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Storie virali da Aristotele a BuzzFeed

Le sei cose che permettono ad una storia di essere "sharata"?
Potrebbero renderti felice o farti infuriare
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Ci sono i Reporter d'espoir ( reporter della speranza) e i giornalisti per il Positive News.
Si tratta del giornalismo costruttivo, attinge da diverse aree metodologiche quali la psicologia positiva e le sue applicazioni e il problem solving, ovvero una metodologia di reporting che permette ai giornalisti e ai professionisti dei media di affrontare attivamente questioni relative al loro pubblico, dai problemi delle comunità locali alle sfide globali.
L’obiettivo è indagare e dare risposte credibili a vari problemi sociali, mettendo in luce il modo in cui le persone stanno lavorando a soluzioni possibili, non concentrandosi solo su cosa può essere fatto, ma dando una particolare rilevanza al come e al perché. Il giornalismo costruttivo vuole presentare delel soluzioni ai problemi.
Catherine Gyldensted, giornalista di professione e titolare di un master in psicologia positiva, ha creato una pagina facebook dedicata alla "Science of Good News".
Pensiamo a un fotogiornalismo costruttivo, che potrebbe significare?
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Selfie e "selfie-phone"
La definizione di Selfie è "una fotografia che uno scatta a sé stesso, in genere con uno smartphone o una webcam e che viene caricata su un social media”. Si tratta ovviamente di un autoscatto, ma prima dei Social Media rimaneva una pratica privata mentre ora il punto centrale è la condivisione dell'immagine. Ecco alcuni dati in un'infografica realizzata da Sony in occasione del lancio del primo "selfie-phone", destinato ai pro selfie.

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Multimedia jounrnalism
Questa nuova forma di giornalismo mette insieme l'audio, le immagini (foto e video) e l'interattività - attraverso giochi virtuali - per far vivere al lettore esperienze coinvolgenti.
https://storify.com/Finno/multimedia-journalism
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Il data journalism è punk!

I dati spesso sono solo il primo passo nel processo di creazione della storia, e per fare Data Journalism bisogna combinare tre tipi di abilità: giornalistiche, di programmazione e di Web design.
I social media sono un ottimo strumento di ricerca. Potrebbe valere anche per chi vuole raccontare storie con la fotografia. Pensiamoci.
Leggi tutta l'intervista a Nils Mulvad
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"Smartphone Photography" seen by Father and Son
Jeff ed Henry Jacobson, padre e figlio entrambi fotografi, discutono di "smartphone photography". Due generazioni a confronto in un'intervista molto interessante. http://lens.blogs.nytimes.com/2014/07/17/father-and-son-making-photos-while-breaking-the-rules/?_php=true&_type=blogs&smid=fb-share&_r=0
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L'omofilia è ciò che regola i media e il nostro uso delle informazioni
Cerchiamo di capire che uso facciamo delle informazioni che circolano in rete. Ci informiamo solo della piccola realtà che ci circonda. E le testate, i media, si concentrano sulle news locali a scapito di quelle globali.
Zuckerman, a 25 anni dalla nascita di Internet, racconta come la tecnologia abbia una portata globale, ma l'uso che ne fanno gli utenti e i produttori no.
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Associazioni: nuovi player culturali
Prima di questa fantomatica crisi, crisi anche di risorse pubbliche, agli operatori culturali era praticamente proibito anche solo pensare alle opportunità offerte dal mercato, o dare ascolto alle sirene del marketing.
Ora cambiano i paradigmi e nuove associazioni sono pronte a sperimentare caratteri innovativi per far cultura, un humus ideale per cogliere le opportunità di sviluppo insite nel cambiamento di paradigmi imposto dalla crisi.
Ma soprattutto, "chi opera in queste associazioni non pone in subordine le proprie aspirazioni professionali a favore di una qualche sovra-ordinata “visione del mondo” ma le colloca sullo stesso piano".
Un'interessante analisi su Doppiozero, di Damiano Aliprandi
http://www.doppiozero.com/materiali/chefare/vita-e-morte-del-no-profit
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Instagramers Gallery - a place to see and to be seen
La prima galleria dedicata alla fotografia mobile, con sede a Miami e Madrid.
Un luogo non solo fisico, ma anche virtuale dove si ha la possibilità di osservare ed essere osservati liberamente, liberi dalla logica "follower/following".

https://www.instagramersgallery.com/en/
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Il programma lo decide la community. #IDCAMP
Saranno ricominciate da poco le scuole ma le vacanze proseguono per chi come noi si diverte a sguazzare nell'infinto e prolifico sistema delle App.
Todi AppyDays a Todi, il dal 25 al 28 settembre, vuole essere un'occasione per workshop e incontri per capire e sperimentare in che modo "queste tecnologie" possono essere applicate alla nostra vita quotidiana, migliorandola.
Poi per chi di voi non solo si diverte ma anche qualcosa da dire ed insegnare al riguardo può contribuire alla creazione del programma: infatti il programma dell #IDCAMP, due giorni di confronto su UX Design, Social Media e Mobile, lo farà la community! Indigeni Digitali, l'associazione romana che organizza #IDCAMP 2014 cerca contributi con panel di 10/15 minuti.

Se sei interessato completa il form a questo link
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Giornalisti imprenditori e il multimedia italiano
"Uno dei casi più interessanti è quello di Roberto Bonzio, professionista che dopo 30 anni di carriera fra il Gazzettino, il Giorno e l’agenzia Reuters, nel 2011 ha deciso di mollare tutto e dedicarsi anima e corpo al progetto Italiani di Frontiera, uno storytelling multimediale dedicato agli italiani del passato, che hanno fatto fortuna in America e a quelli del presente, che spesso approdano in Silicon Valley dopo aver visto il proprio talento mortificato in patria."
http://it.ejo.ch/11200/cultura_professionale/giornalisti-imprenditori-entrepreneurial-journalism
http://www.italianidifrontiera.com/
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The mobile photo explosion
Un'interessante infografica racconta la storia della fotografia dalla prima foto del 1826 fino all' esplosione di Instagram. http://cdn.blogosfere.it/affreschidigitali/images/fotografia-mobile-storia-infografica.jpg
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Multimedia storytelling
Bombay Flying Club è un collettivo di tre fotogiornalisti che utilizza il format del "multimedia storytelling" per dare visibilità online alla narrazione giornalistica.
Dal 2009 organizzano workshop in tutta Europa.
http://bombayfc.com/
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Milan, 12 Maggio 2014
Un detto milanese dice: "me ne daga poc, ma che chel poc sia tant e bun!!" Ecco, io Linda ed Elena ci vediamo poco ma quando ci vediamo facciamo tanto e buonissimo! Se si potesse mangiare la bozza di logo che è nata oggi…! Ogni tanto penso che siamo un po' come tre Mary Poppins, ci vediamo, a volte senza nemmeno un foglio alla mano, parliamo per ore e poi tutto d'un tratto, tadam! Tiriamo fuori dalle nostre borse tante di quelle idee, tante di quei giochi, che quando finisce la giornata siamo stanche ed entusiaste come al ritorno da un parco di divertimenti. Oggi tre triplici parti:
partorimento logo avvenuto
partorimento idea per primo evento avvenuta, ma vi dovete leggere fino alla fine questo post per saperla
partorimento consegna busta alla Stecca per condividere lo spaziono avvenuta!

Esplosive! Ciciarando in giro su e-story qualcuno ci ha già dato delle visionarie. Gli dò ragione, di notte sto producendo una serie di sogni che mi lasciano allibita. Mi sento come se avessi indossato i Google Glass del futuro. Infatti dormiamo tutte poco.Per cui non indugiate troppo sulla foto per favore, condividete con noi l'emozione del momento, quella può bastare. La prossima riunione avverrà fuori, al workshop di narrazione transmediale organizzato da Wired. E tra le prossime ci sarà un appuntamento torinese, a torino hanno già fatto una photothon. Phototon: questo il vero motivo per arrivare alla fine del post. Keyword del giorno: che figata di logo, photothon, torino è oltre
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prima di e-story
Mercoledì 14 maggio
Milano, pomeriggio di sole
Provo a fermare un attimo il tempo, sono nella mia camera davanti a un computer che da anni è la mia finestra sul mondo. Da qua, tanti anni fa (era forse il 2007) ho deciso che volevo fare la fotografa, da qua ho comprato voli che mi hanno portato in giro per il mondo, da qua ho fatto skypecall con amici ed amiche che, inquieti come me, non riuscivano a star fermi in una città per tutta la vita.
Fuori dallo schermo, c’è Milano che regala una delle migliori primavere che io abbia mai visto. Un cielo limpido ed azzurro, un venticello che ti porta profumo di gelsomini, una città che continua a correre ma – mi par di sentire – con più piacere ed entusiasmo. O forse sono io che ho deciso di vedere le cose in un altro modo, in un modo che mi piacesse e che non fosse un eterno e continuo lamento.
Mi fermo e penso a questa nuova creatura che sta prendendo forma e cerco di ripercorrere a ritroso tutti i passaggi. Tutto quello che c’è stato prima di quel post su face book dell’8 marzo.
Ricordo che il primo pensiero è stato durante il quarto e (per ora) ultimo workshop che ho organizzato a Berlino. Era luglio, c’era James Delano. E alla sua lecture aperta al pubblico erano venute più di una sessantina di persone. Pensavo a come, con la mia determinazione e tenacia, ero riuscita a spostare tutta quella gente a luglio, a Berlino, per sentire un fotografo parlare dei suoi lavori sullo Tsunami, Fukushima e Wikileaks.
In meno di 10 mesi dalla nascita dell’idea di Photo-Berlin, senza sapere il tedesco, e parlando un inglese poco più che sufficiente, avevo concretizzato un sogno che in Italia non era mai riuscito a prendere forma. Stavo facendo qualcosa di bello per la fotografia, la stavo omaggiando e stavo contagiando o, meglio, contaminando una città che pareva non aspettasse altro.
Ricordo che quel tardo pomeriggio di luglio pensai a come sarebbe stato bello riuscire a fare tutto questo in Italia. Mi chiedevo perché mi sembrava impossibile. Mi chiedevo cosa c’era di diverso tra Milano e Berlino. E la risposta è venuta dopo un po'. Ce l'avevo talmente vicina che non riuscivo a vederla. Ero io. Ero io che ero diversa. Che ero sola, che non avevo nessuna rete sociale e che volevo tantissimo crearmi una rete di amici fotografi e amanti della fotografia. Poter parlare noiosamente per ore e ore di fotografia, come solo le persone appassionate riescono a fare.
Ma non ero ancora pronta. E così ho preso una pausa da tutto e tutti e ho viaggiato per 3 mesi dentro NY. Un viaggio personale, di grande introspezione, di profonda osservazione. Il mio filo rosso è sempre stata lei, la fotografia. L’ho cercata in ogni dove, ho fatto corsi (icp, ccny), seguito lecture e incontri (NY University - Tisch, SVA – School of Visual Arts, Bklyn public library, Pratt Institute, Aperture gallery, Columbia University Wallach gallery, NY Library, Brooklyn Museum, the Half king, Bronx doc center..), un intero processo in tribunale (quello del fotografo Daniel Morel contro Getty e AFP), visto mostre in musei e gallerie, panel di discussione, festival (photoville) premiazioni (eugene smith grant) fiere (pulse miami)
Ho, ovviamente, pensato di restare. NY è una città meravigliosa e tutte le persone che incontri sono così felici di viverci che ti fanno quasi invidia. La fotografia è trattata come una professione e da fuori – dal tuo sguardo “europeo” – ti pare che sia tutto perfetto. Ma è tutto molto seducente, gli americani hanno il gene del marketing. Nelle loro mani e grazie al loro inarrestabile ottimismo diventa tutto così desiderabile.
Sono contenta di essere andata a NY a 36 anni e non 10 o 5 anni prima. Sono contenta di essermi ricordata tutto il tempo “sono partita per tornare”. Dovevo resistere al cantico delle sirene e capire più che potevo quello che la mia intelligenza poteva comprendere.
Da lì, nasce il germe di e-story. Che non aveva ancora questo nome, in quel momento si chiamava “Isola Documentary Center”. Ma la prima stesura del progetto è stata fatta in un aeroporto, aspettando un volo in ritardo di 4 ore, dove ho cercato di (pre)visualizzare il mio futuro. Il mio rientro in Italia. Che cosa avrei voluto essere dopo quasi due anni di peregrinaggio, grandi solitudini, molte molte molte lacrime.
Perché poi nessuno lo dice mai, ma molto spesso i progetti più sinceri nascono in quel terribile momento in cui azzeri tutto nella vita, non resta più nulla sino a quando dopo giorni, settimane e mesi, emergono faticosamente quelle 3 cose che sono tue. E, purtroppo, non c’è fidanzato, amica, sbronza, libro, terapeuta che tenga. È tutta roba tua, solo tua. Ma se ne esci, poi non ti ferma più nulla. Ma non devi fare mai l’errore di dimenticarti quanto ti è costato.
Ringrazio il pragmatismo americano che mi ha insegnato a tenere un “journal”, un diario del progetto. Dove ho scritto tutte le riflessioni e frasi di persone con cui ne ho parlato. Dentro di me, ringrazio spesso Michael Kamber del Bronx Doc Center che con il suo entusiasmo coinvolgente mi ha non solo incoraggiato ad andare avanti con l’idea ma si è offerto di condividere tutta la propria esperienza per aiutarmi ad evitare i suoi errori.
Devo ammetterlo, senza quelle poche parole, avrei probabilmente mollato subito. Perché tornata in Italia, è stato complicato trovare delle persone del settore così positive, ottimiste, fiduciose.
Forse la lunga crisi, forse il mood italiano, forse Milano a gennaio/febbraio. Forse che, alla fine, qua si ha tanta paura di osare, paura di sbagliare, paura di fare qualcosa di bello. Ognuno ti mette davanti a tutta una serie di difficoltà, burocrazie, eventuali territori che la tua idea potrebbe invadere.
E poi parli, parli e continui a parlare, raggiungi il “gotha” della fotografia e quello che ti torna indietro è quella sensazione strana di aver parlato una lingua sbagliata e diversa.
Ma ancora resisti. Anche solo perché qualcuno dall’altra parte del mondo ti ha detto che era felice di aiutarti. Resisti per quel senso di responsabilità che ti hanno insegnato i tuoi genitori, i tuoi nonni, gli amici che non senti più.
Dal 19 febbraio all’8 marzo, resta solo un’intuizione.
Quell’altro mondo, quello parallelo, quello virtuale. Quello che da anni porto avanti solo perché capisco che lì c’è altro, lì c’è una delle porte che mi connettono con il mondo esterno (e con l’estero, anche)
E in un’altra giornata di sole, appena 2 mesi fa decido che è ora di usarlo. Di mandare un messaggio esplicito. Credo di averci messo due ore a scrivere quel post. Scrivevo e cancellavo. Volevo essere leggera ma determinata. Sapevo che in base a come avrei comunicato, avrei attirato persone sulla mia frequenza o meno. E allora ho pensato e ripensato a cosa io per prima avrei voluto leggere. Cosa mi avrebbe colpito, perché era proprio quello che volevo fare anche io. e così scrissi.
Il resto è storia (history) raccontata meglio da Greta e illustrata da Elena.
E ora voglio solo divertirmi e fare cose interessanti :)
Come in tutto, prima si dà e poi si riceve�� e poi va a finire che ti sei così divertito a dare, che ricevere non è poi più così importante.
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Grafic@ per e-story!
In 140 caratteri: «Trovare un #grafico fico per un progetto fico a Milano legato alla #fotografia ed ai #nuovi media»
Sempre qui, 5 maggio 2014
Oggi abbiamo fumato più del solito. A farci perdere le sicurezze che ci tenevano salde e sobrie è stata l’incertezza su come procedere prima delle vacanze.
Ci siamo sempre dette che volevamo organizzare qualcosa prima dell’estate.
Ma cosa?

:-( Un evento ad inviti in cui si presenta e-story? No, troppo presto. Ci bruciamo e poi è vero che le idee non hanno proprietà ma …
:-) Un incontro tra due super ganzi per cui e-story compare solo come organizzatrice? Si, potrebbe. Ma il tema deve essere centralissimo, per parlare sia ad editori, che a giornalisti e web writers, che a fotografi e videomakers.
:-) Un aperitivo in cui è la suspense a farla da padrona con un paio di ideuzze di installazione che ci sono balenate così? Si fico! Ma basterà il tempo?
Meglio dedicarci a fare un noiosissimo exel per le cose che dobbiamo fare ancora prima di qualsiasi evento.
Un esempio per tutti, trovare un grafico o una grafica che si sacrifichino alla causa! e-story ha bisogno di un logo!
Keywords del giorno: grafico grafica grafico grafica grafico grafica, e perchè no, programmatore, programmatrice, programmatore, programmatrice.
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