto a strati con l’outfit già scelto la sera prima. Io e Anne ci incrociamo in corridoio con i nostri mega zaini da 40 litri pronte a partire.
Anne è la mia coinquilina da circa un anno, ha deciso di seguirmi a capofitto in questa avventura: un viaggo low cost con zaino in spalla in Marocco.
Era da quasi due anni, che sognavo di andare, ma per un motivo o per l’altro avevo sempre rimandato. Quel giorno di pioggia, seduta nel sedile posteriore di auto a noleggio, alla radio passò il brano “The à la Menthe” di La Caution, versione strumentale. Quella melodia mi attraversò letteralmente il cuore e si irradiò in tutto il corpo fino a farmi venire la pelle d’oca. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare in un luogo sconosciuto, pieno di colori, sorrisi e profumi nuovi. Da quel giorno una cosa mi fu chiara: dovevo scoprire il Marocco con tutti i miei sensi.
Bar, colazione veloce, metro, autobus, aeroporto, attesa. Purtroppo mascherine. Ebbene sì, notizie del coronavirus in espansione stanno già attraversando il paese e noi fuggiamo prima che chiuda tutto.  Imbarco bagagli, gates, pranzo anticipato, attesa, imbarco, decollo. Guardo fuori e la foschia copre leggermente i campi pieni di brina, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dai pensieri fino all’arrivo. Una voce metallica ci avvisa di prepararci all’atterraggio. Fuori il sole spacca le pietre e io respiro profondamente. L’emozione prima di toccare il suolo di un altra terra mi fa sempre battere il cuore e lì, in quel momento sospeso nel vuoto, finisce sempre la prima fase del viaggio: il sogno.
Tocchiamo terra marocchina con i piedi e una piacevole aria calda e secca ci avvolge e ci coccola come una coperta di lana e un caminetto fanno d’inverno appena rientri in casa. Palme e geometrie magrebine ci accolgono all’aeroporto di Marrakech e tutto sembra, tranne che il mese di Febbraio. All’uscita cambiamo gli euro in Dirham e cerchiamo Alex, il terzo compagno di viaggio arrivato direttamente da Londra. Il nostro caloroso tassista si districa imprecando tra le strade trafficate della Ville Nouvelle, la parte nuova della città, e ci porta velocemente fino all’ingresso della medina dove un simpatico ometto vestito con una tunica blu e le mani rugose carica le nostre valige su un carretto e ci fa segno di seguirlo attraverso stretti vicoli tortuosi. Non parla la nostra lingua ma il suo sorriso parla per lui. Con gli occhi curiosi di chi ancora ha tutto da vedere, seguiamo l’anziano fino al nostro Riad dove ci accoglie un ragazzo simpaticissimo di nome Ahmed.
Per fortuna parla in inglese, essendo Marrakech una città molto turistica, e riusciamo a chiaccherare senza problemi del più e del meno. Ahmed ci fa vedere la mappa della città con le varie attrazioni, noi sappiamo già tutto ma lui è così entusiasta che lo lasciamo parlare e alla fine ci da ottimi consigli.
Il riad è molto elegante, con una piscinetta di maioliche verdi al centro, circondata da tavolini e sedie in ferro battuto dove si può fare colazione e pranzare. Vetrate circostanti delimitano l’area cena al chiuso e una specie di reception dove Ahmed ammette di dormire su un piccolo materasso durante il turno di notte. Noi sorridiamo un po’ stupiti e lui ci spiega che viene da una famiglia berbera del deserto, perciò quando è a Marrakech preferisce lavorare giorno e notte senza riposo e farsi una settimana intera di vacanza per andare a trovare i suoi parenti. La famiglia nella loro cultura è importantissima e sono tutti molto uniti, perciò anche se negli ultimi anni i giovani si sono spostati nelle grandi città per lavorare, tornano sempre a casa!
Passiamo mezza giornata nel Riad per farci fare l’henné da una ragazza del posto, al prezzo di 100 Dirham a testa riusciamo a farci fare un tatuaggio su entrambe le mani. Non è precisissima, sta ancora imparando, ma rispetto ai 300 chiesti in piazza Jemaa El Fna va benissimo e ci accontentiamo, cercando di chiaccherare con Inaam in un misto di gesti, inglese e francese. Nel frattempo fanno capolino alcuni curiosi personaggi: il fratellino di nome Hakim, che scorrazza di qua e di la in cerca di attenzioni; Latifa, tutta timida, non parla per niente e si limita a sorriderci con la scopa in mano mentre tiene in ordine il giardino; infine un’amico di Ahmed, completamente avvolto di teli bianchi immacolati che lasciano una gradevole scia di profumo di sapone. Quest’ultimo, come nei giorni a seguire scopriremo, è di origine nomade berbera e indossa un enorme Tagelmust bianco, un tradizionale copricapo adatto al clima del Sahara.
Ci viene cordialmente servito un tè alla menta, il primo di moltissimi. E’ piacevolmente zuccherino con un fondo leggermente erbaceo e fresco lasciato dalla menta, insospettabilmente adatto nel trovare conforto dal calore del pieno pomeriggio e considerato dai locali un gesto di cortesia imprescindibile verso i propri ospiti.
La sera, dopo una doccia e un breve pisolino di 20 minuti, andiamo al Restaurant Kui-Zin in Rue Amsafah. Alla fine di una rampa stretta e alta di scalini, ci accoglie una splendida terrazza decorata con tappeti e lampade forate, dei musicisti che suonano dal vivo i loro strumenti e una ragazza che si esibisce nella tradizionale danza del ventre. Un ricco buffet ci consente di assaggiare un po’ di tutto: cous cous con verdure, tajine di pollo con le prugne, pastilla, tanjia di agnello, mèchoui, fettine succose di arancia e cannella, corni di gazzella e altri dolci tipici. Essendo centro della Medina non si può consumare alcool, quindi optiamo per un tè alla menta con ghiaccio. Simpatici gatti gironzolano tra i tavoli senza mai importunarti fino a che non decidi di dargli un pezzetto di cibo. Non sappiamo se è considerata cosa buona o no, perciò per non offendere nessuno decidiamo di farlo di nascosto e il micetto sembra apprezzare molto, non lasciandoci più per tutta la serata!
Una piacevole brezza fresca si alza al calare del sole, le melodie arabe si perdono nell’aria a ritmo dei tamburi, veli colorati si mischiano coi giochi di luci delle lampade, il profumo dei cibi speziati ci avvolge i sensi e pieni e soddisfatti ritorniamo al nostro piccolo Riad.
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